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L’AUTOLISI

La corretta esecuzione dell’impasto è fondamentale nella preparazione del pane e, più in generale, di
tutti i prodotti da forno. La qualità e le caratteristiche del prodotto finito dipendono in larga misura da
come viene gestita questa fase del lavoro. I metodi per preparare l’impasto sono numerosi. I più comuni
sono sicuramente il sistema diretto, che prevede la lavorazione di tutti gli ingredienti in un’unica fase, e
indiretto, che richiede dapprima la preparazione di un preimpasto (biga o poolish) a base di farina,
acqua e lievito compresso. Questo preimpasto, dopo un periodo di fermentazione, viene versato nella
vasca dell’impastatrice e lavorato con gli altri ingredienti previsti dalla ricetta. Esiste anche un metodo
semidiretto, che utilizza la pasta di riporto oppure un pre-fermento, oltre a tecniche particolari

La tecnica in tre fasi


Per la panificazione con lievito naturale o con pre impasti è particolarmente indicata la tecnica
dell’autolisi. Si tratta di una metodologia di lavoro che consente di sfruttare l’autoevoluzione del
glutine.Il sistema con autolisi si sviluppa in tre fasi distinte: la miscelazione iniziale della farina con una
parte dell’acqua, il riposo dell’impasto autolitico così ottenuto e, infine, l’impasto finale. La prima
fase della preparazione di un impasto autolitico consiste quindi nell’impastare molto delicatamente la
farina e il 55% dell’acqua prevista dalla ricetta. Utilizzando un’impastatrice a spirale, per esempio,
saranno sufficienti 5/8 minuti in 1° velocità. La seconda fase, ovvero il riposo di questo primo impasto,
può durare da 20 minuti a 24 ore. La durata del riposo di un impasto autolitico si stabilisce in base alle
caratteristiche della farina e alle esigenze produttive. In linea generale, quanto più la farina è forte e
resistente, tanto più lungo dovrà essere il periodo di riposo. Se questo lasso di tempo è superiore alle
5/6 ore è consigliabile aggiungere alla miscela di acqua e farina anche una parte del sale e ridurre la
quantità di acqua al 45/50%. In questo caso è bene che la successiva conservazione avvenga a una
temperatura di 18°/20°C. Per tempi di riposo più brevi, l’impasto può invece essere lasciato a
temperatura ambiente, eventualmente anche nella stessa vasca dell’impastatrice. Trascorso il periodo
di autolisi si passa alla terza fase, ovvero all’impasto finale. È a questo punto che vengono aggiunti tutti
gli altri ingredienti della ricetta: il lievito, il malto, l’acqua eventualmente rimasta, il sale e,
naturalmente, altri ingredienti previsti per il tipo di pane che si sta preparando. Si procede quindi a
impastare, in seconda velocità, per il tempo necessario. L’impasto ottenuto può essere utilizzato
totalmente per l’esecuzione del prodotto (tutta la farina della ricetta viene adoperata per autolisi) o
anche parzialmente; in questo caso, in fase di impasto finale, viene aggiunta dell’altra farina (la cui
quantità non deve superare cinque volte quella della farina utilizzata per autolisi ).

