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Corso di Laurea in Ingegneria Informatica

ultima cifra del numero di matricola da 5 a 9

Teoria dei Circuiti (B)


(prof. D. Desideri)

Lezione 4

Potenza elettrica – Wattmetro –


Fenomeni di conduzione e resistori –
Generatori elettrici
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4.1 Potenza elettrica

Potenza elettrica scambiata ad una porta


Si è già visto il concetto di potenza elettrica scambiata da un bipolo.
Tale concetto si applica nella definizione di potenza elettrica
scambiata ad una porta (si ricorda che il bipolo è una porta).
In regime variabile quasi stazionario, si consideri una porta elettrica
di un m-bipolo, con tensione v(t) e corrente i(t). Si definisce potenza
scambiata alla porta:
p(t) = v(t)i(t)
Come già detto, il termine p(t) ha unità di misura watt (simbolo W).
In regime variabile quasi stazionario, la potenza è un numero reale,
dotato di segno, variabile nel tempo. In regime stazionario è costante
e vale: P = VI.
Come nel caso di un bipolo, la potenza scambiata può essere con
riferimento entrante alla porta o con riferimento uscente dalla porta. I
due valori sono uno l’opposto dell’altro. 2

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4.1 Potenza elettrica

Potenza elettrica scambiata ad una porta


Quando la potenza viene calcolata con la convenzione
dell’utilizzatore, la potenza p(t) è calcolata con riferimento entrante
alla porta. Si dice che la potenza p(t) è la potenza entrante.
Quando la potenza viene calcolata con la convenzione del generatore,
la potenza p(t) è calcolata con riferimento uscente alla porta. Si dice
che la potenza p(t) è la potenza uscente.
Potenza elettrica scambiata da un m-bipolo
Dato un m-bipolo, convenzionate tutte le porte in modo uguale, la
potenza scambiata è pari alla somma delle potenze scambiate alle m
porte:
𝑝(t) = 𝑝 𝑡 = v 𝑡 i 𝑡

Se si è usata la convenzione dell’utilizzatore a tutte le porte, è la


potenza entrante nell’m-bipolo; è la potenza uscente, se si è utilizzata
la convenzione del generatore. 3

4.1 Potenza elettrica

Potenza elettrica scambiata da un n-polo


Un n-polo si può considerare come un (n-1)-bipolo, come già visto.
Quindi si applica quanto detto per un m-bipolo. Convenzionate tutte
le n-1 porte in modo uguale:

𝑝(t) = 𝑝 𝑡 = v 𝑡 i 𝑡

Con la convenzione dell’utilizzatore a tutte le porte, è la potenza


entrante; è la potenza uscente, con la convenzione del generatore.
Nota. La potenza qui introdotta si può ottenere da considerazioni sulla
potenza scambiata fatte utilizzando il campo elettromagnetico ed il
modello di n-polo in regime variabile quasi stazionario.

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4.1 Potenza elettrica

Esempio
A regime stazionario, con i riferimenti I1 I2
indicati in figura, V1 = 50 V, I1 = 3 A, + +
V2 = 75 V, I2 = 6 A. Calcolare la V 1 V2
- -
potenza entrante nel doppio bipolo.
Risposta.
Si convenzionano le due porte allo stesso
modo. Dato che si chiede di calcolare la I1 I2*
potenza entrante, si sceglie per entrambe le + +
porte la convenzione dell’utilizzatore. V1 V2
- -
Alla porta 2 si inverte il riferimento della
corrente: I2*= - I2 = - 6 A. La potenza
entrante (Pentr) è quindi: Pentr = V1 I1 +V2 I2* = - 300 W.
In modo equivalente, la potenza uscente dal doppio bipolo è: 300 W.
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4.2 Lavoro elettrico

Lavoro elettrico scambiato da un m-bipolo


In regime variabile quasi stazionario, si consideri una porta elettrica
di un m-bipolo, con tensione v(t) e corrente i(t). Il lavoro elettrico
scambiato alla porta nell’intervallo di tempo Δt è:
Δℒ = 𝑝 𝑡 𝑑𝑡 = v 𝑡)i(𝑡 𝑑𝑡

Se si è usata la convenzione dell’utilizzatore è il lavoro entrante alla


porta; è il lavoro uscente, se si è utilizzata la convenzione del
generatore. Unità di misura del lavoro elettrico è il joule (simbolo J).
A regime stazionario, il lavoro elettrico scambiato alla porta risulta
Δℒ = VI Δt.

