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da:

"MUSICAL WIND INSTRUMENTS"


STRUMENTI MUSICALI A FIATO
di Adam Carse

STORIA DEL CLARINETTO


SEZIONE XII

IL CLARINETTO

(D.) Klarinette. (F.) Clarinette. (GB.) Clarinet

Clarinetto (in italiano nel testo - n.d.t.) è un diminutivo di clarino, la parola italiana per tromba;
questa parola fu associata più particolarmente al registro superiore della tromba nei secoli
diciassettesimo e diciottesimo; Walther (1732), e parecchi che ripeterono questa affermazione
per lo più con le stesse parole, notavano che il clarinetto suonava da lontano come una tromba;
da cui il nome "piccola tromba" o clarinetto.
Nella sua forma rudimentale l'ancia semplice era semplicemente una sottile linguetta tagliata
dal lato di un tubo cavo di canna, che lasciava un'estremità attaccata mentre l'altra era libera di
vibrare. Come mezzo per generare il suono si dice abbia avuto origine in Oriente, da dove
arrivò in Europa per varie strade in epoche che non possono neanche vagamente essere
indicate. Si trova su una varietà di strumenti primitivi sia orientali che europei, anche in
qualche forma di cornamusa, ed unita ad un tubo o canna cilindrici si dice comunemente che
sia stata in uso in Europa durante il diciassettesimo secolo con il nome di chalumeau. Questa
parola è la forma francese di shawm o Schalmey, ed è stata inesattamente applicata ad un gran
numero di pifferi o strumenti ad ancia, sia semplice che doppia, e generalmente di carattere
rustico o primitivo, ed anche a qualcuno della famiglia delle cornamuse. E`, quindi, pericoloso
affermare che chalumeau implichi solo uno strumento suonato per mezzo di un'ancia semplice.
Nel 1732 Walther definì chalumeau (a) uno shawm (schallmey), piffero di pastori (Schäfer-
pfeiffe); (b) il piffero di una cornamusa; (c) un piccolo strumento a fiato con sette fori; (d) un
piccolo strumento a fiato in bosso con sette fori anteriori, uno posteriore e due chiavi in ottone.
Sebbene gli ultimi tre possano essere stati strumenti ad ancia semplice, non ci sono segni che
provino oltre ogni dubbio che uno chalumeau antecedente il diciottesimo secolo fosse
necessariamente uno strumento con canneggio cilindrico ed un'ancia semplice. Solo nel
diciottesimo secolo, dopo l'invenzione del clarinetto, un tale strumento può essere
definitivamente associato alla parola chalumeau; per quanto possa andare, la definizione (c) di
Walther corrisponde allo "chalumeau" del diciottesimo secolo, ma non c'è menzione dell'uso di
un'ancia semplice. Nell'Encyclopédie di Diderot e Alambert, pubblicata nel 1767, è descritto e
raffigurato uno chalumeau col canneggio cilindrico ed ancia semplice (1). Uno strumento
simile, ma ora con una chiave sul lato superiore, è descritto come chalumeau nel Musijkaal
Konst-Woordenboek di Reynvaan pubblicato ad Amsterdam nel 1795 (2), e viene fornita una
tabella che mostra lo strumento e la diteggiatura della sua scala. (Vedi la Fig.34). Lo
chalumeau di Reynvaan è una zampogna cilindrica lunga circa un piede, con sei fori sul lato
anteriore ed un foro per il pollice al di sotto; l'estremità superiore è chiusa con un sughero, ed
una linguetta flessibile è stata scheggiata sotto l'apice della canna con la parte libera verso il
suonatore. I sette fori danno una serie diatonica di fondamentali da fa' a fa'', ai quali può essere
aggiunto un sol'' quando si apre un foro addizionale, coperto da una chiave chiusa. La chiave è
situata sulla parte alta del tubo ed è azionata dal primo dito della mano sinistra. (Vedi la tabella
delle posizioni N° 4.) Così , la testimonianza di Diderot e di Reynvaan punta definitivamente
allo chalumeau del diciottesimo secolo con un canneggio cilindrico ed un'ancia semplice, ma
non giustifica l'affermazione che questo strumento fosse in uso nel diciassettesimo secolo.
Anche nella sua forma del diciottesimo secolo questo elusivo strumento ha lasciato pochissime

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tracce della sua esistenza. Si trova qualche parte per chalumeau in poche partiture dell'inizio
del diciottesimo secolo, ma in vista della definizione di Walther (d), sembra altamente
probabile che queste fossero scritte per clarinetto nella sua forma iniziale. I curatori dei musei
sono incapaci di presentare un singolo esemplare di questo fuoco fatuo fra gli strumenti a fiato.
La tormentosa incertezza di cosa significasse quando i primi scrittori usavano la parola
chalumeau, ha condotto a parecchie proposte speculative e affermazioni non autenticate, le
quali, con la costante ripetizione, si sono gradualmente cristallizzate, ed ora sono spesso
accettate come fatti storici.
Nell'anno 1730 fu pubblicato a Norimberga Historische Nachricht von den Nürnbergischen
Mathematicis und Künstlern di Doppelmayr; questo libro contiene un rapporto di Johann
Christoph Denner (3), un costruttore di flauti, ed include l'affermazione che Denner inventò il
cosiddetto clarinetto all'inizio del diciottesimo secolo; più avanti si afferma anche che egli
finalmente perfezionò lo chalumeau ed altri strumenti. Questo si interpreta come se Denner
realizzasse due cose; egli inventò uno strumento, e ne migliorò un'altro. Il rapporto di
Doppelmayr su Denner fu ripetuto parola per parola da Walther nel suo Lexikon, che aggiunge
anche qualche informazione sul clarinetto e, incidentalmente, riesce a contraddirsi quando dà
l'estensione del nuovo strumento. La descrizione di Walther fu ripetuta con quasi le stesse
parole da Eisel nel 1738 e da Majer nel 1741 (4). Da allora, l'affermazione che Denner inventò
il clarinetto, è passata da libro a libro e da un dizionario musicale all'altro, fino a quando nel
corso del tempo vi fu aggiunta l'informazione gratuita che il clarinetto di Denner era basato
sullo chalumeau. L'affermazione di Doppelmayr che Denner inventò il clarinetto, e che anche
migliorò lo chalumeau, non ci fornisce la prova per supporre che il clarinetto era uno
"chalumeau" migliorato, o anche per presumere che il secondo fosse uno strumento della
famiglia delle ance semplici. Non ci sono ragioni per dubitare della correttezza
dell'informazione fornita da Doppelmayr; il suo libro, la cui compilazione deve aver preso
molto tempo, fu pubblicato a Norimberga solo ventitré anni dopo la morte di Denner; in esso
egli afferma che due figli di Denner, dei quali non dà il nome, continuarono con successo il
lavoro del padre nella stessa città dopo la sua morte. Se non fosse stato per Doppelmayr, il
nome dell'inventore del clarinetto non sarebbe mai stato conosciuto, poiché non ci sono prove
indipendenti per sostenere la sua affermazione. Tutti gli scrittori più recenti presero la loro
informazione da Walther, che a sua volta la ebbe da Doppelmayr.
Malgrado il fatto che Praetorius, Mersenne ed altri scrittori del diciassettesimo secolo
sembrano non aver saputo niente dello strumento sul quale si suppone che Denner abbia basato
il suo clarinetto, non è irragionevole supporre che qualcuno di tali strumenti col tubo cilindrico
ed ancia semplice fosse usato in Europa prima del diciottesimo secolo, e che Denner non creò
un nuovo tipo. Il logico corso degli eventi vorrebbe che il tipo primitivo sia precedente al tipo
più avanzato, ma bisogna affrontare il duro fatto che non si può trovare traccia dello
chalumeau come è stato descritto nel diciottesimo secolo da Diderot e Reynvaan, prima del
tempo di Denner.
Che Denner cominciò a migliorare lo chalumeau nel 1690, o che il clarinetto risalga a quello
o qualche altro specifico anno, sono alcune tra le tante valutazioni fatte dagli scrittori del
diciannovesimo secolo che sono state citate alla fine come fatti, e che sono state continuamente
ripetute, ma senza che si sia potuto produrre alcuna prova storica a sostegno; le parole di
Doppelmayr sono: "zu Anfang dieses lauffenden Seculi".
Se Denner basò il suo clarinetto su qualche strumento ad ancia semplice di un tipo più
primitivo, la sua scoperta essenziale fu che aprendo un foro vicino all'estremità superiore del
tubo, la scala dei fondamentali poteva essere fatta suonare una dodicesima sopra.

