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FORMAGGI

 1° dicembre

L’Italia è una dei principali produttori del formaggio, insieme a Francia e Olanda e soprattutto
prima al mondo per quanto riguarda la tipicità.
Applicando un processo di lavorazione sulla stessa materia prima possiamo ottenere moltissimi
derivati interessanti. La qualità del prodotto finale dipende dalla materia prima iniziale, ma anche il
processo di lavorazione apporta un miglioramento nelle qualità nutrizionali.
Cos’è il formaggio?
Prodotto ottenuto dalla coagulazione acida o presamica del latte interno, totalmente scremato o
parzialmente scremato oppure dalla crema con aggiunta di fermenti lattici. Quando diciamo solo
‘formaggio’ indichiamo quello vaccino.
Questa definizione fa capo al Regio Decreto 2033/25 e pone l’attenzione sulla standardizzazione del
latte e sulla coagulazione.
Invece il Codex Alimentarius aggiunge la stagionatura del formaggio e la consistenza. Il formaggio
è un prodotto stagionato o non, di consistenza molle o semidura, dura o extradura che può essere
incartato nel quale il rapporto proteine del siero/ caseine che non deve superare il rapporto del
latte da cui è stato ottenuto.
A pasta molle: La Maturazione va da pochi giorni a diversi mesi, parametro importante è l’aw,
abbiamo un formaggio umido. Abbiamo una coagulazione lenta e spurgo spontaneo (senza
pressatura dall’esterno).
A pasta semidura e dura: hanno una maturazione lunga, una cagliata cotta (supera la T di 45-48°C e
quindi subisce già una fase di spurgo)
A pasta filata: mozzarella, fiordilatte
A pasta filata dura: provolone o caciocavallo
Freschi: devono avere un consumo immediato, perché hanno un’aw molto alta.
Abbiamo tutta una serie di formaggi che possiamo partire da latte crudo, termizzato (T sui 55-63°C)
oppure solo da latte pastorizzato. Diciamo che la scelta è dell’azienda, ma se partiamo da quello
crudo avremo lo sviluppo della microflora selvaggia, naturalmente presente che ha caratteristiche
particolari. Ovviamente sui DOP dobbiamo sottostare a dei disciplinari, ad esempio per il
parmigiano si usa solamente latte crudo.

In base alla consistenza: usiamo l’umidità come indicatore che viene calcolata sul residuo magro del
prodotto. Perché il grasso viene standardizzato all’inizio e soprattutto può variare in base al
processo. Si va dall’extraduro al molle dove l’umidità può raggiungere vari del 67%
In base alla stagionatura: abbiamo un prodotto che va dall’extraduro che stagiona fino a 3 anni, il
duro che può essere anche erborinato, il molle può avvenire anche tramite salatura.

In base al pH ed aw: esso si muove in maniera inversa rispetto all’aw. Più diminuisce il pH e più
aumenta l’aw. Se noi ragioniamo sui formaggi freschi, abbiamo un prodotto con elevata presenza di
ac lattico, acetico, propionico, praticamente sono prodotti di fermentazione che non evolvono in
altre forme e vengono solubilizzati nell’acqua presente. Diversamente se il prodotto viene
stagionato, l’aw si abbassa e abbiamo modificazioni a carica delle proteine, degli acidi e dei grassi,
abbiamo che questi acidi vengono neutralizzati e si alza il pH con abbassamento dell’aw.
Fascetti classifica i formaggi in base alla cottura della cagliata e l’acidità del coagulo.
Possiamo avere formaggi a coagulazione naturale o a coagulo di fermentazione. Possiamo usare la
microflora selvaggia del latte, la facciamo sviluppare e quindi abbiamo una coagulazione naturale
che può essere lenta o veloce in base al tempo di sosta.
Oppure può essere un coagulo di fermentazione quando aggiungiamo dei fermenti dall’esterno che
appunto, fermentando, formeranno il coagulo.
Abbiamo una maturazione rapida (inferiore di un mese), maturazione media (3-6 mesi),
maturazione lenta (dai 6 mesi ai 3 anni).
Ma il nostro coagulo può anche esser cotto o meno. Parliamo di formaggi a maturazione (rapida
media e lenta) dove il coagulo può essere crudo, semicotto (35-48°C) oppure cotto (maggiore di
48°C).

La classificazione usata in Europa è quella del Codex Alimentarius e i formaggi vengono distinti in
base all’ Umidità calcolata sul peso magro del formaggio.
Extraduri: inferiore a 47%; Duro: maggiore uguale a 47 e minore di 55; Semiduro: maggiore
uguale a 55 e inferiore a 62; Semimolle: maggiore uguale a 62 e inferiore a 68; Molle:
maggiore uguale a 68
Possiamo calcolare anche il grasso sul peso secco del formaggio che è direttamente correlato
all’umidità sul peso magro del formaggio.
Un formaggio è grasso quando ha una concentrazione pari al 42%, magro quando è intorno al 25%.

