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TRATTATIVE E NEGOZIAZIONI INTERCULTURALI

Prima lezione del 03/10/2022

Obiettivi del corso:


 Introduzione a un nuovo modo di studiare -> interdisciplinare;
 Entrano in gioco più materie -> comunicazione interculturale;
 Acquisire conoscenze e competenze per quanto riguarda le trattative e negoziazioni;
 Contenuti per raggiungere un determinato obiettivo.

Testi di studio (approfondiremo questi due testi di studio):


1. Arte di ascoltare e mondi possibili di Marianella Sclavi;
Ci aiuterà a capire le differenze tra sistemi complessi e semplici mediante alcuni strumenti;
Tema del cambiamento -> 1° Livello
-> 2° Livello -> avviene un cambio di paradigma culturale.
Tre elementi fondamentali dell’ascolto -> autoconsapevolezza emotiva;
-> ascolto attivo;
-> gestione creativa dei conflitti.
La negoziazione ha bisogno di questi elementi.

2. The Culture Map di Erin Meyer;


L’autrice è statunitense; il suo libro parla di un approccio molto più americano/anglosassone con
l’esposizione di casi concreti per poi definire i concetti. È ovviamente un approccio molto
diverso rispetto a quello mediterraneo (dove si parte dei principi e dalle regole per poi definire i
casi concreti -> ambito giuridico -> civil law vs common law). Sono delle linee guida per
esercitarsi nelle attività manageriali in contesti culturali; l’articolo di Erin Meyer, che
utilizzeremo durante il corso, ci aiuterà a capire alcune cose di questo contesto ed è un modello
molto utile che lei stessa ha creato a 8 scale e 8 dimensioni. Si tentano quindi di creare delle
mappe e uno dei temi chiave è la comunicazione diretta (un tedesco dirà direttamente se è
d’accordo o se non d’accordo) oppure indiretta (altre culture come, per esempio, quella asiatica
la prediligono -> per loro è una mancanza di rispetto). Approfondiremo alcuni modelli per
orientarci -> importante -> tutti i modelli dei comportamenti vanno presi, studiati e vissuti,
dobbiamo parlare di organizzazione preferibile in una cultura. Per esempio, non generalizzare ->
non tutti i tedeschi, ma comunque nella cultura tedesca ci sono studi che dimostrano la loro
preferenza alla comunicazione diretta.

Tipologia Esame
- Scritto;
- Orale.

Definizione della parola “negoziazione”, tratta da Daniele Trevisani (FrancoAngeli 2005):

Per “negoziazione” si intende una sequenza di attività comunicative finalizzate al


conseguimento di un risultato che non possiamo avere in assenza di accordo tra le parti.

Quindi essa ha:

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1. Un fine -> finalizzato a un risultato -> non avrà luogo se non si raggiunge un accordo tra le
parti -> una persona vende o dà un immobile a un’altra persona.
2. Accordo tra le parti -> mezzo -> per raggiungere un risultato o un fine.

Siamo in una negoziazione, se otteniamo un risultato, non dipende da noi. Dipende dal livello
familiare fino al conflitto interno, i bisogni sono diversi.

Quindi, riassumendo, la negoziazione è:


1. Finalizzata a un risultato;
2. Accordo tra le parti -> la negoziazione non può avvenire senza l’accordo tra le parti;
3. Sequenza di attività comunicative -> processo che si articola in diverse fasi e che è
contraddistinto dai seguenti caratteri: ciclicità e complessità di diversi gradi.

Questo processo, dunque, è contraddistinto da diverse attività comunicative che danno luogo alla
comunicazione. Riporto sotto un piccolo schema che ne parla:

Messaggio
1. Trasmettere;
2. Emittente;
3. Ricevente.
E R

Feedback

Il processo comunicativo è un processo circolare che genera feedback; esso è sempre presente,
infatti la negoziazione è una sequenza di attività comunicative, canali che sono un mezzo attraverso
il quale io appoggio il mio messaggio (verbale o visivo). Esempio: il messaggio non è possibile se il
tour operator non si mette d’accordo con agenzia. Quando scegliere di fare una telefonata, mail o
parlare di persona?
Scopo di questa fase -> invito a chiedersi, qual è l’obiettivo? Sennett afferma: dobbiamo
condividere le informazioni o comunicarle? Ti devo avvisare di questa cosa, questo è un qualcosa
che viene trasmesso -> comunicare -> mettere in comune -> infatti vi sono media o canali adatti a
trasmettere, ma non a comunicare. Esempio: con la mail possiamo condividere ma non comunicare
-> telefonare è comunicare -> migliore per comunicare qualcosa e qui si entra nel dialogo.

Negoziazione -> è un puzzle di possibili mezzi comunicativi in relazione alla fase -> qual è lo
scopo ecc.

E -> R
R -> E

Feedback dipendono da: Fattori individuali culturali che dipendono da:


- dal mio modo di interpretare -Nazionalità -> vivo in grandi o piccole città.
- dal mio background: -Formazione;
- dalla mia predisposizione;
-Anagrafe (incide sul feedback) -> età;

2
- dalla mia formazione.

Interculturale -> quando è che una negoziazione viene definita “interculturale”?

La cultura è una collezione di modelli -> ogni negoziazione è interculturale -> quindi se
collochiamo questa definizione nella realtà concreta abbiamo: 2 individui che sono 2 mondi diversi.
Va adattato a tutte le negoziazioni -> proprie sono le premesse implicite ossia ciò che un individuo
dà per scontato. Nei sistemi complessi le cose non citate possono ostacolare la comunicazione.
L’obiettivo della lezione è stato conoscersi meglio.

Seconda lezione del 10/10/2022

Definizione di negoziazione: è l’accordo tra le parti che cercano di raggiungere un risultato che
non si può avere senza l’accordo tra le parti. Se si vuole un risultato, occorre raggiungere un
accordo tra le parti altrimenti esso non si può raggiungere senza l’accordo tra le parti.
Analogamente se una parte non è d’accordo, non si otterrà una negoziazione.

Negoziazione interculturale: una negoziazione è quasi sempre interculturale; la cultura è un


modo di caratterizzare la realtà ed è frutto di paradigmi di cui ognuno è portatore. Perché è
interculturale? Perché sono in ballo due culture diverse tra loro. Un esempio potrebbe essere una
negoziazione tra la Francia e l’Italia; essa è interculturale, ma non necessariamente derivano dai
confini tra due Stati. Le culture si organizzano in modo molto diverso tra di loro (tra una realtà e
un’altra); le procedure e le organizzazioni sono molto diverse fra loro. Chi imparerà questa cosa,
sarà molto avvantaggiato.

Organigramma: è una rappresentazione grafica dei ruoli, dei processi decisionali su cui si regge
un’azienda. È una fotografia che ci consente in maniera sintetica di capire i ruoli nell’azienda, che
relazione c’è tra i ruoli e come avvengono i processi decisionali.

Esempio di organigramma di una società per azioni

VERTICE
ORGANIGRAMMA

C. D. A.
Sopra a esso c’è:
(CONSIGLIO
PRESIDENTE
D’AMMINISTRAZIONE)

ORGANO ESECUTIVO Esprime spesso


l’A.D. (amministratore
delegato)

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Ogni ruolo corrisponde a una
Sotto l’amministratore delegato abbiamo:
decisione o a un obiettivo *QUALITÀ
(IN STAFF)
DIRETTORE GENERALE

VENDITE RISORSE
(IN LINEA) UMANE
ACQUISTI E PRODUZIONE
AMMINISTRAZIONE
Il marketing può stare in
Produzione: beni e
due posti diversi: Amministrazione, finanza servizi (nelle società per
1- In staff -> ciò che fa ha e acquisti -> ruoli che azioni) -> studia e
impatto su quelli che ruotano attorno -> produce -> polizza
sono sotto di lui -> contabilità (fatture, costi, assicurativa -> Audi ->
caduta trasversale di controllo di gestione) -> si sovrintende la
quelli sotto di lui; accertano che azienda stia produzione delle
2- In linea. in piedi. automobili
Commerciale: vendite, la Acquisti: chi compra, se
responsabilità di produrre il devo acquistare una
fatturato, produrre il ricavo, scaffalatura da qualcuno
marketing, collocato in tratto o negozio con esso.
commerciale/in staff.

Ovviamente chi sta sotto può essere aiutato da quelli che stanno sopra.

*E.S.G. (Environmental -> Ambiente, Social -> Società e Governance) -> ogni pilastro fa
riferimento a un insieme specifico di criteri come l'impegno ambientale, il rispetto dei valori
aziendali e se un'azienda agisce con accuratezza e trasparenza o meno -> sono criteri di valutazione
dell'impegno di un'azienda secondo tre dimensioni – ambientale, sociale e di governance –, che
danno la misura di quanto essa sia sostenibile e responsabile. Tutti quelli che stanno sotto devono
tenere conto della sostenibilità ambientale (politiche di sostenibilità ambientale adottate
dall’azienda).

L’A.D. deve dare indirizzo strategico e obiettivi strategici; per esempio, aprire un mercato
tedesco che implicherà:
A) Investimenti (adeguamento dei prodotti);
B) Ricerca e sviluppo/risorse umane;
C) Attività sul mercato (scelta strategica) -> aggiungere una linea business -> investimenti
enormi.

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Le funzioni del marketing sono:

1- Pubblicizzare un prodotto;
2- Analizzare il mercato;
3- Segmentarlo;
4- Orientare il comportamento dell’azienda verso certe cose o un qualcosa di specifico.

