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Chitarra Barocca organologia.docx


Strumenti a cinque ordini
Durante il XVI secolo in Spagna si trovano due accenni all’esistenza di strumenti a cinque ordini.
Il primo è la vihuela de cinco ordenes di Fuenllana che, nell’opera Orphenica Lyra inserisce alcuni brani per uno
strumento così accordato: La – re –sol –si - mi. La musica è costituita da fantasie polifoniche, simili a quelle per vihuela.
Il secondo si trova nella già citata opera di Bermudo, ed è una chitarra così accordata: La – re – fa# - si – mi, che potrebbe
essere definita come una vihuela senza il sesto ordine. Tuttavia non esiste musica nel repertorio per questa accordatura.
Troviamo dunque già nel XVI secolo le prime tracce di uno strumento che nello spazio di un secolo circa muterà sia
l’aspetto che la funzione. Tuttavia appare evidente come le sorti della vihuela e della chitarra siano strettamente legate
fin dall’inizio e continuano ad esserlo al momento della transizione verso la chitarra barocca: purtroppo non esistono
molti esemplari conservati che possano documentarlo con certezza, tuttavia sembra logico ritenere che la tradizione
costruttiva sia proseguita ininterrottamente. La rivoluzione avverrà invece a livello musicale e di prassi esecutiva. È
importante ricordare a questo proposito che lo stile polifonico rappresentato nei brani per chitarra stampati nelle opere
dei vihuelisti si contrapponeva ad un uso più semplice, ad accordi, destinato ad accompagnare romances e narrazioni
cantate su bassi ostinati appositamente ideati: sarà da qui che prenderà le mosse la chitarra moderna.

Lo sviluppo della chitarra nell’epoca barocca


Abbiamo visto come gli sviluppi della chitarra nel XVI secolo siano piuttosto complessi che comprendono più realtà:
• lo strumento nobile, la vihuela, destinata a un repertorio complesso, —basato sulla polifonia—, e virtuosistico
—passaggi rapidi, diminuzioni);
• la chitarra a quattro ordini che, alla ricerca di una propria personalità, si alterna tra stile polifonico preso in
prestito dalla vihuela e musica golpeada legata all’accompagnamento del canto e di derivazione popolare
• la comparsa della vihuela de cinco ordenes (Fuenllana 1554) che, anche se usata alla maniera polifonica, sembra
precorrere la data di nascita della chitarra barocca, vista anche l’identità dei rapporti di intonazione.
A complicare il quadro si inseriscono diverse testimonianze letterarie che attribuiscono l’invenzione del quinto ordine
al poeta, novellista, cantante e musicista Vicente Espinel (ca. 1550-1624). Andrés de Claramonte y Corroy nel 1613, in
Letania moral a don Fernando de Villoa afferma: “Il Maestro Espinel riformatore dei cinque ordini della vihuela...”. Nel
1619 Lope de Vega scrive nell’opera El Caballero de Illescas: “la Spagna deve a voi, signor Maestro... le cinque corde
dello strumento, che prima con quattro era veramente barbaro”. Sempre Lope de Vega, ne La Dorotea, 1632, sembra
essersi pentito di questa invenzione: “Dio non voglia a Vicente Espinel, che ci ha portato questa novità e le cinque corde
della chitarra, con le quali i nobili strumenti, come le vecchie danze, sono già dimenticati, con queste gesticolazioni e
movimenti lascivi delle ciaccone, in cui è così tanto offesa la virtù della castità e il silenzio decoroso delle signore...”.
Molto probabilmente, visti anche i precedenti cinquecenteschi di cui si è detto, Espinel più che inventare il quinto ordine
contribuì alla diffusione della nuova chitarra a cinque ordini. Ma soprattutto contribuì a promuoverne il nuovo uso
accordale adatto ad accompagnare il canto e la narrazione.
È invece la rivoluzione musicale del barocco che guida il cambiamento della chitarra: la nuova tendenza si dirige verso
una musica più semplice, fatta di melodia e di basso accompagnato. Anche le scarse intavolature manoscritte per
vihuela, esaurito il secolo d’oro delle stampe auliche con il libro di Esteban Daza, El Parnaso, 1576, sembrano indirizzarsi
verso quello stile di variazioni su bassi ostinati che sarà così popolare nel barocco pieno (vedi il ms. Ramillete de flores).
Al contrario, l’aspetto della tradizione costruttiva sembra mantenere una certa continuità col passato nell’adattare gli
strumenti alle nuove mode musicali. I liutai hanno le loro tradizioni, seguono i loro schemi e si adattano alle mutate
esigenze musicali con una certa lentezza.
La ricerca storica del liutaio José Romanillos, (The Vihuela de Mano and the Spanish Guitar) ha dimostrato come in
Spagna tra fine del XVI secolo e l’inizio del XVII la vihuela e la chitarra risultano strettamente legate nei documenti
relativi ai certificati degli esami sostenuti dagli aspiranti liutai. Il certificato degli esami di Juan Rodriguez del 1578 dice
che fu esaminato nella costruzione di una vihuela con la rosa posticcia [cioè inserita nella tavola, non intagliata in essa]
e una chitarra alla stessa maniera; in un altro caso, nel 1619 si parla di «di uno strumento che adesso è incordato come
una chitarra ma fu costruito da Francisco de Lipuste come una vihuela; al momento è incordata come chitarra per essere
venduta più facilmente». Quest’ultima affermazione è una dimostrazione lampante di come si cercasse addirittura di
‘camuffare’ uno strumento ormai passato di moda per poterlo vendere e utilizzare ancora. Ciò non deve meravigliare
perché la storia degli strumenti a pizzico è ricca di casi di adattamenti e trasformazioni per venire incontro ai mutati
gusti musicali.
L’inizio dell’ascesa della chitarra può essere datato intorno al 1580 (vedi la chitarra di Dias descritta più avanti). Juan
López de Ubeda dice nel 1583: “Cosa dovrei dire dell’abuso, così universale oggi, di cantare canzoni oscene sulla
guitarrilla? Dato che queste guitarrillas sono così diffuse bisognerebbe cercare di cantarvi canzoni sacre.” Forse la
guitarrilla era ancora una chitarra a quattro ordini. Il rasgueado appare invece nel 1580 nel testo di Miguel Sanchez de
Lima’s Arte poetica en romance, in cui si parla di accompagnamento “a lo rasgado”.
Dal 1610 il declino della vihuela è praticamente completo, come si può dedurre dal compianto di Covarrubias: “da
quando sono state inventate le chitarre sono in pochi a dedicarsi alla vihuela.”

