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Amplificatore in non linearità

Introduzione
Gli Amplificatori Elettronici, così come sono stati introdotti in corsi precedenti a questo, sono
circuiti elettronici che hanno come obiettivo principale quello di effettuare una elaborazione sul
segnale di ingresso in maniera tale che il segnale di uscita sia ‘una copia’ dell’ingresso ma
caratterizzato da una ampiezza aumentata.
Ad esempio, possiamo ricordare gli amplificatori di tensione, dove la componente variabile del
segnale di uscita può essere descritta dalla relazione

vo(t) = Av * vi(t) eq. 1.1

oppure, equivalentemente se facciamo riferimento ad un amplificatore di corrente,

io(t) = Ai * ii(t) eq. 1.2

E’ inteso, quindi, che il legame ingresso / uscita è rappresentato da una legge lineare e che per
questo motivo il sistema (circuito) di amplificazione è implicitamente un Sistema Lineare. Questo
può essere fatto se del circuito accettiamo che si pongano particolari “condizioni di lavoro”.
Vediamo quindi come viene affrontata l’analisi di un circuito semplice procedendo con questa
ipotesi di lavoro

Richiami di analisi a piccolo segnale


Un esempio di circuito elettronico che può essere utilizzato come amplificatore di tensione, che è
stato studiato nell’ambito di corsi precedenti a questo dove si è affrontata l’analisi di circuiti
elettronici di base, è rappresentato dal circuito che va sotto il nome di: Amplificatore a singolo
Transistore BJT ad Emettitore Comune.
Riportiamo di seguito lo schema circuitale, completo di possibile circuito di polarizzazione, che
possa essere espressione di questo amplificatore.

Fig. 1.1 Schema elettronico di un circuito Amplificatore a Emettitore Comune con circuito di
polarizzazione a 4 resistenze.
Ricordando ciò che si è fatto nei corsi precedenti, per l’analisi di questo circuito, si procede prima
di tutto definendo le grandezze elettriche statiche che caratterizzano questo circuito: si ricavano
quindi i valori statici di IC, VCE, IB e le altre grandezze elettriche.
Questo lo si fa ricordando che è possibile considerare il contributo elettrico del BJT (ipotizzandolo
in funzionamento in regione Attiva) come la presenza di un Diodo PN direttamente polarizzato fra
Base ed Emettitore che impone una caduta di tensione di VBE = 0,7V; che la corrente di collettore
IC è alfa volte la corrente di emettitore IE; che la corrente di base IB è trascurabile rispetto alla
corrente che scorre nella serie composta da RB1 e RB2, per cui possiamo scrivere le relazioni:

VB = VCC RB2/(RB1+RB2)
VCC = IRB1*RB1 + VBE + IE*RE => IE => IC => IB eq. 1.3
VCC = IC * RC + VCE + IE * RE => VCE

Verificato che i valori ottenuti rispettano le ipotesi di lavoro: il BJT si può considerare polarizzato in
regione attiva; con i valori di IC, IB, si possono ricavare i parametri del circuito a Pi-greco a piccolo
segnale gm e rpi-greco; e quindi si procede alla definizione del circuito ai segnali alle variazioni,
che riportiamo in figura (ricordando che in questo caso il generatore costante di tensione VCC, in
Fig. 1.1 usato per la polarizzazione, viene sostituito da un cortocircuito verso la massa e i
condensatori CC, CB, CE sostituiti da corto circuiti.

