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Ordinatezza
Il comportamento del TM consiste nel soddisfare le aspettative dei partners sociali ed è guidato
dagli standard sociali. Le persone, incluso il TM stesso, sono inquadrate secondo ruoli sociali ben
precisi e gerarchie che regolano le relazioni interpersonali ed aiutano ad evitare conflitti e ad
ottenere consensi.
Affermazioni tipiche
"Sacrificherei la mia carriera se entrasse in conflitto con l'armonia della mia famiglia".
Coscienziosità
Affermazioni tipiche
Ipernomia-eteronomia
Definizione: esagerato adattamento alla regola (ipernomia), esagerata recettività di una norma
esterna (eteronomia).
Il TM cerca di conformarsi alle aspettative sociali, per esempio ruoli sociali prestabiliti e regole
incarnate negli altri significativi. Ruoli e regole sono per lo più accettati passivamente e seguiti
acriticamente (eteronomia). Inoltre il TM osserva rigidamente i ruoli e le regole sociali già adottate
in precedenza e si trova in estrema difficoltà se è costretto a modificarle o trascenderle
(ipernomia).
L’ipernomia deve essere differenziata dall’estrema coerenza morale; nella prima infatti la
motivazione sta nell’incapacità di cambiare il proprio quadro morale di riferimento.
L’eteronomia deve essere differenziata dall’adesione come-se ai dettati di un gruppo sociale per
trarre vantaggio dall’appartenenza a tale gruppo; nella prima infatti manca totalmente la distanza
dal ruolo sociale adottato.
Affermazioni tipiche
“Prima il dovere”.
“Una volta che ho preso una decisione è molto difficile che cambi idea”.
“Nel prendere una decisione cerco sempre di capire che cosa gli altri preferirebbero che facessi”.
“Mi sento in guai seri quando non posso fare ciò che gli altri si aspettano da me”.
“Nel fare il mio lavoro faccio sempre molta attenzione a cosa pensano i miei colleghi”.
Intolleranza dell’ambiguità
Definizione: incapacità di percepire emotivamente e cognitivamente caratteristiche opposte in
relazione ad uno stesso oggetto, persona o situazione.
Affermazioni tipiche
“Ciò che apprezzo di più nel mio partner è che riesco a capirlo”.
“Mi da fastidio quando le persone con le quali ho a che fare cambiano idea”.
“Mi sento molto male quando qualcuno che mi stima si comporta stranamente con me”.
“Quando mi faccio una buona idea di una persona, questa la deve fare proprio grossa per farmela
cambiare”.
La nozione di evento rimanda al tema dell’identità in quanto inteso come Situation cioè come
l’insieme dei modi d’essere di una persona: il suo modo di intendere la vita e di impostare le
relazioni con gli altri, la gerarchia delle sue priorità e dei suoi valori. Dunque l’evento e la persona
si rispecchiano vicendevolmente nella situazione. Così il TM tende a situarsi all’interno di rapporti
tipici e a incontrare le situazioni che lo caratterizzano (Tellenbach, 1961). In quest’ottica la natura
traumatica dell’evento risiede nel rapporto tra la storia personale e il significato che tale evento
acquisisce per la persona. L’evento può essere considerato come traumatico in quanto non
corrispondente alla regola del già noto, ma al carattere di assoluta novità, della radicale alterità
(Straus, 1935). Al contrario, può rappresentare l’occasione elettiva dell’incontro della persona con
se stessa, l’opportunità di avviare un ulteriore processo di crescita identitaria. Accogliendo e
integrando l’evento nella storia di vita, la narrazione trasforma l’evento da causa di frattura
biografica – trauma - a ragione di evoluzione esistenziale, e da accadimento puramente
contingente ad avvenimento necessario. Infatti se l’evento è caratterizzato da un carico di
inopinata alterità, possiamo considerare la narrazione la pratica tramite la quale accogliamo
l’evento nella nostra storia di vita. Dunque esso può essere foriero di discordanza in quanto mette
in pericolo la stabilità dell’essere, ma può dirsi anche origine di concordanza in quanto senza
evento non vi può essere narrazione e, senza narrazione non c’è storia personale.
All’interno di questa costellazione rigida di ruoli e di valori, gli eventi, se non rispondenti a
caratterizzazioni prevedibili, rappresentano l’irruzione dell’alterità che minaccia il mantenimento
dello status quo. L’imprevedibilità dell’evento apre al rischio di incrinare l’ordine del proprio
mondo e di scompaginare la trama della propria storia. L’evento è accettato solo in quanto
riproposizione di un contesto o di un rapporto io-mondo già sperimentato, che il TM costituisce e
anticipa nella ricerca di una costante conferma della propria identità. Egli non tollera l’evento
alterità, cioè l’avvenimento non corrispondente alla regola del già noto, poiché non vi coglie
un’occasione per conoscere un altro aspetto di sé, ma solo una potenziale minaccia alla sua
identità (Stanghellini, Ambrosini, Ciglia, 2008).