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Purtroppo si conosce molto poco circa la forma e la struttura della vihuela e della chitarra nella Spagna del 500, dunque
è molto difficile fare delle ipotesi sull’aspetto e sulla costruzione delle prime chitarre spagnole, tuttavia è possibile,
anche grazie alle testimonianze appena riportate, fare qualche supposizione. Esiste in effetti un esemplare che
probabilmente può essere considerato di passaggio: uno strumento a 5 ordini, fatto a Lisbona da Belchior Dias nel 1591
e conservato al Royal College of Music di Londra. È molto piccola, 55,4 cm di diapason, Il legno del guscio (dalbergia
melanoxylon, ebano Mpingo) è ricavato da un unico pezzo di ebano; il fondo è bombato con le doghe scannellate: ha
due catene, una al di sopra, l’altra al di sotto della rosa. La struttura è piuttosto pesante.


Esiste un secondo esemplare più grande appartenente alla collezione di Robert Spencer, che ha il diapason di una
normale chitarra.
A parte questi due esemplari, nonostante la chitarra in Spagna fosse considerata lo strumento nazionale, non ne
rimangono altri fino all’inizio del ‘700.

Anche per quanto riguarda l’aspetto costruttivo della prima fase della chitarra in Italia non abbiamo sufficienti esempi
sopravvissuti. Tuttavia a partire dai primi decenni del ‘600 è possibile delineare le caratteristiche e la linea evolutiva
dello strumento che entra subito a far parte della produzione dei liutai attivi nel campo degli strumenti a pizzico:
proseguendo la linea tradizionale del secolo precedente, gli stessi liutai tedeschi operanti nei maggiori centri italiani
specializzati nella costruzione degli strumenti della famiglia del liuto (l’arciliuto, la tiorba etc.) rispondono prontamente
alle esigenze di questo nuovo mercato.
La facilità di utilizzo, rispetto alle difficoltà della pratica polifonica, determinò sicuramente la rapida affermazione della
chitarra spagnola, che fece il suo ingresso in Italia a partire dalle regioni meridionali (dove peraltro esisteva una
tradizione precedente legata ai generi popolareschi della villanella) che si riscontra, oltre che in un vastissimo repertorio
stampato e manoscritto, in una produzione di strumenti di eccezionale interesse di cui ancora oggi esistono preziose
testimonianze nelle collezioni dei principali musei strumentali.
Mentre in Spagna è possibile rintracciare una continuità costruttiva tra vihuela e chitarra, in Italia fu certamente
necessario un adattamento da parte dei costruttori che fino ad allora si erano dedicati al liuto e alla tiorba. Tuttavia la
risposta alle nuove esigenze del mercato fu pronta e la chitarra fu dunque costruita nelle stesse botteghe specializzate
nella fattura di liuti e tiorbe, mantenendo dunque diversi aspetti strutturali. La leggerezza complessiva dello strumento,
dotato di tavola armonica sottile sostenuta da catene; l’innesto del manico sullo zocchetto; il manico dotato di legacci;
il cavigliere a paletta leggermente trapezoidale con i piroli infissi perpendicolarmente; la fattura del ponte e il modo di
fissarvi le corde. La cassa armonica era anch’essa leggera e poteva essere fatta in due modi: a fondo bombato costituito
da doghe simili a quelle del guscio del liuto (fatta dunque su una forma piena) o a fondo piatto (questa la vera differenza
con la tradizione del liuto).
a Venezia, i liutai della famiglia Sellas: Giorgio, Matteo, Giovanni, Domenico e Michel; Cristoforo Cocho; a Milano
Giovanni Smit; a Roma Magno Graill e Giacomo Ertel; ad Ancona Giovanni Tesler e a Napoli Jacobus Stadler.

