Sei sulla pagina 1di 8

POTENZA COMPLESSA

La potenza attiva e reattiva possono essere scritte come parte reale e parte immaginaria di una certa
quantità complessa, composta dal prodotto tra il fasore di tensione V e il fasore di corrente complesso e
coniugato I. Questa quantità prende il nome di potenza complessa, data da:

P = ½ * v * i = Pa + jQ, dove PA è la parte reale, quindi la potenza attiva (watt), mentre jQ è la parte
immaginaria, quindi la potenza reattiva (var). La potenza attiva è il valor medio della potenza istantanea:

P = V * I * cos(fi), dove Fi indica lo stasamento tra la tensione v(t) e la corrente i(t), quindi sostanzialmente
la potenza attiva è uguale al prodotto tra il fasore di tensione V ed il fasore di corrente I

P = V*I

La potenza reattiva è l’ampiezza della parte di potenza istantanea dove non vi è un trasferimento di
energia, ma un “palleggiamento” a frequenza doppia di quella di lavoro:

Q = V * jI

I sistemi trifase utilizzano questo tipo di potenza

Si tenga in considerazione la convenzione dei bipoli utilizzatori:

in questo caso, la potenza istantanea assorbita dal bipolo, sarà data dal prodotto tra la
tensione v(t) e la corrente i(t), quindi:

p(t) = v(t) * i(t)

Considerando le grandezze in regime permanente sinusoidale, avremo che:

p(t) = 2 * VI * cos(wt + fv) * cos(wt + fi)

Utilizzando la formula trigonometrica del coseno, ovvero: cos a * cos b, avremo che:

p(t) = V*I * cos(fv-fi) + V*I * cos(2wt + fv + fi)

Quindi, possiamo vedere che la potenza istantanea è composta dalla somma di una parte costante e una
parte sinusoidale, quindi avremo che:

Pm = V*i*cos(fv-fi)

Il metodo dei fasori è un metodo molto utile per lo studio e la soluzione di circuiti lineari, stazionari in
regime sinusoidale. La tensione e la corrente sono trasformate di Steinmetz nei rispettivi fasori (il fasore è
un numero complesso che rappresenta la trasformata di Steinmetz di una funzione sinusoidale a pulsazione
ben nota), e le componenti circuitali sono sostituite con le rispettive impedenze. Per quanto riguarda la
soluzione di questi circuiti, è veramente molto simile a quanto visto per le reti puramente resistive, con un
piccolo accorgimento: come detto prima sono presenti i fasori, quindi bisognerà fare calcoli con numeri
complessi ed in più sono presenti 2 nuovi componenti: il condensatore e l’induttanza. Le rispettive
impedenze sono le seguenti:

Zr = R (resistore)

Zc = 1/jwc (condensatore)

Zl = jwl (induttanza)

Quindi, la soluzione con il metodo dei fasori può essere svolta applicando un qualsiasi metodo che è stato
studiato durante il corso(metodo anelli ad esempio se abbiamo tutti gen. di tensione, oppure metodo nodi
se abbiamo tutti gen. di tensione. Altrimenti se il circuito è misto, e non è possibile trasformarlo
northon/thevenin, è possibile applicare il metodo nodi/anelli generalizzato, in cui è presente un’incognita
in più (ix o vx), ma comunque è facilmente risolubile in entrambi i casi), con i dovuti accorgimenti sopra
citati.

Il teorema di Thevenin permette di risolvere un qualsiasi tipo di circuito lineare, a prescindere dalla sua
difficoltà. La dimostrazione è la seguente: sia dato un circuito lineare, collegato e visto da 2 punti (più
tecnicamente chiamati morsetti). Questo circuito può essere di diversi tipi, ma per il seguente esempio
scelgo di realizzarlo in questo modo:

Abbiamo un generatore di corrente con in serie una resistenze, quindi il circuito è lato
northon, quindi thevenin trasformabile. Effettuando la giusta trasformazione, quindi E = ig * r, avremo che:

quindi in questo caso possiamo calcolarci la Tensione equivalente Thevenin (indicata con Eth) e
la resistenza equivalente Thevenin (indicata con Rth). E se il circuito non dovesse essere così semplice, ma
al suo interno avrebbe più generatori (di tensione e/o corrente, più resistori, ecc…?). Un metodo
abbastanza efficace che aiuta molto in questi casi è il principio di sovrapposizione degli effetti. Grazie a
questo metodo, separando il circuito, studiandolo (pezzo per pezzo), possiamo infine calcolarci la resistenza
e la tensione equivalente senza problemi. Ovviamente non può andare bene sempre, ma nella soluzione
degli esercizi del corso è stato molto d’aiuto. In cosa consiste? Bene, praticamente è molto semplice. Grazie
a questo metodo, possiamo studiare i generatori in maniera alternata. Spegnendo i generatori di tensione
(cortocircuitandoli, quindi portando la tensione a 0) e aprendo i generatori di corrente (portando a 0 la
corrente), possiamo facilmente come detto in precedenza ricavare infine la tensione equivalente e la
resistenza equivalente.
Sia dato il sistema trifase, composto da 3 generatori in regime sinusoidale sfasati l’uno con l’altro

I 3 generatori sono collegati su 3 morsetti, e questi 3 morsetti partono da un unico punto, chiamato centro
stella dei generatori. Quindi abbiamo:

|E1 = E1 * e^ja1

|E2 = E2 * e^ja2

|E3 = E3 * e^ja3

Dove a1, a2 e a3 indicano la fase iniziale dei generatori.