Per illustrare il rapporto tra emozioni e conoscenza di sé e del mondo, Heidegger (1927) ha
coniato il concetto di Befindlichkeit. Termine di difficile traduzione, può essere reso con ‘situazione
emotiva’, o ‘stato d’animo’, o con la perifrasi ‘sentirsi situato in una certa emozione’.
Probabilmente, la forza più grande di tale concetto è il suo enfatizzare il ruolo delle emozioni come
ciò che rivela il mio essere situato nel mondo. Così le emozioni sono considerate responsabili del
nostro essere “ingranati” al mondo e orientati in una certa direzione in vista di un certo scopo
tanto da offrire un contributo fondamentale nel decidersi, nello scoprire il proprio coinvolgimento
in una data situazione, e più in generale nel definire la propria identità (Stanghellini, 2009).
Heidegger (1927) afferma che “La tonalità emotiva ha già da sempre aperto l’essere-nel-mondo
nella sua totalità, rendendo così possibile un dirigersi verso…» ().
La patologia delle emozioni si manifesta come predominio delle emozioni sulle facoltà riflessive,
cioè sulla capacità di articolare le emozioni con le situazioni e con la storia di vita. Vi è una
patologia delle emozioni quando assistiamo a una sproporzione tra l’entità dell’emozione stessa e
la capacità della persona di riflettere sul rapporto di tale emozione con la situazione in cui essa si
manifesta (Stanghellini et al., 2008).
Nel caso del melancolico determinate situazioni vanno oltre la possibilità di essere utilizzate in
quanto egli è in grado di gestire solo ciò che già conosce, ha già vissuto in precedenza o risulta
deducibile a partire dai suoi schemi relativi all’ordine delle cose. Di fronte ad una situazione che
esula dai suoi programmi egli si trova dibattuto nel dubbio, incapace di propendere per
un’opzione piuttosto che per un’altra. Ogni esperienza nuova, infatti, presuppone una
trasformazione del rapporto con il mondo e con se stessi, che il typus contempla solo entro i limiti
artificiosi e angusti di un circuito chiuso. Qualora si presenti una circostanza non riconducibile ai
rapporti consolidati, stenta a riconoscersi come soggetto intenzionale e si trova dilaniato tra
alternative impossibili (Stanghellini, Ambrosini, Ciglia, 2008).
La situazione pre-melancolica.
Quando il TM non riesce a bandire l’alterità come fonte di nullificazione, né ad escludere il tempo
e la storia con il loro carico di novità e il loro significato di apertura verso altre identità, si trova a
vivere uno stato di “disunione angosciosa” (Verzweiflung). Un’altra possibilità di essere svela
l’inautenticità della propria condizione e pone le basi di una contraddizione insolubile: “non può
più decidersi […] non può abituarsi più alla sua realtà, che nasce dalle sue possibilità”. Qui il
concetto di disperazione non sta ad intendere l’essere senza speranza, bensì un andare e venire,
cosicché non è raggiungibile alcuna decisione definitiva. La persona che dispera si vede sospesa su
possibilità non ancora divenute reali nel tentativo di essere contemporaneamente in due posti
(Tellenbach, 1961). Questo è il momento in cui inizia la Melancolia.
Possiamo considerare la situazione di disperazione del Typus Melancholicus come la condizione
opposta a quella della narrazione in quanto vi è l’impossibilità di dare senso e coerenza alla
propria storia di vita in presenza dell’evento-alterità.
Nella disperazione l’identità si presenta al Typus Melancholicus non più come un datum, ma come
una realtà condenda, non più come data, bensì come una realtà da costruire (Stanghellini et al.,
2008).
In questo senso la patologia melancolica può essere vista come l’impossibilità di mantenere aperta
la propria dialettica dell’identità di fronte all’alterità – sia essa rivelata dall’evento, sia rivelata
dall’umore.
Bibliografia
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- Stanghellini, G., Psicopatologia del senso comune, Raffaello Cortina Editore, 2008.
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- Stanghellini G., Rossi Monti M., Psicologia del Patologico, Raffaello Cortina Editore, Milano,
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- Straus, E., 1935, Von Sinn der Sinne, Springer, Berlin.