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La struttura della chitarra spagnola
La tavola armonica, è di abete e generalmente fatta con due pezzi contigui aperti a libro: rappresenta come nel liuto la
parte più sensibile e determinante della qualità sonora dello strumento. Rispetto al liuto l’incatenatura è più semplice:
la catena principale è disposta obliquamente in modo da lasciare più libero il settore che si trova dalla parte dei bassi.



Il guscio è costituito dalle fasce laterali e dal fondo (nella figura bombato); lo zocchetto inferiore serve a unire le due
fasce; il ponte è incollato sulla tavola in modo simile al liuto. La tastiera si trova al livello della tavola armonica; il manico
porta di solito dieci legacci di budello. Il foro di risonanza è decorato con una rosetta di pergamena, molto spesso fatta
in più strati, in modo da creare un effetto tridimensionale.
L’incollatura del manico al corpo dello strumento è assicurata tramite un chiodo infisso dall’interno nello zocchetto
superiore. Il caratteristico tacco è già presente fin dall’epoca barocca.

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Alcuni esemplari di chitarre barocche
Chitarra Magno Graill, Roma circa 1620
Magno Graill fu allievo a Roma del grande liutaio Matteo Buechenberg, del quale probabilmente rilevò la bottega. Fu
attivo a Roma dal 1599, morì nel 1642.


Si tratta di un esemplare
particolarmente significativo, sia per
l’eccezionale livello della fattura sia
per l’equilibrio e la sobrietà delle
decorazioni. La cassa a fondo
bombato è di tasso, con doghe
sottili, scannellate; il manico è
dotato di undici legacci budello, un
numero che si ritova ancora nelle
chitarre napoletane del primo
Ottocento.














Chitarra Matteo Sellas (Germania, Füssen ca. 1599–1654 Venezia)
Metropolitan Museum, New York
Data: ca. 1630–50
Materiali: Abete, osso, pergamena, legno di serpente (snakewood), avorio



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Le chitarre di Stradivari
‘Sabionari’ (1679) – Collezione privata, Italia
Giustiniani’ (1681) – Collezione privata, Italia
‘Hill’ (1688) – Ashmolean Museum, Gran Bretagna
‘Rawlings’ (1700) – Shrine to Music Museum, USA
‘Vuillaume’ (1711?) – Cité de la Musique, Francia
Immagini della Chitarra Sabionari, Cremona:




Le chitarre francesi
La chitarra spagnola si diffonde in Francia nel XVII secolo forse più grazie ai musicisti italiani che grazie al cardinale
Mazzarino furono chiamata alla corte del futuro Re Sole che non all’influenza diretta della Spagna. Tra questi in ambito
chitarristico ricordiamo Francesco Corbetta e successivamente Michelangelo Bartolotti. La scuola francese tocca poi il
suo apogeo con l’opera di Robert De Visée.
In un ambiente così stimolante la liuteria si sviluppò ai massimi livelli, gettando anche le basi di quella che sarà la grande
scuola francese dell’Ottocento.
I liutai attivi a Parigi nel XVII secolo furono Jacques Dumesnil, Jean Desmoulin e la dinastia Voboam, che comprende:
René, Alexandre I, Jean, Nicolas-Alexandre le Jeune, e Jean Baptiste, che costruirono strumenti preziosissimi per gli
esponenti della nobiltà nonché per il Re stesso.

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