Abbiamo due tipi di marketing:

1. Marketing strategico: si colloca nelle strategie su quale mercato puntare e perché (perché
scegliere dei mercati diversi…), dove andiamo? Perché?
2. Marketing operativo: le azioni del marketing operativo e comunicativo per i consumatori
(come, per esempio, Netflix che consiglia determinate cose ai propri utenti in modo
specifico).

Articolo di Erin Meyer

Non bisogna dare per scontato che ciò che è utile per comunicare in una cultura non è uguale per
un’altra.

Marianella Sclavi nel suo libro “Arte di ascoltare e mondi possibili” parla nella prima parte
delle premesse implicite attraverso un esercizio dei 9 punti. Chiede di disegnare in una pagina
bianca 9 punti disposti come nella figura che bisogna unire con 4 tratti rettilinei senza mai staccare
la mano dal foglio.

Dare per scontato che strategia fosse giusta -> limite che ci auto-poniamo -> lo spazio era
limitato dai pallini -> occorre uscire dagli schemi, dal perimetro e dalla propria zona confort per
trovare la soluzione.

Abbiamo dato per scontato questa cosa: il nostro cervello percepisce una cosa chiusa e tende a
non sprecare energia. La nostra menta ha subito pensato che bisognasse unire i pallini solamente
all'interno del perimetro; quando abbiamo un problema nuovo, la sfida è quella di uscire dalla
premessa implicita. Gli unici limiti erano le rette e non staccare la mano; quindi, ciò che diamo per
scontato è un automatismo.

Che cos’è un automatismo?

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Un automatismo non è un qualcosa di fallimentare: se si riesce a raggiungere il risultato, esso è
ovviamente funzionale mentre se non ci fa raggiungere l'obiettivo prefissato significa che devo
uscire da esso. Quando un automatismo non funziona significa che ho dato per scontato un pensiero
e quindi occorre pensare in un'altra maniera o in un altro modo.
Tim Carr (dall’articolo di Erin Meyer) è andato in automatico e spesso questa strategia risulta
efficace. I vantaggi sono: chiarezza, prendere delle note ed esplicitare i dubbi. Stavolta però questa
strategia non ha funzionato poiché l'altra parte, sentendo nuovamente ripetere il riassunto da Tim
Carr, si è sentita aggredita e ha risposto con un silenzio quasi imbarazzante. Infatti, anche il silenzio
è una forma di comunicazione; qui la strategia della chiarezza non ha funzionato, si è dimostrata
non efficace ed è stata vista dall’altra parte come una mancanza di fiducia. Tim, infatti, ha provato a
unire i cosiddetti pallini con i propri automatismi, ma i pallini non si sono uniti (mancanza di
fiducia). Quindi, che cosa non ha pensato di fare? Che cosa non abbiamo fatto o dato per scontato?

Ipotesi:
1- Si può fare insieme il riassunto;
2- Provare a fare un riassunto con il concetto di “noi”.

Marianella Sclavi parla a pagina 25 del suo libro di due livelli di cambiamento:

1. Cambiamenti livello 1: avviene all’interno nello stesso campo/cornice e non mette in


discussione le premesse implicite (esempio: cambiamo metodologie, ma in aula);
2. Cambiamenti livello 2: mette in discussione il paradigma culturale di fondo (esempio: nel
tratto del treno Austria – Italia una persona ha acceso una sigaretta, dando per scontato che si
potesse fare).

Quando ci troviamo di fronte a dei cambiamenti culturali diversi, dobbiamo mettere in


discussione le nostre convinzioni e i nostri pensieri impliciti. I comportamenti sono diversi:

Comportamenti e azioni

Sotto
Valori, convinzioni,
attitudini, motivazioni,
competenze e azioni

Figura papero/coniglio (sul libro della Sclavi)

In automatico si vede prima un solo animale ed è spontaneo che una persona abbia visto prima
una cosa e poi un’altra. Ognuno di noi mette in primo piano alcune cose e viene colpito da altre;
lascia sullo sfondo altre cose. Alcuni hanno visto il coniglio (da destra a sinistra); infatti ognuno di
noi mette in primo piano diversi aspetti e si focalizza su di essi; trend attuali ma l'attenzione è bassa.

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Per esempio, sul progetto “innovazione” si guardano i costi e quindi uno si concentra su una cosa
anziché su un'altra.

Papero = il bozzo fra la testa e il collo è irrilevante.

Coniglio = il bozzo è la bocca e quindi è importante.


Quindi, in una negoziazione per raggiungere un accordo ciò che per una parte è rilevante, per
altri è irrilevante. Dobbiamo quindi concentrarci sul dettaglio che a noi può dare fastidio. Quindi, la
Sclavi dice che quando c’è il fastidio, esso è importante perché è importante per la controparte.

Differenza fra sistemi semplici e complessi

Sistemi semplici Sistemi complessi


Dove “le stesse cose” hanno lo stesso Dove “le stesse cose” hanno significati
significato differenti
Stesse premesse implicite Diverse premesse implicite
Ciò che diamo per scontato ci aiuta a Ciò che diamo per scontato ci impedisce di
comunicare comunicare -> esplicazione
Valutazione delle scelte dentro quel contesto Apprezzamento di quel contesto alla luce di un
altro
Io ho ragione, tu hai torto (o viceversa) Tutti hanno ragione. Anche chi dice che non
possono aver ragione tutti -> la difficoltà nel
mondo pluri-culturale; è difficile applicare
questa cosa.
Mondo mono-culturale Mondo pluri-culturale
Uni/verso Pluri/verso

Ci sono tre aggettivi che condividono la stessa radice: Richard Farson illustra la differenza tra i
termini “semplice” e “complesso” e “complicato”:
1. Semplice: senza pieghe, ciò che afferriamo -> un piatto semplice da preparare;
2. Complicato: con pieghe, lanciare un razzo sulla Luna è complicato, ma se segui la
procedura (c'è una check list), si riesce a fare; si spiega;
3. Complesso: crescere un figlio non è complicato, ma complesso. La complessità è un
intreccio di variabili che condivide il fenomeno, per cui non è che seguendo la check list si
arriva a quella cosa. La negoziazione è complessa.

Un altro caso: l'ospedale di Kreuzberg (Marianella Sclavi) - pagina 307

Ciascuno di noi anche qui ha una particolare affinità/automatismo; abbiamo un moto di


vicinanza a una cultura X e poi proviamo fastidio (emozione secondaria), declinazione di emozione
primaria di disgusto. L’emozione ci informa su come abbiamo vissuto quella determinata situazione
e mi informa su come leggo, percepisco, ciò che sento vicino o lontano. Questi aspetti emotivi
influiscono nella negoziazione e sono degli indicatori di come stiamo vivendo determinate
situazioni. Per esempio, accade che in una cultura X i parenti trattano in un modo un malato che in
un’altra cultura verrà trattato in un altro modo. Per esempio, è utile fare una to do list, fare un
riepilogo, mancanza di fiducia con significati diversi.

Le opposte premesse implicite – la “malattia”

Nella cultura tedesca Nella cultura turca


Il malato non deve essere affaticato Va trattato come uno sano

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Va isolato e trattato con discrezione Non va isolato dalla comunità
Gli si parla a bassa voce e il meno possibile Gli si parla ad alta voce, cercando di tenerlo
allegro
Non gli si nasconde nulla della gravità del suo Bisogna distrarlo dalla sua malattia e
male sofferenza

Il fatto che le soluzioni siano complesse non ci deve liberare dal fare una buona analisi del
problema, quindi prima del problem solving (questo nasce zoppo altrimenti) devi fare il setting, il
problem setting.

Terza lezione del 17/10/2022

Domande:

1. Quali sono i fattori distintivi (per “distintivo” si intende ciò che distingue, quello che
caratterizza; per esempio, in un accordo: il risultato non può essere raggiunto senza l'accordo
tra le parti; è il fattore distintivo. Come in una trattativa di governo. Interpersonale significa
tra le persone) della negoziazione?
2. Perché il sistema multiculturale è un sistema complesso?

1. I fattori distintivi della negoziazione sono:


- le parti -> le quali compiono una serie di attività comunicative e sono fondamentali in una
negoziazione; non è possibile giungere a un risultato senza di esse;
- l'accordo -> è il mezzo per raggiungere o concludere una negoziazione;
- il risultato -> in quanto rappresenta l'obiettivo ultimo per l'accordo;
- le sequenze comunicative.

2. Perché è un intreccio di variabili che determinano il fenomeno. Le diverse


variabili/dinamiche; le stesse cose hanno significati diversi perché ciò che diamo per scontato
ci impedisce di comunicare. Tutti hanno ragione anche chi dice che non possono aver ragione
tutti quanti. Ci troviamo di fronte a un mondo pluriculturale. Non cadere mai negli stereotipi
in questa situazione, ma come faccio?

Esercitazione: “Salviamo la Terra” – “La Terra sta morendo” (il gioco del riempimento:
stereotipi e casi particolari) – pagina 42

Candidati Sì (Parte) No (Non parte)


1. Militante nero Atleta Militante nero
2. Poliziotto con fucile Musicista gay Prostituta
3. Atleta Falegname cieco Ragazza di sedici anni incinta
4. Architetto Architetto Sacerdote
5. Cuoca Poliziotto con fucile
6. Falegname cieco Cuoca
7. Dottoressa Dottoressa
8. Prostituta
9. Ragazza di sedici anni
incinta
10. Musicista gay
11. Sacerdote

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La scarsità delle informazioni: punto importante dei sistemi complessi. Tutto ciò che non è stato
esplicitato ci impedisce di comunicare; nell’esperimento della navicella, per esempio, se avessi
avuto più o altre informazioni, avremmo fatto le stesse scelte? Noi a che cosa ci agganciamo? Agli
stereotipi e senza ulteriori informazioni facciamo delle considerazioni in base ad altre informazioni.
Quando abbiamo delle informazioni limitate, completiamo il quadro con quelle che abbiamo.
L'esistenza di ulteriori informazioni; noi diamo per scontato e questo può generare degli equivoci.
Tra le competenze della negoziazione vi è l’ascolto attivo e il porre delle domande di qualità.
Quando facciamo delle domande, acquisiamo degli elementi che ci aiutano a prendere delle
decisioni più consapevoli e più efficaci per raggiungere l’obiettivo.

