Sei sulla pagina 1di 135

Diritto Commerciale – 3.

Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

1
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Parte I
I Contratti
_

Capitolo I
La Vendita

1. Il contratto di compravendita ai sensi dell’art 1470c.c. è un contratto che ha ad oggetto il trasferi-


mento della proprietà o di un altro diritto verso la corresponsione di un prezzo, quale viene tutelato
dall’art 1552c.c., quale è definito il corrispettivo in danaro del trasferimento della proprietà della stes-
sa cosa, ove se il corrispettivo è rappresentato da altra cosa non si potrà parlare di vendita ma di permu-
ta.
Il contratto di vendita in se e per se non è un contratto tipico d’impesa, ma non può essere sottovalutata
la fondamentale importanza della vendita all’interno di quest’organizzazione, ove infatti da una parte si
considera necessario questo contratto allo scopo di poter acquistare un gran numero di materiale come
materie prime per lo svolgimento dell’attività; dall’altro canto poi è necessario anche allo scopo di poter
collocare sul mercato larga parte dei beni prodotti.
La disciplina della vendita è formata da una disciplina generale che riguarda ogni tipo di contratto di
vendita e va dagli artt. 1470-1509c.c. che poi porta la distinzione tra la vendita di cose mobili dagli art
1510-1536 e di cose immobili che invece va dagli artt. 1537 a 1541 o vendita di eredità che va dagli art
1542-1547c.c..Tratteremo in questa sede solo la vendita mobiliare, dovuto alla sua grande importanza.
Il primo dato da ricordare a proposito della vendita mobiliare è che esistono convenzioni internazionali
che vogliono creare una disciplina comune a tutti gli stati, che per l’appunto vuole svincolare dai singoli
dati nazionali. Attualmente la vendita internazionale è regolata dalla Convenzione di Vienna del 1980,
entrata in vigore il 1/1/1988, quale ha sostituito la precedente convenzione dell’Aja. In mancanza di una
volontà contraria delle parti, è questo un diritto che si applica a due parti che si trovano a stipulare con-
tratti in due stati differenti. Disciplina questa che tutela sia la fase della contrattazione, quella del trasfe-
rimento del rischio, l’inadempimento ed i rimedi, non è tutelato invece una specifica disciplina di trasfe-
rimento della proprietà, ove si applica il diritto nazionale applicabile.
Va segnalato inoltre che la disciplina codicistica della vendita è stata affiancata oggi da un attenta legi-
slazione speciale in applicazione alla tutela del consumatore, ove per l’appunto è una normativa che più
che altro vuole creare una maggior tutela dei rapporti con il consumatore, in ogni fase della contratta-
zione.

2. La vendita si definisce come contratto consensuale, nel senso che si perfeziona con il solo consenso
della parti, senza che vi sia bisogno della tralatio dei beni o dei diritti venduti o del pagamento del prez-

2
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

zo. Esso si definisce anche contratto ad effetti reali, nel senso che è sufficiente il solo consenso allo sco-
po di far trasferire il diritto, con un conseguente passaggio del rischio del perimento della cosa dal com-
prato al venditore, appunto in tal caso si parla di vendita reale, o con effetti reali immediati. In alcuni ca-
si però il trasferimento della proprietà o di altro diritto si trasferisce in un altro momento diverso da
quello della stipulazione, ossia al verificarsi di un determinato evento che produce la tralatio senza che
vi sia la manifestazione di ulteriore volontà ed in questa seconda ipotesi si parla di vendita con effetti
obbligatori. Ed in tale ultimo caso la vendita obbligatoria non va confusa con il preliminare di vendita.
Esempi di vendita obbligatoria è quello di cose generiche, future, con riserva di proprietà e di cose altrui.
Analizziamo i casi poc’anzi detti:
1. Vendita di cose generiche: si tratta della vendita di cose determinate solo nel genere, ove la
proprietà passa al compratore solo nel momento in cui la cosa viene individualizzata, quale con-
sente di isolare le cose che formano oggetto di vendita. L’individuazione può avvenire sia per
accordo tra le parti, che nei modi dagli stessi stabiliti, ove se la cosa dovesse essere trasportata,
l’individuazione avviene anche al momento della consegna del vettore o dello spedizioniere. La
vendita di cose generiche può avvenire sia per genere illimitato, come cento vestiti d’uomo, o di
genere limitato, come ceno vestiti d’uomo di una specifica marca. In entrambi i casi si tratta di
vendita di cose generiche, ma solo nel secondo caso si potrà invocare l’impossibilità;
2. Vendita di cose future: in questa forma di vendita il compratore acquista la proprietà nel mo-
mento in cui la cosa direttamente individuata viene all’esistenza, ove non sempre questa tipolo-
gia di vendita è facilmente distinguibile dall’appalto. Non è questo un contratto essenzialmente
aleatorio, in quanto non è detto che la cosa venga sempre all’esistenza, e per questo il contratto
diventa inefficace, tranne se le parti si accordano che il prezzo deve essere pagato ugualmente,
ed è questo il caso dell’empatio spei o anche detta vendita di speranza.
3. Vendita di cose altrui: il venditore vende un bene di terzo, il quale primo deve obbligarsi a pro-
curare l’acquisto della cosa e nel momento in cui diviene proprietario della stessa si trasferisce
la proprietà al compratore stesso. Se questa dinamica non si compirà al momento della conclu-
sione del contratto il compratore potrà ottenere l’inadempimento solo dopo che sia scaduto il
termine, fissato convenzionalmente o dal giudice. Il venditore potrà evitare la risoluzione per
inadempimento e conseguente risarcimento del danno se prova che l’impossibilità è sopravve-
nuta per cause a lui non direttamente imputabili. Se invece il compratore ignorava l’altruità del-
la cosa potrà chiedere l’immediata risoluzione del contratto con un relativo diritto di risarcimen-
to del danno. D’altro canto l’altruità può essere anche parziale ed ottenere il solo rivalutarsi del
prezzo, ma se poi dimostrasse che quella parte del diritto altrui non alienato fosse una parte so-
stanziale della transazione stessa, ovvero la ragione base del contratto potrà ottenere la risolu-
zione del contratto.

3. Le due parti, acquirente e venditore hanno rispettivamente delle obbligazioni verso la controparte. Le
obbligazioni del venditore sono:
a) Consegna: il venditore è tenuto a consegnare la cosa venduta nel luogo e nel tempo stabiliti dal con-
tratto, in mancanza di definizione del tempo allora varrà la regola generale dell’art 1183c.c. ossia la cosa
viene consegnata immediatamente, o nel caso in cui gli usi o la forma contrattuale necessita di un ter-
mine allora se lo stesso non è stabilito dal contratto lo farà in sostituzione il giudice. A proposito del luog
invece esso sarà quello nel quale la cosa mobile è sita se conosciuta dalle parti, altrimenti presso il do-
micilio o nel caso si tratti di un contratto fatto da un impresa ai fini imprenditoriali, presso la sede di
quest’ultima. La consegna è funzionale ad asserire al compratore la disponibilità della cosa acquistata
stessa. La consegna in ogni caso può mancare quando ad esempio si tratta di una vendita con riserva di

3
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

proprietà o quando la cosa viene trasferita immediatamente ed è il caso della traditio bevi mano. Ad
ogni modo poi la consegna del bene immobile è fatta fondamentalmente con atto simbolico, ossia la
consegna ad esempio delle chiavi.
La consegna della cosa deve avvenire nello stato in cui si trovava al momento della vendita, e se si tratta
di cosa determinata grava sul venditore anche l’onere di custodire la stessa.
Se poi necessario ai fini dell’utilizzabilità della cosa, deve essere trasferito insieme alla stessa ogni titolo
che attesti il diritto del bene.
Analizziamo ora a proposito della consegna la c.d. vendita con trasporto e vendita su documento. La
prima è disciplinata dall’art 1510cc, ove il venditore si libera dell’obbligo di consegna lasciando il compi-
to al vettore o allo spedizioniere, ove le spese dello stesso servizio di regola sono a carico del comprato-
re. Il compratore dovrà pagare la merce anche se la stessa perisce nel trasporto, con conseguente possi-
bilità del compratore di poter poi rivalersi nel risarcimento del danno sul vettore, ove quindi per le legge
le spese ed i rischi sono a carico del compratore nel trasporto, e quindi per legge il venditore non ri-
sponde dei danni cagionati dal vettore, salvo che abbia scelto vettore non convenzionato nel contratto,
inidoneo ovvero non aver curato con diligenza la consegna del vettore. Questa disciplina però ha carat-
tere dispositivo, come infatti frequenti sono i casi in cui la disciplina è convenzionata diversamente, ad
esempio addossando le spese al venditore, oppure ponendo il rischio del perimento sullo stesso, come
nel caso di consegna all’arrivo.
Analizziamo ora la c.d. vendita su documenti. Essa è diffusa nel commercio internazionale e riguarda
merci già consegnate ad un vettore o merci che vengono depositate in un magazzino generale, per il
quale il vettore o il magazzino abbiano rilasciato un titolo di credito rappresentativo. La vendita di mer-
ci può essere effettuata anche mediante il trasferimento dei titoli rappresentativi in quanto il ritiro della
stessa può avvenire nel possesso dello stesso titolo, oppure può avvenire anche la sua rivendita.
La vendita su documento si ha quando le parti convengono che vogliono sostituire la consegna della co-
sa con il trasferimenti dei titoli rappresentativi, ove quindi il venditore si libera dell’obbligo di consegna
trasferendo lo stesso al compratore e tutti gli altri documenti definiti dal contratto o dagli usi per
l’utilizzo dello stesso diritto sulla cosa. Salvo patto contrario il compratore sarà obbligato a pagare la
merce contestualmente alla consegna dei documenti, se gli stessi documenti sono regolari il compratore
non potrà rifiutarsi di effettuare questo pagamento apponendo eccezioni riguardanti le qualità del pro-
dotto, tranne se per le stesse risulta già dimostrata rispetto alla qualità. Il compratore potrà far valere le
eccezioni in un diverso giudizio, allo scopo di ricevere la ripetizione di quanto versato. Se poi la vendita
ha per oggetto la vendita di cose in viaggio con assicurazione quindi in tutti i documenti ci sia anche una
polizia di assicurazione, il rischio è passato automaticamente al compratore al momento in cui la cosa è
stata consegnata al vettore, salvo che il venditore non fosse già a conoscenza della perdita della merce
ed in malafede abbia taciuto. Insomma il compratore non potrà richiedere la ripetizione di quanto già
versato anche se le cose sono perite al momento della stessa conclusione, ma potrà comunque rivalersi
sull’assicurazione.
b) Fargli acquistare la proprietà se si tratta di vendita obbligatoria;
c) Garanzia da vizi ed evizione;

4. Il venditore è tenuto a tutelare il compratore dal rischio, dal danno d’evizione. L’evizione è
quell’istituto per cui un terzo soggetto vanta sul bene un diritto che toglie al compratore il totale diritto
o una parte dello stesso togliendogli ad esempio la proprietà o limitandogli il libero godimento, appunto
a seguito dell’azione giudiziaria di un terzo che vanta diritto sulla cosa. Assecondo della totalità o parzia-
lità della perdita di diritto in seguito al vantarsi di un diritto altrui, si distingue tra evizione totale e par-
ziale, o ancora evizione limitativa, esempio il vantarsi di un diritto d’usufrutto. La dottrina tende a rico-

4
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

noscere tre momenti della garanzia da evizione, che si limita essenzialmente alla vendita di cose mobili,
ove il compratore è tutelato contro possibili pretese avanzate da terzi per il possesso in buona fede:
a) Pericolo d’evizione: il compratore può sospendere il pagamento del prezzo ancora dovuto
quando abbia ragione di ritenere che c’è un vero e proprio pericolo d’evizione, salvo che co-
munque il venditore metta a disposizione idonee garanzie. Non vale questa garanzia quando il
pericolo d’evizione era già noto al momento della vendita. Può applicarsi questa garanzia anche
se la cosa sia gravata da garanzie reali e non se ne era a conoscenza al momento dell’acquisto,
potendosi poi in questo caso farsi fissare un termine giudiziario entro il quale le garanzie devono
essere tolte, altrimenti se questo non accade si va incontro alla restituzione del prezzo versato
ed alla risoluzione del contratto;
b) Evizione minacciata: Ai sensi dell’art 1485c.c. il compratore deve chiamare in causa il venditore
in quanto interessato del fatto nel respingere la domanda del terzo, se non chiama lo stesso in-
tervenuta l’evizione il compratore perde la garanzia da evizione se il venditore prova che esisto-
no valide ragioni per respingere la domanda del terzo;
c) Evizione compiuta: subita l’evizione con il passaggio in giudicato del diritto del terzo, ove il
compratore potrà ottenere la restituzione del prezzo versato e dei risarcimenti danni. In tale cir-
costanza trova applicazione la disciplina per la vendita di cose altrui.
Se l’evizione risulta totale il venditore anche se esente da colpe e dolo è tenuto alla restituzione
del prezzo versato dal compratore compreso di spese sostenute, nonché di risarcimento del
danno anche per lucro cessante nel caso si macchi di dolo o di colpa. Nel caso di evizione parzia-
le invece il compratore avrà diritto solo alla riduzione del prezzo, ove però provi che si tratta di
un vizio che non gli avrebbe fatto comprare la cosa allora potrà ottenere anche la risoluzione del
contratto e la restituzione del prezzo nonché delle spese sostenute. Stessa disciplina
dell’evizione parziale si applica all’evizione limitativa;
L’evizione può essere convenzionalmente modificata, nel senso che può essere aumentata, diminuita o
anche esclusa. E’ nullo pero il patto che imponga l’eliminazione dell’evizione quando si tratta di una mo-
difica per un fatto del venditore, ad esempio quando abbia alienato a terzo soggetto prima della vendita
principale. In caso poi di vendita prima di garanzia il venditore è tenuto alla sola restituzione del prezzo
senza obbligo quindi di versare il risarcimento del danno, salvo che non si tratti di una vendita a rischio e
pericolo del compratore.

5. Altra fondamentale garanzia ai sensi dell’art 1490c.c. è quella della qualità, ossia la garanzia che il be-
ne sia perfettamente idoneo all’uso prestabilito, o che tale inidoneità ne diminuisca considerevolmente
il valore. Tale garanzia è valida solo per quelli che sono i c.d. vizi occulti, ossia vizi sconosciuti o perlo-
meno non riconoscibili dal compratore, il quale è tenuto ad una sommaria valutazione del bene acqui-
stato al momento dell’acquisto. La diligenza della valutazione del bene da parte del compratore è diver-
sa assecondo del grado di professionalità del compratore stesso, come infatti è ben differente la diligen-
za chiesta ad un professionista, rispetto a quella richiesta ad un semplice consumatore. Tale garanzia
viene ad essere considerata anche quando si tratta di: a) vizi facilmente riconoscibili, quando il venditore
abbia indicato palesemente che si tratta di cosa esente da vizi, tuttavia però è dubbio che la semplice
lode del commerciante al suo prodotto possa in effetti esimere dal non far valere la palese riconoscibili-
tà di un vizio; b) vizi apparenti di quando si tratta di cose da trasportare, o più in generale di cose che il
compratore non ha potuto esaminare al momento della conclusione del contratto, quindi un vizio che
appare al momento della visione del prodotto. Inoltre poi è possibile ridurre o escludere tale garanzia su
accordo tra le parti, ma non potrà mai però essere esclusa quando il venditore non abbia opportuna-
mente informato il compratore del vizio.

5
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

In presenza di tale vizio il compratore può chiedere congiuntamente: a) un actio redibitoria, ossia la ri-
soluzione del contratto con conseguente restituzione del prezzo e risarcimento delle spese sostenute; b)
un actio estimatoria, ossia la semplice riduzione del prezzo, in proporzione al minor valore derivante dal
vizio. Tuttavia nonostante l’alternatività dichiarata delle due azioni è controverso se in effetti è possibile
chiedere la redibitoria anche quando si tratta di un vizio di minima entità. Altro dubbio si trova poi an-
che a proposito della possibilità di poter prevedere una terza azione alternativa alle precedenti, ossia un
azione di sostituzione o riparazione della cosa, ove è qui la dottrina divisa, mentre la giurisprudenza è
propensa a non ritenerla applicabile. D’altro canto l’alternatività non è possibile quando gli usi o esclu-
dono una delle due azioni, oppure la cosa è perita o ancora il venditore l’ha ancor prima alienata o tra-
sformata.
Se la scelta è fatta con domanda giudiziaria una volta fatta la stessa scelta non è più revocabile. E’ que-
sta un azione promuovibile anche quando il venditore sia esente da vizi o colpa, ove poi non provi che
sia esente da vizi o colpa sarà esposto anche al risarcimento danno cagionato per suo dolo o per sua
colpa. Vi è quindi una presunzione di conoscenza dei vizi, anche se occulti. Tuttavia la responsabilità
sussiste in capo al venditore solo verso il compratore diretto, ossia quindi non è presente responsabilità
quando si tratta della vendita a catena quindi con più passaggi di mano, ove l’ultimo acquirente non po-
trà rivalersi sul venditore, anche se in passato la cosa ha destato molti dubbi della responsabilità perma-
nente in capo al primo venditore. Tuttavia i moderni tessuti legislativi volti alla tutela del consumatore
hanno fatto ritrovare una responsabilità oggettiva del produttore fermo restando la responsabilità del
rivenditore, rispetto alla produzione del bene stesso.
Tale azione è soggetta al termine abbreviato di prescrizione del diritto sia per la valutazione del vizio,
sia per la pronta possibilità del compratore di ricevere la restituzione di quanto versato e speso. In ogni
caso tale termine riguarda due punti: a) termine abbreviato di 8gg dalla scoperta del vizio da parte del
compratore, che per quanto concerne i casi in cui il compratore acquisti il bene e non possa subito visio-
narlo, es. vendita con trasporto; b) in ogni caso mai oltre 1anno dalla consegna. Quando però il vendito-
re riconosce il vizio e si impegna ad eliminarlo viene a farsi valere l’ordinaria prescrizione decennale.
Analizziamo ora il caso dell’art 1497c.c. in cui si verifica la c.d. garanzia da cosa venduta che non ha le
qualità promesse ovvero non ha le qualità essenziali, ossia la c.d. mancanza di qualità. Se tale difetto
eccede oltre i limiti della tollerabilità stabilita dagli usi, il compratore ha diritto di ottenere la risoluzione
del contratto secondo le disposizioni del normale inadempimento, ove però valgono i termini abbreviati
della prescrizione per vizi.
Per quanto concerne poi il vizio dell’aliud pro alio ossia la consegna di cosa completamente diversa da
quella pattuita è soggetta a termine di prescrizione ordinario decennale, ove appunto è questione to-
talmente differente quella di consegnare cosa con vizio o mal funzionate rispetto a cosa appartenente a
genere totalmente differente rispetto a quella pattuita. Al fine della tutela del consumatore si è finito ad
applicare il concetto di aliud pro alio in modo eccessivamente esteso, come infatti si è finiti per ritenere
aliud pro alio anche il caso in cui venga consegnata cosa difetta di una caratteristica essenziale rispetto
alla sua destinazione economica-sociale, ossia la cosa difetta di una qualità totalmente differente rispet-
to a quella che il consumatore aveva ritenuto come essenziale. Cosi si crea una differenza evanescente e
poco chiara tra aliud pro alio e difetto per vizio.

6. L’art 1512 prevede la c.d. garanzia di buon funzionamento per le sole cose mobili, quale deve essere
obbligatoriamente pattuita salvo che non sia prevista direttamente dagli usi, e deve riguardare un pe-
riodo di tempo determinato, ove in detto periodo di solito previsto da un apposito certificato il compra-
tore ha diritto di ottenere la riparazione o la sostituzione del bene appunto per difetti di funzionamen-
to, anche se questi non sono dovuti a vizi o mancanza di qualità, ad esempio per un uso più intenso. Ove

6
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

quindi è una garanzia che prescindere dal vizio o dalla mancanza di qualità e quindi dalle loro azioni di
tutela. Si ha qui quindi una maggior tutela per il consumatore che può ricevere una maggior tutela per il
buon funzionamento della stessa cosa acquistata, ove poi il venditore può liberarsi da tale garanzia se
provi in effetti che il cattivo funzionamento è dovuto a cause imputabili al compratore, a terzo o caso
fortuito, esempio un cattivo utilizzo del bene.
Il compratore deve denunciare il cattivo funzionamento a pena di decadenza entro 30gg dalla scoperta,
e si prescrive l’azione entro 6mesi dalla stessa scoperta.

7. La disciplina del buon funzionamento è stata integrata per la vendita di quelli che sono i c.d. beni di
consumo, ossia beni venduti da un imprenditore ad un consumatore. La disciplina che prima veniva ad
essere dettata dagli art 1519bis e novies è stata ora trasportata degli articoli 128 a 135 del codice del
consumo. Tale disciplina è applicabile non solo alla compravendita ma ad ogni altro contratto che ha ad
oggetto un bene di consumo. Ai sensi dell’art 129 l’imprenditore ha l’obbligo di consegnare beni con-
formi al contratto di vendita ed ai sensi del 130 è responsabile di ogni difetto di conformità dello stesso
bene al momento della consegna. È questa una deroga al principio di res perit domino, per il quale il ri-
schio del perimento si trasferisce in capo al compratore al momento del trasferimento della proprietà,
nei beni di consumo invece non vale in quanto il rischio del perimento rimane in capo al venditore fino
al momento della consegna della cosa.
La conformità è presunta sulla base di due elementi, ossia da una parte l’idoneità del bene a svolgere la
funzione propria del bene, ossia quella tipica, dall’altro canto poi si indica anche l’idoneità del bene a
svolgere la funzione specifica e propria indicata dal compratore al momento della conclusione del con-
tratto, se per l’appunto l’abbia propriamente indicata anche tacitamente. La conformità inoltre si desu-
me anche dalle indicazioni che sono date dal venditore nel far valere il campione o il modello, nonché le
caratteristiche proprie che si aspetta il compratore in base all’etichetta o della pubblicità del prodotto.
Come nei casi del vizio in generale la garanzia non copre quei difetti che il compratore poteva conoscere
o conosceva in base ad una diligenza ordinaria dello stesso nella valutazione del bene.
Il consumatore può chiedere alternativamente a sua scelta se si verifica il difetto di conformità la sosti-
tuzione o riparazione del bene, salvo che la sua scelta non comporti un eccessivo onere o impossibilità.
Quando questi rimedi non siano esperibili anche se per colpa del venditore, il compratore può chiedere
comunque un azione d’estimazione o di risoluzione del contratto, ove però la risoluzione può essere
domandata solo in casi di difetti di non lieve entità.
Il venditore è responsabile solo se il difetto si manifesti in un tempo massimo di 2anni dalla vendita del
bene, che per la vendita di beni usati tale limite può essere abbassato ad 1anno; a pena di decadenza
del diritto il difetto deve essere denunciato entro 2mesi dalla scoperta; inoltre l’azione si prescrive entro
26mesi dalla consegna del bene, salvo che comunque non sia stato occultato il difetto dolosamente dal
venditore. La garanzia comunque copre solo i difetti che preesistevano al momento della consegna, ed è
presunto quando il difetto si manifesta entro 6mesi dalla consegna, ove è controverso se per i difetti
manifestatesi dopo ricada in effetti in capo al compratore l’obbligo di provare che il difetto sia preesi-
stente al momento della consegna.
Ai sensi dell’art 134 è nullo ogni patto volto ad escludere o limitare tale garanzia, ove tale nullità può es-
sere fatta valere o dal consumatore o d’ufficio dal giudice.
Il venditore può promuovere un azione di regresso nei confronti degli altri soggetti presenti nella catena
distributiva, come il produttore o precedenti venditori, se è a loro imputabile il difetto, per ottenere ap-
punto la reintegrazione di quanto corrisposto al consumatore, tale azione si prescrive entro 1anno
dall’esecuzione della prestazione verso il consumatore.

7
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

8. Nelle vendite commerciali, specie se non è possibile l’esame diretto della merce è diffuso l’utilizzo di
clausole volte ad assicurare la presenza nella cosa di caratteristiche specifiche richieste dal compratore
in modo da prevenire successive controversie. Alcune di queste clausole sono state tipizzate dando vita
a particolari tipologie di vendita, quali sono:
a) Vendita con riserva di gradimento: l’articolo di riferimento è il 1520c.c. quale dispone che que-
sta tipologia di vendita si perfeziona nel momento in cui il compratore visiona la merce e comu-
nica al venditore che la stessa merce è di suo gradimento. Ci si trova insomma dinanzi ad una
proposta irrevocabile del venditore, ove il compratore sarà libero o meno di accettare tale pro-
posta. Questa forma di vendita è pertanto inquadrata nel quadro del patto d’opzione a favore
del compratore. L’esame deve essere compiuto nel termine prefissato dal contratto, o in man-
canza assecondo degli usi o ancora nel termine congruo fissato dal venditore. Decorso tale ter-
mine si distingue se la cosa è presso la disponibilità del compratore o del venditore, nel primo
caso il contratto vale ex lege ritenendo che anche senza visione del compratore la merce è gra-
dita; nel secondo caso si ritiene rifiutato e si libera il venditore dalla proposta;
b) Vendita a prova: questa forma di vendita è disciplinata dall’art 1521c.c. quale definisce che il
contratto è sottoposto a condizione sospensiva, in quanto è necessario che venga esaminato
che la merce ha le qualità pattuite o idonee all’uso a cui è destinato il bene. La sospensione è
sospensiva, ma può essere anche pattuito che possa essere risolutiva con il decorrere degli ef-
fetti immediatamente del contratto sottoposto però alla condizione che può in effetti risolvere il
contratto, ove la condizione sarebbe sempre da considerarsi nella valutazione oggettiva del be-
ne e non soggettiva in quanto si avrebbe in quest’ultimo caso una vendita con riserva di gradi-
mento, ritenendo difficile la distinzione tra i due aspetti.
Quindi a differenza della vendita con riserva di gradimento la vendita a prova è un contratto già
perfezionato che attende solo la valutazione concreta del bene, ove la sua efficacia al momento
della prova sarà per l’appunto retroattiva;
c) Vendita su campione: è quest’ultimo contratto disciplinato dall’art 1522c.c., quale istituisce che
si tratta di un contratto perfetto ed immediatamente efficace. Viene di solito prelevato appun-
to un campione che funge da paragone esclusivo per la qualità della merce. Pertanto ai sensi
dell’art 1522, qualsiasi difformità della merce consegnata rispetto a quella valutata sul campio-
ne non può essere direttamente conseguenza di risoluzione del contratto, quale può essere
concessa solo in caso di difformità forte e quindi non lieve.

9. L’art 1498c.c. dispone che l’obbligazione principale del compratore è quello di pagare il prezzo con-
venuto. Il prezzo in mancanza di diverse pattuizioni viene pagato nel momento e nel luogo della conse-
gna; viene pagato nel luogo del domicilio del creditore se è stato accordato pagamento differito. Nella
vendita su documenti invece il prezzo è pagato contestualmente alla consegna dei documenti. Come va-
lutato già se non è diversamente pattuito sono a carico del compratore le spese accessorie nonché quel-
le di trasporto.
Il prezzo viene ordinariamente pattuito dalle parti, salvo che non si tratti di prezzi d’imperio che vengo-
no appunto imposti dalle autorità amministrative, come tabacchi o giornali, ove il prezzo d’imperio si so-
stituisce a quello pattuito facendo rimanere valido comunque il contratto. La valutazione del prezzo può
essere rimessa dalle parti alla determinazione di un terzo indicato fuori o all’interno del contratto. L’art
1349c.c. definisce che la valutazione del prezzo dovrà essere fatta per equo apprezzamento, salvo che
non risulti dalla valutazione che le parti non si siano rimesse ad arbitro del terzo. Se il terzo non accet-
tasse l’incarico o non può accettarlo oppure le parti non si accordano per la nomina o la sostituzione la
nomina è fatta dal presidente del tribunale del luogo nel quale si è concluso il contratto. La norma non

8
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

prevedendolo direttamente consente la sua applicazione anche quando le parti si rimettono al mero ar-
bitro del terzo.
Se le parti hanno omesso di definire la clausola del prezzo il contratto è nullo, salvo che: a) il prezzo è
deducibile da borsa, listini o mercuriali della piazza nella quale deve essere consegnata la cosa o da quel-
la vicina; b) si tratta della vendita di beni abitualmente venduti ove quindi si fa riferimento ad un prezzo
abitudinario standard. Sono regole queste che si applicano nella misura possibile anche quando le parti
hanno voluto fare riferimento al giusto prezzo.