Fig. 1.2 Circuito a piccolo segnale dell’amplificatore. Dove RB è il parallelo fra RB1 e RB2

In queste condizioni, trascurando il contributo della ro e considerando come vi la tensione al nodo


di Base del BJT, analizzando il circuito per determinare il legame tra tensione di uscita e tensione
di ingresso arriviamo a ottenere la nota relazione:

vo = - gm (RC//RL) * vi eq. 1.4

per cui, ritornando a quello che abbiamo scritto nel paragrafo precedente, questo circuito è
rappresentabile da un sistema ingresso/uscita caratterizzato da un coefficiente di guadano di
tensione che (a meno del segno) è definito come:

Av = - gm(RC//RL) eq. 1.5

Ma noi ben sappiamo che si è giunti a questo risultato avendo considerato vera la condizione di
forzamento di segnale: vbe << VT

Ci domandiamo adesso cosa succede se questa ipotesi non può essere mantenuta vera e se quindi,
nell’analisi della risposta elettrica del transistore BJT il legame tensione/corrente fra corrente di
collettore e la tensione ai capi della giunzione Base Emettitore debba comunque essere
considerato non-lineare, ed in particolare di tipo esponenziale, come:
ic=IS * e^(vBE/VT) eq. 1.6

Analisi ad ampio segnale


In questo paragrafo descriveremo come sia possibile esprimere il legame tra tensione in uscita e
tensione di ingresso quando l’ipotesi di piccolo segnale non può più essere considerata
accettabile; cosa può comportare l’impossibilità di verificare questa ipotesi e quelle che sono le
conseguenze. Faremo comunque riferimento ad un circuito che rappresenta un amplificatore a BJT
a singolo stadio nella configurazione di Emettitore Comune. Per semplicità, che non toglie
genericità alla trattazione, considereremo il caso in cui come circuito di ‘polarizzazione’ si utilizza
uno schema a ‘generatore di corrente’ (potrebbe essere il caso di un circuito integrato polarizzato
con specchio di corrente).
Il circuito a cui facciamo riferimento è:

Fig. 1.3 Schema elettronico di un circuito Amplificatore a Emettitore Comune con circuito di
polarizzazione a generatore di Corrente.

Dove la ZE nel nostro caso (Emettitore Comune) è una semplice capacità CE.

Per quello che abbiamo detto, possiamo dare l’espressione della corrente di collettore (che è circa
uguale alla corrente di emettitore come:

ic=IS * e^(vBE/VT) eq. 1.6

se come componente variabile della vBE consideriamo che applichiamo in ingresso un segnale
sinusoidale, del tipo:

vi = ViCos(wit) eq. 1.7

Dove Vi è l’ampiezza di picco e wi è la pulsazione del segnale, ipotizzata in centro banda rispetto
alla frequenza di taglio inferiore e superiore del circuito, possiamo scrivere che:
VE

I C ≅ I S e e x cos ω i t
VT
eq. 1.8

con x = Vi/VT

E’ possibile esprimere l’esponenziale di xcos(wit) utilizzando lo sviluppo in serie di coseni, dove i


coefficienti In(x) sono ottenuti dalla valutazione delle funzioni di Bessel modificate di prima specie
di ordine ennesimo, come:

eq. 1.9
Giungendo quindi a scrivere:

eq. 1.10

Ciò ovviamente ci dimostra, considerando la risposta non lineare (esponenziale) del transistore
BJT, che l’amplificatore così concepito ‘distorce i segnali’. Infatti, confrontando il segnale di
ingresso vi con il segnale di uscita vo (a parte le componenti costanti), nel segnale di uscita
‘ritroviamo’ componenti armoniche che non sono presenti nel segnale di ingresso (che è stato
ipotizzato come tono puro).
Queste ulteriori componenti armoniche le ritroviamo nel segnale di uscita ‘pesate’ per coefficienti
che possono essere riportati pari ai rapporti In(x)/I0(x). Da una analisi di questi coefficienti, che
dipendono dal parametro x, osserviamo che:

Fig. 1.4 Rappresentazione grafica dei coefficienti delle componenti cosinusoidali (normalizzati al
termine costante I0(x) ) moltiplicati per 2 al variare del parametro x. Si noti come per x tendente a
zero solo il primo termine presenta un andamento con gradiente maggiore di zero (tutti gli altri
hanno derivata nulla; inoltre per x tendente a valori elevati i vari coefficienti tendono ad assumere
un valore limite.
Tali rapporti presentano un andamento al variare di x via via sempre più simile. Ciò significa che le
varie componenti armoniche, che per x piccole sono diverse, per x grandi tendono ad eguagliarsi
ed ad essere egualmente presenti all’interno del segnale di uscita, esaltando il comportamento
distorcente del sistema. Va comunque considerato che in questa analisi non è tenuto conto il
comportamento “di saturazione” del transistore quando il punto dinamico di lavoro pone il BJT a
lavorare in interdizione o in saturazione.
Posto che, per le caratteristiche circuitali e di segnali non si incorra in questi comportamenti
limite, possiamo procedere all’analisi e mostrare che un aumento del parametro x (rapporto fra
l’ampiezza di picco della sinusoide di ingresso e la tensione termica equivalente), determina un
aumento delle componenti armoniche con coefficienti ‘significativi’:

Fig. 1.5 Confronto degli andamenti spettrali del segnale di uscita, espressi in dB normalizzati al
valore della prima armonica, nel caso di due diversi valori dell’ampiezza del segnale di ingresso.

Nella figura 1.5 si mostrano i coefficienti relativi delle armoniche presenti nel segnale di uscita (in
dB), normalizzati al coefficiente dell’armonica fondamentale (= la pulsazione caratteristica del
segnale di ingresso wi), quando l’ampiezza di picco del segnale di ingresso Vi è pari a 13 mVp e 52
mVp. Si nota che nel primo caso la 3° armonica è posta a -37dB al di sotto della fondamentale, nel
secondo caso la 4° armonica ha una attenuazione ben inferiore a 30dB. L’ampiezza è aumentata
solo di un fattore 4.
Quanto verificato tramite considerazioni analitiche le possiamo anche ritrovare effettuando
opportune simulazioni circuitali al simulatore SPICE.
Si descriva, nello ‘schematic ‘del simulatore, il circuito come riproposto nella figura seguente.
Il transistore BJT è il più comune da libreria, le alimentazioni sono a +12V e -5V, la polarizzazione è
definita con una corrente costante di emettitore di 0,5mA ed una resistenza di collettore di
10kohm ed il circuito è forzato da un generatore sinusoidale a frequenza di 100Hz
Fig. 1.6 Rappresentazione dello schematic in LTSpice del circuito soggetto alla simulazione. Si noti
che con il comando .tran chiediamo al simulatore di effettuare una simulazione in transitorio e
non una simulazione alle variazioni.

Si noti che la simulazione da fare è una simulazione di transitori da attivare con il comando .tran e
non la classica simulazione .ac che di solito viene attivata quando si vuole valutare la risposta
uscita/ingresso di un circuiti lineare e valutarne il diagramma di Bode. Infatti, poiché in questo
caso del BJT si vuole ‘attivare’ il modello esponenziale se usassimo la simulazione .ac avemmo
che, in automatico, il modello di risposta elettrico del BJT sarebbe il modello a piccolo segnale pi-
greco ibrido che non permette di mettere in evidenza il comportamento non lineare.

Per la valutazione della risposta della simulazione si operi ponendo come grafico di soluzione la
trasformata FFT (c’è un pulsante apposito) del segnale tempo variante ricavato al nodo 2 (il
collettore) del circuito.

Ripetendo per due volte la simulazione, indicando di volta in volta come parametro di ampiezza
del segnale generato dal generatore sinusoidale in ingresso (prima con 40mV di picco e poi con
60mV di picco) e mettendo a confronto i due grafici si osserva abbastanza agevolmente che: nel
primo caso gli evidenti ‘picchi’ (che hanno ampiezza superiore a -60dB) nello spettro del segnale di
uscita sono 4, posti a 100Hz, 200Hz, 300Hz e 400Hz; nel secondo caso i ‘picchi’ sono almeno 7!
Ciò dimostra che l’aumento del parametro x aumenta il valore assoluto dei coefficienti delle
armoniche di ordine superiori presenti nello spettro del segnale di uscita.
a

b
Fig. 1.7 Confronto fra i risultati di due simulazioni del circuito di fig. 1.6 con due diversi valori
dell’ampiezza del generatore di tensione sinusoidale V1. In particolare, nelle due figure a e b viene
riportato il grafico della trasformata FFT del segnale di tensione prelevato al nodo 2 dello
schematic di figura 1.6.