Qui si mettono in evidenza le premesse implicite: noi diamo per scontato che il dottore sia quello
che cura le persone, ma non sempre è così.

Laureata Dottoressa Medico

1. Le stesse cose hanno significati diversi; questo strumento che ci permette di vedere diverse
cose è una matrice bisociativa: per una stessa cosa abbiamo diversi significati e quindi una
stessa cosa può essere collegata a premesse implicite diverse.
2. Ogni cultura interpreta la dottoressa in modo diverso; in America è diverso dall’Italia.

Parlano ad Rispetto del


alta voce; silenzio e della Cultura
Cultura turca Trattare il
clima di festa; quiete del tedesca
malato ->
ridono; paziente;
efficacemente
offrono del soffrire in
cibo silenzio

Visto come
Visto come
un’incapacità
un gesto Aiutare una
a svolgere
altruistico persona
determinate
azioni
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Complimento
Apprezzamento sulla forma Cultura
Cultura Invadente
significa rompere fisica in un francese
americana
il ghiaccio contesto
formale

Consentito Comportamento: Cultura


Cultura come anche parlare ad alta Maleducazione asiatica
italiana per strada voce

In quella cultura/l'equazione di fondo è… -> la matrice bisociativa.

Empatia – Exotopia – pagina 161

Empatia è mettersi nei panni dell'altro; fa un distinguo tra skill/abilità; essa è correlata ad aspetti
come skill/abilità. Generalmente viene definita come l’azione di mettersi nei panni di qualcuno o
calarsi in quello che sta pensando; più funzionalità e capacità.
Il concetto di “exotopia” significa l’accettazione dell’altro in quanto diverso da sé, ascolto attivo
e poggia su una scelta di alterità, cioè di tensione dialogica in cui l'estraneità è considerata una
condizione necessaria alla comprensione. Questa chiarezza sulla diversità ci fa capire che cosa è
diverso da noi; funzione ed efficacia; la percezione diversa -> un processo comunicativo/la
negoziazione deve tener conto della diversità. Per esempio, un medico che ha un paziente, è
impossibile saperlo comprendere. Il paziente lo aiuta di più, empatia è più limitante; l’exotopia tiene
presente la differenza tra me e te. È un coinvolgimento emotivo caratterizzato dalla giusta distanza.
L’empatia con giusta distanza. Quando c'è un’alterità, c'è tensione dialogica, con differenza c'è
tensione. Le dissonanze sono situazioni in cui le incomprensioni e i conflitti si perpetuano
nonostante i tentativi degli attori di adottare delle tattiche e strategie mutevoli. Le strategie che
richiedono un cambiamento, un’uscita forte dalle cornici forti. Il superamento di resistenze che tutti
i protagonisti in qualche modo collaborano a riprodurre spesso inconsciamente.

Le differenze individuali:

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- autoconsapevolezza emotiva;
- gestione creativa dei conflitti;
- ascolto attivo.

Neuroscienze (non c’è nei libri di testo)

Il cervello è composto da due parti diverse fra loro:

1- il sistema limbico -> è tipo un pollice;


2- la neocorteccia -> la parte esterna; si è sviluppato più tardi; c’è un neuro dialogo.

Paul Donald MacLean, un medico e neuroscienziato statunitense, studiò il cervello (organo


conosciuto) e scoprì i tre cervelli che secondo Paul D. MacLean rispecchiano le tre fasi o stadi di
evoluzione dei vertebrati.

Paul Donald MacLean ha suddiviso il cervello in tre sezioni:


 cervello rettiliano: la parte più antica del cervello e sovrintende le funzioni fondamentali;
 cervello limbico (o limbica): coincide con le emozioni -> rabbia, paura, gioia, sorpresa,
disgusto, reazioni immediate di fronte a un pensiero; sul fisico ha un riflesso; rivelano come
stiamo in quel momento.
 cervello neocorticale o neocorteccia: presidia il pensiero logico-razionale; è dove si
sviluppa il pensiero critico, il linguaggio, la capacità di adattamento, di apprendimento e di
pianificazione a lungo termine; qui risiedono la riflessione, l’analisi delle cause e
conseguenze di un’azione, il ragionamento logico, il pensiero astratto del sapere, delle
invenzioni, delle idee e della fantasia.

Il comportamento dell’essere umano è la risultante dell’azione dei tre cervelli. Non vi è la stessa
velocità di reazione.

40 bit -> velocità di ragionamento.


11.000.000 bit -> velocità di reazione.
50.000 bit al secondo -> la velocità della reazione.

Il sistema limbico difende dagli attacchi e fa gioire quando serve. Come lavorano o come
riescono a lavorare insieme?

Quarta lezione del 24/10/2022

Marianella Sclavi nel suo libro a pagina 119 torna a parlare delle emozioni.

Ecco i 3 modelli per la comunicazione interculturale:

1. Autoconsapevolezza emozionale;
2. Ascolto attivo;
3. Gestione creativa dei conflitti.

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L’obiettivo della lezione è quello di approfondire il tema della scorsa volta e di leggere un
articolo che propone un modello utile per adattarsi a diverse culture. Abbiamo iniziato a parlare del
testo con un articolo. Un altro obiettivo è quello di sviluppare il tema della autoconsapevolezza
emotiva e tenere sott’occhio il modello di Meyer per vedere come si intrecciano tutte queste
variabili.

Autoconsapevolezza emotiva/emozionale - pagina 119

Parliamo ora del tema delle emozioni mediante l’approccio delle neuroscienze e quindi
attraverso gli studi del cervello (approccio scientifico). L’autore che per primo ha sistematizzato la
scoperta della composizione trina del cervello è MacLean affermando che non vi è un unico
cervello, ma esistono tre livelli che coincidono con i differenti stadi dello sviluppo dell’essere
umano.

Il cervello più antico è il cervello rettiliano che sovrintende le funzioni fondamentali per la
sopravvivenza come respirare. Nell’evoluzione si è sviluppata poi un’altra parte che è il sistema
limbico: questa parte è particolarmente impattante nelle relazioni ed è la parte a cui è riconducibile
la sede delle emozioni. La terza e ultima parte è quella più recente ossia la neocorteccia.
Quest’ultima si è sviluppata nei tempi più recenti e presidia l’aspetto più logico, razionale e
analitico (l’analisi dei problemi e delle cause).

Il comportamento è frutto o espressione di queste tre parti che hanno ruoli e funzioni diverse.
Dato che hanno funzioni diverse hanno anche diversi tempi di reazione. Il sistema limbico e
rettiliano sono più reattivi; tendono a segnalare subito se l’individuo è in pericolo. La neocorteccia è
più lenta, pondera e riflette; è meno veloce. Per esempio, se qualcosa mi cade addosso, tendo subito
a scappare e si hanno delle reazioni veloci mentre se dobbiamo discutere quale sia il posto più
adatto, ci impiego più tempo, come insegnare a utilizzarla, quanto utilizzata ecc.

Per “negoziazione” si intende una sequenza di attività comunicative finalizzate al


conseguimento di un risultato che non possiamo avere in assenza di accordo tra le parti.

Degli esempi di confronto interculturale: ogni parte dà per scontato qualcosa.

Attività – Quanto disagio provate? (con una compagna di classe)

1 per niente 2… 3… 4… 5 moltissimo

Esercizio

5/3/1/2/2

Contenuti

Parte oggettiva -> l’altro lo sa, ma tenta di tenerlo nascosto.

Emozioni

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Sopraggiunge la parte emotiva -> questa parte possa essere vissuta con delle emozioni diverse tra
loro. Il disagio per alcuni è alto e per altri è più basso; mettere in discussione questo valore. Il
disagio di livello 4: la reazione è diversa perché i filtri delle persone sono differenti.

Filtro

È un paradigma culturale o un background personale; sono individuali e culturali. Questo filtro è


un fattore individuale e culturale che portano a diverse interpretazioni dell’esterno. Un fattore
individuale potrebbe essere l’età.

Funzione emotiva

Stimolo esterno/interno

Interpretazione dello stimolo

Autoconsapevolezza Sistema fisiologico Reazione del corpo


Sistema psicologico

Sistema comportamentale Pensiero


Memoria emotiva

Predisposizione dell’azione

Le emozioni si riflettono sul corpo e impattano sulla comunicazione non verbale e anche su
quella paraverbale (come, per esempio, le pause e i silenzi). La reazione del corpo come il
distogliere lo sguardo, incrociare le gambe oppure abbassare il tono della voce (insicurezza).

Il sistema limbico: Paul Ekman parla delle emozioni e della comunicazione non verbale: le
espressioni facciali sono correlate alle emozioni transculturali. I gesti da non confondere che sono
diversi, invece le emozioni primarie sono uguali a tutti.