10. L’esigenza di avere un pronto rimedio in caso d’inadempimento di una delle parti è da considerarsi
uno dei punti più dolenti e sentiti della vendita, come infatti esistono particolari rimedi applicabili alla
sola vendita mobiliare in grado di risolvere una controversia prontamente senza nemmeno il bisogno di
ricorrere al giudice, ma applicando in effetti un regime di autotutela.
E’ anzitutto prevista una liberazione dall’obbligo di consegna del venditore molto più veloce nella nor-
male procedura della mora del creditore. Ai sensi dell’art 1514c.c. il venditore se il compratore non si
presenti alla consegna, potrà depositare in un locale idoneo la merce non consegnata, a spese e per con-
to del compratore. Da ciò si deduce che si prescinde dalla solenne normativa della mora creditizia, in
quanto si prescinde dall’offerta solenne e dal giudizio di convalida del deposito. Parte della dottrina è
propensa a minorizzare la questione deroga.
Altro rimedio particolare è quello dell’esecuzione coattiva quando si tratta della vendita e della conse-
gna contestuale, quale consiste nella possibilità azionabile in autotutela della parte che vuole adempiere
alla prestazione di ricevere la controprestazione dall’altra parte, senza ricorrere all’autorità giudiziaria.
Come infatti se il compratore si rifiuta di pagare il prezzo dovuto il venditore può disporre la vendita del
bene per conto ed a spese del compratore inadempiente seguendo però le disposizioni dell’art 1515,
ove poi ai sensi dell’ultimo comma del s.d. articolo il venditore ha il diritto di richiedere la differenza del
prezzo convenuto e quello corrente di vendita al compratore, nonché il risarcimento del danno. E’ stato
dibattuto in dottrina se questa sia una forma di risoluzione dell’obbligazione o meno, ovviamente la giu-
risprudenza appare propensa a ritenerla come una forma di risoluzione. Se inadempiente fosse il vendi-
tore, il compratore può svolgere ai sensi della procedura dell’art 1515 l’acquisto per nome ed a spese
del venditore potendo ottenere sempre la differenza del prezzo convenuto rispetto a quello d’acquisto
corrente nonché il risarcimento del danno, ma con la particolarità che può essere azionata l’esecuzione
coattiva solo nel caso in cui la cosa venduta sia fungibile ed ad un prezzo corrente. Entrambe le procedu-
re di vendita o compera in danno devono avvenire senza ritardo e dando pronta notizia alla controparte.
La poc’anzi detta esecuzione coattiva è esperibile quando ci sia un espresso inadempimento, ma altro
rimedio esperibile nella vendita mobiliare è quello della risoluzione di diritto che viene ad essere appli-
cata quando vi sia un solo pericolo d’inadempimento, qual è una particolare forma di risoluzione ai sen-
si dell’art 1517c.c. ove grazie alla stessa forma di risoluzione si ha un esecuzione immediata e senza bi-
sogno di ricorrere alle autorità giudiziarie. Essa è applicabile nei seguenti casi:
1. A favore della parte che prima della scadenza del termine stabilito, ha offerto all’altra la conse-
gna della cosa o il pagamento del prezzo e l’altra parte si sia dimostrata inadempimento;
2. A favore del venditore quando il compratore a scadenza della consegna non ritira la cosa o non
accetti benché il termine per il pagamento del prezzo non è ancora scaduto.
La parte che voglia avvalersi di questa forma di risoluzione deve dare comunicazione all’altra parte entro
8gg prima della scadenza del termine convenuto, altrimenti decade il beneficio della risoluzione di dirit-
to potendo poi avvalersi dell’esecuzione coattiva.
Un altro particolarissimo rimedio nel caso di vendita mobiliare è dato dalla c.d. ripresa di possesso, si
tratta di un caso particolare nel quale il venditore sprovveduto che consente il pagamento in contanti e

9
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

consegna la cosa senza pretendere il prezzo, benché lo stesso abbia comunque perso il diritto di preten-
dere la controprestazione la legge a determinate condizioni gli consente di riprendere possesso della co-
sa in modo da poter esercitare il diritto di ritenzione a garanzia del pagamento del prezzo. Le condizioni
per cui il venditore possa ottenere la ripresa del possesso sono previste ai sensi dell’art 1519 comma 3
del codice civile.
Il decorrere del tempo rendere difficile l’accertamento del vizio o del difetto di qualità, ed è per questo
che le parti possono richiedere l’accertamento dei difetti all’autorità giudiziaria, quale verifica la qualità
e lo stato delle stesse cose prima ancora di iniziare il giudizio civile. Coloro che non si avvalgono di que-
sta forma di accertamento in caso di contenzioso dovranno provare rigorosamente l’identità o lo stato
delle cose.

11. Ai sensi dell’art 1523c.c. la vendita con riserva di proprietà, è una forma particolare di vendita che
ricorre tipicamente nel caso di vendita a rate, ossia quando il pagamento del prezzo è frazionato nel
tempo.
E’ questa una clausola che consente al venditore di avere una particolare garanzia in caso
d’inadempimento, nonché la possibilità di potersi in effetti tutelare dai rischi derivanti dal possesso os-
sia del perimento del bene. Questa clausola deroga a particolari principi generali:
1. Principio generale dell’immediata tralatio, ove il compratore diventa proprietario della cosa solo
al pagamento dell’ultima rata, fermo restando che il venditore non può disporre della cosa;
2. Altra particolarità è quella del perimento della cosa che resta a carico del compratore quale ac-
quista immediatamente il possesso della cosa allo scopo di riceverne il godimento immediato,
ove quindi il compratore sarà tenuto a pagare tutto il prezzo dovuto anche se la cosa verrà a pe-
rire nel corso dell’utilizzo.
Tuttavia la legge interviene a tutelare il compratore che è certamente la parte più debole difronte al
venditore ed a suoi possibili abusi. Appunto possiamo far riferimento ad una norma inderogabile che
stabilisce che il mancato pagamento di una sola rata che non superi 1/8 del prezzo totale non compor-
ta assolutamente la risoluzione del contratto, ove ai sensi dell’art 1525 il compratore conserva il bene-
ficio del termine per le rate successive, e quindi il venditore potrà agire giudizialmente solo per la rata
non pagata, potendo ottenere la risoluzione del contratto oltre nel caso in cui la rata superi 1/8 del
prezzo anche nel caso in cui l’inadempimento si protrae per più rate. Risolto il contratto ai sensi dell’art
1526 il venditore dovrà ottenere la restituzione della cosa, trattenere un equo compenso per l’utilizzo
della cosa ed il risarcimento del danno, dovendo però restituire al compratore le rate fin li versate. sem-
pre allo scopo di tutelare il compratore da possibili abusi se è pattuito che i canoni versati fin li debbano
essere trattenuti a titolo di giusto compenso per l’uso e per risarcimento del danno, il giudice potrà co-
munque limitare considerevolmente tale indennità trattenuta dal compratore. Si applica la stessa disci-
plina anche quando il contratto sia definito come locazione, ma è convenuto che al termine del paga-
mento dell’ultima rata la proprietà passi al conduttore.
Ai sensi dell’art 1524c.c. la cosa non può essere ne venduta ne tantomeno può essere aggredita dai
compratori, ma allo scopo di tutelare i creditori dello stesso, si potrà in effetti consentire a quest’ultimi
ed al terzo di ignorare la clausola di riservato domino, ove infatti quest’ultima clausola è opponibile ai
creditori solo se risulta certa per iscritto ed antecedente al pignoramento. Per i terzi acquirente invece è
necessario distinguere tra beni iscritti nei pubblici registri e quelli non registrati. Nel primo caso la tra-
scrizione nei pubblici registri è valida allo scopo di opporla al terzo acquirente. Nel secondo caso la riser-
va di proprietà è di regola inopponibile, trovando applicazione la regola del possesso in buona fede, sal-
vo che non si tratti di macchine aventi valore superiore a 15,49€ e ricorrano le condizioni fissate dal se-
condo comma dell’art 1524c.c.

10
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

12. Possiamo inoltre parlare della c.d. vendita con patto di riscatto, quale disciplinata dagli artt 1500-
1509c.c., e si ha quando il venditore si riserva la possibilità di riscattare il bene ad un termine prefissato
restituendo il prezzo di vendita aggiuntivo delle spese sostenute per il suo mantenimento. È da tenersi
essenzialmente distinta da questa vendita la c.d. vendita con patto di retrovendita, ossia il patto stipu-
lato dalle parti allo scopo di concedere al venditore la possibilità di riacquistare la cosa con un contratto
però totalmente differente rispetto al primo. È quindi qui presente la peculiarità che si stipula un nuovo
e differente contratto, non essendo la retrovendita opponibile a terzi.
E’ questa una tipologia di vendita che può ricorrere sia per cose mobili che immobili e quando il compra-
tore effettivamente deve fronteggiare delle crisi economiche che conta di risolvere in un breve termine.
Allo scopo di tutelare il compratore si definisce nullo quel contratto con il quale si stabilisce il prezzo di
riscatto superiore a quello di vendita, causa eccedenza ex art 1500. L’art 1501 definisce poi il termine
massimo di 2anni per le cose mobili e 5anni per quelle immobili per il riscatto, allo scopo di evitare una
situazione di eccessiva insicurezza per il compratore.
La somma dovuta per il riscatto deve essere versata contestualmente alla dichiarazione di riscatto del
venditore, causa decadenza del relativo diritto. Il venditore decade dal diritto di riscatto anche se entro
8gg dalla scadenza non faccia offerta reale nel caso in cui il compratore si rifiuti di riversare la somma.
Nel caso di mancato versamento delle somme dovute per spese o mancata offerta non si decade dal di-
ritto, ma si ha diritto di ritenere la cosa fin quando non siano state versate anche le stesse.
Il patto di riscatto ha effetti reali, ove infatti se il patto è ancora opponibile il venditore può ottenere la
restituzione dello stesso da parte dei successivi acquirenti, ove però questo non è agevole nella vendita
mobiliare dove infatti vale la regola del possesso in buona fede come titolo valido.

13. Particolare pratica commerciale è quella della vendita al di fuori dei locali commerciali, ove si tratta
di una pratica peculiare dove il consumatore si trova in effetti sollecitato da forti insistenze del venditore
senza aver a volte possibilità di valutare preventivamente la necessità dell’acquisto o l’effettiva utilità
dello stesso, nonché nel caso di vendita a distanza non ha nemmeno la possibilità di visionare e control-
lare la merce, da ciò consegue la necessità di aversi una fondamentale e forte tutela del consumatore
nel caso di questi acquisti, con la garanzia di un diritto all’informazione preventiva all’acquisto e diritto
al ripensamento.
La materia è oggi regolata dal Codice del Consumo dagli artt. 45 a 67, contengono in linea di massima le
seguenti discipline:
a) normativa applicabili con alcune eccezioni ad ogni genere di fornitura o prestazione di beni e servizi al
di fuori dei locali commerciali, per transazioni concluse tra un professionista ed un consumatore. Sono
da tenersi esclusi da questa normativa alcune tipologie di contratti, come quelli di somministrazione o
vendita di beni immobili;
b) norme applicabili con alcune eccezioni ai contratti conclusi a distanza con diverse tipologie di mezzi
comunicativi, come telefono o internet.
I diritti riconosciuti al consumatore come detto sono il diritto di recesso che assecondo della diversa ti-
pologia di vendita previsto ai sensi dell’art 65c del consumo, distingue il dies a quo nel quale inizia la
computazione dei giorni, ossia 10gg entro i quali è possibile azionare lo ius poetendi. L’operatore com-
merciale è obbligato ad informare per iscritto il consumatore del diritto di recesso, indicando termini e
modalità di svolgimento, ove in mancanza il termine si prolunga a 60gg nel caso di vendita fuori dai loca-
li commerciali semplice, e di 90 per vendita a distanza. Una volta esercitato tale diritto l’operatore
commerciale è tenuto a restituire al consumatore il prezzo versato dal consumatore entro 30gg da tale
esercizio di diritto, con esposizione a sanzioni amministrative.

11
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

La normativa è derogabile solo in meius per il consumatore ed il diritto di recesso è irrinunciabile. Sem-
pre poi allo scopo di tutelare il consumatore è definita come regola inderogabile quella di definire come
foro competente il foro del luogo nel quale è residente il consumatore ritendendo invalida ogni clausola
che ritenga come competente ogni altro foro.

12
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Capitolo II
Il Contratto Estimatorio

1. Il contratto estimatorio, è un contratto di antica diffusione, ma che viene regolato per la prima volta
dal codice del 1942 agli artt. 1556-1558 c.c., ove una parte che prende il nome di tradens, consegna una
o più cose all’altra parte di nome accipiens, e questa è tenuta a pagare il prezzo entro un termine stabi-
lito, salvo che restituisca la cosa al tradens nel termine stesso.
E’ noto nella pratica anche come contratto di conto deposito, ed è utilizzato specificamente quando un
rivenditore ed un fornitore si accordano allo scopo di evitare che il rivenditore si accolli il peso del ri-
schio economico della vendita, ossia la possibilità che non venda i beni, dovendo però pagare lo stesso
la merce al fornitore, rischio questo molto elevato quando possono essere venduti in un brevissimo arco
di tempo, come nel caso di riviste e giornali, oppure che poi passato il periodo possono essere rivenduti
solo per mezzo di grossi sconti come nel caso dell’abbigliamento o gioielli. Il rivenditore cosi potrà avere
uno più grande assortimento, avendo per questo la possibilità di lucrare sulla differenza del prezzo esti-
mato rispetto a quello di rivendita, non accollandosi i costi di quelli non venduti. Il fornitore anche do-
vendo sopportare il costo dell’invenduto rispetto a questo tipo di contratto ha la possibilità di poter ef-
fettuare un più dettagliato e capillare commercio, che di regola riesce a ricevere.

2. Questo contratto ha effetti reali, si perfezione con la consegna delle cose all’accipiens. La particolarità
giuridica di questa forma contrattuale definisce che solo l’accipiens può disporre delle cose ricevute,
benché comunque gli stessi beni rimangono di proprietà del tradens, fin quando che il primo abbia pa-
gato il loro prezzo (vendendo o non vendendo la merce).
Ai sensi dell’art 1558c.c. si dispone che per un verso sono validi tutti gli atti di disposizione compiuti
dall’accipiens e dall’altro il tradens non può disporre delle stesse fin quando che non gli siano restituiti
gli stessi. La disciplina in proposito definisce espressamente che il contratto estimatorio non può essere
considerato come vendita immediatamente traslativo di proprietà, ma la scarna disciplina però lo porta
ad essere integrato con la normativa della vendita. Il tradens conservando la proprietà del bene evita la
sottoposizione di questi beni a pegno o a sequestro per quanto concerne l’accipiens prima che non sia
pagato il presso, ossia non sia concluso il contratto, ma per lo più può essere esercitata quest’azione da
parte dei creditori del tradens, costituendo cosi la fine anticipata del contratto.
Come detto a carico dell’accipiens esiste l’obbligo di pagare al momento della scadenza del contratto il
prezzo estimato, oppure quello di restituire i beni estinguendo anticipatamente il contratto, ove però
non si è in presenza di un obbligazione alternativa o facoltativa, ove la restituzione o il pagamento del
prezzo sono una condizione potestativa relativa al contratto. Ciò è deducibile dal fatto che l’accipiens
dovrà pagare il prezzo anche quando la restituzione diventi impossibile o è dovuta per cause a lui non
direttamente imputabili. E’ questo un caso di deroga al principio di res perit domino, ove tutti i rischi
passano al momento della consegna dei beni all’accipiens.
Tuttavia l’accipiens non è tenuto ad adoperarsi per la promozione delle cose, anche se il contratto è so-
stanzialmente mirato alla rivendita delle stesse.

13
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Capitolo III
La Somministrazione

1. La somministrazione è un contratto mediante il quale una parte che prende il nome di somministran-
te si obbliga verso il corrispettivo di un prezzo, verso un'altra parte che prende il nome di somministra-
to, ad eseguire verso quest’ultima prestazioni periodiche o continuative di cose. Tale nozione è discipli-
nata dall’art 1559c.c.
E’ questo un contratto tipicamente di durata, consentendo di soddisfare bisogni durevoli, periodici o
continuati del somministrato, attraverso un unico contratto, che assicura la regolarità della fornitura e
stabilità del prezzo. Si pensi ai contratti di fornitura di energia elettrica, di acqua o ai contratti con cui il
fornitore fornisce al minuto il commercianti, oppure il catering nelle compagnie aeree, che però diventa
appalto quando si impegna a fornire servizi ulteriori come la gestione diretta del servizio di ristorazione.
Il contratto di somministrazione in se e per se può avere ad oggetto solo la prestazione di cose in pro-
prietà o in uso, ove invece si abbia fornitura di servizio ci si trova nel caso di appalto di servizi, che però
dovuto alla sua grossa somiglianza con il contratto di somministrazione risulterà applicata la disciplina
della somministrazione. E’ normativa indipendente e speciale quella riservata alla somministrazione del
lavoro.
Il carattere delle prestazioni continuate o periodiche, distingue nettamente la somministrazione di con-
sumo, dalla vendita anche a consegne ripartite. La differenza si trova sostanzialmente nella continuità o
periodicità delle prestazioni che sono plurime, mentre invece nella vendita anche se per agevolare la
vendita si consente la ripartizione della stessa, rimane comunque una prestazione unica. Ai sensi dell’art
1570c.c. alle singole prestazioni della somministrazione si applicano in quanto compatibili tutte le nor-
mative della vendita obbligatoria, datosi che si realizza pur sempre lo scambio della vendita di una cosa
contro denaro.

2. Il contratto di somministrazione può essere anche a tempo indeterminato, ove è poi tipico definire
anche il quantum delle singole prestazioni. Le parti tuttavia possono anche omettere di specificare il
quantum, facendo però riferimento al fabbisogno della somministrazione corrispondente al momento
della conclusone del contratto. E’ ancora possibile identificare un limite massimo e minimo entro cui si
deve svolgere l’intero rapporto di somministrazione o la singola prestazione, ove spetterà poi al sommi-
nistrato a specificare il quantitativo dovutogli entro il limite contrattuale pattuito. Una clausola tipica del
contratto di somministrazione di energia elettrica è quella dell’impegno di potenza, ossia la società
somministratrice si impegna a fornire un dato potenziale elettrico ad esempio 3kw l’ora, ma se l’utente
spende meno deve pagare un canone fisso per l’impegnativo concordato, ove quindi si deduce che il
somministrato è impegnato a pagare la quantità minima corrispondente all’accordo anche se il fabbiso-
gno è minore.
Se il prezzo non viene definito di contratto si determina in base alle regole della vendita, tenendo però
conto delle singole prestazioni e del tempo della scadenza e del luogo nel quale deve essere eseguita.
Nella somministrazione periodica il prezzo deve essere pagato ad ogni singola prestazione in proporzio-
ne alla stessa, mentre se a carattere continuato a scadenze prestabiliti, esempio trimestralmente o se-
mestralmente.

14
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Particolare disciplina invece è applicata nel caso d’inadempimento, allo scopo di circoscrivere
l’inadempimento ad ogni singola prestazione permettendo la continuazione del rapporto di sommini-
strazione. Come infatti il mancato adempimento di una singola prestazione, non legittima la risoluzione
del contratto, salvo che non ricorrano le seguenti due condizioni congiuntamente: a) notevole inadem-
pimento; b) l’inadempimento comporta la perdita della fiducia nella continuazione del rapporto. Se
l’inadempimento è di piccola entità l’altra parte non può sospendere il rapporto senza darne un congruo
preavviso, deducendo che se si tratta di un notevole inadempimento allora si potrà sospendere imme-
diatamente il rapporto. Tuttavia però le disposizioni contenute negli artt. 1564 e 1565 sono condizioni
dispositive che permettono agli enti pubblici di poter sospendere il rapporto anche quando vi sia il solo
mancato adempimento di una singola prestazione in un breve periodo di tempo (scadenza).
Fra i patti previsti dal contratto di somministrazione possiamo parlare in modo importante del patto di
preferenza e del patto d’esclusiva. Sono patti che come visto nel primo volume danno limitazione alla
concorrenza in senso verticale quando il contratto intercorre tra produttore e rivenditore.
Il patto di preferenza è il patto con il quale il somministrato si impegna a preferire a parità di condizioni
il somministrato nel caso della costituzione di un altro contratto che abbia lo stesso oggetto, ove come è
disposto per la disciplina generale della concorrenza questo patto non può eccedere la durata massima
di 5anni.
La clausola d’esclusiva può essere pattuita a favore del somministrante o del somministrato o a favore di
entrambi. Se la clausola è a favore del somministrante il somministrato non può ottenere le stesse pre-
stazioni da altro soggetto, ed ancora salvo patto contrario procurarsi con mezzi propri l’oggetto della
somministrazione. Se poi a favore del somministrato il somministrante non può compiere direttamente
o indirettamente forniture della stessa natura ad altro soggetti nella zona per cui l’esclusiva è concessa.
Il rivenditore ossia il somministrato con esclusiva opera come concessionario di vendita in esclusiva dal
produttore, ed è impegnato a ritirare un quantitativo minimo di merce, può inoltre con ulteriore patto
impegnarsi a promuovere la merce nella zona di sua competenza, è un patto e non un obbligo di per se
azionabile con l’esclusiva. Sarà tenuto cosi a risarcire i danni al somministrate se ha venduto un quanti-
tativo minimo di merce che poteva essere decisamente superiore. Creandosi cosi uno più stretto rap-
porto economico tra fornitore e rivenditore che poi è sfociato nelle tipologie contrattuali atipiche di di-
stribuzione.

15
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Capitolo IV
I Contratti di Distribuzione

1. L’esigenza delle grandi imprese di realizzare una grande distribuzione nella quale si liberino dal peso
della merce non venduta ma mantenendo ferma la possibilità di controllare la distribuzione della sua
merce sul mercato ha reso necessaria la costituzione di forme contrattuali complesse nelle quali il com-
pratore acquista il bene ma deve rivenderlo nelle condizioni e secondo le direttive del venditore, realiz-
zando una stretta integrazione economica tra produttore e rivenditore. Si tratta di accordi con clausole
variamente articolare che permettono un incidenza fortissima del produttore nella rivendita del com-
pratore, non lasciandogli importanti aspetti decisionali per mezzo di un coordinamento unitario della re-
te distributiva. D’altro canto e di riflesso al rivenditore è concessa una maggiore possibilità di guadagno
dovuto alla spendita di un marchio conosciuto, nonché all’esclusività della rivendita in un determinato
territorio.
Valutiamo di seguito le clausole minime che regolano i c.d. contratti di distribuzione, quali regolano i
rapporti tra produttore e distributore integrato, ad ogni modo le s.d. clausole sono:
a) Acquistare periodicamente determinati quantitativi minimi a condizioni predeterminate nello
stesso contratto di distribuzione;
b) Nella rivendita promuovere in nome e per conto proprio la rivendita dei prodotti acquistati in
una zona determinata, secondo modalità stabilite dallo stesso produttore.
Su quest’ultimo aspetto nella pratica si è dato vita ad una serie piuttosto standardizzata di clausole, che
hanno dato vita nella prassi a due fondamentali forme di contratti di distribuzione, quali sono la conces-
sione di vendita ed il contratto di affiliazione commerciale o anche detto franchising, quali si differen-
ziano assecondo del diverso grado di integrazione economica.

2. Pensando all’esempio della FIAT e tenendo presente che la gestione dei singoli punti di vendita spetta
al concessionario, possiamo valutare che il concessionario dovrà garantire i seguenti punti: a) efficace
organizzazione di vendita; b) l’acquisto di quantitativi minimi di merce a scadenze determinati, nonché
un minimo di magazzino con relativi pezzi di ricambio; c) la pratica, le condizioni ed i prezzi di vendita
devono essere definiti dal produttore; d) fornire assistenza tecnica al cliente dopo la vendita; e) controlli
periodici del concedente sull’attività svolta dal concessionario.
In questa pratica commerciale è solita l’applicazione di clausole esclusive per il concedente o il conces-
sionario o per entrambi, anche se nel caso della rivendita automobilistica la casa produttrice si riserva
anche al possibilità di vendere direttamente al cliente. E’ questa quindi una forma contrattuale he si dif-
ferenzia sia dalla vendita che dalla somministrazione con esclusiva a favore del somministrato. A questa
forma atipica contrattuale si applica per analogia le disposizioni della somministrazione per quanto ri-
guarda il quantum di ogni singola fornitura, le norme che regolano la risoluzione del contratto, ed il re-
cesso ad nutum.

3. Rispetto al precedente l’incidenza economica tra produttore e rivenditore è ben più forte nel contrat-
to di franchising, quale viene oggi tutelata dalla legge 129/2004, quale normativa di origine statunitense
che viene applicata in Italia particolarmente per il settore dell’abbigliamento o nella distribuzione di ser-
vizi o ancora nella fornitura di prodotti petroliferi, come colonnine di benzina.

16
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

La nuova disciplina definisce questa forma contrattuale stipulata tra due soggetti indipendenti giuridi-
camente ed economicamente, per cui l’affiliante:
a) Concede in cambio di un corrispettivo una seri di elementi, come i mobili, prodotti o anche il sa-
per come fare, i marchi, ecc;
b) Inserisce l’affiliato in una serie articolata e plurima di affiliati lungo il territorio allo scopo di
commercializzare determinati prodotti o servizi.
Questa forma contrattuale è ben più ampia della concessione di vendita, in quanto possono essere sva-
riate le applicazioni economiche dello stesso contratto, distinguendo appunto tra franchising di distri-
buzione, qualora si tratti di vendita; franchising di produzione, qualora si tratti di produrre; franchising
di servizi, qualora si tratti di fornire servizi, o ancora molto spesso è diffuso il franchising misto tra pro-
duzione e vendita. L’affiliazione commerciale si differenza dalla concessione di vendita per i seguenti
punti:
a) L’affiliato è sempre tenuto ad utilizzare i segni distintivi dell’affiliante;
b) È sempre tenuto ad adattarsi totalmente ai modelli operativi definiti dall’affiliante in ogni aspet-
to dell’attività commerciale, in modo uniforme in tutti i settori dell’attività. La rete commerciale
come infatti si basa sulla formula commerciale creata dall’affiliante in modo pedissequo tra tut-
ti gli affiliati.
In alcuni casi l’affiliato può mettere a disposizione solo una parte dei propri locali commerciali per
l’attività di franchising, quale non mette però in assoluto dubbio l’applicazione della normativa
129/2004. La stessa disciplina si applica anche per il c.d. master franchising, quale è il caso nel quale un
affiliato a sua volta costituisce una serie di affiliati minori allo scopo di creare una rete di affiliati che se-
guono la stessa formula commerciale.
L’immagine di questa catena finisce per costituire nella mente del consumatore che sta trattando con
l’affiliante stesso, facendolo illudere quindi che sia la stessa persona anche se concretamente si tratta di
due soggetti differenti. Il franchising pertanto costituisce un contenuto ben più complesso della sempli-
ce concessione di vendita, finendo per costituire una serie articolata e diversa di rapporti che hanno tut-
ti la stessa finalità di creare un integrazione economica tra affiliante ed affiliato. E’ questa una forma
contrattuale autonoma ove le altre figure contrattuali potranno essere applicate solo nella parte in cui
per analogia e completamento della disciplina il franchising si fa partecipe.
La disciplina convenzionale non ha finito di creare problemi di tutela degli affiliati soprattutto inerente-
mente alla cessazione del rapporto. Il mancato rinnovo del contratto o il breve recesso ad nudum con
breve preavviso quando il contratto è a tempo indeterminato, possono presentarsi come abusi verso
l’affiliato, con il rischio di perdere tutta la clientela. Prima la giurisprudenza che con una sentenza del
1984 del tribunale di Roma, quale ordinava la prosecuzione del contratto a tempo indeterminato per
almeno altri 10mesi allo scopo di terminare le scorte in magazzino, a dispetto dei 3mesi e mezzo di
preavviso; ma poi più propriamente il legislatore quale ha introdotto il c.d. divieto di abuso di dipen-
denza economica. Come infatti la legge 129/2004 ha introdotto una più concreta disciplina in grado di
poter tutelare una corretta formazione del consenso e le legittime aspettative di entrambe le parti.
L’attuale disciplina stabilisce che a tutela dell’affiliato, l’affiliante deve aver già provato sul mercato la
sua formula commerciale. Se venisse ad essere costituito un contratto di franchising con formula com-
merciale non ancora sperimentata, il contratto è annullabile per dolo, ma non è appunto nullo, e da ciò
consegue che il contratto sarà comunque valido se pure proposta una formula commerciale non ancora
sperimentata.
Di particolare importanza e di grande rilievo nella s.d. normativa del 2004 sono particolarmente impor-
tanti gli obblighi precontrattuali, dai quali ne esce il primo e fondamentale obbligo d’informazione allo
scopo di far conoscere dettagliatamente e correttamente l’affiliato delle caratteristiche contrattuali alle

17
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

quali va incontro. Come infatti almeno 30gg prima della conclusione del contratto, il proponente affilian-
te deve fornire all’affiliato tutta la documentazione necessaria fra cui copia del contratto, in grado di po-
ter far conoscere all’affiliato l’efficacia della formula commerciale ed anche il rischio di contestazioni
giuridiche derivanti dall’impiego della stessa. Detti documenti sono elencati dall’art 4 della legge
129/2004. L’art 6 sempre in prospettiva dell’obbligo preventivo d’informazione, definisce che l’affiliato o
meglio potenziale affiliato deve comunicare preventivamente all’affiliante tutti i dati ritenuti necessari al
fine della costituzione del contratto, anche se non espressamente richiesto.
Detto contratto deve essere stipulato per iscritto a pena di nullità, dovendo indicare obbligatoriamente,
condizioni per il rinnovo, risoluzione o eventuale cessione. Detto contratto deve indicare l’investimento
iniziale che deve sostenere l’affiliato, le percentuali che l’affiliato s’impegna a versare che prendono il
nome di royalties, nonché l’incasso minimo che l’affiliato s’impegna a realizzare. Da parte dell’affiliante
invece nel contratto deve essere indicato il c.d. know-how, ossia il saper come fare fornito nella formula
commerciale, nonché i servizi offerti dall’affiliato, come ad esempio assistenza tecnica o formazione del
personale.
Il contratto di franchising può essere a tempo indeterminato o a tempo determinato, purché in
quest’ultimo caso l’affiliante si impegni a garantire una continuazione minima del contratto perlomeno
di 3anni, tempo sufficiente a recuperare gli investimenti effettuati.
Ai sensi dell’art 5 della legge 129/2004 l’affiliato è obbligato a tenere la massima riservatezza a proposi-
to della formula commerciale affidatagli, specie per il know-how. Tale obbligo permane oltre la fine del
contratto.
Se poi il contratto contiene una clausola indicante la sede dell’affiliato, questo non può spostarla se non
prima l’abbia comunicato all’affiliante, salvo caso di forza maggiore. In questi casi risulta normale una
clausola d’esclusiva a favore dell’affiliato.