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Nella seguente storia del clarinetto i fori delle note e le chiavi sono identificati dalle note che
essi suonano come fondamentali. Conviene pensare allo strumento come se fosse sempre in Do,
ed accettare come vero che la mano sinistra sia sistemata sopra alla mano destra.
Il clarinetto primitivo fu evidentemente uno strumento a due chiavi. Pochi esemplari che
portano il nome di Denner (5) (padre o figli) (6), e qualcuno di altri costruttori che erano
probabilmente in attività nella prima metà e circa attorno la metà del diciottesimo secolo (7),
sopravvivono in qualche collezione continentale; questi, assieme alle tabelle di posizioni
fornite da Eisel e Majer, danno un'idea abbastanza adeguata dello strumento nel suoi primi
stadi.
Il tubo era forato con otto buchi delle dita; sei di questi allineati sul davanti, ed un foro per il
pollice della mano sinistra sul lato posteriore. Questi sette fori fornivano la scala primaria da
sol a sol'. Un doppio foro per il mignolo della mano destra, praticato in un ispessimento del
legno vicino all'estremità bassa, faceva discendere la scala giù fino al fa quando era chiuso.
Senza dubbio si sarebbe ottenuto un fa diesis quando si fosse chiuso uno solo dei due mezzi
fori. Un nono foro, coperto da una chiave chiusa per il primo dito della mano sinistra,
estendeva la scala dei fondamentali su fino al la' quando la chiave era alzata. Ancora un'altro
foro sulla parte posteriore, sistemato direttamente sotto al foro del la', era coperto da una chiave
chiusa per il pollice della mano sinistra; quando questo era aperto la scala veniva estesa fino al
si'; lo stesso foro era anche il portavoce per gli armonici di dodicesima; quindi, l'intera serie dei
fondamentali era da fa a si'. La scala era continuata verso l'alto fino al do' aprendo il portavoce
e comprimendo la colonna d'aria, ripetendo la stessa diteggiatura come dal fa al fa'.
Un cambiamento della posizione e della dimensione del foro del portavoce deve essere stato
fatto in uno stadio successivo, poiché sugli strumenti posteriori, e secondo Eisel (1738), il
portavoce dava si' bemolle invece di si' naturale. (Vedi la tabella delle posizioni N° 5.) Che il
la' ed il si' bemolle fossero diteggiati similmente sembra scorretto, tuttavia nel suo testo Eisel
dice distintamente che era così (8); Eisel aggiunge anche che qualche "virtuosen" può suonare
una quinta o una sesta più in alto dell'estensione data. Il foro del portavoce sullo strumento
perfezionato fu spostato più vicino al bocchino; fu ridotto in dimensione e fu rinforzato con un
piccolo tubo in ottone che sporgeva all'interno del canneggio con lo scopo di impedire
all'umidità di passare attraverso il foro. Che questo perfezionamento e l'aggiunta di una terza
chiave fossero dovuti ad uno dei figli di Denner nel 1720, sono affermazioni che sembrano aver
guadagnato credibilità solo abbastanza recentemente; esse sono probabilmente basate su
qualche proposta avanzata da Mahillon verso la fine dell'ultimo secolo, e sulla sua supposizione
che la data probabile fosse attorno al 1720. (9)
Si ebbe un altro avanzamento nello sviluppo del clarinetto quando si allungò la campana e si
aggiunse un altro foro più basso; questo foro era controllato da una chiave aperta che dava il
mi basso nella campana quando tutti i fori erano chiusi, ed il si' naturale (la 12ma), quando si
apriva il portavoce; il lungo gambo della chiave fu allungato fino ad arrivare nel raggio di
azione del mignolo sinistro. Mentre è abbastanza probabile che questa chiave fece la sua
apparizione nella prima metà del diciottesimo secolo, non ci sono prove a sostegno del
suggerimento che questa innovazione risalga al 1720, o che essa fu iniziata da uno dei figli di
Denner. Siccome ne Eisel (1738) ne Majer (1741) non descrissero che il clarinetto a due
chiavi, e Diderot e Alambert illustrarono solo uno strumento a due chiavi nell'Encyclopedie
pubblicata nel 1767, sembra improbabile che l'aggiunta della terza chiave possa essere stata
fatta nel 1720. Qualche clarinetto a tre chiavi di Kelmer, Lindner, Scherer, Walch, I.S.W.,
Triften e Kenigsperger, sono conservati nelle collezioni di Berlino, Bruxelles, Salisburgo,
Monaco e Norimberga, ma non si conoscono tavole delle posizioni per il clarinetto a tre chiavi.

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Alcuni clarinetti a quattro chiavi fabbricati nella seconda metà del diciottesimo secolo da
costruttori tedeschi, belgi, olandesi e francesi mostrano l'avvento della corta chiave chiusa per
il mignolo della mano destra che dava sol diesis quando aperta. E` improbabile che questa
chiave sia databile a molto prima della metà del secolo, sebbene ci fossero sufficienti
precedenti per ciò nella corrispondente chiave del RE diesis dell'oboe e del flauto. (Tavola
VII,A.) Verso la fine del terzo quarto del diciottesimo secolo il clarinetto moderno era
provvisto di quattro chiavi. Nel supplemento dell'Encyclopedie di Diderot (1776) è raffigurato
un clarinetto a quattro chiavi ed è fornita una tabella delle posizioni.
Lo strumento aveva fatto artisticamente piccoli progressi, ed era ancora lontano dall'essere
l'importante membro dell'orchestra che era destinato a diventare dalla fine del secolo. Aveva
trovato la sua strada per l'Olanda ad uno stadio abbastanza iniziale della sua carriera (10), ma
sembra essere stato sconosciuto in Inghilterra ed in Francia molto prima della metà del secolo.
Laborde, scrivendo nel 1780, afferma che il clarinetto ha cominciato ad essere conosciuto in
Francia durante gli "ultimi trent'anni". Abbastanza curiosamente, il nuovo strumento era stato
ascoltato in Dublino già nel 1742; nel Maggio di quell'anno l'"Hungarian, Mr.Charles"(!)
suonò un concerto col clarinetto in un Grand Concert of Music al quale può essere stato
presente Handel. (11)
Una chiave del fa diesis apparve circa nel 1780; era una chiave chiusa sistemata sul lato
sinistro, ed azionata dal mignolo della sinistra. Il merito di aver "inventato" queste ultime due
chiavi nell'anno (o circa) 1750 è spesso attribuito ad un costruttore di organi di Brunswick
chiamato Barthold Fritz (12), ma parecchi clarinetti fatti dopo questo anno erano ancora senza
queste nuove chiavi. Il clarinetto a cinque chiavi, lo strumento che, verso la fine del
diciottesimo secolo, era il tipo standard, e che proprio allora si era affermato come membro
permanente dell'orchestra, era costruito in grande numero dai costruttori continentali, ed era
adesso anche costruito in Inghilterra. Era allora costruito in Fa acuto, Mi (raramente), Mi
bemolle e Re; le misure normali erano Do, Si bemolle e La, più raramente in Si e in Sol basso.
Venivano forniti dei metodi per il clarinetto a cinque chiavi, e Mozart gli conferì un rango
musicale più alto componendo un concerto per esso. Le bande militari assorbivano un grande
numero di questi strumenti; questo spiega senza dubbio i parecchi esemplari sopravvissuti.
(Tavola VII, B) Il clarinetto a cinque chiavi era comunemente costruito in sei pezzi, cioè :

(a) Il bocchino di ebano; piuttosto stretto, con una "tavola" per una corta ancia che vi era
legata, e poteva essere sistemata contro sia il labbro superiore che quello inferiore.
(b) Il barilotto; che varia leggermente in lunghezza, per scopi di intonazione.
(c) Il pezzo medio superiore; con tre fori per le dita e due chiavi montate su anelli di legno o
blocchi.
(d) Il pezzo medio inferiore; con i tre fori per le dita della mano destra.
(e) Il pezzo basso; con il foro per il mignolo della mano destra e tre chiavi montate in una
protuberanza di legno che girava attorno al tubo. (13)
(f) La campana svasata.

