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Riassunti di

Elettrotecnica 1
per la laurea in Ingegneria Aerospaziale
Università degli Studi di Padova
Prof. Piergiorgio Alotto

Gabriel Chiodega

Versione A.A. 2020-2021

1
Primo Parziale

1 Primo Parziale
1.1 Lezione 1
1.1.1 Modello di CAMPI ELETTROMAGNETICI

Si basa sulla teoria di Maxwell e utilizza campi scalari e vettoriali, per questa ragione ha
una validità generale ma è difficile da trattare. Per problemi complessi è impossibile trovare
soluzioni analitiche.

1.1.2 Modello delle RETI ELETTRICHE

Si basa su delle ipotesi restrittive che gli fanno perdere la validità generale. Sono utilizzate solo
grandezze ”globali” (Es: tensione e corrente) che sono grandezze scalari. Ne risulta un modello
facile da risolvere anche per strutture complesse.

1.1.3 Densità di carica volumetrica


R dq(P,t)
Dalla definizione macroscopica di carica q = V ρc dτ si ottiene ρc (P, t) = dτ
detta densità
di carica volumetrica. Unità di misura: [C/m3 ]

1.1.4 Densità di carica superficiale


dq(P,t)
Analogamente alla definizione volumetrica si ottiene σc (P, t) = ds
detta densità di carica
superficiale. Unità di misura: [C/m2 ]

1.1.5 Corrente elettrica

Considerando le cariche positive e negative in movimento e una superficie S orientata con


versore normale n e sia ∆q la carica netta che nel tempo ∆t attraversa S, si definisce corrente
elettrica:
∆q dq
i(t) = lim =
∆t→0 ∆t dt
Unità di misura Ampere: [A = C/s]

1.1.6 Densità di corrente



Considerando le cariche positive e negative con densità volumetrica ρ+
c e ρc si definisce densità
di corrente elettrica
− −
J (P, t) = ρ+ +
c vρ + ρc vρ

Attenzione: Può essere J (P, t) 6= 0 anche se la densità di carica ρc è nulla!! Cioè può esistere
un campo di corrente non nullo anche in un mezzo elettricamente neutro in tutti i punti.

1.1.7 Legame tra densità di corrente e corrente

La corrente i è pari al flusso del vettore densità di corrente attraverso una superficie S
Z
i(t) = J · n dS
S

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Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

1.2 Lezione 2
1.2.1 Campo coulombiano o elettrostatico

Il campo elettrostatico è una forza specifica. Viene contraddistinto dal pedice c


∆Fc (P ) 1 q(Q)
Ec (P ) = lim = 2
uQP
∆q→0 ∆q 4π rQP
Il campo elettrostatico è CONSERVATIVO!

1.2.2 Potenziale elettrico U

essendo il campo coulombiano conservativo allora ammette l’esistenza della funzione potenziale
elettrico, definita come: Z B
EC · t dl = U (A) − U (B)
A

1.2.3 Campo elettrico

Caso più generale del campo elettrostatico e dipende dal tempo. Viene definito dalla formula:
∆Fe (P, t) dFe (P, t)
E(P, t) = lim =
∆q→0 ∆q dq
oppure si definisce aggiungendo un contributo non conservativo Ei , detto campo elettrico in-
dotto, al campo elettrostatico: E(P, t) = EC (P ) + Ei (P, t)

1.2.4 Tensione elettrica

La tensione è definita come l’integrale di E lungo una specifica linea orientata l, aperta o chiusa:
Z
v(t) = E(P, t) · t dl
l

se viene calcolata sua una linea aperta si può scrivere:


Z B
vAB (t) = E(P, t) · t dl
A

NB: il campo E genericamente non è quello conservativo. Perciò, vAB generalmente dipende
sia dai punti A e B sia dal percorso specifico di integrazione e quindi in generale la tensione non
è esprimibile come differenza di potenziale. Ma nel caso particolare di campo elettrostatico o
stazionario Ei (P, t) = 0 la tensione coincide con la differenza di potenziale.

1.2.5 Componente elettrico - Terminali - Morsetti

Regione di spazio sede di fenomeni elettrici e/o magnetici, delimitata da una superficie limite.
Le grandezze che descrivono i componenti sono due grandezze scalari: tensione e corrente.

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Primo Parziale

Dalla loro superficie emergono due o più tratti detti terminali (t1 , t2 , t3 ). Tutto ciò che succede
passa attraverso i terminali, il resto della superficie è da considerare impermeabile a effetti EM.
I punti finali dei terminali sono detti morsetti (m1 , m2 , m3 ) i morsetti sono i punti di collega-
mento tra i componenti.
NB: Terminali e morsetti si confondono nella futura trattazione.

1.2.6 Regime stazionario

Caso particolare in cui le grandezze sono indipendenti dal tempo, e si ha che:

• Campo di corrente è solenoidale (divergenza nulla), ossia la quantità di corrente uscente


da una qualsiasi superficie chiusa è nulla

• Campo elettrico conservativo, da cui deriva che la tensione coincide con la differenza di
potenziale

1.2.7 Regime quasi-stazionario

Si è in regime quasi-stazionario quando le grandezze dipendono dal tempo ma le variazioni tem-


porali sono sufficientemente lente. Restano valide anche le due proprietà del regime stazionario.

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1.3 Lezione 3
1.3.1 Bipolo

Componente circuitale dotato di due terminali.

1.3.2 N-Polo

Componente circuitale dotato di n-terminali.


Proprietà: la somma di tutte le correnti è zero.
n
X
iuk = 0
k=1

1.3.3 Porta elettrica

(o semplicemente porta) di un n-polo è una coppia di morsetti tale per cui la corrente entrante
in uno è uguale a quella uscente dall’altro.
NB: Le correnti i(t) sono dipendenti dal tempo, ma per definire una porta la coppia di correnti
deve equivalere in ogni istante!

1.3.4 Tensione di porta

La tensione tra due morsetti che formano una porta.


NB: É importante definire un riferimento, qual è il positivo e quale il negativo.

1.3.5 M-Bipolo

Alcuni n-poli, con n pari hanno terminali raggruppabili in m = n2 porte. Inoltre qualsiasi n-polo
può essere usato come m-bipolo con (m=n-1). In questo caso un morsetto viene considerato
come terminale comune per n-1 porte.

1.3.6 Convenzione utilizzatore

Quando la corrente è entrante nel morsetto positivo (Frecce contrapposte)

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Primo Parziale

1.3.7 Convenzione generatore

Quando la corrente è entrante nel morsetto negativo (Frecce equiverse)

1.3.8 Potenza elettrica (di una porta)

Definita come pk = vk · ik è il prodotto tra tensione di porta e corrente di porta.


Sapendo che ik = dLdq
e vk = dLdt
allora pk = dL
dt
.
NB: Il segno della corrente definisce se si tratta di potenza assorbita o erogata.

1.3.9 Potenza entrante o uscente

Potenza entrante se la porta è convenzionata da utilizzatore.


Potenza uscente se la porta è convenzionata da generatore.

1.3.10 Lavoro elettrico

Il lavoro elettrico che viene scambiato a una porta nell’intervallo di tempo [t1 , t2 ], è definito in
forma generale:
Z t2
L(t1 , t2 ) = p(t) dt
t1

1.3.11 Legge di Ohm

In conduttori filiformi si sperimenta che (indipendentemente da v) la corrente fluisce secondo


la legge di Ohm:
V =R·I

NB: Siamo in convenzione degli utilizzatori e R > 0.

1.3.12 Resistenza elettrica


V
La resistenza è il termine R presente nella legge di Ohm. Unità di misura Ohm: [Ω = A
]

1.3.13 Conduttanza elettrica


1 A
La conduttanza G = R
è il reciproco della resistenza. Unità di misura Siemens: [S = V
]

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1.3.14 Relazione resistività temperatura

Generalmente la resistività varia con la temperatura, secondo la legge:

ρ = ρ0 (1 + α(T − T0 ))

(Solitamente: T % ρ % R &)

1.3.15 Relazione microscopica tra J e E

In scala microscopica valgono le relazioni equivalenti:


J = σE e E = ρJ

1.3.16 Generatori

I generatori sono dei componenti sedi di forze elettriche specifiche (campi elettrici) generatrici
non conservative. Da quanto visto in precedenza si capisce che le cariche hanno bisogno di forze
che le mantengano in moto, perché avvengono fenomeni dissipativi.

1.3.17 Comportamento a vuoto (in un generatore)

”A vuoto” significa che il generatore non è attraversato da corrente (non è collegato ad altri
componenti). Accade che si accumulano cariche ai terminali, le quali generano un campo
elettrico coulombiano sia all’interno sia all’esterno del generatore. Ma per ipotesi il campo
elettrico all’interno di un componente deve essere nullo, perciò si genera un campo elettrico Eg
che controbilancia punto per punto Ec .

1.3.18 Forza elettromotrice (f.e.m.)

La f.e.m. di un generatore è pari alla sua tensione a vuoto misurata ai morsetti ed è definita
come:
Z A
e(t) = Eg dl
B

e ricordando che Eg = −Ec e che la tensione ai morsetti è


Z B Z A
v0 (t) = Ec dl = −Ec dl
A B

si ottiene [e(t) = v0 (t)]

NB: fem e tensione hanno un significato fisico ben diverso!

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Primo Parziale

1.3.19 Comportamento a carico (in un generatore)

A carico significa che i morsetti sono percorsi da corrente. In questo caso la tensione è diversa
da quella a vuoto [v(t) 6= e(t) = v0 (t)]. Il passaggio di corrente all’interno del generatore da
luogo a fenomeni dissipativi e generalmente vale la relazione che lega la tensione fra vuoto e
carico in maniera direttamente proporzionale alla corrente che attraversa il generatore.
(In caso stazionario)
E − V = Ri I
dove Ri è la resistenza interna. Cioè la tensione è:

V = E − Ri I

1.3.20 Relazione tra le potenze

Moltiplicando l’equazione del modello di carico del generatore per I si ottiene una relazione tra
le potenze:
V I = EI − Ri I 2
Pe = Pg − Pd

• Pe = V I potenza effettiva erogata

• Pg = EI potenza del generatore, trasferita alle cariche

• Pd = Ri I 2 potenza dissipata

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Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

1.4 Lezione 4
1.4.1 Legame tensione-corrente per i bipoli

Per i bipoli il legame tensione-corrente si può esprimere in generale con f (v, i) = 0

1.4.2 Bipolo adinamico (o di ordine 0)

se f non comprende derivate o integrali ciò significa che non dipende dall’evoluzione temporale

1.4.3 Bipolo dinamico (o di ordine superiore)

se f comprende derivate o integrali ciò significa che dipende dall’evoluzione temporale

1.4.4 Punto di lavoro

Il punto di lavoro è lo stato di funzionamento ammissibile per un determinato bipolo costituito


da una coppia di valori (v ∗ , i∗ ) che verifichino la condizione f (v, i) = 0

1.4.5 Caratteristica esterna

É la curva sui piani cartesiani (v, i) o (i, v) corrispondenti al legame f (v, i) = 0


• Punto di lavoro a vuoto: (i = 0, v = v0 )
• Punto di lavoro in cortocircuito: (i = icc , v = 0)

1.4.6 Caratteristica statica

Caso particolare di caratteristica esterna, con V e I costanti.

1.4.7 Bipoli ideali

Rappresentano un’astrazione (un modello semplificato) di componenti reali.


NB: se il bipolo è adinamico allora la caratteristica esterna è una retta nel piano i, v [αv+βi+γ =
0].

1.4.8 Resistore ideale

É un bipolo lineare adinamico, e a meno di casi eccezionali il resistore è tipicamente un com-


ponente passivo.

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Primo Parziale

1.4.9 Casi particolare dei generatori ideali

• Generatore ideale di tensione (GIT).


SE v(t) = 0 si comporta da corto circuito ideale

• Generatore ideale di corrente (GIC).


Se i(t) = 0 si comporta da circuito aperto ideale

1.4.10 Diodo ideale

É un bipolo lineare adinamico che rappresenta in modo approssimato il comportamento del


diodo reale.
NB: non si può rappresentare sul piano (i, v) come una retta.

1.4.11 Interruttori

Sono classici componenti tempo-varianti. (Cioè nelle loro equazioni compaiono dei parametri
funzioni del tempo).

1.4.12 Grafi

Per studiare le interazione tra i bipoli si utilizzano i grafi,


strumenti che analizzano gli aspetti topologici delle reti
elettriche.

Un grafo è un disegno composto da:

• Nodi della rete: che sono i punti di intersezione (nodi della rete)
• Lati della rete: che sono i collegamenti tra i nodo (bipoli della rete)
NB: Del lato non è importante la forma ma piuttosto quali nodi mette in contatto.

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1.4.13 Grafo orientato

Il grafo orientato ha la caratteristica che ogni suo lato è dotato di una orientazione, coincidente
con il riferimento di corrente del bipolo corrispondente.

1.4.14 Grafo connesso

Si dice connesso quando esiste un percorso lungo i lati che unisce due nodi qualsiasi.
NB: In pratica quando è un pezzo unico.

1.4.15 Grafo ridotto

Si dice ridotto quando:

• sono stati rimossi corti/aperti/cappi

• a ogni nodo si appoggiano almeno 3 lati

• a ogni coppia di nodi si appoggia al più un lato

1.4.16 Grafo piano (o planare)

Si dice planare quando si può disegnare su un piano senza incroci.


NB: Tutti i grafi con n ≤ 4 sono piani.

1.4.17 Maglia

É un sottografo per il quale in ogni nodo incidono 2 e solo 2 lati e è connesso.


NB: In pratica una maglia è un percorso chiuso.

1.4.18 Anello

É una maglia che orla una superficie al cui interno NON sono presenti lati.
NB: Ha senso solo per grafi piani. Il numero di anelli è: a = l − n + 1

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Primo Parziale

1.4.19 Insieme di taglio

É un insieme di lati con due condizioni:

• La rimozione di tutti i suoi lati meno uno lascia il


grafo connesso

• La rimozione di tutti i suoi lati rende il grafo non


connesso

Si ricava con facilità un insieme di taglio selezionando una superficie (virtuale) chiusa che divide
il grafo in due parti, i lati ”tagliati” dalla superficie costituiscono l’insieme di taglio.

1.4.20 Albero

É un sottografo che soddisfa tre condizioni:

• Comprende tutti i nodi del grafo

• Deve essere conesso

• Non deve formare maglie

In pratica è l’insieme di lati (detti rami) che toccano i nodi senza formare percorsi chiusi.
Il numero di rami è: r = n − 1 con n nodi.
NB:Dato un grafo l’albero non è unico.

1.4.21 Coalbero

É l’insieme dei lati (detti corde) complementare all’albero, perciò si possono definire tanti
coalberi quanti alberi.
Il numero di corde è: c = l − n + 1 che coincide con il numero di anelli.

1.4.22 Schema albero-coalbero

Vedi figura:

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1.5 Lezione 5
1.5.1 Legge di Kirchhoff delle correnti (LKC)

In ogni rete di n-poli è uguale a zero la somma algebrica delle correnti che appartengono ad un
insieme di taglio. X
±ik (t) = 0
k∈taglio

Questa relazione è valida sia in regime stazionario sia in regime variabile.

1.5.2 Legge di Kirchhoff delle tensioni (LKT)

In ogni rete di n-poli è uguale a zero la somma algebrica delle tensioni dei lati che appartengono
ad una maglia. X
±vk (t) = 0
k∈maglia

Questa relazione è valida sia in regime stazionario sia in regime variabile.


Un’espressione alternativa della LKT è che la tensione vk = vrs tra qualunque coppia di nodi
Nr e Ns è uguale alla differenza di potenziale tra i due nodi: vk (t) = ur (t) − us (t)
NB: I due nodi Nr e Ns possono anche non appartenere al medesimo n-polo.

1.5.3 Maglie fondamentali

Le maglie che portano alla scrittura di equazioni linearmente indipendenti si dicono maglie
fondamentali e il numero massimo di tali maglie è: m = c = l − n + 1

1.5.4 Insiemi di taglio fondamentali

Gli insiemi di tagli che portano alla scrittura di equazioni linearmente indipendenti si dicono
insiemi di taglio fondamentali e il loro numero è: t = r = n − 1

1.5.5 Principio di equivalenza

Ipotesi: Due n-poli sono equivalenti se:


• Hanno lo stesso numero di morsetti, cosicché questi possano essere messi a due a due in
corrispondenza.
• presentano le medesime relazioni tensione-corrente tra morsetti corrispondenti conven-
zionai allo stesso modo
Enunciato: La rete non percepisce alcuna differenza se si sostituisce un n-polo con uno equiv-
alente.
NB: Anche se condividono le stesse caratteristiche esterne, nulla si può dire di quelle interne.

1.5.6 Connessione in serie

Si ha quando a un nodo sono collegati solo un morsetto del bipolo b1 e un morsetto del bipolo
b2 .
NB: Non tutti i bipoli si posso collegare in serie.

1.5.7 Connessione in parallelo

Si ha quando due bipoli hanno morsetti connessi a due a due (nei nodi A e B).
NB: Anche in questo caso non tutti i bipoli possono essere messi in parallelo.

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Primo Parziale

1.5.8 Metodo dei partitori

NB: Molto importante!


É un metodo che serve per ricavare le informazioni ”all’indietro” quando si conoscono solo
tensione e corrente ai capi del componente equivalente. Permette di ricavare le informazioni
all’interno.

• Resistori in serie (nota la tensione totale): [vk = Rk ik = Rk Rvss ] dove vk è la tensione sul
singolo resistore

• Resistori in parallelo (nota la corrente totale): [ik = Gk vk = Gk vp = Gk Gipp ] dove ik è la


tensione sul singolo resistore

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Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

1.6 Lezione 6
1.6.1 Vincoli e gradi di libertà

Dato un grafo orientato di l lati e n nodi ci sono l tensioni e l correnti, in totale 2l incognite.
Applicando le leggi di Kirchhoff si trovano l equazioni linearmente indipendenti dette vincoli,
in particolare:

• LKT applicata alle maglie fondamentali ne fornisce: m = l − n + 1

• LKC applicata agli insiemi di taglio fondamentali ne fornisce: t = n − 1.

Perciò partendo da un sistema di 2l incognite e applicando l vincoli, rimangono ancora da


determinare l gradi di libertà, in particolare:

• tensioni libere (anelli): n − 1

• correnti libere (nodi-1): l − n + 1

1.6.2 Equazioni topologiche e tipologiche

In totale, applicare le leggi di Kirchhoff fornisce l equazioni dette topologiche.


Le l equazioni mancanti sono fornite dalle caratteristiche esterne dei bipoli (o delle porte degli
n-poli) e sono dette tipologiche.
NB: Le eq. topologiche sono lineari e a meno di casi patologici anche le eq. tipologiche lo sono.

1.6.3 Resistenza equivalente

Una rete di soli resistori collegati ai morsetti A e B, per il principio di equivalenza, è rap-
presentabile da un bipolo (con caratteristiche esterne equivalenti) detto resistenza interna o
resistenza equivalente ai morsetti.
NB: Rimane sempre vero: RAB = VIAB AB

1.6.4 Trasforazione GAT ↔ GAC

Una trasformazione estremamente utile per le trasformazioni è quella tra generatori affini di
tensione GAT con generatori affini di corrente GAC.
Affinché si possano sostituire devono presentare caratteristiche esterne → devono avere le rette
del piano cartesiano (i, v) coincidenti → basta che due coppie di punti coincidano → tensioni
a vuoto e correnti di corto circuito equivalenti.
Trasformazioni:
(
E = RC J
• GAC → GAT
RT = RC

 J= E

• GAT → GAC RC
RC = RT

NB: Questa trasformazione è utile perché permette di eseguire semplificazioni anche quando
nella rete non vi sono serie o paralleli di resistori sfruttabili. Cioè è come se ”nascessero”
connessioni in serie o parallelo che prima non si potevano sfruttare.

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Primo Parziale

1.6.5 Serie di generatori affini di tensione


( (
I = I1 = I2 V1 = E1 − R1 I1
I vincoli topologici sono: mentre dalle equazioni dei generatori:
V = V1 + V2 V2 = E2 − R2 I2
Perciò i due GAT in serie si possono rappresentare come un unico GAT tale che:

V = Eeq − Req I

dove Eeq = E1 + E2 e Req = R1 + R2


NB: Siamo in convenzione dei generatori

1.6.6 Parallelo di generatori affini di corrente


( (
I = I1 + I2 I1 = J1 − G1 V1
I vincoli topologici sono: mentre dalle equazioni dei generatori:
V = V1 = V2 I2 = J2 − G2 V2
Perciò i due GAC in // si possono rappresentare come un unico GAC tale che:

I = Jeq − Geq V

dove Jeq = J1 + J2 e Geq = G1 + G2


NB: Siamo in convenzione dei generatori

1.6.7 Parallelo di generatori affini di tensione

Approccio: Trasformare ogni GAT nel GAC equivalente e poi usare le formule viste per il //
di GAC. Poi trasformare il GAC-equivalente in un GAT-equivalente.Per il GAT-equivalente
ottenuto è valida:
V = Eeq + Req I
Pl E
Jeq r=1 ± Ri
1 1
dove Eeq = Geq
= Pl 1
i
e Req = Geq
= Pl 1
i=1 Ri i=1 Ri
NB: Siamo in convenzione dei generatori

1.6.8 Formula di Millmann (CASO GENERALE)

NB: La formula di Millmann serve solo nel caso di bipoli collegati in parallelo.
Approccio con la stessa filosofia del caso precedente, cioè l’idea è quella di applicare trasfor-
mazioni in modo da potersi ricondurre ad un caso più semplice. In questo caso più generale
troviamo un insieme di GAC e GAT in parallelo, trasformo tutti i GAT in GAC equivalenti, in
questo modo mi sono ricondotto al caso di parallelo di GAC (caso già visto in precedenza).
Il componente equivalente avrà equazione: V = Eeq − Req I
dove Eeq e Req sono ottenuti applicando la Formula di Millmann:
Pr Ek Ps
( k=1 ± Rk ) + ( k=1 ±Jk ) 1
Eeq = Req = Pr
( k=1 Rk ) + ( sk=1 Gk )
1
Pr Ps P
1
( k=1 Rk ) + ( k=1 Gk )
Dove gli indici k che vanno da 1 a r sono riferiti ai GAT, mentre quelli da 1 a s sono riferiti ai
GAC.
NB: Siamo in convenzione dei generatori

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1.6.9 Teorema di Millmann

La formula di Millmann torna utile nel caso in cui voglio conoscere la tensione a vuoto della
rete.
Enunciato: Se io volessi conoscere la tensione a vuoto della rete (cioè la tensione ai morsetti
1, 10 in assenza di corrente) basta imporre I = 0 nella relazione V = Eeq + Req I.
Si ottiene la tensione a vuoto: v110 = v0 = Eeq , cioè la tensione del generatore ideale che sta
dentro al generatore affine di tensione equivalente.

1.6.10 Teorema di sostituzione

Enunciato: In una rete a soluzione unica per tutte le tensioni e le correnti dei lati si può
sostituire il bipolo che costituisce il generico lato ak , con corrente nota ik e/o tensione nota vk
con:
• Un generatore ideale avente corrente impressa Jk = ik
oppure
• Un generatore ideale di tensione avente tensione impressa ek = vk
NB: Questo teorema è utile per fare le sostituzioni ma va ricordato che è corretto solo al di
fuori della scatola.