Per il tema della comunicazione e della negoziazione è stata svolta una ricerca tra il 2019/2020
dalla fondazione senza fini di lucro World Economic Forum (Forum economico mondiale) a
Ginevra e sono state indicate le skill che un’impresa a livello mondiale deve avere, monitorando il
periodo 2019/2020.

Nel 2020 Nel 2015


1. Risoluzione dei problemi complessi; Risoluzione dei problemi complessi;
2. Pensiero critico; Sapersi coordinare con gli altri;
3. Creatività; Gestione delle persone;
4. Gestione delle persone; Pensiero critico;
5. Sapersi coordinare con gli altri; Negoziazione;
6. Intelligenza emotiva; Controllo della qualità;
7. Valutazione e assunzione delle decisioni; Orientamento del servizio;
8. Orientamento del servizio; Valutazione e assunzione delle decisioni;
9. Negoziazione; Ascolto attivo;

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10. Flessibilità cognitiva. Creatività.

*Giacomo Rizzolatti, Corrado Sinigaglia, Daniel Goleman, Marianella Sclavi e Joshua


Freedman.

Il racconto dell’antropologo statunitense Edward Hall (presente nel libro di Marianella


Sclavi a pagina 179)

Nel confronto interculturale c’è lo stupore, la rabbia, il fastidio e la gioia; è un incontro/scontro


interculturale in cui si mette in gioco l’aspetto emotivo.

Consapevolezza è sicurezza, conoscenza, comprensione (capire), riconoscenza (un individuo è


diverso da me) ecc.

Auto è invece rispetto a sé; quando facciamo riferimento a una presa di conoscenza rispetto a sé.
La associa all’aspetto emotivo, una reazione veloce o un pensiero; infatti, un’emozione è una
reazione veloce e immediata a uno stimolo interno o esterno (per esempio, l’ansia). È complesso
averne coscienza, ma le emozioni incidono sul comportamento umano? Sì. È facile averne
coscienza? No.

Il problema degli aspetti emotivi è che sono degli automatismi e quindi è complesso proprio per
questo motivo; esso porta a un comportamento contro intuitivo e contrario a ciò che mi verrebbe
spontaneo fare. Quindi è complesso perché si devono gestire questi automatismi spingendomi a dei
comportamenti contro intuitivi. Le emozioni contano e ci dicono come stiamo in quel determinato
momento. Dobbiamo negare queste emozioni che ci danno delle informazioni.

Edward Hall si è sentito spiazzato in quel momento; infatti, è subentrata una cultura diversa
dalla sua. Marianella Sclavi nel suo libro afferma che le emozioni ci dicono qualcosa di
interessante; esse sono delle informazioni e ci informano su come stiamo vivendo una determinata
situazione. Devono essere prese in considerazione, vanno riconosciute e capite ovvero bisogna
esserne consapevoli. Esserne consapevoli è come avere delle radici un po’ più salde (ora io lo so).
L’autoconsapevolezza è un approccio che propone Marianella Sclavi nel suo libro e lo contrappone
a un altro approccio. A che cosa? Al modello della retorica del controllo in base al quale le emozioni
devono essere negate o soppresse per favorire un approccio squisitamente più logico e razionale.
L’autoconsapevolezza emotiva non va confusa con il potere alle emozioni senza ragione; esso è un
ingrediente che va considerato con il pensiero logico razionale in aggiunta alle cose che derivano
dal lato emotivo.

L’articolo di Erin Meyer

Fondamentale in questo articolo è l’espressione del dissenso che è un punto forte dei processi di
negoziazione. Il dissenso è un fatto fisiologico: le parti che negoziano hanno bisogni diversi.
Quindi, durante il processo di negoziazione, è difficile che non ci sia un dissenso da manifestare.
Manifestare un dissenso è il punto chiave della negoziazione.

Il collegamento tra Erin Meyer e Marianella Sclavi è nelle reazioni delle parti o nel modo in cui
viene mostrato.

Secondo Erin Meyer il dissenso può avvenire:

a) in modo diretto (aperto);

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b) in modo indiretto.

Vedremo in seguito un modello che ci mostra le differenze interpersonali.

Erin Meyer afferma che vi è un dissenso quando c’è un problema o quando c’è una discrepanza
tra due stili; per esempio, uno stile più diretto vs uno stile più diplomatico che è visto diversamente.
Escalation emotiva (due stili molto diretti) oppure non si concretizza con due stili molto
diplomatici.

Il modello di Marianella Sclavi si appoggia su tre pilastri fondamentali come possiamo vedere
sotto:

Autoconsapevolezza
emotiva (riferito alle
nostre capacità di
riconoscere le
emozioni)

Gestione Ascolto
creativa dei attivo
conflitti

Lei lo contrappone la retorica del controllo ossia negare le emozioni per avere un assoluto
controllo della situazione.

Le emozioni sono degli strumenti conoscitivi fondamentali se sai comprenderne il loro


linguaggio. Non ti informa su cosa vedi, ma su come guardi. L’autoconsapevolezza emotiva: nel
dissenso ci sono degli aspetti emotivi; nello stile indiretto si ha paura del diretto oppure si prova
fastidio dallo stile diretto a quello indiretto. Quindi, la paura e il fastidio sono delle emozioni ->
intelligenza emotiva.

Meyer si basa sull’emotività con gli incroci e il dissenso; la comunicazione paraverbale da tenere
in conto, è molto importante. Può essere diretta o indiretta; vi sono gli upgraders e i downgraders;
occorre adattarsi al contesto iniziale.

L’Intelligenza emotiva è la capacità di far dialogare la parte razionale del nostro cervello con
quella emozionale al fine di assumere delle decisioni più intenzionali ovvero coerenti con gli scopi
e di essere più efficaci nella comunicazione e nella relazione. Il termine è nato negli anni ’80 ed è
stato coniato da Peter Salovey e John D. Mayer, i primi che teorizzarono questo modello di
intelligenza emotiva come modello scientifico. Hanno dato un forte impulso alla ricerca;
l’intelligenza multipla dalla sola, logico razionale; un primato, il Qi (quoziente intellettivo), la parte
logico razionale.

A un certo punto gli studi hanno esplorato altri ambiti di intelligenza: Howard Gardner, punto
di riferimento della pedagogia, a metà degli anni ‘80 pubblicò uno studio sull’intelligenza: 5 chiavi
sul futuro hanno dimostrato che gli individui non hanno solo un’intelligenza razionale, ma tante
altre come l’intelligenza relazionale, l’intelligenza intrapersonale, l’intelligenza musicale ecc. e il
concetto è che ogni individuo è portatore di più intelligenze e che la scuola deve farle coltivare tutte

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quante. Le intelligenze multiple è un modello che cresce negli stessi anni; uno meglio o peggio,
cosa lo distingue. Il concetto di intelligenza razionale con quella emozionale è più efficace nei
risultati.

Quinta lezione del 7/11/2022

Riassunto delle precedenti lezioni

Le espressioni facciali sono collegate alle emozioni; sono come un veicolo di espressione o delle
reazioni del corpo. Sono la forma più immediata: Paul Ekman, psicologo statunitense, ha
approfondito il tema di come il viso esprima l’emozione che vogliamo; infatti, i muscoli della faccia
sono vicini ai nervi del cervello.

La parte delle emozioni è il sistema limbico: quando abbiamo approcciato il tema delle emozioni
e delle neuroscienze abbiamo visto com’è fatto il cervello umano, l’organo meno esplorato.

MacLean ha diviso in tre parti il cervello: abbiamo una parte antica, il cervello rettiliano, che è
più basica. Sovrintende le azioni volte alla sopravvivenza come respirare che lo facciamo senza
accorgerci. Il sistema limbico è la parte che si è sviluppata nel momento in cui gli esseri umani sono
entrati in relazione tra di loro e si è sviluppata un’altra parte, l’amigdala; in questa parte troviamo le
reazioni delle emozioni mentre la parte limbica presidia le emozioni. Non si devono confondere le
espressioni facciali collegate alle emozioni primarie (rabbia, sorpresa o gioia) con i gesti e la
comunicazione non verbale che ha invece una derivazione culturale.

L’intelligenza emotiva è la capacità di integrare la parte più emotiva del nostro cervello con la
parte più razionale al fine di essere più efficaci nella relazione e anche nell’assunzione di decisioni.
Per esempio, sono a un colloquio di lavoro e la persona di fronte a me mi sta proponendo un ruolo
molto fastidioso, un ruolo che non amo, reagirò in un certo modo? La parte emotiva mi dà
un’emozione. La parte razionale dice di non accettare oppure di accettare il lavoro. Aver dato in
qualche modo o sistematizzato a un fatto di realtà, completando il pensiero dominante. A metà degli
anni ‘80, Howard Gardner, pedagogista statunitense, specializzato nell’apprendimento umano,
pubblicò uno studio sulle intelligenze multiple in cui afferma che gli esseri umani, in particolar
modo i bambini, sono portatori di più intelligenze. Lui cosa propone? Di accompagnare gli
individui a sviluppare tutte le intelligenze.

L’autoconsapevolezza emotiva e il funzionamento emotivo è un flusso; occorre ascoltare il


nostro corpo. Il pensiero è la parte cognitiva, associata a quello che sta accadendo; la situazione
coerente che funziona o non adatta, che non risponde alle esigenze dell’azienda e da questa
combinazione vi è una risposta comportamentale. Quando siamo in una trattativa continuamente
facciamo generare questo flusso e reagiamo a questo stimolo. La reazione cognitiva di pensiero, nei
processi negoziali, è un continuo reagire di questo sistema. Fare un ascolto attivo durante la
trattativa.