Il materiale abituale era il bosso, ed erano fornite ghiere in avorio o in osso per rinforzare i
giunti e proteggere l'estremità della campana. Le chiavi quadrate erano in ottone, piatte, e
fornite di un pezzo di pelle come cuscinetto. Si trovano anche dei notevoli strumenti di ebano o
avorio, opportunamente corredati di chiavi e ghiere in argento. Il canneggio cilindrico (quando
in Si bemolle) era circa 13 millimetri, che si espandono nel pezzo basso fino a 18 o più
millimetri all'apice del giunto della campana.

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L'estensione avanzava gradualmente verso l'acuto alla fine del 18mo secolo; re''', mi''' e fa'''
sono mostrati sui metodi dell'inizio del 19mo secolo, e subito dopo, la''' e do'''' appaiono sulle
tabelle di posizioni. Koch (1802) menziona clarinetti con un'estensione verso il grave fino al
Do (Stadler di Vienna), ma nessuno di tali strumenti è mai stato trovato.
Il clarinetto a cinque chiavi rimase per qualche tempo il tipo standard (14), fu per questo
semplice strumento che furono scritti i seguenti metodi (15):

c. 1780-82 Vanderhagen (Paris).


c. 1800 Compleat Instructions (Londra).
1803 Backofen (Lipsia).
1811 Fröhlich (Bonn).
1813 Antolini (Milano).
c. 1820 Clarinet Preceptor (Londra).

La lista dei costruttori sarebbe lunga se vi si includesse ogni nome che fosse stato trovato su
un clarinetto a cinque chiavi. La seguente è una selezione fra parecchi nomi che si incontrano
sugli strumenti costruiti tra il 1775 ed il 1825:

Astor (Londra) Baumann (Parigi)


Goulding (Londra) Winnen (Parigi)
Cramer (Londra) Amlingue (Parigi)
Metzler (Londra) Rottenburgh (Bruxelles)
Grenser (Dresda) Willems (Bruxelles)
Embach (Adorf) Raingo (Mons)
Eisenbrant (Göttingen) Tuerlinckx (Malines)
Martin (Parigi)

Malgrado le sue cinque chiavi, il clarinetto non era più ricco del flauto a una chiave o
dell'oboe a due chiavi, i quali potevano produrre le note cromatiche della sua scala primaria
solo con la diteggiatura a forchette, poiché il clarinetto non poteva far meglio nella sua scala
primaria. Questi suoni soffrivano nello stesso modo dell'effetto appannante di un foro chiuso
immediatamente sotto al foro che suona. Come il fa' diesis dell'oboe, e per la stessa ragione, il
si naturale del clarinetto era miseramente piatto.
I compositori classici, le cui parti sono oggi eseguite ben intonate con un suono uniforme sul
moderno clarinetto Boehm, non conoscevano niente di meglio di queste vecchie reliquie di
bosso con le ghiere in avorio ingiallito e ossidate chiavi di ottone, che si possono ancora
trovare tra le cianfrusaglie inutili di oggi. Senza dubbio questi vecchi strumenti ai loro tempi
talvolta perdevano colpi e strillavano sgradevolmente. Un autore anonimo (si dice che fosse
C.L.Junker) nel suo Musikalischer Almanach del 1783 scrisse di un suonatore di clarinetto
chiamato Wagner e del suo strumento quanto segue: "Suonando questo strumento, che può
suonare così morbidamente e dolcemente, si è assaliti da difficoltà che se non superate
possono concludersi nei più indescrivibili caos e fischi! Fugga, allora - chiunque possa
correre!! Ma Wagner è padrone del suo strumento e produce un suono puro. Le sue note sono
languide, la sua esecuzione delicata e tenera." Ci possono essere pochi dubbi che alle nostre
orecchie i vecchi clarinetti avrebbero suonato spaventosamente stonati; ma secondo Burney
(1772) non ci si doveva aspettare una pura intonazione dagli strumenti a fiato del 18mo secolo:
"Io so che è naturale che questi strumenti siano stonati."

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IL CLARINETTO DEL 19mo SECOLO

Prima della fine del diciottesimo secolo, cominciarono ad apparire sui clarinetti, aggiunte alle
normali cinque, un po' di chiavi in soprannumero; ma il grande sviluppo del sistema di chiavi
ebbe luogo nel primo quarto del diciannovesimo secolo. Attorno al 1800 i clarinetti a sei chiavi
divennero abbastanza comuni; la chiave extra sugli strumenti inglesi era invariabilmente la
lunga chiave per trillo azionata dal primo dito della mano destra (Tavola VII,C ed E); sui
clarinetti continentali era solitamente una chiave trasversale per il do' diesis azionata dal
mignolo della mano sinistra (16). (Tavola VII,D) Durante i seguenti venti anni tutti i semitoni
della scala fondamentale, che sui vecchi strumenti potevano solo essere presi con diteggiature a
forchetta, furono provvisti di fori e chiavi chiuse, così che circa dal 1825 il clarinetto
aggiornato aveva un corredo da undici a tredici chiavi. Uno stadio intermedio, tuttavia, è
segnato da un gran numero di clarinetti inglesi con otto chiavi. Queste erano le normali sei, con
in aggiunta una chiave chiusa trasversale per il secondo dito della mano destra che copriva un
piccolo foro progettato per migliorare l'intonazione dell'imperfetto si naturale. L'altra era una
chiave chiusa trasversale per il terzo dito della mano sinistra che dava un mi' bemolle migliore
di quello ottenuto con la posizione a forchetta. (Tavola VII, F e H.) Una nona chiave, trovata a
volte sui clarinetti inglesi, era il do' diesis, che era già abbastanza comune sui clarinetti
continentali. Le rimanenti note diteggiate a forchetta, cioè , il fondamentale si bemolle, fa'
naturale e sol' diesis, furono oggetto di attenzione, e furono provviste di chiavi chiuse,
rispettivamente, per il terzo dito della mano destra (chiave trasversale), primo dito della mano
destra (17) (applicata per il lungo) e il primo o secondo dito della mano sinistra. Sui clarinetti
inglesi del 1825 circa (e posteriori) una tredicesima chiave è un si naturale addizionale per il
terzo dito della mano destra (applicata per il lungo) simile alla chiave corrispondente sugli oboi
dello stesso periodo. Le due chiavi del si naturale offrivano certe facilitazioni nella
diteggiatura, ma le difficoltà di legare in questa parte dello strumento non furono mai superate
del tutto fino a circa la metà del secolo, quando le aste e gli anelli entrarono nell'uso generale.
Il mignolo della mano destra era ancora senza una chiave del fa, ed il foro conservava la sua
vecchia irrazionale posizione sopra al foro del sol diesis. (Tavola VII, G, I, J.)
I clarinetti a dodici o tredici chiavi del 1825-1835 circa conservavano parecchie delle vecchie
caratteristiche, ed erano ancora costruiti in bosso con ghiere in avorio e chiavi in ottone. Alcuni
miglioramenti, tuttavia, cominciano ad apparire sugli strumenti più nuovi: il giunto tra il pezzo
medio basso ed il pezzo basso fu abolito, così che i due pezzi erano diventati uno; le nuove
chiavi erano montate nei blocchi fino a che, quando divennero troppe, vennero impiegati dei
bilancieri in ottone; la coperchio quadrato della chiave lasciava il passo al coperchio rotondo,
ed i fori delle chiavi furono a volte foderati in metallo; le chiavi lunghe del mignolo della mano
sinistra furono spesso migliorate da dispositivi progettati per rendere il passaggio del dito da
una placca all'altra più liscio e più facile, fra questi erano incluse i rulli; il bocchino tendeva
ad aumentare leggermente in larghezza alla punta, e le legature di metallo (18) cominciarono a
sostituire il filo che precedentemente teneva l'ancia in posizione; c'era, forse, un piccolissimo
aumento nella larghezza della parte cilindrica del canneggio ed all'apice della giunto della
campana.
Un tipico clarinetto avanzato tedesco (Inventions-Clarinette) del 1825-1830 circa è quello
mostrato da Backofen nella seconda edizione del suo metodo (1824). Lo strumento ha dodici
chiavi e due leve extra, ma il foro del mignolo della destra rimane ancora non coperto da una
chiave. L'ancia è legata da un filo (19) ed è sistemata sulla parte superiore del bocchino. Viene