1.6.11 Modello di generatore reale

Segue lo schema:

1.6.12 Rendimento dei generatori & Bilancio delle potenze

Dato un generatore reale, modellizato linearmente come uno affine collegato ad un resistore di
carico, allora il generatore alimenta un utilizzatore (carico) rappresentato dal resistore ideale
E
passivo Ru . Valgono le relazioni: I = Ri +R u
e V = E RiR+R
u
u
, con le quali si possono esprimere:
Ru E 2
• Potenza erogata al carico Pu = V I = (Ri +Ru )2

Ri E 2
• Potenza dissipata Pd = Ri I 2 = (Ri +Ru )2

E2
• Potenza generata Pg = EI = Ri +Ru

Bilancio delle potenze: [Pg = Pu + Pd ]


NB: Convenzione dei generatori

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Primo Parziale

1.6.13 Rendimento di potenza

Il rendimento di potenza è definito come il rapporto adimensionale tra potenza erogata e potenza
disponibile
Pu Pg − Pd Pd
η= = =1− ≤1
Pg Pg Pg
o in alternativa:
Pu VI Ru
η= = =
Pg EI Ri + Ru

NB: η è sempre minore o uguale ad uno!!

1.6.14 Teorema del massimo trasferimento di potenza

Si immaginino E e Ri , e si voglia massimizzare la potenza Pu erogata al carico:

E2
Pumax =
4Ri
Ri 1
ottenuta per Ru = Ri che è la condizione di massima potenza, da cui: ηP umax = Ri +Ri
= 2

1.6.15 Teorema di Tellegen (o Teorema di conservazione della potenza virtuale)

É un teorema puramente topologico.


Enunciato: Sia una rete costituita da l lati e n nodi con un insieme di valori istantanei di
tensione dei lati compatibili con la LKT per la rete v = [v1 (t), v2 (t)...vl (t)]T e con un insieme di
valori istantanei di correnti dei lati compatibili con la LKC per la rete i = [i1 (t), i2 (t)...il (t)]T
allora vale la relazione:
Xl
vh ih = 0
h=1

che esprime una potenza virtuale.


NB:Tutte la porte devono essere convenzionate allo stesso modo.
NB: In astratto ci si può riferire ad istanti differenti o a reti differenti con lo stesso grafo.

Caso particolare e molto importante: Stessa rete allo stesso istante. Allora i prodotti
vh ih sono da considerarsi delle potenze fisiche, perciò il Th. di Tellegen dice che la somma delle
potenze entranti alle porte della rete in ogni istante è nulla se le porte sono tutte convenzionate
allo stesso modo.
Xl
Ph = 0
h=1

Che è equivalente a dire che la somma della potenza alle porte convenzionate da utilizzatore è
uguale alla somma della potenza alle porte convenzionate da generatore.
l
X l
X
Pgh = Puh
h=1 h=1

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1.7 Lezione 7
1.7.1 Metodi di analisi delle reti lineari

É possibile costruire metodi (sistematici) che consentono di risolvere il problema con un ridotto
numero di equazioni.
Quelli che vedremo:

1. Metodo dei potenziali nodali

2. Metodo dei potenziali nodali modificato

3. Metodo delle correnti d’anello

4. Metodo delle correnti d’anello modificato

5. Metodo di sovrapposizione degli effetti (lez.8)

1.7.2 Metodo dei potenziali nodali (vers. base)

Il metodo dei potenziali ai nodi consente di ridurre il numero di


equazioni necessarie a risolvere una rete, utilizzando come incognite
un insieme di tensioni sui bipoli che soddisfa ”intrinsecamente” tutte
le l − n + 1 equazioni LKT.
Ipotesi: Consente di studiare solo reti formate da generatori affini
di corrente (GAC) e i relativi casi limite.
casi limite:
• (J = 0, G = 0)

• Eventuali GAT vanno trasformati in GAC

Limitazione: non può esserci un generatore ideale di tensione con-


nesso in serie tra due nodi senza avere in serie un resistore.
Procedimento:
NB:Lati convenzionati da utilizzatori.

1. Fissare un nodo di riferimento detto nodo di massa e si assume che esso abbia potenziale
Un = 0

2. Si considerano gli altri (n − 1) nodi indipendenti, con i loro potenziali Ur incogniti, con
r = [1, 2, .., n − 1]

3. La generica tensione Vh del lato h-esimo può essere espressa come differenza di potenziale
tra i nodi Nr e Ns , perciò: Vh = Vrs = Urh − Ush

4. Supponiamo che ciascuno dei lati della rete possa essere rappresentato come un generatore
affine di corrente con equazione caratteristica: Ih = Gh Vh − Jh
P
5. Ora a ciscun nodo escluso il riferimento applichiamo LKC, cioè: ±Ih = 0
P P
6. Si ottiene per ogni nodo indipendente: ±Gk Vk = ±Jk .
Problema: n tensioni incognite ma solo (n − 1) equazioni.
P P
7. Sostituendo alla tensione la differenza di potenziale: ±Gk (Urk − Usk ) = ±Jk

20
Primo Parziale

8. Riordinando si ottiene il sistema di (n0 = n − 1) equazioni:


 P

 G11 U1 − G1r Ur = J1

G U − P G U = J
22 2 2r r 2


 ...................
P
Gn0 n0 Un0 − Gn0 r Ur = Jn0

Interpretazione delle equazioni, per la prima riga:


G11 è la somma delle conduttanze che toccano il nodo 1
U1P è il potenziale del nodo 1
− G1r Ur è la somma delle conduttanze condivise con altri nodi, moltiplicate per i rispettivi
potenziali
J1 è la somma algebrica delle correnti dei generatori di corrente.
Ragionamento analogo per le altre equazioni.

1.7.3 Metodo dei potenziali nodali modificato

Il fatto che sia modificato risolvere la limitazione del metodo precedente, ora si può avere un
generatore ideale di tensione nella rete, che viene detto ”lato anomalo”.
Procedimento: Supponendo che ci sia un solo lato anomalo, l’idea è quella di trattare il
generatore ideale di tensione come un generatore ideale di corrente con corrente impressa IE .(In
realtà IE è l’incognita, mentre è nota E).
Ora la corrente IE va aggiunta nella somma algebrica di tutte le varie correnti J.
Inoltre, si aggiunge al sistema un’equazione in più: Ur − Us = E
Il resto del procedimento rimane identico al precedente.

1.7.4 Metodo delle correnti d’anello (vers. base)

Il metodo delle correnti d’anello consente di ridurre il numero di


equazioni necessarie a risolvere una rete, utilizzando come incognite
un insieme di correnti, dette anche ”correnti cicliche”, che soddisfano
”intrinsecamente” tutte le n − 1 equazioni LKC.
NB: É molto simile al metodo dei potenziali nodali ma i ruoli di
tensione e corrente sono scambiati.
Ipotesi: Consente di studiare solo reti piane formate da generatori
affini di tensione (GAT) e i relativi casi limite. Un’ulteriore ipotesi
è quella di considerare gli m anelli con le loro relative correnti d’anello tutte con riferimento
concorde (o orario o antiorario)
casi limite:
• (E = 0, R = 0)
• Eventuali GAC vanno trasformati in GAT
Limitazione: non può esserci un generatore ideale di corrente (GIT)
connesso in serie tra due nodi senza avere in serie un resistore.
NB: le correnti d’anello sono correnti fittizie, sono solo degli ausili
matematici.
NB: É un metodo comodo quando ci sono pochi anelli (non focaliz-
zarsi solo su questo metodo però)
Procedimento:
NB: I lati sono convenzionati da utilizzatori.
NB: Il numero di anelli di un grafo piano è: a = l − n + 1

21
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

1. Definire un’orientazione coerente (esempio oraria) per la corrente di tutti gli anelli. La
corrente di ciascun lato risulta allora esprimibile come differenza tra le correnti dei due
anelli a cui il lato appartiene. (O come corrente di un solo anello se il lato è sul bordo
della parete).
NB: Chiamiamo queste correnti di anello KA1 , KA2 , ..., KAa per non confonderci con le I
che sono le correnti dei lati.

2. Si può esprimere la corrente di ogni lato h-esimo come differenza di differenza di correnti
degli anelli a cui appartiene: Ih = KAr − KAs

3. Ciascuno dei bipoli è rappresentabile come generatore affine di tensione descritto dall’equazione:
Vh = Eh − Rh Ih

4. Unendo alla precedente si riscrive: Vh = Eh − Rh (KAr − KAs )

5. Applicando la LKT a tutti gli a anelli:


X X X
Vh = Eh − Rh (KAr − KAs ) = 0
h h h

6. Riordinando si ottiene il sistema di (a) equazioni:


 P

 R 11 K 1 − R1r Kr = E1

R K − P R K = E
22 2 2r r 2


 ...................
P
Raa Ka − Rar Kr = Ea

Interpretazione delle equazioni, per la prima riga:


R11 è la somma delle resistenze dell’anello 1
K1Pè la corrente che circola nell’anello 1
− R1r Ir è la somma delle resistenze condivise con altri nodi, molti-
plicate per le rispettive correnti
E1 è la somma algebrica delle tensioni dei generatori di tensione
dell’anello 1 (fem di anello).
Ragionamento analogo per le altre righe.

1.7.5 Metodo delle correnti d’anello modificato

Il metodo modificato è uguale al precedente ma supera la limitazione, infatti ammette generatori


ideali di corrente detti ”lati anomali”.
Procedimento: Supponendo che ci sia un solo lato anomalo, trattiamo il generatore ideale
di corrente come se fosse un GIT con tensione impressa Vj (che in realtà è l’incognita del
problema). Aggiungiamo VJ alle somme algebriche delle tensioni e aggiungiamo al sistema di
n − 1 equazioni: Kr − Ks = J

22
Primo Parziale

1.8 Lezione 8
1.8.1 Teorema di sovrapposizione degli effetti

Enunciato: In una rete lineare (bipoli affini rappresentati da una retta sul piano i,v) la tensione
Vh (corrente Ih ) del generico lato ah è uguale alla somma delle tensioni Vhk (correnti Ihk ) che si
ottengono in quel lato facendo agire uno alla volta i generatori ideali Ek e Jk . Ogni Vhk (Ihk ) è
proporzionale alla grandezza impressa Ek o Jk che agisce di volta in volta.

1.8.2 Metodo di sovrapposizione degli effetti

Dal teorema precedente si può ricavare un metodo per l’analisi delle reti lineari.
Procedimento: Se si assume che siano presenti r generatori ideali di tensione Ek nei lati da
1 a r. E si assume anche che siano presenti (t − r) generatori ideali di corrente Jk nei lati da
r + 1 a t. Allora per ogni lato h-esimo vale:

X t r
X Xt

 V = Vhk = ahk Ek + rhk Jk
 h


k=1 k=1 k=s
 Xt Xr Xt

 Ih = Ihk = ghk Ek + βhk Jk


k=1 k=1 k=s

NB: La sovrapposizione degli effetti non si applica alle potenze!


Non è possibile infatti calcolare la potenza separatamente come contributi dei singoli generatori
perché si perdono dei pezzi. Vanno calcolate tensione e corrente totali e poi si può trovare la
corrente.
Vantaggi: Quando si fa agire un singolo generatore si ottiene una rete di resistori alimentata
da quel solo generatore e ad essa si applicano le riduzioni (serie /parallelo) che rendono agevole
la soluzione. (Cioè i singoli sotto problemi sono semplici).
Svantaggi: Bisogna risolvere tante reti quanti sono i generatori ideali presenti nella rete origi-
nale. (Nell’analisi manuale è un metodo meccanico ma che può diventare molto lungo e ingom-
brante se una rete è complessa, in generale è preferibile non usare questo metodo.)

1.8.3 Teorema dei generatori equivalenti

Enunciato: Se di una rete si considerano accessibili due soli nodi A e B, essa costituisce un
bipolo avente terminali A e B: I teoremi dei generatori equivalenti affermano che, se la rete è
lineare, tale bipolo presenta ai terminali il medesimo comportamento di un singolo generatore
lineare.
(Teorema del libro)

1.8.4 Teorema di Thevenin

NB: Molto importante sia concettualmente sia praticamente.


Enunciato: Una rete lineare, accessibile solo da due nodi
1 e 1’ che costituiscono una porta,in grado di funzionare
a vuoto, equivale al generatore affine di tensione che, con-
venzionato da generatore, ha equazione caratteristica:

V = Eeq − Req I
V0
dove Eeq = V0 è la tensione a vuoto e Req = Ri = Icc
che
è la resistenza a generatori spenti.

23
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

Dimostrazione: Si usa il teorema della sostituzione. Per il procedimento vedi quaderno.

1.8.5 Teorema di Norton

NB: É lo speculare di Thevenin.


Enunciato: Una rete lineare, accessibile solo a due nodi
1 e 1’ che costituiscono una porta, in grado di funzionare
in cortocircuito, equivale al generatore affine di corrente
che, convenzionato da generatore, ha equazione caratter-
istica:
I = Jeq − Geq V
dove Jeq = Icc è la corrente in corto circuito e
Geq = Gi = IVcc0 che è la conduttanza a generatori spenti.

Dimostrazione: Stesso schema di Thevenin (vedi quaderno)

1.8.6 Casi particolari

• Caso in cui NON posso applicare l’equivalente di Thevenin


Esempio:

Non posso applicare il teorema di Thevenin perché il circuito non può lavorare a vuoto,
infatti a circuito aperto dovrebbe essere Jeq = 0 e invece Jeq = J3 .
(Posso però applicare Norton)

• Caso in cui NON posso applicare l’equivalente di Norton


Esempio:

Non posso applicare il teorema di Norton perché il circuito non può lavorare in corto
circuito, infatti a circuito chiuso dovrebbe essere Eeq = 0 e invece Eeq = E3 .
(Posso però applicare Thevenin)

24
Primo Parziale

1.9 Lezione 9
1.9.1 Doppi bipoli

Il doppio bipolo è un componente elettrico di tipo quadropolo, cioè quattro morsetti, i quali
vengono raggruppati a due a due in porte.
NB: Generalmente convenzionati da utilizzatori.
Se sono governati da equazioni di ordine 0 (che non hanno derivate), sono 2 eq. in 4 incognite
→ 2 gradi di libertà, esplicitando queste equazioni in termini di tensioni e correnti alle porte si
ottengono delle equazioni che vengono dette: equazioni dei doppi bipoli esplicite

1.9.2 Doppi bipoli affini

Sono
( i doppi bipoli adinamici descritti de equazioni algebriche a coefficienti reali:
y1 = a11 x1 + a12 x2 + b1
y2 = a21 x1 + a22 x2 + b2

1.9.3 Doppi bipoli affini inerti

Sono i doppi bipoli adinamici che hanno x = 0 t.c. y = 0 descritti de equazioni algebriche a
coefficienti reali:
(
y1 = a11 x1 + a12 x2
y2 = a21 x1 + a22 x2

1.9.4 Equazioni dei doppi bipoli esplicite

Le rappresentazioni vengono ora approfondite:


NB: Convenzione degli utilizzatori.

25
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

1.9.5 Rappresentazione controllata in corrente

Controllata in corrente significa che


 vengono
 esplicitate
 le tensioni.

i1 v1 R11 R12
Dalla relazione: v = Ri dove i = ,v = ,R = si può scrivere il sistema di
i2 v2 R21 R22
equazioni lineari: (
v1 = R11 i1 + R12 i2
v2 = R21 i1 + R22 i2

dove la matrice R è detta matrice delle resistenze o matrice ”a vuoto”. I coefficienti si ricavano
dal sistema precedente facendo un aperto ad un momento sulla porta 1 e poi sulla 2:

• R11 = v1
|
i1 i2 =0
resistenza a vuoto porta 1 (autoresistenza)

• R22 = v2
|
i2 i1 =0
resistenza a vuoto porta 2 (autoresistenza)

• R12 = v1
|
i2 i1 =0
resistenza di trasferimento tra porta 1 e 2 (mutua resistenza)

• R21 = v2
|
i1 i2 =0
resistenza di trasferimento tra porta 2 e 1 (mutua resistenza)

NB: Tutti i coefficienti sono resistenze → unità di misura [Ω]

1.9.6 Rappresentazione controllata in tensione

É il caso analogo al precedente ma con i ruolidi tensionee correnteinvertiti.


i v G11 G12
Dalla relazione: i = Gv dove i = 1 , v = 1 , G = si può scrivere il sistema
i2 v2 G21 G22
di equazioni lineari: (
i1 = G11 v1 + G12 v2
i2 = G21 v1 + G22 v2

dove la matrice G è detta matrice delle conduttanze o matrice ”a vuoto”. I coefficienti si rica-
vano dal sistema precedente mettendo in corto circuito la porta 1 e poi la 2:

• G11 = i1
|
v1 v2 =0
conduttanza in corto circuito porta 1 (autoconduttanza)

• G22 = i2
|
v2 v1 =0
conduttanza in corto circuito porta 2 (autoconduttanza)

• G12 = i1
|
v2 v1 =0
conduttanza di trasferimento tra porta 1 e 2 (mutua conduttanza)

• G21 = i2
|
v1 v2 =0
conduttanza di trasferimento tra porta 2 e 1 (mutua conduttanza)

NB: Tutti i coefficienti sono conduttanze → unità di misura [S]

26
Primo Parziale

1.9.7 Rappresentazione ibrida 1

I termini che vengono esplicitati sono misti, uno di tensione e uno di corrente, e appartengono
uno ad una porta, uno
 all’altra.
   
v1 i1 h11 h12
Dalla relazione: = h dove h = si può scrivere il sistema di equazioni
i2 v2 h21 h22
lineari: (
v1 = h11 i1 + h12 v2
i2 = h21 i1 + h22 v2

NB: In questo caso bisogna fare attenzione perché i parametri della matrice h (detta matrice
ibrida 1) non hanno tutti la stessa unità di misura!
In questo caso i coefficienti della matrice ibrida 1 si ricavano mettendo in corto la porta 2 o in
aperto la porta 1:

• h11 = v1
|
i1 v2 =0
[Ω] resistenza in corto porta 1 (autoresistenza)

• h22 = i2
|
v2 i1 =0
[S] conduttanza a vuoto porta 2 (autoconduttanza)

• h12 = v1
|
v2 i1 =0
[adimensionale] rapporto di trasferimento di tensione

• h21 = i2
|
i1 v2 =0
[adimensionale] rapporto di trasferimento di corrente

1.9.8 Rappresentazione ibrida 2

NB: É il caso duale


 al precedente.
   
i1 v1 g11 g12
Dalla relazione: = g dove g = si può scrivere il sistema di equazioni
v2 i2 g21 g22
lineari: (
i1 = g11 v1 + g12 i2
v2 = g21 v1 + g22 i2

NB: Anche in queso caso i parametri della matrice g (detta matrice ibrida 2) non hanno tutti
la stessa unità di misura!
In questo caso i coefficienti della matrice ibrida 2 si ricavano mettendo in corto la porta 1 o in
aperto la porta 2:

• g11 = i1
|
v1 i2 =0
[S] conduttanza a vuoto porta 1 (autoconduttanza)

• g22 = v2
|
i2 v1 =0
[Ω] resistenza in corto porta 2 (autoresistenza)

• g12 = i1
|
i2 v1 =0
[adimensionale] rapporto di trasferimento di corrente

• g21 = v2
|
v1 i2 =0
[adimensionale] rapporto di trasferimento di tensione

27
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

1.9.9 Rappresentazione di trasmissione 1

In questa rappresentazione
  a sinistra
 dell’uguale
 troviamo
 le grandezze della porta 1
v1 v2 A B
Dalla relazione: = T dove T = si può scrivere il sistema di equazioni
i1 −i2 C D
lineari: (
v1 = Av2 − Bi2
ii = Cv2 − Di2

NB: Prestare attenzione al fatto che fin’ora tutto era in convenzione dell’utilizzatore ma in
questo caso è conveniente (non obbligatorio) prendere i2 con segno negativo.
I coefficienti della matrice T detta matrice di trasmissione 1 vengono cosı̀ definiti:

• A= v1
|
v2 i2 =0
[adimensionale]

• D = − ii12 |v2 =0 [adimensionale]

• B = − vi11 |v2 =0 [Ω]

• C= i1
|
v2 i2 =0
[S]

NB: I coefficienti adimensionali si trovano sulla diagonale.

1.9.10 Rappresentazione di trasmissione 2

In questa rappresentazione a sinistra dell’uguale


 troviamo
 le grandezze della porta 2
0 0
  
v2 v A B
Dalla relazione: = T 0 1 dove T 0 = si può scrivere il sistema di equazioni
−i2 i1 C 0 D0
lineari: (
v2 = A0 v1 + B 0 i1
−i2 = C 0 v1 + D0 i1

NB: Anche in questo caso è conveniente (non obbligatorio) prendere i2 con segno negativo.
I coefficienti della matrice T’ detta matrice di trasmissione 2 vengono cosı̀ definiti:

• A0 = v2
|
v1 i1 =0
[adimensionale]

• D0 = − ii12 |v1 =0 [adimensionale]

• B0 = v2
|
i2 v1 =0
[Ω]

• C 0 = − vi21 |i1 =0 [S]

NB: I coefficienti adimensionali si trovano sulla diagonale.

1.9.11 Relazioni tra le rappresentazioni

G = R−1 , g = h−1 , T 0 = T −1

28
Primo Parziale

1.9.12 Ricavare i coefficienti delle matrici

Per ricavare i coefficienti che compongono le sei matrici vanno azzerati uno per volta i valori di
tensione e corrente delle due porte.
Facciamo un esempio per chiarire, dato un doppio bipolo:

Allora si ricavano i coefficienti delle matrici per le rappresentazioni in questo modo:

1.9.13 Casi critici-patologici

Ci sono dei casi in cui potrebbe non esistere la matrice delle resistenze o quella delle condut-
tanze, cioè dei casi in cui non si può utilizzare la rappresentazione controllata in corrente o
tensione. (Questo succede perché in alcuni casi ponendo uguale a zero la tensione o la corrente
si ottiene un coefficiente che tende ad infinito, il che non ha senso). Di seguito due esempi
caratteristici:

29
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

1.9.14 Collegamento in serie del DB

Il collegamento in serie di doppio bipolo corrisponde al


collegamento in serie delle singole porte.

v = va + vb = Ra ia + Rb ib = (Ra + Rb )i = Rs i
Rs = Ra + Rb

1.9.15 Collegamento in parallelo del DB

Il collegamento in parallelo di doppio bipolo corrisponde


al collegamento il parallelo delle rispettive porte.

i = ia + ib = Ga va + Gb vb = (Ga + Gb )v = Gp v
Gp = Ga + Gb

1.9.16 Collegamento a cascata del DB


Il collegamento a cascata è un collegamento ”nuovo”, che
non sarebbe possibile per un bipolo. Questo tipo di col-
legamento si costruisce quando si attacca la porta 1 alla
porta 2.
Per i collegamenti a cascata la rappresentazione più prat-
ica è la rappresentazione in trasmissione.
NB: Qui torna comodo aver preso per convenzione −i2 .
   
va1 va2
• Doppio bipolo a: = Ta
ia1 −ia2
   
vb1 vb2
• Doppio bipolo b: = Tb
ib1 −ib2
Considerando che ia2 = −ib1 e va2 = vb1 , si ottiene:
         
va1 va2 vb1 vb2 vb2
= Ta = Ta = Ta Tb = Tc
ia1 −ia2 ib1 −ib2 −ib2

dove Tc = Ta Tb
NB: Ricorda che le matrici di trasferimento hanno il compito di prendere le tensioni e le correnti
di una porta e trasformarle nei valori di un’altra.

30
Primo Parziale

1.9.17 Trasformatore ideale

É un caso di doppio bipolo inerte molto particolare.


Il trasformatore ideale è il modello idealizzato del trasformatore reale, che è un componente in
grado di amplificare le tensioni e le correnti.

 v1 = nv2
Valgono le relazioni:
i1 = − 1 i2
n
dove n è dettorapporto di trasformazione.

NB: Esistono solo quattro rappresentazioni perché non si possono scrivere le matrici di resistenza
e conduttanza.