Costituenti:
L’acqua influenza la struttura (rende molle l’impasto), la resa, la maturazione del formaggio.
Perché l’acqua influenza la resa? Per un formaggio fresco, l’acqua influenza la resa perché la
ritroviamo tutta nel prodotto finito e quindi aumenta il volume. Per un formaggio a pasta dura, la
quantità di acqua la perdi sia tramite lo spurgo sia a fine maturazione perché la perdi tramite
evapotraspirazione. Quindi quelli a pasta dura, semidura, pasta filata dura hanno una resa minore
poiché perdiamo acqua.
Il grasso partecipa alla composizione della sostanza secca, influenza la struttura perché dà un effetto
plastico ed influenza il grado di maturazione (perché esistono degli enzimi lipolitici che li
idrolizzano nel tempo generando mono e digliceridi e favoriscono un pattern aromatico).
All’aumentare della quantità di grasso, diminuisce quella dell’acqua e abbiamo un’alveolatura
maggiore e avremo plasticità maggiore
Le proteine partecipano alla struttura, alla resa e danno luogo al potere tampone dei formaggi.
Potere tampone:
Durante la maturazione avvengono delle idrolisi delle caseine ad opera dei fermenti lattici che
muoiono e rilasciano enzimi che hanno influenza sulle caseine. Quindi avremo presenza di peptoni
e peptidi, amminoacidi, ammoniaca (stadio finale degli aa) e questa ha effetto neutralizzante nei
confronti degli acidi ed è per questo che aumenta il pH.
Refrigerazione: la beta caseina è quella più idrofobica ed ha bisogno di energia per essere
strutturata; quindi, se refrigeriamo il latte questa esce dal nucleo. Si solubilizza e quindi dovremmo
efffettuare una sosta di 4-5h per farla rientrare nel coagulo. Influenza la microflora psicrofila, un
latte che sosta per molto tempo a 4-5°C dà luogo ad una selezione naturale degli psicrofili come
Pseudomonas.
Pastorizzazione: dà luogo ad una denaturazione parziale delle caseine (soprattutto l’addotto delle
beta lattoglobuline e k caseine).

Abbiamo 4 sottofasi importanti: Preparazione del latte, coagulazione, fase di trattamento della
cagliata, fase di stagionatura.
Preparazione del latte: molto importante standardizzare il grasso, perché dobbiamo rispettare la
quantità di grasso sulla sostanza secca del nostro prodotto in uscita; quindi, dobbiamo capire se
dobbiamo aggiungere alla materia in ingresso del grasso o togliere grasso al latte. Quindi possiamo
effettuare una scrematura per centrifugazione (scrematura dolce), oppure una scrematura a T
ambiente e quindi un affioramento naturale e abbiamo una scrematura acida.
Poi possiamo miscelare questo latte scremato, acido, al latte munto la mattina così abbiamo il giusto
tenore in grasso ed una parziale acidificazione.
Possiamo effettuare una sosta a T ambiente per 5-10h per favorire una microflora selvaggia del latte
oppure per avere la reintegrazione della beta caseina. Possiamo effettuare, ancora, una
termizzazione.
Coagulazione: una volta standardizzato e fatta avvenire una sosta. Possiamo avere una coagulazione
di due tipi: presamica con l’aggiunta di chimosina (caglio estratto dal quarto stomaco dei vitelli
lattanti e si può aggiungere in pasta, liquido e in polvere). Il caglio si differenzia in base al titolo ed
esso rappresenta un rapporto di uso di volume del caglio per una determinata quantità di latte che si
mette in lavorazione.
Con l’aggiunta di acidi dall’esterno (lattico o citrico) e possiamo aggiungere, o meno, un innesto
che può essere un siero innesto, un latto innesto, un siero fermento o un latto fermento. Quindi noi
possiamo usare o delle microflore selvagge e fatte crescere nel siero o nel latte, oppure una
microflora selezionate e fatte crescere nel siero o nel latte. Questo dipende dalla tipologia di
formaggio che vogliamo avere.
Quindi si standardizza il latte, si aggiunge l’innesto e poi il caglio: succedono delle modifiche e
quindi abbiamo al rottura del legame 105-106, si iniziano a formare dei grumi, la micella
destrutturata si lega col calcio e si formano dei ponti e si forma un gel fin a quando collassa e si
forma un coagulo forte.
Fase di trattamento della cagliata: ci consente di ottenere diverse tipologie di formaggio. Attuiamo
la rottura della cagliata, più è ridotta la granulometria e più sarà spinta la fase di sineresi (spurgo)
della cagliata e quindi avrà un minor quantitativo di acqua.
Il tutto avviene in una polivalente (impianto con camicia esterna). Se il latte non è stato pastorizzato
precedentemente, viene portato in caldaia e portato alla temperatura di uso dell’enzima, quindi a
37°C.
Poi può avvenire una cottura: Maggiore sarà la cottura (maggiore di 48°C) maggiore sarà la
possibilità di perdere siero dal coagulo perché il calcio passa da solubile a colloidale e crea ponti
con la caseina destrutturata e chiaramente questi ponti danno luogo ad una espulsione maggiore. La
stessa cottura porta a perdere lo strato di solvatazione acquoso della caseina destrutturata.
Possiamo effettuare una sosta sotto siero (per i formaggi a pasta filata) e ci consente di arrivare al
pH di filatura (pH 5.2-5.4). Se siamo ad un pH superiore a 5.4 abbiamo troppo calcio colloidale e la
cagliata si spezza durante la filatura, non abbiamo buone caratteristiche visco-elastiche. Se ci
troviamo a pH inferiore a 5.2 abbiamo poco calcio colloidale e l’acido formatosi compete col calcio
e si sostituisce nella struttura della micella destrutturata e la cagliata diventa troppo elastica, ma non
contrattile.
Il pH di filatura dipende dalla concentrazione di proteine del latte e dalla tipologia delle caseine.
Quindi primo effetto è il raggiungimento del pH di filatura e altro effetto secondario è di tipo
sensoriale, di produzione di tanti aromi che vengono apportati durante la fermentazione.
Fase di stagionatura: la cagliata viene messa nelle forme, i formaggi stagionati vengono pressati per
perdere ancora più acqua. La stagionatura porta ad una trasformazione della cagliata e in questo
intervallo di tempo avvengono dei processi chimici e biochimici che portano a modifiche sensoriali
e strutturali del prodotto.
Può avviene una fase di salatura, oltre ad un effetto di sapidità la si attua perché per osmosi
abbiamo ancora più perdita di acqua. Soprattutto nei formaggi a lunga stagionatura, dove vengono
immersi per 24h in una salamoia satura.
Per i formaggi a pasta filata attuiamo una fase di formatura.
FORMAGGI A PASTA FILATA TENERA