Interpretazione dello
Sistema fisiologico stimolo
Sistema psicologico Reazione del corpo
Sistema Pensiero
comportamentale Predisposizione
Autoconsapevolezza
all’azione Memoria emotiva

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Un caso tratto da “L’uomo di neve” di Jo Nesbø

Harry Hole = è il detective


Gunnar Hagen = è il capo della polizia

Rispondere alle domande – esercitazione

1. Qual è il risultato che non può essere raggiunto senza l’accordo tra le parti?
2. Ci sono delle emozioni? Quali emozioni individuate? Indicatori verbali, non verbali e
paraverbali.
3. Queste due persone all’interno della conversazione stanno praticando l’ascolto attivo, che
cosa si capisce o che cosa lo determina?
4. Quale soluzione negoziale trovano?

1. Il risultato che non può essere raggiunto senza l’accordo tra le parti è organizzare una
squadra investigativa per risolvere i casi di omicidio -> acchiappare l’omicida per far sì
che non si ripetano più altri omicidi e questo non può essere raggiunto senza l’accordo
tra le parti.
2. Sì, ci sono delle emozioni e anche degli indicatori: massaggiarsi le tempie -> riflettere,
concentrarsi, sospirare e scuotere la testa -> fastidio, abbassare lo sguardo -> segno di
sottomissione, rassegnazione, massaggiarsi la mandibola -> ragionamento o malessere.
Agitazione, sconfitta o smacco. Incrocio delle braccia -> rappresenta una sorta di sfida.
Battere le palpebre più volte, aprire la bocca e poi richiuderla. Disorientamento,
rimanere senza parole o senso di vergogna. Comunicare con le parti del corpo: per
esempio, le palpebre che sbattono è un feedback e l’emittente è Harry che ha lanciato
un messaggio. Il ricevente -> feedback del ricevente -> risposta di Harry che ha un lato
emotivo e propone un accordo -> una reazione cognitiva. L’accordo che gli propone è
frutto dell’intelligenza emotiva perché ha mostrato la parte cognitiva (vergogna).
Quando parliamo di negoziazione come una sequenza di attività comunicative è proprio
questo.
3. Si capisce che è un ascolto attivo perché è un dialogo botta e risposta e perché si fanno delle
domande tra di loro e sono presenti delle emozioni. A prescindere dagli stili c’è l’ascolto
attivo perché vanno dritto all’obiettivo, ma vanno anche oltre. C’è stato un momento di
disagio che hanno saputo riprendere subito. È presente l’ascolto attivo e non lo si
capisce tanto dal dissenso, ma dal fatto che anche se c’è il dissenso non smettono di
ascoltarsi e di trovare una soluzione. C’è l’ascolto attivo perché vi è la capacità di
formulare delle domande pertinenti al discorso e questo ci aiuta a capire che appunto
siamo di fronte all’ascolto attivo. La presenza costante di domande pertinenti. Un
esempio del testo è pensare e annegheresti in cui riprendono esattamente le parole
dell’interlocutore. È importante perché ognuno di noi sceglie bene le parole che poi
dice, la chiave di accesso a quello che sto pensando, ai bisogni che sono in gioco. Qui c’è
un uso sapiente di esso.
4. La soluzione negoziale che trovano è la creazione di gruppi paralleli da 4 persone. È
importante avere una squadra snella, ma la libertà qua viene a meno. La soluzione che

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è venuta fuori non è un compromesso, non è una via di mezzo, si sono rispettati i bisogni
di entrambe le parti. Quindi, è una soluzione creativa.

Sesta lezione del 14/11/2022

Una negoziazione di tipo organizzativo è molto frequente nelle aziende.

Parlando nuovamente del caso tratto da “L’uomo di neve” di Jo Nesbø vi erano delle sequenze
comunicative mediante il canale verbale e paraverbale (come il silenzio); qui si crea la
comunicazione: per esempio, Harry incrociò le braccia al petto e si appoggiò allo schienale che sta a
indicare l’essere scocciato, senso di superiorità o fastidio. L’ascolto attivo dal punto di vista dei
sensi come, per esempio, le orecchie (udito), ma anche gli occhi (vista) quindi l’osservazione;
infatti, l’ascolto attivo è anche fatto di osservazioni. Poi abbiamo l’ascolto contestuale in cui si
ascolta tutto il contesto per non perdere i pezzi. Nella sequenza di questa conversazione tra Harry e
Gunnar sono presenti tutti i canali, sono tutti attivi perché qui i due si ascoltano attivamente.
Attraverso alcuni indicatori i due si fanno delle domande pertinenti e proprio la capacità di fare
delle domande di qualità o pertinenti è un ingrediente chiave dell’ascolto attivo. Sono anche
interessati a esplorare: hanno quello Marianella Sclavi chiama “atteggiamento esplorativo”.

L’atteggiamento esplorativo serve o non serve? Sì, perché? Perché è importante nella trattativa
interculturale. Un dato tipico dell’esplorazione è la ricerca di nuove informazioni; la prima
caratteristica è cercare qualcosa che non conosco. Parto dal presupposto che qualcosa io non so.

Harry e Gunnar indagano il bisogno dell’altro; non era chiaro fin dall’inizio. Altri esempi con
l’atteggiamento esplorativo sono le buone domande e un atteggiamento positivo da parte dell’altra
persona che deve ascoltarti veramente ed è interessata alle tue risposte.

Atteggiamento è il modo di esporsi o il modo di essere di una persona -> modo di atteggiare la
persona, di disporsi; comportamento, espressione; posizione concettuale assunta rispetto a un
problema -> atteggiamento è propriamente la maniera di muoversi, disporre la persona, che, in
modo consapevole o no, rivela lo stato d’animo, le intenzioni, il temperamento e talvolta anche lo
status sociale o culturale di qualcuno.

Nell’esplorazione non mi fermo a ciò che ho davanti. Per esempio, nelle conversazioni
occidentali ci sono più affermazioni che ascolto attivo e domande; servono domande per l’ascolto
attivo. Nel dialogo ci sono domande brevi e nasce da un atteggiamento autentico. Mettere in piedi
un piccolo strumento; la matrice bisociativa: se un paio di scarpe è troppo caro, perché è troppo
caro? Nelle trattative si asfalta subito: la cosa migliore da fare è la domanda esplorativa.
L’atteggiamento esplorativo ci consente di non dare per scontato e di non cadere in quello che
Marianella Sclavi chiama il rischio della urgenza classificatoria ossia di classificare, di giungere a
delle conclusioni affrettate. Non bisogna saltare in fretta alle conclusioni, prima occorre esplorare;
non è ostaggio dell’urgenza classificatoria. Una sequenza di attività comunicative per raggiungere
un risultato non è possibile senza l’accordo delle parti, esse hanno due posizioni diverse con
necessità diverse, altrimenti sarebbe troppo semplice.

Trattativa interculturale (stiamo scomponendo la definizione in più parti):

1. una sequenza di attività comunicative;


2. finalizzata a un risultato (per esempio, la cattura del killer attraverso la creazione di una
squadra; serve un detective specializzato e serve un capo per avere le risorse necessarie);

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3. non è possibile senza l’accordo tra le parti: non si può attivare senza che uno vende o compra.
Perché spesso è difficile trovare un accordo? Perché le parti hanno dei bisogni differenti.

Gunnar Hagen voleva una squadra più stretta quindi il suo era bisogno di libertà; infatti, per lui
se vi fosse stato troppa gente, sarebbe rimasto “incastrato”. Invece, Harry voleva una squadra che
fosse più grande per rendere conto all’opinione pubblica e per rendere più efficaci le indagini.

Il bisogno (need) è ciò che proprio mi serve, ciò che mi sta a cuore e di cui non posso fare a
meno. Una persona ha bisogno della massima libertà: uno cerca la snellezza, l’altro invece vuole
fare presto e prendere il killer. Per esempio, anche quando si deve trovare un prezzo tra il
compratore e il venditore; il compratore cercherà di abbassare il prezzo. Gunnar Hagen deve fare
delle conferenze stampa per rendere noto all’opinione pubblica delle decisioni.

Per esempio, c’è stato un incidente diplomatico in cui qualcosa è successo: l’accoglienza dei
migranti. Alcune navi sono arrivate in Italia la quale ha chiesto se gli altri Paesi europei potessero
prendere alcuni migranti; non era abitudine per gli altri Paesi prendere i migranti dato che
solitamente l’Italia ne prende molti. La Francia ha detto di sì a Tolone. La faccenda sembrava
essersi conclusa e l’Italia ne era uscita soddisfatta. Poi però c’è stato un errore di comunicazione e
vengono emanati dei comunicati stampa “ce l’abbiamo fatta” e questo provoca emotivamente
fastidio e rabbia e un impatto sulla faccia. Poi, che cosa succede? Tutto ciò mette in discussione
l’esito (il risultato) dell’Italia. Sono partite le reciproche accuse e c’è un risvolto negativo per
l’Italia perché la Francia cerca l’appoggio dei tedeschi e ci lascia. Questa attività comunicativa ha
minato l’accordo.

Marianella Sclavi fornisce le sette regole dell’arte di ascoltare a pagina 63 e questo è un


approccio molto anglosassone, anche se nel libro adotta un approccio prevalentemente
mediterraneo.

Per “ascolto attivo” si intende la capacità di fare delle domande di qualità, di osservare, di avere
un atteggiamento esplorativo e praticare queste sette regole. Questa è una capacità complessa.