Il trasformatore ideale gode di 3 importanti proprietà:

• Trasparente alla potenza p(t) = v1 (t)i1 (t) + v2 (t)i2 (t) = 0


Cioè la potenza che alla porta 1 è uguale a quella alla porta 2

• Amplifica tensioni o correnti se n 6= 1 (Se aumenta la tensione diminuisce la corrente


e viceversa)

• Trasferimento di resistenza Praticamente se interpongo tra una porta e una resistenza


un trasformatore ideale posso cambiare la resistenza percepita. Vale la formula: Req =
n2 R

NB: Se si unisce quanto visto nel teorema di massimo trasferimento di potenza e la proprietà di
trasferimento di resistenza di un trasformatore ideale, si capisce che data una rete con un GAT
e un resistore (con valori di Ri e Ru determinati), allora è possibile ottenere la configurazione
di massimo trasferimento di potenza, interponendo tra il GAT e il resistore un q trasformatore
ideale che renda Ru percepita = Ri scegliendo un opportuno valore di n: n = RRui

31
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

1.10 Lezione 10
1.10.1 Proprietà dei doppi bipoli adinamici

NB: Si tratta di un argomento non presente sul libro e riguardo al quale non saranno presenti
domande nel compitino.
I doppi bipoli adinamici godono di 4 proprietà fondamentali:
• Reciprocità: se il rapporto tra effetto alla porta 1 e la sua causa alla porta 2 è uguale
al rapporto tra un effetto alla porta 2 e la sua causa alla porta 1

• Simmetria: se le porte 1 e 2 possono essere scambiate senza che cambino le tensioni e


le correnti alle porte. (La simmetria implica la reciprocità, non il viceversa).

• Passività: un DB passivo in regime stazionario non eroga potenza elettrica netta. (pro-
prietà già vista nei bipoli)

• Non amplificazione: se alimentando una sola porta questa ha moduli di tensione e


corrente non minori di quelli dell’altra porta non alimentata.

32
Primo Parziale

1.10.2 Sintesi del doppio bipolo resistivo

La sintesi di DB resistivo consiste nell’individuazione di una rete accessibile a due porte che
imponga relazioni prestabilite tra le tensioni e le correnti.
Un DB resistivo deve soddisfare le proprietà di passività, reciprocità (R12 = R21 ), non amplifi-
cazione.
Quindi un DB resistivo può essere sintetizzato da una rete di resistori, avendo 3 parametri liberi
di variare (R11 , R22 , R12 = R21 ) allora la rete deve essere composta da almeno 3 resistori per
fare la sintesi.
I 3 resistori possono essere disposti secondo 2 configurazioni: stella o triangolo.
Riassumendo: Data una rete (più o meno complicata) e la sua matrice R o G, ci viene chiesto
di trovare 3 resistori disposti a stella o a triangolo in grado di restituire il comportamento della
rete.

1.10.3 Sintesi a STELLA

NB: Viene anche detta sintesi a ”T”


Per la sintesi a stella si possono verificare due casi:

• [CASO 1] R12 = R21 > 0



LKT : v1 = va + vc

Applicando Kirchhoff: LKT : v2 = vb + vc

 LKC : i = i + i
c 1 2
(
v1 = Ra i1 + Rc ic = (Ra + Rc )i1 + Rc i2
da cui si ottiene:
v2 = Rb i2 + Rc ic = (Rb + Rc )i2 + Rc i1
 

 R 11 = (R a + Rc ) Ra = R11 − R12

Dalla rappresentazione controllata in corrente: R22 = (Rb + Rc ) → Rb = R22 − R21

R =R =R 
R = R = R
12 21 c c 12 21

• [CASO 2] R12 = R21 < 0 


 LKT : v1 = va + vc

Applicando Kirchhoff: LKT : v2 = −vb − vc

 LKC : i = i − i
c 1 2
(
v1 = Ra i1 + Rc ic = (Ra + Rc )i1 − Rc i2
da cui si ottiene:
v2 = Rb i2 − Rc ic = (Rb + Rc )i2 − Rc i1
 
 R11 = (Ra + Rc )
 
 Ra = R11 − R12
Dalla rappresentazione controllata in corrente: R22 = (Rb + Rc ) → Rb = R22 − R21

R = R = −R 
R = −R = −R
12 21 c c 12 21

1.10.4 Sintesi a TRIANGOLO

NB: Viene anche detta sintesi a ”Π”


Per la sintesi a triangolo si possono verificare due casi:

• [CASO 1] R12 = R21 < 0

33
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega


 LKC : i1 = ia + ic

Applicando Kirchhoff: LKC : i2 = ib − ic

LKT : v = v − v
c 1 2
(
i1 = Ga v1 + Gc vc = (Ga + Gc )v1 − Gc v2
da cui si ottiene:
i2 = Gb v2 − Gc vc = (Gb + Gc )v2 − Gc v1
 

 G 11 = (G a + Gc ) 
 Ga = G11 + G12
Dalla rappresentazione controllata in tensione: G22 = (Gb + Gc ) → Gb = G22 − G21

G = G = −G 
G = −G = −G
12 21 c c 12 21

• [CASO 2] R12 = R21 > 0



 LKC : i1 = ia + ic

Applicando Kirchhoff: LKC : i2 = −ib + ic

 LKT : v = v + v
c 1 2
(
i1 = Ga v1 + Gc vc = (Ga + Gc )v1 + Gc v2
da cui si ottiene:
i2 = Gb v2 + Gc vc = (Gb + Gc )v2 + Gc v1
 

 G 11 = (G a + Gc ) Ga = G11 − G12

Dalla rappresentazione controllata in tensione: G22 = (Gb + Gc ) → Gb = G22 − G21
 
G12 = G21 = Gc Gc = G12 = G21
 

1.10.5 Riassunto della ”sintesi del doppio bipolo resistivo”

Come si usa tutto questo?


Dato un DB e la sua matrice R (rispettivamente G) possiamo descrivere il comportamento
interno tramite la sintesi a stella (rispettivamente a triangolo)
NB: Ricorda che nella stella i morsetti vanno ”invertiti” quando R12 = −R21 < 0, al contrario
nel triangolo i morsetti vanno ”invertiti” quando G12 = G21 > 0

1.10.6 Generatori pilotati

Sono dispositivi realizzati con componenti elettronici e permettono anche di realizzare reti
equivalenti a particolari bipoli e doppi bipoli inerti ideali.
Un generatore pilotato è un doppio bipolo costituito da due lati distinti:

• [LATO 1] (per convenzione collegato alla porta 1) è un CA o un CC.


La grandezza non nulla (tensione se è un CA, corrente se è un CC) è detta grandezza
di comando
NB: Non scambia potenza

• [LATO 2] (per convenzione collegato alla porta 2) imprime una grandezza (tensione
o corrente) che è funzione della grandezza di comando, viene quindi detta grandezza
pilota

NB: Vengono solo considerati legami tra grandezze di comando e grandezze pilotate di tipo
lineare e tempo invarianti, perciò la proporzionalità è una costante.
NB: Vi sono 4 tipologie di generatori pilotati. NB: Il simbolo di rombo indica che il generatore
è pilotato.

34
Primo Parziale

1.10.7 GTPT

(
i1 = 0
Di equazioni:
v2 = ev = αv1
NB: Questa è la rappresentazione
 ibrida 2 la cui ma-
0 0
trice è: g =
α 0

Dove α è detto guadagno di tensione.


Riferendo le equazioni solo alla porta
 1 1 sitrovano le equazioni della rappresentazione di trasmis-
0
sione 1 e la relativa matrice: T = α
0 0
NB: Non sono utilizzabili altre rappresentazioni.

1.10.8 GTPC

(
v1 = 0
Di equazioni:
v2 = ej = r i1
NB: Questa è la rappresentazione
 controllata in cor-
0 0
rente la cui matrice è: R =
r 0

Dove r è detto resistenza mutua.


Riferendo le equazioni solo alla porta
 1 sitrovano le equazioni della rappresentazione di trasmis-
0 0
sione 1 e la relativa matrice: T = 1
r
0
NB: Non sono utilizzabili altre rappresentazioni.

1.10.9 GCPT

(
i1 = 0
Di equazioni:
i2 = Jv = g v1
NB: Questa è la rappresentazione
 controllata in ten-
0 0
sione la cui matrice è: R =
g 0

Dove g è detta conduttanza mutua.


Riferendo le equazioni solo alla porta
 1 si 1trovano
 le equazioni della rappresentazione di trasmis-
0 −g
sione 1 e la relativa matrice: T =
0 0
NB: Non sono utilizzabili altre rappresentazioni.

35
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

1.10.10 GCPC

(
v1 = 0
Di equazioni:
i2 = Ji = βi1
NB: Questa èla rappresentazione
 ibrida 1 la cui ma-
0 0
trice è: R =
β 0

Dove β è detta guadagno in corrente.


Riferendo le equazioni solo alla porta
 1 si trovano
 le equazioni della rappresentazione di trasmis-
0 0
sione 1 e la relativa matrice: T =
0 − β1
NB: Non sono utilizzabili altre rappresentazioni.

36
Secondo Parziale

2 Secondo Parziale
2.1 Lezione 11
2.1.1 Introduzione

Nello studio dei campi elettromagnetici si incontrano fenomeni non stazionari la cui descrizione
richiede l’introduzione di equazioni integrali o differenziali nel tempo e nello spazio.
Perciò, per descrivere questo comportamento, è necessario un nuovo modello di rete elettrica e
nuovi bipoli. In particolare:
• Bipolo condensatore
• Bipolo induttore
NB: Oltre al campo elettrico E(P, t) è utile considerare anche lo spostamento dielettrico D(P, t)

2.1.2 Relazione costitutiva del dielettrico

Lo spostamento dielettrico D(P, t) è molto utile da introdurre nei materiali dielettrici (isolanti)
nei quali J (P, t) è trascurabile.
D(P, t) =  E(P, t)
dove  è detta permittività dielettrica del mezzo isolante. Se  non varia nello spazio allora il
materiale è uniforme, se  non varia nel tempo viene detta costante dielettrica.
Caso particolare: Costante dielettrica del vuoto  = 0 = 8, 86 · 10−12 VCm

2.1.3 Legge di Gauss

Consideriamo una superficie chiusa S che racchiude un


volume τS con versore n uscente. Vale la legge di Gauss:
I Z
D n dS = Q = δcl dτ
S τS

dove δcl è la densità di carica libera.


Per il teorema della divergenza: ∇D = δcl
Nel caso di conduttori la carica risiede sulla superficie.

2.1.4 Polarizzazione

La relazione costitutiva si può scrivere anche in altri modi:


• D(P, t) = 0 r E(P, t)
• D(P, t) = 0 E(P, t) + P (P, t) = D0 (P, t) + P (P, t)
P (P, t) è il termine correttivo detto polarizzazione del materiale, indica come il materiale
”reagisce” al campo elettrico.

2.1.5 Rigidità dielettrica

I materiali dielettrici si dividono in materiali polari e apolari. Per le sostanze polari il baricentro
delle cariche positive è diverso da quello delle cariche negative, mentre in quelle apolari coincide.
I dielettrici sono caratterizzati da una soglia del campo elettrico detta rigidità dielettrica.
Quando viene superata questa soglia avviene la ”rottura del dielettrico”, e il materiale che
prima era isolante si comporta come un conduttore.

37
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

2.1.6 Bipolo condensatore ideale

Il condensatore ideale (o lineare) è un bipolo ideale adi-


namico che individua fenomeni elettromagnetici che non
venivano rappresentati dai bipoli visti in precedenza.
É governato dalla relazione q(t) = C v(t)

NB: Dalla relazione precedente discende che in regime stazionario il condensatore ideale equiv-
ale ad un circuito aperto, infatti: dq(t)
dt
= i(t) = C dv(t)
dt
e in regime stazionario dv(t)
dt
= 0 perciò
I=0

In certi casi particolari la capacità C del condensatore può essere calcolata, ad esempio quando
le armature sono piane: R R
Q v
δ dv D · dS S
C= =R = RS =
V l
E · dl l
E · dl d
dove √
S è la superficie delle armature e d è la distanza tra loro, la relazione è valida quando
d S

2.1.7 Energia capacitiva

Sapendo che si può esprimere il lavoro entrante in un condensatore ideale come:


Z t2 Z v2
Cv22 Cv12
L(t1 , t2 ) = p dt = C v dv = −
t1 v1 2 2

si può definire l’energia del condensatore detta: energia capacitiva wc come:

Cv 2 qv q2
wc = = =
2 2 2c
posto come riferimento wc = 0 il livello zero di energia che si ha quando v = 0.
Essendo wc = wc (v) = wc (q) si dice che l’energia capacitiva è una funzione di stato della
tensione v(t) e della carica q(t) che sono dette variabili di stato del condensatore.
NB: Ricorda che il condensatore, anche se è in grado di erogare energia, è un componente
passivo.

38
Secondo Parziale

2.2 Lezione 12
2.2.1 Introduzione

In questa lezione si trattano i presupposti fisici che condurranno alla definizione del bipolo
induttore.

2.2.2 Ripasso
Come già visto in fisica 2, un conduttore filiforme percorso da cor-
rente genera campo magnetico, secondo la legge d Biot-Savart:
i
H= uθ
2πr
dove H è il campo magnetico.
Per forme più generiche vale la legge di Ampere:
”La circuitazione di H lungo un qualunque percorso chiuso è uguale alla corrente concatenata
totale” I
H · t dl = N i
l

2.2.3 Induzione magnetica

Oltre al campo magnetico H(P, t) è utile considerare anche l’induzione magnetica


B(P, t) = µ H(P, t)
dove µ è la permeabilità magnetica del mezzo. Se µ non varia nello spazio il materiale è
uniforme, se µ non varia nel tempo è detta costante magnetica.
Caso particolare: Costante magnetica nel vuoto µ = µ0 = 4π · 10−7 H
m

2.2.4 Solenoidalità di B

NB: É facile dimostrare che il campo B(P, t) induzione magnetica è solenoidale applicando il
teorema della divergenza.
Considerando una superficie chiusa S che racchiude un volume τS con versore n uscente dalla
superficie, sappiamo che il flusso di B su una superficie chiusa è nullo:
Z I
∇B dτ = B · n dS = 0
τ S

da cui discende che ∇B = 0 cioè il campo è solenoidale.


NB: Il significato di campo solenoidale è che non esistono sorgenti o pozzi del campo. (le linee
sono chiuse = non esistono monopoli magnetici).

39
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

2.2.5 Il flusso di B attraverso una superficie aperta

Considerando una superficie aperta S racchiusa da un bordo γ e con versore n uscente dalla
superficie, definiamo il flusso di B attraverso di essa:
Z
Φ= B · n dS
S

NB: Il flusso dipende dal bordo γ e non dalla superficie che poggi asu di esso.
NB: Se il bordo è composto da N avvolgimenti è come se la superficie venisse attraversata N
volte, perciò si ha: ΦN = N Φ detto flusso concatenato.

2.2.6 Campo elettrico indotto e f.e.m.

Ripasso:
A inizio corso si era visto che il campo elettrico è: E = Ec + Ei
dove Ec è il campo elettrico coulombiano (conservativo) e Ei è il campo elettrico indotto (non
conservativo, rotazionale).
Allora si può definire la f.e.m. come:
I I I
e = Ei · t dl = (Ei + Ec ) · t dl = E · t dl
l l l

perché la circuitazione del campo elettrico coulombiano EC è un contributo nullo.

2.2.7 Legge di Faraday-Neumann-Lenz


Sperimentalmente si osserva che:
I I
dΦN d
e = Ei · t dλ = − =− B · n dS
λ dt dt Sλ
da cui la relazione:
dΦN
e=−
dt

A parole: La fem indotta, nel caso insista su un conduttore, mette in moto le cariche in esso
presenti in modo che la corrente che fluisce ”tende a opporsi alla variazione di flusso di campo
magnetico.”
Inoltre dal teorema di Stokes:

∇×E =− b
∂t

A parole: Le fem possono essere indotte sia da variazioni di B sia da movimenti della linea di
integrazione (in quest’ultimo caso: fem mozionali).

2.2.8 Coefficiente di autoinduzione

Unendo le precedenti osservazioni si nota che esiste una catena di proporzionalità (α):

ΦN α B α H α i

In particolare facendo il rapporto fra il flusso concatenato e la corrente si trova il coefficiente


di autoinduzione L:
ΦN
L= , L>0
i

40
Secondo Parziale

NB: Il coefficiente dipende solo da µ e dalla geometria della spira.


NB: Questa proporzionalità vale sia in regime stazionario sia in regime variabile.
Unita di misura: [H]=[Ωs]

2.2.9 Induttore ideale

L’induttore ideale (o lineare) è un bipolo ideale dinamico che in-


dividua fenomeni elettromagnetici che non venivano rappresentati
dai bipoli visti in precedenza.
É governato dalla relazione ϕ(t) = L i(t)

NB: Dalla relazione precedente discende che in regime stazionario l’induttore ideale equivale ad
un corto circuito, infatti: dϕ(t)
dt
= v(t) = L di(t)
dt
e in regime stazionario di(t)
dt
= 0 perciò V = 0

2.2.10 Energia induttiva

Sapendo che si può esprimere il lavoro entrante in un induttore ideale come:


Z t2 Z i2
Li2 Li2
L(t1 , t2 ) = p dt = L i di = 2 − 1
t1 i1 2 2

si può definire l’energia dell’induttore detta: energia induttiva wL come:

L i2 ϕi ϕ2
wL = = =
2 2 2L
posto come riferimento wL = 0 il livello zero di energia che si ha quando i = 0.
Essendo wL = wL (i) = wL (ϕ) si dice che l’energia induttiva è una funzione di stato della
corrente i(t) e del flusso ϕ(t) che sono dette variabili di stato dell’induttore.
NB: Ricorda che l’induttore, anche se è in grado di erogare energia, è un componente passivo.

41
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

2.3 Lezione 13
2.3.1 Regime sinusoidale

Lo studio delle reti che hanno tensioni e correnti tempo varianti è particolarmente agevole per
andamenti temporali di tipo sinusoidale quando tutti i componenti hanno la stessa frequenza.
In questo caso è possibile applicare metodi propri delle reti lineari opportunamente generaliz-
zati (semplicità di analisi).
NB: La maggior parte delle reti elettriche lavora a frequenze di 50 o 60 Hz.
NB: Anche molti sistemi elettrici di segnale si prestano a trattazione in regime sinusoidale.
NB: Anche sistemi elettrici con andamenti periodici non sinusoidali, ricorrendo alla scompo-
sizione in serie di Fourier, possono essere studiati come reti sinusoidali.

2.3.2 Funzione periodica

Una funzione si dice periodica se si ripete uguale a se stessa ogni


periodo di tempo T .
NB: É molto utile esprimere la frequenza f , cioè la rapidità di
variazione di una funzione periodica f = T1

2.3.3 Caratteristiche delle funzioni periodiche

• Valore medio: A0 = T1 T a(t) dt


R

NB: Il valore medio di una sinusoide è sempre 0

• Valore medio modulo: Am = T1 T | a(t) | dt


R

NB: Equivale al valore medio di una semi-onda


q R
• Valore efficace A = T1 T a(t)2 dt (molto importante!!)
NB: In inglese RMS, cioè: Root Mean Square

• Fattore di forma: kf = A
Am

2.3.4 Funzioni sinusoidali

É un caso particolare delle funzioni periodiche.


Caratteristiche che definiscono univocamente una sinusoidale.

• AM : ampiezza (o valore massimo)

• ω: pulsazione (o frequenza angolare)


NB: In molti casi verrà dato per scontato che è 50Hz.

• α: fase iniziale

Altra definizione utile, l’argomento del seno (ω t + α) è detto: fase istantanea

42
Secondo Parziale

2.3.5 Equazione di una sinusoide

• Equazione di una sinusoide con il seno: a(t) = AM sen(ω t + α)

• Equazione di una sinusoide con il coseno: a(t) = AM cos(ω t + α − π2 ) = AM cos(ω t + δ)

NB: cos(α) = sen(α + π2 ) ⇐⇒ sen(α) = cos(α − π2 )


NB: Altra relazioni utili sono: T = 2π
ω
ω
, f = 2π , ω = 2πf = 2π
T

2.3.6 Caratteristiche delle funzioni sinusoidali

• Valore medio: A0 = 0

• Valore medio modulo: Am = π2 AM ∼


= 0, 63AM

• Valore efficace A = A
√M ∼
= 0, 707AM
2

• Fattore di forma: kf = π
√ ∼
= 1.11
2 2

2.3.7 Funzioni sinusoidali isofrequenziali

Più funzioni sinusoidali sono dette isofrequenziali se hanno uguale frequenza f e quindi anche
uguale periodo T e uguale pulsazione ω.
(Definizione alternativa: Un insieme di funzioni sinusoidali isofrequenziali è caratterizzato da
una ω comune a tutte le f ).
NB: In una rete elettrica lineare in cui i generatori sono sinusoidali tutti della stessa frequenza,
ad un certo momento dopo l’accensione della rete, tutte le grandezze della rete diventano
sinusoidi con la stessa frequenza dei generatori. Cioè, le funzioni di una rete che opera in
regime sinusoidale sono isofrequenziali.

2.3.8 Sfasamento
(
a(t) = AM sen(ω t + α)
Date due funzioni isofrequenziali
b(t) = BM sen(ω t + β)
Lo sfasamento ϕ è definito come la differenza tra le fasi istantanee di a(t) e b(t)

ϕ = (ω t + α) − (ω t + β) = α − β

2.3.9 Casi particolari dello sfasamento

• se ϕ > 0 a(t) anticipa b(t) [rispettivamente: b(t) ritarda su a(t)]


• se ϕ < 0 a(t) ritarda su b(t) [rispettivamente: b(t) anticipa a(t)]
• se ϕ = 0 le funzioni sono in fase
• se ϕ = ±π le funzioni sono in opposizione di fase
• se ϕ = π
2
a(t) è in quadratura di anticipo su b(t)
• se ϕ = − π2 a(t) è in quadratura di ritardo su b(t)

43
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

2.3.10 Analisi di una rete sinusoidale

Per risolvere una rete elettrica (anche nel caso sinusoidale) abbiamo a disposizione due stru-
menti:
• Leggi di Kirchhoff (che corrispondono a operazioni di addizione o sottrazione tra funzioni)
• Relazioni delle caratteristiche esterne degli m-poli (che corrispondono a operazioni di
moltiplicazioni per costanti o di derivazione sulle funzioni)
Problema: Le funzioni che governano le reti elettriche sinusoidali sono funzioni trigonomet-
riche, e dover risolvere sistemi di equazioni trigonometriche è molto oneroso, perciò si deve
ricorrere alla rappresentazione simbolica.

2.3.11 Rappresentazione simbolica

L’onerosità delle tre operazioni (addizione, moltiplicazione per una costante e derivazione tem-
porale) sulle sinusoidi può essere semplificata attraverso questi passaggi:
• Trasformazione di Steinmetz: associazione biunivoca di ciascuna sinusoide isofrequenziale
a un numero complesso opportuno secondo la relazione:

a(t) = AM sen(ω t + α) −→ Ā = A eiα

Il risultato della trasformazione, cioè il complesso, è detto: fasore.

NB: Questo è possibile perché sia una sinusoide sia un numero complesso è definito uni-
vocamente da due parametri
• Esecuzione delle operazioni algebriche in campo complesso corrispondenti a quelle delle
sinusoidi, ma più semplici da eseguire.
• Trasformazione dei complessi nelle corrispondenti sinusoidi.