Compressione di dinamica
Abbiamo quindi compreso, dalle considerazioni svolte nel precedente paragrafo, che se ci si scosta
dall’ipotesi di “piccolo segnale” il comportamento dell’amplificatore a BJT non è più LINEARE, ma
ci dobbiamo aspettare che il segnale di uscita è una replica più o meno distorta del segnale di
ingresso, e che questa distorsione si esplica mediante la presenza, nello spettro del segnale di
uscita, di armoniche di ordine superiore al tono puro posto in ingresso.
Quanto qui ottenuto, ovviamente, dipende in maniera molto consistente dal fatto che la topologia
circuitale dell’amplificatore è particolarmente ‘semplice’, basando tutto il comportamento sul
funzionamento di un singolo transistore BJT.
Comunque, per quello che vedremo più avanti (in particolare nel capitolo dedicato al Rumore
Elettronico Cap. 2), le configurazioni ‘semplici’ sono quelle da preferire, soprattutto nella sezione
di elaborazione di segnale più vicina all’antenna ricevente (nel sistema di rice-trasmissione radio)
dove, del resto, i segnali sono (parlando in termini spettrali) collocati ad elevata frequenza, ma con
banda frazionale particolarmente ‘stretta’.
Fatte tutte queste considerazioni, cerchiamo di capire come, anche in condizioni di ampio segnale,
le non linearità intrinseche nella risposta dei circuiti a componenti attivi possono essere volte a
vantaggio di un utile impiego di questi circuiti in particolari condizioni.
Abbiamo ricavato che, sia da un punto di vista analitico sia da un punto di vista numerico
simulativo, all’interno del segnale in uscita al semplice amplificatore ad Emettitore Comune è
presente una replica spettrale del segnale di ingresso, e tanto più è elevata la frequenza centrale
del segnale di ingresso, tanto più questo spettro non è distorto dalle immagini alle armoniche
superiori.

Fig. 1.8 Rappresentazione di principio dello spettro di segnale in uscita ad un amplificatore a


singolo BJT in configurazione Emettitore Comune, quando in ingresso non è presente un tono puro
ma un segane a banda limitata: a) caso in cui la frequenza centrale del segnale di ingresso è molto
più grande della larghezza di banda del segnale di ingresso; b) caso in cui la frequenza centrale del
segnale di ingresso è piccola rispetto la larghezza spettrale del segnale di ingresso è paragonabile
alla frequenza centrale.

La replica in uscita è però Amplificata tramite un coefficiente che dipende dal valore di ampiezza
del segnale di ingresso, che adesso andremo a quantificare.

Facendo quindi di nuovo riferimento alla espressione della equazione 1.10, mantenendo
nell’espressione il solo termine della sommatoria con indice uguale da 1 possiamo scrivere:
Se quindi a quest’ultima espressione della vo si fa riferimento solo alla componente variabile,
possiamo scrivere che il rapporto fra la vo(t) e la vi(t) (che di fatto, avendo fissato la pulsazione
della sinusoide di ingresso e fatto riferimento alla sola componente sinusoidale presente nel
segnale di uscita alla stessa pulsazione, è il guadagno di segnale), può essere scritto come:

Dove il coefficiente Gm(x) è espresso da:

Se andiamo a porre su un grafico il coefficiente Gm(x) diviso per il parametro a piccolo segnale gm
al variare della grandezza x, otteniamo:
Fig. 1.9 Andamento al variare di x del Gm(x) normalizzato a gm (IC/VT).