Il latte in caldaia viene standardizzato, poi per la mozzarella vaccina si attua anche
un’acidificazione (aggiunta di ac citrico e lattico dall’esterno oppure lo facciamo formare mediante
l’aggiunta di fermenti lattici selezionati) per raggiungere il pH di filatura. Ovviamente anche se si
acidifica, bisogna comunque aggiungere il caglio, perché se noi volessimo coagulare con i soli
acidi, dovremmo abbassare il pH a tal punto che non avverrebbe più la filatura. Dopodiché avviene
la coagulazione, una prima rottura grossolana e poi una seconda più fine e poi si passa alla filatura
in acqua bollente a 75-80°C. La massa caseosa viene fusa e raggiunge la forma da noi desiderata e
poi si passa alla fase di raffreddamento.
Abbiamo modifiche della carica psicrofila, dell’equilibrio salino. Il raffreddamento porta alla
fuoriuscita delle beta caseine. I Sali di calcio diventano solubili e quindi abbiamo una maggiore
destabilizzazione della micella.
Si possono fare delle soste a diverse temperature e si può fare un inoculo con microrganismi
mesofili per avere una maturazione del latte. I mesofili hanno un’attività proteolitica blanda e
producono acetoine e diacetile che sono due prodotti interessanti dal punto di vista aromatico. I
peptoni e peptidi che vengono prodotti per balda proteolisi, poi, servono per la successiva
maturazione del formaggio.
Correzione titolo del grasso

Omogeneizzazione: raramente usata per la lavorazione dei formaggi perché possiamo avere la
rottura del coagulo di grasso. Inoltre, abbiamo un effetto fisico-meccanico: se creiamo una forte
emulsione di grasso, rischiamo di perderlo nella fase di sineresi, perdiamo tutto il grasso nel siero e
quindi perdiamo di resa.
Il rapporto tra azoto caseinico e le proteine totali è tra 0.78-0.80 nel latte tal quale, mentre con la
microfiltrazione possiamo raggiungere 0.96, quindi possiamo concentrare le proteine nel latte.
AGGIUNTA DI INNESTO

L’innesto influenza le caratteristiche chimico fisiche del prodotto, in quanto acidifica la massa.
Influenza le proprietà sensoriali, danno anche una variazione dell’aspetto del prodotto (vedi
gorgonzola).
I batteri lattici vengono scelti in base alla velocità di produzione di acidi, di aroma, di produzione di
gas (se sono omo oppure eterofermentanti).
Quindi abbiamo colture naturali, dove il substrato dove si fanno crescere o nel siero o nel latte o
nella scotta.
NB: la scotta è il sottoprodotto che si ottiene dopo la produzione della ricotta. Praticamente
estraiamo, mediante denaturazione termica, le siero proteine del siero. Praticamente provochiamo
un affioramento intorno ai 90°C e, con queste, lavoriamo la ricotta, la parte acquosa rimasta è la
scotta.
Ovviamente se usciamo la scotta come fermento, noi stiamo prediligendo la proliferazione di batteri
lattici termofili e sono anche i più acido resistenti (Lactobacillus helveticus ed anche Lactobacillus
bulgaricus).
Gli starter che selezioniamo danno numerosi vantaggi. Essendo selezionate ci danno la
standardizzazione del processo ed una regolarità di acidificazione.
Oppure possiamo usare delle colture integrative sia naturale che selezionate.
Quindi possiamo usare:

Alcuni si possono usare in forma diretta nella caldaia, altri devono essere attivati.
COME SI PREPARA UNA FERMENTIERA:

Si parte da una coltura concentrata o liquida o liofilizzata: con microrganismi vivi e vitali.
Prepariamo una coltura madre in laboratorio prendendo del latte sterilizzato per abbattere la
microflora selvaggia presente e lo raffreddiamo alla temperatura di crescita dei microrganismi della
coltura starter.
A questo punto lasciamo sostare alla temperatura di inoculo.
Dopodiché si raggiunge un certo valore di pH idoneo, ovviamente non 4.6 perché il latte inizia a
coagulare e inoltre i nostri starter morirebbero. Quindi si porta ad un pH di 5.2-5.5. a questo punto
la coltura madre viene innestata in una fermentiera di tipo industriale. L’innesto è del 3%.
Nella fermentiera c’è del latte, che è stato precedentemente pastorizzato e portato alla T di inoculo,
che ha il pH idoneo per la crescita perché questi devono moltiplicarsi ed arrivare a 10 6-107 UFC/ml.
Mediamente una polivalente è di 30q, con densità pari 1 abbiamo 3000L. Se l’innesto
l’aggiungiamo al 3%, dobbiamo aggiungere 90L di innesto.
Ovviamente la fermentiera viene preparata il giorno prima, raggiungiamo il pH di 5.2-5.5 e poiché i
microrganismi devono essere vivi, per essere inseriti nella polivalente industriale, abbassiamo la
temperatura a 5-6°C dove il metabolismo rallenta.
La fermentiera deve avere:
1. un agitatore a perfetta agitazione
2. un controllo ella temperatura
3. controllo dell’ingresso di aria: i batteri lattici sono aerobi facoltativi, quindi dobbiamo avere
un ambiente microaerofilo.
4. controllo pH
La fermentiera può esser usata anche per far crescere la microflora selvaggia: termizziamo il latte e
lo portiamo o ad una condizione di mesofilia o di termofilia e lo lasciamo sostare finchè raggiunge
il pH di 5.5.
Se vogliamo un siero innesto naturale, non lo pastorizziamo, ma lo portiamo alla temperatura di
interesse e lo lasciamo sostare.

Curva di acidificazione: se andiamo a valutare il pH nel tempo per la coppia Str thermophilus e Lb
helveticus. Vediamo che helveticus è più acido resistente, il thermofilus meno, però parte prima. In
un tempo di 4-5 si mantiene costante, ma se noi superiamo il tempo di sosta, prevale solo
helveticus.
Curva di acidità: andamento ad S e Noi ci dobbiamo fermare nella fase di moltiplicazione
logaritmica per aree dei microorganismi vivi. Se innestiamo lattoinnesto o sieroinnesto,
lattofermento o sierofermento noi notiamo una curva di acidificazione. Se andiamo a considerare
l’evoluzione di questa curva possiamo osservare la classica forma ad S dei microrganismi (abbiamo
una fase di latenza, logaritmica, di sosta). La curva di acidificazione serve la curva di
moltiplicazione batterica. Non tutti i microrganismi alla fine del processo sono vivi e vitali come
all’inizio del trattamento

Prendiamo in considerazione tre formaggi: grana a pasta dura, taleggio a pasta molle, gorgonzola è
erborinato ed il bagoss che è extraduro.
Il pH all’inizio di 6,6-6,7, il pH è regolare e che tipo di innesto facciamo? Il disciplinare ci dice di
usare il siero della lavorazione precedente che è stato opportunamente incubato per favorire la
crescita di microrganismi acidofili e termofili e verranno usati per la lavorazione del giorno
seguente. L’aggiunta media è del 2-3% ed il pH dell’innesto è molto acido (3,5) quindi sono
fortemente acido resistenti. Arriviamo al pH della miscela ottenuta 6,3-6,5. Qui usiamo un caglio in
polvere altamente concentrato dove la forza va da 1:80mila o 1:150mila quindi un titolo elevato e si
aggiunge una piccola quantità del caglio per avere le minori impurità.
La T di lavoro è 31-31°C.
tempo di presa: intervallo di tempo in cui osserviamo dopo l’aggiunta di caglio la formazione di
piccoli grumi che si osservano nel latte quindi l’enzima comincia a lavorare si rompe legame 105-
106.
Dopo che si ha avuto il completamento della coagulazione si ha una sosta in coagulazione per un
tempo molto ridotto: 1-3min qui perché dobbiamo aggiungere con l’operazione di cottura.
Per taleggio e gorgonzola lavoriamo con un lattoinnesto dove il latte della lavorazione precedente lo
abbiamo incubato per far crescere microrganismi opportuni (quelli dello yogurt) ed alla fine della
crescita le coppie hanno un diverso rapporto di crescita. Il termofilo aiuta il lactobacillo nelle prime
fasi perché produce sostanze azotate utili per il metabolismo del lactobacillo.