2.3.12 Fasori e proprietà dei complessi

I fasori essendo rappresentati dai numeri complessi possono essere espressi con:
• notazione esponenziale: Ā = A ei α
• notazione cartesiana: Ā = AR + J AI
La relazione tra le due notazioni è stabilita dalla formula di Eulero:

Ā = A ei α = A (cosα + J senα) = AR + J AI

Da cui discendono le relazioni:


( ( p
AR = A cosα A = A2R + A2I
AI = A senα α = arctan( AARI ) + i π

44
Secondo Parziale

NB: Bisogna prestare molta attenzione al calcolo dell’angolo α attraverso l’arcotangente.


Per prima cosa la calcolatrice deve essere in radianti!
Poi c’è il problema dell’indeterminazione del quadrante. Infatti, il valore corretto di α deve
essere coerente con i segni di parte reale e di immaginaria di A, perché si ricorda che il risul-
tato dell’operazione di arcotangente, cosı̀ come viene eseguita con la calcolatrice, è compreso
tra− π2 e π2 . I numeri complessi (fasori) con parte reale negativa, invece, hanno argomento com-
preso tra π2 e 3π 2
: al risultato della calcolatrice perciò si aggiunge il fattore correttivo +iπ con
i = 0, ±1 per prendere il quadrante giusto.
Vedi schema:



se AR > 0 , AI > 0 −→ α = arctan( AARI ) + 0

se AR < 0 , AI > 0 −→ α = arctan( AARI ) + π




< 0 , AI < 0 −→ α = arctan( AARI ) − π

se AR




= 0 , AI > 0 −→ α = π2

se A
R


se AR = 0 , AI < 0 −→ α = − π2
= AI −→ α = π4



se AR

se AR = −AI −→ α = − π4





se AR = 0 , AI = 0 −→ non def inita

2.3.13 Operazioni con i fasori

• Somma di fasori V¯3 = V¯1 + V¯2


Esempio:
Date le funzioni delle due tensioni
pi √
v1 (t) = 80 sen(ω t + ) e v2 (t) = 60 2 sen(ω t)
4
trovare v3 (t) = v1 (t) + v2 (t)
Usando la trasformazione di Steinmentz si trovano i fasori associati alle funzioni:
Fasore di v1 (t) : → V¯1 = √802 ( √12 + J √12 ) = 40 + J40

Fasore di v2 (t) : → V¯2 = 60√22 (1 + J · 0) = 60
I fasori si sommano come dei vettori nel piano di Argand-Gauss, perciò:
¯ V¯ = (40 + J40) + (60) = 100 + J40
V¯3 = V1 + 2

Ora per trovare la funzione della tensione v3 (t) basta svolgere la trasformazione ”inversa”:
( √ √
| V¯3 |= 1002 + 402 = 107, 703 → V3 (t) = 107, 703 2 sen(ω t + 0, 3805)
arg(V¯3 ) = arctan( 100
40
) = 0, 3805

NB: 107, 703 è moltiplicato per 2 perché serve il valore efficace!!
NB: Durante gli esercizi fare attenzione a non confondere i fasori V̄ (che hanno la barra)
con i moduli dei fasori che sono senza barra.

• Moltiplicazione per una costante reale C̄ = k Ā


C̄ è il segmento parallelo ad Ā di lunghezza C =| k | A

• Moltiplicazione per una costante immaginaria pura C̄ = Jω Ā


π
C̄ è il segmento orientato che ha lunghezza C =| w | A ed è ruotato di 2
rispetto ad Ā

45
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

• prodotto tra un fasore e un complesso C̄ = ṘĀ


dove Ṙ = ReJρ
NB: Fare attenzione alla differenza tra la notazione che esprime un complesso ed un fasore,
perché tra i due la differenza è che il complesso non rappresenta la sinusoide.

46
Secondo Parziale

2.4 Lezione 14
(Comportamento dei bipoli in regime sinusoidale)

2.4.1 Potenza istantanea

Bipolo in regime sinusoidale

NB: É convenzionato da utilizzatore !!!!


La potenza istantanea entrante nel bipolo:

pe (t) = v(t)i(t) = VM sen(ω t + α) IM sen(ω t + β)

VM IM VM IM
= cos(α − β) − cos(2ω t + α + β)
2 2
= V I cos(ϕ) − V I cos(2ω t + α + β)
Il primo termine P = V I cos(ϕ) è COSTANTE.
Attenzione perché questa cosa è controituitiva (perché non si direbbe che il prodotto tra sinu-
soidi dia un termine costante) ma è molto importante.
Il secondo termine pf = V I (2ω t + α + β) è detto potenza fluttuante. Ha media nulla !! e
pulsazione doppia.

2.4.2 Casi particolari della potenza istantanea

• ϕ=0 → P =VI
La potenza è sempre positiva, quindi (conv. utiliz.) viene assorbita.

47
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

• ϕ = ±π → P = −V I
La potenza è sempre negativa, quindi (conv. utiliz.) viene erogata.

• ϕ = ± π2 → P = 0
La potenza è sempre nulla.

2.4.3 Potenza attiva

In regime periodico, anche sinusoidale, la potenza attiva (o reale) è la media della potenza
istantanea in un periodo T
1 T
Z
P = p(t) dt
T 0

Questa definizione è utile per calcolare il lavoro scambiato. Infatti, considerando un periodo
di tempo lungo ∆t  T si ha che ∆t = nT + δt (con δt < T ) e il lavoro scambiato in questo
periodo è:
Z Z
L= p(t) dt ' p(t) dt = n T P ' ∆t P
∆t nT

NB: In altre parole, su un periodo di tempo abbastanza lungo è soltanto la potenza attiva a
determinare gli scambi energetici, la potenza fluttuante non vi partecipa (il che è ovvio perché
quest’ultima ha media nulla).
La definizione più utile di potenza attiva è:

P = V I cosϕ

48
Secondo Parziale

2.4.4 Potenza reattiva

Potenza reattiva: Q = V I senϕ


NB: unità di misura [VAR], acronimo di Volt Ampere
Reattivi, e non Watt anche se la dimensione fisica è la Diagramma P-Q
stessa.
In convenzione degli utilizzatori, se la potenza è entrante:

• P > 0: il bipolo assorbe potenza attiva

• P < 0: il bipolo eroga potenza attiva

• Q > 0: il bipolo assorbe potenza reattiva

• Q < 0: il bipolo eroga potenza reattiva

2.4.5 Potenza apparente

Potenza apparente (o potenza dimensionale): S = V I


NB: Unità di misura [VA]
NB: Per le reti in regime sinusoidale non vale la conservazione delle potenze apparenti.

2.4.6 Potenza complessa

Rifacendosi alla rappresentazione simbolica, è definita potenza complessa il prodotto tra V̄ e il


coniugato I¯∗ di I,
¯ che sono i rispettivi fasori delle funzioni sinusoidali di tensione e corrente.
Dall’algebra dei complessi:
Ṡ = V̄ I¯∗ = V ejα (I ejβ )∗

NB: Nella forma esponenziale il coniugato di un complesso differisce solo per il segno della parte
immaginaria.
Ṡ = V ejα I e−jβ = V I ej(α−β) = V I ejϕ

dalla formula di Eulero:


Ṡ = V Icos(ϕ) + jV Isen(ϕ)

Da cui discende che: S =| Ṡ | e che ϕ = arg(Ṡ)


NB: La definizione di potenza complessa è estremamente utile perchè permette di ricavare con
facilità la potenza attiva: P = Re(Ṡ) e la potenza reattiva: Q = Im(Ṡ)

2.4.7 Relazione tra le potenze

• Potenza apparente: S =
p
P 2 + Q2 =| Ṡ |

• Potenza attiva: P = S cosϕ = Re(Ṡ)

• Potenza reattiva: Q = S senϕ = Im(Ṡ)

• Fattore di potenza (cosfi): cosf i = cosϕ = P


S

Q
NB: tan(ϕ) = P

49
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

2.4.8 Strumenti di misura in regime sinusoidale

• Voltometro: misura il valore efficace della tensione.


NB: il valore efficace è sempre positivo, quindi non sono differenziati i morsetti.
Caso particolare: voltometro ideale, corrente nulla nei cordoni.
• Amperometro: misura il valore efficace della corrente.
NB: il valore efficace è sempre positivo, quindi non sono differenziati i morsetti.
Caso particolare: amperometro ideale, tensione nulla ai morsetti.
• Wattometro: misura il valore medio della potenza scambiata, cioè la potenza attiva.
Attenzione: Per questo strumento i morsetti devono essere differenziati per capire se la
potenza entrante è erogata o assorbita.
Wattometro ideale: nulle correnti ai morsetti voltmetrici, nulle tensioni ai morsetti am-
perometrici.
Wattometro integratore (o contatore): Integra nel tempo la potenza istantanea calcolando
il lavoro elettrico.

2.4.9 Resistore ideale in regime sinusoidale

NB: Il resistore è convenzionato da utilizzatore.


Dei componenti conosciamo l’espressione della caratteristica esterna nel dominio del tempo
v(t) = Ri(t), MA queste relazioni NON ci interessano.
Vogliamo studiare i circuiti in una forma che non coinvolga il tempo, per farlo bisogna ”tradurre”
le leggi legate al tempo con le loro contro parti fasoriali.
Per le sinusoidi
i(t) = IM sen(ω t + β)
e
v(t) = R IM sen(ω t + β) = VM sen(ω t + α)
affinché valga la legge di Ohm deve valere la relazione:
VM V
= = R −→ (α − β) = ϕ = 0
IM I
Questa condizione deve essere valida anche per i rispettivi fasori (I¯ = Iejβ , V̄ = V ejα ):
V̄ V j(α−β)
= e =R
I¯ I
da cui si ottiene un’equazione di forma molto simile quella in regime stazionario:
V̄ = RI¯

2.4.10 Potenze del resistore ideale in regime sinusoidale


¯
Viste le relazioni precedenti (ϕ = 0 e V̄ = RI):
V2 I2
• Potenza attiva: P = V I = V I = R I 2 = R
= G
= GV 2
• Potenza reattiva: Q = 0
• Potenza apparente: S = P
Le espressioni della potenza attiva sono formalmente identiche a quelle della potenza (costante)
del regime stazionario. (Dove, al posto dei valori costanti di tensione e corrente si considerano
i rispettivi valori efficaci).
NB: Il valore efficace di una corrente (risp. tensione) sinusoidale produce lo stesso assorbimento
medio di lavoro elettrico che una corrente (risp. tensione) costante di uguale valore!!

50
Secondo Parziale

2.4.11 Induttore ideale in regime sinusoidale

NB: L’induttore ideale è convenzionato da utilizzatore.


L’approccio è analogo al caso del resistore ideale, vale la relazione v(t) = L di(t)
dt
Attenzione allo sfasamento di ϕ = π2 !!
Date:
i(t) = IM sen(ω t + β)
e
π
v(t) = ωL IM sen(ω t + β + ) = VM sen(ω t + α)
2
affinché valga la relazione precedente:
VM V π
= = ω L −→ (α − β) = ϕ =
IM I 2

Applicando questa condizione alla rappresentazione simbolica dei rispettivi fasori (I¯ = Iejβ ,
V̄ = V ejα ):
V̄ V j(α−β)
= e = jωL = j XL
I¯ I
o in alternativa, il reciproco:
I¯ 1 1
= = −j = j BL
V̄ j XL ωL
NB: XL è detta reattanza e BL è detta suscettanza.

2.4.12 Potenze dell’indutture ideale in regime sinusoidale

Viste le relazioni precedenti:

• Potenza attiva: P = V I cos(ϕ) = 0 perché ϕ = π


2

V2 2
• Potenza reattiva: Q = V I = XL I 2 = XL
= − BI L = −BL V 2

• Potenza apparente: S = Q

La potenza reattiva assorbita dall’induttore è pari al valor massimo della potenza istantanea
ed è correlata all’energia induttiva, descrivendo la rapidità con la quale l’energia induttiva è
I2
immagazzinata e resa: | QL |= ωL I 2 = ω L M 2
= ω WLM

2.4.13 Condensatore ideale in regime sinusoidale

NB: Il condensatore ideale è convenzionato da utilizzatore.


É il caso duale a quello dell’induttore, ma con i ruoli di tensione e corrente invertiti, vale la
relazione i(t) = C dv(t)
dt
(attenzione in questo caso lo sfasamento è di − π2 ).
Date:
v(t) = VM sen(ω t + α)
e
π
i(t) = ωC VM sen(ω t + α + ) = IM sen(ω t + β)
2
affinché valga la relazione precedente:
VM V 1 π
= = −→ (α − β) = ϕ = −
IM I ωC 2

51
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

Applicando questa condizione alla rappresentazione simbolica dei rispettivi fasori (V̄ = V ejα ,
I¯ = Iejβ ):
V̄ V 1
¯ = ej(α−β) = −j = j XC
I I ωC
o in alternativa, il reciproco:
I¯ 1
= = j ωC = j BC
V̄ j XC

2.4.14 Potenze del condensatore ideale in regime sinusoidale

Viste le relazioni precedenti:

• Potenza attiva: P = V I cos(ϕ) = 0 perché ϕ = − π2


V2 2
• Potenza reattiva: Q = −V I = XC I 2 = XC
= − BI C = −BC V 2

• Potenza apparente: S = −Q

La potenza reattiva assorbita dal condensatore è pari al valor massimo della potenza istantanea
ed è correlata all’energia capacitiva, descrivendo la rapidità con la quale l’energia capacitiva è
V2
immagazzinata e resa: | QC |= ωC V 2 = ω C 2M = ω WCM

2.4.15 Tabella di sintesi RCL

NB: La potenza reattiva è sempre positiva per l’induttore.


NB: La potenza reattiva è sempre negativa per il condensatore.

52
Secondo Parziale

2.4.16 Introduzione impedenza e induttanza

Si nota che nei bipoli (resistori, induttori, condensatori) i rapporti tra tensione e corrente sono
R, j XL , j XC . Questo perché i tre casi che abbiamo visto sono tre casi particolari di una formula
più generale. Per capire come funziona un bipolo più generico vanno introdotte le nozioni di
impedenza e ammettenza.

2.4.17 Impedenza

Si definisce impedenza il numero complesso che mette in relazione il fasore della tensione con
quello della corrente:

Ż = ¯
I
che si può riscrivere come V̄ = Ż I¯ Da cui: | Ż |= Z = VI e arg(Z̄) = ϕ
NB: Ż è l’equivalente in regime sinusoidale al ruolo che svolgeva R in regime stazionario.
Potenza assorbita da un’impedenza convenzionata da utilizzatore: 
2
A = Z I

Ȧ = V̄ I¯∗ = Ż I¯I¯∗ = ŻI 2 =⇒ P = ZRe I 2

Q = ZIm I 2

2.4.18 Ammettenza

Si definisce ammettenza il numero complesso che è il reciproco dell’impedenza:


I¯ I I 0
Ẏ = = ej(β−α) = ej ϕ
V̄ V V
NB: Ẏ è l’equivalente in regime sinusoidale al ruolo che svolgeva G in regime stazionario.
Potenza assorbita da un’ammettenza convenzionata da utilizzatore: 
2
A = Y V

Ȧ = V̄ I¯∗ = V̄ Ẏ ∗ V̄ ∗ = Ẏ ∗ V 2 =⇒ P = YRe V 2

Q = YIm V 2

2.4.19 Riassunto impedenza e induttanza

Ora che sono stati introdotti i concetti


di impedenza e induttanza si capisce
che R,L,C sono semplicemente dei casi
particolari.

 
˙ ˙
ZR = R + j 0 impedenza resistore
 Y R = G + j 0
 ammettenza resistore
Z˙L = 0 + j XL impedenza induttore Y˙L = 0 + j BL ammettenza induttore
 ˙
  ˙

ZC = 0 + j XC impedenza condensatore YC = 0 + j BC ammettenza condensatore

53
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

2.5 Lezione 15
2.5.1 Leggi di Kirchhoff in forma simbolica

Le leggi di Kirchhoff viste in regime stazionario hanno un’applicazione analoga anche in regime
sinusoidale (sfruttano la proprietà additiva dei fasori), in particolare:

• Legge di Kirchhoff ai fasori delle correnti (o LKC simbolica)


Per i lati che appartengono ad un insieme di taglio la somma algebrica dei fasori delle
correnti è nulla: X
±I¯k = 0
I¯k ∈taglio

Esempio:
Date I¯a = 4 , I¯b = j3 trovare I¯c
Dalla LKC simbolica:

I¯c = I¯a + I¯a = (4 + j0) + (0 + j3) = 4 + j3

NB: Il risultato sarebbe diverso se applicassimo la LKC solo


ai valori efficaci.
• Legge di Kirchhoff ai fasori delle tensioni (o LKT simbolica)
Per i lati che formano una maglia la somma algebrica dei fasori delle tensioni è nulla:
X
±V¯k = 0
V¯k ∈maglia

Esempio:
Date V¯a = 80 , V¯b = j60 , V¯c = 20 + j20 , V¯d = −60 + j80
Dalla LKT simbolica:

V¯a −V¯b −V¯c +V¯d = (80+j0)−(0+j60)−(20+j20)+(−60+j60) = 0

NB: Il risultato sarebbe diverso se applicassimo la LKC solo


ai valori efficaci.
NB: Le equazioni di Kirchhoff devono tener conto sia delle relazioni di ampiezza che di quelle
di fase tra tensioni e corrente. Esse quinidi devono essere scritte esclusivamente sui fasori (che
contengono sia un’informazione di modulo sia un’informazione di fase) ed è errato applicarle
solo ai valori efficaci (o alle ampiezze).

2.5.2 Analogia tra regime stazionario e sinusoidale

Le reti di bipoli passivi possono essere rappre-


sentate per mezzo dei fasori ai quali si appli-
cano le relazioni di impedenza e ammettenza e
le leggi di Kirchhoff.

NB: Questo è duale a quanto si faceva in regime stazionario.

54
Secondo Parziale

2.5.3 Collegamento in serie di bipoli passivi in regime sinusoidale

La serie di l bipoli passivi ideali di impedenza Z˙k , k = 1, 2...l equivale al bipolo passivo che ha
impedenza equivalente-serie uguale alla somma delle singole impedenze
l
X
Żs = Z˙k
k=1

(cioè la serie equivalente è la somma delle impedenze in serie)

ATTENZIONE: Dato che il modulo della somme di numeri complessi è diverso dalla somma
dei moduli, è sbagliato calcolare il modulo dell’impedenza serie come somma dei moduli delle
singole impedenze.

2.5.4 Partitore di tensione simbolico

La tensione totale della serie si ripartisce su ciascuno bipolo con la regola del partitore:

Z˙h Z˙h
V¯h = V¯s = V¯s Pl = V¯s ρ˙v
Żs Z˙k
k=1

2.5.5 ESEMPIO: serie di resistore, induttore e condensatore

Siano Z˙R = R , Z˙L = jXL , Z˙C = jXC

NOTARE:

• Le parti reali di impedenza e ammettenza sono entrambe NON negative (questo perché i
componenti sono passivi)

• Le parti immaginarie di impedenza e ammettenza hanno SEMPRE segno opposto.


Da cui: 
se XL + XC > 0 −→ ZS Im > 0 YS Im < 0

se XL + XC < 0 −→ ZS Im < 0 YS Im > 0

se XL + XC = 0 −→ ZS Im = 0 YS Im = 0

Se la parte immaginaria dell’impedenza ZS Im è positiva, il bipolo è detto di tipo induttivo.


Se la parte immaginaria dell’impedenza ZS Im è negativa, il bipolo è detto di tipo capacitivo.

55
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

2.5.6 Collegamento in parallelo di bipoli passivi in regime sinusoidale

Il parallelo di l bipoli passivi ideali di ammettenza Y˙k , k = 1, 2...l equivale al bipolo passivo
che ha ammettenza equivalente-parallelo uguale alla somma delle singole ammettenze

l
X
Y˙p = Y˙k
k=1

(cioè il parallelo equivalente è la somma delle ammettenze in parallelo)

ATTENZIONE: Di nuovo, non vale con i moduli.

2.5.7 Partitore di corrente simbolico

La corrente totale del parallelo si ripartisce su ciascuno bipolo passivo con la regola del partitore:

Y˙h Y˙h
I¯h = I¯p = I¯p Pl = I¯p ρ̇i
Y˙p k=1 Y˙k

2.5.8 Impedenza equivalente ai morsetti

Ricorda: Nel caso stazionario resistivo ci eravamo già chiesti se fosse possibile trovare un com-
ponente equivalente ad una rete di resistori accessibile ai morsetti.
Ora quanto detto per la serie e il parallelo può essere generalizzato considerando una rete di
bipoli passivi della quale sono accessibili solo i morsetti 1 e 1’.

La rete, ai morsetti, costituisce un bipolo passivo (convenzione utilizzatori) ed ha impedenza


equivalente:
V̄ = Z˙eq I¯

e ammettenza equivalente:
I¯ = Y˙eq V̄

56
Secondo Parziale

2.5.9 Trasformazioni stella-triangolo

A volte per procedere alla semplificazione tramite serie e parallelo serve usare la trasformazione
stella triangolo:

Triangolo → Stella Stella → Triangolo

 
˙ ZCA
˙ Z˙A Z˙B +Z˙B Z˙C +Z˙C Z˙A
Z˙A =


ZAB
˙ +ZBC
ZAB ˙ +ZCA
˙ 
˙ =
ZAB

Z˙C

 


 

 
˙ ZBC
˙ Z˙A Z˙B +Z˙B Z˙C +Z˙C Z˙A
Z˙B = ZAB
˙ +ZBC
ZAB ˙ +ZCA
˙
˙ =
ZBC Z˙A

 


 

 
Z˙C = ˙ ZCA
˙ Z˙A Z˙B +Z˙B Z˙C +Z˙C Z˙A
˙ =
 ZBC

 ZCA

˙ +ZBC
ZAB ˙ +ZCA
˙ Z˙B
Caso particolare: Se le impedenze dei tre lati sono tutte uguali: Z˙∆ = 3Z˙λ

2.5.10 Sintesi bipoli passivi

É utile rappresentare un bipolo passivo generico come una rete di bipoli ideali passivi. Per
tenere conto degli sfasamenti generici, la sintesi richiede l’impiego di almeno due bipoli reali:
un resistore e un elemento reattivo.
NB: L’elemento reattivo può essere un condensatore oppure un induttore.
I due componenti possono essere collegati sia in serie sia in parallelo, perciò si ottengono due
sintesi:
• Sintesi impedenza (collegamento serie)
• Sintesi ammettenza (collegamento parallelo)

2.5.11 Sintesi Impedenza

Assumiamo di conoscere l’impedenza Ż = ZRe + jZIm , allora possiamo esprime la tensione


attraverso la corrente
V̄ = Ż I¯ = (ZRe + jZIm )I¯
La sintesi serie del bipolo è costituita da una conduttanza RS eq e una reattanza XS collegate
in serie:
V̄ = RS I¯ + jXS I¯ = (RS + jXS )I¯

57
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

Della reattanza XS possiamo dire che:

• il componente è un induttore se XS è positiva (0 < ϕ ≤ π2 ), reattanza induttiva

• il componente è un condensatore se XS è negativa (− π2 ≤ ϕ < 0), reattanza capacitiva


(
RS = ZRe = Zcosϕ
Affinché la sintesi sia equivalente al bipolo generico deve valere la relazione:
XS = ZIm = Zsenϕ
I valori RS e XS hanno significato di resistenza e reattanza equivalenti: le potenze attiva e reat-
tiva entranti in Ż sono uguali a quelle che nella sintesi sono assorbite rispettivamente da RS e
XS .
Esempi:

2.5.12 Sintesi Ammettenza

Assumiamo di conoscere l’impedenza Ẏ = YRe + jYIm , allora possiamo esprime la corrente in


funzione della tensione
I¯ = Ẏ V̄ = (YRe + jYIm )V̄
La sintesi parallelo del bipolo è costituita da una conduttanza GP eq e una suscettanza BP
collegate in parallelo:
I¯ = GP V̄ + jBP V̄ = (GP + jBP )V̄

Della suscettanza BP possiamo dire che:

• il componente è un induttore se BP è negativa (0 < ϕ ≤ π2 ), reattanza induttiva

• il componente è un condensatore se BP è positiva (− π2 ≤ ϕ < 0), reattanza capacitiva

58
Secondo Parziale

(
GP = YRe = Y cosϕ0
Affinché la sintesi sia equivalente al bipolo generico deve valere la relazione:
BP = YIm = Y senϕ0
I valori GP e BP hanno significato di conduttanza e suscettanza equivalenti: le potenze attiva
e reattiva entranti in Ẏ sono uguali a quelle che nella sintesi sono assorbite rispettivamente da
GP e BP .
Esempi:

59
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

2.6 Lezione 16
2.6.1 Risonanza elettrica

Impedenza e ammettenza di reti di bipoli passivi in regime sinusoidale hanno una parte reale e
una immaginaria che dipende generalmente dalla pulsazione ω = 2πf . Quindi al variare della
frequenza f si possono avere dei massimi o dei minimi. In questi casi il modulo può annullarsi
oppure diverge, mentre l’argomento può annullarsi o convergere a π2
Tali comportamenti sono dovuti alla risonanza elettrica.
NB: La tensione e la corrente si distribuiscono nei singoli bipoli seguendo le formule dei partitori
che dipendono da impedenza e ammettenza, perciò a loro variano in funzione della pulsazione ω.