Le sette regole dell’arte di ascoltare (sette ingredienti essenziali dell’ascolto attivo):

1. Non avere fretta di arrivare a delle conclusioni. Le conclusioni sono la parte più effimera
della ricerca -> la relazione che richiede un ascolto attivo innesca un sistema complesso che va
navigato come tale. Ci sono le emozioni, i pensieri, i bisogni diversi e tutti questi aspetti
costituiscono un sistema complesso. Esso non può essere affrontato giungendo subito alle
conclusioni perché significa essere superficiali e quindi staremmo navigando superficialmente.
Praticare un ascolto attivo per non cade nella trappola dell’urgenza classificatoria e quindi non
avere fretta di giungere presto alle conclusioni; fare prima un buon problem setting, più di fare il
problem solving. Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, devi assumere che egli
abbia ragione e chiedergli di aiutarti a capire come e perché. Il tema è il problem setting e non il
problem solving. Il problem setting parte dai comportamenti alle cornici ed è un’operazione
molto difficile. Il comportamento che viene messo in atto è figlio di una cornice, di una
premessa implicita ed è lì che si manifesta la difficoltà di risalire alle cornici.
2. Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista. Per riuscire a vedere il tuo punto di vista,
devi cambiare punto di vista -> assumere che una persona abbia ragione non significa darle
ragione. L’approccio all’ascolto dell’altro per fargli esprimere la sua opinione, non dargli
ragione, è molto importante. Creiamo uno spazio dove ognuno può esprimere la propria
opinione. Il tempo e i modi per i diversi punti di vista.

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3. Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, devi assumere che ha ragione e
chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua prospettiva -> riuscire a vedere la
nostra prospettiva e quella dell’altra persona; portare a galla le diverse opzioni. Marianella
Sclavi ha affermato una cosa decisiva: fare questo non è un tema di gentilezza, ma è un tema di
efficacia ossia di raggiungere lo scopo o l’obiettivo prefissato (efficienza è raggiungere
l’obiettivo con il minor dispendio di energie e risorse).
4. Le emozioni sono degli strumenti conoscitivi fondamentali se sai comprendere il loro
linguaggio. Non ti informano su cosa vedi, ma su come guardi. Il loro codice è relazionale e
analogico -> le emozioni sono dei sensori che ti indicano come stanno andando le cose; com’è
quella situazione o con quale modalità o approccio. Esse ti informano su come stanno andando
le cose. Ciò che ci ostacola nell’ascolto attivo è il giudizio; una provocazione. Bisogna trattare
la persona di fronte a noi da intelligente.
5. Un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili. I segnali più importanti per lui
sono quelli che si presentano alla coscienza come al tempo stesso trascurabili e fastidiosi,
marginali e irritanti, perché incongruenti con le proprie certezze -> i segnali più importanti
sono quelli “fastidiosi”; lì vedo la differenza, quando provo fastidio, questo segnale mi dice che
io interpreto la fiducia in modo cognitivo o affettivo. L’orientamento più cognitivo è meno
affettivo.
6. Un buon ascoltatore accoglie volentieri i paradossi del pensiero e della comunicazione.
Affronta i dissensi come occasioni per esercitarsi in un campo che lo appassiona: la
gestione creativa dei conflitti -> qua c’è un invito a stare nel “fastidio” per esercitarsi nella
gestione creativa di un conflitto ed è lì che risiede la differenza.
7. Per divenire esperto nell'arte di ascoltare devi adottare una metodologia umoristica. Ma
quando hai imparato ad ascoltare, l'umorismo viene da sé -> essa ci fornisce una chiave per
alleggerire la situazione; le dissonanze cognitive portano fastidio e sono faticose, allora
suggerisco una metodologia umoristica. Che cosa ci può aiutare? La metodologia umoristica
ossia l’adozione di una modalità in cui l’imbarazzo e la goffaggine vengono accolti come parte
del percorso di apprendimento. Si intende la capacità di guardare dall’alto, con un po’ di
distacco e leggerezza; vi è la tensione della differenza. Nel libro “Lezioni americane. Sei
proposte per il prossimo millennio” dello scrittore Italo Calvino (1988) si affermava che era
importante l’umorismo come qualità del nuovo millennio; l’imbarazzo come un qualcosa
dell’apprendimento. Se non c’è l’imbarazzo, significa che non stiamo prendendo in carico le
differenze.

In questo paragrafo che abbiamo letto dell’articolo di Erin Meyer vi è un confine netto tra
dimensione personale e professionale; occorre sfociare in conflitti di interesse, nella convinzione
personale per costruire una base o un legame molto stretto. L’approccio molto deterministico di Erin
Meyer dice di abbassare la guardia o avrete l’accordo ecc. Questo approccio svizzero è molto
analitico con diagnosi e domande. Mette in mostra una dimensione ossia la costruzione della fiducia
che ci aiuta a comprendere come a seconda della cultura esistono delle premesse implicite: mi fido
di te se i miei risultati mi mostrano che hai un valore o sei competente ed efficace. Nell’altra cultura
mi fido perché mi piaci come persona. Grazie a questo esempio facciamo riferimento al punto
cinque delle sette regole di Marianella Sclavi.

Comunicare e negoziare

Quando la comunicazione è bloccata, i gruppi e le relazioni smettono di funzionare e la


performance cala o si annulla del tutto, nessun traguardo comune viene raggiunto. Per far
funzionare la comunicazione servono almeno due condizioni: 1. la volontà di comunicare
(apertura al dialogo) e 2. le abilità comunicative (competenze comunicative). Entrambi i punti
sono critici e la loro assenza o le lacune in uno o più fattori producono incomunicabilità. Possiamo

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classificare ogni situazione comunicativa all’interno di una matrice, ove identificare sia le
condizioni comunicative ottimali (volontà elevata di comunicare e alte capacità), che le condizioni
peggiori (scarsa volontà e apertura al dialogo, e incapacità tecnico-metodologiche). In questa
matrice possiamo collocare larga parte delle interazioni umane e professionali, ma essa rappresenta
unicamente un avvio, un semplice momento di riflessione iniziale.

Matrice semplice di classificazione delle situazioni comunicative

Volontà di dialogo, apertura al dialogo

Bassa Alta

Alte Conflitto Cooperazione


volontario Condivisione
Capacità
comunicative
Basse Conflitto Conflitto latente
inevitabile Fraintendimenti

Se non si vuole negoziare, possiamo prendere tutto e buttarlo nel cestino. Si deve prima di tutto
volere, poi se questa volontà si apre…questa matrice la rivedremo la prossima volta (di Daniele
Trevisani – 2005 - Negoziazione Interculturale: Comunicazione oltre le barriere culturali.
Dalle relazioni interne sino alle trattative internazionali. Franco Angeli editore, Milano. Cap.
1). Ci servono in tutti i casi in cui è presente la volontà e allora non guarderò gli strumenti, ma
diventano preziosi per altre cose. La volontà, ma non le capacità e tutto potrebbe essere più difficile.

Settima lezione del 21/11/2022

Il bisogno/interesse è collegato alla teoria della gestione dei conflitti. Le mappature delle
differenze culturali si trovano nel modello di Gerard Hendrik Hofstede, antropologo e psicologo
olandese. Sono collegati tra loro perché questi conflitti sono legati alle differenze ed esse, con
quelle individuali, fanno parte del mondo delle diversità che inevitabilmente genera dei conflitti.
Questa teoria è molto importante e ne hanno fatto un pilastro del proprio modello.
Di fronte a un conflitto non bisogna mai focalizzarsi sulle posizioni, ma occorre focalizzarsi su
bisogni. Per comprendere meglio questa differenza tra i bisogni e le posizioni facciamo un
esempio: vi è una sola arancia destinata a una delle due sorelle. Questo esempio che condividiamo
ci aiuta a comprendere le posizioni e i bisogni: vi è un padre che ha solo un’arancia e ha due figlie;
la prima delle due figlie chiede al padre “papà mi serve un’arancia”. Arriva la seconda figlia che gli
chiede sempre un’arancia. La posizione espressa dalla prima sorella è “voglio un’arancia” e la
posizione della seconda figlia è sempre “voglio un’arancia”. Il padre, però, ha soltanto un’arancia:
la prima ipotesi potrebbe essere quella di dividere l’arancia e darla a tutte e due. È una soluzione di
compromesso; non è una soluzione cattiva o per forza da scartare. I modelli di trattative e
negoziazioni prima di applicare il compromesso tendono ad avere un atteggiamento creativo o
esplorativo: creativo non significa fantasioso o estroso, ma si prova a individuare varie possibilità;
si prova a moltiplicare le opzioni; si prova ad allargare la torta se ci sono delle possibilità. Quindi,
se lui adottasse un atteggiamento non esplorativo/creativo, dividerebbe l’arancia a metà. Ma che
cos’è un atteggiamento per verificare le altre possibilità? Occorre provare ad indagare i bisogni che