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4.2 Lavoro elettrico

Lavoro elettrico scambiato da un m-bipolo


Dato un m-bipolo, convenzionate tutte le porte in modo uguale, il
totale lavoro elettrico scambiato nell’intervallo di tempo Δt è pari alla
somma dei lavori elettrici scambiati alle m porte.

Δℒ = Δℒ = 𝑝 𝑡 𝑑𝑡 = 𝑝 𝑡 𝑑𝑡 = 𝑝 𝑡 𝑑𝑡

Come per il bipolo, un m-bipolo è passivo se, convenzionate tutte le


porte con la convenzione dell’utilizzatore, il totale lavoro elettrico
entrante, è non negativo per ogni t:

ℒ(t) = 𝑝 𝑡 𝑑𝑡′ = 𝑝 𝑡′ 𝑑𝑡′ = 𝑣 𝑡 𝑖 (𝑡 ) 𝑑𝑡′ ≥ 0

4.3 Wattmetro

Wattmetro
La misura della potenza p(t) = v(t)i(t) scambiata ad una porta può
essere effettuata mediante uno strumento detto wattmetro. Il wattmetro
è dotato di due coppie di morsetti: due vengono chiamati morsetti
amperometrici e due morsetti voltmetrici. I morsetti amperometrici
sono contrassegnati uno con segno + e l’altro con segno - ; anche i
morsetti voltmetrici sono uno con segno + e l’altro con segno -.
Si evidenziano in figura i i i + V+
due morsetti amperometrici -
indicandoli rispettivamente v+ + A++ W A-
v -
con A+ e A- e i due morsetti - - V-
+
voltmetrici con V e V .-
Attraverso i morsetti amperometrici si fa fluire la corrente della porta e
vengono inseriti su uno dei due terminali della porta come nel caso
dell’amperometro. Come nel caso dell’amperometro, il riferimento di
corrente è dal segno + al segno – (dei morsetti amperometrici). 8

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4.3 Wattmetro

Wattmetro
Ai morsetti voltmetrici fanno capo due conduttori filiformi che
terminano su due punti, uno su un terminale della porta, l’altro
sull’altro terminale della porta (tra i due punti si ha la tensione di
porta), come per il voltmetro. Per il riferimento di tensione, come nel
caso del voltmetro, il segno + della tensione è dalla parte del segno +
dei morsetti voltmetrici e il i i + V+
segno – della tensione è -
+ + A++ W A-
dalla parte del segno – dei v v -
morsetti voltmetrici. - - V-
Il wattmetro ideale non modifica le condizioni esistenti prima
dell’inserzione: non perturba. Inoltre è capace di misurare la potenza
p(t) istante per istante, anche se questa varia molto rapidamente e
qualsiasi valore e segno essa assuma.
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4.3 Wattmetro

Wattmetro
La porta su cui si misura la potenza è identificata chiaramente dal
disegno della rete elettrica: è chiaro pertanto da ispezione visiva
l’identificazione della porta su cui si misura la potenza e quindi del
terminale in cui vengono inseriti i morsetti amperometrici e dei
terminali fra cui terminano i morsetti voltmetrici. Pertanto nei disegni
dei circuiti elettrici l’indicazione A+, A-, V+ e V- (o indicazioni
equivalenti) ai morsetti del wattmetro viene in generale omessa.
Nota 1. Il wattmetro è la
combinazione di un + i
amperometro ed un voltmetro: + W -
quando si toglie un amperometro - +
v
resta il collegamento mentre -
quando si toglie un voltmetro
non c’è il collegamento. 10