2.6.2 CIRCUITO RCL - SERIE

Di un circuito RCL in serie possiamo definire:

• Żs (ω) = R + j(ωL − ω1C )


q
• Zs (ω) = R2 + (ωL + ωC 1 2
)

• Ys (ω) = √ 1
1 2
R2 +(ωL− ωC )

1
−ωL
• ϕ0s (ω) = arctan( ωC R )

Osservazione:
Il comportamento del circuito RCL può essere o ohmico-capacitivo o ohmico-induttivo a seconda
dei valori di ω. Questa caratterizzazione è molto evidente nei casi estremi:
• se ω → 0 , Żs (ω) = R + j(−
ωL 1
ωC
) , rimane solo la componente capacitiva

• se ω → ∞ , Żs (ω) = R + j(ωL − 1


ωC
) , rimane solo la componente induttiva
Più in generale, come si era già accennato a 2.5.5:
• se ZsIm > 0 il comportamento è ohmico-induttivo
• se ZsIm < 0 il comportamento è ohmico-capacitivo

60
Secondo Parziale

2.6.3 Pulsazione di risonanza (serie)


1
É una particolare pulsazione per la quale le due reattanze si compensano, cioè ωL − ωL =0 →
ŻS Im = 0, da cui:
1
ω0 = √
LC
Quando ω = ω0 si dice che la rete è in risonanza.
In questa condizione il modulo dell’impedenza è minimo = R, il modulo dell’ammettenza è
massimo = R1 e gli angoli di fase ϕ = ϕ0 = 0.
NB: Questo valore di ω0 è lo spartiacque tra il comportamento ohmico-capacitivo e quello
ohmico-induttivo.

2.6.4 Fattore di merito (serie)

Attenzione però, le curve del grafico viso prima, oltre che dalla pulsazione dipendono anche
dagli specifici valori di L e C dei bipoli che costituiscono la rete. Perciò per disegnare le curve
in modo ”unificato” serve introdurre il parametro Q0 detto fattore di merito:
r
1 L ω0 L 1
Q0 = = =
R C R ω0 C R
Definito questo nuovo parametro si possono disegnare le curve in funzione di Q0 ma indipendenti
dai singoli valori di L e C, dette curve di risonanza.

2.6.5 Curve di risonanza (serie)

Curve di risonanza di un circuito RCL-serie


Modulo e argomento dell’ammettenza sono:
1
Ys (ω) = q
ω0 2
R 1 + Q20 ( ωω0 − ω
)

ω0 ω
ϕ0s (ω) = arctanQ0 ( − )
ω ω0
definiamo anche Ω = ωω0 .
Conviene disegnare le curve del modulo e dell’argomento ”normalizzate”, cioè divise per Ω =
1 −→ ω = ω0
Ys (Ω) 1
X(Ω) = =q
Ys (1) 1 + Q2 ( 1 − Ω)
0 Ω

1
6 Ẋ(Ω) = arctan Q0 ( − Ω))

61
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

Osservazioni sulle curve: le tre curve rappresentate hanno valori Q0 = 0.2 , Q0 = 1 , Q0 = 8.


Si nota che più Q0 è grande più la curva Xs (Ω) si appiattisce ai lati per poi avere un picco al
centro per ω = ω0 , viceversa più Q0 è piccola più le curve sono dolci. In generale si osserva
che all’aumentare di Q0 le curve diventano più ”brusche”, questa velocità di variazione è detta
selettività.

2.6.6 Diagrammi fasoriali (serie)

Per un circuito RCL in serie la relazione fasoriale è:


1 ¯
V¯s = V¯R + V¯L + V¯C = RI¯ + jωLI¯ − j I = Żs (ω)I¯
ωC
Da cui:

a. per ω < ω0 il comportamento è ohmico-capacitivo: I¯ è in anticipo su V¯s

b. per ω > ω0 il comportamento è ohmico-induttivo: I¯ è in ritardo su V¯s

c. per ω = ω0 il comportamento è ohmico: I¯ è in fase con V¯s

NB: In condizione di risonanza (ω = ω0 ) la serie di V¯L + V¯C si comporta da cortocircuito.


La serie, NON i singoli componenti!

2.6.7 Circuito RCL-serie in risonanza

Il funzionamento in risonanza di un circuito RCL-serie è il caso visto al punto c. della precedente.

• V¯L + V¯C = 0 La serie di induttore e conduttore equivale ad un cortocircuito.

• V¯s = V¯R L’intero circuito equivale al resistore.

Quindi anche per i valori efficaci: Vs = VR e VL = VC


Si osserva che riscrivendo il fattore di merito:

ω0 L I¯ VL VL VC
Q0 = ¯ = = =
R I VR VR VR

se Q0 > 1 allora VL = VC = Q0 Vs > 1, cioè in risonanza il circuito permette di amplificare i


valori efficaci delle tensioni su C e L, di questo fenomeno bisogna tenerne conto perché potrebbe
essere pericoloso!
Inoltre in risonanza la totale potenza reattiva è nulla QL + QC = ω0 LIL2 ω01C IC2 = 0 siccome la
corrente IL = IC , cioè QL e QC sono uguali ma opposte.

62
Secondo Parziale

2.6.8 Relazioni nel dominio del tempo (serie)

• vLC (t) = vL (t) + vC (t) = 0

• iL (t) = iC (t) = i(t)

• pL (t) = vL (t)i(t) = −vC (t)i(t) = −pC (t)

• pLC = vLC (t)i(t) = 0

• wLC (t) = wL (t) + wC (t) = costante

• wL (t) = 12 LIL2

• wC (t) = 21 CVC2

2.6.9 CIRCUITO RCL - PARALLELO

NB: I ruoli di tensione e corrente sono invertiti


rispetto alla serie.
Di un circuito RCL in parallelo possiamo definire:

• Y˙P (ω) = G + j(ωC − ω1L )


q
• YP (ω) = G2 + (ωC + ωL 1 2
)

• ZP (ω) = √ 1
1 2
G2 +(ωC− ωL )

1
−ωC
• ϕP (ω) = arctan( ωL G )

Osservazione: la rete si comporta in maniera opposta al caso serie, nel senso che i comportamenti
ohmico-capacitivo e ohmico-induttivo sono scambiati.

63
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

2.6.10 Pulsazione di risonanza (parallelo)

La pulsazione di risonanza per un circuito RCL parallelo è la stessa che per il circuito in serie:
1
ω0 = √
LC

2.6.11 Fattore di merito (parallelo)

Nel caso del parallelo va introdotto un nuovo fattore di merito Q00


r
0 1 C ω0 C 1
Q0 = = =
G L G ω0 L G

2.6.12 Curve di risonanza (parallelo)

Curve di risonanza di un circuito RCL-parallelo


Modulo e argomento dell’impedenza sono:
1
ZP (ω) = q
ω ω0 2
G 1 + Q02
0 ( ω0 − ω
)

ω0 ω
ϕP (ω) = arctanQ00 ( − )
ω ω0
Normalizzando:
ZP (Ω) 1
X(Ω) = =q
ZP (1) 1 + Q02 1
0 ( Ω − Ω)

1
6 Ẋ(Ω) = arctan Q00 ( − Ω))

2.6.13 Diagrammi fasoriali (parallelo)

Per un circuito RCL in parallelo la relazione fasoriale è:


1
I¯P = I¯R + I¯L + I¯C = GV̄ + jωC V̄ − j V̄ = Y˙P (ω)V̄
ωL
Da cui:

a. per ω < ω0 il comportamento è ohmico-induttivo: I¯p è in ritardo su V̄

b. per ω > ω0 il comportamento è ohmico-capacitivo: I¯p è in anticipo su V̄

c. per ω = ω0 il comportamento è ohmico: I¯p è in fase con V̄

64
Secondo Parziale

NB: In condizione di risonanza (ω = ω0 ) il parallelo di I¯C + I¯L si comporta da circuito aperto.


Il parallelo, NON i singoli componenti!

2.6.14 Circuito RCL-parallelo in risonanza

Il funzionamento in risonanza di un circuito RCL-parallelo è il caso visto al punto c. della


precedente.

• I¯C + I¯L = 0 Il parallelo equivale ad un circuito aperto.

• I¯P = I¯R L’intero circuito equivale al resistore.

Quindi anche per i valori efficaci: IP = IR e IL = IC


Si osserva che riscrivendo il fattore di merito:
ω0 C V̄ IC IC IL
Q00 = = = =
G V̄ IR VR IR
se Q00 > 1 allora IL = IC = Q00 IP > 1, cioè in risonanza il circuito permette di amplificare i
valori efficaci delle correnti su C e L, effetto duale a quello serie.
Inoltre in risonanza la totale potenza reattiva è nulla.

2.6.15 Relazioni nel dominio del tempo (parallelo)

Le relazioni sono duali al caso serie

• iLC (t) = iL (t) + iC (t) = 0

• vL (t) = vC (t) = v(t)

• pL (t) = v(t)iL (t) = −v(t)iC (t) = −pC (t)

• pLC = v(t)iLC (t) = 0

• wLC (t) = wL (t) + wC (t) = costante

• wL (t) = 12 LIL2

• wC (t) = 21 CVC2

2.6.16 Risonanza nel caso generale

NB: Per caso generale si intende una rete che non è collegata ne in serie ne in parallelo.
Anche nel caso generale di una rete complessa avvengono fenomeni di risonanza. Definiamo

65
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

perciò la pulsazione di risonanza quella pulsazione per cui l’impedenza (o l’ammettenza) sia
puramente reale.
1
NB: In questo caso più complesso ω0 NON sarà più semplicemente √LC , ma una qualche ω0
esiste sempre!!

66
Secondo Parziale

2.7 Lezione 17
2.7.1 Generatori ideali sinusoidali

2.7.2 Generatori ideali simbolici

2.7.3 Generatori affini simbolici

2.7.4 Trasformazioni GATS ↔ GACS

• GATS → GACS: J¯ = Ē

, Ẏ = 1


• GACS → GATS: Ē = Ẏ
, Ż = 1

2.7.5 Corrispondenza tra reti di bipoli passivi e reti con generatori simbolici

67
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

2.7.6 Metodi di analisi delle reti in regime sinusoidale

Per poter risolvere sistematicamente le reti simboliche è possibile utilizzare i seguenti metodi:
A. Metodo delle correnti d’anello simboliche (2.7.7)
B. Metodo dei potenziali nodali simbolici (2.7.8)
C. Metodo di sovrapposizione degli effetti simbolici (2.7.9)

2.7.7 Metodo delle correnti d’anello simboliche

Ipotesi: Rete piana priva di lati costituiti da GICS.


Procedimento:
Rappresentare tutti i lati come GATS. Significa che se sono presenti GACS vanno trasformati
in GATS.
Attribuire le correnti di anello simboliche K̄r (r = 1, .., m) con riferimenti equiversi (ad esempio
tutti orari) agli m anelli.
Si ottiene un sistema di m equazioni nelle correnti d’anello simboliche:
X
ŻArr K̄r + ŻArs K̄s = E¯Ar (r = 1, .., m)
s

NB: Se la rete simbolica comprende lati costituiti da soli GICS si procede in modo analogo a
quello proposto per il metodo delle correnti di anello modificato per le reti in regime stazionario.

2.7.8 Metodo dei potenziali nodali simbolici

Ipotesi: Rete piana priva di lati costituiti da GITS.


Procedimento:
Rappresentare tutti i lati come GACS. Significa che se sono presenti GATS vanno trasformati
in GACS.
Attribuire i potenziali nodali simbolici Ūr (r = 1, .., n − 1) agli n − 1 nodi,avendo escluso il
nodo di massa avente potenziale simbolico per definizione nullo. Si ottiene un sistema di n − 1
equazioni nei potenziali nodali simbolici:
X
ẎN rr Ūr + ẎN rs Ūs = J¯N r r = 1, .., n − 1
s

NB: Se la rete simbolica comprende lati costituiti da soli GITS si procede in modo analogo a
quello proposto per il metodo dei potenziai nodali modificato per le reti in regime stazionario.

2.7.9 Metodo di sovrapposizione degli effetti simbolici

Ipotesi: Rete lineare (ricorda che abbiamo visto solo questa tipologia)
Procedimento:
Nella rete simbolica la tensione V¯h nel generico lato ah è uguale alla somma delle tensioni che
si ottengono in quel lato facendo agire un generatore ideale simbolico alla volta.
Nella rete simbolica la corrente I¯h nel generico lato ah è uguale alla somma delle correnti che
si ottengono in quel lato facendo agire un generatore ideale simbolico alla volta.
(
V¯h = rk=1 ḢV hk Ēk + lk=s ḢZhk J¯k
P P

I¯h = rk=1 ḢY hk Ēk + lk=s ḢIhk J¯k


P P

Attenzione: NON è valida la sovrapposizione delle potenze!!


NB: Quando si azzerano i generatori i GITS vanno sostituiti con cortocircuito mentre i GICS
vanno sostituiti con circuito aperto.

68
Secondo Parziale

2.7.10 Teorema di Thevenin simbolico

Detto anche teorema del generatore equivalente di tensione simbolico.


Una rete lineare simbolica della quale sia accessibile una sola porta AB che può funzionare a
vuoto è equivalente al GATS di figura, detto generatore di Thevenin simbolico.

V̄ = E¯eq − Żeq I¯

V¯0
dove E¯eq = V¯0 e Żeq = Żi = I¯cc

• V¯0 : tensione simbolica A VUOTO della porta AB

• Żi : Impedenza interna alla rete.


NB: si calcola azzerando tutti i GITS e i GICS.

• I¯cc : corrente di corto circuito alla porta AB.


Attenzione: la rete deve poter funzionare in cortocircuito.

2.7.11 Teorema di Norton simbolico

Detto anche teorema del generatore equivalente di corrente simbolico.


Una rete lineare simbolica della quale sia accessibile una sola porta AB che può funzionare in
cortocircuito è equivalente al GACS di figura, detto generatore di Norton simbolico.

I¯ = J¯eq − Ẏeq V̄

I¯cc
dove J¯eq = I¯cc e Ẏeq = Ẏi = V¯0

• I¯cc : corrente simbolica di CORTO CIRCUITO della porta AB

• Ẏi : Ammettenza interna alla rete.


NB: si calcola azzerando tutti i GITS e i GICS.

• V¯0 : tensione simbolica a vuoto alla porta AB.


Attenzione: la rete deve poter funzionare a vuoto.

69
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

2.7.12 Formule di Millmann simboliche

In figura, ad esempio, i generatori sono tutti GATS in parallelo.

Pl Ēi
J¯eq i=1 ± Żi 1 1
E¯eq = = Pl 1 , Żeq = = Pl 1
Ẏeq i=1 Ż Ẏeq i=1 Żi
i

2.7.13 Teorema di Boucherot

Detto anche teorema della potenza complessa.


NB: Praticamente questo teorema è l’equivalente del teorema di Tellegen per il caso sinusoidale.
In una rete in regime sinusoidale avente gli l lati tutti convenzionati allo stesso modo (tutti da
utilizzatori, per fissare le idee), è nulla la somma su tutti i lati di
1
X 1
X 1
X
Ȧh = 0 Ph = 0 Qh = 0
h=1 h=1 h=1

POTENZE COMPLESSE POTENZE ATTIVE POTENZE REATTIVE


NB: La dimostrazione non è richiesta all’esame.

2.7.14 Teorema di massimo trasferimento di potenza ATTIVA

Un generatore affine di tensione simbolica, con tensione impressa Ē e impedenza Żi = Ri + jXi
eroga la massima potenza attiva Pmax quando è collegato ad un bipolo passivo la cui impedenza
equivalente Żu = Ru + jXu = Żi∗ = Ri − jXi .
Perciò per avere il massimo trasferimento di potenza:

E2
Żu = Żi∗ , Pmax =
4 Re(Żi )

In altre parole: Sia ha il massimo trasferimento di potenza attiva quando tensione e corrente
sono in fase tra loro (ϕ = 0), che equivale a dire che tutto ciò che è collegato al generatore
ideale si comporta da resistenza pura (la reattanza interna deve essere uguale ed opposta alla
reattanza di carico).
NB: Tipicamente negli esercizi viene chiesto solo di calcolare l’impedenza di carico Żu

70
Secondo Parziale

2.7.15 Rifasamento

NB: Non esiste una controparte stazionaria del rifasamento.


Introduzione: Si immagini che il disegno
rappresenti una casa (impedenza u) colle-
gata ad una rete elettrica composta solamente
dalla centrale elettrica V¯d e dai collegamenti Żd .

La condizione di funzionamento ottimale (cioè l’efficienza) della rete di distribuzione elettrica


si realizza quando V̄ e I¯ sono in fase. Per funzionamento ottimale si intende che gli sprechi
sulla Żd sono ridotti al minimo. Gli sprechi si quantificano come = R I 2 . Ma R è un valore
legato alla costruzione dell’impianto quindi non si può ridurre ulteriormente, rimane solo da
modificare I. Ovviamente minore è il valore efficace della corrente I, ¯ minori sono le cadute
di tensione e le dissipazioni ohmiche nell’impedenza (Żd ) e quindi maggiore è il rendimento
P
di trasmissione. Inoltre se cos(ϕ) << 1 la potenza apparente S = cos(ϕ) è molto maggiore di
quella attiva P e ciò comporta un sovradimensionamento della linea e in generale dell’intera
rete (generatori, trasformatori, ...)
Però generalmente le utenze non hanno un comportamento unica-
mente ohmico, ma piuttosto (per la maggior parte delle reti indus-
triali, cioè che lavorano a frequenze modeste) il comportamento è
ohmico-induttivo. La corrente I¯ risulta sfasata (in ritardo) rispetto
alla tensione, allontanandosi tanto più dalla condizione ottimale
quanto più grande è lo sfasamento, ovvero quanto più è piccolo
cos(ϕ).
Ricorda: Per un’impedenza Q = P tan(ϕ)
Il tema del rifasamento perciò è quello di minimizzare le perdite di potenza lavorando sugli an-
goli di sfasamento.
Procedimento: Per rendere minimo il valore efficace della corrente di linea I¯l senza alterare
la corrente I¯ dell’utenza e la potenza attiva complessiva P, si connette in parallelo ad essa un
bipolo che, sottoposto alla tensione V̄ , assorba corrente opposta alla componente in quadratura
del carico. Questa operazione è detta rifasamento del carico.
Guardando l’immagine: alla rete è attaccato un carico sul quale vogliamo che scorra una cor-
rente I¯ a fronte della tensione alla porta V̄ , ma lo vogliamo fare limitando per quanto possibile
la corrente I¯l .

Dall’equazione del nodo 1 sappiamo che I¯l = I¯ + I¯r dove I¯r e la corrente di rifasamento.
Ci accorgiamo, dal diagramma fasoriale, che la corrente I¯l più piccola possibile I¯ott si ottiene
quando I¯l è in fase con V̄ .
Per ottenere questa condizione la somma della potenze reattiva del carico e della potenza
reattiva del condensatore deve essere = 0. (Ricorda: se Q = 0 viene assorbita solo Potenza
attiva).
Equazioni per il caso generale:

Q0 = P 0 tan(ϕ0 ) = P tan(ϕ0 ) = Q + Qc = P tan(ϕ) + Qc

71
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

NB: Le grandezze primate ( ’ ) si riferiscono alla situazione dopo l’aggiunta del componente di
rifasamento.
NB: P 0 = P perché il condensatore è un componente che non assorbe potenza attiva.
Elaborando l’equazione precedente si può esplicitare Qc :

Qc = P tan(ϕ0 ) − P tan(ϕ)

Quello che dice l’equazione precedente è che il condensatore non assorbe potenza attiva ma fa
cambiare fase da ϕ a ϕ0 .
Ricorda: Qc = −ω C V 2
Unendo le due precedenti:
−P tan(ϕ0 + P tan(ϕ))
C=
ωV2
NB: Per avere un rifasamento perfetto vogliamo ϕ0 = 0, perciò:

P tan(ϕ))
C=
ωV2

72
Terzo Parziale

3 Terzo Parziale
3.1 Lezione 18
3.1.1 Introduzione alle reti trifasi

La maggioranza dell’energia elettrica è gestita con sistemi trifase perché forniscono un vantaggio
economico. I sistemi trifase operano in regime pressoché sinusoidale, tipicamente le frequenze
sono (50HZ in Europa e 60Hz in Nord America)

3.1.2 Da reti simboliche monofase a rete simbolica trifase

Un sistema trifase elementare è composto da tre bipoli passivi uguali, quindi dotati d’impedenze
uguali Ż, e tre generatori ideali di tensione sinusoidale che imprimono tre tensioni con ampiezze
uguali e reciprocamente sfasate di 23π radianti (le tensioni non sono quindi uguali!)

Tutti i generatori vengono collegati insieme nel centro-stella, anche tutte le impedenze vengono
collegate insieme nel centro-stella e i due centri vengono a loro volta uniti.
NB: Le tre Ż dei circuiti separati non si accorgono della differenza tra essere state alimentate
tutte con la stessa tensione o con tensioni sfasate di 23π per quanto concerne la potenza attiva
e reattiva che percepiscono.

3.1.3 Rete trifase elementare


• Generatore Trifase: quadripolare costituito da una terna di
GITS a stella che produce una terna simmetrica di tensioni.
(Simmetrica perché tutte le tensioni sono dello stesso mod-
ulo)

• Utilizzatore Trifase: quadripolare costituito da una terna di


impedenze uguali a stella (carico equilibrato).

• Collegamento: +1 fili: 3 di fase con un ritorno comune detto


neutro (0) tra i centri stella.
NB: I collegamenti in tutto sono 4 (invece di 6) quindi è evidente il risparmio di materiale delle
reti di grandi dimensioni rispetto ai sistemi monofase.

3.1.4 Terna di tensioni di fase (o stellate)

Una terna simmetrica di tensioni è costituita da tre tensioni impresse sinusoidali diverse (stesso
valore efficace Eg ,a fasi diverse, perché sfasate reciprocamente di 23π . Possono essere rappre-
sentate da tre GITS con fasori:

¯ jα
Eg1 = Eg e


E¯g2 = Eg ej(α− 3 )
 ¯
 4π
Eg3 = Eg ej(α− 3 )

73
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

Le ”tensioni di fase” (o ”stellate”) sono le tre tensioni tra ciascuna fase (1, 2, 3) e il neutro (0).
Se i valori efficaci sono uguali e gli sfasamenti sono di 23π , le terne sono simmetriche. Ci sono
due possibilità:
• segno + : terna simmetrica diretta
• segno - : terna simmetrica indiretta

NB: Per simmetria Ē1 + Ē2 + Ē3 = 0 Ricorda: Si esprimono con Ē

3.1.5 Terna di tensioni concatenate (o triangolo)


Le tensioni concatenate sono quelle che si ottengono tra fase e fase,
vedi figura.
Il loro diagramma fasoriale forma un triangolo.
Anche in questo caso la terna può essere simmetrica diretta o in-
versa.