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provvista una proiezione di legno per il pollice della mano destra per aiutare a reggere lo
strumento. Sebbene Backofen conoscesse i clarinetti a tredici chiavi di Ivan Müller, egli
considerava quelli fabbricati da Bischoff di Darmstadt grandemente superiori. Strumenti inglesi
contemporanei sono i clarinetti in bosso a tredici chiavi fabbricati da D'Almaine, Key, Bilton
ed altri costruttori di Londra. (Tavola VIII, L.) Anche questi erano senza la chiave del mignolo
della mano destra, ma avevano una corta chiave per il si naturale che era mancante sugli
strumenti tedeschi.
Gli sforzi francesi di dare al clarinetto un adeguato sistema di chiavi nel primo quarto del
diciannovesimo secolo sono rappresentati principalmente dal lavoro del costruttore J. F. Simiot
di Lione, e dal suonatore Ivan Müller di Parigi. Già nel 1808 Simiot fornì parecchie chiavi
addizionali (20); si pensa che egli sia stato il primo a spostare il foro del portavoce sulla parte
superiore dello strumento. Nel 1828 fu presentato da questo intraprendente costruttore un
clarinetto a diciannove chiavi.
Più autorevole infine fu ll sistema a tredici chiavi di Ivan Müller (1786-1854), lanciato nel
1812. Quando egli dedicò se stesso al miglioramento del vecchio clarinetto a cinque o sei
chiavi che era usato in Francia all'inizio del diciannovesimo secolo, Müller era interessato non
solo a dargli un adeguato sistema di chiavi, ma anche al miglioramento acustico dello
strumento (21). Il foro per il mignolo della mano destra era sempre stato praticato obliquamente
in un rigonfiamento del tubo con la base del tubo inclinata leggermente verso la campana. Il
foro era piccolo perché doveva essere chiuso dalla punta del mignolo; era il foro dal quale
usciva il sol, ma per portarlo nel raggio d'azione del mignolo, era situato sul tubo più in alto
del foro del sol diesis. Müller rimediò a questo difetto acustico allargando il foro e piazzandolo
più in basso sul tubo, dove era controllato per mezzo di una chiave a perno aperta. La
situazione e la misura di ciascuno dei sei fori delle dita furono anche riconsiderate, e fu fatta
qualche modifica. Il resto del meccanismo di chiavi di Müller era proprio lo stesso degli altri
clarinetti a dodici o tredici chiavi; esso includeva la chiave che migliorava l'intonazione del si
naturale, tutte le chiavi cromatiche, la solita chiave del trillo e qualche leva doppia. I cuscinetti
imbottiti rimpiazzarono i bassi pezzi di pelle che erano ancora generalmente usati all'epoca.
Sebbene il suo avvento risalga al 1812, non ci sono prove che dimostrino che il clarinetto a
tredici chiavi di Müller fu generalmente adottato, anche in Francia, fino alla metà del
diciannovesimo secolo. La Commissione ufficiale designata in Parigi per esaminare il nuovo
strumento (1812) non riferì troppo favorevolmente, e la pretesa di Müller che il suo strumento
in Si bemolle fosse omnitonique, e quindi capace di rimpiazzare i clarinetti in Do e La, non fu
riconosciuta. I primi costruttori di clarinetti a tredici chiavi col sistema Müller sembrano essere
stati Gentellet di Parigi e Wünnenberg di Colonia.
Fu dal 1840 circa, e attorno alla metà del secolo, che il meccanismo di chiavi in ottone dei
vecchi clarinetti lasciò il posto alle chiavi tedesche in argento montate sulle colonnine. Le
chiavi a coppa avevano già gradualmente rimpiazzato le vecchie chiavi piatte, ed erano
divenute molto diffuse da quel tempo. L'ancia non fu per molto tempo legata al bocchino, ma
tenuta in posizione da legature in metallo. (Tavola VII, K; Tavola VIII, M, N.) Le aste e le
chiavi ad anello a quell'epoca divennero parti del meccanismo essenziale del clarinetto, e gli
strumenti cominciarono ad essere equipaggiato con i due anelli (il "brille" o "occhiali") che
sono divenuti da allora indispensabili aggiunte al meccanismo di chiavi del sistema semplice o
clarinetto a tredici chiavi. (Tavola VIII, da O a R.) Sebbene tenesse duro per qualche tempo
dopo la metà del secolo, il bosso fu finalmente scartato in favore di legni neri e più duri come
il grenadiglio; così il clarinetto perse il suo aspetto d'altri tempi e divenne più simile al
familiare strumento di oggi. (Tavola VIII, S.)

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Il clarinetto semplice a tredici chiavi rimane oggi in gran parte come era nel terzo quarto
dell'ultimo secolo. Alcune modifiche sono ora state standardizzate: entrambe le chiavi per il
mignolo della mano sinistra lavorano su aste ad asse, e la chiave a cerniera è una cosa del
passato; il piccolo foro del portavoce è ora in alto sul tubo, ed è prolungato verso l'esterno
invece di proiettarsi verso l'interno del tubo per mezzo del piccolo tubo di rivestimento che si
trova sui vecchi clarinetti di bosso. Un'aggiunta al sistema di tredici chiavi che ora è universale
è la chiave supplementare del Fa diesis ("patent C sharp key"); questa si apre quando il
mignolo della mano destra è alzato, ma il foro della nota immediatamente sopra può essere
tenuto chiuso premendo il Mi basso col mignolo della mano destra. (Tavola VIII, T.)
Clarinetti metallici in ottone sono segnalati già nel 1818; subito dopo la metà dell'ultimo
secolo questi furono fatti di lastre di metallo, con i tubi interno ed esterno che corrispondevano
al canneggio ed alla superficie esterna del tubo in legno. (Tavola VIII, P e R.) Un'altra forma di
clarinetto in metallo è quello che è costruito con un tubo singolo (che rappresenta il
canneggio) ma con i fori delle note alzati sopra alla superficie esterna in modo da dare la
necessaria profondità ai fori. Tali strumenti furono costruiti da Adolphe Sax subito dopo il
1850 (Tavola VIII, Q.); ancora adesso si costruiscono clarinetti in metallo, coi tubi sia singoli
che doppi.
Quanto sopra è ben lungi dall'includere ogni sforzo che fu fatto per migliorare il meccanismo
del clarinetto nella prima metà dell'ultimo secolo. Parecchi costruttori ed esecutori hanno avuto
parte nello sviluppo dello strumento dallo stadio a cinque chiavi a quello di tredici, e nel corso
delle sperimentazioni e progettando ulteriori miglioramenti, hanno, di volta in volta, sviluppato
una quantità di differenti clarinetti. Alla fine, questi sono stati o rifiutati o hanno perso la loro
identità fondendosi nell'uno o nell'altro dei tipi standard che stavano diventando il risultato
finale di tutti questi sforzi. Fra gli altri, Adolphe Sax aveva attivamente progettato il
meccanismo del clarinetto dal 1838 circa, ed i suoi brevetti del 1840 e 1842 sono per strumenti
elaboratamente forniti di meccanismi di chiavi; questi includono chiavi ad anello e aste ad asse,
e sembra che siano stati ispirati da quelli che non molto prima di quel tempo avevano fatto il
loro debutto sul flauto Boehm nel 1832. E`abbastanza probabile che si sarebbe sentito parlare
molto di questi clarinetti di Sax se circa nello stesso tempo non fosse apparso sulla scena lo
strumento di Klosé -Boehm.
I seguenti sono alcuni dei tanti costruttori che lavorarono durante il periodo in cui il clarinetto
progredì dal tipo a cinque o sei chiavi allo strumento pienamente equipaggiato con tredici o
più chiavi:

Bilton (Londra) C.Sax (Bruxelles)


Clementi (Londra) Ad.Sax (Bruxelles, Parigi)
D'Almaine (Londra) Simiot (Lione)
Key (Londra) Lefèvre (Parigi)
Metzler (Londra) Gentellet (Parigi)
Wünnenberg (Colonia) Aug.Buffet (Parigi)
Griessling and Schlott (Berlino) Uhlmann (Vienna)
Euler (Francoforte) Ziegler (Vienna)
Stengel (Bayreuth) Piana (Milano)
Bachmann (Bruxelles) Miano (Milano)

A questi può essere aggiunta una generazione posteriore che costruì e sviluppò il sistema a
tredici chiavi di Müller dopo la metà del secolo:

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Rudall, Rose & Carte (Londra) Buffet-Crampon (Parigi)
Meyer (Hanover) Mahillon (Bruxelles)
Mollenhauer (Fulda) Albert (Bruxelles)