Da questa immagine notiamo due aspetti fondamentali:


1) Per x che tende a 0 l’espressione del guadagno di tensione torna ad assumere il valore
ricavato con le assunzioni di piccolo segnale dell’amplificatore a BJT ad Emettitore Comune
= -RCgm. Infatti, anche dal punto di vista analitico ricordando che le funzioni di Bessel
godono della proprietà:

Per cui essendo e


Si ottiene Gm(x) per x piccole uguale a gm.

2) Nel tratto compreso fra x > 1 e x < 10 l’andamento del coefficiente Gm(x) risulta essere
approssimabile al valore 1/x. Questo comporta che in questa condizione di lavoro
(variazione dell’ampiezza del segnale di ingresso) il guadagno è inversamente
proporzionale alla variazione di ampiezza del segnale di ingresso e quindi si può dedurre
che l’ampiezza del segnale di uscita resta dallo stesso valore a prescindere da variabilità di
ampiezza del segnale di ingrasso.

Questo secondo ‘tratto’ del digramma riportato in figura 1.9, che per comodità del lettore
riportiamo enfatizzata nella successiva figura 1.10, è anche noto come ‘tratto a compressione della
dinamica’.
Facendo lavorare l’amplificatore in queste condizioni, quindi, definito il valore di ampiezza del
segnale di uscita: vo(t) = Vo*sin (wt), le variazioni dell’ampiezza del segnale in ingresso a questo
amplificatore Vi (vi(t)=Vi*sin(wt) ) per effetto della variazioni del coefficiente di guadagno
Gm(Vi/VT) fanno sì che il segnale in uscita (per quanto riguarda la caratteristica di Ampiezza) non
subisca variazioni della sua Ampiezza. Restando quindi sempre delle condizioni ottimizzate per
come abbiamo imposto.
Fig. 1.10 Grafico del Gm(x) al variare di x, normalizzato a gm, in cui si è evidenziata la zona di
Compressione della dinamica. In questa parte del grafico l’andamento di Gm(x) risulta essere
proporzionale a 1/x.

Questo comportamento è ad esempio molto importante per far sì che i circuiti a valle di questo
amplificatore lavorino sempre ad ampiezza costante indipendentemente dalle condizioni di
lavoro; un esempio molto importante è dato da i circuiti di Telecomunicazione:
E’ noto che il segnale elettronico prodotto da una antenna ricevente, in termini di ampiezza,
dipende dalla intensità di Campo ElettroMagnetico in cui è ‘immersa’ l’antenna. E’ noto che
l’intensità del campo all’antenna ricevente, a parità di potenza in uscita dall’antenna trasmittente,
dipende dalla distanza relativa fra antenna trasmittente ed antenna ricevente. Il legame in prima
approssimazione è inversamente proporzionale alla distanza relativa. Ciò comporta che quando la
due antenne sono vicine il segnale prodotto dall’antenna ricevente all’interno del circuito
ricevente è in Ampiezza elevato, mentre quando le due antenne sono fra di loro distanti il segnale
prodotto dall’antenna ricevente all’interno del circuito ricevente è in Ampiezza ridotto.
In particolari sistemi di rice/trasmissione, si vuole che l’elaborazione del segnale ad appannaggio
dei circuiti di elaborazione segnale avvenga sempre nelle stesse “condizioni di lavoro” quindi con
Ampiezza del segnale costante. Ciò può essere ottenuto utilizzando, tra antenna e circuito di
elaborazione, un Amplificatore che lavora in condizione di Compressione della Dinamica: così sia
che la distanza Trasmittente Ricevente è piccola sia che la distanza sia grande, il segnale in uscita a
‘questo amplificatore’ non subisce variazioni di Ampiezza.

E’ chiaro che tutto ciò è valido solo se l’informazione trasportata dai segnali non è codificata nelle
ampiezze dei segnali stessi, ma si fa riferimento, ad esempio a segnali di tipo FM.