V̄12 = Ē1 − Ē2

V̄23 = Ē2 − Ē3

V̄31 = Ē3 − Ē1

NB: Ovviamente V̄12 + V̄23 + V̄31 = 0


Importante: Dalla geometria dei triangoli equilateri si ottiene la relazione tra i valori efficaci
della tensione stellata e della tensione concatenata:

V = 3E

3.1.6 Terna dissimmetrica

Se i valori efficaci e gli sfasamenti sono diversi le terne sono dissimmetriche.


Terne dissimetriche generalmente si presentano solo in caso di funzionamento anomalo o di
guasto. Non verranno ulteriormente ı̀ approfondite in questo corso.

74
Terzo Parziale

3.1.7 Livelli di tensione

La rete di distribuzione dell’energia elettrica è divisa in più livelli:


• Bassa Tensione (BT): Utenze residenziali, generalmente hanno tensioni nominali di 220V/380V
• Media tensione (MT): Distribuzione primaria, linee con sviluppi di decine di chilometri,
hanno tensioni nominali tra 10 e 30 kV.
• Alta o Altissima Tensione (AT/AAT): Elettrodotti, sono linee con sviluppi di centinaia
di chilometri, hanno tensioni nominali tipiche di 60, 127, 220 e 380 kV.
Perché l’alta tensione?
Prima di tutto diminuiscono la cadute di tensione.
Le linee ad alta tensione comportano (a parità di potenza
trasmesse) correnti proporzionalmente ridotte, che implica che
diminuiscono le perdite ohmiche, e quindi aumentano i rendimenti
di trasmissione.
Inoltre si possono utilizzare conduttori più sottili, più leggeri ed
economici.
É conveniente utilizzare l’alta tensione anche perché le connessioni
BT,MT,AT sono effettuate attraverso trasformatori di potenza tri-
fase che hanno rendimenti molto alti.

3.1.8 Rete trifase a 4 fili (o con neutro)

Il caso tipico delle reti trifasi è quello visto in precedenza, cioè simmetrico ed equilibrato.
Costituito da i conduttori 1-2-3 che formano la terna delle correnti di linea e dal conduttore 0
tra i centri stella (cioè il neutro).
Vale la LKC simbolica: I¯0 = I¯1 + I¯2 + I¯3

Una terna simmetrica delle tensioni ed un carico equilibrato implica una terna di correnti sim-
metrica (rispettivamente sfasata di un angolo ϕ dalla tensione stellata)

¯ ¯ −jϕ

¯ E1 E1
I1 =
 Ż
= Z
e
¯ ¯ −jϕ
I¯2 = E2

= E2
Z
e
¯
 ¯
E3 ¯ −jϕ
E3
I3 = Ż
= Z
e

Siccome anche la correnti formano una terna simmetrica, allora I¯0 = I¯1 + I¯2 + I¯3 = 0.
Cioè: il neutro in un sistema equilibrato può anche essere tolto (corollario del teorema di sos-
tituzione è come un aperto perché non scorre corrente).
NB: Si passa ad un sistema a tre fili.

75
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

3.1.9 Rete trifase senza neutro

Rimosso il conduttore di neutro, si ottiene una rete trifase a 3 fili o rete trifase senza neutro.
I centri stella non sono connessi e la LKC impone: I¯1 + I¯2 + I¯3 = 0

NB: Nella realtà è difficile che le Ż siano proprio perfettamente uguali perciò è facile che ci sia
un po’ di differenza di potenziale tra i due centri stella. (Per evitare questo si possono collegare
con un neutro di sezione molto piccola, tanto ci scorre poca corrente, di modo che si ristabilisca
lo stesso potenziale nei due centri stella).

3.1.10 Rete trifase senza neutro con carico squilibrato

Se il carico è squilibrato e non vi è il neutro si crea una


differenza di tensione tra i due centri stella.
La tensione tra i due centri stella V̄00 0 è fornita diretta-
mente dalla formula di Millmann:

Ē1 Ē2 Ē3


Ż1
+ Ż2
+ Ż3
V̄00 0 = 1 1 1
Ż1
+ Ż2
+ Ż3

NB: In generale per evitare queste dissimmetrie il neutro si mette sempre.

3.1.11 Collegamenti a triangolo

Nelle reti trifasi senza neutro si usano anche connessioni diverse da quelle a stella, ad esempio
il collegamento a triangolo.
NB: Nei collegamenti a triangolo non esistono le tensioni stellate, i generatori imprimono di-
rettamente le tensioni concatenate.

Nei collegamenti a stella esistevano solo le correnti di linea, ora nei collegamenti a triangolo
esiste la terna delle correnti di fase interna, indicate con il simbolo J.(Vedi diagramma fasoriale)

76
Terzo Parziale


¯ ¯ ¯
I1 = J12 − J31

I¯2 = J¯23 − J¯12
¯
I3 = J¯31 − J¯23


Per il valore efficace vale la relazione: I = 3J

3.1.12 Equivalenza tra i collegamenti

É sempre possibile trasformare dei collegamenti a triangolo in collegamenti a stella. Per una
terna simmetrica diretta di tensioni:
 V̄12 −j π Ż∆
Ē1 = √3 e 6
 Ży =
π 3
Ē2 = V̄√233 e−j 6
 π V

Ē3 = V̄√313 e−j 6 E=√
3
NB: Queste trasformazioni sono importantissime perché in questo modo ci dimentichiamo dei
collegamenti a triangolo e lavoriamo solo con quelli a stella !!

3.1.13 Tabella riassuntiva

Tab. Riassunto Simbolo Collegamento Stella Collegamento Triangolo


Tensione stellata E SI NO
Tensione concatenata V SI SI
Corrente di linea I SI Si
Corrente di fase interna J NO SI

77
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

3.2 Lezione 19
3.2.1 Rete equivalente monofase

Ricorda: Nella lezione precedente abbiamo visto che reti di generatori/carichi collegati a tri-
angolo possono essere SEMPRE trasformate in collegamenti a stella. Quindi comunque siano
composte le reti trifasi senza neutro si possono trasformare in reti trifasi equivalenti senza neu-
tro, con tutte le fasi interne dei tripoli a stella.
Se si assume che il sistema sia simmetrico ed equili-
brato allora i centri stella sia dei generatori sia dei
carichi sono equipotenziali, perciò se uniti non scorre cor-
rente. A ragione di simmetria della rete, le maglie for-
mate da ciascuna fase 1,2,3 e dal neutro 0 (maglie color:
blu,rosso,verde) si comportano allo stesso modo, salvo per
gli sfasamenti.
É cosı̀ sufficiente studiare una di esse (ad esempio la fase 1) che è detta rete equivalente mono-
fase.

3.2.2 Potenza nelle reti trifasi con neutro

Questo componente della rete trifase è un quadrupolo. Sappi-


amo che ogni n-polo è rappresentabile come un opportuno m-
bipolo, in questo caso il quadrupolo può essere visto come un
triplo bipolo con le porte costituite dalle coppie 0-1, 0-2, 0-3.
Considerando il tripolo prendiamo:

• morsetto comune = centro stella

• tensioni di porta = tensioni stellate

• correnti di porta = correnti di linea


NB: Tutte le porte sono convenzionate da utilizzatore.
La potenza istantanea entrante nel tripolo è la somma delle tre potenze di porta:

p(t) = e1 (t) i1 (t) + e2 (t) i2 (t) + e3 (t) i3 (t) = P + pf (t)

dove : P = E1 I1 cos(ϕ1 ) + E2 I2 cos(ϕ2 ) + E3 I3 cos(ϕ3 ) e


pf (t) = −E1 I1 cos(2ωt + 2α1 − ϕ1 ) − E2 I2 cos(2ωt + 2α2 − ϕ2 ) −
E3 I3 cos(2ωt + 2α3 − ϕ3 )

NB: Questo è il caso generale !

78
Terzo Parziale

3.2.3 Potenza nelle reti trifasi simmetriche ed equilibrate con neutro

Se la rete è simmetrica ed equilibrata per il tripolo vale:

• Le fasi iniziali sono sfasate di 2π


3

• E1 = E2 = E3 = E

• I1 = I2 = I3 = I

• ϕ1 = ϕ2 = ϕ3 = ϕ
Allora la potenza attiva risulta:

P = E1 I1 cos(ϕ1 ) + E2 I2 cos(ϕ2 ) + E3 I3 cos(ϕ3 ) = 3EIcos(ϕ)

e la potenza fluttuante risulta sempre nulla:

pf (t) = −E1 I1 cos(2ωt + 2α1 − ϕ1 ) − E2 I2 cos(2ωt + 2α2 − ϕ2 ) − E3 I3 cos(2ωt + 2α3 − ϕ3 ) = 0

NB: Ovviamente la potenza fluttuante non è nulla per la singola porta ma è complessivamente
nulla per il triplo bipolo.
IMPORTANTE: Per una rete simmetrica ed equilibrata la potenza istantanea entrante nel
tripolo è costante e equivale alla potenza attiva.
Le altre potenze:

• Potenza attiva: P = p(t) = 3EIcos(ϕ)



• Potenza apparente: S = 3EI = 3V I

• Potenza reattiva: Q = 3EIsen(ϕ) = 3V Isen(ϕ)

• Potenza complessa: Ṡ = 3Ē I¯∗ = 3EIejϕ = P + jQ

3.2.4 Misure di potenza delle reti con il neutro

• CASO GENERALE
Nel caso generale, per misurare la potenza attiva occorrono tre wattmetri a valore medio,
allora la potenza è:
P = PW 10 + PW 20 + PW 30

Questa connessione prescinde dalle condizioni di simmetria e quindi misura la potenza


entrante nel quadrupolo anche in caso di tensioni e correnti dissimmetriche.

79
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

• CASO SIMMETRICO ED EQUILIBRATO


Se il sistema è simmetrico ed equilibrato i tre wattmetri danno la stessa indicazione e ne
basta uno solo su una qualunque delle fasi, quindi la potenza si calcola come:

P = 3PW

Analogamente bastano un solo voltmetro e un solo amperometro:


E = E1 = E2 = E3 = Vv
I = I1 = I2 = I3 = IA

NB: Quanto detto fin ora vale per le reti dotate di neutro.

3.2.5 Misure di potenza delle reti SENZA il neutro

Nelle reti senza neutro il componente a destra è un tripolo, che può essere visto come un doppio
bipolo.

NB: Questo tipo di collegamento si chiama inserzione di Aron


Per sapere la potenza entrante nel doppio bipolo dobbiamo conoscere le due potenze di porta,
quindi servono due wattmetri.
Considerando il doppio bipolo prendiamo:

• morsetto comune = fase 2 → i2 = −(i1 + i3 )

• tensioni di porta = tensioni concatenate (V12 , V32 )

• correnti di porta = correnti di linea

La potenza istantanea entrante nel doppio bipolo:

p(t) = v12 (t)i1 (t) + v32 i3 (t)


P = P12 + P32

80
Terzo Parziale

Caso particolare: Rete senza neutro simmetrica ed equilibrata


Allora vale V12 = V32 = V , I1 = I3 = I , ϕ1 = ϕ3 = ϕ , δ12 = ϕ + π6 , δ32 = ϕ − π6 .
Quindi la potenza misurata dai wattmetri é: PW 12 = V Icos(δ12 ) , PW 32 = V Icos(δ32 ).
Allora la potenza attiva risulta:
P = PW 12 + PW 32

É anche possibile calcolare la potenza reattiva:



Q= 3(PW 32 − PW 12 )

NB: É una cosa molto particolare che dai wattmetri si possa misurare la potenza reattiva
(questo è dovuto alla connessione Aron).
É facile ricavare la dimostrazione sapendo che PW 12 = 12 P − 2√1 3 Q e che PW 32 = 12 P + 2√1 3 Q

3.2.6 Analisi di rete trifase simmetrica ed equilibrata

Come si procede per analizzare una rete come quella in figura?

Step 1: Ovviamente si usa il metodo simbolico, quindi tensioni, correnti, resistenze e reattanze
vanno espressi con i rispettivi fasori e numeri complessi.
Step 2: Resistenze e reattanze si raggruppano in impedenze. Inoltre se sono presenti connessioni
a triangolo (come in figura quella individuata dalla linea rossa) vanno trasformate in connessioni
a stella.
Si ottiene:

NB: Questa rete è senza neutro, MA essendo simmetrica ed equilibrata noi possiamo immaginare
che ci sia. Questo è quello che ci serve per ricondurci all’equivalente monofase. (Vedi figura)

81
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

Step 3: Trovato la rete equivalente monofase si risolve e si


semplifica questa rete.
Step 4: Usando i dati ottenuti dal monofase si può risolvere
anche la rete trifase per le ragioni di simmetria viste in prece-
denza.

3.2.7 Cenni alla fornitura di ”energia elettrica”

Condizioni di buona fornitura:

• ”stabilità” della tensione di alimentazione


Si cerca di garantire un valore efficace di tensione v prossimo al valore nominale Vn perché
sarebbe inopportuno e/o pericoloso far funzionare le apparecchiature a tensioni molto di-
verse dalla tensione nominale (di progetto).
Questa condizione si verifica quando l’impedenza interna della rete di distribuzione (Zd )
ha modulo molto inferiore a quello minimo dell’impedenza utilizzatrice (Z). La di-
mostrazione è immediata se si applica il partitore di tensione simbolico alla serie delle
due impedenze.

• ”minimizzazione” della corrente di linea


Si cerca di erogare la potenza contrattuale con il minimo valore efficace di corrente (come
già visto per le reti monofase, questo comporta ridotte perdite durante la fornitura e si
minimizza il dimensionamento del sistema di fornitura).
La condizione di funzionamento ottimale per la rete di distribuzione si realizza quando
tensione V̄ e corrente I¯ sul carico sono in fase.
Per due ragioni:

¯ minori sono le cadute di tensione e le


– Minore è il valore efficace della corrente I,
˙
dissipazioni ohmiche nella rete Zd e quindi maggiore è il ”rendimento di trasmissione”
P
– Se cos(ϕ) << 1 la potenza apparente s = cos(ϕ) è molto maggiore di quella attiva
P e ciò comporta un sovradimensionamento della linea e in generale dell’intera rete
(generatori, trasformatori, ...)

Se corrente e tensione NON sono in fase si ricorre al rifasa-


mento del carico.
Il procedimento è analogo a quello del caso monofase, MA
qua va ricordato che le relazioni tra le correnti, la tensioni e
le potenze sono diversi.

82
Terzo Parziale

83
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

3.3 Lezione 20
3.3.1 Introduzione ai regimi variabili aperiodici

Una rete è in regime variabile aperiodico quando sperimenta un andamento arbitrario. Questa
situazione si può verificare per diversi motivi:
• Evoluzione di reti elettriche che partendo da correnti e tensioni date (spesso nulle) si
portano a regimi permanenti (stazionari o periodici)
• Reti con ingressi variabili nel tempo in modo non periodico (non ripetitivo)
• Reti con elementi inerti e passivi tempo-varianti
NB: Il primo caso è il più significativo perché si verifica semplicemente quando si accende un
generatore o quando si chiude un interruttore. Più nello specifico con ”evoluzione della rete” si
intende questa sequenza di eventi: tensioni e correnti nulle, si accende un generatore o si chiude
un interruttore, la rete per qualche istante ha un comportamento imprevedibile aperiodico, la
rete si stabilizza e inizia a rispettare o un regime stazionario o periodico.

3.3.2 Eventi critici

I regimi variabili sono spesso innescati da eventi critici che alterano bruscamente l’equilibrio
elettrico della rete, in specifici istanti, detti: Istanti critici.
La brusca alterazione dell’equilibrio elettrico della rete può essere dovuta alla commutazione di
un interruttore o alla discontinuità della tensione/corrente impressa da un generatore.

NB: Nelle reti reali però nessuna commutazione/variazione è istantanea, ma richiede un in-
tervallo temporale ∆t0 . Se però ci interessa studiare un intervallo temporale ∆t1 >> ∆t0
allora possiamo approssimare ∆t0 → t0 (cioè ad istante), tenendo però conto delle variazioni di
tensione ∆v(t0 ) e corrente ∆i(t0 ).

3.3.3 Discontinuità tra corrente e tensione

Quando studiamo il comportamento di una rete nell’intorno degli istanti critici dobbiamo fare
dei limiti sinistri e destri delle tensioni e delle correnti.
Quindi introduciamo i concetti di:
Limite sinistro Limite destro

Quando i limiti NON coincidono si creano dei punti di discontinuità nelle funzioni di tensione
e corrente che generalmente sono invece continui.


∆v(t0 ) = v(t+
0 ) − v(t0 )

∆i(t0 ) = i(t+
0 ) − i(t0 )

NB: Essendo gli istanti critici in numero finito le funzioni sono dette ”continue quasi dapper-
tutto”

84
Terzo Parziale

3.3.4 Discontinuità delle variabili di stato

Ricorda: Le variabili di stato sono quelle variabili che definiscono lo stato energetico dei com-
ponenti.

• Variabili di stato nei condensatori: tensioni v(t) (che esprime l’energia wC = 12 Cv 2 )

• Variabili di stato negli induttori: correnti i(t) (che esprime l’energia wL = 12 Li2 )

• Variabili di stato nei doppi bipoli induttivi: correnti i1 (t), i2 (t)

Cosa succede negli istanti critici?


Come visto in precedenza si creano delle discontinuità ∆i(t0 ) e ∆v(t0 ) che comportano: ∆W C (t0 )
e ∆W L (t0 ), cioè l’energia dovrebbe cambiare istantaneamente, ergo servirebbe una potenza
infinita. Per la teoria delle reti (che è un modello astratto) questo è possibile, nella realtà fisica
succede che si hanno potenze molto elevate per tempi molto brevi.

3.3.5 Vettore di stato

É il vettore che raccoglie tutte le variabili di stato, e siccome le variabili di stato descrivono lo
stato energetico, il vettore di stato descrive l’energia di tutti i componenti.

yS (t) = [yS1 ... ySP ]T

3.3.6 Stato nullo (zero)

Quando tutte le variabili di stato sono nulle si dice che la rete è nello stato nullo. Una rete può
essere in questa condizione prima dell’istante critico o dopo di esso: yS (t− +
0 ) , yS (t0 ).

3.3.7 Rete a riposo

Quando tutte le tensioni e le correnti dei lati sono nulle si dice che la rete è a riposo. La rete
può essere a riposo in t− +
0 e/o in t0 . Cioè:

NB: Una rete a riposo è nello stato nullo, MA non è vero il viceversa.

3.3.8 Funzioni impulsive

Sono particolari enti matematici che permettono di studiare gli istanti critici.
Le tre più importanti:

• Funzione a gradino unitaria (di Heaviside)

(
0 se t < t0
δ−1 (t − t0 ) =
1 se t > t0

NB: Il gradino è centrato in t0

85
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

• Funzione impulsiva unitaria (di Dirac)



 δ0 (t − t0 ) = 0 ∀t 6= t0
Z t0 +
lim→0
 δ0 (t − t0 ) dt = 1
t0 −

NB: L’impulso è centrato in t0 .


NB: É particolare perché non conosciamo il valore esatto ma conosciamo il valore dell’integrale
che vale 1.
NB: La funzione impulso δ0 è la derivata della funzione gradino δ−1 .
• Funzione a rampa
Si ottiene integrando la funzione gradino.

(
0 se t < t0
δ−2 (t − t0 ) =
t − t0 se t > t0

3.3.9 Comportamento dei bipoli passivi ideali

• Applicazione di un gradino di tensione

I componenti di questa rete sperimentano questa tensione:


e(t) = Eδ−1 (t)
Tabella delle grandezze elettriche dei componenti con l’applicazione di un gradino di
tensione

86
Terzo Parziale

Osservazioni:
. Resistore: la tensione a gradino comporta una corrente a gradino, perché è un compo-
nente adinamico.
. Induttore: il gradino di tensione non crea problemi.
. Condensatore: applicare un gradino di tensione crea problemi matematici perché genera
funzioni impulsive e crea problemi tecnici perché crea correnti molto elevate.
Attenzione: Tali correnti impulsive possono manifestarsi solo in maglie (o anelli) formate
esclusivamente da condensatori, generatori ideali di tensione e interruttori (o deviatori)
che chiudono; esse sono dette maglie impulsive.

• Applicazione di un gradino di corrente

I componenti di questa rete sperimentano questa corrente:

j(t) = Jδ−1 (t)

Tabella delle grandezze elettriche dei componenti con l’applicazione di un gradino di


corrente

Osservazioni: (il caso è duale al precedente)


. Resistore: corrente a gradino comporta una tensione a gradino.
. Condensatore: il gradino di corrente non crea problemi.
. Induttore: un gradino di corrente crea problemi perché si generano tensioni impulsive.
Attenzione: Tali tensioni impulsive possono manifestarsi solo in insiemi di taglio (o nodi)
formati esclusivamente da induttori, porte di doppi bipoli induttivi, generatori ideali di
corrente ed interruttori (o deviatori) che aprono; essi sono detti insiemi di taglio impulsivi.

87
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

3.4 Lezione 21
3.4.1 Circuiti del primo ordine

Introduzione:
Dopo l’istante critico la rete evolve con continuità (fino ad un altro eventuale istante critico o
all’infinito).
Nei blocchi temporali compresi tra gli istanti critici le grandezze di rete sono continue con
derivate continue (classe C ∞ ) ma non periodiche, pertanto all’interno di questi blocchi temporali
possiamo applicare i metodi dell’analisi differenziale classica.
Per l’analisi delle reti distingueremo le grandezze (tensioni e correnti) tra:

• Ingressi (sorgenti): x(t) = grandezze impresse e(t) e j(t) dei generatori ideali indipendenti
(termini noti).

• Uscite (risposte): y(t) = grandezze v(t) e i(t) dei lati (incognite).

NB: L’analisi verrà sviluppa per t > 0, ovvero parte da t = 0+ , in cui sono noti i valori delle
variabili di stato yS (0+ ). (Conosciamo le variabili di stato in t = 0+ perché le conosciamo in
t = 0− e per continuità).
!! Attenzione: Per via dell’assenza di andamenti prestabiliti non è possibile utilizzare i metodi
per il regime stazionario o i metodi di analisi simbolica !!
Perciò per l’analisi di queste reti utilizzeremo le leggi topologiche (LKC e LKT) e tipologiche
degli n-poli che compongono la rete.

3.4.2 Esempi introduttivi

Iniziamo con esempi (circuiti del primo ordine) che costituiscono casi semplici ed importanti di
reti in regime variabile aperiodico:

1. Analisi della carica e scarica di condensatore

2. Analisi della carica e scarica di induttore

NB: Questi non sono gli unici casi di reti che caricano o scaricano i componenti, sono solo
degli esempi. Sono stati scelti questi in particolare perché sono casi molto comuni e perché
presentano equazioni duali.