18
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Capitolo V
L’Appalto

1. L’art 1655 c.c. disciplina come contratto d’appalto, quel contratto per il quale una parte che prende il
nome di appaltatore, assume a proprio rischio e con mezzi necessari mediante una propria organizza-
zione, l’impegno di compiere un opera o un servizio, verso un corrispettivo in danaro. Da ciò consegue
che può essere oggetto d’appalto il compimento di un opera o la fornitura di un servizi (come ad esem-
pio il servizio di pulizia). Nell’ambito dell’appalto possono essere fatti rientrare alcuni nuovi contratti
come l’engineering, quale è un contratto mediante il quale una parte si obbliga a compiere un progetto
architettonico/industriale, impegnandosi inoltre nella fornitura di servizi d’assistenza nella formazione
materiale della stessa opera; oppure ancora contratti di utilizzazione dei computers, o meglio servizi in-
formatici stipulati con un centro d’elaborazione dati.
Non tutti i contratti medianti i quali si costituisce un opera sono contratti d’appalto, ma come detto in-
fatti nella s.d. definizione è necessario che il compimento dell’opera sia svolta a proprio rischio utiliz-
zando i mezzi necessari mediante una propria organizzazione. Insomma è necessario che l’appaltatore
sia un imprenditore commerciale, tendenzialmente non piccolo. Da ciò si tiene nettamente distinto
l’appalto dal lavoro subordinato. Inoltre il contratto d’appalto si caratterizza in modo particolare anche
nel contratto di lavoro autonomo proprio per la prestazione imprenditoriale che lo stesso può fornire,
ove l’art 2222c.c. quale disciplina il c.d. contratto d’opera, mediante il quale un lavoratore con lavoro
prevalente proprio e senza vincolo di subordinazione si obbliga a fornire un opera o un servizio in cam-
bio di un corrispettivo in danaro. Svolge il contratto d’opera senza avvalersi di un attività imprenditoriale
dei fattori produttivi, o tutt’al più si avvale di un attività che non ecceda il piccolo imprenditore. Sime al
contratto d’opera è il contratto di sponsorizzazione, dove in cambio di un corrispettivo nello svolgimen-
to della sua attività il soggetto sponsorizzato si impegna a sponsorizzare lo sponsor.
Netta è inoltre la differenza tra vendita e somministrazione rispetto all’appalto, ove infatti i primi due
sono contratti che hanno per obbligo un dare, mentre i primi un fare. Applicandosi la disciplina della
somministrazione in ogni caso quando vi siano prestazioni periodiche. Tuttavia la distinzione diventa dif-
ficile quando ad un fare si aggiunge anche l’obbligo di un dare, si pensi al caso nel quale l’appaltatore
deve fabbricare dei mobili, qui indubbiamente si aggiunge anche l’obbligo di dare. La domanda fonda-
mentale in questo caso è di che si tipologia contrattuale si tratta? Appalto o vendita? La giurisprudenza
si è mostrata concorde sul fare applicare il c.d. criterio della prevalenza, ossia si applica la disciplina del
contratto prevalente. La giurisprudenza inoltre ha specificato che il criterio di prevalenza deve essere
valutato sullo scopo del negozio e non su di un criterio oggettivo, valutando al di la del nomen iuris del
negozio.
Il committente dell’opera potrà essere sia un soggetto privato che un soggetto pubblico, quale stato o
ente pubblico. La disciplina dettata dal codice civile è tuttavia applicabile integralmente solo agli appalti
commissionati da soggetti privati. Quando invece il committente invece è soggetto pubblico la disciplina
è in più parte integrata e sostituita da una legislazione speciale che interessa l’intero svolgimento del
rapporto, quale è stata raccolta di recente nel codice degli appalti pubblici d.lgs. 163/2006, ove la dot-
trina più recente ha affermato sempre di più un indipendenza del contratto di appalto pubblico rispetto
a quello civilistico, risultando quest’ultimo applicabile solo in via sussidiaria e complementare.

19
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

2. Analizziamo ora le varie obbligazioni delle due parti del contratto d’appalto. Le obbligo fondamentale
dell’appaltatore, è quello della costituzione dell’opera o il sevizio consegnatogli. Salvo diversa pattui-
zione l’appaltatore deve fornire anche la materia prima per la costituzione dell’opera. Se venisse ad es-
sere fornita in tutto o in parte la materia dal committente l’appaltatore deve prontamente denunciare i
difetti derivanti dalla fornitura della stessa nella costituzione dell’opera, in modo da discostarsi da possi-
bili responsabilità per difetti della costituzione dell’opera per mezzo del materiale, responsabilità che
permane però per altri difetti.
In base al divieto di utilizzo dell’appalto di manodopera qualora tutta la materia venisse fornita dal
committente l’appaltatore non può fungere da mero intermediario tra committente e lavoratori, ma
quest’attività può essere svolta dalle sole agenzie del lavoro nei limiti previsti dal d.lgs. 276/2003. In ca-
so di violazione di questo divieto il contratto d’appalto viene convertito in uno di lavoro subordinato a
tempo indeterminato. Ove la cassazione specifica che per aversi appalto e non mera somministrazione è
necessario che l’appaltatore conservi il suo potere direttivo verso i lavoratori e rischi d’impresa, insom-
ma mantenga la sua autonomia. Se venissero ad essere violate le s.d. disposizioni si va anche incontro a
sostanziali sanzioni penali. Anche quando non c’è poi appalto di manodopera i lavoratori
dell’appaltatore possono rivolgersi ai sensi dell’art 1676 c.c. direttamente al committente allo scopo di
ricevere quanto a loro dovuto nei limiti del debito che il committente ha verso l’appaltatore. E’ questa
un estensione di responsabilità che il committente ha verso i lavoratori ai sensi dell’art 29 del d.lgs.
276/2003, quale dispone che nel caso in cui l’appaltatore o subappaltatore non soddisfa i crediti di lavo-
ro a renderli ci sarà il committente, salvo che sia persona fisica che non eserciti attività d’impresa o pro-
fessionale, nei limiti di due anni. Può essere escluso detto obbligo estensivo quando venga ad essere
previsto dai CCNL.
Esiste un documento che prende il nome di capitolato, nel quale sono indicate analiticamente tutte le
modalità con le quali deve essere costituita l’opera, alle quali modalità è obbligato l’appaltatore.
Nell’appalto pubblico i capitolati sono definiti dall’amministrazione e possiamo distinguere tra capitolati
generali e speciali, ove i primi fissano i parametri entro i quali si deve svolgere un determinato genere di
lavoro indistintamente dalla species, mentre i secondi fissano i parametri per ogni specifico lavoro anche
se segue uno specifico schema-tipo. E’ controverso poi se i capitolati speciali abbiano natura normativa
o contrattuale.
L’opera deve essere eseguita “a regola d’arte”, ove la valutazione viene effettuata da un perito, ove
quindi l’appaltatore è tenuto a comunicare ogni singolo difetto del progetto o delle istruzioni che pos-
sono pregiudicare l’opera. Una specifica disciplina è disposta per le variazioni in corso d’opera, ove la
regola principale è che ogni singola variazione non può essere disposta dall’appaltatore senza
l’autorizzazione per iscritto. Inoltre se il compenso è stato pattuito globalmente l’appaltatore ha diritto
ad un aggiuntivo solo se pattuito espressamente. Come detto si tratta di regole generali che possono di
conseguenza subire delle variazioni, che si possono avere al di la dell’autorizzazione quando: a) siano
necessarie alla realizzazione dell’opera a regola d’arte. Le variazioni se non convenute tra le parti ven-
gono ad essere fissate dal giudice, ma se il prezzo varia al di sopra di 1/6 di quello in effetti accordato
l’appaltatore ha diritto di recedere dal contratto, salvo congruo indennizzo, ove poi correlativamente il
committente potrà recedere dal contratto se la variazione è di notevole entità, riconoscendo però
all’appaltatore un congruo indennizzo; b) quando se pure non necessarie sono commissionate dal com-
mittente. In tal caso l’appaltatore avrà sempre diritto ad un compenso aggiuntivo e potrà rifiutarsi di
eseguire la prestazione quando la variazione superi 1/6 del prezzo principale accordato, o se pure la va-
riazione venga ad essere contenuta nel prezzo comporti un notevole cambiamento dell’opera.
Il committente ha diritto di visionare e controllare i lavori, oppure di verificare a sue spese lo stato de-
gli stessi, personalmente o per mezzo di direttore dei lavori, sempre a sue spese. Se sulla base di tale ve-

20
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

rifica il committente si renda conto che i lavori non procedono a regola d’arte, oppure non sono seguite
le modalità convenute potrà fissare un termine congruo entro il quale l’appaltatore dovrà in effetti con-
formarsi alle condizioni ed alla costituzione a regola d’arte dell’opera. Ai sensi dell’art 1662.2 c.c. decor-
so tale termine inutilmente il contratto si riterrà automaticamente risolto. La disposizione è funzionale
ad evitare la risoluzione del contratto per semplice inadempimento consentendo appunto il conformarsi
al piano dell’opera, ove però il committente potrà comunque azionare le vie giudiziarie per la risoluzione
per inadempimento.
Conclusa l’opera il committente avrà ancora il diritto di visionare l’opera prima del pagamento del prez-
zo, quale verifica prende il nome di collaudo, appunto ritenendosi con il collaudo la verifica finale, quale
collaudo deve essere effettuato non appena l’appaltatore ha messo il committente in condizione di po-
terlo fare. Verificato il collaudo il committente è tenuto a comunicare il solo risultato negativo, ossia è
tenuto a comunicare solo quando non è soddisfatto dell’opera, conseguendo che non è obbligato ad ef-
fettuare comunica quando sia pienamente soddisfatto della cosa, quindi si ritiene accettata l’opera
quando: a) ometta di collaudare la cosa, senza giustificati motivi e non comunichi il risultato al commit-
tente entro un congruo termine; b) riceve senza riserva anche se non si è effettuato collaudo la cosa. È
tenuto a verificare la cosa quando ci sia riserva e quando nel contratto è espressamente stabilito che la
ricezione dell’opera con riserva non equivale ad accettare l’opera.
Una tempestiva verifica tutela l’appaltatore da possibili effetti negativi su una mancata verifica. Infatti
con l’accertamento dell’opera:
1. Il rischio di perimento o deterioramento passano dall’appaltatore al committente;
2. L’appaltatore è liberato dalla garanzia per difformità e vizi dell’opera riconoscibili dal commit-
tente;
3. L’appaltatore salvo diversa pattuizione ha diritto di ricevere il pagamento del prezzo.

3. Ai sensi dell’art 1667 c.c. una volta che l’opera è compiuta l’appaltatore è tenuto alla garanzia per la
difformità e i vizi dell’opera. Se l’opera è stata accettata senza riserve la garanzia copre solo i vizi occulti
e quelli palesi taciuti dall’appaltatore.
Se si rileva una difformità o vizi nel compimento dell’opera, il committente deve entro 60gg, denunciarlo
all’appaltatore, per ottenere a scelta dell’appaltatore l’eliminazione degli stessi vizi o difformità, oppure
la riduzione del prezzo. Se però i vizi sono tali da rendere inidonea l’utilizzazione dell’opera rispetto ai
fini prefissati, il committente può richiedere la risoluzione del contratto ed il risarcimento qualora
l’appaltatore abbia agito per colpa.
La denuncia della difformità si prescrive in 2anni dalla consegna dell’opera, che viene aumentata a 10
quando l’appaltatore s’impegna ad eliminare i vizi o le difformità.
Qualora poi l’opera abbia natura di edifici o altri immobili si aggiunte una responsabilità per 10anni per
tutti i vizi che possono essere inerenti alla rovina parziale o totale dell’opera, nonché gravi difetti impu-
tabili al suolo o di costruzione. La denunzia va fatta entro 1anno dalla scoperta e si prescrive entro un
anno dalla denunzia. Nei casi di errori di progettazione, oltre all’appaltatore risponderà anche il progget-
tista.

4. Le azioni del committente sono:


1. Pagare il corrispettivo: che può essere concordato a corpo o a misura;
2. Chiedere variazioni in corso d’opera: ma deve esserci compenso per l’appaltatore per le modifi-
che;
3. Collaudo di verifica: in essenza del quale i lavori si intendono tacitamente accettati;
4. Chiedere la rivedibilità del prezzo durante l’esecuzione dell’opera. Quale possibile in due casi:

21
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

a) Variazioni imprevedibili della manodopera o dei materiali che comportano una variazio-
ne del prezzo superiore al 10% del valore già accordato;
b) Se variazioni di ordine geologico, idrico e simili comporti una variazione del prezzo da
sopportare da parte dell’appaltatore, che sempre superi il s.d. 10% del valore accordato.
Le parti possono fissare un c.d. prezzo bloccato, per intendersi una clausola che blocca il prezzo e si tie-
ne estranei a tali s.d. variazioni.

5. Il contratto d’appalto è un contratto che si protrae nel tempo e l’interesse del committente è quello
proprio di ricevere un opera soddisfacente al suo termine, quale sia soddisfacentemente realizzata. La
prestazione dell’appaltatore è di regola individuabile e su questi presupposti si potrà valutare appunto la
disciplina di riferimento per lo scioglimento del rapporto.
Se l’opera diviene impossibile per cause non imputabili a nessuna delle parti, il committente dovrà
quanto è dovuto proporzionalmente per la parte dell’opera già compiuta, ma solo se la stessa parte
dell’opera sia ad esso utile, come infatti se mancasse tale utilità non sarà dovuto niente.
Il committente e solo costui può recedere dal contratto anticipatamente non dovendo obbligatoriamen-
te prestare giusta causa per il recesso. Ma dovrà comunque versare le spese sostenute dall’appaltatore,
nonché il risarcimento per il lucro cessante, ossia per il mancato guadagno.
Se l’appaltatore muore il contratto non si scioglie salvo che non sia stato stipulato intuitu persona, ma
potrà comunque recedere dal contratto quando gli eredi dell’appaltatore non diano opportune garanzie,
dovendo versare solo però la somma percentuale dell’opera compiuta che vada ad essere comunque a
lui utile.

6. Il subappalto è il contratto con il quale l’appaltatore stipula un nuovo contratto con un altro soggetto
subappaltatore per le stesse prestazioni che sono ad oggetto del contratto d’appalto, quali possono es-
sere per l’intera opera o per parte di essa. Per il subappalto parziale è necessario il consenso del com-
mittente, rispetto al quale l’appaltatore rimane sempre obbligato per responsabilità anche se la stessa
dipende da fatto compiuto dal subappaltatore. L’appaltatore potrà comunque agire in regresso verso il
subappaltatore, ma dovrà comunque comunicargli entro 60gg dal ricevimento della denuncia la stessa.

7. Possiamo infine passare a parlare del c.d. contratto di subfornitura, si tratta di un contratto per il
quale una grande impresa si avvale di altre imprese medio-piccole allo scopo di svolgere determinate
fasi della propria attività, o addirittura la costituzione dell’intero bene. È un contratto che si caratterizza
in base al fatto che si seguono le direttive del committente, avvalendosi delle tecnologie di
quest’ultimo, ed essendo soggetto ai suoi controlli sulla qualità dei prodotti, tanto da trovarsi in situa-
zioni di dipendenza economica o tecnologia da quest’ultimo. Al fine di tutelare l’impresa subfornitrice da
possibili abusi la legge 192/1998 stabilisce che si possono avere controlli quando:
o L’impresa s’impegna su commissione a fornire la subfornitura di lavorazioni oppure del prodot-
to;
o Le subforniture sono conformi a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, e mo-
delli forniti dall’impresa committente.
Il contratto va redatto per iscritto a pena di nullità, ma se il contratto è nullo per forma il subfornitore
che ha dato esecuzione al contratto in buona fede, avrà comunque diritto al rimborso delle spese soste-
nute. Nel contratto devono essere indicati:
a) Requisiti dei beni o servizi richiesti;
b) Prezzo pattuito, determinato o determinabile in modo preciso;
c) Termini, modalità di pagamento, consegna e collaudo.

22
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Sono nulle quelle clausole che consentono la modifica unilaterale delle disposizioni contrattuali, nonché
i patti che consentono al subfornitore di disporre in favore del committente e senza corrispettivo di di-
ritti di privativa industriale o intellettuale. In capo al subfornitore è posta la responsabilità del funziona-
mento e delle qualità della parte o dell’assemblaggio da lui prodotti ovvero dei servizi resi. E’ nulla qual-
siasi pattuizione contraria restando esclusa qualsiasi forma di aggravio della responsabilità del subforni-
tore verso il committente.

23
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Capitolo VI
Il Contratto di Trasporto

1. Il contratto di trasporto è il contratto con il quale un vettore si obbliga a prestare il servizio di tra-
sporto di persone o cose dietro pagamento di un corrispettivo.
Assecondo del tipo di trasporto, ossia come viene effettuato lo stesso possiamo identificare diverse fonti
di riferimento, come infatti il trasporto su strada è definito per lo più dal codice civile, mentre il traspor-
to aereo e marittimo è disciplinato dal codice della navigazione. Ed infine il trasporto ferroviario è disci-
plinato da leggi speciali. Le disposizioni si differenziano assecondo dell’oggetto del trasporto, ossia di se
si tratta di cose o persone.

2. L’art 1679 c.c. definisce che tutte le imprese pubbliche o private che svolgono servizio di linea, sono
soggette a concessione amministrativa. Al fine di permettere la generalità del servizio, nonché evitare
abusi nei suoi confronti, si prevede che il concessionario del servizio:
a) Ha l’obbligo di accettare le richieste di trasporto compatibili con i mezzi ordinari dell’impresa;
b) Deve rispettare la parità di trattamento fra i richiedenti secondo le disposizioni generali dell’atto
di concessione e note al pubblico ed agli utenti.

3. Con la conclusione del contratto il vettore s’impegna a trasportare da un luogo all’altro un soggetto in
cambio di un corrispettivo oppure gratuitamente, facendo rimanere indenne da danni il trasportato
nonché le cose che costui porta con se. Quindi il vettore è obbligato non solo per la generica responsabi-
lità d’inadempimento ex art 1218c.c. ma anche per rischi di eventuali sinistri stradali, almeno ché non
dimostra che l’accadimento sia a lui non imputabili avendo adottato tutte le misure necessarie, oppure
che il danneggiamento sia dovuto sempre a cause a lui non direttamente imputabili. Inoltre poi sono
nulle tutte quelle clausole apposte al contratto che vogliano dispensare da responsabilità il vettore per
sinistri durante il viaggio.
Nel contratto di trasporto esiste una doppia responsabilità, contrattuale ed extracontrattuale, ove la
prima si prescrive in un anno la seconda in due, e da ciò consegue che il trasportato potrà agire anche in
via extracontrattuale contro il vettore. Tuttavia poi la responsabilità extracontrattuale è l’unica imputa-
bile al vettore nel caso di trasporto amichevole, ove il danneggiato ne deve provare anche il dolo o la
colpa del vettore stesso.

4. Nel trasporto di cose poi l vettore si obbliga a trasportare da un luogo all’altro delle cose commissio-
nate da un mittente, a favore di un destinatario o dello stesso mittente quale sarà anche destinatario
della consegna. L’esercizio del contratto viene accompagnata anche da alcuni titoli:
1. Lettera del vettore: rilasciata dal mittente al vettore con tutte le indicazioni necessarie per
l’esecuzione del contratto;
2. Ricevuta di carico o duplicato della lettera del vettore: viene rilasciata dal vettore al mittente
per provare l’avvenuta consegna dei beni traportati;
3. Titolo di credito rappresentativo della merce: ha funzione di titolo di credito all’ordine.
Se non è stato emesso un titolo rappresentativo della merce e nel contratto appare un soggetto destina-
tario diverso dal mittente il contratto viene prevalentemente considerato a favore di terzo.

24
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

In deroga all’art 1411c.c. il destinatario non acquista il diritto al momento della stipulazione del contrat-
to di trasporto, ma bensì al momento del ricevimento della merce, oppure scade il termine per il loro ri-
cevimento, richiedendo la consegna al vettore. Fino a tale momento creditore è sole il mittente, ricono-
scendo da parte della legge un ampio diritto di contraddire. Il mittente può sospendere il contratto e
chiedere la riconsegna della cosa, oppure ordinare al vettore la consegna delle stesse ad altro destinata-
rio.
I caratteri del trasporto sono:
- Il mittente ha l’obbligo di pagare al vettore il corrispettivo, salvo che con apposita clausola
quest’obbligo sia trasferito al destinatario.
- La consegna deve essere effettuata secondo le modalità convenute nel contratto, dando pronto
avviso dell’arrivo al mittente.
- Il vettore è tenuto a custodire la merce fino all’avvenuta consegna, dovendo chiedere istruzioni
al mittente nel caso in cui vi fossero impossibilità o semplici intoppi sopravvenuti nel trasporto o
nella consegna della cosa per cause a lui non imputabili.
- Se vi è convenuto l’obbligo del vettore di ricevere il pagamento della merce e non riceve tale
pagamento alla consegna, è obbligato comunque verso il mittente.
- Risponde per il ritardo o la mancata consegna della cosa secondo le ordinarie nome di respon-
sabilità per inadempimento contrattuale. Per sottrarsi a tale risarcimento deve dimostrare che
l’inadempimento sia dovuto per cause a lui non direttamente imputabili.
- Responsabilità ex recepto, ossia è responsabile da momento in cui prende la merce e la conse-
gna, per avaria o perdita della merce. Per sottrarsi a tale responsabilità deve prontamente di-
mostrare che è avvenuto uno dei seguenti casi: a) caso fortuito; b) natura o vizio della merce o
del loro imballaggio; c) fatto del mittente o del destinatario.
La responsabilità del vettore può essere abbassata con clausole che presumono il caso fortuito, irre-
sponsabilità per il calo naturale del peso della merce, nonché clausole che riducono la responsabilità so-
lo nel caso in cui vi sia solo dolo o colpa grave del vettore.

5. Possiamo infine passare a parlare di un trasporto articolato con più vettori, ove un singolo vettore
non è in grado di poter trasportare con i propri mezzi la merce dal luogo della presa in carico e della
consegna della merce. Si da vita in questa particolare condizione a tre possibili tipologie di trasporto: a)
subtrasporto; b) trasporto con rispedizione; c) trasporto cumulativo.
A. Il vettore si obbliga direttamente lui verso il mittente a compiere l’intero trasporto, ma poi per
singoli percorsi ad un altro trasportatore, con un rapporto personale però tra il primo vettore ed
il subvettore, risultando quindi evidente che unico obbligato verso il mittente è il solo primo vet-
tore e non il subvettore, in quanto non sono intercorsi rapporti tra il mittente ed il secondo;
B. Si ha tipicamente nel trasporto di cose, ove il primo vettore si obbliga verso il mittente a com-
piere il trasporto per una sola parte del percorso, stipulando poi con altri vettori per la restante
parte del percorso un altro contratto di trasporto, ma per nome e per conto del mittente. Cia-
scun vettore è responsabile per il trasporto nella loro parte di trasporto di competenza;
C. Più vettori si obbligano con lo stesso contratto a compiere ognuno il trasporto per il loro percor-
so di competenza. In tema di responsabilità è prevista una diversa disciplina:
- Trasporto di persone: non c’è questione in quanto è facilmente individuabile dove è avvenuto
l’evento dannoso, di conseguenza ogni vettore è responsabile per la porzione di percorso di sua
competenza;
- Trasporto di cose: c’è una responsabilità solidale di tutti i vettori, in quanto è difficile indivi-
duare dove è avvenuto l’evento dannoso.

25
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Il traporto oltre a poter necessitare di più vettori, può richiedere anche l’utilizzo di più mezzi di traspor-
to. La giurisprudenza ritiene applicabile in materia di responsabilità la medesima disciplina del trasporto
del codice civile, mentre invece la giurisprudenza ritiene applicabile la speciale disciplina del codice della
navigazione.

26
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Capitolo VII
I Contratti per il Turismo

1. Il contratto di viaggio ha ad oggetto l’effettuazione da parte di un impresa specializzata, di un com-


plesso di attività, come il trasporto, soggiorno ecc. la disciplina è dettata dagli art. 82 a 100 del codice
del consumo. Questo tipo di contratto può essere compreso nell’ambito del contratto di trasporto qua-
lora il contratto abbia ad oggetto il trasporto di persone, come avviene nella crociera dove sostanzial-
mente il contratto è di trasporto, ove tutti gli altri servizi offerti sono ad esso accessori. Le agenzie turi-
stiche tuttavia non provvedono in via diretta a svolgere contratto e servizio di trasporto, ma invece:
1. Organizzano ed offrono pacchetti turistici mediante la stipula di contratti con imprese che offro-
no le diverse prestazioni;
2. Procurano ai clienti pacchetti turistici organizzati dalle agenzie organizzitrici.
Entrambi i casi sono fuori dal contratto di trasporto.
Bisogna opportunamente distinguere tra:
1. Contratti di organizzazione di viaggi: l’agenzia si obbliga a fornire al cliente dietro un corrispet-
tivo un servizio completo, c.d. tutto compreso. Tale forma contrattuale va inquadrata nel nove-
ro dell’appalto di servizi con connessa responsabilità unica e diretta dell’agenzia turistica;
2. Contratti d’intermediazione di viaggi: l’agenzia si impegna a fornire al cliente un contratto di
organizzazione di viaggio, con servizi separati nel quale l’intermediario assumere ruolo di man-
datario con rappresentanza. Risponderà verso il cliente del mancato adempimento agli obblighi
di mandato e non per il mancato servizio, ove risponderanno i rispettivi prestatori degli stessi.
Il codice del consumo prevede per entrambe le forme contrattuali un analitica disposizione per la fase di
conclusione del contratto che per la fase dell’esecuzione dello stesso:
 Alla fine della conclusione del contratto nonché all’inizio della sua esecuzione l’agenzia turisitica,
quale organizzatrice o venditrice del pacchetto, deve fornire un apposita informazione contrat-
tuale;
 Al consumatore va data copia del contratto, che essendo costituita per iscritto deve contenere
tutta una serie d’indicazioni in grado di poter far conoscere al consumatore tutte le indicazioni
necessarie ai fini contrattuali;
 Il consumatore può cedere il contratto se si trova nell’impossibilità di poterne usufruire, oppure
può recedere dallo stesso pagandone una congrua indennità prefissata;
 La revisione forfettaria del prezzo è ammessa solo quando sia espressamente previsto dal con-
tratto. La parte può recedere dal contratto quando esso superi il 10% del prezzo concordato;
 Nel caso di forza maggiore o per mancato raggiungimento del numero l’agenzia di viaggi può re-
cedere dal contratto senza obbligo di pagare risarcimento del danno.
Come per la responsabilità in generale l’organizzatore e l’intermediario sono responsabili per le obbliga-
zioni da loro assunte, salvo che non dimostrino che l’inesatto adempimento sia dovuto a cause a lui non
direttamente imputabili. Per i danni a cose o persone per loro dirette responsabilità, il risarcimento è
dovuto entro i massimali prefissati. Inoltre sussiste l’obbligo assicurativo degli agenti di viaggio per la lo-
ro responsabilità.

27
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

2. Il contratto d’albergo, si ha quando un soggetto si obbliga a prestare dietro corrispettivo ad un cliente


un alloggio mobiliato, adornato da tutta una serie di servizi necessari o utili al fine del soggiorno. Esso è
un contratto privo di disciplina, ove le singole prestazioni sono riconducibili alle fattispecie contrattuali
tipiche di riferimento.
Unico aspetto regolato dalla legge nel contratto alberghiero, è quello delle cose portate in albergo dal
cliente, ex artt. 1783 a 1786c.c. La responsabilità dell’albergatore è illimitata, ossia copre l’intero valore
del bene per la sottrazione, smarrimento, deterioramento o distruzione delle cose avute in custodia,
oppure che dovevano essere prese in custodia per un obbligo ex lege, ma poi non vengono prese.
Mentre invece l’albergatore risponde solo fino a 100 volte oltre il valore del prezzo giornaliero di sogget-
to se le cose portate in albergo sono sempre danneggiate, sottratte o distrutte, ma dette cose non gli
siano consegnate. Detta limitazione di responsabilità non può essere invocata quando il cliente provi che
il danno è stato cagionato da un dipendente o ausiliare dell’albergatore. L’albergatore in ogni caso non
risponderà di responsabilità quando sia in grado di poter provare:
a) Il danno sia stato cagionato dal cliente, dai soggetti che l’accompagnano, gli prestano servizio o
gli fanno visita;
b) Forza maggiore;
c) L’evento dannoso sia dovuto a cause di forza maggiore.
Il risarcimento del danno è soggetto a decadenza, infatti se trascorre un tempo ingiustificato per la de-
nuncia del danno, conseguerà che non potrà essere più invocato tale risarcimento, salvo che il danno
non sia imputabile alla negligenza dell’albergatore o dei suoi ausiliari.

28
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Capitolo VIII
Deposito nei Magazzini Generali

1. Con il contratto di custodia di merci e derrate (viveri), un depositario assume l’obbligo di custodire
presso i suoi depositi un determinato quantitativo di beni mobili, custoditi anche alla rinfusa, ossia mer-
ce appartenente a più soggetti, come può accadere con il grado o altre materie che possono essere cu-
stodite nello stesso recipiente, purché alla scadenza del contratto di deposito venga restituito il quanti-
tativo depositato. E’ questo lo schema del deposito regolare, ove la restituzione delle cose custodite è in
natura.
Rispetto alla responsabilità del depositario, ha una responsabilità maggiore in quanto lo stesso è sogget-
to a responsabilità per ogni evento dannoso che avviene nel suo magazzino sulla merce, salvo che riesca
a dimostrare che il danno è dovuto a cause di forza maggiore, caso fortuito, natura delle merce, nonché
dell’imballaggio. Nei magazzini generali inoltre vige il principio per cui, al momento della fine del con-
tratto e al non avvenuto ritiro il depositario può disporre la vendita dei beni dopo averlo però comunica-
to al depositante, allo scopo di rivalersi su tale ricavato per le spese sostenute ed il compenso accorda-
to.

2. A richiesta del depositante i magazzini generali devono rilasciare una fede di deposito, accompagnata
poi da una nota di pegno.
La fede di deposito altro non è che un titolo di credito all’ordine rappresentativo di merce e può essere
utilizzata come ogni titolo di credito allo scopo di trasferire il diritto rappresentato che in questo caso è il
diritto a ritirare la stessa merce.
Invece poi la nota di pegno ha diversa funzione se attaccata o staccata dalla fede di deposito. Nel caso
fosse accorpata a codesta essa avrebbe il solo compito di attestare che la merce non è soggetta a pegno.
Quando invece viene scissa dalla fede di deposito attesta la costituzione di pegno, a fronte del quale il
beneficiario ha beneficiato di un finanziamento, diventando in tal modo un titolo di credito all’ordine in-
dipendente, trasferibile mediante autonoma girata. Il possessore della sola fede di deposito, potranno
esercitare autonomo diritto sulla merce, ricevendone la restituzione solo una volta che hanno adempiu-
to al debito del pegno, ossia al creditore pignoratizio .
Invece poi il possessore della sola nota di pegno, non pagato alla scadenza dal primo girante ha due pos-
sibilità:
1. Far vendere la merce pignorata e soddisfarsi sul ricavo, dopo però aver costato il rifiuto del pa-
gamento del debitore;
2. Se dopo la vendita rimane insoddisfatto, può agire contro il debitore principale e contro i giranti
della fede di deposito e quelli della nota di pegno. Tale azione decade verso i giranti quando
non si levi tempestivamente il protesto e se entro 15gg dal pretesto non fa istanza per la vendi-
ta delle cose depositate.