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4.3 Wattmetro

Wattmetro
Nota 2. Tre morsetti del wattmetro (i due morsetti amperometrici e uno
dei due morsetti voltmetrici) sono collegati sullo stesso terminale e un
morsetto è collegato all’altro terminale: quest’ultimo morsetto è quindi
uno dei due morsetti voltmetrici e dal suo segno si ottiene il
riferimento della tensione. L’altro morsetto del wattmetro con uguale
segno di quello identificato come morsetto voltmetrico è uno dei due
morsetti amperometrici: il suo segno è la guida per identificare anche
il riferimento della corrente.
Esempio. In figura, il + i
wattmetro ideale, con A - W + A
+
i riferimenti indicati, -
C v C
misura la potenza p
-
uscente dal bipolo C. B B
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4.4 Legge di Ohm

Legge di Ohm
In condizioni di regime stazionario saranno fatte alcune
considerazioni che introducono due componenti elettrici: il resistore
ideale e il generatore ideale di tensione.
Si consideri il seguente circuito
elettrico. Un generatore elettrico (si collegamenti
prenda una pila, generatore generatore cilindro
elettrochimico), collegato ad un elettrico
conduttore cilindrico, uniforme, di
+
sezione normale S. Nel circuito
J
elettrico è confinato il campo di
S
corrente J⃗ (le cariche si muovono -
nel circuito).
I collegamenti sono conduttori
ideali, equipotenziali. 12

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4.4 Legge di Ohm

Legge di Ohm
Si usano un amperometro ed
un voltmetro. L’amperometro
+ A -
misura la corrente I. Il
voltmetro misura la differenza I
di potenziale (d.d.p.) V fra due + + + SA
punti del cilindro posti V V ℓ
J
rispettivamente sulle superfici
-
normali SA e SB, prese discosti - - SB
dalle estremità del cilindro, generatore
distanti ℓ una dall’altra e aventi elettrico
uguale valore S di sezione.
Spostando il puntale del voltmetro sull’orlo di SA non cambia la
misura del voltmetro e, in ipotesi di regolarità, SA è equipotenziale.
Analogo per SB . 13

4.4 Legge di Ohm

Legge di Ohm
Cambiando il generatore elettrico, vale una relazione di
proporzionalità fra V ed I. Si può allora definire il parametro R:
𝑉
𝑅=
𝐼
detto resistenza elettrica (o resistenza). L’unità di misura è l’ohm
Ω = V/A. La legge di Ohm si esprime con: V = R I
In modo equivalente, si scrive: 1
I= V=GV
R
dove G = 1/R è la conduttanza elettrica ( o conduttanza) e la sua
unità di misura è siemens S = Ω-1 = A/V.
I parametri R e G non dipendono da V e I e sono caratteristici
del tratto cilindrico del conduttore. Con i riferimenti utilizzati
per la tensione e la corrente, cioè con la convenzione degli
utilizzatori, si ha che entrambi sono positivi: R > 0; G > 0. 14

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4.5 Effetto Joule e bilancio energetico

Effetto Joule
Il tratto di cilindro di lunghezza ℓ e avente resistenza R, percorso dalla
corrente I, dissipa un lavoro sotto forma di calore nel tempo Δt pari a:
∆ℒ = 𝑅𝐼 ∆𝑡
La potenza è il lavoro svolto per unità di tempo e quindi si ha una
potenza dissipata per effetto Joule: 𝑃 = 𝑅𝐼 .
La potenza dissipata (Pd) è > 0 (il calore dissipato ha valore positivo).
Si ha che R > 0 e R = V/I con la convenzione degli utilizzatori.
Bilancio energetico
La potenza dissipata per effetto Joule dal tratto di cilindro deve essere
pari alla potenza elettrica che entra (Pa) nel tratto di cilindro (è
proveniente dal generatore elettrico): Pd = RI2 = Pa.
Si ha: Pa = RI2 = VI, con la convenzione degli utilizzatori. Il prodotto
VI con la convenzione degli utilizzatori è la potenza elettrica entrante
nel componente a due terminali indicato con ‟tratto di cilindroˮ. 15