Per il bagoss non si ha un innesto, come raggiungiamo una acidità adeguata? Perché lavoriamo con
latte crudo e non termizzato che apporta la propria microflora selvaggia che durante la maturazione
e stagionatura darà luogo ad una serie di eventi- (ovviamente dobbiamo avere un latte di buona
qualità tecnologica)
La scotta è il liquido della lavorazione della ricotta, abbiamo termofili molto resistenti e molto acido
resistenti quindi abbiamo una microflora molto selezionata. Per esempio, per la mozzarella di bufala
si usa sieroinnesto lasciato acidificare a T ambiente ed il siero ricco della microflora selvaggia da un
pattern aromatico elevato perché abbiamo un innesto con una variabilità e diversificazione biologica
importante.
Per il pecorino sardo: aggiungiamo dall’ext fermenti selezionati S-. thermophilus.
Per alcuni formaggi esempio fontina non è definito perché ogni caseificio apporta un proprio
innesto.
per i formaggi vegetariani si usa il caglio di origine vegetale e questo caglio ha una azione molto
randomizzata a differenza di quello animale (estratto dal quarto stomaco dei vitelli lattanti) che è
sitospecifico. Caglio di vitello, bovino, capretto ecc a seconda se vogliamo pure una azione
lipolitica oltre proteolitica, infatti, caglio di agnello e capretto oltre di enzimi specifici della
chimisoina e pepsina contiene lipasi che agiscono sui trigliceridi apportando idrolisi e gli acidi
grassi a corta catena C4-C6-C8 hanno una intensità aromatica specifica elevata e un senso di
piccante soprattutto C6-C8-C10.
Coagulazione acida: aggiungo acidi dall’ext e li faccio formare con l’innesto oppure mista dove
caglio ed acidificazione danno luogo alla coagulazione oppure una coagulazione dovuta al caglio e
quindi sitospecifica.

Abbiamo cagli liquidi, pellets o in polvere (che può arrivare fino ad 1:150mila ed è usato per la
lavorazione dei formaggi a pasta dura). I fattori che influenzano l’attività del caglio sono:
concentrazione dell’enzima che è dosato in base al titolo, l’acidità del latte (incipiente
acidificazione perché poi l’enzima è estratto dallo stomaco e quindi lavora in ambiente sub-acido e
perciò è importante l’acidità del latte di partenza), la forza ionica (concentrazione minerali) e la T
(il titolo del caglio è calcolato tra i 37-40°C).
Abbiamo un caglio liquido che è quello più usato e si ottiene per macerazione in salamoia acida di
pellet e può purificato per ultrafiltrazione. Abbiamo pure un caglio in polvere o caglio in pasta
Per quanto riguarda l’attività enzimatica sulle varie tipologie di prodotto (paste fresche, molli,
pressate e dure) abbiamo che la scelta della T di coagulazione influenza le caratteristiche del
prodotto finale. Per le paste dure è importante raggiungere le alte T per avere un maggiore spurgo e
quindi resa maggiore rispetto alle paste fresche che devono avere più acqua. Il pH medio è di 6-6,5.
Il tempo di flocculazione è alto per i formaggi che devono inglobare acqua rispetto alle paste dure

Per la coagulazione acida possono farla formare o attraverso aggiunta di acidi dall’esterno xes acido
citrico o lattico oppure lo faccio sviluppare o attraverso la microflora selvaggia oppure con aggiunta
di un innesto riesco a raggiungere il giusto valore di pH e dal fosfocaseinato di calcio ottengo una
caseina demineralizzata e quindi lo ione H+ sostituisce ione calcio ed abbiamo una migrazione di
calcio che esce dalla micella caseinica ed ottengo un coagulo molto friabile, senza elasticità e che
ingloba molta acqua e che non ha subito una variazione della struttura primaria della caseina.

Per la coagulazione enzimatica grazie all’enzima ottengo il parafosfocaseinato di calcio (a partire


dal fosfocaseinato di calcio) allo stato di gel + GMP (o CMP).
La precipitazione si osserva già a pH 5-4,8 dove abbiamo la sostituzione dello ione calcio
all’interno della micella caseinica e poi a pH 4,6 abbiamo la totale coagulazione. Se per esempio
voglio fare una pasta filata xes provolone o mozzarella con aggiunta dell’acido dall’ext (per
esempio santa Lucia che è acidificazione diretta) non raggiungiamo 4,6 come pH perché dobbiamo
filare la mozzarella e ci fermiamo a pH 5,2-5,4 perché se scendiamo troppo c’è troppo poco calcio
(si allunga ma non si contrae) mentre se c’è troppo calcio la massa caseosa si rompe. Per le paste
filate con aggiunta di acidi dall’ext arriviamo a 5,2-5,4 altrimenti non fileremo mai.
Nel caso dell’enzima ho varie fasi:

Quindi ho due fasi: nella prima ho la liberazione di GMP e nella seconda fase la micella caseinica
destabilizzata priva del GMP e mediante la presenza di ioni calcio nel coagulo che stiamo
preparando genere interazioni con la parafosfocaseina e si forma un gel che via via si rafforza
facendo una rottura e liberazione del siero (spurgo).