Moltiplicatore di frequenza

Se lo studente fa riferimento alla figura 1.7, quello che si nota è che lasciando senza nessun
controllo né limitazione il segnale in uscita ad un amplificatore a Emettitore Comune a BJT con
segnale di forzamento alla base di natura sinusoidale che non rispetta la condizione di piccolo
segnale di ampiezza, all’interno del segnale di uscita possiamo ‘vedere’ un certo numero di
armoniche di ordine superiore (superiori all’armonica del segnale di ingresso).
Ma se in luogo della resistenza Rc del circuito in oggetto (Figura 1.3) si considera un circuito
risonate LRC progettato in maniera tale che il parametro R sia compatibile con la definizione del
punto di lavoro statico e i valori di induttanza (L) e di capacità (C) definiscano come frequenza di
risonanza, ad esempio 3wi, quello che si ottiene è che il contenuto spettrale del segnale di uscita
non è più caratterizzato dalla somma di armoniche come previsto dai calcoli riportati in eq. 1.10,
ma sarà caratterizzato dalla sola presenza dell’armonica di ordine 3 che è in gradi di risuonare con
il circuito risonante posto al carico dell’amplificatore.
In questo caso, quindi, quello che otteniamo è: imponendo in ingresso un segnale sinusoidale di
opportuna ampiezza e pulsazione pari a wi, il segnale in uscita è una replica del segnale in ingresso
dove però la pulsazione è tre volte più grande della pulsazione dell’ingresso. Otteniamo quindi un
funzionamento di questo circuito che impone un fattore di moltiplicazione N alla pulsazione
dell’ingresso se il circuito risuonate è progettato con frequenza centrale N volte la pulsazione di
ingresso.
Possiamo verificare quanto detto tramite una opportuna simulazione SPICE.
Nello schematic di LTSpice si riporti il circuito in figura:

Fig. 1.11 Circuito per simulazione del comportamento di amplificatore in non linearità con carico
risonante.

Si noti che come carico dell’amplificatore è stato considerato qui (a differenza di quanto usato
nello schema di figura 1.6) un circuito composto dal parallelo fra una resistenza di valore 10kohm,
un induttore di valore 5.55uH ed un condensatore di valore 5.1uF.
Andando ad effettuare la sola simulazione del ‘cappio’ RLC così definito si ottiene (in analisi in
frequenza) il seguente risultato:

Fig. 1.12 Risposta in frequenza del circuito composto dal parallelo fra R, L e C con i valori definiti
nello schema di figura 1.11
Si può notare che, con i valori imposti, la risposta risulta essere fortemente selettiva ed
amplificante nell’intorno della frequenza centrale di 30kHz.
Effettuando quindi la simulazione dell’intero circuito di figura 1.11, in simulazione .tran,
riportando su di un grafico le FFT dei segnali all’ingresso (la sinusoide imposta con frequenza
10kHz) e del segnale in uscita: grafico della variazione di tensione al nodo di collettore del BJT,
otteniamo i grafici riportati nella seguente figura

Fig. 1.13 Risultati della simulazione del circuito di figura 1.11. Con la traccia blue è riportata la FFT
del segnale prodotto dal generatore di segnale sinusoidale in ingresso; con la traccia verde è
riportata la FFT del segnale prelevato in uscita.

E’ evidente dal risultato della simulazione riprodotto nella figura 1.13 che i due segnali (ingresso e
uscita del sistema) sono, a meno del diverso ‘rumore di fondo’ che comunque è a molti dB
inferiore, le rappresentazioni di due toni puri. Ma mentre il segnale di ingresso è stato scelto con
frequenza pari a 10kHz, il segnale in uscita presenta una frequenza che è 3 volte più grande.
Quindi il circuito, in questo caso ed in questa configurazione, permette di triplicare la frequenza
del segnale di ingresso.
Questa tipologia di circuiti: i Moltiplicatori di Frequenza, sono molto interessanti in svariate
applicazioni; in particolare utilizzati in sistemi più complessi, come i PLL (che studieremo nel
capitolo 8) permettono di estendere il campo di lavoro di questi circuiti anche se gli oscillatori a
disposizione sono realizzabili a frequenza limitata.

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