4.6 Resistività e conducibilità dei materiali

Resistività e conducibilità dei materiali


Per il tratto di cilindro si vede sperimentalmente che la resistenza R
risulta proporzionale dalla lunghezza ℓ e inversamente proporzionale
alla sezione S e dipende inoltre dal mezzo (parametro ρ). Vale la
relazione: ℓ 1ℓ
𝑅=𝜌 =
𝑆 𝛾 𝑆
dove ρ è la resistività (parametro caratteristico del materiale che
costituisce il cilindro) e la sua unità di misura è Ωm; γ è la
conducibilità ed è il reciproco di ρ (unità di misura: Ω-1m-1 = S/m).
La resistività ρ dipende dalla temperatura. Per variazioni limitate di
temperatura, nel quale non si abbiano cambiamenti di stato fisico del
materiale, vale in prima approssimazione una dipendenza lineare:
ρ = ρ0 [1+α(θ-θ0)]
dove ρ e ρ0 sono la resistività alla temperatura θ e alla temperatura
θ0; α è detto coefficiente di temperatura, caratteristico del materiale.
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4.7 Resistore ideale e resistore reale

Resistore ideale
Si introduce il resistore ideale. Si chiama resistore ideale un
componente per cui, adottando la convenzione degli utilizzatori,
vale, a regime stazionario, la relazione fra la tensione e la corrente:
+
V I V = R I , con R costante
-
Con la costante R > 0: si tratta di un resistore ideale passivo. È
quanto introdotto con la legge di Ohm.
Con la costante R < 0: si tratta di un resistore ideale attivo. È un
caso che trova un’applicazione limitata e non sarà utilizzato in questo
insegnamento.
Il caso di R = 0 è il caso limite di resistore ideale con resistenza nulla
e in generale sarà trattato in modo specifico. 17

4.7 Resistore ideale e resistore reale

Resistore ideale
Per il resistore ideale, adottando la convenzione degli utilizzatori,
utilizzando la conduttanza G, si scrive anche la relazione:
+
V I I = G V , G costante
-
con G = 1/R (ovvero R = 1/G), per R ≠ 0, G ≠ 0.
Resistore ideale passivo: R>0, G>0. Resistore ideale attivo: R<0, G<0.
Il caso di G=0 è il caso limite di resistore ideale con conduttanza nulla
e in generale sarà trattato in modo specifico.
Esempi di resistori reali
Si evidenzia che i componenti reali non realizzano rigorosamente il
comportamento dei componenti ideali. Esempi di resistori reali sono i
resistori per applicazioni elettroniche, comunemente detti resistenze. 18

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4.8 Generatori elettrici

Generatori elettrici
Nel considerare le forze che agiscono sulle cariche, alcune sono già
state introdotte. Da esse, si sono ricavate le forze elettriche
specifiche pari rispettivamente al campo elettrico E P, t e al termine
v × B P, t .
Tuttavia, in generale, sulle cariche, si devono considerare anche altre
forze.
In generale, si pensi a forze che hanno origine da fenomeni di natura
non solo elettromagnetica, ma anche chimica, termica, meccanica,
ecc. e che possono agire sui supporti materiali delle cariche.

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4.8 Generatori elettrici

Generatori elettrici
Ci sono applicazioni in cui sono presenti componenti detti
generatori elettrici, sedi di interazioni tra i fenomeni elettrici e
fenomeni di altra natura, che realizzano la generazione di energia
elettrica attraverso la conversione da altre forme di energia
(meccanica, termica, chimica, ecc.).
In generale, nei generatori elettrici sono presenti delle forze (F ) che
sono forze non conservative, cioè capaci di compiere un lavoro non
nullo lungo un percorso chiuso.
Per descrivere queste forze non conservative relative ai generatori
elettrici, data la forza F che agisce sulla carica q, si introduce una
forza elettrica specifica generatrice E :
F
E =
q 20

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