Inoltre, abbiamo anche 3 impedenze, tutte uguali, quindi: Z1 = Z2 = Z3 = Z

Il sistema quindi sarà simmetrico per le tensioni e equilibrato per le correnti, quindi avremo che:

(y1 *|E1 + y2 *|E2 + y3 * |E3) / (y1 + y2 + y3)

Al numeratore abbiamo la somma dei fasori simmetrici, quindi, dato che formano un triangolo equilatero,
la loro somma sarà 0:

Abbiamo quindi l’unicità del centro stella, nonostante i 2 centri siano fisicamente separati, il
carico se è equilibrato, avremo un cortocircuito tra i 2 centri (cioè con impedenza nulla), mentre se il carico
è squilibrato, ci sarà differenza di potenziale tra i 2 centri e quindi il passaggio di corrente anche nel neutro.

Il sistema trifase è alimentato da 3 fasi, ovvero da 3 tensioni alternate sinusoidali. Le 3 forze: E1, E2, E3
hanno la stessa frequenza, ma sono sfasate di 120°. Esse alimentano contemporaneamente l’utilizzatore. A
bassa tensione, il sistema trifase avrà potenza media/alta, mentre a bassa potenza si utilizza il sistema
monofase. Ad alte frequenze si utilizza solamente il sistema trifase. Nel monofase vi possiamo trovare 2
cavi (fase e neutro), mentre nei trifase vi possiamo trovare 4 cavi (3 per la fase, 1 per il neutro). Un sistema
trifase è detto simmetrico, quando le 3 forze soddisfano la seguente relazione:

E1 + E2 + E3 = 0

Un sistema trifase è detto equilibrato, quando le correnti di ciascuna fase rispettano la seguente relazione:

I1 + I2 + I3 = 0
Un amplificatore operazionale si dice in configurazione invertente quando il segnale di uscita è sfasato di
180° rispetto al segnale di ingresso. Si presenta un esempio di circuito di un AMP. OP in configurazione
invertente:

Il segnale di uscita, viene riportato in ingresso. Questo processo prende il nome di


reazione, che in questo caso è negativa perché effettuata sul morsetto invertente. Il funzionamento del
circuito è il seguente: Vi è la tensione di ingresso, Vo è la tensione di uscita ed R1 e R2 sono 2 resistori in
serie, in maniera tale da formare un partitore. La V1 è la tensione che è presente tra la massa e il morsetto
invertente, che in questo caso sarà praticamente pari a 0, perché è molto più piccola della tensione di
ingresso e di quella di uscita, quindi è ininfluente. Dato che l’amplificatore ha un elevato guadagno (basta
una piccola quantità di tensione o corrente in ingresso per portarlo in saturazione), le correnti i1 e i2 sono
praticamente nulle. Quindi, la relazione tra tensione di ingresso ed uscita sarà data da Av = vo/vi. Inoltre è
bene specificare che vi = R1*i1, mentre vo = -R2*i2. Il segno meno tiene conto dello sfasamento di 180°
della tensione di uscita rispetto a quella di ingresso. Il guadagno di tensione sarà quindi:

Av = -R2/R1

Un esempio di amplificatore operazionale in configurazione non invertente lo possiamo mostrare quando il


segnale viene applicato sul morsetto non invertente. In questo caso il segnale di uscita sarà in fase con
quello di ingresso:

Bisogna far sì che il segnale non vada in saturazione. Per fare questo, la reazione (processo che porta il
segnale di uscita in ingresso) deve essere negativa e il guadagno dell’amplificatore deve diminuire. Vi
troviamo 2 resistenze in serie, in maniera tale da formare un partitore. Queste resistenze aiutano il segnale
di uscita a ritornare in quello di ingresso. Abbiamo che:

Av (guadagno di tensione) = 1 + R2/R1

Un esempio applicativo di AMP. OP. in configurazione non invertente, è il buffer. Il buffer è un sempio di

circuito che memorizza il segnale di ingresso e lo riporta in uscita:


Questo è appunto un esempio, in cui il guadagno di tensione sarà pari a 1, perché:

Av = 1 + R2/R1. R2 dato che non è presente, è pari quindi a 0  Av = 1;

Quindi possiamo constatare che la tensione di uscita è uguale in modulo e fase alla tensione di ingresso.