29
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Capitolo IX
Il Mandato

1. Con il contratto di mandato due parti, mandante e mandatario si accordano allo scopo di far compie-
re al mandate uno o più atti di rilevanza giuridica per conto del mandate. Possiamo distinguere tra
mandato generale e mandato speciale. In quest’ultimo caso gli atti giuridici che il mandante deve com-
pire sono specificamente individuati, mentre invece è generale quando gli stessi atti giuridici che il
mandante deve svolgere sono generali e non individuati, ma individuati solo nel genere. Tuttavia il man-
dato generale può essere compiuto solo per gli atti di ordinaria amministrazione, mentre quelli straordi-
nari possono essere compiuti solo su mandato speciale.
Il mandato si concretizza non solo per gli atti espressamente consentiti, ma anche per quelli necessari al
fine del compimento degli atti consentiti.
Possiamo poi distinguere una particolare tipologia di mandato, ossia il c.d. mandato in rem peropriam,
ossia una forma di mandato che viene conferito dal mandante in favore non del mandante (come è di
regola disposto), ma a favore o dello stesso mandatario o di un terzo.
Il contratto di mandato può essere a titolo oneroso o gratuito. La somma dovuta è convenuta nel con-
tratto, ma se venisse a mancare l’indicazione della somma oppure l’indicazione di mandato gratuito,
viene conferito sempre a titolo oneroso, fissando il compenso secondo usi, tariffe professionali di riferi-
mento, nonché in ultima istanza dal giudice.

2. Possiamo ancora porre un ulteriore distinzione:


1. Mandato con rappresentanza: gli atti compiuti sono costituiti per nome e per conto de man-
dante, avendo in tal caso una diretta imputabilità degli atti compiuti dal mandatario, con una di-
retta responsabilità degli stessi;
2. Mandato senza rappresentanza: il mandatario agisce per conto del mandatario, ma acquista
per se tutti gli effetti della transazione, avendo l’imputabilità diretta delle azioni come se le
avesse compiute per sue interesse (appunto a proprio nome), vigendo però sempre l’obbligo di
trasferire alla fine del contratto tutti gli effetti dell’azione nella sfera giuridica del mandante. Il
legislatore in quest’ultimo caso ha disposto una disciplina capillare allo scopo di garantire il
buon esito dell’accordo. In particolare prevede:
a) Per la riscossione dei crediti: il mandante può sostituirsi al mandatario ed eseguire tutti i
diritti derivanti dal mandato, purché non pregiudichi i diritti spettanti al mandatario;
b) Per l’acquisizione di beni mobili: il mandate può rivendicare l’acquisto della cosa me-
diante il mandatario per suo conto, salvo per i diritti acquistati dal terzo in buona fede.
In tal caso non si ha un trasferimento diretto del bene dal terzo al mandante, ma bensì
dal terzo al mandatario e da quest’ultimo al mandante, ove però il trasferimento della
proprietà in quest’ultimo rapporto è autonomatico;
c) Acquisto di beni immobili o mobili registrati: il mandatario che non trasferisce i beni ac-
quistati è soggetto all’obbligo a contrarre.
Tutti i beni che sono soggetti all’obbligo di trasferimento da parte del mandatario al mandante, sono
sottratti dall’aggressione dei creditori del mandatario, purché risulti in maniera palese che la procura è
precedente al pignoramento.

30
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

3. Gli obblighi del mandatario sono:


1. Eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia;
2. Rispettare i limiti prefissati dal mandato, in caso contrario gli effetti rimangono a carico del
mandatario, salvo che il mandante non l’accetti;
3. Osservare le istruzioni anche successive ricevute dal mandante. Istruzioni dalle quali deve disco-
starsi se ci sono delle circostanze ignote al mandante, che non possono essergli comunicate in
tempo, e che facciano ragionevolmente pensare che il mandante avrebbe agito in quel modo. Si
tratta quindi d’istruzioni che il mandatario deve rispettare in seguito alla comunica di eventuali
istruzioni che chiede al mandante.
4. Operare nel miglior modo possibile, per far riceve al mandante il maggior guadagno possibile,
dovendo poi notificare a costui tutti gli eventi delle circostanze sopravvenute che possono de-
terminare la revoca o la modifica del mandato;
5. Dare comunicazione immediata dell’avvenuta esecuzione del mandato, al fine di consentire al
mandante di valutare se il mandato è avvenuto esattamente rispetto alle istruzioni, se non fosse
infatti ciò fatto correttamente oppure si sarebbe eccesso il mandato è considerato valido solo se
accettato dal mandante.
Al termine dell’attività gestoria il mandante è tenuto a corrispondere al mandatario tutto il resoconto
della gestione, con relativi interessi derivanti dalla stessa, nonché dargli rendiconto. Il mandante può di-
spensare dal rendiconto il mandatario, dispensa inefficace se risponde per dolo o colpa. Il mandatario
inoltre non risponde delle obbligazioni contratte con i creditori, salvo patto contrario, oppure nel caso in
cui il mandatario doveva conoscere per mezzo dell’ordinaria diligenza del mandato l’insolvenza del cre-
ditore.
Il mandatario può farsi sostituire nell’esecuzione della prestazione da un altro soggetto. Se c’è autorizza-
zione alla sostituzione da parte del mandante allora risponderà il sostituto. Se tale autorizzazione manca
risponde personalmente il mandatario per l’operato del sostituto.

4. Obblighi del mandante, invece sono:


1. Corrispondere il prezzo convenuto;
2. Fornire al mandatario tutti i mezzi necessari per l’esecuzione del suo compito, nonché delle ob-
bligazioni funzionali all’esercizio dello stesso;
3. Rimborsare le spese sostenute e tutti gli interessi legali, oltre che il compenso;
4. Risarcire i danni eventualmente subiti nell’esecuzione del contratto.
Il mandante ha possibilità di rivalersi sui crediti o sui mezzi messigli a disposizione del mandato, con di-
ritto di precedenza sul mandante stesso, nonché rispetto ai suoi creditori.

5. Il mandato si può estinguere per:


1. Scadenza del termine;
2. Compimento dell’affare da parte del mandatario;
3. Morte, interdizione o inabilitazione di una delle due parti. Non si estingue in tal caso però quan-
do, esso abbia ad oggetto: a) prestazioni d’impresa che possono essere compiuti dai suoi eredi
nella continuazione della stessa; b) morte o sopravvenuta incapacità del mandante quando il
mandato sia stato costituito in rem propriam;
4. Rinuncia del mandatario, pagando un risarcimento del danno se non ricorra giusta causa;
5. Revoca del mandante per giusta causa, oppure ad nutum dietro il risarcimento del danno subito
se il mandato era oneroso. Inoltre può essere revocato anche quando sia stata pattuita irrevo-
cabilità, dovendo risarcire il danno se manca la giusta causa, anche se il mandato è gratuito. E’

31
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

inoltre irrevocabile il mandato costituito in rem propriam, salvo che sia stato espressamente
pattuito, ovvero ricorra giusta causa.
6. Fallimento di una delle due parti.

6. Possiamo inoltre distinguere due sottotipi di mandato, dovuto alla loro peculiarità dell’oggetto del
contratto, quali sono: commissione e spedizione.
La commissione ha ad oggetto esclusivamente la compravendita di beni, per conto del committente ed
in nome del commissionario. Esistono particolari differenze rispetto al mandato, quali sono:
o La commissione è sempre onerosa, ed il compenso è a titolo di provvigione;
o Quando i beni oggetto di contratto di compravendita per commissione, abbia un prezzo corren-
te il commissionario può essere anche parte contrattuale, salvo che il committente disponga
espressamente contrariamente. Anche in tal caso si ha diritto di provvigione;
o Introduzione della c.d. clausola star del credere, ossia è una clausola con la quale il commissio-
nario garantisce il buon esito del contratto di persona, nel caso d’inadempimento del contraen-
te per il quale ha contratto per conto del committente. Nel caso di buon esito della contratta-
zione il commissionario avrà diritto ad un compenso maggiore, che di solito è a titolo di supple-
mento di provvigione;
o Il contratto si scioglie ex lege per il fallimento di una delle parti;
o Il commissionario è autorizzato a fornire dilazioni di pagamento, fornendo al committente op-
portune indicazioni sull’operazione.
La spedizione, è il contratto con il quale un soggetto detto spedizioniere si obbliga a compiere un con-
tratto di spedizione per proprio nome e per conto di un terzo soggetto quale è il mandante, quale con-
tratto è di trasporto. Non agisce quindi da vettore, ma lo fa per conto del mandante. Fino alla conclu-
sione del contratto di traporto questo mandato è revocabile, ma il committente è comunque tenuto a
versare allo spedizioniere un congruo compenso per le spese sostenute. La legge inoltre consente che lo
spedizioniere possa svolgere direttamente il trasporto, assumendo sia la veste di spedizioniere che di
vettore, con conseguente attribuzione di diritti ed obblighi del vettore. Lo spedizioniere come nel man-
dato deve agire nel miglior modo possibile nell’interesse del mittente, nonché agire secondo le disposi-
zioni contrattuali. Se non pattuito diversamente deve corrispondere al committente, premi, vantaggi di
tariffa ed abbuoni se non pattuito diversamente.

32
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Capitolo X
Il Contratto di Agenzia

1. Il contratto d’agenzia si ha quando una parte qual è l’agente, assumere lo stabile incarico di promuo-
vere contratti per conto di un proponente, in una zona determinata.
L’agente diventa anche rappresentante di commercio, quando acquista anche la capacità di poter con-
cludere contratti in nome e per del proponente. L’agente ha il potere di poter organizzare una propria
stabile organizzazione a suo rischio, ove da ciò si comprende che pure avendo un rapporto diretto con il
proponente, rimane tele figura un lavoratore autonomo, anche se sotto alcuni aspetti il legislatore
l’assimila al lavoratore subordinato. È necessario che sia agente che rappresentante di commercio siano
iscritti in un apposito albo della Camera di Commercio.

2. Il contratto di commercio è sottoposto alla forma per iscritto a probationem, come infatti è possibile
che le due parti concludano un contratto d’agenzia anche verbalmente o per fatti concludenti, ma è ne-
cessario ai fini della prova che entrambe le parti possono esigere dalla controparte un documento scrit-
to che ricapitoli tutte le condizioni contrattuali, con tutte le clausole di riferimento.
Caratteristica propria del contratto d’agenzia è che esiste un diritto ed obbligo d’esclusiva reciproco per
entrambe le parti, come infatti mentre il proponente non può assumere, salvo patto contrario, per la
stessa zona più agenti che trattino la stessa tipologia di contratti, così l’agente non può svolgere man-
sioni d’agente per altre imprese dello stesso ramo nella stessa zona, quindi tra imprese che si trovano in
concorrenza tra di loro. L’agente:
a) Deve tutelare gl’interessi del proponente, agire nei suoi confronti in modo leale ed in buona fe-
de;
b) Deve promuovere la conclusione dei contratti per conto nella zona prefissata dal proponente, e
secondo le istruzioni e direttive dello stesso;
c) Deve informare il proponente di tutti gli sviluppi derivanti dalla sua attività, nonché di tutti i
problemi, quali infortuni, impossibilità, ecc che rendono difficile o se pure impossibile la prose-
cuzione del rapporto;
d) Può su autorizzazione del proponente concludere i contratti direttamente a nome del propo-
nente, di solito con la clausola salvo approvazione della cosa; ed ancora sempre su autorizzazio-
ne del proponente riscuotere i crediti di quest’ultimo.
L’agente non risponde per inadempimento del terzo. Ha diritto di provvigione per tutti gli affari conclusi
durante il periodo in cui il contratto d’agenzia è attivo. L’agente inoltre ha diritto di provvigione anche
quando sia direttamente il proponente a concludere contratti con i clienti acquisiti il precedenza
dall’agente stesso, salvo patto contrario. Inoltre lo stesso agente ha diritto alla provvigione anche dopo
lo scioglimento del contratto d’agenzia, ma i contratti conclusi dopo questo periodo sono imputabili al
suo operato di quando era ancora attivo tale rapporto.
L’agente ha diritto ad una parziale provvigione quando il contratto ha una parziale esecuzione o se la
non esecuzione derivi d’accordo fra proponente e terzo.
Il proponente deve:
a) Agire con lealtà e buona fede nei confronti dell’agente;

33
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

b) Fornire tutte le informazioni necessarie al fine dell’esecuzione del suo lavoro, anche quelle ine-
renti la riduzione del suo volume d’affari;
c) Informare l’agente circa la mancata accettazione o rifiuto o mancata esecuzione di un affare;
d) Consegnare l’estratto conto delle provvigioni;
e) Versare il compenso sull’affare, di solito a titolo di provvigione.
Il contratto d’agenzia può essere a tempo determinato o indeterminato. Nel primo caso è per un tempo
prefissato che va da 1 a 6mesi.
Alla fine del rapporto il proponente deve corrisponde all’agente la c.d. indennità di fine rapporto, che
non è più automatica come un tempo, ma è soggetta alle seguenti condizioni: 1. L’agente ha procurato
nuovi clienti al proponente, o ne ha fatto incrementare gli affari con i clienti esistenti, e da queste situa-
zioni il proponente continua a guadagnare su tale operato; 2. Tale indennità deve essere equa, tenendo
conto della proporzionalità dei guadagni persi dell’agente e dei potenziali guadagni. Tale indennità può
essere ancora corrisposta anche se il cliente non rimane al proponente in seguito all’esclusione
dell’agente, questo in quanto l’agente non ha colpa e non risponde del fatto. E’ dovuta se l’agente muo-
re.
Tale indennità non è corrisposta quando lo scioglimento del contratto sia dovuto a cause imputabili
all’agente, o ci sia una novazione contrattuale che fa subentrare nel suo rapporto un altro agente.
L’ammontare di questa indennità non può essere superiore ad 1anno di rapporto, calcolata sulla base di
5anni, o di meno se il contratto dura da meno. Se accetta il patto di non concorrenza, ad esso deve esse-
re corrisposta un indennità proporzionale alla limitazione, proporzionalmente alla durata della stessa,
alla natura del contratto d’agenzia ed all’indennità di fine rapporto.
All’agente è riconosciuto il diritto alle provvigioni, nonché all’indennità anche se non iscritto
nell’apposito albo degli agenti, in quanto tale iscrizione non ha carattere costitutivo ma solo pubblicita-
rio per gli altri agenti.

3. Gli agenti assicurativi sono distinti in


 Agenti in Economica: sono legati all’assicuratore da un rapporto di lavoro subordinato, lavoran-
do in sedi secondarie, assumendo la veste di istitori o procuratori, avendo ex lege il potere di
rappresentanza dell’assicurazione, nei limiti previsti dalla legge;
 Agenti a Gestione Libera: sono legati all’assicuratore da un contratto d’agenzia e pertanto de-
vono essere rispettate tutte le regole di conferimento della rappresentanza dell’agente. Posso-
no modificare o risolvere i contratti, nonché la rappresentanza processuale attiva e passiva
dell’assicuratore, per gli atti compiuti nel loro mandato. Devono costoro essere iscritti in un ap-
posito registro e sono soggetti al controllo ISVAP.

34
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Capitolo XI
La Mediazione

1. Il mediatore è colui che mette in relazione due o più parti al fine di concludere un affare, senza esse-
re collegato mediante nessun rapporto con le parti concludenti. Da questa caratteristica si evince che:
a) Pina libertà d’azione del mediatore e può disinteressarsi dell’affare in qualsiasi momento, an-
che se è stato incaricato da una delle parti;
b) Le parti sono libere di concludere o meno l’affare, anche se al mediatore è stato conferito spe-
cifico incarico, salvo il suo diritto a ricevere il suo diritto al rimborso spese;
c) Il mediatore ha diritto al compenso per il solo fatto che c’è stato il suo intervento nella conclu-
sione dell’affare.
Il legislatore non considera il rapporto di mediazione come un contratto, ma va definito tale quando il
mediatore ha ricevuto incarico di costituire tale mediazione. L’esercizio anche occasionale della media-
zione comporta la necessità di dover effettuare iscrizione nell’apposito registro presso la camera di
commercio.

2. Il diritto alla provvigione della mediazione, matura per la sola realizzazione dell’affare, ed è dovuta da
tutte le parti anche se c’è stato conferimento di una sola delle stesse. Se la provvigione non viene con-
venuta dalle parti, allora viene definita dalla camera di commercio del luogo nel quale si sta svolgendo il
rapporto in questione. Il mediatore non iscritto nelle apposte liste, non ha diritto alla provvigione e nel
caso l’abbia ricevuta è obbligato a restituirla, con l’aggiunta di una sanzione amministrativa pecuniaria.
Si mantiene il diritto alla provvigione quando il contratto sia annullato o revocato, salvo che conoscenze
la clausola d’invalidità, ma non ne avrà ancora diritto quando il contratto è nullo.
Sul mediatore incombono diversi obblighi:
a) Obbligo d’informare le parti su tutte le circostanze a lui note, utili per il buon esito dell’affare;
b) Imparzialità, non favorendo una delle due parti, anche se l’incarico è stato ricevuto da uno degli
stessi;
c) Garantire l’autenticità delle scritture e delle relative sottoscrizioni, nonché dell’ultima girata dei
titoli trasmessi per un tramite.
Il mediatore è direttamente obbligato, quando una delle parti si cela venendo nella conclusione sosti-
tuito dal mediatore, responsabilità che poi permane anche quando la parte celatasi si fa riconoscere do-
po la conclusione dell’affare, responsabilità questa di tipo solidale tra contraente celato e mediatore.

3. Nella fattispecie della mediazione possiamo far inquadrare anche la c.d. figura del broker che viene
prima inquadrato dalla Cassazione e poi dalla legge 792/84. Esso ha la particolarità di non svolgere solo
un attività di mediazione tra impresa assicurativa ed assicurandi, ma ha anche una funzione attiva
d’assistenza e consulenza clienti. Data però questa particolarità si è dubitati fortemente del suo caratte-
re di mediatore, ma come il mediatore stesso viene disciplinato dal codice assicurativo. L’attività di bro-
ker è inquadrata parimente come quella dell’agente assicurativo, ed è sottoposto al controllo ISVAP.

35
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Capitolo XII
Il Conto Corrente Ordinario

1. Due soggetti ed in particolare due imprenditori che si trovano in continui rapporti di affari, con crediti
e debiti reciproci, possono decidere di ridurre considerevolmente la loro transazione di danaro, per
somme da dare o da ricevere. Per poter semplificare quindi questa situazione decidono di costituire un
contratto di conto corrente, quale gli consente di poter a scadenze periodiche saldare mediante liqui-
dazione i loro debiti, appunto pagando la differenza tra crediti e debiti, insomma si crea una compensa-
zione periodica. Il contratto di conto corrente, o anche detto di conto corrente ordinario, per distinguer-
lo dal bancario o di corrispondenza, viene disciplinato dagli artt. 1823 a 1833.
Con tale contratto le parti annotano in un conto i loro crediti, considerando gli stessi inesigibili ed indi-
sponibili, fino alla data di chiusura del conto. Alla conclusione del contratto ossia alla sua esibigbilità, la
parte che risulta creditrice della compensazione dei crediti e dei debiti in essi ascritti, potrà chiedere
l’adempimento, se però non venisse richiesto allora si considera che il contratto viene rinnovato ai sensi
dell’art 1823 a tempo indeterminato, considerando quel credito finale per cui non si è richiesto il paga-
mento come prima rimessa per il nuovo conto.
Sono caratteri fondamentali del conto corrente ordinario:
a) I crediti reciproci sono indisponibili ed inesigibili fino alla scadenza del conto, quindi i crediti
non possono essere esigibili alla loro naturale scadenza, e non possono essere ceduti a terzi,
nonché i creditori non possono aggredirli, ma potranno aggredire solo il saldo;
b) Compensazione globale alla fine del contratto o a scadenze periodiche, provvedendo alla liqui-
dazione per differenza.
c) Il sistema dell’annotazione in conto costituisce il mezzo tecnico, attraverso il quale le rimesse
reciproche vengono assoggettate a tale regolamentazione unitaria.
Il conto corrente si differenza dal semplice conto di gestione, che in comune ha il solo mezzo contabile
con il quale viene ad essere costituito, ma manca l’accordo tra le parti per aversi assoggettamento degli
stessi conti al regime del conto corrente ordinario.

2. Rimane in capo alle parti il diritto di facoltatività delle rimesse, ossia la sola costituzione del contratto
non obbliga le parti a fare rimesse future, ma se non è diversamente pattuito tutti gli affari conclusi dalle
parti devono essere indicati nello stesso conto, salvo quelli incompensabili. Se poi il contratto è concluso
tra imprenditori, si considerano esclusi dalla rimessa tutti i crediti estranei alla loro impresa.
Le annotazioni dei crediti in un conto può riguardare anche crediti verso terzi, che l’imprenditore inseri-
sce nel conto corrente ordinario allo scopo di cedere il credito alla controparte ossia al ricevente. Non si
quindi manato di riscossione, ma cessione del credito. Tale inclusione però la si intende fatta con la c.d.
clausola salvo incasso, ossia ad avvenuto incasso del credito, come infatti se non venisse incassato le
possibilità del ricevente sarebbe quella di poter agire con un azione di riscossione, oppure eliminare la
parte sopravvenuta dal conto e reintegrando il rimettente.
Nonostante il valutarsi di un carattere globale dei crediti inseriti nel conto corrente ordinario, per la loro
disponibilità, ogni credito mantiene sempre la sua individualità, conseguendo che:

36
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

 Ogni credito continua a produrre i propri interessi, legali e convenuti, dovendo essere sempre
corrisposte le spese e commissione sugli stessi. Interessi e spese sono introdotte sempre nel
conto corrente e sono anche esse indisponibili ed inesigibili;
 L’inserimento nel conto del credito, non preclude la possibilità di poter promuovere eccezioni o
azioni relative all’atto da cui il credito è derivato, ove quindi questo credito divenisse, nullo, an-
nullato, recesso o risolto, la relativa rimessa viene cancellata dal conto;
 Le garanzie reali e personali sul credito non si estinguono ma persistono, ed alla fine del rappor-
to i creditori garantiti si potranno rivalere sulla compensazione.
L’art 1831c.c. dispone che la chiusura di ogni contratto è fatta ogni 6mesi, salvo che non sia previsto di-
versamente dagli usi o dal contratto. Di solito poi alla fine di ogni contratto viene inviato da parte di un
correntista all’altro una copia dell’estratto conto, indicante tutti i crediti ed il saldo. Tale estratto conto,
si tiene accettato quando non viene espressamente contestato in un congruo termine fissato dal con-
tratto, dagli usi o in mancanza in un breve lasso di tempo. Tuttavia anche se accettato è possibile pro-
muovere impugnazione dell’estratto conto, che viene impugnato a pena di decadenza entro 6mesi dal
ricevimento dello stesso, per falsità, duplicazione, inesattezza o errore.
La chiusura del conto, non comporta lo scioglimento del contratto, ma solo la liquidazione di quanto
dovuto e quanto si deve, nonché l’esigibilità del saldo. Quando il contratto viene trasformato a tempo
indeterminato come abbiamo detto in precedenza ai sensi dell’art 1823, ciascuna delle parti può rece-
dere dallo stesso se ne da preavviso almeno dieci giorno prima della scadenza periodica del conto. Sono
poi cause di scioglimento del contratto anche a tempo determinato, l’incapacità, l’interdizione,
l’insolvenza o la morte di una delle parti, ma il coto rimane bloccato, non potendo in esso apporre nuove
rimesse, ma sarà poi esigibile solo alla scadenza prefissata.
Tuttavia tale tipologia di conto è oggi scarsamente utilizzata, in quanto sono state perfezionate nuove
tecniche di agevolazione dei rapporti, che permettono di evitare l’indisponibilità ed inesigibilità dei cre-
diti. Rimane però questa disciplina di fondamentale importanza per la sua parziale applicazione nei conti
correnti bancari, che condividono con esso un importante punto di disciplina.

37
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Capitolo XIII
I Contratti Bancari

1. Le imprese bancarie sono imprese commerciali che svolgono prevalentemente, ma non in modo as-
soluto funzioni di raccolta e concessione risparmi. Possiamo da quest’ultimo dato distinguere due diver-
si tipi di operazioni bancarie, quali attive e passive, con riferimento sempre alle banche verso i clienti.
Le prime sono operazioni ove le banche concedono il credito e sono creditrici verso i clienti (interessi at-
tivi); le seconde invece sono operazioni con cui le banche ricevono il credito dai clienti (interessi da ver-
sare-passivi). Inoltre poi possiamo distinguere le c.d. operazioni accessorie o anche detti servizi finan-
ziari, a carattere finanziario o strumentale.
Tuttavia la banca oggi giorno può svolgere servizi ben diversi dalla sola raccolta e concessione credito,
svolgendo appunto servizi tipici di altre società di natura privata, come ad esempio la concessione di
leasing o factoring, che tipicamente sono svolti da imprese d’intermediazione finanziaria di natura priva-
ta, ove la stessa banca potrà anche decidere di costituire una società privata che svolga tale compiti,
avendosi così una struttura finanziaria molto variegata, essendo in tal senso plurifunzionale, e disco-
standosi nettamente dalla sola caratteristica classica, svolgendo appunto attività contrattuali che non
rientrano nel novero dei contratti bancari.
L’elevato impatto sociale ed economico assunto dalle banche per i servizi tipici da esse offerte comporta
una sostanziale necessità di tutela in questo settore, che trova un primo riconoscimento legislativo da
disposizioni risalenti al 1963, quale poi sostanzialmente modificato da numerosi interventi in materia,
sia per accrescere il livello del servizio, sia per consentire un armonizzazione comunitaria in materia. Tali
modifiche sono inserite nel TU in materia bancaria e creditizia TUB, ossia il d.lgs. 385/1993. Questa di-
sciplina incide profondamente, sui seguenti punti:
 Accesso all’attività bancaria, sottoposta all’approvazione della Banca d’Italia, ex art 14 TUB. Per
la libera stabilizzazione e prestazione dei s.d. servizi bancari, le banche nazionali possono opera-
re anche in altri paesi europei;
 La struttura giuridica delle imprese bancarie, può essere costituita solo da spa o società coope-
rative per azioni, quali devono versare un capitale sociale minimo non inferiore a quello prefis-
sato da parte della BdI, in relazione ai diversi tipi d’impresa bancaria. In passato tale attività
bancaria veniva offerta anche dagli enti pubblici, che costituivano strutture associative o di fon-
dazione bancaria. Ma una sostanziale riforma del diritto pubblico iniziata nel 1990, ha compor-
tato il confluire di tali attività prima svolta dai s.d. enti pubblici in strutture organizzative socie-
tarie per azioni, quali vengono considerate di maggior efficienza per i servizi offerti;
 Lo statuto delle imprese e delle cooperative bancarie, presentano peculiari differenze sostanziali
rispetto alle altre imprese commerciali;
 L’organizzazione e l’esercizio delle attività bancarie, sono sottoposte a ferreo controllo e vigilan-
za da parte della Banca d’Italia, in conformità alle direttive del Comitato Internazionale per il
Credito ed il Risparmio, in modo da assicurare la buona gestione bancaria e la complessiva stabi-
lità del sistema in esame. Infatti al fine di tutelare i clienti da eventuali insolvenze delle banche
queste sono obbligate a partecipare ad un sistema di garanzia a cui aderiscono altre banche, per
coprire i crediti dei clienti in caso di liquidazione coatta amministrativa bancaria.

38
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Viene a mancare poi la vecchia distinzione tra imprese bancarie che potessero concedere solo il credito
a breve termine, da quelle che invece potevano concedere il credito a lungo termine. Oggi invece
l’abolizione di tale distinzione comporta la possibilità da parte delle banche di poter concedere non solo
una delle due forme di credito, ma entrambe. Non manca in ogni caso sostanziale rilievo della disciplina
pubblicistica in materia bancaria, quale però terremo fuori dal nostro interesse di studi.

2. Il codice del 1942, è stato il primo testo a delineare alcune operazioni bancarie di raccolta e distribu-
zione del credito. Si limitava però a dettare solo discipline per queste due attività principali e quelle ac-
cessorie. Tale disciplina era ed è ancora limitata alla sola concessione del credito a breve termine, ossia
le c.d. azioni di credito. Per la concessione di credito a lungo termine attualmente possiamo far riferi-
mento al TUB ed alla normativa regolamentare della Banca d’Italia. Tale distinzione si trovava perché
fondamentalmente le operazioni di credito concesso e ricevuto, erano sostanzialmente da distinguersi
rispetto a quelle del diritto comune, dovuto anche all’incidenza del controllo pubblico sull’attività banca-
ria. Il credito a lungo termine è oggi ancora concesso con ordinari istituti di diritto comune, tra cui obbli-
gazioni o ad essi simili.
Attraverso gli istituti di diritto comune è stato poi possibile concedere credito a medio e lungo termine,
appunto tramite i c.d. mutui, quali si concretizzano per di più in mutui di scopo, ossia muti concessi per
specifici scopi economici-sociali, che vengono regolati da apposite leggi speciali che ne dispongono ap-
punto le modalità e le caratteristiche di concessione. Questa forma di crediti vengono per di più ad esse-
re garantite con appositi istituti di garanzia del credito del diritto comune, come pegni o ipoteche, disci-
plina che però viene a derogare quelle di diritto comune, ed appunto tutelato dagli artt. 38-48 TUB. Tut-
tavia anche a proposito dei contratti bancari il codice presenta una disciplina scarna e lacunosa, dovuta
sostanzialmente all’evoluzione dei contratti bancari, quali si pensi erano totalmente ignorati dal codice.
La disciplina dei contratti bancari, nominati ed innominati è lasciata per di più alle disposizioni delle c.d.
norme bancarie uniformi. Si tratta di regole che vengono dettate dall’Associazione di Categoria ABI, As-
sociazione Bancaria Italiana. Sono disposizione che vengono applicate in modo tendenzialmente unifor-
me a tutte le banche, assicurando una standardizzazione dei rapporti con la clientela. La conoscenza e
l’applicazione dei contratti bancari non può prescindere da tali norme bancarie uniformi, come infatti le
stesse non si limitano a colmare solo i vuoti del legislatore, ma bensì lo modifica o addirittura sostitui-
sce, con norme troppo spesso vessatorie verso i clienti. Da ciò si è nutrita la necessita di disporre norme
che dispongano una maggior tutela del cliente, non solo formale ma anche sostanziale, allo scopo di
eliminare la sin troppo spesso egemonia bancaria, per una vera e propria mancanza d’alternativa. Da qui
si sono modificate ed abrogate molte clausole delle norme bancarie uniformi.