Quindi ricapitoliamo: tempo di presa è il tempo dove vedo i primi flocculi dopo aggiunta
dell’enzima.
Velocità di raffermamento: velocità con cui il gel si forma e quindi si rafferma
Durezza coagulo: nel momento in cui rompiamo il coagulo a dimensioni di una noce, di una
nocciola, chicco di riso, chicco di miglio o chicco di mais abbiamo un coagulo più o meno
duro/compatto. I parametri che influenzano l’attività del caglio: concentrazione (che calcoliamo), T
perché a T>50°C non abbiamo l’azione ottimale, concentrazione di caseina e calcio che è molto
importante (ovvero la forza ionica del mezzo dove aggiungiamo il caglio).
Diminuendo il pH aumenta la ritenzione del caglio perché se acidifichiamo visto che proviene dallo
stomaco dei vitelli lattanti dove il pH è acido, il caglio viene trattenuto.
Il coagulo, quindi, può essere lattico dominante, lattico/presamico, o presamico
Per il gorgonzola o grana abbiamo una coagulazione presamica e lattica. Facciamo crescere i
microrganismi nella polivalente. Per i formaggi di montagna abbiamo una coagulazione presamica.
Il pH è sempre intorno a 6,2-6,5 e quindi debolmente acido.
Per quanto riguarda il pH dopo la rottura e spurgo del siero. Per il lattico dominanti pH< 4,8 (xes
taleggio). Per il Grana 5,8-6,5 quindi non è tanto la lattica predominante.
Per la presamica (formaggi di montagna) il pH dopo lo spurgo è simil-latte.
Nel coagulo ottenuto per coagulo presamico è simil-latte.

Per il coagulo acido abbiamo una consistenza nulla, mentre quello presamico abbiamo una
consistenza forte ma una scarsa friabilità.
DOPO LA FORMAZIONE DEL COAGULO ANDIAMO A ROMPERE PER AVERE LA
SINERESI E QUINDI LO SPURGO. ECCO I FATTORI CHE POSSIAMO GESTIRE PER
AVERE UNO SPURGO Più O MENO ELEVATO
Se aumenta la T aumenta lo spurgo perché il calcio passa da solubile a colloidale e favoriamo i
legami intermicellare con aumento della T e liberiamo il siero intrappolato nella maglia caseinica.
Riducendo il pH aumentiamo lo spurgo.
Se abbiamo dimensioni di un chicco di miglio (per i formaggi a pasta dura xes Grana) favoriamo un
maggiore spurgo perché più acqua c’è all’interno e maggiori sono i fenomeni fermentativi.
La pressatura (non per i formaggi freschi o filati) aumenta lo spurgo.
Grasso e proteine emulsionano acqua all’interno della massa caseosa ed abbiamo una < dello
spurgo che poi si favorisce con la T e con la pressatura

Nella frugatura la cagliata è sbriciolata nelle forme e viene lasciati lì per completare il disieramento
oppure la forinatura dove la massa caseosa formata viene bucata per favorire l’ingresso dell’aria
(xes questa operazione si fa per il gorgonzola  dopo che aggiungiamo in caldaia oltre l’innesto
anche le spore delle mufe xes Penicillium roqueforti, per farle crescere in stagionatura dobbiamo
dare una microaerofilia.)
CINETICA DI SPURGO GRANA VS CACIOTTA:

Per il Grana abbiamo una rottura cagliata fine e la giacenza sotto siero è elevata perché vogliamo
acidificare e vogliamo avere un residuo di microflora acido resistenti che in fase di stagionatura mi
può dare luogo ad altre modificazioni. Per la caciotta non facciamo sosta sotto siero (non ci
interessa abbassare pH ed una carica residua nel prodotto).
si può osservare come all’estrazione della cagliata la maggior parte del siero è estato estratto a
differenza della caciotta che via via perde il valore di siero. Partiamo da un pH più elevato a
differenza della cagliata sottosiero per il formaggio Grana.
Quando si fa la cottura? Colpo di fuoco si fa per la lavorazione di pasta dura o semidura, a media o
lunga stagionatura

A destra abbiamo la polivante dove aggiungiamo vapore all’interno della massa caseosa che
abbiamo rotto ed abbiamo reso in granuli. La cottura distrugge patogeni e microflora anticasearia,
aumenta la disaerazione e quindi abbiamo maggiori legami interni con le submicelle e quindi una
struttura più compatta. Un’altra metodologia xes il pecorino si immerge all’interno del siero della
lavorazione molto caldo a circa 80°C ed immergiamo la forma della cagliata per favorire
inglobamento di microrganismi termoresistenti che troveremo nel prodotto. Tutti i formaggi (come
il vino) si modificano nel tempo perché sono vivi e dalla morte dei microrganismi che abbiamo in
fase di stagionatura liberiamo una serie di enzimi proteolitici, lipolitici ed acidofili che danno luogo
a variabilità di struttura, odore sapore e colore.
Ecco alcuni esempi di colpi di fuoco:

Ogni tipologia di formaggio dà luogo a caratteristiche strutturali diverse.

Abbiamo la rottura del coagulo e sosta sotto siero, abbiamo una acidificazione e separiamo i granuli
di cagliati e li mettiamo in forma
Estrazione cagliata: messa in fascera o forma. A seconda del tipo di formaggio abbiamo lo scalzo
ovvero l’altezza della forma, abbiamo un diametro e quindi varie tipologie di forme e diametro.
Nel momento in cui mettiamo in forma continua la sineresi, la maggior parte l’abbiamo già
eliminata ma con lo stoccaggio delle forme abbiamo ulteriore perdita di siero
L’operazione di spurgo dipende:

La temperatura influenza la fermentazione lattica che a sua volta influenza lo spurgo.