Prendendo un clarinetto a tredici chiavi come base, parecchi costruttori ed esecutori nella
seconda metà dell'ultimo secolo produssero sistemi che vanno dalle piccole modifiche che
implicano solo l'aggiunta di poche chiavi di ripiego, a più o meno radicali ed elaborate
risistemazioni del meccanismo di chiavi dello strumento. Il meccanismo di Barret, preso a
prestito dall'oboe, è stato liberamente usato sul clarinetto, e sono state realizzate parecchie
combinazioni che includevano certe caratteristiche del sistema Boehm mescolate a quelle del
sistema più semplice. Il lavoro di Albert di Bruxelles ha avuto successo ed è stato influente
dal 1860 circa; i sistemi escogitati da Richard Carte, Spencer e Clinton in Inghilterra, da
Romero, Rampone e Pupeschi in Italia, così come una quantità di progetti di costruttori
tedeschi e francesi, farebbero complessivamente una lista prolissa di sistemi di clarinetti, alcuni
dei quali hanno goduto di un limitato o locale successo, mentre altri si sono rivelati del tutto
non influenti e transitori. La linea principale della storia del clarinetto, tuttavia, non deve
perdersi in infinite ramificazioni di vari meccanismi di chiavi che appartengono alla seconda
metà dell'ultimo secolo. Prima di quell'epoca la storia del clarinetto aveva già preso due strade
ben definite; una di queste è quella che è appena stata delineata, cioè , il sistema semplice o
strumento a tredici chiavi, e l'altra è quella dello strumento adesso comunemente conosciuto
come clarinetto Boehm.
Il cosiddetto clarinetto Boehm fu inventato dal suonatore Hyacinthe Klosé assieme al
costruttore di Parigi Auguste Buffet subito dopo che il primo ebbe la nomina di professore al
Conservatoire nel 1839. La data in cui si ritiene che lo strumento sia stato completato è il
1843, ed il brevetto fu rilasciato nel 1844.
Il nuovo strumento non fu un adattamento su larga scala del sistema Boehm del flauto sul
clarinetto; solo certe caratteristiche furono prese a prestito da questo sistema, ma fu fatto un
libero uso del meccanismo di Boehm per controllare i ventiquattro fori che Klosé considerava
fosse necessario praticare nel suo clarinetto nuovamente progettato.
Proprio come Boehm aveva lasciato i due mignoli nelle loro precedenti posizioni quando
progettò il suo meccanismo del flauto, così Klosé non interferì con le abituali funzioni dei
due mignoli sul clarinetto. Entrambi controllano le stesse chiavi come sullo strumento a tredici
chiavi, ma sono fornite leve doppie così che il mignolo di una mano può , quando necessario,
rilevare le funzioni dell'altro. Quindi, sul clarinetto Boehm i tre fori più bassi possono essere
controllati da entrambi i mignoli. Fu per poter controllare i quattro fori che si trovano tra i due
mignoli che Klosé trasportò il sistema di diteggiatura dal flauto Boehm del 1832. E` usato un
meccanismo piuttosto simile, cioè , tre chiavi ad anello ed una chiave coperta che sporge da
una solida asta, e la stessa diteggiatura del flauto produce i quattro successivi semitoni sul
clarinetto. Come facilitazione ulteriore Klosé provvide una chiave chiusa del Si per il terzo
dito che copre un foro separato. Nella metà superiore dello strumento, il terzo dito ed il
mignolo della mano sinistra agiscono come sul clarinetto a tredici chiavi. I seguenti quattro fori
della scala cromatica ascendente sono controllati da anelli e chiavi coperte su aste (con qualche
alternativa) sistemate in un modo peculiare al clarinetto Boehm, e quando si raggiunge il foro
del pollice (sol), la diteggiatura torna ancora a quella del clarinetto ordinario. Il portavoce è
nella sua vecchia posizione sul lato posteriore del tubo, e due chiavi per i trilli completano il
corredo. L'elaborato sistema di chiavi del clarinetto Boehm dava il controllo su tutti i fori che

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erano disposti più regolarmente, e quindi acusticamente meglio collocati di come erano sullo
strumento più semplice, ed i vantaggi erano una qualità più regolare ed una migliore
intonazione. Il generoso apparato di chiavi dava facilitazioni in pressoché ogni trillo, ed ogni
comodità per legare da nota a nota; su di esso si possono realizzare molte cose che potrebbero
essere trattate solo con grande difficoltà , o niente affatto, sullo strumento più vecchio.
I problemi di Klosé furono in gran parte gli stessi contro cui dovette scontrarsi Boehm
quando progettò il suo flauto nel 1832, ma Klosé ebbe prima di lui l'esempio di Boehm; anche
Buffet aveva conoscenza ed esperienza derivate dal flauto di Boehm, ed aveva egli stesso
contribuito allo sviluppo del meccanismo delle aste ad asse. Senza dubbio Klosé deve molto a
Buffet per l'esecuzione delle sue idee e per la realizzazione di un meccanismo di chiavi che
fosse interamente praticabile, e per il suo periodo, del tutto eccezionale; entrambi debbono
molto a Boehm perché fornì loro i principi sia meccanici che acustici che resero la
riorganizzazione del clarinetto una possibilità pratica. (Tavola VIII, U e V.)
Siccome il nuovo sistema di chiavi richiedeva cambiamenti della diteggiatura affermata, non
sorprende che il clarinetto Boehm non fosse accettato a braccia aperte da tutti i vari esecutori.
A Parigi, tuttavia, dove fu inventato, il nuovo strumento cominciò subito ad essere adottato da
importanti esecutori, fu pubblicato un metodo di Klosé , e con il riconoscimento ufficiale del
Conservatoire il clarinetto Boehm si affermò in Francia durante il terzo quarto del
diciannovesimo secolo. Una traduzione inglese del metodo di Klosé fu pubblicata nel 1873, e
lentamente ma sicuramente, verso la fine dell'ultimo secolo, parecchi dei principali esecutori
orchestrali in questo paese eliminarono i loro vecchi strumenti ed adottarono il clarinetto
Boehm. I suonatori tedeschi, in blocco, sono rimasti fedeli al clarinetto basato sul sistema a
tredici chiavi di Müller, ma fornito di chiavi di ripiego addizionali che sono per lo più
progettate per aiutare a rendere meno scomodi i trilli e per facilitare il passaggio, suonando in
legato, da nota a nota.
Nonostante il clarinetto Boehm, l'ordinario strumento a tredici o quattordici chiavi continua
ancora un'esistenza indipendente. E` molto usato nelle bande militari, dai principianti e nelle
bande commerciali e di bambini, e sarà probabilmente sempre usato grazie a due virtù che
possiede, cioè , la semplicità ed il costo comparativamente basso.
Il diciannovesimo secolo produsse clarinetti in grande varietà di misure differenti;
includendo gli strumenti contralti e bassi, si possono contare circa venti differenti taglie. Uno
strumento in La bemolle acuto è stato usato nelle bande tedesche, austriache e spagnole, ma
nell'insieme i clarinetti in miniatura intonati sopra il Mi bemolle acuto non hanno mai goduto di
molto favore, e sono ora praticamente obsoleti. Il clarinetto in Mi bemolle acuto fa ancora
fortuna nelle bande ed è occasionalmente richiesto in orchestra. Il clarinetto in Do si ritirò
nell'oscurità verso la fine dell'ultimo secolo, ma recentemente è riemerso come aggiunto dei
saxofoni nei circoli delle orchestre da ballo. Qualunque possa essere il futuro del clarinetto in
Do, quelli in La, Si bemolle e Mi bemolle acuto sembra si siano assicurati la vita eterna. Sono
stati fatti parecchi tentativi di combinare i clarinetti in Do ed il Si bemolle, o il Si bemolle ed il
La in uno strumento, ma finora i costruttori non hanno avuto successo nel persuadere i
suonatori che è saggio portare l'economia fino a tal punto.
Nonostante gli intermittenti sforzi per estendere verso il basso l'estensione, la nota più bassa
del clarinetto rimane quella che era quando per prima fu aggiunta la lunga chiave per il
mignolo allo strumento con due chiavi circa duecento anni fa.
I clarinetti sono ora fabbricati sia in ebano africano, grenadiglio, ebanite o metallo. Il
bocchino era precedentemente in ebano, o più raramente in avorio o cristallo, ma ora è
usualmente in ebanite, un materiale che non è sensibile al calore ed all'umidità come il più

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poroso legno (22). Da circa la metà dell'ultimo secolo la punta del bocchino è stata resa più
ampia e l'apertura più larga. L'ancia è ora circa 3/4 di pollice più lunga di quella usata
all'inizio del diciannovesimo secolo, ed è comunemente appoggiata sul labbro inferiore del
suonatore. Fino a quando il clarinetto non ebbe raggiunto lo stadio delle quattro o cinque chiavi
non venne fatto alcun tentativo di costruire strumenti più grandi nei registri di contralto-tenore
o basso. I primi sono stati fatti in La bemolle, Sol, Fa e Mi bemolle, e fra di essi sono apparsi
due tipi caratteristici, cioè , il clarinette d'amour ed il corno di bassetto. Del gruppo basso, ci
sono stati strumenti intonati un'ottava sotto ai clarinetti soprani, il Batyphone in Do basso, un
contrabasso in Mi bemolle un'ottava sotto al contralto in Mi bemolle, e ancora un contrabasso
più basso in Si bemolle che suona un'ottava sotto al clarinetto basso ordinario.