3. La legge 154/1992 ha disposto tutta una serie di norme volte a creare una situazione di contrattazio-
ne uniforme in materia bancaria e finanziaria, al fine di attenuare sostanzialmente l’egemonico potere
delle banche e degli altri istituti finanziari, ai fini della tutela del cliente, in termini di trasparenza e con-
dizioni contrattuali. Si deve tener presente che molte condizioni trasparenza delle banche e degli altri
istituti finanziari, non sono però tutelate tutto dalla s.d. legge, ma anche da specifiche disposizioni in
materia. Andiamo a valutare i punti salienti della legge s.d. oggi trasfusa nel TU in materia creditizia e
bancaria:
- Condizioni Economiche: è necessario che le banche e gli altri istituti di credito al fine di rendere possi-
bile una corretta informazione, nonché conoscenza delle condizioni contrattuali, devono fornire dette
indicazioni sulle condizioni economiche del contratto e del servizio offerto. Al fine di non creare confu-
sione ed appunto garantire un appropriata informazione, non può essere fatto rimando agli usi. Nelle
concessioni dei finanziamenti è necessario inoltre indicare il c.d. TEGM (tasso effettivo globale medio),

39
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

quale è un tasso d’interessi compreso di tutti gli oneri che devono essere sostenuti dal contraente debo-
le. In materia è intervenuta la CICR quale ha disposto che è possibile assolvere a quest’obbligo anche
con la sola pubblicazione nei locali dell’attività, di tutte le condizioni generali a cui è soggetto il cliente,
nonché di fogli informativi messi a sua disposizione, indicanti tutte le condizioni generali dei singoli con-
tratti bancari. Sul contenuto degli obblighi e documenti di trasparenza è intervenuta la BI a puntualizza-
re gli stessi elementi.
- Forma: il contratto deve essere redatto per iscritto, salvo particolari casi in cui la BI ha disposto che per
comprovate ragioni tecniche è possibile costituire diverse tipologie contrattuali, come i contratti di con-
to corrente bancario (molto diffuse) o per quelle operazioni bancarie di modico valore o sporadiche pos-
sono essere stipulati in forma diversa. Un esemplare del contratto di solito prestampato deve essere ri-
lasciato al cliente in modo che venga opportunamente informato delle condizioni generali contrattuali,
nonché viene rilasciato un documento di ricapitolazione delle condizioni contrattuali. Il contratto non
costituito in forma specifica, è soggetto a nullità, che opera solo a favore del cliente e deve essere rile-
vata dall’ufficio del giudice.
- Contenuto minimo dei contratti bancari: è necessario per legge che ci sia un contenuto minimo di tali
contratti, in modo da offrire al cliente una chiara valutazione delle condizioni applicate dalle banche. Si
prescrive infatti che deve essere indicato: - tasso d’interesse; - ogni altro prezzo e condizione praticata; -
eventuali maggiori oneri di mora. Sono nulle tutte quelle clausole che facevano riferimento agli usi, al
nbu, nonché quelle diverse da quelle pubblicate. La nullità di tale clausole comporta l’applicazione delle
condizioni disposte dalla legge.
Nei contratti di durata può essere presente anche la c.d. clausola dello jus variandi, ossia il diritto di va-
riare unilateralmente il contratto, portandolo a conoscenza del cliente. Ma si è cercato con l’evoluzione
legislativa di attenuare tale potere. Dal punto di vista sostanziale per tale modifica unilaterale è neces-
sario che sussista in generale una giusta causa, ma per quanto concerne i tassi d’interesse dei contratti
a tempo determinato invece è necessario ai fini dell’esercizio delle ius variandi, che si verifichi una speci-
fica condizione prefissati. Tale diritto non può essere invece esercitato quando il contraente debole è un
consumatore o una micro impresa. La variazione dei tassi d’interessi in ogni caso è possibile solo quando
vi sia contestualmente la modifica sia di quelli debitori che creditori, applicandoli in una modalità tale da
non creare pregiudizio alla controparte.
Sotto il profilo formale, la clausola che comporta la modifica unilaterale deve essere approvata dal
cliente come clausola vessatoria. La banca deve comunicare al cliente la modifica perlomeno due mesi
prima, secondo le modalità previste dalla legge. Il cliente ha nel termine prefissato per l’applicazione
delle nuove condizioni, ha possibilità di recedere dal contratto senza penali e con una liquidazione con le
medesime condizioni prefissate nel contratto precedente non modificato. Se non effettua tale contesta-
zione di recesso le clausole si intendo tacitamente approvate. Le variazioni non comunicate sono dichia-
rate nulle.
Per quanto invece concerne i contratti a tempo indeterminato il cliente ha facoltà di recedere quando
vuole. Al fine di favorire la concorrenza oggi si prevede che nell’esercizio di questo diritto non può es-
serci applicazione di alcuna penale o spesa di chiusura.
A tal fine le banche a fine di ogni anno, deve presentare una documentazione completa e chiara sullo
svolgimento del rapporto, con l’aggiunta di un documento di sintesi delle principali operazioni compiute
in questo tempo, ove poi il cliente può richiedere a proprie spese le documentazioni a proposito del
rapporto che ha con la banca per tutte le operazioni che ha compiuto nei dieci anni precedenti.
La Banca d’Italia svolge un ruolo di vigilanza su tali contratti, e può prescrivere anche che per specifici
contratti siano previsti dei tipi contrattuali standard. La Banca d’Italia qualora rilevasse un irregolarità di

40
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

gestione, può irrogare sanzioni anche alle singole filiali, sanzioni che possono arrivare anche
all’inabilitazione dell’esercizio attività.
Ulteriore tutela, e miglioramento al grado di sicurezza dei contratti bancari è stata introdotta con il
comprendere all’interno di questa disciplina delle regole sulla disciplina antimonopolistica italiana.
quest’attività in passato veniva compiuta da parte della banca d’italia, cosa che oggi invece non accade
più in quanto a tale compito viene investita l’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato. La BI
svolgendo la funzione di autorità garante per la concorrenza, ha stabilito che l’applicazione delle nbu,
costituivano una sostanziale limitazione della concorrenza, ossia delle intese, ed ha stabilito che
nell’applicazione delle stesse l’ABI doveva far noto alle banche che l’applicazione di queste norme fosse-
ro facoltative per gli istituti bancari, nonché si è avuta la soppressione e la modifica di alcune di esse
quali appunto contrastanti con le regole della concorrenza. Anche per tale intervento della BI l’ABI ha
concordato con alcune associazioni di consumatori che ci fosse una modifica delle nbu.
La modifica delle suddette nome bancarie uniformi, è stata dettata anche per una modifica delle norme
del credito a consumo, ma più generalmente per le clausole vessatorie, per i contratti stipulati dai con-
sumatori per quei crediti che fossero estranei alle loro attività imprenditoriali, e quindi di carattere per-
sonale.
Al fine di agevolare la composizione della lite tra banche e clienti nel 2009 è stato istituito un meccani-
smo di risoluzione alternativa delle liti, ossia una composizione stragiudiziale della stessa, organismo a
cui le banche e gli istituti di credito sono tenuti a partecipare, è il c.d. ABF, Albo Bancario e Finanziario,
quale è un organismo indipendente a cui il consumatore può rivolgersi qualora abbia fatto ricorso
all’istituto di credito con il quale ha intrattenuto rapporti, ma non sia stato però poi risolto. La decisione
dell’ABF non è vincolante per le parti, ne tantomeno costituisce ricorso giudiziario, ma se non viene se-
guita spontaneamente dalla banca, si va incontro ad una sanzione di reputazione, ossia alla pubblica-
zione della mancata accettazione della decisione sul sito dell’albo e su diverse stampe.

4. Il deposito di danaro in banca è una delle principali operazioni passive bancarie. È un particolare tipo
di deposito irregolare, che si caratterizza con la banca come soggetto depositario della somma di danaro
in questione. È ancora opinione largamente discussa in dottrina se il deposito bancario possa essere
considerato come una tipologia contrattuale tipica di deposito irregolare, in quanto costituita con un
preminente scopo di custodia del credito; oppure come sottotipo di mutuo in quanto caratterizzato pre-
valentemente da una concessione di credito alla banca; oppure ancora come un contratto suo generis.
E’ quest’ultima la disposizione largamente condivisa dal prof, in quanto il contratto di deposito bancario
riprende le disposizioni inerenti al deposito irregolare e quelle di mutuo, quali disposizioni dedicare in-
tegrano la scarna disciplina dedicata al contratto di deposito bancario.
Con la stipula di questa forma contrattuale, la banca diviene proprietaria della somma depositata, do-
vendosi poi distinguere sul piano della restituzione della stessa, tra deposito vincolato e libero, come
infatti nel primo caso si impegna a restituire la somma al termine del contratto, mentre nel secondo ca-
so a richiesta del contraente. Art 1834c.c.
Anche se il codice non dispone diversamente la banca si impegna a corrispondere in capo al cliente un
interesse, quale diritto si desume dalla lettura del deposito irregolare, nonché del mutuo. A lettura
dell’art 117 TUB, la banca deve corrispondere un tasso d’interessi superiore per i depositi vincolati, ove
altre condizioni economiche devono essere trascritte sul contratto, che nel caso di libretti di deposito al
portatore sul libretto stesso. Inoltre il tasso d’interesse non può essere minore a quello fissato dalla
banca d’italia per quella specifica operazione bancaria, che se fosse tale allora la banca come visto deve
corrispondere ai sensi del settimo comma dell’art 117 il tasso prestabilito dalla legge.

41
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Gli interessi sono capitalizzati a scadenze prefissate e periodiche, di solito annuali, e sono percepibili a
scadenza del contratto (tempo determinato, oppure a scadenze periodiche).
Se il contratto è tempo indeterminato la banca ha il diritto alla variazione dell’interesse, dovendolo però
comunicare nelle modalità prefissate dall’art 118 per le modiche dei contratti bancari, con gli stessi dirit-
ti di recesso entro il termine di applicazione della nuova situazione contrattuale.
I depositi semplici, sono quella forma di deposito che non possono essere alimentati da nuovi accrediti,
e si potrà risolvere, ossia prelevare il danaro solo alla scadenza. Fra i depositi di questo tipo a scadenza
fissa distinguiamo i buoni fruttiferi e certificati di deposito.
Invece poi i c.d. depositi a risparmio, si differenziano in quanto permettono al cliente di poter effettuare
prelevamenti o versamenti parziali, ma che di regola possono essere effettuati solo presso la sede di de-
posito, nonché solo in contanti. Tali tipi di deposito sono accompagnati da un apposita documentazione,
quale prende il nome di libretto di deposito a risparmio, nel quale vengono indicati tutti i movimenti
compiuti dal risparmiatore. Tale libretto può essere nominativo, nominativo pagabile al portatore e al
portatore. Inoltre il libretto di deposito a risparmio ha un valore assoluto probatorio, ogni operazione
inserita all’interno del documento in parola, viene considerata prova inconfutabile di un operazione
compiuta, non possono essere eccepiti nuovi mezzi di prova che possano in effetti contestare che un
operazione sia avvenuta o meno, come infatti solo le indicazioni presenti nel medesimo testo sono
l’unica ed inconfutabile prova che un operazione sia avvenuta.
Nei libretti nominativi il prelevamenti possono essere effettuati solo dal soggetto nominato o da un suo
rappresentante legittimato; in quelli pagabili al portatore invece i prelevamenti possono essere effettua-
ti sia dal soggetto nominato nonché da chi porta il libretto stesso, ove la banca si libera dal pagamento
pagando il portatore anche se chi riceve tale pagamento non è legittimato all’esercizio di tale diritto,
salvo che comunque non ci sia colpa grave o dolo della banca. La giurisprudenza poi ha definito che la
banca deve rifiutare il pagamento ogni volta che vi sia opposizione del soggetto nominato, in quanto
quella del portatore è legittimato sempre come portatore. Per i libretti al portatore invece il solo pos-
sesso del documento legittima il possedente alla sola esibizione dello stesso a ricevere il pagamento, li-
berando la banca dal debito, salvo che vi sia dolo o colpa grave. I libretti al portatore allo scopo di evita-
re il riciclaggio di danaro sporco, non possono avere un saldo complessivo superiore a 1000€.
Per tutte le tipologie di libretti è possibile avviare una particolare procedura d’ammortamento, quale
particolare allo scopo di ricevere un surrogato del titolo in caso di smarrimento, distruzione o furto.
È pacifico che i libretti nominativi e nominativi al portatore non siano titoli di credito, in quanto la loro
funzione fondamentale è quella di provare un attività compiuta dal titolare del documento, quindi in-
dentificare la legittimazione ad un deposito. Più complessa è però la considerazione dei libretti al porta-
tori, i quali a differenza dei precedenti sono maggiormente destinati alla circolazione, quale avviene con
estrema facilità. Quindi la domanda che ci poniamo circa se il libretto al portatore possa o non possa es-
sere considerato titolo di credito, è necessaria al fine di valutare concretamente se possano essere con-
siderati titoli autonomi e letterali. La dottrina attualmente si trova sul punto ampiamente in contrasto,
comprovando la validità di entrambe le tesi. Certamente è vero che il trasferimento avviene senza
l’obbligo di osservare le forme di cessione, nonché l’osservanza delle stesse disposizioni proprie dei titoli
di credito, come avviene appunto per le diverse forme di garanzia, inefficaci se non vengono rispettate
determinate forme.

5. L’apertura del credito, è il contratto con il quale una banca si impegna a tenere a disposizione di
un'altra parte una somma di danaro, per un periodo determinato di tempo, nonché a tempo indeter-
minato. Questo tipico contratto bancario non è un mutuo, in quanto si perfeziona senza la necessità di

42
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

aversi obbligatoriamente una consegna di danaro, cosa che invece avviene nel mutuo essendo un con-
tratto di tipo reale.
Il vantaggio che incontra questa forma contrattuale è che il cliente potrà utilizzare la somma messagli a
disposizione, se, quando e quanto ne vorrà. Si tratta insomma di un diritto potestativo del cliente sulla
somma messa a disposizione della banca. Gli interessi che verranno pagati dal cliente, infatti non saran-
no sull’intero fido bancario, ma solo sulla somma prelevata, eseguita dal cliente.
Alla banca oltre gli interessi deve essere pagata anche una commissione onnicomprensiva, c.d. commis-
sione di affidamento, la quale è da pagarsi alla banca sull’intero ammontare della somma messa a di-
sposizione, che non può essere superiore al 0.5% per trimestre per tutta la somma messa a disposizione.
Il circ poi prevede anche i c.d. oneri addebitabili al cliente al fronte di un assenza di fido o di sconfina-
mento dello stesso, quali devono essere pagati dal cliente alla banca per tale condizione di sconfina-
mento, è questa chiamata commissione di istruttoria veloce. In passato le banche adottavano una c.d.
commissione di massimo scoperto, quale però era ben poco indicata all’interno del contratto ed è stata
per questo poi abrogata per mezzo dei numerosi interventi già valutati della trasparenza bancaria.
Il cliente inoltre ha su questa somma diverse possibilità, come infatti oltre alla possibilità di poter effet-
tuare prelevamenti disgiunti, potrà anche effettuare versamenti, per intendersi un ripristino della dispo-
nibilità, alternando appunto versamenti a prelevamenti nei limiti della linea di credito concessagli.
Le attuali norme bancarie, quali prevedono l’assimilarsi del contratto di concessione del credito con
quello di conto corrente bancario, prevedendo che oltre a prelevamenti o versamenti in danaro è possi-
bile effettuare le stesse operazioni con assegni bancari o con ordini di pagamento. Tuttavia nella pratica
la concessione di credito è una pratica con cui la banca dispone la concessione di un credito per
l’apertura del conto, creando così un c.d. conto scoperto entro un limite predeterminato.
L’apertura di credito può essere assistita da garanzie reali o personali a favore della banca. Tali garanzie
perdurano per tutta la durata del rapporto di concessione di credito, e non si estinguono per il solo fatto
che l’accreditato cessa di essere debitore della banca. Se il credito concesso dalla banca si dimostra più
alto rispetto alla garanzia concessa, la banca può chiedere un supplemento di garanzia, anche per mezzo
della sostituzione del garante. Si fa riferimento al aumento del credito concesso, non alla somma utiliz-
zata. Se tali garanzie non sono aggiunte la banca potrà decidere di abbassare proporzionalmente la
somma rispetto alla garanzia ricevuta, nonché recedere dal contratto.
Il recesso della banca all’apertura di credito, è certamente uno dei punti più delicati della disciplina, ove
il codice dispone la più analitica disciplina, ex art 1845c.c.. Particolarità dovuta al pregiudizio che il clien-
te può subire da tale situazione. Qui il codice distingue tra contratto a tempo determinato ed indeter-
minato. Nei contratti a tempo determinato il recesso può essere solo per giusta causa, interdicendo
immediatamente la possibilità d’utilizzo del fido, dovendo però concedere un tempo di almeno 15gg per
la restituzione di tutte le somme dovute alla banca. Invece poi per quanto riguarda i contratti a tempo
indeterminato la banca potrà recedere quando vorrà dal contratto, dovendo però concedere un preav-
viso di almeno 15gg, salvo diversa pattuizione contrattuale o risultante dagli usi, periodo durante il qua-
le potrà continuare ad utilizzare il danaro messogli a disposizione, ma alla scadenza degli stessi dovrà
immediatamente restituire tutto il credito concesso.
Questo appena valutato è il diritto scritto dal codice, è altro invece il diritto scritto dalle norme bancarie
uniformi, quale solo in minima parte modificato con le moderne riforme. Norme che si dimostrano co-
me già opportunamente valutato vessatorie per il cliente, come infatti oltre al fatto che non viene previ-
sta alcuna distinzione tra contratti a termine o indeterminati, si dispone che per l’appunto, per entrambi
i tipi contrattuali, il recesso può essere effettuato liberamente dalla banca, libertà anche di forma. In
entrambi i casi il recesso ha efficacia immediata di cessazione dell’utilizzo del credito; in entrambi i casi
il preavviso è ridotto ad UN SOLO GIORNO, entro il quale deve essere effettuato il saldo del credito. At-

43
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

tualmente la disciplina si definisce modificata per il solo termine, che viene aumentato sulla base di un
accordo intercorrente tra banca e cliente, ma i risultati pratici per il cliente quali sono stati? Una proroga
di un massimo di 2gg.
La situazione non è granché cambiata nemmeno quando il cliente sia un consumatore, per il quale si
prevede una disciplina del 1996, per una maggior tutela. Nulla è cambiato infatti in questo caso per i
contratti a tempo indeterminato, salvo che la comunica deve avvenire per iscritto a modo raccomanda-
ta. Il tribunale di Roma ha dichiarato vessatorio l’art 1469-bis c.c. quale attribuisce alla banca la possibili-
tà di recedere dal contratto senza giustificato motivo e con preavviso nei contratti a tempo indetermina-
to. Concessione di maggior tutela per il cliente si ha quando ci si trova davanti un contratto a tempo de-
terminato, per cui la banca ritornando alla disciplina del codice, può recedere solo se c’è giusta causa.
Insomma qui viene ad essere valutato un diritto, o meglio il bisogno della banca di tutelarsi da clienti per
cosi dire inaffidabili, e si nota che lo fa bene. La Giurisprudenza è particolarmente attenta a ritenere tale
tutela, in quanto particolarmente ed anche ingiustificatamente preoccupata per la tutela del credito
bancario, al fine di tutelare la stabilità bancaria. Ingiustificatezza che si fonda sulla possibilità che la ban-
ca possa comunque invocare la decadenza del beneficio del termine per ottenere immediatamente la
restituzione. La dottrina non è dello stesso avviso quale infatti ritiene che tali discipline siano palese-
mente contrastanti in parte con norme inderogabili.
Tuttavia sia la giurisprudenza che la dottrina riconoscono al cliente il diritto al risarcimento del danno,
qualora la banca abbia recesso dal contratto improvvisamente e senza giustificato motivo, non rispet-
tando correttezza e buona fede.

6. L’anticipazione bancaria, è un tipico finanziamento con garanzia del pegno. Le sue caratteristiche so-
no:
 Le garanzie fornite alle banche sono solo su merci o titoli, ossia su strumenti facilmente esigibili;
 Il valore dell’anticipazione è proporzionale a quello della garanzia, che di solito viene determi-
nato deducendo dal valore stimato delle stesse garanzie di pegno min il 10% (sconto);
la regola proporzionale del valore dell’anticipazione rispetto a quella della garanzia permane anche du-
rante lo svolgimento del rapporto. Come infatti in deroga ai principi generali del codice civile, il proprie-
tario di merci o titoli anche prima della scadenza può ritirare parte dei beni (titoli o merci), in proporzio-
ne al valore versato alla banca come rimborso sull’anticipazione, purché il credito residuo rimanga op-
portunamente garantito. La banca poi dal suo canto, qualora la merce o i titoli perdono di valore rispet-
to a quello inziale del 10%, ha diritto ad ottenere un supplemento di garanzia, che se non è ottenuto es-
sa ha la possibilità di vendere la merce o i titoli, dovendo avere poi un rimborso di tutta la parte del cre-
dito residuo non soddisfatto con la vendita.
Proprio il particolare regime del pegno nell’anticipazione bancaria rende particolare ed anche efficiente
il sistema dell’anticipazione bancaria, quale pegno infatti è caratterizzato da proporzionalità, divisibilità,
supplemento, rendendo questo istituto uno strumento particolarmente idoneo per il finanziamento di
operazioni sui titoli o merci. Particolarmente discussa è stata la valutazione della natura giuridica
dell’anticipazione, quale si è ritenuto in passato come una sottospecie di mutuo, apertura di credito o di
entrambi i contratti, quale però acquisterà una sua autonoma tipicità, riconosciutissima dalla dottrina.
Nella prassi è utilizzata l’anticipazione bancaria come uno strumento regolato nel conto corrente, anzi
trova la fondamentale applicazione all’interno del conto corrente, al fine di creare disponibilità in esso.
L’anticipazione bancaria può essere propria ed impropria. L’anticipazione è propria quando è costituito
pegno regolare, quindi la banca non può disporre delle cose date in pegno e quindi alla scadenza deve
restituire quanto in effetti ha avuto a titolo di garanzia. Ai sensi dell’art 1847 e 1848 rispettivamente
provvedere all’assicurazione conto spese del cliente; ed alla custodia sempre a spese del cliente.

44
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

È invece irregolare quando il pegno è irregolare, ossia la merce o i titoli non sono individuati o la banca
come pattuito può disporne liberamente. La banca diviene proprietaria delle merci o dei titoli, e alla
scadenza deve restituire solo titoli di pari valore alla parte eccedente ancora dovuta al cliente. Questa
forma di anticipazione ha trovato oggi scarsa applicazione.

7. Lo sconto è il contratto con il quale una parte quale la banca che in questa forma contrattuale prende
il nome di scontante, anticipa al cliente che prende il nome di scontatario, l’importo di un credito verso
terzi non ancora scaduto, decurtato degli interessi. Il cliente è sottoposto ad una clausola c.d. salvo buon
fine. Nella pratica lo sconto viene determinato in una più vasta operazione bancaria, diretta a determi-
nare un massimo valore di fido concedibile attraverso lo sconto, è c.d. costellato di sconto. La forma più
comune di sconto è lo sconto di cambiali, che in questo caso vengono girate alla banca scontante.
La funzione dello sconto è quella di concedere al cliente prima della scadenza del titolo un immediata
disponibilità del credito, risultando per la banca lucrativa in base alla differenza tra il valore nominale del
titolo e del credito ceduto, quale valore differenziale prende il nome appunto di sconto. Il valore
dell’anticipazione sul titolo viene determinato deducendo dal valore nominale un tasso d’interesse, c.d.
tasso di sconto, che viene ad essere valutato rispetto alla scadenza nominale del titolo rispetto a quella
dello sconto.
La banca diviene proprietaria del titolo, elemento questo essenziale per l’efficacia dello sconto. La banca
di solito attende la scadenza del titolo per riscuotere lo stesso, ma può anche accadere che la banca ab-
bia bisogno di immediate liquidità e può cosi concedere in un nuovo sconto il titolo, stipulando un con-
tratto di risconto con un'altra banca, ottenendo il valore dello sconto concesso al cliente al netto del
tasso d’interesse del risconto.
Come accennato nel contratto di sconto vige la c.d. clausola salvo buon fine, ossia pro solvendo e non
pro solutio, per cui è tutelata da eventuali inadempimenti del debitore cambiario. Quindi lo scontatario
sarà sempre obbligato verso lo scontante in caso d’inadempimento del debitore ceduto. Se poi si tratta
di sconto cambiario la banca potrà esercitare alternativamente: a) azione cambiaria, compresa di azione
di regresso verso lo scontatario; b) azione causale derivante dal rapporto di sconto nei confronti dello
stesso scontatario. Tali peculiari effetti rendono scarsa la possibilità da parte della dottrina di voler adot-
tare questa forma contrattuale all’interno di altri contratti come il mutuo, facendone invece dello stesso
un tipico contratto di anticipazione di liquidità sia per il cliente, che per la banca attraverso il possibile
risconto.
L’esplicito richiamo fatto dalla legge per il contratto di sconto rispetto a quella della cessione del credi-
to, rende possibile l’applicazione della disciplina dello sconto all’interno di questo contratto che ha una
scarna disciplina propria. Si tenga inoltre presente che tale contratto subisce una sostanziale limitazione
d’applicazione a causa dell’applicarsi di nuovi contratti come il factoring oppure le ricevute bancarie.
Nella pratica mondiale è molto utilizzata una variante ben più vantaggiosa per lo scontatario, quale in-
fatti acquista il diritto al credito in seguito alla cessione di cambiali alla banca con clausola pro solutio,
quindi senza salvo buon fine, prende il nome di sconto a forfait o anche detto forfaiting, viene utilizzata
nella pratica internazionale, e consente in base alla clausola pro solutio che sullo scontatario non posso-
no gravare azioni cambiarie o extracambiarie. Il rischio della banca tuttavia è neutralizzato dalla presen-
za di garanzia prestata da una banca del paese di cui appartiene l’importatore debitore.

8. L’art 1852c.c. prevede che il deposito bancario, l’apertura di credito ed altre operazioni bancarie pos-
sono essere regolate nel conto corrente, ove in tal caso il correntista potrà disporre della somma risul-
tante dal suo credito quando vuole, salvo l’osservanza dei termini di preavviso eventualmente previsti.
Il regolamento in conto corrente comporta due effetti:

45
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

1. Viene regolato nelle forme tecniche ma non con gli effetti del conto corrente ordinario. La ban-
ca apre un conto al cliente il quale potrà effettuare sullo stesso accrediti ed addebiti, ove poi la
differenza algebrica fra gli stessi determina l’ammontare del credito di cui il cliente può dispor-
re in ogni momento;
2. Il cliente può disporre delle somme non solo mediante prelevamenti in contanti, ma anche tra-
mite assegni bancari, quali possono essere utilizzati sia come forma d’addebito che d’accredito,
in quest’ultimo caso se la banca li accetta.
Quest’ultima caratteristica è caratterizzante per il rapporto. Si attua per i contratti bancari inseriti
all’interno del conto corrente, quale ad esempio l’anticipazione bancaria, un c.d. servizio di cassa, ove la
banca è un mandato senza rappresentanza che gestisce le attività del cliente. Attività di gestione assen-
te invece ad esempio per il contratto di anticipazione se non conferito in conto corrente.
Caratteristiche essenziali dei contratti conferiti in conto corrente, li si ritrova per un altro particolare
contratto, quale non mansionato dal codice civile ma di particolare importanza, quale infatti non è man-
cato il riferimento allo stesso con le norme bancarie uniformi. Ed è il conto corrente bancario o di corri-
spondenza. Ci sono particolari differenze per questo conto corrente bancario, rispetto al conto corrente:
1. Il rapporto di disponibilità può essere costituito da qualsiasi apporto: es. deposito, sconto, di-
sponibilità, ecc;
2. Il servizio di cassa, assume un contenuto più ampio rispetto al conto corrente. La banca è tenu-
ta ad eseguire non solo i pagamenti impartiti dal cliente tramite la sola emissione degli assegni
bancari, ma deve compiere anche ogni altra operazione di pagamento, come bonifici, rimesse e
giroconti, ove poi i relativi importi sono addebitati sul conto del cliente, riducendo il credito di-
sponibile. La banca inoltre è tenuta ad effettuare anche i versamenti, che gli siano conferiti di
volta in volta dal cliente, accreditandola al conto, aumentando il credito disponibile. La banca
invece resta libera di svolgere gli incarichi che non si esauriscono nella semplice commissione di
pagare o versare, fermo restando che anche questi incarichi vengono regolati in conto corrente
provocando una variazione del conto disponibile.
Con il tempo poi questo contratto è stato costellato di numerosi altri servizi offerti dalla banca, per colo-
ro che fossero titolari di conto corrente di corrispondenza, ad esempio con un apposita convenzione il
cliente può usufruire di un servizio cassa continua versamenti, o di servizio bancomat. Insomma si può
dire che il contratto di conto corrente bancario, costituisce un evoluzione del conto corrente, in quanto
viene sostanzialmente accresciuta la vasta gamma di servizi offerti alla clientela, costituendo un contrat-
to omnibus (verso tutti), risultando essere nella pratica l’unico contratto di conto corrente che la banca
stipula con la clientela, acquistando poi in se tutte le possibili operazioni del conto corrente ex art
1852c.c. Identici sono i requisiti costitutivi del conto corrente, quali sono:
1. Il rapporto deve essere costituito inizialmente su di un credito di disponibilità;
2. Servizio di cassa, anche in questo caso viene ricondotto questo genere di rapporto gestorio al
mandato senza rappresentanza;
3. Regolamentato nella forma tecnica del conto corrente.
Consegue quindi che per integrare la disciplina convenzionale dettata dalle nbu, vengono applicate an-
che le discipline: - operazioni bancarie in conto corrente; - discipline dei rapporti tipici di disponibilità tra
banca e cliente, come il deposito, apertura di credito, anticipazione e sconto; - mandato, richiamata
dall’art 1856c.c.