88
Terzo Parziale

3.4.3 [1.a] Carica del condensatore da stato nullo

Dalla definizione di stato nullo: ai capi del condensatore la tensione è nulla e per come è definita
la carica del condensatore (Q = C V ) il condensatore è scarico.
NB: Il deviatore è indicato con la lettera S.
Evoluzione del circuito:
a. t < 0: S in posizione 2, circuito nello stato nullo,
v=V =0

b. t = 0: S commuta in posizione 1.

c. t > 0: Valgono le equazioni:


•LKT : vR + v = E
•R : vR = RiR −→ RiR + v = E
•LKC : iR = i −→ Ri + v = E
•C : i = C dvdt
−→ RC dv dt
+v =E
dv
NB: [RC dt + v = E] è un’equazione differenziale ordinaria (ODE) lineare di primo grado a
coefficienti costanti e non omogenea, e utilizzando il linguaggio introdotto in precedenza la E
è un termine noto (x) e la v è un’incognita (y).
Soluzione della ODE:

• Integrale particolare:
Affronteremo successivamente la tecnica per trovare l’integrale particolare, ora ci basta
constatare che una soluzione particolare è: vP (t) = VP e che sostituendo nell’eq. differen-
ziale si ottiene: vP (t) = VP = E.
NB: Il pedice P sta per particolare.

• Integrale dell’omogenea associata: Ricorda: L’omogenea associata si ottiene azzerando il


termine noto, quindi RC dv dt
+v =0
Per risolvere questa equazione si sostituisce all’incognita o alle sue derivate una variabile
simbolica sk dove k è l’ordine di derivazione. Quindi in questo caso:
RCs1 + s0 = 0 −→ RCs + 1 = 0
1
Questo è il polinomio caratteristico, la radice del polinomio è: s = − RC con unità di
−1 1
misura secondi . É preferibile usare la costante tempo: T = − s = RC, con unità di
misura in secondi.
Da cui l’integrale dell’omogenea associata:
t
v0 (t) = V0 est = V0 e− T

La quantità VO è detta costante arbitraria.

• Integrale completo: è la somma di quello particolare e quello dell’omogenea:


t
v(t) = vp (t) + v0 (t) −→ v(t) = E + V0 e− T

V0 è arbitraria, ma sappiamo che v(t) deve soddisfare le condizioni iniziali. Ed essendo


che per t < 0 la tensione era nulla e che in t = 0 non ci possono essere variazioni impulsive
allora v(0+ ) = v(0− ) = V = 0. Imponendo questa condizione alla soluzione dell’integrale
completo si ottiene che V0 = −E e quindi in definitiva:
t
v(t) = E(1 − e− T )

89
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

Altre grandezze della rete:


Una volta ricavata la v(t) si possono trovare tutte le altre
grandezze.
dv E t
i(t) = C = e− T
dt R
t
vR (t) = Ri = E − v = Ee− T
t
Q = Cv(t) = CE(1 − e− T )
t
NB: Tutte le grandezze contengono il termine esponenziale e− T
NB: Per costanti di tempo T piccole, il circuito raggiunge molto velocemente il valore asintotico.
NB: Il valore asintotico comunque si raggiunge circa dopo che è trascorso un lasso di tempo
∆t ' 5T , dopo questo lasso di tempo le grandezze diventano costanti. (Questo perché per
tempi lunghi l’integrale dell’omogenea associata diventa 0, perché il termine forzante è un gen-
eratore costante.)
Caso del condensatore già carico:
Se il condensatore è carico in t = 0− cambia il calcolo della costante di integrazione V0 che
diventa V0 = V − E, da cui:
t
v(t) = E + (V − E)e− T

La v(t) e la i(t) si possono riscrivere come:


t t
v(t) = E(1 − e− T ) + V e− T

dv E −V −t E t V t
i(t) = C = e T −→ i(t) = e− T − e− T
dt R R R

3.4.4 [1.b] Scarica del condensatore da stato nullo

a. t < 0: S in posizione 1, condensatore carico, v =


V =E

b. t = 0: S commuta in posizione 2.

c. t > 0: Valgono le equazioni:


•LKT : vR + v = 0
•R : vR = RiR −→ RiR + v = 0
•LKC : iR = i −→ Ri + v = 0
•C : i = C dvdt
−→ RC dvdt
+v =0
dv
NB: [RC dt + v = 0] è un’equazione differenziale ordinaria lineare di primo grado a coefficienti
costanti omogenea (Come per la carica, solo che al posto di E c’è 0). Per le eq. diff. omoge-
nee l’integrale particolare è 0, perciò la soluzione è costituita solo dall’integrale dell’omogenea
associata (che è uguale a quello della carica):
t
v(t) = v0 (t) = V0 e− T

dove la costante di integrazione V0 imponendo la condizione: v(0− ) = v(0+ ) = V allora:


t
V0 = V −→ v(t) = V e− T

NB: è importante notare che nella fase di scarica le grandezze cambiano con la stessa velocità
che nella fase di carica! Perciò se è veloce la carica è veloce anche la scarica.

90
Terzo Parziale

La corrente risulta:
dv V t
i(t) = C = − e− T
dt R

3.4.5 Bilancio energetico

• Durante la carica dallo stato zero:


1 1
LC = WC − 0 = CE 2 = EΘ (Θ = CE)
2 2
Z ∞ Z ∞
Lg = Ei dt = E i dt = EΘ = 2WC
0 0
Z ∞
1
LR = Ri2 dt = Lg − Wc = EΘ
0 2
Da cui il rendimento di carica (cioè quanta energia è andata sul condensatore rispetto
a quanta è uscita dal generatore) W
Lg
c
= 0, 5 il che è abbastanza deludente. La parte di
energia che non va sul condensatore è quella che viene sprecata sul resistore ( e NB: è
indipendente dal resistore).

• Durante la scarica:
1 1
LC−erogato = −LC = −(0 − WC ) = CE 2 = EΘ = LR
2 2

3.4.6 Dipendenza da R

NON dipendono da R:

• La tensione di carica del condensatore V = E

• L’energia immagazzinata nel condensatore WC = 21 CV 2

• Il lavoro erogato dal generatore

• L’energia dissipata in R

Dipendono da R:

• La costante di tempo T = RC e quindi la velocità di carica e scarica

• Il valore massimo della corrente I = E


R

• Per R → 0 si ottengono carica e scarica istantanee, con corrente impulsiva e tensione


discontinua.
Questa situazione nella realtà è praticamente impossibile perché realizzare circuiti con
resistenza nulla è molto difficile.

91
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

3.4.7 [2.a] Carica dell’induttore da stato nullo

Tutto è duale a quanto già visto in precedenza.


Evoluzione del circuito:

a. t < 0: S in posizione 2, circuito a riposo, i = I = 0

b. t = 0: S commuta in posizione 1.

c. t > 0: Valgono le equazioni:

•LKC : iR + i = J
•R : iR = GvR −→ GvR + i = J
•LKT : vR = v −→ Gv + i = J
di di
•L : v = L dt −→ GL dt +i=J
di
NB: [GL dt + i = J] è un’equazione differenziale ordinaria (ODE) lineare di primo grado a
coefficienti costanti e non omogenea, e utilizzando il linguaggio introdotto in precedenza la J è
un termine noto (x) e la i è un’incognita (y).
NB: Le incognite delle ODE saranno sempre e solo grandezze di stato.
La struttura dell’equazione è uguale al caso del condensatore, perciò il procedimento matem-
atico è uguale.
Soluzione della ODE:

• Integrale particolare:
É costante: iP (t) = IP e che sostituendo nell’eq. differenziale si ottiene: iP (t) = IP = J.

• Integrale dell’omogenea associata: GLs + 1 = 0 −→ s = − GL 1


Da cui la costante
1 L
tempo: T = − s = GL = R , con unità di misura in secondi.
Da cui l’integrale dell’omogenea associata:
t
i0 (t) = I0 est = I0 e− T
La quantità IO è detta costante arbitraria.

• Integrale completo: è la somma di quello particolare e quello dell’omogenea:


t
i(t) = ip (t) + i0 (t) −→ i(t) = J + I0 e− T

Per determinare la costante arbitrario I0 dobbiamo imporre che vengano soddisfatte le


condizioni iniziali. Ed essendo che per t < 0 la corrente era nulla e che in t = 0 non ci
possono essere variazioni impulsive allora i(0+ ) = i(0− ) = I = 0. Imponendo questa con-
dizione alla soluzione dell’integrale completo si ottiene che I0 = −J e quindi in definitiva:
t
i(t) = J(1 − e− T )

Altre grandezze della rete:


Una volta ricavata la i(t) si possono trovare tutte le altre
grandezze.
di J t
v(t) = L = e− T
dt G
t
iR (t) = Gv = J − i = Je− T
t
λ = Li(t) = LJ(1 − e− T )

92
Terzo Parziale

Caso dell’indutture già carico:


Se l’induttore è carico in t = 0− cambia solo il calcolo della costante di integrazione I0 che
diventa I0 = I − J, da cui:
t
i(t) = J + (I − J)e− T

La i(t) e la v(t) si possono riscrivere come:


t t
i(t) = J(1 − e− T ) + Ie− T

di J −I −t J t I t
v(t) = L = e T −→ v(t) = e− T − e− T
dt G G G

3.4.8 [2.b] Scarica dell’induttore da stato nullo

a. t < 0: S in posizione 1, induttore carico, i = I = J

b. t = 0: S commuta in posizione 2.

c. t > 0: Valgono le equazioni:

•LKC : iR + i = 0
•R : iR = GvR −→ GvR + i = 0
•LKT : vR = v −→ Gv + i = 0
di di
•L : v = L dt −→ GL dt +i=0
di
NB: [GL dt + i = 0] è un’equazione differenziale ordinaria lineare di primo grado a coefficienti
costanti omogenea. Per le eq. diff. omogenee l’integrale particolare è 0, perciò la soluzione è
costituita solo dall’integrale dell’omogenea associata (che è uguale a quello della carica):
t
i(t) = i0 (t) = I0 e− T
dove la costante di integrazione I0 imponendo la condizione: i(0− ) = i(0+ ) = I allora:
t
I0 = I −→ i(t) = Ie− T
NB: Anche in questo caso la scarica ha la stessa dinamica della carica

La tensione risulta:
di I t
v(t) = L = − e− T
dt G

3.4.9 Bilancio energetico

NB: Duale al caso precedente!!


• Durante la carica dallo stato zero:
1 1
LL = WL − 0 = LJ 2 = JΛ (Λ = LJ)
2 2

93
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

Z ∞ Z ∞
Lg = Jv dt = J iv dt = JΛ = 2WL
0 0
Z ∞
1
LR Gv 2 dt = Lg − WL = JΛ
0 2
WL
Da cui il rendimento di carica Lg
= 0, 5 come prima.

• Durante la scarica:
1 1
LL−erogato = −LL = −(0 − WL ) = LJ 2 = JΛ = LR
2 2

3.4.10 Dipendenza da R

NON dipendono da R:

• La corrente di carica dell’induttore I = J

• L’energia immagazzinata nell’induttore WL = 12 LI 2

• Il lavoro erogato dal generatore

• Il lavoro dissipato in R

Dipendono da R:

• La costante di tempo T = LG e quindi la velocità di carica e scarica.

• Il valore massimo di tensione V = J


G

• Per G → 0 si ottengono carica e scarica istantanee, con corrente impulsiva e tensione


discontinua.

94
Terzo Parziale

3.5 Lezione 22
3.5.1 Formulazione generale per reti a regime variabile

Per approcciare in generale i problemi circuitali in regime variabile si descrive la rete tramite:
le leggi di Kirchhoff tensioni e correnti (in forma matriciali):
LKC: Ai = 0
LKT: Bv = 0
che descrivono i legami che nascono dagli insiemi di taglio fondamentali e dalle maglie fonda-
mentali.
Attraverso le equazioni dei componenti:
per i resistori: v − Ri = 0
per i condensatori: C dv
dt
−i=0
di
per gli induttori: v − L dt =0
E attraverso le tensioni e le correnti note:
v = e(t)
i = j(t)
Attraverso l’unione di tutte queste equazioni si può scrivere un grande sistema algebrico-
differenziale che descrive la rete.
Spesso si elaborano tali equazioni in modo da ricavare un’equazione “separata” che lega l’ingresso
xk (o gli ingressi) ad una sola uscita yh (questo è l’approccio che adotteremo nel seguito).
Nel caso più semplice si ha che una certa uscita yh dipende da un solo ingresso x
n m
X di yh X di x
ai i = bi i
i=0
dt i=0
dt
In forma estesa, a sinistra la somma delle derivate dell’incognita e a destra la stessa cosa ma
con gli ingressi:
dn y h dyh dm x dx
an n + ... + a1 + a0 yh = bm m + ... + b1 + b0 x
dt dt dt dt
NB: Questo era il caso più semplice perché l’uscita dipende da un solo ingresso.
Se l’uscita dipende da più ingressi avremmo un’ulteriore sommatoria (possiamo immaginare di
lavorare nel senso della sovrapposizione degli effetti):
n q m
k
X di y h X X d i xk
ai i = bki i
i=0
dt k=1 i=0
dt
Osservazioni:
• L’uscita yh è l’incognita a primo membro; i coefficienti ai , bi , bki sono funzioni della rete
inerte (R, C, L, R, L e loro connessioni mediante le matrici A, B)
• I secondi membri sono termini noti fh : funzioni degli ingressi xk (t) note a priori
• Importante: Per costruzione il grado n (cioè il più alto grado di derivazione che compare)
è sempre minore o uguale al numero p di variabili di stato presenti nella rete (tensioni di
C, correnti di L e L)
• L’equazione differenziale può essere integrata solo conoscendo le condizioni iniziali delle
variabili di stato contenute in ys , per cui l’ODE si può scrivere sinteticamente come:
Lh yh = fh h = 1...2l ys (0+ ) 6= 0
Quindi immaginando di avere come uscita y dobbiamo conoscere il valore di y e di tutte
le sue derivate fino al grado n − 1, per poter determinare in modo univoco la soluzione del
problema. Questi valori della funzione di stato e delle sue derivate in 0 sono generalmente
non nulli e vengono detti: Stato della rete.

95
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

3.5.2 Oscillatore L-C

Esempio:
Il circuito da risolvere è una connessione serie di un
induttore e condensatore e un generatore ideale di
tensione sinusoidale di equazione e(t) = EM sen(ωt).
Evoluzione della rete:

a. t < 0: S aperto e circuito a riposo

b. t = 0: S chiude

c. t > 0: Valgono le equazioni:


•LKT : vL + v = e

di di
•L : vL = L dt −→ L dt +v =e

•LKC : iC = i −→ L didtC + v = e
2
•C : iC = C dvdt
−→ [LC ddt2v + v = e] ?
NB:[?] é un’equazione differenziale ordinaria lineare di secondo grado a coefficienti costanti.

Osservazione: Cosa sarebbe successo se avessimo scelto come incognita la corrente sull’induttore
anziché la tensione sul condensatore?
Il sistema algebrico differenziale di partenza sarebbe ovviamente lo stesso, cambierebbero le
sostituzioni:

•LKC : iC = i

•C : iC = C dv
dt
−→ i = C dv
dt

•LKT : v = e − vL −→ i = C d(e−v
dt
L)

di d(e−L di ) 2 d i de
•L : vL = L dt −→ i = C dt dt −→ [LC dt 2 + i = C dt ] ??

NB: [??] un’equazione differenziale ordinaria lineare di secondo grado a coefficienti costanti.
NB: É importantissimo notare che [?] e [??] sono ODE dello stesso grado e che i coefficienti che
moltiplicano le derivate dell’incognita o l’incognita sono gli stessi, cioè le due ODE sono simili!
Questo fatto non è casuale, si era visto che i circuiti RC o RL si era notato che tutte le grandezze
della rete evolvevano con la stessa dinamica (velocità).

Scrittura alternativa delle [?] , [??]:


Si può riscrivere il primo coefficiente utilizzando ω0 = √1
LC
1 d2 v 1 d2 i de
+v =e +i=C
ω02 dt2 2
ω0 dt2 dt
NB: Primi membri uguali e termini noti diversi.

96
Terzo Parziale

3.5.3 Integrazione dell’equazione differenziale


i di xk
Come si risolve la ODE? ni=0 ai ddtyih = qk=1 m
P P P k
i=0 bki dti
La teoria delle equazioni differenziali ordinarie a coefficienti costanti non omogenee ci dice
che l’uscita è :y(t) = yp + y0 , dove yp è l’integrale particolare e y0 è l’integrale dell’omogenea
associata. Come già visto nei casi più semplici RL/RC y0 comprende le costanti di integrazione
che vanno scelte in modo che le variabili di stato della rete evolvano partendo dai valori iniziali
contenuti nel vettore di stato ys (0+ ) :

Ly = f (x) ys (0+ ) 6= 0

3.5.4 Casi particolari: risposta libera e forzata

• Risposta libera (o risposta con ingressi nulli)


Se xk = 0∀k l’ODE sarà omogenea Ly = 0 e in generale avrà invece uno stato iniziale non
nullo ys (0+ ) 6= 0.
La soluzione si chiama risposta libera ed essendo la ODE omogenea ha ingresso particolare
nullo: yl (t) = yl0
NB: Il pedice l sta per libera.

• Risposta forzata (o risposta da stato nullo)


Se ys (0+ ) = 0 l’ODE si pone come Ly = f con lo stato iniziale nullo.
La soluzione si chiama risposta forzata e si può calcolare come somma dell’integrale par-
ticolare e di quello dell’omogenea: yf (t) = yf p + yf 0
NB: Il pedice f sta per forzata

3.5.5 Valori iniziali

Se le condizioni iniziali sono non nulle → v(0+ ) 6= 0 e i(0+ ) 6= 0 allora le equazioni di conden-
satori e induttori non sono più lineari e pregiudicano la linearità del problema.
Equazione condensatore:

1 t 0 0
Z
+
v(t) = v(0 ) + i(t ) dt
C 0+
Equazione induttore:

1 t
Z
+
i(t) = i(0 ) + v(t0 ) dt0
L 0+
Osservazione: tensioni e correnti sono costituite dal valore iniziale, che è costante, e da un com-
ponente inizialmente scarico.
É possibile rappresentare delle condizioni iniziali non nulle attraverso dei generatori costanti,
come nello schema in figura, cosı̀ che il componente sia considerabile inizialmente scarico.
In questo modo si può sempre pensare di lavorare con componenti inizialmente scarichi, perché
qualora non lo fossero si possono riscrivere nella forma equivalente di componente scarico più
generatore costante.
NB: Tipicamente questo non sarà questo l’approccio utilizzato, ma è utile per capire concettual-
mente.

97
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

3.5.6 Risposta generica

Nel caso in cui sia le variabili di ingresso sia le condizioni iniziali sono non nulle x 6= 0 e
ys (0+ ) 6= 0, cioè tradotto in equazioni: Ly = f , possiamo procedere nel modo seguente:

• Linearizzare la rete: rappresentiamo le condizioni iniziali non nulle attraverso i generatori


equivalenti ys (0+ ) 6= 0 −→ Xf

• Ora che la rete è lineare si può risolvere tramite la sovrapposizione degli effetti:

– Prima azione: Lasciamo gli ingressi ai loro veri valori x 6= 0 ma poniamo i generatori
equivalenti a zero Xf = 0 (risposta forzata)
– Seconda azione: Viceversa, poniamo a zero gli ingressi x = 0 e lasciamo agire i
generatori Xf 6= 0 (risposta libera)

• Soluzione completa del problema si ottiene sommando la risposta libera e quella forzata
y(t) = yl + yf

Ricorda: La soluzione completa del problema è y(t) = yP + yO = (yf p + yf O ) + (ylO ) dove in


questo caso: yp = yf p e yO = yf O + ylO

3.5.7 Integrale particolare

Consideriamo il caso di un solo ingresso (questa restrizione non è riduttiva perché se vi fossero
più ingressi applicando la sovrapposizione degli effetti comunque si considerano uno alla volta).
In linea di principio x(t) può essere una qualsiasi funzione assegnata nel tempo, ma i casi più
tipici sono:

a. Ingresso costante (gradino)

b. Ingresso sinusoidale

c. Ingresso rampa

• a. Ingresso costante (gradino)


Se l’ingresso è costante anche l’integrale particolare è costante x(t) = X −→ yp (t) = Yp .

b0
ao Y p = b 0 X ⇒ Y p = X = HX
a0

è la soluzione che si avrebbe in regime stazionario, perciò per trovare la soluzione tipica-
mente si prende la rete e la si studia a regime costante, che significa sostituire i conden-
satori con degli aperti, sostituire gli induttori con dei corti e risolvere la rete.
Quindi Yp si può determinare con i metodi di analisi delle reti in regime stazionario.
Caso particolare: se a0 = 0 non esiste la soluzione costante (la rete è singolare in regime
stazionario). Esiste integrale particolare a rampa yp (t) = Ko t

• b. Ingresso sinusoidale
Se l’ingresso è sinusoidale anche l’integrale particolare è sinusoidale, in particolare sarà
isofrequenziale con l’ingresso x(t) = XM sen(ωt + χ) −→ yp (t) = YpM sen(ωt + γp ).
La soluzione si ricava con il metodo simbolico.

98
Terzo Parziale

3.5.8 Integrale dell’omogenea

É una funzione che soddisfa l’eq. diff. resa omogenea, cioè ottenuta azzerando il termine noto
nella ODE completa (che equivale a spegnere i generatori)

n
X di y h
ai =0
i=0
dti

per risolvere questo bisogna trovare le radici del polinomio caratteristico: ni=0 ai si
P
Radici del polinomio: (Ripasso teorema fondamentale dell’algebra)
L’equazione algebrica a coefficienti reali di grado n ha m radici complesse si = σi + jωi even-
tualmente multiple.
Alcune radici possono essere reali pure (si = σi ) o immaginarie pure (si = jωi ).
Le radici complesse ed immaginarie sono in numero pari e coniugate a due a due (si = σi ± jωi ).
Le radici a parte reale non nulla possono essere multiple.
Le radici a parte reale nulla sono singole.
Per ogni tipo di radice che ci fornisce il polinomio caratteristico esiste un corrispettivo termine
temporale che va ad aggiungersi all’integrale dell’omogenea associata:

• Radici reali singole (molteplicità 1)

• Coppie di radici complesse –singole

• Radici reali e complesse –multiple

99
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

3.5.9 Integrale complessivo


nr
X nc
X
y0 (t) = Yi eσi t + Yi eσi t sen(ωi t + γi )
i=1 i=1

Si ottiene dalla somma di tutti i modi normali.


Le radici si = σi + jωi appaiono come pulsazioni generalizzate naturali o proprie.
Dipendono da R, C, L, R,L, dalle matrici di connessione A, B (rete inerte) e non dagli ingressi.
Presenta n = nr + 2nc costanti di integrazione.
NB: Se σi < 0 si preferisce considerare la costante di tempo Ti

100
Terzo Parziale

3.6 Lezione 23
3.6.1 Anello RC - Reti del primo ordine dissipative

L’anello RC è la rete in evoluzione libera del circuito di carica e scarica del condensatore.

Dalle equazioni:
dv
vR = Ri i=C vR + v = 0
dt
Si ottiene l’ODE:
dv
RC +v =0
dt
Ora dobbiamo trovare l’integrale dell’omogenea associata (cioè a generatori spenti)

e l’integrale particolare (che invece dipende dal generatore).


Scriviamo il polinomio caratteristico: RC s1 + s0 = 0 −→ RC s + 1 = 0
1
Radice (e pulsazione naturale): s = − RC essendo negativa preferiamo introdurre la costante di
tempo T = RC
Giungiamo ad un unico modo naturale di questa rete:
t
v0 = V0 e− T

3.6.2 Anello RL - Reti del primo ordine dissipative

NB: Caso duale al precedente.


L’anello RL (GL) è la rete in evoluzione libera del circuito di carica e scarica dell’induttore.

Dalle equazioni:
di
iR = Gv v=L iR + i = 0
dt
Si ottiene l’ODE:
di
LG + i = 0
dt
Dobbiamo trovare l’integrale dell’omogenea associata e l’integrale particolare.