IL CLARINETTO CONTRALTO O TENORE

Il clarinette d'amour (in tedesco Liebesklarinette) era un


clarinetto contralto con una campana a bulbo, sia in La bemolle, Sol o Fa. Appartiene alla parte
finale del diciottesimo secolo, e Deve essere uscito dall'uso presto nel secolo seguente.
L'estremità superiore è leggermente curvata verso l'esecutore; gli esemplari sopravvissuti
suggeriscono che raramente andò oltre lo stadio delle cinque o sei chiavi. Laborde nel 1780,
Francoeur nel 1772, e Backofen nel 1803 menzionano un clarinetto contralto in Sol, ed è
possibile che stessero riferendosi al clarinette d'amour, che era conosciuto proprio in questo
tempo ed era spesso costruito in Sol. Gli strumenti contralti in Fa cominciano ad apparire nel
primo quarto del diciannovesimo secolo. (23) I primi erano di bosso, ed avevano le solite
cinque chiavi del clarinetto contemporaneo. Per tenere l'abbastanza lungo strumento vicino
all'esecutore fu fatta una leggera curva all'estremità superiore del barilotto di legno, o per
mezzo di un curvo collo in ottone.
Verso la metà del secolo i clarinetti contralto acquisirono tutte le normali dodici o tredici
chiavi del periodo e furono anche costruiti in Mi bemolle, tonalità con la quale furono
introdotti nelle bande militari inglesi come clarinetti tenori. Essi rimasero in uso in Inghilterra
ancora abbastanza recentemente, ma ora sono stati più o meno scacciati dalle bande militari
dal saxofono contralto.
Agli inizi della sua carriera, il clarinetto contralto sembra essere stato piuttosto oscurato dal
corno di bassetto. Dopo la metà del secolo fu costruito in Fa o in Mi bemolle, con una
campana in metallo sia dritta che girata verso l'alto, e un collo curvo in metallo all'estremità
superiore.
(Tavola IX, B.) Il sistema a tredici chiavi ed il sistema Boehm gli sono entrambi stati applicati,
e strumenti di grenadiglio, ebano o ebanite, con moderni meccanismi di chiavi, ancora figurano
nei cataloghi dei costruttori di strumenti. Come sul clarinetto basso, si provvedono ora due
portavoci sullo strumento contralto. (Tavola IX, C.)

IL CORNO DI BASSETTO

(Ted.) Bassethorn.(24) (Franc.) Cor de Bassette. (Ingl.) Basset-Horn.

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Secondo Gerber (1792) il corno di bassetto fu inventato nel 1770 a Passau in Bavaria. Si è
ripetutamente affermato che il nome dell'inventore fosse Horn;(25) non c'è fonte
d'informazione per questo, e tale nome non si trova ne` sugli strumenti del periodo ne` nella
contemporanea letteratura musicale. C'è ogni ragione, tuttavia, per supporre che l'inventore del
corno di bassetto fu, non il mitico Horn, ma un costruttore (o costruttori) di strumenti chiamato
Mayrhofer che al tempo lavorava a Passau. Sono sopravvissuti due antichi esemplari (26) che
portano questo nome, e su quello che è conservato ad Amburgo si trova la seguente iscrizione:
"Ant, et Mich: Mayrhofer Inven. & Elabor. Passavii".
Il corno di bassetto è un clarinetto contralto, solitamente in Fa (una quinta sotto al clarinetto
in Do) ma provvisto di un'estensione della parte inferiore del tubo che spinge l'estensione sotto
di due note (o quattro semitoni) al Mi (scritto) della famiglia del clarinetto; il suono reale della
nota più bassa è perciò Fa.
Fino a circa il 1800 il corno di bassetto fu costruito con la stessa forma curva dei primi corni
inglesi, e fu senza dubbio a causa della curva che gli fu dato il nome di "corno", mentre
"bassetto" indica il registro (piccolo o basso acuto) dello strumento. Il tubo fu costruito nello
stesso modo del tubo curvo dei primi corni inglesi scavando due metà trasversali e quindi
incollandole insieme.
Una caratteristica del corno di bassetto, dal tempo quando fu per la prima volta conosciuto
fino ad anche dopo la metà dell'ultimo secolo, è il modo peculiare col quale si provvedeva una
sufficiente lunghezza del tubo senza rendere lo strumento sconvenientemente lungo e scomodo
da tenere. All'estremità più bassa del tubo curvo il passaggio dell'aria entrava in una specie di
scatola di legno, (27) dove andava a zigzag su e giù prima di fare la sua uscita attraverso la
campana, che era attaccata al di sotto della scatola. C'erano tre passaggi paralleli nella scatola,
connessi da curve a U simili a quella della culatta del fagotto; così , il passaggio dell'aria
andava prima giù , poi su, e poi ancora giù prima di raggiungere il suo sbocco nella campana.
Questa scatola, che talvolta aveva l'aspetto di un libro chiuso, conteneva i fori per le
supplementari "note di bassetto".
I primi corni di bassetto erano forniti di sette chiavi, delle quali solo quattro corrispondevano
alle quattro chiavi del clarinetto contemporaneo; queste erano il "portavoce" e la chiave del la'
all'estremità superiore, e la chiave chiusa del sol diesis e la chiave aperta del mi all'estremità
bassa; la quinta era una chiave aperta per il fa che copriva il foro che sul clarinetto era allora
chiuso con la punta del mignolo della mano destra. Sul corno di bassetto questo foro era fuori
della portata del mignolo, per cui la chiave era una necessità . Le leve delle due "chiavi di
bassetto" (re e do) erano introdotte sotto lo strumento per il pollice della mano destra. Una
ottava chiave fece subito la sua apparizione; era la chiave chiusa del fa diesis del clarinetto a
cinque chiavi. Il corno di bassetto a otto chiavi del 1800 circa aveva perciò le cinque chiavi
usuali del clarinetto, una chiave aperta del fa, e due chiavi per il pollice per le note basse
supplementari re e do. La campana era sia di ottone che di bosso come il resto dello strumento,
e poteva essere abbastanza rotonda o ovale; sembra che la campana fosse talvolta tenuta tra le
ginocchia del suonatore, e che una forma ovale o leggermente appiattita fosse più facile da
stringere di una rotonda. Altrimenti lo strumento era tenuto con la campana che si posava sulla
coscia destra, o, come un fagotto, sul lato della mano sinistra del suonatore. Una corda
attaccata ad un anello sullo strumento era passata attorno ad un bottone sui vestiti del suonatore
ed aiutava a reggere lo strumento. Le affermazioni dei Dizionari convenzionali (tutte derivate
da Gerber) dicono che il corno di bassetto fu perfezionato da Theo Lotz di Pressburg nel 1782,
ed ancora dai fratelli Stadler di Vienna. (28) Questo può essere riferito all'aggiunta di chiavi.