9. Il conto corrente deve essere costituito per iscritto a pena di nullità ai sensi dell’art 117, tale apertu-
ra del conto viene accompagnata dal rilascio di un cornet d’assegni, i quali devono essere custoditi dal
cliente con diligenza, rendendo responsabile del suo smarrimento.

46
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Il correntista deve depositare al momento della costituzione del contratto, la propria firma, c.d. speci-
men, allo scopo di consentire alla banca la corrispondenza della firma di traenza con quella del correnti-
sta che ha formalmente emesso l’assegno o di altri ordini da esso emessi. Inoltre l’art 7nub definisce la
necessità di aversi anche uno specimen per i soggetti autorizzati a rappresentarlo.
Nello svolgimento del servizio di cassa la banca deve seguire la diligenza del mandato, relativamente an-
che agli obblighi del mandato. Nello svolgimento della sua attività di gestione per il servizio di cassa a fa-
vore del cliente, la banca è responsabile appunto nei limiti e nelle indicazioni tipiche del mandato.
Se l’incarico deve essere eseguito in una piazza dove manca una filiale, l’ordine può essere eseguito da
altra banca o corrispondente, ove l’art 3 nbu richiama espressamente la disciplina ex art 1717 della so-
stituzione del mandato. La banca in tal caso non risponde all’operato del sostituto, salvo quando vi sia
colpa nella scelta dello stesso o abbia impartito per propria negligenza ordini erronei.
Tutti gli ordini sia di accredito che di addebito, nonché quei servizi non strettamente coincidenti con il
versamento o il prelevamento, sono compiuti sulla base di scritture contabili, le quali sono tenute dalle
banche per lo specifico conto corrente bancario e da li risulterà il credito disponibile, quale viene modi-
ficato con il semplice compiersi delle s.d. operazioni, senza la necessità di aversi comunica continua al
cliente delle s.d. variazioni.
Le somme versate o accreditate dalle banche per diverse commissioni che deve compiere la stessa ban-
ca, sono immediatamente disponibili per il cliente al momento della ricezione del relativo importo da
parte della banca fino al relativo periodo. Tutt’al più dette somme sono disponibili per il cliente non
consumatore il giorno seguente all’accredito. Questo principio dell’immediata disponibilità del versa-
mento subisce eccezione, per i casi in cui è necessario che la somma versata sia sottoposta ad una rela-
tiva attività di riscossione da parte della banca, ad esempio per quanto riguarda la riscossione di un as-
segno bancario o circolare. Il relativo importo è accreditato dalla banca con clausola pro solvendo, ossia
sotto condizione del verificarsi il buon fine dell’operazione. Il tempo di disponibilità è di regola fissato
dal contratto, ma non va oltre il tempo necessario per la banca di svolgere l’operazione d’incasso. Per gli
assegni circolari e bancari comunque la data di disponibilità non può superare comunque i 4gg lavorativi
successivi al versamento, purché siano stati emessi o tratti da una banca con sede in Italia. La banca
quasi subito consente di avere disponibilità subito dell’importo, ma le nbu dispongono che questa non è
una disposizione vincolante per il futuro.
Possiamo distinguere diverse tipologie di saldi:
1. Saldo contabile: costituito dalle annotazioni delle relative operazioni compiute;
2. Saldo disponibile: consistente nel saldo che il cliente può disporre giornalieramente;
3. Saldo per valuta: quale consistente solo nel conteggio degli interessi.
Al solo fine di decorrenza degli interessi di accredito o addebito, è attribuita una data convenzionale,
detta appunto valuta, quale è una data diversa da quelle delle operazioni. In passato la valuta era anti-
cipata di una o più giorni per gli addebitamenti e posticipati di uno o più giorni per gli accreditamenti,
dando possibilità alle banche di lucrare la differenza di valuta. Le valute praticate devono essere oppor-
tunamente pubblicizzate. La legge oggi per porre fine al gioco delle valute posto in essere dalle banche
si prevedono dei limiti sostanziali sia per le banche che per i servizi di pagamento. Per gli addebiti sul
conto la valuta non può più precedere la data dell’operazione; per gli accrediti non può essere più suc-
cessiva al giorno in cui la banca riceve l’importo. Cosi vale anche per i versamenti in contanti, potendosi
però convenire quando il cliente non sia un consumatore la postdatazione al giorno successivo.
Particolare questione sulla valuta è data a proposito della valuta sugli assegni. Bisogna qui distinguere
tra: a) assegni bancari tratti sulla stessa banca/circolari emessi dalla stessa banca: stesso giorno del ver-
samento; b) assegni circolari emessi da altra banca autorizzata dalla BI: un giorno lavorativo; c) assegni
bancari tratti su altra banca sul territorio nazionale: tre giorni lavorativi.

47
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Tutti i tassi d’interessi sia attivi che passivi, devono essere espressamente indicati nel contratto ex art
117.4. La modifica unilaterale della banca di queste condizioni, è sottoposto alle regole già viste ex art
118 TUB. La nullità espressa delle clausole che fanno rinvio per la definizione degli interessi agli usi, ha
comportato l’invalidità delle c.d. clausole d’interesse uso piazza, le quali clausole rendevano possibile
alla banca di modificare unilateralmente gli interessi, qualora il tasso d’interesse utilizzato dagli altri isti-
tuti di credito andava a modificarsi. Detta clausola non ha avuto pochi problemi di validità. Oggi è possi-
bile far riferimento solo a clausole che possono far rinvio a criteri prestabiliti ed oggettivamente indivi-
duabili.
Le norme bancarie uniformi continuano a prevedere il fenomeno dell’anatocismo, quale però per i soli
interessi attivi bancari, come infatti per gli interessi passivi che la banca deve concedere al cliente su
conti attivi, vengono chiusi di regola annualmente e su questa somma vengono ad essere previsti gli in-
teressi; per gli interessi attivi delle banche invece, quando il conto risultava essere anche eccezional-
mente in rosso, venivano chiusi trimestralmente, prevedendo l’applicazione dell’interesse e sempre tri-
mestralmente la banca addebitava detti interessi al correntista, che a loro volta produceva effetti nella
stessa misura. Fortunatamente questo fenomeno di considerevole disparità di trattamento, si è blocca-
to, ove la giurisprudenza ha ritenuto che non possa essere più applicato tale tasso d’interesse a chiusura
trimestrale, dovuto ad una sostanziale violazione dell’art 1283c.c. Sul punto poi è intervenuto anche il
legislatore che ha attribuito al Cicr il potere di individuare la modalità di produzione degli interessi sugli
interessi nelle operazioni bancarie, quale però ha provveduto in ogni caso a stabilire che nel conto cor-
rente si assicura la stessa peridiocità, nonché modalità di produzione degli interessi sia attivi che passivi.
L’attuale normativa regolamentare l’accredito e l’addebito d’interessi avviene nei tassi convenuti dal
contratto. Nei contratti dove la capitalizzazione è infrannuale, deve essere indicato anche il tasso
d’interesse annuo ai fini della trasparenza di capitalizzazione. Le clausole che approvano i tassi
d’interesse devono essere approvate per iscritto.
Per mezzo di questa disciplina la banca provvede attualmente ad una capitalizzazione trimestrale, quale
per la stessa cadenza addebita al cliente le spese di gestione.
Essendo il conto corrente un contratto che regolarmente risulta essere a tempo indeterminato, la banca
deve periodicamente, almeno ogni anno, provvedere a comunicare al cliente un estratto conto, ossia un
foglio di riepilogo di tutte le situazioni del conto, inviandolo all’indirizzo del cliente. Il cliente può richie-
dere l’invio dell’estratto conto a cadenza semestrale, trimestrale o mensile. Valgono per questo conto le
medesime regolamentazioni del conto corrente ordinario, con la differenza che per i termini entro cui è
possibile proporre opposizione scritta da parte del cliente alle modifiche contrattuali è di 60gg dalla co-
municazione da parte della banca, se tale termine passasse si ritiene come approvato.
Il conto corrente può essere intestato a più persone, con due diverse modalità, ossia congiuntamente o
disgiuntamente. Qualora vi siano firme disgiunte (metodo più utilizzato nel conto cointestato), i corren-
tisti sono obbligati in solido, ed hanno diritti in solido. Ossia un solo correntista può ricevere il saldo del
conto in solido liberando la banca dal pagamento del debito verso tutti gli altri correntisti, ed allo stesso
tempo la banca può richiedere il saldo del conto ad uno solo dei correntisti. Diversamente accade invece
per il conto congiunto, ove le operazioni di disposizione del conto possono essere fatti solo congiunta-
mente, mentre invece i versamenti anche da uno solo degli stessi. Per il conto disgiunto l’art 9.3 delle
nub prevedono che in caso di morte di uno dei correntisti, subentrano i suoi eredi, essendoci comunque
sempre un rapporto disgiunto tra gli stessi, ove però la banca deve richiedere il consenso di tutti i cor-
rentisti, qualora vi sia stata opposizione da parte di uno degli stessi. Per il rapporto interno tra correnti-
sti si ritiene che trovi applicazione la presunzione relativa di divisione posta dall’art 1298c.c. in tema di
solidarietà.

48
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Uno stesso cliente può avere presso la stessa banca più rapporti o conti, ove la banca deve mantenere
l’indipendenza degli stessi, provvedendo ad effettuare operazioni solo sul conto direttamente indicato
dal cliente. Tuttavia però può accadere che la banca possa chiedere la compensazione del saldo passivo
a danno del cliente, rispetto ad un altro conto con saldo attivo per il cliente, facendone comunicazione
al cliente stesso. La banca che abbia rischio di esigibilità del conto può provvedere anche alla compensa-
zione con crediti non ancora disponibili (liquidi), anche non facendone comunicazione al cliente, facendo
comunque rimanere valida la compensazione, ma con una responsabilità di mancata notifica del movi-
mento della banca per l’avvenuta compensazione.
Datosi che il conto corrente risulta essere un contratto a tempo indeterminato, entrambe le parti pos-
sono recedere dal contratto con un congruo preavviso ex art 1853c.c.. In passato le nbu prevedevano
un preavviso di un solo giorno, quale viene opportunamente allungato ad un termine più congruo con-
venuto nel contratto, non più tanto dissimile tra correntista e banca. Qualora la banca receda dal con-
tratto, come visto il conto diviene immediatamente esigibile, se pure basato su di un apertura di credito.
Il conto corrente inoltre si scioglie anche per fallimento del correntista, ove però è sovente che il conto
fosse già in rosso prima dell’apertura del fallimento, e da qui si aprono non pochi problemi.

10. Proseguendo il problema poc’anzi valutato del fallimento del correntista a proposito del conto cor-
rente bancario, bisognerà far riferimento all’art 67.2 della Legge Fallimentare, quale definisce la revoca-
toria fallimentare il pagamento di debiti liquidi ed esigibili, compiuti dal fallito nei sei mesi prima
dell’apertura del fallimento, quali creditori abbiano ricevuto il pagamento hanno appunto l’obbligo di
rimettere al fallimento la somma ricevuta e partecipare alla procedura insinuandosi nel passivo, rice-
vendo l’adempimento del proprio credito nella c.d. moneta fallimentare, appunto rispettando la c.d. par
condicio creditum. Una domanda complicata e difficile da rispondere è quella, del se possa essere consi-
derato pagamento di un debito quello effettuato a favore di una banca per la messa in attivo di un conto
entrato in rosso, ed inoltre se la banca debba o meno restituire la somma ricevuta e rimettersi al passivo
fallimentare per la restituzione del credito. In passato si è cercato di dare una risposta articolata a detto
problema. Se il conto corrente passivo era assistito da una normale apertura di credito non revocata, la
rimessa non poteva essere sottoposta a revocatoria, in quanto si affermava che la rimessa fatta erano
semplici atti di rispristino di disponibilità e non atti solutori.
Se invece l’apertura di credito era stata revocata, o come spesso accade gli sconfinamenti erano stati
tollerati dalla banca, il discorso si faceva molto differente. Le rimesse sul conto non erano appunto più
considerati come atti di ripristino di disponibilità ma puri atti solutori, e come tali tutte le rimesse effet-
tuate nell’anno precedente al fallimento, dovevano essere rimesse al fallimento da parte della banca,
sottratte delle sole somme che la banca aveva attribuito al cliente per il pagamento delle spese di di-
sponibilità dallo stesso posti in essere, sempre nel periodo di riferimento.
La soluzione che si era venuta a plasmare sembrava essere molto ben congeniata, ma nella pratica le
banche erano soggette a oneri molto forti, anche se le stesse sono solite a garantirsi con apposte garan-
zie personali o reali. Il legislatore in tal caso è intervenuto per ben due volte, specie per il timore che sul-
la base di questa normativa le banche non andassero ad aiutare le imprese in difficoltà, per paura ap-
punto della revocatoria. Nel 2005 sin interviene disponendo una parziale esenzione delle banche per le
rimesse fatte dal cliente prima del fallimento, purché però le stesse non siano considerate consistenti e
durevoli, ove se fossero state per l’appunto consistenti, le si considera soggette a revocatoria. L’attuale
disciplina sembra incentrarsi sull’effetto che la rimessa ha avuto sul conto, non impegnandosi quindi a
distinguere in alcun modo conti passivi e conti scoperti. Il problema non è quindi più quello di valutare la
natura solutoria delle rimesse, ma è quella di individuare, quand’è che è durevole? Quand’è consisten-

49
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

te? Sono questi criteri che nella pratica risultano essere molto difficili da individuale, comportando addi-
rittura il paradosso che vi siano molte più rimesse soggette a revocatoria.
Il legislatore del 2007 interviene di nuovo e ritiene che per le rimesse fatte alla banca è da applicarsi l’art
70.3 della legge fallimentare, articolo che definisce la c.d. regola del massimo scoperto. Quindi la banca
non sarà più tenuta a restituire al fallimento tutta la somma rimessa, ma bensì la differenza tra il mas-
simo saldo negativo raggiunto nel periodo di competenza della revocatoria fallimentare e quella del
saldo al momento dell’apertura del fallimento, anche quando la somma dovuta sia maggiore o minore
da quella data con l’applicazione di questo meccanismo. È da specificarsi poi che può accadere che siano
fatti accrediti da parte di terzi che non siano il fallito, ad esempio per mezzo di giroconti. In tal caso non
può essere applicato l’art 67.2, in quanto sono revocabili solo le rimesse fatte dal fallito, e da ciò per
l’applicazione della regola del massimo scoperto ex art. 70.2 il conto deve essere depurato delle rimesse
fatte da terzi non soggette alla s.d. revocatoria. Sembra questa soluzione dell’art 70.2 ottima anche per
risolvere i problemi applicati dell’art 67.2. specie per i problemi di definizione della consistenza e della
durevolezza, dando il vero animo alla revocatoria. Ma non mancano opinioni contrarie che vorrebbero
in alcuni casi applicare in modo alternato l’art 70 e l’art 67, rispetto ai casi in cui l’applicarsi del massimo
scoperto possa comportare una somma da restituire maggiore o minore da quella effettivamente dovu-
ta.

11. L’esigenza della banca di ricevere garanzie ha comportato la costituzione di peculiare forme di ga-
ranzia, tra cui figurano il pegno omnibus e la fideiussione omnibus.
La fideiussione è una garanzia generale, come infatti assicura alla banca l’adempimento di qualsiasi ob-
bligazione anche futura, assunta dal cliente garantito. La posizione del fideiussore è particolarmente
gravosa, in quanto si ritiene che il fideiussore deve garantire obbligazioni non definite, se pure definibili
in relationem. Da qui un dubbio ad avviso del prof non fondato, rispetto alla nullità della garanzia per
indeterminatezza dell’oggetto, ove però comunque la giurisprudenza si era orientata per la validità della
garanzia. Da qui è intervenuta una modifica dell’art 1938c.c. per il quale si fissa un importo massimo ga-
rantito dal fideiussore omnibus per le obbligazioni future, importo massimo oltre il quale il fideiussore
non potrà rispondere per le obbligazioni future, e da qui sono sicuramente invalide le fideiussioni con-
cesse senza la determinazione di un importo massimo garantito.
La fideiussione bancaria omnibus, si differenzia in molti punti dalla fideiussione prevista generalmente
dal codice civile, come infatti sono state numerose le nbu a prevedere significative deroghe al principio
generale della fideiussione, prevedendo però sostanziali disparità di trattamento tra banca e fideiussore,
ossia il fideiussore era posto in situazioni di eccessiva gravosità. Da qui la modifica apportata alle norme
bancarie uniformi, specie per l’intervento della disciplina antimopolistica, che hanno modificando se pu-
re non totalmente tale situazione, portando il fideiussore in una situazione di maggior tutela.
Resta fermo il principio del pagamento a prima richiesta da parte del fideiussore, il quale è tenuto ap-
punto a pagare alla banca a prima richiesta fatta quanto gli è dovuto, non potendo apporre eccezioni
che spettano al debitore principale per rifiutare. Viene abrogata la disposizione per cui il fideiussore do-
vesse pagare anche quando il debitore principale facesse opposizione, quindi il fideiussore qualora il de-
bitore principale facesse opposizione potrà non effettuare il pagamento anche se c’è stata richiesta da
parte della banca. Ancora non viene più previsto che il fideiussore dovesse pagare incondizionatamente
anche quando l’obbligazione principale sia stata dichiarata invalida.
Oggi la fideiussione omnibus non viene considerata come una garanzia autonoma rispetto
all’obbligazione principale, ma viene considerata invece come una c.d. clausola solve et repete, si inten-
de una clausola per la quale l’obbligato in questo caso il fideiussore deve pagare in modo autonomo ri-
spetto all’obbligazione principale (sempre con le s.d. eccezioni), ma poi avrà la possibilità di agire dopo

50
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

aver pagato, ossia aver adempiuto al suo obbligo di poter opporre alla banca azioni di restituzioni, o per
meglio dire opponendo eccezioni alla banca rispetto all’invalidità del rapporto principale, divenendo
quindi in un certo modo obbligato principale dopo il pagamento.
Altra questione è quella di poter valutare se la fideiussione omnibus possa essere considerata come ri-
conducibile al normale istituto di fideiussione, oppure essere considerato un istituto a parte. La soluzio-
ne logicamente preferibile e corretta è quella di considerare quest’istituto un istituto indipendente ri-
spetto alla fideiussione in generale.
Sono tutte queste clausole ad avviso del prof valide, in quanto per l’appunto si parla di clausole e non di
norme generali, quindi possono essere derogate, ma è altrettanto indubbio che la posizione del fideius-
sore sia sostanzialmente messa in condizione di disagio, con onere troppo gravosi ed abusi da parte del-
la banca, ove lo stesso può parzialmente tutelarsi invocando l’adempimento contrattuale delle obbliga-
zioni della banca, secondo buona fede e correttezza.
L’attuale testo dell’art 1956c.c. prevede che il fideiussore è liberato dall’obbligazione di garanzia quando
senza ottenere specifica autorizzazione da parte dello stesso fideiussore la banca conceda credito al ter-
zo, comportando sostanziali aggravamenti della posizione di garante da parte del fideiussore. Anche se
le norme bancarie uniformi continuano a porre a carico dello stesso l’onere di tenersi informato della
situazione della propria garanzia. Inoltre il secondo comma dello stesso articolo ritiene che non è valida
la clausola apposta preventivamente al contratto, quale disponga la rinuncia del fideiussore alla pos-
sibilità di liberarsi dal contratto.
Per la stessa finalità di garanzia, incontriamo inoltre anche il c.d. pegno omnibus, il quale è totalmente
tutelato dalla nbu. I beni posti a garanzia di un rapporto bancario, possono essere utilizzati dalla banca
allo scopo di tutelarsi in caso d’inadempimento per rapporti presti o futuri stipulati con la banca da par-
te del cliente. È questa clausola valida solo nei rapporti tra clienti e banca, ma è inopponibile agli altri
creditori. Contrasta con l’art 2787.3c.c. per l’esigenza della sufficiente indicazione del credito garantito
da pegno. E’ però considerata valida la clausola per la quale si costituisce un c.d. pegno rotativo, ossia
quando sia costituito come oggetto di pegno titoli di debito pubblico, quale consentono la sostituzione
dell’oggetto del pegno durante lo svolgimento del rapporto. Rimanendo controverso se costituisca però
nuovo pegno o sia sempre appartenente allo stesso rapporto. Sembrerebbe più corretto ritenere che si
mantenga sempre lo stesso rapporto.

12. Il credito documentario è una particolare forma di pagamento bancario, e si ricollega alla vendita su
documento, viene utilizzato spesso in ambito internazionale. Viene regolato dall’art 1530c.c. e dalle Re-
gole ed Usi Uniformi (UCP), disposti dalla Camera di Commercio di Parigi, quale poi viene periodicamen-
te aggiornata.
In questa forma contrattuale ci sono tre soggetti, l’ordinante che ordina ad una banca emittente di pa-
gare un determinato quantitativo di merci quindi un prezzo di vendita ad un fornitore che è il beneficia-
rio, ove l’oggetto del contratto può essere anche l’accettazione o negoziare di una cambiale tratta
emesse dal beneficiario, con la consegna di documenti, quali sono titoli rappresentativi di merci, polizza
di assicurazione, fattura, ecc.
Possiamo distinguere il c.d. credito revocabile ed irrevocabile, ove nel primo caso la banca si può limita-
re a dare solo comunicazione al beneficiario dell’apertura di credito a suo favore, senza assumere al-
cun obbligo nei suoi confronti. Il secondo caso invece la banca con un apposita lettera di credito, si ob-
bliga direttamente verso il beneficiario a pagargli il prezzo della merce o ad accettare le cambiali tratte
dallo stesso emesse, corrispondendogli i documenti indicanti nella stessa lettera.
Normalmente può intervenire anche una c.d. banca intermediaria, la quale è una banca del paese di
domicilio del beneficiario, la quale anche essa si può impegnare solamente a dar comunica allo stesso

51
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

dell’avvenuta apertura del credito a suo favore; oppure anche essa può obbligarsi al pagamento o
all’accettazione delle tratte del beneficiario. Questo secondo caso prende il nome di credito conferma-
to. Può essere domiciliata tutta l’operazione nella banca intermediaria.
E’ questa una forma complessa operazione, ove si hanno almeno tre soggetti, ossia ordinante, beneficia-
rio e banca emittente, traendo tutto impulso da un mandato conferito dall’ordinante alla banca, poten-
dosi per questo istituto si riconduce allo schema della delegazione, quale può essere di due diverse for-
me: delegazione di pagamento nel credito documentario revocabile e nella delegazione di pagamento
nel credito documentario irrevocabile o confermato.
Se è stata convenuta questa forma di pagamento, il compratore non può rivolgersi al venditore diretta-
mente se non dopo il rifiuto espresso dalla banca, attestato con la presentazione dei documenti nella
forma stabilita dagli usi. La banca nei due tipi di contratto, può opporre al compratore solo le eccezioni
derivanti dalla completezza o regolarità della documentazione e quella relativa ai rapporti di conferma
del credito. Quindi la banca non potrà opporre nessun eccezione, rimanendo totalmente autonomo il
rapporto ordinante-banca ed ordinante-beneficiario. La banca diversamente dalla disciplina generale
della delegazione di pagamento, non potrà opporre la nullità del contratto di compravendita, ne tanto-
meno la contemporanea nullità di quest’ultimo e il rapporto di mandato conferito dall’ordinante, è la
c.d. nullità della doppia causa.
In particolare la banca per semplificare le operazioni, dovrà verificare solo la completezza e regolarità
formale della documentazione, non essendo responsabile verso l’ordinante della loro esattezza, regola-
rità e validità legale.

13. Particolare rapporto che si può istaurare con una banca che fa da garante per un credito. Veniva in
passato utilizzata prevalentemente per le operazioni internazionali in quanto si offre una particolare e
forte garanzia a favore del creditore straniero che si trova in rapporti economici con un debitore di altro
paese. Oggi però viene adoperata anche in ambito nazionale, viene oggi principalmente utilizzata nei
rapporti tra imprenditori e PA, al posto dei costosi depositi cauzionali di danaro.
Le varie tipologie di modulazione della garanzia di un credito, può essere varia ed articolata, potendo as-
sumere diversi nomi come: performance bond o bid bond, ove la loro articolazione dipende sostanzial-
mente dal tipo di credito da garantire, quale non è necessariamente per la compravendita di merci. La
disciplina convenzionale della garanzia per il credito ha ricevuto una sostanziale standardizzazione, che
può portare a far conoscere due caratteri principali:
1. La banca garante si obbliga a pagare a prima richiesta, valendo a dire senza che il beneficiario
debba essere onerato di provare l’inadempienza dell’obbligato, oppure potendo opporre ecce-
zioni di esistenza del credito;
2. La banca paga anche quando l’obbligazione principale del venditore non è venuta all’esistenza o
è divenuta successivamente impossibile.
Esiste però una sostanziale e radicale differenza tra fideiussione e quest’altra forma di garanzia bancaria,
ossia quest’ultima rimane del tutto svincolata dall’esistenza, validità e coercibilità del rapporto garan-
tito, ossia quello principale. È un contratto autonomo di garanzia, coprendo non solo l’inadempimento
del debitore, ma assicura in ogni caso la copertura dell’interesse economico del beneficiario.
Questa forma di obbligazione di garanzia, quale totalmente autonoma rispetto al rapporto ordinante-
beneficiario manca totalmente di contrasto con le norme inderogabili nazionali, venendo quindi ricono-
sciuto questo rapporto anche nel nostro paese. Non mancano d’altro canto rimedi per reprimere gli
abusi. Nel caso in cui il beneficiario escute indebitamente il credito di garanzia dalla banca,
quest’ultima si rivarrà verso l’ordinante, mentre poi l’ordinante potrà azionare un azione di ripetizione

52
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

d’indebito verso il beneficiario, evitando queste due azioni se pure a posteriori che si abbia uno sposta-
mento di capitale senza una giusta causa.
Inoltre poi quando vi sia una condotta dolosa del beneficiario al fine di escutere il credito, esempio ri-
cevere lo stesso nonostante vi sia stato già pagamento, la banca potrà ottenere con un provvedimento
d’urgenza ex art 700cpc, per la sospensione in via giustiziale della garanzia, ove è necessario che
s’invochi l’exceptio dolii. La cassazione ha affermato che quindi si tratta di un autonomia relativa, po-
tendo opporre il garante appunto l’illeceità del rapporto fondamentale, oppure l’avvenuta estinzione. Le
prove sulle quali si fondono questi provvedimenti, devono essere liquide, cioè prove documentali o co-
munque di breve e facile esame. È opinione poi prevalente che nelle analoghe circostanze il giudice pos-
sa emanare un provvedimento giudiziario di tipo cautelare che inibisca il pagamento da parte del garan-
te.

14. Nei servizi che la banca offre normalmente al cliente, rientrano anche i servizi di custodia dei titoli e
dei valori. Due sono gli istituti a questo riguardo tutelati dal codice civile, ossia: deposito di titoli in
amministrazione e servizio di cassetta di sicurezza.
Con la prima forma contrattuale la banca assume un doppio incarico, quale da una parte come custo-
de/depositario dei titoli o dei valori, dall’altra poi acquista anche la gestione degli stessi, quindi acquista
l’incarico di provvedere alla gestione completa di tutti i diritti derivanti dal titolo, quindi diviene manda-
tario nella gestione dei titoli in esame. Prevalentemente si arriva a ritenere che ci si trovi dinanzi ad una
figura contrattuale suoi generis, anche se non manca chi ritiene invece che ci si trova dinanzi a due isti-
tuti differenti che convivono e che formano un contratto complesso, dovendosi valutare il criterio della
prevalenza. Si può parlare anche di c.d. depositi chiusi, ossia il cliente fornisce plichi, buste o valigette
chiuse e sigillate dal depositante, ove la banca ignora totalmente il contenuto delle stesse, ma sono
scarsamente utilizzati.
Negli obblighi d’amministrazione della banca è necessario distinguere tra:
1. Atti di riscossione e Normale tutela dei diritti sui titoli in deposito: non comportano scelte di-
screzionali e/o erogazioni di somme, sono poste dalla banca senza chiedere indicazioni al clien-
te. Le somme riscosse vengono accreditate direttamente in conto corrente al cliente;
2. Altre operazioni: la banca deve chiedere istruzioni in tempo utile al cliente. È obbligata ad ese-
guire tali istruzioni solo se ha ricevuto le disponibilità per provvedervi. In mancanza delle istru-
zioni in tempo utile, provvede alla vendita dei s.d. titoli per conto del cliente.
Il cliente deve pagare tutti i costi sostenuti dalla banca, ossia commissione, custodia e spese sostenute. Il
regolamento del conto avviene normalmente mediante addebito in conto. È nullo ogni patto che esone-
ra la banca dall’ordinaria diligenza nell’amministrazione dei titoli, dovendo la stessa sempre avere un
opportuna diligenza nell’amministrazione degli stessi.