I vantaggi dell’autolisi
La tecnica dell’autolisi conferisce al prodotto finale un sapore caratteristico, un ottimo sviluppo e una
più lunga shelf-life. Questo sistema ha, inoltre, il vantaggio di ridurre i tempi di lavorazione, mentre la
consistenza dell’impasto diventa particolarmente liscia e malleabile, la formatura risulta più agevole e il
prodotto finito presenta volume superiore, migliore alveolatura e maggiore sofficità della mollica. Tutti
questi vantaggi sono il risultato di processi fisici e chimici che hanno luogo durante il riposo della pasta.
In questa fase, infatti, l’impasto subisce, al suo interno, importanti modifiche. In particolare avviene
l’idrolisi (dal greco hydro = acqua, e lysis = sciogliere, è l’insieme di diverse reazioni chimiche in cui una
molecola viene scissa in due o più parti per inserimento di una molecola di acqua) dei suoi componenti ad
opera degli enzimi (in particolare amilasi e proteasi), attivati dall’acqua dell’impasto. Sotto l’azione degli
enzimi amilasi, l’amido si scinde in zuccheri, fornendo così elementi nutritivi ai lieviti contenuti
nell’impasto. Di conseguenza, la fermentazione successiva dell’impasto finale sarà agevolata e anche le
caratteristiche organolettiche del prodotto finale saranno migliori (il gusto e il profumo in particolare).
Gli enzimi proteasi, invece, sono protagonisti della reazione di proteolisi. Si tratta di un processo che
avviene normalmente in tutti gli impasti, ma che si sviluppa soprattutto durante il periodo di riposo e
consiste nella “frantumazione” della maglia glutinica dell’impasto in pezzi più piccoli. In questo modo le
catene proteiche si allungano e la pasta acquista maggiore estensibilità, diventando più malleabile. In
altri termini, l’autolisi è una tecnica, che dona all’impasto una particolare estensibilità, ma nello stesso
tempo migliora l’elasticità e il grado d’assorbimento dell’acqua. I tempi d’impasto si riducono e l’impasto
risulta particolarmente liscio. Questa tecnica è particolarmente utile per la panificazione con il lievito
naturale (date le caratteristiche dell’impasto, che risulta sempre un po’ più “nervoso”, meno liscio
rispetto a quello a base di lievito compresso, a causa dell’acidità contenuta; caratteristica questa,
ancora più marcata se il lievito naturale è più forte o più acido del dovuto), oppure quando si utilizzano
farine molto resistenti. Per gli impasti dei dolci da ricorrenza a base di lievito naturale, che contengono
un’alta percentuale di materia grassa e hanno naturalmente una buona estensibilità, questa tecnica non
offre vantaggi particolarmente evidenti, mentre per gli impasti con lievito naturale non contenenti i
condimenti risulta quasi indispensabile.

Un piccolo cenno lo merita il processo di Autolisi a caldo o meglio di “gelatinizzazione degli amidi”, dove
mescolando alla farina dell’acqua calda a circa 70° vediamo l’attivarsi di alcuni processi biochimici. I
granuli dell’amido si gonfiano e diventano più attaccabili dalle amilasi. Quindi da zuccheri complessi gli
amidi diventano zuccheri semplici. Questo porterà ad un maggiore sviluppo e ad un aumento dell’umidità
all’interno del prodotto per via di un maggiore assorbimento di acqua in impasto e un aumento della
digeribilità del prodotto finito.

PANE CON FARINA DI SEMOLA DI GRANO DURO RIMACINATA

Primo impasto

Farina (W 320 – P/L 0,50) 500 g


Lievito secco 2 gr.
Acqua 300 g

Lasciate lievitare l’impasto alla temperatura di 18°C per 12/14 ore. Secondo impasto
Primo impasto
Farina di grano duro rimacinata 3.000 g
Acqua 2150 g (70% sul totale della farina)
Sale 70 g (2% sul totale della farina)

Temperatura finale impasto: 26°C

Iniziate a impastare la farina, il 1° impasto e il 55% dell’acqua. A metà della lavorazione aggiungete il
sale e l’acqua rimasta. Lasciate riposare l’impasto per circa 90 minuti alla temperatura di 27°/28°C.
Formate a filone o pagnotta(con pezzature possibilmente superiori a 500 g), praticate un taglio laterale
e lasciate lievitare per circa 4 ore a 28°C. Infornate con vapore a 220°/230°C e, dopo qualche minuto,
abbassate la temperatura di 10°C.

Nota
È possibile aggiungere all’impasto finale 30 g di lievito riducendo il tempo di riposo dell’impasto a 60
minuti e la lievitazione finale a 60/70 minuti.

Sistema con autolisi


Impastate gli ingredienti di base (farina e il 55% dell’acqua) per 5/6 minuti in 1° velocità. Dopo
l’autolisi, di circa 30 minuti, riprendete a impastare in 2° velocità aggiungendo gli altri ingredienti e
l’acqua rimasta.. I benefici sono molti: aumento dell’estensibilità della pasta (che diventa liscia più
velocemente con diminuzione dei tempi di impasto), formatura più agevole, volume superiore, migliore
alveolatura e maggiore sofficità della mollica.

LA BIGA

Generalizzare con il termine “Biga” un preimpasto è molto diffuso ma non corretto. Un preimpasto con
una quantità di acqua che varia fra il 40% e il 50% viene comunemente chiamato biga ma in effetti
dovrebbe essere chiamato lievito.

Il panificatore è sempre particolarmente interessato agli indici Alveografici: W e P/L. L’attenzione è


diretta in particolare al fatto che il W dà un’indicazione di qual’ è la forza della farina, mentre il
rapporto P/L rappresenta il grado di equilibrio tra la tenacità e l’estensibilità del glutine: 0,45/0,65. Le
bighe o lieviti richiedono farine equilibrate con W compreso fra 280 e 380 e P/L 0,50/0,60.