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Poco prima del 1800 la parte superiore del corno di bassetto fu fatta in forma angolare, invece
che curva. I due pezzi medi erano allora dei tubi diritti forati uniti assieme da un giunto a
ginocchio con un angolo che su strumenti differenti variava da una leggera inclinazione ad un
angolo retto. Sono sopravvissuti parecchi esemplari di questi corni di bassetto angolari. (Tavola
IX, A.)
Durante il corso della prima metà del diciannovesimo secolo tutte le chiavi del clarinetto
furono gradualmente aggiunte alla parte superiore, e due chiavi addizionali alla "scatola"
fornite per i due semitoni mancanti nel prolungamento. Sui corni di bassetto costruiti tra il 1800
e il 1850 si trova ogni numero di chiavi da otto a diciassette; lo strumento a diciassette chiavi
aveva tutte le solite chiavi del clarinetto a tredici chiavi, ed in aggiunta, le quattro basse "chiavi
di bassetto".
Mentre parecchi degli strumenti di questo periodo mantenevano ancora la caratteristica
scatola che dava ai primi corni di bassetto il loro aspetto peculiare, qualcuno, tuttavia, era
costruito con il tubo curvato ad angolo alla metà (come prima) ma anche proprio sopra alla
campana; la vecchia sistemazione a scatola era quindi stata abbandonata. Altri, ancora, erano
fatti abbastanza dritti eccetto per una moderata curva sotto al bocchino ed una curva ad angolo
retto sopra alla campana. Parecchi degli ultimi erano costruiti con la campana globulare o a
bulbo del clarinette d'amour; altri avevano una campana allargata orientata verso l'alto che
emergeva da una piccola botte simile a quella del fagotto. Probabilmente non c'è strumento,
eccetto il clarinetto basso, che sia stato fatto in così tante forme peculiari come il corno di
bassetto, e tutte con lo scopo di portare i fori delle dita e le chiavi all'interno del raggio d'azione
delle braccia del suonatore senza eccessiva scomodità .
Sebbene comunemente costruito in Fa dai suoi primi giorni fino al giorno d'oggi, si trovano
durante la prima metà dell'ultimo secolo anche corni di bassetto in altre tonalità . Alcuni sono
in Sol, ed altri in Mi, sono menzionati Mi bemolle e Re.(29)
Il corno di bassetto è forse meglio conosciuto grazie alle parti che Mozart scrisse per lui.
Fino al tempo di Mendelssohn fece apparizioni occasionali, e quindi, eccetto per lo scopo di
suonare le parti di Mozart, lo strumento fu abbastanza trascurato e dimenticato fino a che R.
Strauss non lo incluse nella partitura di "Electra" (1909).
Dal tempo della sua invenzione nel 1770, tuttavia, il corno di bassetto non è mai svanito del
tutto. E` ancora costruito nella forma usuale di tutti i clarinetti più grandi, con un tubo diritto
di legno, un collo di metallo leggermente curvato che riceve il bocchino, ed in Francia ed in
Inghilterra con una campana di metallo orientata verso l'alto. In Germania, eccetto per la
leggera curva del collo di metallo all'estremità superiore, il corno di bassetto è talvolta
costruito completamente dritto, con una campana di legno o di metallo. Questo strumento ha
ricevuto tutte le usuali chiavi di ripiego dei clarinetti più grandi, ed è costruito, o può essere
costruito, con ogni sistema di diteggiatura per clarinetto che si possa desiderare. Le chiavi
supplementari per le "note di bassetto" sono azionate sia dal pollice destro o da entrambi i
mignoli.

IL CLARINETTO BASSO (Clarone)

(Ted.) Bass Klarinette. (Franc.) Clarinette Basse. (Ingl.) Bass Clarinet

I primi tentativi per fare un clarinetto che suonasse un'ottava sotto agli strumenti ordinari in
Do o Si bemolle dimostrano la difficoltà che si dovette affrontare per portare i fori delle dita di

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un tubo lungo vicini tra di loro abbastanza da essere dentro al raggio d'azione delle dita. I primi
tentativi mostrano che i loro costruttori generalmente tentarono di superare la difficoltà
raddoppiando o curvando il tubo in un modo o nell'altro. Non si poté risolvere il problema in
modo soddisfacente fino a quando non entrò in uso un meccanismo di chiavi sufficientemente
avanzato; i fori delle note poterono allora essere praticati dovunque fosse richiesto, senza
riguardo per la limitata estensione delle dita, ed i tasti poterono essere raccolti assieme in due
gruppi, uno per ogni mano.
Si dice che il primo tentativo di costruire un clarinetto basso sia stato fatto da Gilles Lot di
Parigi nel 1772; poco si sa di questo strumento eccetto che era chiamato "Basse-tube". (30) Il
seguente è attribuito a Heinrich Grenser di Dresda nel 1793. Se lo strumento conservato a
Darmstadt che porta il nome di Grenser rappresenta questo sforzo, sembrerebbe che Grenser
avesse portato i fori delle note nel raggio d'azione delle dita raddoppiando il tubo alla maniera
di un fagotto. Due altri primitivi sforzi datano a poco prima o subito dopo il 1800. Su un'affare
dallo strano aspetto dell'italiano Nicola Papalini, il tubo faceva una serie di curve ondulazioni a
zigzag alla maniera del serpentone, ed era fornito di cinque chiavi. (31) Su di un'altro clarinetto
basso, che non porta alcun nome, (32) i fori delle dita sono praticati diagonalmente attraverso
l'altezza uno spesso pezzo di legno, e raggiungono il canneggio lontano a distanze
considerevolmente aumentate; l'estremità superiore è curvata verso l'esecutore ed è fornita
una campana rivolta verso l'alto.
Sono testimoniati parecchi sforzi per costruire clarinetti bassi nei primi trenta o quaranta anni
dell'ultimo secolo; alcuni di questi possono essere visti in vari musei continentali. Essi sono sia
nella forma di un corno di bassetto angolare, o anche progettati con un tubo doppio che si
riunisce in una botte simile a quella del fagotto, e sono generalmente curvati verso l'esecutore
all'estremità superiore. Secondo Lavoix la parte del clarinetto basso nei Les Huguenots di
Meyerbeer fu suonata a Parigi con uno strumento fatto da Buffet nel 1836. Proprio in questo
tempo Adolphe Sax produsse un clarinetto basso che portò a Parigi nel 1839, dove subito
superò di gran lunga il primo strumento.(33) Paragonato con lo strumento di Sax, Habeneck
dichiarò che il vecchio clarinetto basso era una mostruosità . Il primo sforzo di Sax sembra
avesse una campana dritta orientata verso il basso, ma in seguito egli perfezionò questo
modello e lo fornì di una grande campana girata verso l'alto.(34) Questo Clarinette basse
recourbée in Si bemolle fu corredato di chiavi che coprivano tutti i fori delle note, e Kastner,
nel 1848, disse che era perfettamente intonato, anche nella qualità del suono, ed in possesso di
un timbre magnifique.(35)
Dopo la metà dell'ultimo secolo, quando il meccanismo delle aste ad asse era stato applicato
a tutti i legni, il clarinetto basso con i suoi grandi ed estesi fori delle note non presentavano più
serie difficoltà per i costruttori, e da questo tempo il modello di oggi, il tubo dritto con curve in
metallo ad entrambe le estremità ed una campana orientata verso l'alto, divenne il tipo standard
in Francia ed Inghilterra. Il modello tedesco, come il loro corno di bassetto, era dritto eccetto
per la curva all'estremità superiore. Parecchi strumenti sono ora forniti di un semitono basso
supplementare così che la nota scritta più bassa per un clarinetto basso in La possa essere
suonata sullo strumento in Si bemolle; questa chiave è azionata dal mignolo o dal pollice
destri. I clarinetti bassi sono equipaggiati con due portavoci, che talvolta sono azionati
automaticamente.
I clarinetti bassi sono stati costruiti in Do, Si bemolle e La; il primo di questi è più o meno
obsoleto dalla metà dell'ultimo secolo, e sebbene Wagner abbia scritto per lo strumento in La,
il clarinetto basso in Si bemolle è ora molto generalmente usato, e sembra soddisfare tutte le

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esigenze. I sistemi a tredici chiavi o il Boehm sono entrambi disponibili sugli strumenti
moderni.

CLARINETTO CONTRABASSO O PEDALE

(Ted.) Kontrabassklarinette. (Franc.) Clarinette contrebasse.


Clarinette-pédale. (Ingl.) Contrabass clarinet. Pedal-clarinet.

