Il clarinetto è un aerofono formato da una canna dalla cameratura quasi cilindrica ed è
sormontato da un’ancia semplice battente. L’ancia è una lamina sottile che può essere semplice (clarinetto, sassofono), o doppia (oboe, fagotto). Battente perché nel caso dell’ancia doppia le due lamine sovrapposte al passaggio dell’aria vibrano e si urtano, chiudendosi e riaprendosi con un effetto valvolare, facendo passare ad ogni riapertura l’aria utile per la colonna d’aria che formerà ogni singolo suono. L’ancia semplice battente ha la stessa funzione della doppia, la differenza consiste nel fatto che chiusura e riapertura effettuate dalle sue vibrazioni avviene contro il becco dello strumento, e, mentre nella doppia ogni singola lamina fa metà del percorso, nella semplice per chiudere e riaprire l’apertura per il passaggio dell’aria, muovendosi da sola l’ancia compie l’intero percorso, facendo uno sforzo maggiore della precedente. Mentre l’ancia doppia è solo battente, la semplice può essere anche libera, come quelle situate in alcune canne dell’organo o nelle canne della zampogna oppure incapsulate nelle strozzature delle canne di altri strumenti ancora. Gli strumenti simili al clarinetto sono sempre esistiti. A proposito di quanto asseriamo Sachs dice: “L’origine del clarinetto non è nota. È stato ritrovato tra le testimonianze di civiltà primitive, ma solo negli strati recenti, e rimane irresoluta la questione se lo strumento sia migrato da civiltà più sviluppate ad altre meno sviluppate, o non invece abbia percorso il cammino inverso. Quando il clarinetto per la prima volta in grandi civiltà apparve fu nella forma di clarinetto doppio”. Quindi fra i progenitori del clarinetto abbiamo: il memet, uno strumento egizio a canne doppie risalente a 2700 anni a.C.; in diversa area simile al precedente e posteriore ad esso troviamo lo Zummâra, strumento simile è il tamilico magudi indostano chiamato anche pungi. Differenti nella forma ma sempre fra i progenitori del clarinetto elenchiamo il pibgorn (inglese hornpipe). Altri clarinetti antichi e popolari sono: zamr, ghete, argul, ecc. Si possono ancora citare fra gli antenati del moderno clarinetto alcuni fra gli auloi greci ed alcune fra le tibiae romane, esattamente quelli che erano sormontati dall’ancia semplice battente e la zampogna. Fra i clarinetti del medioevo troviamo la cennamella o cialamello italiano, schalmei tedesco, shawm inglese, caramillo spagnolo e ancora altri strumenti musicali pastoral-popolari con nomi diversi dovuti ai luoghi di appartenenza ma senza differenze importanti fra loro. Come gli auloi greci e le tibiae romane, anche questi strumenti erano in maggioranza ad ance doppie che sormontavano canne con cameratura conica, pur conservando gli stessi nomi, altri erano canne a cameratura clindrica sormontate dall’ancia semplice battente. I musicologi – organologi a tutti questi strumenti danno un unico nome, calamo, la cui etimologia deriva dal greco kàlamos e dal latino calamus e significa “canna”. Fra questi strumenti troviamo lo chalumeau, che è l’antenato più diretto del moderno clarinetto. Esso, di etimologia francese, era di diversi tagli tonali e la sua famiglia era formata almeno da quattro esemplari: soprano, contralto (detto anche alto, oppure quarta), tenore, basso. Un artigiano costruttore di strumenti musicali a fiato di Lipsia, Johann Cristoph Denner (Lipsia, 1655 – Norimberga, 1707), trasferitosi a Norimberga, lavorò su questo strumento, esattamente su uno chalumeau soprano in do, ovviamente scelto fra quelli a canna con cameratura cilindrica sormontato dall’ancia semplice battente. Questo tipo di chalumeau era uno strumento musicale pastoral-popolare molto usato in Franconia, una regione tedesca. Denner lo perfezionò nel 1690 e lo presentò con alcuni importanti miglioramenti, presentando due chiavi, una delle quali apriva il foro