Il sommatore è un esempio di circuito che fa la somma di 2 segnali di ingresso, ed in uscita riporta il segnale
composto dalla somma dei 2 segnali ricevuti in ingresso:

Nel sommatore, in questo caso sul morsetto invertente, vengono applicati 2 segnali
contemporaneamente (v1 e v2). V1 è amplificato del coefficiente –R/R1, quindi avremo che:

Vo1 = -R/R1 * v1

Stessa cosa per il secondo segnale (v2). Il secondo segnale è amplificato del coefficiente –R/R2, quindi
avremo che:

Vo2 = -R/R2 * v2

Quindi in definitiva, avremo che: vo = vo1 + vo2

La differenza tra l’amplificatore invertente e il sommatore è la seguente. L’amplificatore invertente ha una


singola tensione di ingresso, mentre se vengono aggiunte più resistenze in ingresso, avremo il sommatore.

L’integratore è un esempio di circuito operazionale in configurazione invertente. Un esempio di circuito


viene proposto subito qui:

Come possiamo vedere, a differenza dell’amplificatore operazionale in cui erano presente


2 resistenze, in questo caso abbiamo la presenza di un condensatore (che svolge un ruolo molto
importante). Il funzionamento del circuito è il seguente: inizialmente il condesatore è scarico. Il
condesatore riporta in ingresso il segnale di uscita. Una volta che viene applicata una tensione in ingresso, il
condesatore si caricherà, seguendo la tensione di uscita, che appunto sarà sfasata di 180° rispetto a quella
di ingresso. Per garantire il corretto funzionamento del circuito, è bene prestare attenzione che il
condensatore non si carichi mai del tutto, perché altrimenti si comporterebbe come un circuito aperto, la
corrente non passerebbe più, il guadagno sarebbe elevato e quindi l’amplificatore andrebbe in saturazione,
e non svolgerebbe più il ruolo di integratore. Per ovviare a questo problema a frequenze basse, in parallelo
al condesatore si aggiunge un resistore.
Il comparatore è un circuito che mette in relazione 2 segnali in ingresso (ad esempio una tensione vi ed una
tensione nulla vr) e restituisce in uscita il risultato di questa comparazione, che può assumere un valore

basso/alto a seconda del risultato. Si propone un esempio di comparatore:

Quindi la tensione di ingresso vi, viene confrontata con la tensione nulla Vr, quindi avremo che:

Se vi>0  vo<0

Se vi<0  vo>0

Volendo analizzare il suo grafico, abbiamo sostanzialmente una tensione soglia. Questa tensione soglia non
deve essere superata né in eccesso, né in difetto. Se viene superata per eccesso saremo in sopra-soglia. Se

viene superata per difetto saremo sotto-soglia

Il transistor o BJT svolge la funzione di amplificatore di corrente e di interruttore. La sua caratteristica


principale è quella di essere pilotato in corrente. Può essere prodotto singolarmente oppure può essere
anche integrato insieme ai circuiti. E’ composto sostanzialmente da 2 zone: interdizione e saturazione:

Interdizione:

Saturazione:

Lo schema circuitale è il seguente:


La porta logica AND ha 2 segnali in ingresso ed uno in uscita. Se entrambi i segnali assumono il valore 1,
allora il segnale di uscita sarà anch’esso 1, altrimenti sarà pari a 0. La tabella della verità è la seguente:

2 1 | OUT

00|0

01|0

10|0

11|1

Si propone il suo schema circuitale:

La porta logica OR ha 2 segnali in ingresso ed 1 in uscita. Il segnale di uscita sarà pari a 1 se almeno uno dei
2 segnali in imput sarà pari a 1.

2 1 | OUT

00|0

01|1

10|1

11|1
Si propone il suo schema circuitale:

La porta NOT invece ha 1 senale in uscita ed 1 in ingresso. Restituisce semplicemente il segnale opposto a
quello ricevuto in ingresso.

1 | OUT

0|1

1|0

Si propone il suo schema circuitale:

Il rifasamento è una tecnica che serve per ovviare al problema dell sfasamento introdotto da un carico
reattivo. Il parametro più importante è lo sfasamento tra la corrente elettrica e la tensione di
alimentazione. Rifasare significa assegnare tutta o parte della potenza reattiva necessaria al carico. Il
rifasamento comporta un aumento del fattore di potenza reattiva del carico e una diminuzione del fattore
di corrente che circola all’interno del sistema. Nei sistemi monofase possiamo collegare il condensatore
(che serve per il rifasamento) in serie al carico, mentre nei sistemi trifase è opportuno minimizzare la
corrente dato che dipende dalla potenza attiva e reattiva in funzione dell’angolo

Potrebbero piacerti anche