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stanno sotto queste richieste. Una cosa da fare è farsi delle domande come, per esempio, a cosa ti
serve l’arancia? Il perché ci porta al bisogno (need) che Marianella Sclavi semplifica. Ma a che cosa
ti serve l’arancia? La prima figlia risponde “ho sete, ho bisogno di bere”. La seconda figlia risponde
“voglio fare un dolce (il ciambellone)”. La richiesta è uguale, ma il bisogno è diverso. Quindi,
l’arancia può essere spremuta e la scorza grattugiata. Le negoziazioni sono molto più difficili
rispetto a questo, ma il metodo è lo stesso; torniamo al problem setting e non al problem solving. A
che cosa ti serve? Perché mi chiedi questa arancia? Una trattativa può durare 20 minuti o anche 5
anni e sotto ci sono uno o più bisogni. Se non lo faccio? Perdo delle possibilità di soluzione. Se il
padre non avesse fatto questa domanda, avrebbe perso la possibilità di soluzione. Ma qualora invece
i bisogni siano soddisfacibili, si tornerebbe a questo. La nonna che interviene e chiede a che cosa
serve. Se ci spostiamo a livello più complesso.
Parlando di Hagen e Hole; in questo caso distinguiamo posizioni e interessi: le posizioni di Hole
erano costruire una squadra piccola (è bravo quando non c’è troppa gente) mentre le posizioni di
Hagen erano costruire una squadra grande (dimostrare che ci ha messo più persone tipo 20 o 30
persone). Una squadra media non avrebbe consentito a fare una bella figura con l’opinione pubblica
e Hole avrebbe avuto una squadra più ampia di quella che poteva avere. Da posizioni a bisogni e
quindi la libertà di azione per Hole (bisogno di Hole) e dar conto all’esterno dello sforzo che stava
facendo la polizia (bisogno di Hagen). Una squadra gestita da Hole è una squadra con dei contenuti,
guidata da un altro capo, avere un’altra squadra parallela; lavorano ben due squadre. Questa
soluzione negoziale perché è la migliore: per quanto non perfetta, questa soluzione negoziale è
fatta; agganciare le persone. Ci tornano diverse regole e fare questo è molto impegnativo. La
domanda è una, invece nella negoziazione entrano in gioco più fattori; occorre lasciare le posizioni
e addentrarsi nei bisogni che è più faticoso. Avere dei rapporti più solidi perché così si soddisfano i
bisogni.
Nelle trattative più importanti vi è la logica del “vinco e vinco” dove si risponde almeno ai
bisogni principali di tutte e due le parti e perché è efficace, è duratura e risponde al bisogno
essenziale dell’azienda. L’approccio della Sclavi si chiama logica “Win – Win” in cui
tendenzialmente vinco io e vinci tu; andare incontro ai bisogni di una persona e dell’altra.
Quando invece nelle negoziazioni vengono dimenticati i bisogni di una parte per fare spazio ai
bisogni dell’altra parte: una parte si porta a casa il risultato mentre l’altra è costretta a soccombere.
L’approccio si chiama “Win – Lose” in cui il bisogno di una parte viene soddisfatto mentre l’altro
viene calpestato. Perché l’accordo “Win – Lose” può saltare? Perché comunque una delle due parti
cederà, si perderà l’equilibrio; non si sta all’infinito in una posizione “Lose”. Non è infatti un
approccio suggerito per i partner in un’azienda che devono durare tantissimo. Scegliere appunto un
fornitore stabile con una partnership tra aziende in cui si punta a una relazione che duri nel tempo.
Un esempio concreto a livello di normativa italiana per andare incontro alle aziende con un rapporto
“Win – Win” è il distretto del mobile in cui tra più aziende, fortemente collegate fra loro, possono
sorgere delle liti, liti tra imprese come anche tra individui. A chi ci si rivolge? Si fa causa; ci si
rivolge al tribunale affinché venga riconosciuto il danno e si risolve la questione in sede giudiziale:

A) andare in tribunale;
B) pagare gli avvocati;
C) tempi lunghi.

Quando la causa finisce, il tribunale dice quale parte ha vinto e quale ha perso. Questo è
collegato al “Win – Lose”; nelle aziende che lavorano insieme è probabile che ci siano dei conflitti;
si arriva magari a una soluzione che mette in discussione i rapporti, con la rottura del rapporto e la
chiusura con la vincita e la perdita di una delle due parti. La soluzione alternativa è la risoluzione
mediante il meccanismo della conciliazione o mediazione, una risoluzione alternativa delle
controversie.

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Questi organismi rappresentativi di un sistema economico locale sono per esempio la Camera di
Commercio delle Marche che sta nel territorio regionale e promuove il sistema economico locale.
Una volta questa cosa era a livello provinciale, poi però c’è stata una riforma di accorpamento della
Camera di Commercio di Ancona, delle imprese e della regione Marche. Ogni impresa, titolare di
partita IVA, è obbligatoriamente iscritta alla Camera di Commercio. Tutte queste aziende devono
essere obbligatoriamente iscritte nell’anagrafe delle imprese. Le aziende pagano tasse annualmente
per l’iscrizione e la Camera di Commercio deve fornire dei servizi anche di supporto ad attività
internazionali. Tornando al nostro perimetro si capisce che presso le camere è stato istituito questo
organismo delle controversie, fuori dai tribunali, figlio dei sistemi anglosassoni con il nome di ADR
(metodi alternativi di risoluzione delle controversie, anche detti ADR dall'acronimo inglese
di Alternative Dispute Resolution) oppure un giudice di pace. Quelli che non passano per i tre gradi
di giudizio per l’amministrazione italiana applicano la modalità di gestione e sono finalizzate a
risparmiare tempo e soldi, meno “Win – Lose”, è possibile, ma che sia più “Win – Win”.
Il bisogno/interesse deve essere funzionale per una maggiore efficacia; agganciando gli interessi
si può ottenere una partnership che diventa più probabile come nel video della Sclavi delle riunioni.
Lei stessa dice non è un tema di buona comunicazione in senso lato; l’efficacia è il raggiungimento
del risultato. Quello che decidiamo è messo meglio in pratica, come nella pratica, come sia stato
istituito, potrebbe compromettere una risoluzione alternativa della stabilità della collaborazione.

L’arte del negoziato (Roger Fisher e William Ury) – pagina 291

1. Metti a fuoco gli interessi e non le posizioni


È fondamentale capire gli interessi che significa indagare i bisogni, i desideri, i timori che la
posizione vorrebbe soddisfare. Servono pertanto un atteggiamento esplorativo,
l’osservazione e l’ascolto attivo, altrimenti si passa dalle posizioni stereotipate agli interessi
stereotipati. La capacità di esplorare e di indagare; sapere far qualcosa, la volontà, il voler
fare qualcosa. Nella negoziazione non entra chiaramente nella volontà; c’è questa incapacità
di adottare queste capacità. Per portare un esempio ulteriore: ci spostiamo su un territorio di
guerra ossia il conflitto storico tra Israele ed Egitto dove il 1979 segnò una tappa importante
del conflitto. Per conto del governo americano, l’allora presidente Jimmy Carter, si
promossero dei negoziati di pace tra questi due Stati. Fisher e Ury furono i consulenti di
questo negoziato (studiosi di Harvard, consulenti di grandi aziende e poi consulenti del
governo americano). Posizioni. Israele: disposti a restituire solo parte del territorio occupato.
Egitto: restituzione dell’intero territorio nazionale. Inizialmente i negoziati tentano di rifare i
confini, da spostare, ma tutto questo risulta vano, questo rimanendo sulle posizioni. Poi
parte una seconda trattativa che indaga gli interessi: cosa desidera veramente questa parte?
Interessi. Israele: sicurezza, sentirsi sicura, non attaccata. Egitto: sovranità, uscirne sovrano
del territorio. Accordo: restituita all’Egitto l’intera zona, ma smilitarizzata (bandiere
egiziane sì, carri armati no).

Da posizioni a interessi

 È importante sospendere le proprie matrici percettivo – valutative per portare alla luce
quelli che sono i reali bisogni/interessi dei propri interlocutori. Ogni persona che prende
parte alla trattativa è portatrice di un certo tipo di bisogni, di attese e preferenze che,
tuttavia, sono spesso inespresse -> si ritorna alla matrice bisociativa ossia quella percettivo
– valutativa: sono i paradigmi personali, sono le nostre premesse implicite. Io mi aspetto che
qualsiasi professionista non lavori solo perché deve lavorare. È la mia matrice percettivo –
valutativa: lavorare. Come tu vedi le cose, quando si incontrano mondi diversi; per ottenere
accordo devo lavorare con qualcuno e allora torna l’accordo che passa per i bisogni; portare
grandi bisogni e con matrici così è difficile, bisogna congelarle quindi non usarle né buttarle.

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Bisogna in qualche modo sospenderle in modo temporaneo per il processo negoziale. “È
portatrice di bisogni, di attese e preferenze che spesso sono inespresse” significa che non è
detto che i bisogni sono sempre chiari perché richiedono una consapevolezza del bisogno
stesso. Questa non è un’operazione così semplice: ho sete, ho bisogno di bere. La prima cosa
di cui parla Marianella Sclavi è l’autoconsapevolezza emotiva. I bisogni possono essere
latenti; le premesse implicite.
 Risalire dalle posizioni agli interessi/bisogni conviene perché: in primo luogo, per ogni
interesse ci sono di solito una quantità di posizioni possibili e in secondo luogo dietro le
posizioni ci sono sempre anche interessi alla conciliazione e non solo interessi contrastanti.
Comunque, risalire dalle posizioni agli interessi/bisogni può avere due diverse implicazioni:
da una parte viene meno la convinzione secondo cui dietro a posizioni opposte si celano
esclusivamente interessi contrastanti; dall’altra si giunge alla conclusione che per ogni
interesse ci sono di solito una quantità di posizioni possibili che lo soddisfano, anche se le
persone tendono sempre ad assumere quella più ovvia e palese. Spesso considerando che le
posizioni sono in conflitto si pensa che lo siano anche gli interessi. Per l’Egitto e Israele i
bisogni in realtà erano inconciliabili: il bisogno della sicurezza era diverso da quello della
sovranità. Se risolviamo i bisogni, possiamo risolvere poi i conflitti e trovare una soluzione.
Questo può portare a dei bisogni condivisi oppure a dei bisogni complementari. È un
incastro, un raccordo, un mettere insieme delle parti di un puzzle e in qualche modo le
differenze vengono utilizzate per generare un risultato che soddisfa la complementarità.
 Indagando sugli interessi è possibile trovarne anche alcuni condivisi se non addirittura
complementari in modo tale da poter dare al processo negoziale “una struttura
integrativa” basata su un gioco “a somma diversa da zero” o “variabile” in cui
entrambe le parti vincono; le poste in gioco infatti sono molteplici e le preferenze da
diversi attori sono differenziate (Sclavi, 220).