portavoce che facilitava le emissioni dei suoni dei registri sia medio che acuto. Il nuovo chalumeau o “chalumeau migliorato” trovò immediato successo a tal punto da indurre lo stesso J. C. Denner insieme al figlio Jacob, nel 1701, a rilanciare sul mercato con ulteriori accorgimenti, ma con il nome di clarinetto, diminutivo di clarino, una tromba acuta barocca in re, la cui etimologia derivava dal latino clarus per la “chiarezza” del suono: notata l’assomiglianza timbrica dei suoni acuti volle dargli il nome, assegnandone il diminutivo. La terza chiave fu aggiunta al clarinetto da Jacob Denner e perfezionata in seguito da Bartold Fritz. Joseph Beer aggiunse la quarta e la quinta chiave. Furono questi i miglioramenti tecnici del clarinetto fino ai tempi di Mozart. Nel 1791 il compositore e clarinettista francese Jean Xavier Lefèvre avrebbe aggiunto la sesta chiave. Come per gli altri strumenti musicali anche per il clarinetto, già ai tempi di Mozart esistevano molti esemplari da costituire una intera famiglia. Due erano i motivi a spingere la costruzione di diversi esemplari della stessa famiglia: il primo consisteva nel fatto che ciascuno di essi doveva possedere un taglio tonale, il secondo risiedeva nella necessità di ricoprire i registri come gli altri strumenti simili. Ad esempio, come la famiglia dell’oboe aveva il corno inglese, il clarinetto doveva avere il corno bassetto; come la famiglia del flauto possedeva l’ottavino il clarinetto doveva avere i clarinetti piccoli ecc., fino ad un buon numero di esemplari. Nonostante oggi il clarinetto sia omnitonico (ossia che può suonare in tutte le tonalità), la sua famiglia è numerosa: si estende dal clarinetto piccolo in Lab al clarinetto contrabbasso in Sib una quindicesima più grave del clarinetto soprano in Sib. Si contano sedici tipi di clarinetti più comunemente usati, ma se si tiene conto dell’intera famiglia esistente dall’uso che si fa dello strumento in orchestra, a quello praticato nelle bande musicali di diverse nazioni, a quelli che hanno avuto un ruolo nella storia della musica, partendo dal clarinetto acuto in Sib, e concludendo con l’Octocontrabass clarinet di Leblanc, il numero diventa il doppio. Tornando agli anni di Mozart i clarinetti esistenti erano alcuni piccoli di diverso taglio tonale e fra essi il più usato era quello in RE; i soprani in Do, Si, Sib, La; i clarinetti d’amore in Sol e in Fa andati in disuso con l’arrivo dei corni bassetti, appunto in Sol e Fa. Esistevano ancora altri clarinetti con altri tagli tonali all’epoca chiamati claroni (nome che oggi i erroneamente e comunemente si attribuisce ai clarinetti bassi), ma che allora indicavano i clarinetti che discendevano fino alla tonica grave del loro taglio tonale e fra questi il clarinetto bassetto in La, inventato dal clarinettista Anton Stadler e perfezionato da T. Lotz (ed utilizzato nel celeberrimo Concerto per Clarinetto e Orchestra KV622). Il clarinetto dal registro più grave conosciuto da Mozart era il corno bassetto in Fa, che egli introdusse in orchestra e lo usò magistralmente nelle sue opere: Ratto dal Serraglio, Nozze di Figaro, Flauto Magico, La Clemenza di Tito e nella Messa da Requiem, ove addirittura ne usò due. Mozart, inoltre usò spesso questo strumento nelle sue composizioni da camera: in alcune di esse ne adoperò addirittura tre. Abbiamo prima accennato alla sesta chiave aggiunta al clarinetto nel 1791 da Jean Xavier Lefèvre, il compositore e clarinettista francese non si limitò ad aggiungere solamente una chiave al clarinetto, ma curò anche un perfezionamento generale ad esso, mirando soprattutto a migliorare l’intonazione dello strumento. Dopo gli accorgimenti fatti al clarinetto da Lefèvre, molte altre innovazioni furono apportate da diversi clarinettisti ed artigiani, ma per un miglioramento radicale che rivoluzionò lo strumento bisognerà attendere il 1812.