15. L’altra forma di servizi di custodia è la c.d. cassetta di sicurezza, ossia una cassetta metallica messa a
disposizione della banca, in appositi locali bancari corazzati. Il depositante in cassetta di sicurezza può
essere di diverso genere, ossia possono essere custoditi diversi oggetti o anche titoli di credito. La cas-
setta di sicurezza è dotata di una doppia chiave, una data al cliente e l’altra al banchiere, ergo per
l’apertura della stessa si ha bisogno necessariamente della cooperazione tra banchiere e cliente, dietro
sempre la presentazione di un apposito tesserino di riconoscimento. La banca non può assistere alle
operazioni di immissioni e prelievo, dovendo rimanere all’oscuro del contenuto della stessa, potendo
provvedere ai sensi dell’art 4 nbu all’apertura per solo ragioni di sicurezza.
La cassetta inoltre può essere cointestata ed in tal caso ognuno degli intestatari se non è diversamente
previsto può provvedere all’apertura indipendentemente dall’altro della stessa cassetta. Si presume che

53
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

i cointestatari della cassetta siano comproprietari degli oggetti in essa presenti, ma è questa una pre-
sunzione semplice.
In caso di morte del titolare o dei titolari della cassetta, la banca avendone avuta comunicazione, può
autorizzare all’apertura della stessa gli eredi, sulla base del consenso di tutti gli stessi aventi diritto, o
sulla base di disposizione giudiziaria.
Esiste una particolare procedura di apertura forzata della cassetta, sulla base dell’autorizzazione del
pretore e su assistenza del notaio, qualora alla scadenza del contratto di custodia, la banca debba pren-
dere possesso della cassetta ed il titolare della stessa non ha provveduto a restituire le chiavi in suo pos-
sesso. Tale procedura viene messa in atto anche quando il cliente non provveda a corrispondere alla ba-
ca il canone d’abbonamento annuale.
Emerge che da questo contratto si hanno due servizi fondamentali al fine della sicurezza e della buona
tenuta delle cose custodite, ossia: a) prestazione localizzata della banca, che mette a disposizione ap-
punto le cassette ed il locale delle cassette; b) la custodia della cassetta nell’apposito locale, che quindi
non ha ad oggetto la custodia diretta del contenuto. Quindi questo non è considerabile come un tipico
contratto di locazione o deposito, dovuto anche alla particolare tipologia di responsabilità alla quale va
incontro appunto la banca.
L’art 1839c.c. definisce che la banca risponde solo indirettamente del contenuto della cassetta, come
infatti risponde verso il cliente della sola tenuta del locale delle cassette, nonché dell’integrità della stes-
sa, salvo caso fortuito. Sulla banca poi vige una presunzione di responsabilità, ossia la stessa deve pro-
vare che il caso fortuito che ha determinato la perdita delle cassette, non è a lui imputabile, quale ad
esempio furto, alluvione o incendio, avendo però adottato sempre l’opportuna e necessaria diligenza
professionale. E’ orientamento consolidato della giurisprudenza, quello di ritenere che la banca non è
esonerata da responsabilità in caso di furto, anche se costituito con strumenti sofisticati. In capo al con-
sumatore invece compete il solo onere della prova di provare il contenuto della cassetta.
Le banche per l’onerosa prova che dovevano dimostrare in caso di danneggiamento o perdita degli og-
getti custoditi nella cassetta di sicurezza, ha cercato stabilmente di limitare la sua responsabilità a priori,
prevedendo delle normative che andassero a raddossare la responsabilità quasi esclusivamente in capo
al cliente. Tali tentativi sono stati però frustati dalla giurisprudenza. Il testo originario del nbu, prevede-
va che la banca fosse esonerata da responsabilità anche quando vi fosse dolo o colpa grave. Quale viene
abrogata in seguito ad un manifesto contrasto con l’art 1229, appunto espressamente previsto al primo
comma tale divieto.
La clausola fu poi modificata nel 1976, ponendo sul cliente l’obbligo di non introdurre nella cassetta og-
getti con valore superiore ad un certo ammontare prestabilito. L’art 3 del nbu specifica poi che la re-
sponsabilità della banca non potrà andare al di la del valore prefissato. Anche questa clausola però è sta-
ta di recente resa nulla. Allo stesso modo è considerata nulla la clausola contrattuale pattuita dalle parti
allo scopo di limitare la responsabilità della banca per un budget massimo, sempre per espresso contra-
sto con l’art 1229c.c. Altrettanto privo di fondamento giuridico è stata considerato anche il tentativo
della banca di voler limitare la sua responsabilità imponendo al cliente di indicare nel contratto il mas-
simale del valore dell’oggetto custodito dalla banca in cassetta di sicurezza, quando comunque vi sia
sempre dolo o colpa grave della banca, non precludendo la possibilità del cliente di chiedere un risarci-
mento danni. Questa clausola ad avviso della giurisprudenza non solo contrasta con il s.d. art 1229, ma è
anche vessatoria nei confronti del consumatore.

54
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Capitolo XIV
L’Intermediazione Finanziaria

1. Analizzeremo in questa sede tutta una serie di operazioni finanziarie di nuova formazione, quali to-
talmente sconosciute al legislatore del 42 e che oggi non hanno avuto ancora una totale normazione.
Sono queste attività finanziarie che presentano una doppia caratteristica che li contraddistingue anche
dal canto normativo.
Sono attività prevalentemente svolte da società bancarie, ma non esclusivamente, ossia la legge non ri-
serva tale competenza alle sole banche. Quando quest’attività sia svolta dalla banca, la stessa svolge
questo compito tramite società a parte da essa controllata, che specificamente svolge detta funzione, o
meglio offre detto servizio, ove quindi si vengono a creare dei gruppi tra banca e società in esame. Sono
soggette poi al controllo della banca d’Italia ex art 65ss. TUB, e poi sono soggette alla liquidazione coatta
amministrativa prevista per le banche ex art 98ss. TUB.
Per le società non bancarie che offrono detto servizio d’intermediazione finanziaria, è stato previsto poi
a differenza del passato controlli non previsti all’inizio, che poi hanno comportato l’emanazione di una
serie di provvedimenti, quali hanno la caratteristica di distinguere tra: a) attività non bancaria
d’intermediazione finanziaria; b) prestazione di servizi di pagamento; c) attività d’intermediazione
mobiliare. Per le attività d’intermediazione finanziaria non bancarie esiste una normativa residuale, ri-
spetto alla disciplina appropriata delle società bancarie che già godono di un apposita disciplina perso-
nale, ove è tenuta la prima negli artt. 106 a 114 TUB. In tal caso, ossia che non ci sia attività bancaria ad
offrire detti servizi d’intermediazione, valgono le seguenti regole:
a) La concessione di questi finanziamenti può essere data salvo qualche eccezione, solo dagli in-
termediari direttamente autorizzati dalla Banca d’Italia, ed iscritti in un apposito albo tenuta dal-
la stessa. Le eccezioni, possono essere: microcredito, dilazioni di pagamento, credito di consumo
come dilazioni di pagamento. I requisiti dell’iscrizione nel s.d. albo sono fissati dall’art 107 del
TUB, e tra cui configura la formazione della società nella specie di società di capitali, con un capi-
tale minimo fissato, e svolgimento esclusivo dell’oggetto sociale dei s.d. finanziamenti, o al mas-
simo di servizi correlati di pagamento. I soci inoltre devono essere in possesso dei requisiti di
onorabilità, nonché gli esponenti in possesso del requisito di onorabilità e professionalità previ-
sto anche per le attività bancarie. I soci devono poi aderire all’Albo bancario finanziario di com-
posizione alternativa della lite;
b) I soci devono attenersi alla vigilanza ed alle disposizioni emanate dalla Banca d’Italia, quali de-
terminati dall’art 108, tra cui l’adeguatezza patrimoniale, contenimento del rischio nelle sue di-
verse configurazioni, organizzazione amministrativa e contabile, ecc. Dette società sono sogget-
te a penetrante vigilanza della banca d’Italia, che può arrivare ad imporre sanzioni, fino alla so-
spensione degli organi sociali e revoca dell’autorizzazione. Con la riforma del 2010 è venuta me-
no la distinzione tra lista speciale e lista generale, trovandosi come differenza che le società
iscritte nella seconda lista avessero controlli minori rispetto a quella speciale, ove i controlli era-
no decisamente più penetranti rispetto all’attività di maggior rilievo tenuta della stessa. Tuttavia
la moderna disciplina definisce che la BI vada a modulare sostanzialmente il suo controllo pro-
porzionalmente alle dimensione della società d’intermediazione finanziaria. Viene meno poi

55
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

anche la lista delle società d’intermediazione finanziare che esercitavano tale attività no nei con-
fronti del pubblico.
Specifica disciplina è prevista poi l’attività degli agenti in attività finanziaria e mediazione creditizia. Al
fine di prevenire l’attività di usura, sono state riservate queste attività ai soggetti dotati di requisiti di
onorabilità, professionalità ed organizzazione, previsti per legge per gli iscritti in appositi albi, distinti
tra mediatori ed agenti, quali elenchi sono tenuti da un organismo controllato dalla BI.
Gli istituti che andremmo a trattare possono essere sottoposti parimente alla disciplina della trasparen-
za esposta per i contratti bancari. (13.3).

A. IL LEASING

2. Il leasing o anche detta locazione finanziaria, è una particolare tipologia di contratto industriale nato
per il particolare fine di mettere a disposizione di un impresa strumenti necessari per l’attività
d’impresa, senza costringere la stessa ad investire ingenti somme di danaro, perlomeno in modo imme-
diato. L’imprenditore potrebbe accedere a questo suo bisogno mediante altre vie, tra cui l’acquisto a ra-
te degli stessi materiali, nonché l’affitto oppure ricevendo finanziamenti per l’acquisto, ma sono prati-
che non sempre agevoli, concesse e convenienti. Allora per ovviare ai problemi relativi ai suddetti altri
contratti alternativi al leasing per l’acquisizione in disponibilità degli stessi beni strumentali è nato il lea-
sing, che intercorre tra un impresa di leasing ed un imprenditore che ha bisogno dei s.d. beni. È questo
un contratto nuovo che non è vendita, affitto, finanziamento o mutuo, ma bensì è un evoluzione nata
nella prassi allo scopo di concedere sia all’imprenditore che all’impresa fornitrice/produttrice degli
strumenti di poter trovare una migliore soluzione per i loro affari economici.
Nonostante la sua fortissima diffusione ed applicazione, il leasing non ha ricevuto ancora una sua speci-
fica normazione, ma grazie alla standardizzazione contrattuale disposta da parte delle società di leasing,
si può definire una tutela comune, standardizzata.
Per la forte distribuzione del leasing nel mondo pratico, si è arrivato a distinguere tutta una serie di lea-
sing, quali non hanno più solo ad oggetto beni strumentali per imprenditori, ma bensì anche ben altri
oggetti, come beni di consumo, avendosi il c.d. leasing di consumo, oppure beni immobili, avendosi
quindi il c.d. leasing immobiliare. A queste tipologie di leasing accedono quindi non solo imprenditori,
ma anche professionisti, che grazie alle agevolazioni tributarie garantite da questa tipologia di contratto,
possono godere di diversi beni di consumo come automobili, ecc nonché immobiliari come studi o altre
sedi di lavoro. Inoltre e soprattutto il leasing si è distinto in tre fondamentali tipologie: a) leasing finan-
ziario; b) leasing operativo; c) leasing back o anche detto di ritorno.
Come accade comunque per tutte le tipologie contrattuali non codificate, il leasing incontra innumere-
voli problemi, di non facile soluzione. La forma operativa più diffusa e paradigmatica è il leasing finanzia-
rio, per beni strumentali, di consumo ed immobiliari.

3. Il leasing finanziario è un tipologia contrattuale trilaterale, a cui vi partecipano la società di leasing,


c.d. concedente; l’imprenditore che utilizzerà il bene il c.d. utilizzatore ed un impresa che produce o di-
stribuisce i beni d’interesse, che è il c.d. fornitore. La modalità di svolgimento del contratto è quella di
un impresa di leasing che acquista dal fornitore il bene che serve all’utilizzatore e lo concede a
quest’ultimo tramite la stipulazione di un contratto che è appunto il contratto di leasing. Detto contratto
comprende le seguenti caratteristiche:

56
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

1. Godimento per un periodo di tempo determinato, che nel solo leasing di beni strumentali ten-
de a coincidere con la vita strumentale del bene;
2. Il corrispettivo per il contratto è corrisposto sotto forma di canone periodico, quale di regola
più elevato rispetto al canone comune di locazione;
3. Diritto d’opzione alla fine del contratto, con la possibilità di poter acquistare su volontà espres-
sa dell’utilizzatore il bene, pagando un prezzo finale d’acquisto predeterminato, quale è di soli-
to di modico valore per i beni strumentali, ben più altro per i beni durevoli di consumi come au-
toveicoli. Come infatti il leasing di beni strumentali è di solito corrisposto per far coincidere nella
totalità dei canoni tutte le spese sostenute dalla società di leasing per l’acquisto del bene in
questione, facendo coincidere inoltre un valore ulteriore che è quello degli interessi, in modo da
far recuperare all’impresa di leasing quando versato per l’acquisto, nonché un loro congruo uti-
le, e da qui il prezzo finale d’opzione d’acquisto è di modico valore. Differentemente invece ac-
cade per i beni durevoli di consumo, per cui viene fissato un prezzo di solito non coincidente con
quello della vita del bene e da qui il prezzo d’acquisto opzionale è più consistente. È questo
l’elemento tipico che differenzia il contratto di leasing da quello di acquisto con riserva di pro-
prietà, come infatti non diviene l’utilizzatore proprietario con il pagamento dell’ultima rata, ma
deve esercitare tale diritto d’opzione, che può essere acquistare, restituire la cosa, oppure con-
tinuare il contratto di leasing.
Il leasing inoltre si differenzia dalla locazione e specialmente dalla locazione con patto successivo
d’acquisto per il fatto che questa nuova forma contrattuale introduce all’interno delle clausole che van-
no ad addossare all’utilizzatore tutti i rischi connessi al godimento del bene, si prevede infatti:
a) L’utilizzatore deve pagare tutti i canoni anche in caso di ritardo o mancata consegna del bene
oggetto di leasing;
b) L’utilizzatore non può invocare le eccezioni per i vizi del bene, anche quando gli stessi provochi-
no l’impossibilità d’utilizzo del bene;
c) È responsabile inoltre per il perimento o danneggiamento del bene anche per cause a lui non
imputabili, dovendo corrispondere i canoni anche quando sia cessato il godimento del bene.
Sono queste clausole valide in quanto concedono la possibilità al concedente di poter recuperare quan-
to versato per l’acquisto del bene da poi concedere in utilizzo all’utilizzatore, anche perché poi nei primi
due suddetti casi, all’utilizzatore è concessa la possibilità di poter opporre eccezione nei confronti del
fornitore. La legge però vieta l’inserimento delle clausole inerenti al suddetto primo punto (ritardo o
mancata consegna del bene), quando l’utilizzatore sia un consumatore, in quanto in questo caso trova
applicazione la disciplina del credito di consumo, in quanto in questo caso, ossia per ritardo o mancata
consegna del bene, l’utilizzatore può chiedere al finanziatore quale è l’impresa di leasing, la risoluzione
del contratto e contestualmente smettere di versare i canoni. Una volta intervenuta la risoluzione del
contratto di fornitura, viene revocato anche il contratto di leasing e l’utilizzatore sarà liberato dal rap-
porto senza l’obbligo di versare penali o altri oneri.
L’onere più grande nel contratto di leasing lo si incontra per le clausole che regolano la risoluzione del
contratto di leasing per inadempimento dell’utilizzatore, infatti viene previsto che l’impresa di leasing:
1. L’impresa di leasing può richiedere la risoluzione del contratto anche quando non sia corrispo-
sto un solo canone, qualsiasi sia l’ammontare;
2. Diritto di trattenere tutti i canoni corrisposti, salvo i risarcimento dei danni ulteriori, che in pas-
sato venivano calcolati per l’intero ammontare dei canoni residui e del prezzo d’opzione, quindi
non c’era quasi mai un risarcimento per l’utilizzatore.

57
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Sono queste clausole che derogano vistosamente le norme in materia di vendita con riserva di proprietà
ex art 1525 e 1526c.c. ed analogia anche per la locazione per il patto di futuro acquisto di proprietà ex
art 1526.3.
La validità della seconda clausola in deroga all’art 1526, è stata contestata dalla dottrina e dalla giuri-
sprudenza quali hanno ritenuto che il contratto di leasing rientri nei parametri della vendita con riserva
di proprietà o della locazione, oppure che l’art 1526 è applicabile anche per analogia. Mentre poi questa
seconda clausola è stata difesa da chi ritiene che si è in presenza di un contratto di credito o perlomeno
di finanziamento atipico, ove poi in quest’ultimo senso si è orientata poi anche la cassazione.
Tuttavia risulta equo che il diritto di trattenere i canoni, nonché di richiedere la riscossione di quelli ri-
manenti, in quanto con la fine del contratto di leasing di beni strumentali si ha anche la fine della vita
strumentale del bene, e da qui l’esigenza della società di leasing di ricevere un integrale pagamento (o
quasi) del bene utilizzato in leasing, essendo ripetiamo anche per questo esiguo il prezzo di riscatto. Per
evitare il rischio di addossarsi tutti i rischi in caso d’inadempimento dell’utilizzatore il concedente può
stipulare con il fornitore un patto nel quale si accordano che nel caso in cui l’utilizzatore non adempia
all’obbligazione e ci sia risoluzione del contratto, il fornitore si impegna a riacquistare il bene, vecchio
oggetto di leasing.
Come visto poi cambia totalmente per il leasing di beni immobiliari e di consumo durevole, ove la vita
dei beni non finisce con il pagamento di tutti i canoni, anzi può addirittura accadere che il valore del be-
ne addirittura aumenti con la fine del contratto, per questo il valore del prezzo d’opzione è superiore,
anche perché è molto più semplice la rivendita sul mercato, concedendo alla società di leasing di poter
ricevere ancora di più rispetto a quanto avrebbe riscosso con la normale esecuzione del contratto.
Insomma si potrebbe dire che ogni leasing è leasing, quindi ciò che è valido per il leasing di beni stru-
mentali non lo è per gli altri, e da qui risulta sensata la distinzione tra leasing tradizionale o di godimen-
to, quali riguarda beni strumentali d’impresa, rispetto al leasing impuro o traslativo, quale riguarda beni
di consumo durevoli. Da questa distinzione potremmo quindi dire che nel primo sottotipo l’art 1526 non
è applicabile, dovendo appunto tutelare l’impresa di leasing nel permettere di non subire perdite; men-
tre nel secondo sottotipo è possibile applicare il s.d. articolo, permettendo all’utilizzatore di poter versa-
re solo un congruo corrispettivo per l’utilizzo del bene, ma non è costretto a versare tutti i canoni rima-
nenti, nonché a non aver restituzione di quelli già versati. Insomma il fine ultimo, la ratio, è quella di tu-
telare l’impresa di leasing.
Quest’orientamento se pure parzialmente, è stato recepito dalle imprese di leasing, come infatti nei
contratti più recenti si consente la possibilità all’utilizzatore di poter ottenere la restituzione del ricavato
della vendita, dedotto di quanto dovuto per la rata a scadere. Secondo l’art 13 della convenzione di Ot-
tawa, quale sulla convenzione del leasing internazionale, il concedente ha diritto di scegliere tra il paga-
mento dei canoni non ancora scaduti e la risoluzione del contratto, salvo il risarcimento dei danni. Que-
ste nuove tendenza di standardizzazione sono state necessarie anche in seguito al dubbio che queste
clausole cosi forti fossero in sostanziale contrasto con le norme sulle clausole vessatorie nei rapporti con
il consumatore.
Nel 2006 vengono disposte nuove regolamentazioni a proposito del particolare caso nel quale
l’utilizzatore fallisca. Qui viene ad essere applicato il normale principio per cui i contratti in esecuzione
dopo la dichiarazione di fallimento, sono soggetti a sospensione ed è il curatore che deciderà se estin-
guere o continuare il contratto oppure continuarlo. Quando invece vi sia un esercizio provvisorio
dell’attività d’impresa il contratto sarà esecutivo salvo che il curatore non disponga diversamente. Il su-
bentro del curatore nel contratto comporta che il concedente diventa creditore di massa e da qui dovrà
essere soddisfatto in prededuzione rispetto agli altri creditori.

58
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Se invece il curatore decide per la risoluzione del contratto, il concedente avrà diritto a trattenere i ca-
noni, quali non soggetti a revocatori se versati nei termini d’uso, nonché ha diritto alla restituzione del
bene. Inoltre il concedente può insinuarsi nel passivo allo scopo di ricevere quanto ancora deve ricevere,
appunto sottraendo quanto ha già ricevuto nella rivendita del bene. Ma nel testo normativo non si com-
prende se l’insinuazione nel passivo debba avvenire dopo la ricollocazione sul mercato del bene. Può ac-
cadere poi che il concedente ricollocando il bene di leasing sul mercato riceva ancora di più rispetto a
quanto ammontava il suo credito, ed in tal caso deve lo stesso restituire al fallimento quanto di più rice-
vuto rispetto al suo credito. Il concedente quindi nel ricollocamento sul mercato del bene, non può trat-
tenere la quota corrispondente agli interessi, ma bensì soltanto quanto equivale al suo credito, dovendo
obbligatoriamente insinuarsi nel passivo per ricevere detta quota d’interessi.
Controversa è la situazione nella quale il concedente ricollochi sul mercato un bene al di sotto del suo
valore di mercato, e delle conseguenze rispetto alla restituzione al fallimento della somma eccedente. È
opinione risalente quella di considerare che ai fini della restituzione del fallimento il valore ipotetico di
mercato del bene, ma altra opinione è quella che porta a considerare che in caso di vendita a prezzo vile
il concedente decadi dalla possibilità di ottenere soddisfazione dal bene oggetto di leasing.
Per semplificare la disciplina si ritiene che il contratto di leasing continui automaticamente, con la possi-
bilità di pagare il prezzo d’opzione, sul previo ed ovvio pagamento del prezzo finale e dei canoni rima-
nenti.

4. Meno complessa è la valutazione del c.d. leasing operativo, anche detto leasing diretto, in quanto è
un contratto bilaterale e non trilaterale, che si svolge tra fornitore, quale è anche il concedente, ed
l’utilizzatore. Il fornitore-concedente si obbliga a fornire tutta un'altra serie di servizi accessori, quali ad
esempio l’assistenza o manutenzione del bene.
Viene per di più disposto per i beni strumentali standardizzati, quali ad esempio fotocopiatrici o elabora-
tori, ove la durata del contratto è di per se minore rispetto alla vita del bene, essendo cosi i canoni corri-
sposti per il suo valore d’uso. Per tali caratteristiche si ritiene che il contratto in questione sia da ricon-
dursi allo schema del contratto di locazione e da qui è da applicarsi la normativa inderogabile dello stes-
so, compreso l’art 1526 qualora vi sia un opzione d’acquisto alla fine del contratto.

5. Nel leasing back o anche detto appunto leasing di ritorno, un imprenditore vende i propri beni ad un
impresa di leasing, quale gli corrisponde il prezzo di vendita, ma poi successivamente per gli stessi beni
venduti stipula un contratto di leasing con la stessa società di leasing acquirente del bene, corrispon-
dendole quindi canoni mensili, nonché avendo il diritto d’opzione alla fine del contratto. È quindi questa
una forma alternativa di finanziamento per un imprenditore che si trovi in un momentaneo stato di crisi
economica, e trovi questo valido strumento di finanziamento di liquidità immediate.
Tuttavia si è a lungo discusso circa la validità di questo contratto, in quanto secondo gli orientamenti più
moderni della cassazione, è questo un contratto che viola i principi del patto commissorio ex art
2744c.c. deducendosi che anche il leasing back sia invalido per violazione del patto commissorio, in
quanto si tratterebbe di una vendita con scopo di garanzia, vedendo i beni ad un mio creditore, che si
impegna a restituirmelo dietro un ultimo corrispettivo, avendone pagato tutti i debiti. Però si è poi con-
vincentemente contestato che:
1. Il leasing back non può essere considerato come vendita a scopo di garanzia, in quanto nel lea-
sing manca un credito preesistente, e poi la complessità di quest’istituto porta a ritenere che
non è unico scopo del leasing quello di ottenere un finanziamento;

59
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

2. La ratio del patto commissorio, è quella di vietare che il debitore debba corrispondere un bene
di valore superiore a quello del credito, mentre invece nel leasing di ritorno di regola i canoni
corrisposti risultano essere proporzionali al valore del bene.
Insomma si può ritenere che il leasing back non è sempre e di per se un contratto invalido, ma bensì può
diventarlo solo qualora vi sia una notevole sproporzione tra il credito ed il valor da restituire. Tuttavia
poi la validità di quest’istituto è stata dimostrata anche dalla recente disposizione del codice civile, quale
obbliga all’introduzione nel bilancio dei proventi derivanti da leasing back.

B. IL FACTORING

6. Il factoring è un contratto quale nasce dall’esigenza di rispondere alle necessità di imprenditori che si
trovano a concedere vendite a credito nei confronti di una clientela numerosa e diversificata. Situazio-
ne che comporta la necessità di dover gestire una notevole massa di crediti e dei relativi costi di gestio-
ne rispetto alla loro riscossione, nonché contenziosi per la stessa, senonché si può avere la necessità di
monetizzare gli stessi. Ma ancor di più si può incontrare l’onere ed il rischio di aversi inadempimento da
parte dei debitori. È certamente possibile risolvere ciascuno di questi problemi con interventi separati,
quale ad esempio la gestione dei crediti viene affidata ad un ragioniere, oppure la risoluzione delle con-
troversie creditizie ad un avvocato, la riscossione anticipata ad una banca per la concessione dello scon-
to, e via di seguito. Ma sono queste possibilità ben più complesse e costose, rispetto ad un'unica società
che possa fornire in modo stabile ed unitario tutti questi servizi. Da qui nascono le imprese di factoring
che forniscono contemporaneamente tutti questi servizi, servizi che essenzialmente sono i seguenti
quattro: a) tenuta della contabilità debitoria; b) gestione dell’incasso degli stessi ed eventuale conten-
zioso; c) eventuali anticipazioni sugli stessi crediti; d) eventuale assunzione a proprio rischio
dell’insolvenza. È questo un contratto di durata che è appunto il c.d. contratto di factoring. Il cliente
può decidere nel rapporto di durata di poter usufruire di uno o più dei s.d. servizi, pagando per ognuno
degli stessi un compenso predeterminato, quale è una commissione, nonché gli interessi sulle somme
anticipate. Il contratto di factoring può assumere nel tempo diverse connotazioni, quali però in ogni caso
non differiscono mai da una propria ed autentica tipicità del contratto di factoring, che si differenzia ap-
punto sempre dalle altre forme contrattuali, quali mutuo, assistenza clienti, anticipazioni bancarie, ecc.
Nella prassi d’utilizzo italiano di questa forma contrattuale, il legislatore ha utilizzato la cessione del cre-
dito per strutturarlo. Con la legge 52/1991 si va a disciplinare molti aspetti del factoring, e da qui ha ri-
solto molti problemi applicativi proprio della cessione del credito. E’ stata poi costituita una specifica di-
sciplina pubblicistica che va a disciplinare propriamente l’attività d’impresa di factoring, il cui esercizio
oggi è riservato alle banche ed agli altri intermediatori finanziari disciplinati dal TUB.

7. Come anticipato il contratto di factoring è costituito essenzialmente dalla cessione dei crediti, o più
specificamente la cessione globale dei crediti pecuniari futuri, sulla base di un corrispettivo. La cessione
del credito è assoggettata alla particolare disciplina della legge 52/1991 quando ricorrano le seguenti
condizioni: 1. Il creditore è imprenditore; 2. I crediti sorgono da contratti stipulati dal cedente
nell’attività d’impresa; 3. Il cessionario è un attività bancaria o d’intermediazione finanziaria, nel cui og-
getto sociale comprende la cessione di crediti d’impresa. Pertanto nel contratto di factoring il cedente,
quale è fornitore cede al factor tutti o parte dei propri crediti, presenti e futuri, derivanti dall’esercizio
dell’attività d’impresa, oppure che dipendono da singole operazioni d’impresa, come crediti derivanti da
compravendita. Il factor dal suo lato si obbliga poi a gestire e riscuotere i crediti, in quanto questo con-

60
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

tratto non si esaurisce con la sola cessione del credito, ma bensì anche mediante il compimento di servi-
zi ulteriori offerti dal factor.
Le perplessità iniziali sulla cessione in massa dei crediti è stata sfasata con la legge 52/1991, quale per-
mette tale forma di cessione anche futura dei crediti. Tuttavia però la s.d. legge specifica che possono
essere ceduti crediti futuri ove sia specificato il futuro debitore e che non riguardi crediti superiori a
24mesi.
Nella prassi il cliente deve impegnarsi ad offrire al factor l’elenco completo dei suoi clienti presenti e
quelli che si acquisteranno in futuro, ma sono esclusi da questa categoria alcune categorie di crediti,
come fatture provvisorie o aventi ad oggetto beni in deposito.
L’accordo globale di cessione del credito comporta il trasferimento automatico dei crediti futuri che
vengono a concretizzarsi, senza il bisogno di ulteriori atti traslativi tra cedente e factor. Il cedente dovrà
fornire al factor tutta la documentazione attestante i crediti, nonché deve comunicare al debitore
l’avvenuta cessione del credito.
Solitamente la cessione avviene mediante la clausola pro solvendo. Cioè il cedente garantisce nei limiti
del corrispettivo pattuito, la solvenza del debito ceduto. L’importo della cessione, è di regola corrisposto
al cliente (sottratto della commissione del factor), dopo l’incasso dei crediti. Può accadere però che il
cessionario possa rinunciare in tutto o in parte alla solvenza, e quindi applicare una clausola pro solutio,
mettendo a disposizione il relativo importo alcuni mesi dopo la scadenza dei crediti. Nella prassi il ce-
dente mette a disposizione una lista dei creditori per cui intende aversi applicazione della clausola pro
solutio, successivamente il cessionario valuta gli stessi nominativi e la loro relativa solvibilità, ove poi so-
lo successivamente comunicherà al cliente tutti i nominativi accettati, ossi i c.d. creditori accettati, fis-
sando per ciascuno di essi il massimo della garanzia e della durata.
Il factor può concedere anche anticipazioni, conteggiando sull’ammontare dell’anticipazione gli interessi
per la stessa concessione anticipata. Di regola le anticipazioni non superano il valore nominale dei credi-
ti. La clausola applicabile alle anticipazioni può essere pro solvendo o pro solutio, ove fosse pro solven-
do nel caso d’inadempimento del credito dovrà restituire l’anticipazione.
L’art 5 prevede la possibilità del factor di tutelarsi da possibili abusi subiti dal fornitore, che ceda a terzi i
crediti in violazione degli accorti contrattuali, ove è riconosciuta al factor la possibilità di fare opposizio-
ne a terzi anche in caso di fallimento del cedente, che può essere svincolata dall’obbligo di notifica
quando ricorrano determinate condizioni tra cui il pagamento in tutto o in parte dei crediti.