101
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

Scriviamo il polinomio caratteristico: LG s1 + s0 = 0 −→ LG s + 1 = 0


1
Radice (e pulsazione naturale): s = − LG essendo negativa preferiamo introdurre la costante di
L
tempo T = LG = R
Giungiamo ad un unico modo naturale di questa rete:

t
i0 = I0 e− T

3.6.3 Anello LC - Rete del secondo ordine conservativa

L’anello LC si ottiene azzerando il generatore della rete rappresentata a destra.

Dalle equazioni:
dv di
iC = C v=L iC + i = 0
dt dt
Si ottengono le ODE:

d2 v d2 i
LC +v =0 LC +i=0
d2 t d2 t

Scriviamo il polinomio caratteristico: LC s2 + 1 = 0


Radice (e pulsazione naturale): s = ±jω0 è una coppia complessa coniugata puramente im-
1
maginaria, con ω0 = √LC

Giungiamo a due modi naturali di questa rete:

v0 = V0C cos(ω0 t) + V0S sen(ω0 t)

i0 = I0C cos(ω0 t) + I0S sen(ω0 t)

NB: Essendo che la parte reale della radice è nulla, allora i modi naturali sono puramente si-
nusoidali.
Ricorda: i(t), v(t) è solo una parte della risposta complessiva, perché manca l’integrale parti-
colare, che dipende dalla sorgente.

102
Terzo Parziale

3.6.4 RCL serie - Rete del secondo ordine dissipativa

(Anche in questo caso consideriamo il caso omogeneo)


Nella serie RLC (con R > 0) le LKT e LKC
sono:

v + vR + vL = 0 i = iL = iR = iC

Le equazioni dei bipoli ideali sono:


dv di
iC = C vR = Ri vL = L
dt dt
Vogliamo ricavare una ODE con incognita la
corrente:
d2 i R di 1
2
+ + i=0
dt L dt CL

Il polinomio caratteristico della ODE:

R 1
s2 + s+ ⇒ s2 + 2αs + ω02 = 0
L CL = 0
R √1
dove α = 2L
è detta costante di smorzamento, e ω0 = LC
è detta pulsazione naturale.
p
1,2 = −α ±
Le radici del polinomio caratteristico sono: sq α2 − ω02
NB: Avendo introdotto i parametri: RC = 2 CL ξ = RRC = ωα0
A seconda del segno del discriminante le radici possono essere:

• Reali distinte (α > ω0 , R > RC , ξ > 1)


Risposta libera ”sovrasmorzata”

s1,2 = −α ± αs
p
Dove αs = α2 − ω02 .
Le due radici reali risultano negative e si possono considerare le costanti di tempo ”grande”
Tg e ”piccola” Tp :
1 1 1 1
Tg = − = Tp = − =
s1 α − αs s2 α + αs
I due modi naturali sono esponenziali decrescenti e formano l’integrale dell’omogenea
(”sovrasmorzato”):

− Tt − Tt
i0 (t) = Ig e g + Ip e p

− Tt − Tt
v0 (t) = Vg e g + Vp e p

103
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

• Reali coincidenti (α = ω0 , R = RC , ξ = 1)
Risposta libera ”criticamente smorzata”

s1,2 = −α

Le due radici reali risultano coincidenti, negative e si considera la costante di tempo

1 1
T =− =
s1,2 α

Essendo la radice doppia l’integrale dell’omogenea (”criticamente smorzato”) è costituito


dai due modi naturali (esponenziale ed esponenziale*t) che sono:

t − Tt
i0 (t) = I0 e− T + K0 t e p

t − Tt
v0 (t) = V0 e− T + K0 t e p

• Complesse coniugate (α < ω0 , R < RC , ξ < 1)


Risposta libera ”sottosmorzata”

1
s1,2 = −α ± jωs = − ± jωs
T

p
Dove ωs = ω02 − α2 detta pulsazione naturale smorzata.
L’integrale dell’omogenea (”sottosmorzato”) è:

t
i0 (t) = e− T [I0C cos(ωs t) + I0S cos(ωs t)]
t
v0 (t) = e− T [V0C cos(ωs t) + V0S cos(ωs t)]

104
Terzo Parziale

3.6.5 RCL parallelo - Rete del secondo ordine dissipativa

Caso duale al precedente


Nel parallelo RLC (con R > 0) le LKT e LKC
sono:

v = vR = vC = vL i + iR + iC = 0

Le equazioni dei bipoli ideali sono:


dv di
iC = C vR = Ri vL = L
dt dt
Vogliamo ricavare una ODE con incognita la
tensione:
d2 v G dv 1
+ + v=0
dt2 C dt CL

Il polinomio caratteristico della ODE:


G 1
s2 + s+ ⇒ s2 + 2αs + ω02 = 0
C CL = 0
G √1
dove α = 2C
è detta costante di smorzamento, e ω0 = LC
è detta pulsazione naturale.
p
1,2 = −α ±
Le radici del polinomio caratteristico sono: sq α2 − ω02
NB: Avendo introdotto i parametri: GC = 2 CL ξ = GGC = ωα0
A seconda del segno del discriminante le radici possono essere:

• Reali distinte (α > ω0 , G > GC , ξ > 1)

s1,2 = −α ± αs
p
Dove αs = α2 − ω02

• Reali coincidenti (α = ω0 , G = GC , ξ = 1)

s1,2 = −α

• Complesse coniugate (α < ω0 , G < GC , ξ < 1)

s1,2 = −α ± jωs
p
Dove ωs = ω02 − α2

105
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

3.6.6 Proprietà delle reti lineari inerti

Le radici del polinomio caratteristico sono dette pulsazioni naturali, e il loro numero e la loro
natura dipendono da come è costituita la rete lineare inerte.

• Se la rete è dinamica (contiene condensatori, induttori, doppi bipoli induttivi) allora


esistono pulsazioni naturali.

– Pulsazioni naturali con parti immaginarie ωi 6= 0 SOLO se la rete ha n ≥ 2, con-


dizione che si verifica solo se la rete contiene elementi dinamici che interagiscono tra
di loro.
– Pulsazioni naturali con parti reali σi 6= 0 SOLO se la rete contiene elementi adi-
namici (resistori, doppi bipoli adinamici) che interagiscono con elementi dinamici.
In particolare: σi < 0 sono dovute a elementi adinamici passivi (resistori passivi,
doppi bipoli adinamici passivi), mentre σi > 0 ad elementi adinamici attivi, come i
resistori attivi ed i generatori pilotati.

• Se la rete è adinamica n = p = 0

3.6.7 Reti stabili

Accade quando la rete è costituita solo da bipoli o doppi bipoli passivi (ne resistori attivi ne
generatori pilotati).
Allora le radici dell’equazione caratteristica hanno tutte parti reali non positive (σi ≤ 0), perché
i fattori eσi t dei modi normali naturali hanno tutti modulo non crescente nel tempo, come pure
l’integrale dell’omogenea y0 (somma dei modi).
Se le radici hanno tutte parti reali strettamente negative (σi < 0) la rete è detta ”asintotica-
mente stabile” (o anche ”assolutamente stabile” o ”dissipativa”), perché tutti i modi naturali
tendono a zero in base alle loro costanti di tempo. Gli integrali delle omogenee di tutte le us-
cite hanno carattere transitorio, e possono considerarsi estinti dopo un tempo sufficientemente
lungo.

3.6.8 Reti instabili

Può accadere quando nella rete sono presenti resistori attivi e/o generatori pilotati.
Allora sono presenti radici con parti reali positive (σi > 0), perché i fattori temporali eσi t dei
corrispondenti modi normali naturali crescono al passare del tempo, facendo divergere l’integrale
dell’omogenea y0 (somma dei modi).

106
Terzo Parziale

3.7 Lezione 24
3.7.1 Introduzione ai circuiti magnetici

Ricorda:

• Il campo di corrente J (P, t) condizioni quasi-stazionarie è solenoidale: divJ = 0


Le linee di J sono chiuse e gli insiemi di queste linee chiuse delimitano i cosiddetti
tubi di flusso chiusi, i quali possono essere canalizzati ricorrendo a materiali ad ele-
vata conducibilità (conduttori) circondati da altri a bassissima conducibilità (isolanti);
Vi sono enormi differenze tra la conducibilità dei conduttori e quella degli isolanti (rap-
porti γγCi = 109÷12 ), perciò la canalizzazione è eccellente.
Queste proprietà permetto di realizzare i circuiti elettrici.

• Il campo di induzione magnetica B(P, t) sempre solenoidale: divB = 0


Le linee di B sono chiuse e formano tubi di flusso chiusi, che possono essere canalizzati
ricorrendo a materiali ad elevata permeabilità µf detti ferromagnetici circondati da altri a
bassa permeabilità µa detti amagnetici; Vi sono sostanziali differenze tra la permeabilità
µ
dei materiali ferromagnetici e quella degli amagnetici (rapporti µfa = 103÷4 ), perciò la
canalizzazione è buona (non eccellente).
Queste proprietà permettono di realizzare i circuiti magnetici, ossia percorsi canalizzati
del flusso di induzione che si richiudono su se stessi, formalmente analoghi ai circuiti
elettrici.

3.7.2 Canalizzazione di B nei materiali ferromagnetici

Le proprietà di canalizzazione di B sono esemplificate


nella disposizione di figura, ove la parte grigia è costi-
tuita dal mezzo ferromagnetico 2 con µ2 >> µ1 del mezzo
amagnetico 1 circostante

Per la legge di Ampère, due linee chiuse di lunghezza uguale l2 , e l1 , entrambe concatenate con
l’induttore (la prima interamente contenuta nel mezzo 1 e la seconda nel mezzo 2), presentano
la medesima circuitazione di H e quindi la medesima intensità media H1 ' H2 .
Essendo B1 = µ1 H1 e B2 = µ2 H2 per i moduli si ha: B1 << B2 . Perciò tanto più µ2 >> µ1
tanto più trascurabile risulta B1 (anche se B1 non è propriamente nullo ai fini ingegneristici è
una valida approssimazione).
Per massimizzare questo comportamento, i mezzi ferromagnetici vanno usati in condizioni di
permeabilità prossima al valore massimo che si ottiene quando hanno induzioni prossime o poco
minori a Bg (induzione al ginocchio).
La struttura ferromagnetica che canalizza B nei circuiti magnetici è chiamata nucleo ferromag-
netico, questi possono essere eccitati dalla presenza di avvolgimenti.

107
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

Come si vede in figura i circuiti magnetici possono essere semplici (privi di ramificazioni, figura
a sinistra) o più complessi (con ramificazioni, figura a destra).
NB: I materiali ferromagnetici per la maggior parte della nostra trattazione sono da intendersi
con una relazione lineare tra B ed H. Nella realtà invece i materiali presentano isteresi e
comportamenti non lineari.

3.7.3 Traferro

• Traferro: una breve interruzione di un circuito mag-


netico (Lo spessore lt può essere inferiore al mil-
limetro.)

• Espansioni polari: le parti ferromagnetiche che si


affacciano al traferro

Creare un’interruzione di questo tipo è necessario, ad esempio, per permettere il moto relativo
delle parti in ferro, come avviene nelle macchine elettriche dotate di una parte ferma (statore)
e una rotante (rotore).
L’elevata permeabilità del nucleo impone alle linee vettoriali di B di restare confinate al suo
interno, senza disperdersi nel mezzo circostante a bassa permeabilità. Ciò avviene con buona
approssimazione anche in un traferro sottile, ove le linee vettoriali più esterne si mantengono
tangenti alle superfici laterali senza ”spanciarsi”.
In questa trattazione i traferri sono sufficientemente piccoli affinché le linee rimangano rettilinee
e di conseguenza il tubo di flusso non cambi di sezione.

In ipotesi di B uniforme, se il flusso di B non varia e la sezione del tubo di flusso non
varia, ALLORA possiamo dire con ottima approssimazione che l’induzione nel traferro è uguale
all’induzione nel ferro (Bt ' Bf ). MA essendo la permeabilità del traferro uguale a quella
dell’aria (µf >> µt = µ0 ) allora il campo magnetico nel traferro Ht = B µ0
t
risulta molto più
intenso che nelle espansioni: Ht >> Hf

3.7.4 Leggi di rifrazione

Il motivo per cui nasce il fenomeno di canalizzazione quando due materiali con permeabilità
molto diversa sono in contatto sta nelle leggi di rifrazione.
NB: In modo duale si può anche spiegare il fenomeno della conduzione elettrica.
Gli andamenti delle linee vettoriali alle superfici delle espansioni polari sono regolati dalle
leggi di rifrazione: deviazione delle linee vettoriali sulla superficie che separa mezzi a diversa
permeabilità

108
Terzo Parziale

Indichiamo con α1 e α2 gli angoli che le linee vettoriali formano nel mezzo 1 e nel mezzo 2 con
la normale alla superficie di separazione.
• divB = 0 → si conservano le componenti normali di B
B1 cosα1 = B2 cosα2

• rotH = 0 → si conservano le componenti tangenti di H


H1 senα1 = H2 senα2

Utilizzando le relazioni costitutive: B1 = µ1 H1 , B2 = µ2 H2 e facendo il rapporto delle prece-


denti si ottiene la legge di rifrazione :
tanα1 µ1
=
tanα2 µ2
NB: Se 1 è il traferro (µ0 ) e 2 è l’espansione polare (µf ) allora qualsiasi sia l’angolo di incidenza
delle linee vettoriali nel mezzo 2 l’angolo di incidenza nel mezzo 1 tende a zero. Questo è quello
che ci porta a dire che esiste sempre questo fenomeno di canalizazione.

3.7.5 Modelli per i tubi di flusso di B

Un tubo di flusso di B è caratterizzato da:


• Portata del tubo di flusso: ϕt (t) = St B · n dS
R

• Tensione magnetica: ψAB (t) = ` H · td`


R

In particolare: la portata del tubo di flusso ϕt (t) è una grandezza scalare, con unità di misura
weber [Wb] può essere positivo o negativo a seconda di come è scelto n rispetto a B, mentre
la tensione magnetica ψAB (t) è una grandezza scalare, con unità di misura ampere [A] che può
essere positiva o negativa a seconda di come è scelto t rispetto a H

Un tubo di flusso è definito da due superfici SA , SB


ortogonali alle linee vettoriali (superfici tappo).
NB: ϕt (t) e ψAB (t) sono proprietà del tubo di flusso.

NB: All’interno dei tubi di flusso J = 0 → rotH = 0 allora ψAB (t) tra due punti generici A di
SA e B di SB è indipendente dalla linea di integrazione e dalla scelta di A e B

3.7.6 Riluttanza

É definita riluttanza del tratto di tubo di flusso il rapporto tra tensione magnetica e portata
del tratto di tubo di flusso:
ψAB (t)
R=
ϕt (t)
É funzione della geometria e permeabilità del tratto di tubo di flusso. Avendo assunto equiversi
i versori t e n allora risulta R > 0 se B e H sono equiversi, ovvero se µ > 0. Viceversa R < 0
se µ < 0.
NB: Unità di misura [ WAb = H −1 ]
L’espressione della riluttanza può anche essere riscritta come:
ψAB (t) = Rϕt (t)
che è detta legge di Ohm per i circuiti magnetici.

109
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

3.7.7 Riluttanza sotto ipotesi semplificative

In molti dispositivi è ragionevole considerare che l’induzione e la permeabilità siano uniformi


in ogni sezione normale del tubo di flusso, allora la riluttanza può essere calcolata:
Z Z Z Z
1 1 B 1 ϕt 1
R= H d` = d` = d` = d`
ϕt `AB ϕt `AB µ ϕt `AB µ S `AB µ S

Se, inoltre, il tronco di tubo di flusso ha sezione normale S e permeabilità µ costanti lungo il
suo sviluppo assiale
`
R=
µS
NB: Questa espressione si applica anche ai traferri perché le condizioni sotto cui l’abbiamo
sviluppata si applicano anche per essi:
`t
Rt =
µ0 S t

3.7.8 Tubi di flusso di B non ramificati


Se il tubo di flusso non presenta ramificazioni si può rap-
presentare il tubo di flusso attraverso un’unica riluttanza.
Allora:
ψC = RC ϕt
In questo caso la tensione magnetica ψC , costituisce la
circuitazione del campo magnetico e quindi (legge di
Ampère) è uguale alla corrente di conduzione complessi-
vamente concatenata dal tubo di flusso chiuso (tipica-
mente corrente di uno o più induttori avvolti in più spire
intorno al tubo di flusso chiuso).
Se è presente un solo induttore di N di spire, si ha:
I
ψC = H · td` = N i

Combinando con l’espressione della tensione magnetica si ottiene la leggi di Hopkinson:

N i = RC ϕt

NB: Il termine F = N i, che nell’analogia circuitale corrisponde alla forza elettromotrice(f.e.m.),


è detto forza magnetomotrice (f.m.m.):è una grandezza scalare, positiva o negativa (a seconda
del segno della corrente) con unità di misura [Ampere-spire].
Ricorda: Regola della mano destra
Come nei circuiti elettrici i generatori di f.e.m. positive tendono a far circolare correnti positive
rispetto al riferimento che va dal morsetto + al morsetto −, cosı̀ nei circuiti magnetici f.m.m.
positive tendono a produrre flussi di induzione positivi rispetto al versore normale n associato
al riferimento di corrente della f.m.m. dalla regola della vite destrogira.

110
Terzo Parziale

3.7.9 Tubi di flusso di B ramificati

Nel caso di tubi di flusso con ramificazioni non possiamo applicare direttamente la legge di
Hopkinson, MA valgono le seguenti leggi (che sono equivalenti alle leggi di Kirchhoff per i cir-
cuiti magnetici):

• Prima legge di Kirchhoff per i circuiti magnetici(”LKC


magnetica”)
Una superficie chiusa SC , da cui escono più tronchi di
tubo di flusso individua un nodo del circuito magnetico.
Dato che il flusso di B uscente da una superficie chiusa è
sempre nullo, la somma dei flussi dei tronchi uscenti dal
nodo deve essere nulla:
X
±ϕi = 0
i

NB: Ovviamente va tenuto conto del riferimento entrante


o uscente scelto, e vanno sommati o sottratti i termini in
base a quello.

• Seconda legge di Kirchhoff per i circuiti magnetici(”LKT


magnetica”)
Un percorso chiuso formato da più tronchi di tubo di
flusso di B (ossia da lati) di un circuito magnetico, cias-
cuno dotato di tensione magnetica ψk ed eventualmente
di f.m.m. Fk = Nk ik costituisce una maglia del circuito
magnetico.
Allora vale:
X X X X
±Fk = ±Nk ik = ±ψk = ±Rk ϕk
k k k k

NB: Le f.m.m. sommate se i riferimenti delle loro correnti sono associati al verso di percorrenza
della maglia dalla regola della vite destrogira

3.7.10 Energia magnetica

Può essere calcolata in due modi:


1) Come funzione delle correnti e dei coefficienti di auto e mutua induzione.
2) Come funzione della distribuzione dei campi B e H nel circuito magnetico.
Sotto opportune ipotesi semplificative:

B2 ϕ2t ϕ2t
wm = S` = S` = R
2µ 2µS 2 2

Attenzione: Se il circuito è dotato di traferro si applica comunque la formula precedente, le cose


cambiano per la densità di energia, che per la differenza tra le permeabilità, è molto maggiore
nel traferro.
B2 B2
Wmt = >> Wmf =
2µ0 2µf

111
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

3.7.11 Forza al traferro

Per la formulazione vista in precedenza l’energia magnetica accumulata al traferro è:

B2
wm = St `t

Dal teorema dei lavori virtuali possiamo affermare che la forza agente sulle espansioni polari è
data dalla derivata parziale dell’energia rispetto ad uno spostamento virtuale, in questo caso lo
spostamento virtuale è quello della diminuzione del traferro. Perciò la componente della forza
prodotta dall’induzione ortogonalmente alla superficie del traferro é:

∂wmt B2
Fmt = − =− St
∂`t 2µ0

NB: É immediato notare che questa forza è negativa rispetto alla variazione del traferro.

3.7.12 Pressione del traferro

A tale forza è associata la pressione:

| Fmt | B2
p = lim =
St →0 St 2µ0

3.7.13 Tabella riassunto

Si nota una fortissima analogia tra quel che succede nei circuiti elettrici stazionari e quello che
succede in quelli magnetici.

112
Terzo Parziale

3.7.14 Analisi dei circuiti magnetici


Per risolvere un problema come quello in figura bisogna:

• Calcolare le riluttanze di tutti i pezzi del circuiti


magnetico

• Trovare la riluttanza equivalente

– riluttanze in serie si sostituiscono con la rilut-


tanza equivalente serie
– riluttanze in parallelo si sostituiscono con la
riluttanza equivalente parallelo

• Attraverso la legge di Hopkinson si calcola il flusso


magnetico sul tratto degli avvolgimenti

• Utilizzando le formule dei partitori vediamo come


il flusso si ripartisce nei vari rami del circuito
NB: Più alta è la permeabilità e più bassa è la riluttanza, pertanto spesso si assume che la
permeabilità è infinita (cioè si comporta in maniera analoga ad un cortocircuito). Perciò si
considerano solo le riluttanze dei traferri.

3.7.15 Circuiti magnetici con più avvolgimenti

Se vi sono più avvolgimenti va tenuto conto anche dei


coefficienti di mutua induzione.
NB: Spesso le lunghezze dei traferri sono indicate con le
lettere g (dall’inglese ”gap”)

3.7.16 Non linearità dei circuiti magnetici

Non sempre il legame tra H e B è lineare, infatti nella


realtà i materiali ferromagnetici hanno delle curve come
quelle in figura: un primo tratto quasi lineare, poi la
curva tende ad appiattirsi e al limite tende ad avere una
permeabilità differenziale, cioè una pendenza pari a µ0 .

Perciò assumere che la permeabilità sia costante è valido solo fino al ”ginocchio” Hg .

113
Riassunti di Elettrotecnica - Gabriel Chiodega

NB: Nel ginocchio è massima la permeabilità.


I circuiti magnetici sono dimensionati in modo da far funzionare il ferro nella zona del ginoc-
chio, quindi con la permeabilità maggiore possibile.

3.7.17 Ciclo di isteresi

A causa della non linearità dei materiali ferromagnetici, la caratteristica di magnetizzazione


ϕt = ϕt (N i) presenta il tipico andamento riportato nella figura (sotto a sx) dovuto alla satu-
razione dei materiali ferromagnetici.
Se poi facessimo ciclare la corrente otterremo nel piano H, Bun luogo di punti che è un ciclo
di isteresi (figura a dx). É particolare perché per ogni valore di N i sia di ϕ si hanno due valori
della funzione.

3.7.18 Circuiti magnetici con magneti permanenti

Secondo la legge di Hopkinson non è escluso che si possa avere flusso in assenza di corrente,
basta che R = 0
RC = R1 + R2 = 0
NB: Materiali dotati di ciclo di isteresi che si trovano ad operare nel secondo quadrante hanno
una riluttanza negativa e quindi permetto il flusso anche in assenza di corrente, questi materiali
sono detti magneti permanenti.
NB: I magneti permanenti sono materiali ferromagnetici ”duri” (duri: cioè è difficile smagne-
tizzarli)

114
Appendice

4 Appendice
4.1 Numeri complessi
4.1.1 Rapporto di due complessi
z1 a + ib ac + bd bc − ad
= = 2 2
+i 2
z2 c + id c +d c + d2

4.1.2 Prodotto complesso

z1 z2 = (a + ib) (c + id) = (ac − bd) + i(ad + bc)

4.1.3 Reciproco di un complesso



Conoscendo un complesso z = a + ib, il suo coniugato z̄ = a − ib e la sua norma | z |= a2 + b 2
si può calcolare facilmente l’inverso di z come:
z̄ a − ib
z −1 = 2
= 2
|z| a + b2

115

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