La fermentazione lattica, se perdiamo molto lattosio nella disierazione non si completa più in fase di
stoccaggio. Per alcuni prodotti voglio il lattosio eliminato mentre per alcuni formaggi lo vogliamo.
Leggi gli altri parametri nella figura sopra.
Un parametro di classificazione è il grasso/ss ed una cosa è avere un grasso/sostanza secca di un
formaggio grado dove la ss è molto bassa (taleggio o crescenza) mentre per i formaggi a pasta dura
vogliamo ridurla per evitare fermentazioni anomali e quindi per i formaggi che vogliamo occhiatura
(emmental) vogliamo occhiatura + grandi dove favoriamo la fermentazione propionica. In base al
tipo di formaggi dobbiamo scegliere il tipo di filatura, tipo di pressatura, T di sosta, tempo di sosta
per disierare e quindi la gestione di questi parametri fa sì che riusciamo ad ottenere un formaggio
che sia in linea con l’etichetta che dobbiamo dare.
Per un formaggio fresco con 10%ss dobbiamo dare una coagulazione, disiareazione adeguata e
stoccaggio a T adeguata (minore la perdita di siero se minore la T).
Per i formaggi a pasta dura per arrivare ad un residuo secco adeguato oltre alla pressatura c’è la
salatura che consente migrazione dell’acqua dall’interno all’ext.
Quasi tutti i formaggi sono stoccati per un fattore di sapidità ma pure per un effetto tecnologico. Si
può fare a secco (spargendo il sale sulla superficie), in salamoia (immergendo in salamoia anche
satura) oppure in pasta (quando andiamo a fare la filatura si aggiunge il sale all’acqua di filatura). Il
sale favorisce lo spurgo del siero per un fenomeno osmotico; il sale favorisce lo sviluppo di
microrganismi utili e caseari ed ha un effetto inibente verso la microflora anticasearia; va a
modificare la forza ionica della cagliata (concentrato proteico e grasso) favorisce la solubilizzazione
delle proteine in quanto abbiamo una forza ionica diversa.

Se all’esterno ho una concentrazione elevata di sale vado a favorire la penetrazione del sale.
Anche un aumento della Temperatura mi favorisce la penetrazione del sale
Maggiore umidità: maggiore velocità di assorbimento
Forme piccole assorbono più sale rispetto alle forme grandi.
Per le paste filate (xes provolone o mozzarella) si sala durante la filatura.
Per altri formaggi c’è una conservazione in salamoia oppure sono salati durante lo stoccaggio.

Parto da latte crudo o pastorizzato (ci dice la microflora che selezioniamo) aggiunta di caglio e
fermento, coagulazione mista (acido-presamica) che ci permette di raggiungere un pH adeguato.
Rottura della cagliata a livello di una noce, estrazione e messa in stampi (in alcuni casi si fa salatura
in salamoia o a secco). La stufatura ci consente di stoccare il prodotto intorno ai 50-55°C e quindi
noi in questa operazione andiamo a strutturare il prodotto e quindi la forma viene istantaneamente
bloccata (abbiamo una ulteriore denaturazione proteica).
In ultimo, la maturazione in celle frigo a 10°C per avere umidità del 45-44°C
Formaggi freschi: taleggio, crescenza, caciotta.
Grasso/ss andiamo dal 48-54%.
Fermenti e muffe sono aggiunti insieme.
Nella sosta negli stampi andiamo a completare la disierazione Con la stufatura andiamo ad
eliminare siero. Con la lisi dei batteri lattici abbiamo il rilascio di enzimi dove questi continuano ad
operare lungo le successive fasi
C’è un affioramento spontaneo del grasso del latte della sera prima (si forma la linea crema). In
questa overnight di sosta aumenta la carica microbica, > il contenuto di sostanze aromatiche xes
diacetile e acetoino che sono prodotti dai microrganismi, si producono acidi organici dovuti a
fermentazione (lattico e propionico) e diminuisce il pH. Miscelando il latte della sera col latte della
mungitura del mattino abbiamo un mix di latte al 2,4% in grasso (sarebbe il latte che entra in
caldaia). In questo caso si aggiunge un siero innesto ovvero siero della lavorazione precedente dove
abbiamo fatto moltiplicare microrganismi termoresistenti ed acido resistenti.
Dobbiamo usare un caglio a titolo elevato e che sia molto puro perché la coagulazione dura 15min.
La rottura della cagliata avviene a dimensioni di un chicco di miglio.
Per la cottura in caldaia si inietta vapore o non si inietta (intercapedine) per arrivare a 55°C.
Questo formaggio con opportune modificazioni va bene pure per asiago ed altri formaggi a pasta
dura
Possiamo avere acidificazione con acidi (citrico dove abbiamo lactococchi citrasi positivi che usano
il citrato per produrre acetoino e diacetile) oppure con innesti. Dobbiamo raggiungere pH di filatura
(pure 5 per il latte di bufala che è più proteico).
Si aggiunge caglio (o aggiungiamo fermenti dall’ext o acido dall’ext per arrivare a pH di filatura si
aggiunge sempre il caglio) altrimenti dovrei arrivare a pH 4,6 ma lì non riusciamo a filare.
Rottura della cagliata prima a noce e poi seconda rottura a nocciola. La filatura avviene con acqua
calda a 75-80°C poi fonde la massa caseosa e viene formata. Poi raffreddata con acqua fredda salata
(se non abbiamo salato prima durante la filatura). In ultimo c’è il confezionamento nel liquido di
governo dove andiamo a tamponare il pH e c’è un 2-3% sale
FENOMENI CHE AVVENGONO IN FASE DI STAGIONATURA (PER I PRODOTTI
STAGIONATI)