C. LA CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI

8. La cessione globale dei crediti è l’istituto sul quale si fonda la cartolarizzazione dei crediti. Esso prende
forma al fine di permettere lo smobilizzo di masse notevoli di crediti, anche in sofferenza, tramite
l’incorporazione di questi crediti nei titolo di massa. Tutto ciò allo scopo di permettere che l’emittente
dei titoli risponde al pagamento dei crediti mediante esclusivamente il flusso finanziario quali interessi e
rimborsi, derivanti dai crediti che sono alla base delle cartolarizzazione. Il rischio d’inadempimento dei
debitori originari grava sugl’investitori.
Le operazioni di smobilitazione di massa dei crediti, quale essenzialmente utilizzata dalla banca median-
te la cartolarizzazione, per risolvere crediti insofferenti, si realizza secondo due modalità:
1. La cessione dei crediti ad una società che li acquista finanziandosi sul mercato attraverso la loro
emissione;
2. La cessione dei crediti ad un fondo comune d’investimento chiuso, avente ad oggetto i crediti.
La prima tecnica è di più agevole realizzazione ed è stata utilizzata come modello base.

61
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

9. I caratteri essenziali della disciplina della cartolarizzazione dei crediti, sono i seguenti:
a) Cessione a titolo oneroso dei crediti pecuniari esistenti o futuri di una società avente ad oggetto
esclusivo operazioni di cartolarizzazione;
b) Emissione da parte della società di titoli di credito destinati a finanziare l’acquisto del portafo-
glio crediti ceduto;
c) Destinazione esclusiva da parte della società cessionaria delle somme ricavate dal pagamento
dei crediti da parte dei debitori ceduti, al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli e al pa-
gamento dei costi dell’operazione.
I titoli da loro emessi sono i c.d. strumenti finanziari. In genere i titoli emessi da una società di cartola-
rizzazione incorporano un diritto di credito. Le garanzie di ciascun emissione, sono fornite dai creditori
che sono alla base dell’operazione di cartolarizzazione, e quindi i crediti di ciascun operazione è patri-
monio separato da quello della società e di altra operazione, quindi su ogni patrimonio è possibile
l’azione solo del relativo creditore dell’operazione. La cessione del credito è valida nei confronti dei de-
bitori del credito presente nel titolo con la sola pubblicazione in GU dell’avvenuta cessione, ed è valida
tale pubblicazione anche al fine di trasferire gli altri diritti di garanzia derivanti dal credito. Da quel mo-
mento è possibile solo l’azione del nuovo creditore portatore del titolo.
I possessori dei titoli sono tutelati anche in caso di fallimento del debitore, per il quale non c’è sogge-
zione a revocatoria fallimentare per i pagamenti già effettuati; se poi a fallire è il cessionario del titolo, i
termini di revocatoria sono ridotti rispettivamente ad 1anno a 6mesi e da 6mesi a 3mesi.

D. IL CREDITO AL CONSUMO

10. Il credito per l’acquisto di beni di consumo come elettrodomestici e mobili è un fenomeno largamen-
te diffuso nella pratica commerciale per i soggetti non imprenditori o professionisti. Sono diversi i tipi di
credito al consumo che possono essere concessi, e sono ad esempio: concessione di dilazione di paga-
mento da parte del fornitore; prestiti da prestiti da parte delle banche o altre società finanziarie.
Da tempo è emersa l’esigenza di aversi una disciplina comune per tutelare il creditore a livello europeo,
volta a tutelare il consumatore che si trovi in contratto con tali imprese nella concessione del credito,
quale soggetto debole sia nella fase della stipula del contratto sia nella fase successiva dello svolgimento
del rapporto. In tal proposito è intervenuta propriamente la legge 114/92, quale poi trasmutata negli
artt. 121 a 126 del TUB.
Costituiscono credito di consumo nell’esercizio di un attività commerciale o professionale:
 Credito sottoforma di dilazione di pagamento;
 Finanziamento;
 Facilitazione finanziarie a favore di un consumatore.
Quest’attività può essere svolta solo da banche o intermediari finanziari e per la sola forma di dilazione
di pagamento senza interessi o altri oneri, è concesso effettuarlo anche agli imprenditori autorizzati alla
vendita di beni o servizi.
Da questa disciplina sono esonerati:
1. Finanziamento di importi compresi al di sotto dei 200€ ed al di sopra dei 75’000€;
2. Contratti destinati ad operazioni su immobili o strumenti finanziari;
3. Contratti di somministrazione, appalto o locazione. Ma è invece soggetto il leasing.

11. Al fine di garantire la piena conoscenza da parte del consumatore delle condizioni economiche e fi-
nanziarie alle quali lo stesso va incontro, nel contratto deve essere opportunamente pubblicizzato il

62
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

TAEG, ossia il Tasso Annuale Effettivo Globale, con il suo relativo periodo di validità. Il TEAG costituisce
in effetti il costo per il consumatore per la ricezione del credito, quale viene espresso in termini percen-
tuali annui per l’importo totale del credito, quale comprende tutti gli interessi ed oneri per la concessio-
ne del credito. Le modalità di calcolo dello stesso vengono definite dalla BI in conformità alle delibera
della Cicr.
Ai sensi dell’art 124 TUB gl’oneri d’informazione preventiva del consumatore per la concessione del
credito gravano totalmente sul finanziatore o intermediatore finanziario, affinché il consumatore venga
opportunamente tutelato per la conoscenza delle condizioni finanziarie del credito, al fine di valutare le
diverse offerte sul mercato e valutare quale della stessa è più vantaggiosa, nonché se sia opportuna-
mente conforme alle proprie esigenze e possibilità economiche. Le informazioni preventive da fornire al
cliente sono indicate in un foglio che viene fornito dal finanziatore/intermediatore, quale denominato:
Informazioni Europee di Base sul Credito ai Consumatori, nonché su richiesta del cliente viene fornita an-
che una bozza del contratto, ove poi tutte le informazioni e modalità d’offerta sono indicate dalla BI.
L’art 124-bis definisce poi che il finanziatore deve valutare il merito creditizio del consumatore.
I contratti di credito di consumo, parimente a tutti gli altri contratti finanziari e bancari, devono essere
costituiti per iscritto a pena di nullità a favore del cliente. Una copia deve essere consegnata conte-
stualmente al consumatore.
Il contratto in questione deve opportunamente indicare a pena di nullità:
1. Le Parti;
2. Importo totale di finanziamento con condizioni di prelievo e rimborso;
3. Durata;
4. Oneri;
5. Taeg;
Queste ultime tre sono a carico del consumatore. Qualora poi una delle s.d. clausole manchino o sono
nulle, esse vengono integrate e sostituite secondo le modalità previste dalla legge. Qualora poi il con-
tratto sia nullo il cliente è tenuto a restituire solo la somma effettivamente utilizzato, e può farlo anche a
rate, secondo le modalità previste dal contratto, oppure in mancanza entro 36mesi.
Il consumatore può recedere dal contratto entro 14gg dalla sua stipulazione, oppure entro 14gg dalla
data di ricevimento di tutte le condizioni contrattuali o anche di copia del contratto dichiaranti tutte le
condizioni previste dal contratto di credito e di legge. In tal caso deve restituire entro 30gg deve restitui-
re l’intero capitale e gli interessi maturati. Il concedente non può richiedere oneri ulteriori per l’esercizio
di detto diritto, salvo che non si tratti di somme non ripetibili versate dallo stesso alla PA, quindi a titolo
di rimborso spese.
Nei contratti a tempo indeterminato il consumatore può recedere dal contratto senza penalità o spese.
Non può essere previsto un termine di preavviso superiore ad un mese, salvo che non si tratti di finan-
ziamenti ove il preavviso non potrà essere pattuito al di sopra dei 2mesi.
La disciplina del credito al consumo è ulteriormente completata dalla previsione di una serie di tutele
per il consumatore, quali tra l’altro configura:
1. Nel caso di recesso unilaterale del finanziatore si applicano le medesime discipline applicate nei
contratti bancari per lo jus variandi;
2. Il consumatore ha la possibilità di adempiere anticipatamente alla fine del contratto, ed in tal
caso ha diritto ad una congrua riduzione del costo complessivo del credito;
3. Se il finanziatore cessa il credito ad un terzo il consumatore ha la possibilità di opporre al terzo
tutte le eccezioni derivanti dal contratto, che poteva opporre al finanziatore, in quanto ricor-
diamo che la cessione del credito fa cedere per intero la posizione di creditore, potendogli esse-
re opposta ogni forma di eccezione, anche personale;

63
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

4. Nel caso d’inadempimento del fornitore, il consumatore può recedere dal contratto potendo ot-
tenere tutti i corrispettivi già versati ed ogni altro onere versato, anche se il credito fosse stato
ceduto.

E. I SERVIZI DI PAGAMENTO. LA CARTA DI CREDITO. LA MONETA ELETTRONICA

12. Con l’espressione Servizi di Pagamento, si intendono tutta una serie di prestazioni messe a disposi-
zione, o per meglio dire prestate da un soggetto professionale, quale sostanzialmente si interpone tra
due soggetti, qual è il soggetto pagante ed il beneficiario, per la corresponsione di una somma di dana-
ro. Tale prestazione può variare dal: a) rimessa di pagamento: l’intermediario riceve i fondi da un sog-
getto pagante e li rimette al beneficiario nello stesso ammontare nominale di quello ricevuto; b) dispo-
nibilità esistente sulle disponibilità tenute dal pagatore presso l’intermediario, quindi c’è un deposito
presso l’intermediario che poi andrà ad effettuare il pagamento della somma ordinata, come ad esem-
pio ordini di pagamento o giroconti; c) prestazioni di pagamento che si basi su strumenti di pagamento
emessi o acquistati dall’intermediario, come la moneta elettronica e la carta di pagamento.
I servizi di pagamenti possono essere prestati dalle banche, le più originarie, ma poi si sono sviluppati
altri servizi di pagamento che sono dovuti all’evoluzione della prassi commerciale, nonché all’evoluzione
informatica. Tali differenti metodi di pagamento ed origine ha comportato una disciplina molto etero-
genea e spesso nemmeno concordate, a volte nemmeno tutelato dalla legge ma da accordi contrattuali.
Tuttavia però il d.lgs. 11/2010 ha previsto una disciplina comune a tutti i servizi di pagamento, nono-
stante comunque possano esserci normazioni speciali per alcuni specifici servizi in esame. Non sono
soggette a questa disciplina alcune specifiche tipologie di pagamenti: a) pagamenti effettuati in contanti
senza alcuna forma d’intermediazione tra beneficiario o altro agente; b) pagamento di titoli di credito; c)
tutta un'altra serie di pagamenti previsti dall’art 2. Deroghe inoltre possono essere convenute tra le par-
ti, per strumenti di pagamento di modico valore.
La prestazione di servizi di pagamento è riservata alle banche, IMEI e gl’istituti di pagamento, tale attivi-
tà può essere svolta poi anche dagli Istituti della PA, come Poste Italiane, nell’ambito della legge che le
regola.
Gl’Istituti di Pagamento, sono società di capitale o cooperative autorizzate allo svolgimento dei servizi
di pagamento ed attività accessorie, quali devono essere iscritte in un apposito albo tenuto dalla BI,
previa verifica di requisiti previsti dalla legge, ove in parte sono quelli previsti per le banche e
gl’intermediatori finanziari. Non possono concedere crediti se non in stretta relazione con il servizio di
pagamento prestato, e nei limiti previsti dalla BI. Tuttavia non è obbligatorio che l’istituto svolga un atti-
vità esclusivamente di servizi di pagamento. Infatti la BI può autorizzare qualsiasi altra società di capitale
che svolge qualsiasi forma d’attività, purché per tale servizio sia costituito un patrimonio destinato.
Inoltre poi i conti di pagamento, quali sono patrimoni detenuti dalle società intermediarie, costituiscono
patrimonio a parte, e non è aggredibile dai creditori della società, in quanto sono costituiti per intero dal
patrimonio che il singolo soggetto pagante inoltra per il servizio di pagamento e per questo sono aggre-
dibili solo dai singoli creditori del soggetto che ha costituito il conto per il pagamento, nella misura no-
minale dello stesso versamento. Detto patrimonio inoltre viene investito in depositi bancari o strumen-
ti finanziari a basso rischio. Gli istituti di pagamento sono sottoposti nell’esercizio della loro attività a
controllo da parte della BI.
Di regola tra utilizzatore e fornitore di servizi di pagamento, si stipula un contratto quadro nel quale
vengono inserite tutte le clausole generali, che hanno l’unico scopo di regolare il rapporto tra prestatore
del servizio ed utilizzatore, sono appunto contenute le c.d. condizioni generali di tali servizi, che può es-

64
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

sere la concessione di un credito, la convenzione di rilascio della carta di credito, oppure nell’ambito del-
lo stesso conto corrente. Per tale forma contrattuale valgono regole analoghe a quelle valutate per i
contratti bancari. La legge definisce però che non può essere applicata la disciplina generale dei contrat-
ti bancari se non viene espressamente richiamata dalla disciplina specifica dei contratti per i servizi di
pagamento, ritenendosi quindi che anche nell’ambito dei pagamenti effettuati nel conto corrente ban-
cario devono essere applicati gli appositi articoli del TUB inerenti al servizio di pagamento (att. 126bis a
126octies). Fortunatamente questo problema ha una scarsa rilevanza pratica.
Per le modifiche, è possibile aversi modifica unilaterale del prestatore, purché sia fatta comunicazione
anticipata perlomeno 2mesi prima dell’attuazione delle stesse. Una volta avuta comunicazione delle
modifiche è possibile che il cliente receda dal contratto, senza avere oneri per la recessione. Inoltre poi
se nel contratto è cosi previsto, per le modifiche dei tassi d’interesse e di cambio il prestatore dei servizi
può modificare gli stessi in seguito alla modifica di quelli convenuti. Gli effetti della modifica sono im-
mediati e senza preavviso.
L’utilizzatore a differenza del prestatore del servizio può recedere dal contratto in ogni momento senza
preavviso, a differenza del secondo che come visto potrà recedere solo nel caso in cui vi fosse un preav-
viso di almeno 2mesi.
L’art 126septies TUB definisce che la BI indica le informazioni che il prestatore deve fornire prima della
stipula del contratto quadro e quelle che poi deve fornire durante il periodo del rapporto.
Ogni pagamento viene autorizzato dal cliente, qualora vi fosse un pagamento inesatto e quindi conte-
stato, l’onera della prova cade in capo al prestatore di servizio che dovrà provare l’autorizzazione fornita
dall’utilizzatore. I pagamenti non autorizzati sono restituiti all’utilizzatore e non possono essere appunti
addebitati nel conto di pagamento, salvo il risarcimento del danno. L’utilizzatore dal suo canto ha
l’onere di comunicare prontamente nei termini convenuti tra le parti, senza indugio l’anomalia
nell’autorizzazione per il pagamento, che comunque non potrà essere superiore a 13mesi dall’addebito
o accredito, per permettere al fornitore del servizio. Tuttavia non è necessario che il cliente fornisca
sempre una specifica autorizzazione per ogni pagamento, ma può accadere invece anche che il cliente
autorizzi direttamente il beneficiario a farne richiesta direttamente, si pensi agli abbonamenti o alle
somministrazioni. Nel caso vi fosse una rata di leasing autorizzata direttamente ad essere addebitata nel
conto di disponibilità, è possibile chiedere entro 8settimane dal pagamento la restituzione del pagamen-
to, qualora però non sia specificato l’importo da pagare e la rata sia essenzialmente superiore a quella
che ci si aspettava.
Prestatore ed utilizzatore possono pattuire che il pagamento sia autorizzato mediante l’utilizzo di stru-
menti di pagamento predeterminati, quali possono essere bancomat, borsellino elettronico, carata di
credito o anche password e codici che permettono il pagamento online. L’utilizzatore ha una serie di do-
veri nella custodia e tenuta dello strumento di pagamento, per evitare smarrimento ed utilizzo impro-
prio dello stesso, come infatti deve garantire un idonea condotta per la tenuta della stessa , nonché de-
ve prontamente comunicare al prestatore l’avvenuto furto o smarrimento al momento della scoperta
dell’utilizzo improprio o dei casi di smarrimento o furto. Il prestatore del servizio dal suo lato deve bloc-
care ogni forma di pagamento, al fine di evitare che terzi non autorizzati possono utilizzare gli stessi. Il
fornitore deve inoltre garantire che sia sempre possibile comunicare con strumenti appropriati la comu-
nica 24hsu24 di tali circostanze. Inoltre lo strumento viene inviato a mezzo posta dal fornitore, se la car-
ta si smarrisce in questo frangente il cliente non risponde per l’utilizzo improprio dello strumento.
Nel caso di furto o smarrimento il cliente è chiamato a rispondere dell’utilizzo improprio fatto prima del-
la denuncia, ma se lo stesso non fosse macchiato da dolo o colpa grave, sarà responsabile del caso nel
limite massimo di 150€. La BI può ridurre la responsabilità del cliente, con apposito regolamento quando
gli strumenti utilizzati siano particolarmente sicuri.

65
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

L’ordine di pagamento non è più revocabile al momento che il prestatore ha ricevuto tale comunica.
Quando viene pagato in un giorno dove non è possibile per contratto effettuare pagamenti o dopo un
orario consentito, si prevede che il pagamento si presume effettuato dal giorno lavorativo successivo,
cosa che invece non accade per gli ordini di pagamento effettuati direttamente dal beneficiario, quali
s’intendono ricevuti al momento dell’inoltro della richiesta e non sono da allora più revocabili. I paga-
menti o i versamenti effettuati in giorni prefissati, si intendono effettuati nel giorno operativo convenu-
to e sono revocabili fino al giorno prima operativo.
Il prestatore deve assicurare che l’addebito o l’accredito sia disponibile dal beneficiario entro la fine del-
la giornata operativa successiva a quella ove si è ricevuto l’ordine. Pe le date di valuta e di disponibilità
sono valide le medesime regole previste per il conto corrente bancario.
Il prestatore del servizio è responsabile per la mancata o inesatta esecuzione dell’ordine di pagamento,
salvo che non vi sia causa di forza maggiore o altra circostanza a lui non imputabile. Inoltre può liberarsi
da detta responsabilità dimostrando che l’inesatta esecuzione dell’ordine sia addebitabile al prestatore
del servizio del beneficiario, scaricando appunto sullo stesso la sua responsabilità, dovendo questo sen-
za indugio mettere a disposizione la somma accreditata. Inoltre non c’è nessuna responsabilità del pre-
statore se il pagamento sia stato effettuato erroneamente per un errore del cliente, esempio abbia sba-
gliato in un bonifico l’IBAN. In tal caso il prestatore che ha compiuto il pagamento su questo codice iden-
tificativo (se pure scorretto in quanto c’è stato un errore del cliente), è liberato da responsabilità, salvo
la necessità di aversi tutti gli sforzi possibili al fine di recuperare il credito.

13. La carta di credito è uno strumento sotto forma di documento stile tessera, che permette al cliente
di effettuare un pagamento senza il pagamento immediato del prezzo. È una forma convenzionale di pa-
gamento differente dalla moneta o all’assegno bancario, quale consente anche al cliente di avere una
leggera dilazione di pagamento. In Italia si sono diffusi nei primi anni 70 e si possono distinguere in: bila-
terali e trilaterali. Le carte bilaterali sono rilasciate direttamente dal fornitore, il quale permette con
questo strumento di pagamento di effettuare pagamenti con un certo differimento presso tutti i suoi
punti vendita, quale poi saldo viene saldato a scadenze periodiche previo invio di un estratto conto indi-
cante quanto dovuto. A causa della propria poca diffusione sono escluse queste tipologie di carte dalla
disciplina generale dei servizi di pagamento.
Molto più diffuse sono le carte di credito trilaterali quali vengono rilasciate da un impresa terza, preva-
lentemente imprese bancarie, che effettuano il pagamento per conto di un cliente ad un fornitore, e poi
successivamente inviano al cliente un estratto conto nel quale indicano quanto gli è dovuto per le anti-
cipazioni effettuate. Ricevano dette società compenso sia dai fornitori per una c.d. convenzione di pa-
gamento, sia dal cliente per una commissione sul pagamento.

14. La carta di credito trilaterale, viene rilasciata e funziona per mezzo di una serie di convenzioni, quali
sono convenzioni di rilascio con il cliente e convenzioni d’abbonamento per il fornitore, il quale può
permettere il pagamento mediante detto strumento di pagamento.
Gli esercizi convenzionati, ossia i fornitori convenzionati, si obbligano verso l’emittente della carata di
credito (si pensi a MasterCard o VISA), a fornire al cliente tutti i servizi necessari per il pagamento, senza
pretendere l’adempimento immediato del prezzo. L’emittente invece deve obbligarsi a pagare anche se
in modo minimamente differito il fornitore di beni o servizi di tutta la somma del pagamento sottratto di
una piccola percentuale, quale prende il nome di disaggio, a titolo di compenso per il servizio offerto. Il
pagamento viene effettuato dietro presentazione di un documento quale è la nota di spesa o detta an-
che ordine di pagamento, quale di regola è firmato dal titolare della carata, contenente appunto gli
estremi dell’operazione conclusa e della carata di credito.

66
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Con la convenzione di rilascio il titolare della carata è legittimato ad effettuare pagamento presso gli
esercizi che sono convenzionati in abbonamento, senza pagare un ulteriore prezzo. Il titolare della carta
dovrà pagare un canone annuo piuttosto modesto. La carta ha di regola durata triennale ed è rinnovata
tacitamente per altrettanto periodo, può essere utilizzata solo dal titolare ma può essere anche richiesto
supplemento di carta per concedere i pagamenti ad altri soggetti, quali sono ad esempio i familiari ove
dovrà essere indicato il titolare della stessa, inoltre può essere previsto un limite massimo di acquisto
per ogni singolo acquisto o per periodo di contabilizzazione.
Il contratto di carta di credito trilaterale è semplice, come infatti l’emittente come abbiamo visto si ob-
bliga ad effettuare i pagamenti ordinati dal titolare della carta, sulla base della nota di spesa che gli vie-
ne corrisposta dall’esercizio a cui è stato effettuato pagamento con carata di credito, ove poi il titolare
della carta correlativamente si obbliga verso l’emittente a versargli quanto anticipato dietro l’invio di un
estratto conto periodico di solito mensilmente. Il rimborso può avvenire in via diretta ad esempio trami-
te contanti o conto corrente, oppure ancora può accadere che con apposito accordo nella convenzione
di rilascio venga pattuita una forma di rateizzazione o addirittura di finanziamento che l’emittente con-
cede al cliente, avendosi la medesima disciplina in quest’ultimo caso del credito di consumo se il cliente
è un consumatore. Il titolare inoltre rinuncia preventivamente a far valere qualsiasi tipo d’eccezione
vantata verso i fornitori nei confronti dell’emittente.
La convenzione di base, qual è il rapporto emittente fornitore ed emittente titolare, diventa operante
nel rapporto tra fornitore e titolare/cliente, nel momento in cui il fornitore accetti il pagamento per
mezzo della carta di credito, come infatti è opinione prevalente che non è obbligo del fornitore che deb-
ba essere accettato il pagamento per mezzo di carata di credito, ma è una mera volontà dello stesso
quale può rifiutare anche il pagamento mediante carta, in quanto i due rapporti convenzionati non sono
presupposto assoluto per l’obbligo di accettazione del pagamento, e non c’è responsabilità
dell’emittente se l’esercizio convenzionato rifiuti il pagamento mediante carta. Ma tuttavia queste di-
sposizioni violano i principi di correttezza per l’adempimento. L’ordine del titolare di effettuare paga-
mento mediante carta per mezzo della sottoscrizione della nota di spesa fa avviare il complesso proce-
dimento, che può schematizzarsi nel seguente modo:
1. L’emittente si sostituisce al titolare della carta nel pagamento del debito con il fornitore;
2. Il fornitore potrà chiedere l’adempimento solo all’emittente in quanto accettando tale forma di
pagamento rinuncia all’immediato adempimento da parte del cliente;
3. Con il pagamento l’emittente estingue il debito del cliente verso il fornitore, ma acquista il di-
ritto di vantare addebito sul conto mensile;
4. Il credito dell’emittente diventa esigibile solo alla scadenza del periodo pattuito per il saldo de-
gli anticipi effettuati dall’emittente, in base all’accordo avvenuto per mezzo di convenzione di
rilascio.
Insomma è una vicenda trilaterale che risponde secondo l’opinione prevalente ad una forma di dilazione
di pagamento. I vantaggi dell’utilizzo di questo strumento di pagamento sono diversi ed anche a favore
del fornitore, con un primo sostanziale vantaggio che è quello di aversi transazioni dematerializzate. Il
fornitore ha poi in un periodo brevissimo la disponibilità della somma di pagamento, non avendo il ri-
schio di vendere la merce senza il corrispettivo in danaro a clienti sconosciuti. I titolari della carta hanno
il vantaggio di avere una dilazione di pagamento.
Il rischio dell’emittente di non ricevere copertura del credito, è affrancato in parte dai proventi che rice-
ve per la fornitura del servizio ed in parte dai controlli che il fornitore deve effettuare nel pagamento ad
esempio controllando se la carta è falsa.

67
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

15. La moneta elettronica è un valore monetario rappresentato da un credito nei confronti


dell’emittente memorizzato elettronicamente ed accettato come pagamento da soggetti diversi
dall’emittente stesso.
La sua emissione avviene tramite un versamento effettuato dal titolare, compreso di una commissione
fissa o percentuale assecondo degli accordi.
Emittente carica su di una carta dotata di banda magnetica e microprocessore detto borsellino elettro-
nico, ove il pagamento avviene con la stessa presso gli esercizi convenzionati al pagamento. Gli esercizi
convenzionati sono dotati di un c.d. POS (Point of Sale) in grado di leggere la carta e scalare il credito di-
sponibile dell’importo commissionato. L’esercente comunica all’emittente l’importo da scalare, al netto
della trattenuta dell’emittente.
Si ha netta differenza rispetto alla carta di credito in quanto si tratta di un documento elettronico nel
quale sono precaricaricati, si tratta di conti prepagati. Gli importi dell’operazione, riducendo al minimo
il rischio dell’esercizio abusivo della carta.
In alternativa le stesse operazioni possono essere compiute per mezzo di semplici documenti elettronici
senza il supporto materiale della carta, quali documenti sono dotati di una firma digitale dell’emittente
che permette il pagamento via internet in modo del tutto dematerializzato, infatti tali file sono inseriti
su di un supporto di memoria quale può essere pc, cellulari, ecc. E’ come se si avesse una banconota
elettronica. Il titolare della moneta elettronica entro l’ordinario termine decennale, può chiederne il pa-
gamento al valore nominale. Modalità e termini d’esercizio sono indicati nel contratto.
Non è possibile applicare interessi sui fondi ricevuti a fronte dell’emissione di moneta elettronica, ciò al
fine di evitare che si abbiano deposito al risparmio, piuttosto che un solo mezzo di pagamento.
Dal canto pubblicistico tali servizi possono essere offerti solo da IMEL, Istituti di Moneta Elettronica,
nonché da Banche o istituti statali come Poste Italiane ed altre Pubbliche Autorità. Le IMEL sono società
di capitali o cooperative di capitali iscritte in un apposito albo della BI e soggette alla vigilanza della stes-
sa. Valgono regole organizzative e di funzionamento sostanzialmente identiche a quelle degli Istituti di
Pagamento. Anche per queste valgono le medesime regole della segregazione dei fondi dei clienti, ossia
costituiscono detti versamenti dei clienti patrimonio destinato ed indipendente, a cui possono accedere
per l’aggressione solo i creditori del titolare. Anche le IMEL aderiscono al sistema stragiudiziale
dell’Arbitrato Bancario Finanziario.

68
Diritto Commerciale – 3. Contratti, Titoli di Credito e “Procedure Concorsuali”

Capitolo XV
L’Intermediazione Mobiliare

A. I SERVIZI D’INVESTIMENTO

1. I servizi d’investimento comprendono una serie d’attività che hanno ad oggetto una serie di servizi
d’investimento di valori mobiliari. Ed altri strumenti finanziari, ossia di compravendita degli stessi; nuova
emissione sul mercato degli strumenti in parola; gestione di patrimonio mobiliare; raccolta di ordini
d’acquisto o vendita.
Questa particolare attività particolarmente complessa e delicata anche per il complicato rapporto fidu-
ciario che si veniva a creare tra cliente ed intermediario, in passato era svolto oltre che dalle banche an-
che da soggetti professionisti come agenti di cambio, commissionari di borsa, ecc, che non erano sog-
getti ad un particolare regime di controllo.
Una prima riforma nel settore si ha con la legge 1/91 quale specificamente mirata a tutelare i servizi
d’investimento mobiliare, sia dal canto dell’investitore allo scopo di tutelarlo da possibili abusi, frode o
negligenza dei soggetti che svolgono tali attività d’intermediazione; sia dal canto del mercato mobiliare,
allo scopo d’introdurre una valida disciplina volta a migliorare il presente mercato.
Viene poi introdotta una nuova categoria di soggetti che avranno il compito di svolgere esclusivamente,
salvo qualche eccezione il compito di svolgere attività d’intermediazione, sono le c.d. SIM, Società
d’Intermediazione Mobiliare. Esistono poi particolari regole alle quali questi soggetti sono assoggettati
e sono appunto volte ad assicurare la correttezza e la trasparenza dei rapporti tra cliente e società.
Nel giro di pochi anni la materia è stata già modificata a seguito anche di numerose direttive comunita-
rie che hanno portato all’emanazione dei d.lgs. 451/96 e 146/2007, quale appunto hanno attuato due
regolamenti CE, che poi sono stati trasposti nel TUF, testo unico finanziario, d.lgs. 58/1998. Questa di-
sciplina tutela le società d’intermediazione mobiliare che hanno appunto ad oggetto valori mobiliari,
come azioni, obbligazioni o altri titoli di debito pubblico; o strumenti derivati come options, future e
swaps. L’art 1 comma 2 elenca tutti gli strumenti finanziari che possono riguardare questo mercato, ma
possono essere introdotti anche nuovi strumenti finanziari da parte del Ministro dell’economia e delle
finanze, che per attenersi all’evoluzi