Anche prima che il registro basso fosse stato conquistato con successo, si fecero sforzi per
costruire dei clarinetti ancora più grandi e bassi dello strumento basso. Il Contrebasse
guerrière di Dumas (1808) si dice generalmente fosse stato uno di questi mostri, sebbene nel
brevetto di Halary del 1821 questo strumento sia descritto come una sorta di oficleide.(36) Uno
dei primi in questo campo fu Streitwolf di Göttingen con il suo Kontrabassethorn, circa nel
1830; questo suonava un'ottava sotto l'ordinario corno di bassetto ed includeva le
supplementari "chiavi di bassetto". In seguito sulla scena arrivò il Bathyphon (1839) progettato
da Wieprecht, costruito da Skorra di Berlino, e più tardi anche da Kruspe di Erfurt. Questo
largo tubo era raddoppiato come un fagotto, ed i diciotto fori per le note erano tutti coperti da
chiavi che lavoravano su aste ad asse, e sistemate in due gruppi. La campana in metallo era
orientata verso l'alto, ed all'estremità superiore il canneggio era continuato da un tubo di
metallo (o curva) ripiegato verso il suonatore. Costruito in Do, due ottave sotto il clarinetto
ordinario in Do, il suo suono più basso era Mi.
Un clarinetto contrabasso o Clarinette bourdon di Adolphe Sax risala a circa il 1842-1846, ed
era intonato un'ottava sotto il clarinetto contralto in Mi bemolle. Era uno strumento in metallo il
cui tubo era piegato come un oficleide, ma con la campana girata lateralmente. Tutti i fori delle
note erano coperti da chiavi a coperchio.
Nel 1890 fu fiduciosamente lanciato nella sua carriera un clarinetto contrabasso o clarinetto-
pedale in Si bemolle da Besson di Parigi. Un lungo tubo di legno e due più corti erano uniti da
curve a U di metallo; l'estremità superiore girata lateralmente verso il suonatore, e come la
campana rivolta verso l'alto, era fatta di metallo placcato. La diteggiatura era nel sistema a
tredici chiavi con dei tasti sistemati in due gruppi, ed il movimento era comunicato per mezzo
di numerose lunghe aste ad asse. C'è un foro separato per il si' bemolle e due portavoci, tutti
azionati dal pollice sinistro. Ogni foro delle note è coperto, ma con la differenza che tutte le
usuali chiavi chiuse del clarinetto sono chiavi che stanno aperte. Il suono più basso è Re (37),
corrispondente al mi scritto del clarinetto ordinario. (Tavola X, A.) D'Indy scrisse una parte per
questo strumento nella sua opera "Fervaal" (1897), ed alcuni di questi mostri trovarono il modo
di arrivare in Inghilterra.
Altri clarinetti contrabassi furono quello costruito da Albert di Bruxelles, uno strumento in Fa
con quindici chiavi; il contrabasso tutto in metallo di Evette e Schaeffer di Parigi (1889), ed il
grande strumento con campana di Heckel di Biebrich-am-Rhein, entrambi in Si bemolle. (38)
Sebbene siano stati provati di volta in volta nelle bande militari, questi enormi clarinetti non
sembra che siano mai sopravvissuti al loro periodo di prova. Essi sono necessariamente molto
ingombranti, molto pesanti, ed il meccanismo è facilmente danneggiabile; inoltre richiedono
un considerevole sforzo per il suonatore. L'enorme bocchino richiede la "bocca capace" di un
Polifemo. Sembra che il destino dei clarinetti contrabassi sia di finire i loro giorni come oggetti
da museo.

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NOTE:
(1) Lutherie, Fig. 20, 21, 22. La descrizione di Laborde dello chalumeau o Zampogne (1780) è
troppo ovviamente presa da Diderot e Alembert per essere di qualche valore come prova
aggiuntiva.
(2) Esiste una precedente edizione, datata 1789.
(3) Nato nel 1655 a Lipsia, morì nel 1707 a Norimberga.
(4) Il 1741 è la data della seconda edizione; il libro originale, che sembra sia stato pubblicato
nel 1732, è sconosciuto.
(5) I nomi I.C.Denner e I.Denner si trovano su parecchi vecchi strumenti di legno.
Generalmente si presume che I. Denner fosse un figlio di I. C. Denner.
(6) Monaco, Berlino, Bruxelles, Norimberga.
(7) Oberlender, Rottenburgh, Willems, Boekhout, Kelmer, Klenig, Liebhav.
(8) Ne Walther, Eisel o Majer sembrano essere abbastanza sicuri del fatto loro quando
descrivono il clarinetto; non ci si può fidare sempre implicitamente delle loro affermazioni.
(9) Altenburg (Die Klarinette, 1904) sembra essersi largamente basato sulle supposizioni di
Mahillon.
(10) La prima parte conosciuta per clarinetto è in una Messa di Faber che era conservata ad
Antwerp; si dice che questa sia stata composta nel 1720.
(11) Annunciato nel Dublin Mercury, Aprile del 1742. Si conserva al Fitzwilliam Museum, a
Cambridge, un'ouverture per due clarinetti e corno nella calligrafia di Handel.
(12) Schneider, 1834. Fritz morì nel 1766.
(13) (d) e (e) erano talvolta costruiti in un pezzo.
(14) Ziegler di Vienna annunciò clarinetti a cinque chiavi nel 1855.
(15) Tabelle delle posizioni per i clarinetti a cinque chiavi sono date da Gehot (c. 1784-1786) e
Reynvaan (1795).
(16) Si attribuisce al suonatore Lefèvre di Parigi il merito di aver "inventato" questa chiave
circa nel 1790; era abbastanza comune (sol diesis) sul flauto di quel tempo. (Vedi il Méthode di
Lefèvre, 1802.)
(17) Si trova anche sui clarinetti tedeschi per il terzo dito della sinistra. (18) (Ted.)
Blattschraube. (Franc.) Ligature.
(19) La legatura in metallo era conosciuta, ma Backofen la disapprovava. Parecchi suonatori
tedeschi di oggi legano ancora la loro ancia con una corda.
(20) "Tableau explicatif des innovations et changements faits à la clarinette" par Simiot,
facteur a Lyon (1808).
(21) "Herr Müller rimediò a tutti i difetti e può essere guardato come un secondo inventore
del clarinetto" (Fröhlich, Allg. Mus. Zeitung, Lipsia, 1817).
(22) Sono stati usati anche bocchini in metallo. Klosé raccomandava un bocchino in cristallo.
Berlioz ne menziona uno in "metallo dorato" presentato da Sax.
(23) Ivan Müller progettò un clarinetto contralto in Fa che incorporava il suo sistema a tredici
chiavi circa nello stesso tempo in cui egli presentò il suo clarinetto ridisegnato. Questo fu
costruito da Gentellet di Parigi.
(24) Talvolta chiamato "Bassklarinette" in Germania durante il primo diciannovesimo secolo.
(25) Lavoix; R.M.E. Cat.; Forsyth.
(26) A Norimberga ed Amburgo (N° 159).
(27) Backofen (1803) lo chiama "Kästchen".

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(28) Backofen afferma che Lotz fu l'inventore del corno di bassetto.
(29) Von Gontershausen (1855), Sol, Fa, Mi, Mi bemolle, Re; Antolini (1813), Sol, Fa, Mi
bemolle.
(30) Pierre, Les Facteurs d'instruments de Musique (1893), pag.103.
(31) Bruxelles, N° 940; Lipsia (Heyer), N° 1538; Grove, Tavola LXXV, N° 1.
(32) Berlino, N° 2910; (facsimile) Bruxelles, N° 939.
(33) Kastner, Manuel, pag. 232.
(34) "Riflettore metallico concavo" (Berlioz).
(35) Manuel, Tavola XXVI, N° 5.
(36) "Dans les instruments de M. Dumas, comme dans ceux de M. Halary, l'introduction de
l'air s'opére de la même manière par une embouchure de métal" (Brevetto francese N° 1849,
Marzo 1821). Vedi anche Le Moniteur Universel (1811) e Archives des Découvertes (1810),
dove gli strumenti di Dumas sono descritti come clarinetti basso e contrabasso.
(37) Fu anche progettato per raggiungere il La sotto per mezzo di chiavi supplementari.
(38) Un clarinetto contrabasso in Si bemolle progettato da R. Kohl di New York è menzionato
in Musical Opinion del Settembre 1898.

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Tradotto da:
Giuseppe PARMIGIANI
Piacenza
27-01-1990
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STRUMENTI MOSTRATI NELLE TAVOLE FOTOGRAFICHE

TAVOLA VII. CLARINETTI

TAVOLA VIII. CLARINETTI

TAVOLA IX. CLARINETTI CONTRALTI, ETC.

TAVOLA X. CLARINETTO CONTRABBASSO

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