Crosta attiva: dall’ext verso l’interno per esempio formaggi erborinati dove abbiamo una microflora
superficiale di colore bianco/verde che affonda le ife fungine nel prodotto e favorisce un complesso
enzimatico che nel corso della maturazione influenza in maniera centripeta e va a modificare la
struttura ed influenza il pattern aromatico e pure la digeribilità.
Abbiamo una crosta passiva che ha una azione di regolazione degli scambi gassosi idrici ed è
chiamata crosta centrifuga. La crosta deve avere un buon spessore e sono possibili trattamenti xes
lavaggi, pulitura ecc.
Le croste attive xes gorgonzola si formano per inoculo.
La digestione enzimatica è operata dagli 1) enzimi del latte (risultanti dal trattamento di
pastorizzazione) 2) enzimi del latte se questo è crudo, 3) dagli enzimi del caglio che vengono
intrappolati dalla cagliata, 4) dagli enzimi dei batteri lattici provenienti dalla loro morte nel corso
della maturazione 5) microflora secondaria xes muffe o lieviti e pure enzimi proveniente da batteri
occasionali oppure reazioni cataboliche operati su amminoacidi e grasi.
Queste reazioni dipendono: dose enzima che abbiamo usato o enzimi che fuoriescono dalla morte
dei microrganismi. Dipende dalla T di stoccaggio dove > è la T e > è l’azione.
Maggiore è l’umidità maggiore è l’azione (vale anche per tempo e grasso). Mentre sale e pH
diminuiscono perché denaturano gli enzimi

Substrati su cui avvengono modificazione


Lattosio residuo fermentato in acido lattico D+ ed L-. (racemizzazione operata dai pediococchi).
Lo stesso acido lattico può essere substrato ossidativo per la microflora non starter lattobacilli
NSLB quindi microflora secondaria dove abbiamo formazione di altri acidi.
Per i formaggi muffettati abbiamo anche altre muffe (leggi sopra)
Nel corso della stagionatura il pH dovrebbe diminuire perché si produce molto acido (questo
avviene per un breve periodo di tempo), ma l’acido lattico viene neutralizzato e si forma lattato di
calcio ed il pH tende ad aumentare nel corso della stagionatura, e da chi viene neutralizzato?
L’ultimo prodotto di reazione dell’idrolisi delle proteine è l’ammoniaca che va a neutralizzare lo
ione H+.
Nel latte c’è acido citrico ma se lo aggiungiamo come acidificante è metabolizzato dai lattococchi
citrasi + dove portano alla formazione diacetile e acetoino che sono composti aromatici tipici del
burro, di fresco e di lattico

L’azione di proteolisi forma composti con caratteristiche sensoriali interessanti e si formano


composti sensoriale che agiscono sul pH, modificano la struttura e la struttura evolve verso una
riduzione della aw.
IM= azoto solubile/azoto totale ed è un parametro importante dal punto di vista legislativo questo
indice di maturazione IM anche detto coefficiente di maturazione
Formaggi duri IM>30 perché la proteolisi è molto più spinta rispetto ai formaggi molli dove l’indice
di maturazione è circa 20.

NT= azoto totale


NS= azoto solubile e NPN= azoto non proteico

Dalle caseine attraverso le endopeptidasi del latte o del caglio abbiamo peptidi ad elevato peso
molecolare quindi paraK caseina e le altre intere. Poi esopeptidasi batteriche portano peptidi a
ridotto peso molecolare ecc… poi segui tu lo schema sopra
Il gorgonzola ha un elevato contenuto Nsol/n tot
N non caseinico: amminoacidi ed ammoniaca

Difetti formaggi: spurgo eccessivo, rottura cagliata eccessiva ecc e tutte le cose che leggi sopra
Il sapore amaro dovuto alla pepsina è perché non ha una azione precisa ma randomizzata.
Presenza di coliformi oppure eccessivo dosaggio del caglio
gessatura dovuta ad una
migrazione di Sali distribuiti in maniera non omogenea
formaggio con i
vermi che prima veniva consumato in Sardegna (anche ora in modo clandestino)
ESERCIZIO: VOGLIAMO PREPARARE UN FORMAGGIO G/SS= 43%, un residuo secco del
42%. Il latte di partenza ha 3,3% in proteine 3,8% grasso. Il coeff di recupero delle proteine è 0,93 e
vogliamo standardizzare il grasso del latte di partenza sapendo che si ottiene dalla lavorazione un
siero che ha una concentrazione in grasso di 3,7g/L

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