Naturalmente le bighe o lieviti preparati con farina W 280 non potranno avere le stesse ore di
lievitazione di bighe o lieviti preparati con farina W 380 seguendo i medesimi parametri.

Farina e acqua (44%) vanno miscelate e non impastate in 1° velocità 3 – 4 minuti con impastatrice
spirale, 4 – 5 minuti con impastatrice tuffante, 5/6 minuti con impastatrice a forcella e con una
percentuale di lievito dell’1%.

La temperatura, a fine miscelazione, dovrebbe aggirarsi sui 20/21° C, temperatura che troveremo dopo
una permanenza di 18/24 ore con temperatura di 18° C (temperatura ottimale per la fermentazione
della biga).. Per avere una certa precisione nel calcolo della temperatura dell’acqua da utilizzare nella
preparazione della biga, sarebbe utile prendere in considerazione questa piccola formula: dato un
numero fisso di 55° C, toglieremo a questo la temperatura della farina e la temperatura dell’ambiente
dove verrà posta a fermentare la biga. Il risultato della sottrazione sarà la temperatura dell’acqua da
utilizzare.

Ecco un esempio:

Numero fisso: 55°C –

Temperatura farina: 21°C –

Temperatura ambiente: 18°C =


————————————–

Temperatura acqua: 16°C

La biga o lievito non è un impasto ma deve essere una miscelazione di acqua, farina e lievito in
modo da non formare interamente la maglia glutinica.

Con un tempo prolungato di miscelazione diventerebbe un impasto con la conseguente formazione


completa della maglia glutinica che innescherà anticipatamente il processo di lievitazione, anche se
utilizzeremo una quantità inferiore di lievito compresso.

Non dobbiamo dimenticare che nella miscelazione va tenuta in considerazione la quantità di energia
trasmessa: maggiore energia si fornirà ad una biga o lievito, questi raggiungeranno più velocemente la
maturazione, riducendo di conseguenza il tempo ottimale di utilizzo. È dimostrato anche che lo 0,5% di
lievito compresso addizionato ad un tempo maggiore di miscelazione (cioè con più trasmissione di
energia) possono fornire una lievitazione più veloce e maggiore rispetto ad una lievitazione con l’1% di
lievito compresso addizionata ad un minor tempo di miscelazione (cioè con meno trasmissione di
energia).

Con temperature più elevate, per la fermentazione della biga o lievito, è necessario intervenire in casi
estremi con i seguenti accorgimenti: aggiunta dell’1% di sale; diminuire il più possibile la temperatura
dell’acqua e il tempo di miscelazione; portare il lievito allo 0,7%.

Molto importante è coprire i contenitori, dove vengono collocate le bighe, con tele e non con plastica o
coperchi ermetici, poiché si rallenterà lo sviluppo dei lieviti (che si moltiplicano alle condizioni
aerobiche, cioè in presenza di ossigeno) rischiando di avere una biga con eccessivo sviluppo dei batteri
anaerobici (acetico ecc.) e di conseguenza la biga avrà un grado di acidità superiore ma con minore
carica fermentativa.

Utilizzando il metodo di lavoro indiretto (con una corretta conduzione delle bighe) si otterranno un
sistema di lavoro e un prodotto finale con i seguenti pregi:

• Le fasi di lavorazione dopo l’impasto finale procedono più velocemente avendo una migliore
distribuzione delle cellule del lievito
• Il prodotto finale più acidulo avrà maggiore resistenza all’ammuffimento e alla contaminazione
del Bacillo Mesentericus e del Bacillus Sultilis responsabili del pane filante.
• Un profumo migliore
• Un pane più croccante
• Una maggiore conservabilità
• Una migliore digeribilità
• Un risparmio di lievito
RIASSUMENDO

✓ Per la farina con w 300 rivolgersi al mulino della propria città o dal fornaio di fiducia
✓ L'acqua deve essere fredda
✓ Se i tempi di fermentazione oltrepassano le 24 ore aumentare il w della farina
✓ In estate usare acqua con ghiaccio
✓ In estate la % di lievito compresso viene ridotta dello 0,7/0,8% e la % di acqua può diminuita al
41/42%.
✓ In estate si può aggiungere lo 0,5% di sale per frenare la fermentazione
✓ In inverno la % d'acqua può essere aumentata fino al 50%
✓ La biga va sempre tagliata con il coltello

Ed i l Poolish?

A differenza della biga, il Poolish è un impasto liquido in cui le proporzioni degli ingredienti sono

Farina Media (W240)


Acqua: Stesso Peso della Farina
Lievito: Variabile a seconda del tempo di Fermentazione

Possiamo avere, infatti, dei Poolish Rapidi, fermentati dalle 2 – 4 – 8 ore in cui la quantità di lievito
rispetto al peso della farina varia da (3% – 1,5% – 0,5%); in questo caso vi consiglio di non scendere
sotto le 2h di fermentazione!
Al contrario per un Poolish maturato dalle 12 – 18 ore, si useranno circa il 0,2% e lo 0.1% di lievito sul
peso della farina.
Il giusto grado di maturazione di questo impasto è visibile quando al suo centro di crea una leggera
depressione ed il profumo che emana non è troppo pungente. Prestate attenzione a rispettare i tempi di
fermentazione per evitare di avere un impasto troppo acido che danneggerebbe successivamente la
maglia glutinica, ottenendo così un pane molto compatto e di pessima qualità.
Anche per il Poolish, la temperatura finale – idealmente di circa 23°C – dipende in maggior misura dalla
Temperatura dell’acqua della ricetta. Anche in questo caso, potrete usare una formula per avere la
giusta Temperatura:
Temp Acqua = 70 – Temp Ambiente – Temp Farina
Come nell’esempio precedente, ad una Temp Ambiente di 20°C e Temp della Farina a 18°C,l’acqua dovrà
essere a: 70-20-18= 32°C

Le % di lievito possono cambiare in base al tempo di fermentazione.


Di seguito la tabella:

4/5 ore 1,5 % 6/7


ore 1 % 8/9 ore
0,5 % 10/12 ore 0,3
%
13/14 ore 0,2 %
15/16 ore 0,1 %

Il poolish deve avere una temperatura finale di 23/25 °C, mentre la temperatura dell'ambiente di
fermentazione può variare da 16 a 22 °C, in base al lievito e alle ore.

Vantaggi:
Si ottiene un prodotto finale dal sapore e dal profumo più intensi, grazie alla notevole fermentazione
lattica che avviene durante la lievitazione dei preimpasti. Tale fermentazione produce acidi organici,
responsabili della formazione, durante la cottura, di aromi invitanti e stuzzicanti.
Il pane presenterà un alveolatura più ampia e risulterà più digeribile e conservabile.

Consigli

• Il poolish di lunga maturazione, va successivamente lavorato con il doppio di farina e per impasti
con idratazione almeno del 60%.
• Il poolish esalta gli aromi e i sapori, quindi aggiungere questi ultimi (semi, odori, spinaci, ect. ),
se previsti, insieme agli ingredienti del lievito liquido
• In estate è consigliabile usare acqua ghiacciata
• Dopo 30 min. dell'impastamento (seconda fase del metodo indiretto) rilavorare la massa per
togliere i gas della fermentazione e far ripartire di nuovo la lievitazione, migliorando così il
prodotto finale.

Ingredienti poolish

250 g di farina (W 280 P/L 0,50)


250 dl di acqua
1 g di lievito

Tempo di lievitazione
8-10 ore a una temperatura compresa tra i 16 e i 18°C

Procedimento per impasto poolish

Sciogliere il lievito nell’acqua tiepida.


Aggiungere la farina e impastare.
Lasciare lievitare

Quando l’impasto inizierà a cedere al centro si potrà utilizzare.

Massa autolitica

175 g di farina (W 260 P/L 0,50)


0,085 l di acqua

Mettere in planetaria ed impastare per 3-4 minuti lentamente, in seguito coprire con una pellicola.
Ingredienti impasto

Poolish

Massa autolitca
400 g di farina (W 260 P/L 0,50)
0,200 l di acqua
4 g di lievito
15 g di sale

Temperatura finale impasto: 24° C

Procedimento

Iniziare ad impastare il poolish con la farina, il lievito e l’80% di acqua.

A metà impasto aggiungere la rimanente acqua e il sale.

Lasciare puntare l’impasto per circa 90 minuti.

Spezzare l’impasto in forme da 330 grammi.

Formare un filone corto.

Lasciare riposare per 10 minuti.

Allungare e mettere a lievitare a temperatura ambiente di 24 °C per 90 minuti. Le baguette devono


essere coperte.

Tagliare sottopelle con una lametta.

Infornare a vapore a una temperatura di 240°C e

Se non disponete di un forno a vapore, infornate a 240°C, abbassate subito a 220°C e cuocete per 20-
25 minuti, mettendo nel forno una ciotola d’acqua.

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