È importante dunque sospendere la propria matrice percettivo – valutativa e risalire dalle


posizioni agli interessi abbattendo gli stereotipi. Questo può portare a una soluzione negoziale. A
ostacolare molto spesso il buon esito di una contrattazione è la fretta di giungere subito a una
qualche conclusione, sebbene questa costituisca la parte più effimera di tutto il processo negoziale;
infatti, anche quando si è trovata una soluzione è possibile che un riesame della situazione possa
condurre a una scelta diversa, senza contare a eventuali altri elementi che possono saltar fuori;
quando ormai l’accordo sembra essere quasi concluso potrebbero cambiare completamente le carte
in tavola. La negoziazione, infatti, non si configura come un evento, ma è un colloquio diviso in più
fasi. Essa non è lineare, ma può avere delle circolarità o altri elementi che saltano fuori e poi si
riparte. Può essere generata fretta e impazienza; il risultato non possiamo raggiungerlo da soli e
questo può generare fretta; il risultato non dipende solo da una parte che ne vuole uscire
velocemente (sono molto umani), ma questo può non aiutare ad andare oltre le apparenze.

2. Separa le persone dal problema


Rientra pienamente nell’ottica dell’ascolto attivo. Occorre secondo Fisher e Ury mantenere
il rispetto per gli interlocutori e creare tempi e luoghi per la conoscenza di aspetti delle
proprie storie personali che aiutano ad apprezzare i rispettivi punti di vista. Questo
atteggiamento consente la “negoziazione creativa” e quindi il raggiungimento di accordi
effettivamente migliori per tutti. Per innescare un processo del genere ci sono quasi sempre
degli ostacoli e barriere dovute al fatto che non è facile né convincere l’interlocutore a
collaborare, né a fargli capire il processo che abbiamo in mente.

Esercitazione: situazioni critiche da comprendere meglio

Esempio n°1

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Mosca propone alla controparte l’esclusiva del loro prodotto sul territorio sovietico e il benefit
aggiuntivo della formazione del personale della loro rete vendita, ma la controparte si offende e
chiude le trattative. Cos’è successo?

Io ti do l’esclusiva del prodotto, ma no grazie, chiudiamo qua la trattativa.

Bisogno dell’Italia: piazzare il prodotto o venderlo e assicurarsi che venga venduto negli
standard.
Bisogni della Russia: istruire il personale; si offendono perché si pensa che non riescano a gestire
la vendita, si pensa che non siano in grado di…

Tutto ciò ha portato alla chiusura della trattativa.

Esempio n°2

Monaco di Baviera: un marito trentenne, libero professionista, litiga con la moglie coetanea
perché lui vuole fare i figli solo quando avranno una solida base economica mentre la moglie vuole
farli presto. Cosa sta succedendo?

Esempio n°3

Bologna: un bimbo di nove anni non vuole più andare a scuola di calcio che frequenta da due
anni e preferisce giocare con gli amici nel campetto; della scuola di calcio e del campionato non ne
vuole più sentire parlare. Perché?

Questa matrice ci aiuta a collocare quel concetto di “Win – Win”.


WIN – LOSE WIN – WIN
LOSE – LOSE LOSE – WIN

Uno vince, uno perde. Il “Win – Lose” è caratterizzato dal fatto che un soggetto vince e soddisfa
la sua necessità mentre l’altro soggetto perde e sta rinunciando al suo bisogno. È un approccio
dall’alto verso il basso con una posizione di competizione dove uno vince e uno perde. Individuare i
bisogni più importanti di entrambi le parti, non tanto a spese dell’altro, ma riescono a garantirselo.
Negli altri due atteggiamenti speculari. Rinuncia: stiamo rinunciando a portare avanti questo
risultato.

Ottava lezione del 28/11/2022

Ripasso delle precedenti lezioni con le domande

1. Qual è la differenza tra bisogno e posizione?

Innanzitutto, occorre mettere a fuoco i bisogni e non le posizioni. Per ogni bisogno/interesse,
ossia una cosa di cui io non posso fare a meno, possono corrispondere di solito una quantità di
posizioni possibili. Dietro le posizioni ci sono sempre anche interessi alla conciliazione e non solo
interessi contrastanti. Tendiamo ad assumere che poiché le posizioni sono opposte, anche gli
interessi dai quali derivano siano opposti. Ma non è così. Passare dalla posizione agli interessi
sovrastanti permette di sottolineare la forza degli interessi condivisi e compatibili, oltre che di quelli
opposti. La posizione è quello che io richiedo esplicitamente ossia una richiesta esplicita. Il

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bisogno è quel gap che muove la richiesta ed essa è uguale alla posizione. Il bisogno è quello
latente e non esplicito; è un meccanismo comunicativo indiretto.
La piramide di Abraham Harold Maslow (psicologo statunitense) è una classificazione dei
bisogni dell’uomo, distinguendoli tra bisogni primari e secondari. Agli inizi degli anni ‘50
Maslow che pregio o vantaggio ci ha offerto? Ha provato a classificare questi bisogni dell’essere
umano e per spiegarli ha ipotizzato una piramide. Egli distingue tra i bisogni primari quelli
fisiologici (respirazione, alimentazione, nutrirsi, sonno ecc.) e quelli inerenti alla sicurezza (la
necessità di sapere che quella cosa che c’è oggi, ci sarà anche domani; la stabilità, un tetto sopra la
testa che avrò i prossimi giorni; una necessità degli esseri umani, quella cosa che ci fa stare
tranquilli). Poi gli studiosi si sono accorti che non erano solo questi i bisogni, ma vi erano anche
altri bisogni come le situazioni di socialità, di appartenenza, i bisogni sociali e altro. Si fanno
tante cose per il bisogno di appartenenza, far parte di una comunità; vogliamo sentirci parte di una
comunità. Una parte sono soddisfatti dal vivere con gli altri. Infatti, i bisogni sociali e di
appartenenza muovono la vita degli individui. Man mano che si soddisfano i bisogni ne nascono
degli altri e infatti lui inserisce poi il concetto di riconoscimento sociale da parte degli altri e gli
altri mi riconoscono nel mio valore, riconoscono le mie capacità e infine come ultimo pezzo
l’autorealizzazione: io sono consapevole di ciò che sono e sono riuscito a realizzare ciò che sono.
Il bisogno di capire per cosa sono nato; il senso della mia vita; riesco a realizzarlo nella mia vita.
Maslow afferma che le persone sono mosse dai bisogni e che man mano che li soddisfano dai
bisogni primari si passa a quelli secondari e si va in alto fino agli ultimi ecc. Quindi, Maslow che
cosa ci offre? Una straordinaria semplificazione della lettura dei bisogni.
Io posso proporre al mio collaboratore di fare un intervento in un convegno. Quanto mi pagano?
Qual è il bisogno prioritario? Ne vale la pena dal punto di vista monetario? Bello il lavoro, ma di
che cosa dovrei parlare? Quante persone sono? Mi piacerebbe che gli altri lo conoscessero. Il
bisogno principale legato alla sicurezza economica. Calpestare un bisogno.
Il grande vantaggio di Maslow è l’aver fornito una mappa per orientarsi. Ci sono state comunque
delle critiche ossia che Maslow ha centrato le categorie, ma in realtà non è vero che le persone si
muovono in modo sequenziale tra questi bisogni e non è vero che prima ci sono i fisiologici. Capita
a volte di trascurare dei bisogni per altri superiori/secondari.

2. Che cosa intende Marianella Sclavi quando parla di “urgenza classificatoria”?

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Marianella Sclavi quando parla di “urgenza classificatoria” intende il modo di classificare o di
giungere subito a delle conclusioni senza prima esplorare. Quindi, c’è un orientamento al
classificare che corrisponde al bisogno di sicurezza. Quello di classificare è un bisogno, per
estensione, corrisponde alle famiglie. L’urgenza classificatoria è il correre velocemente verso una
soluzione; occorre prima fare un buon problem setting, solo così si arriva a una soluzione più ricca
ed efficace. L’esito “Win – Win” prova a cogliere i bisogni di entrambe le parti. È nascosta nelle
pieghe e legata anche ad aspetti impliciti. Difficilmente le persone girano con un cartello con scritto
il loro bisogno. Troverete tanto il termine “approccio non riduzionista” di Marianella Sclavi. Il
contrario non tiene conto delle premesse implicite, dei bisogni latenti e la trama è più complessa ed
è quella che caratterizza la negoziazione interculturale. L’urgenza classificatoria ci fa lo sgambetto.

Classificare le differenze culturali

Le categorie di Hofstede (parte che non c’è sui libri di testo)

Gerard Hendrik Hofstede è stato un antropologo e psicologo olandese, oltre che aziendalista.
Agli inizi degli anni ‘70 iniziò a condurre una ricerca sulla base di numerosi questionari distribuiti
in 50 paesi. Negli anni la ricerca è stata arricchita e ampliata e oggi abbiamo dati disponibili
riguardo a un centinaio di nazioni. Parla di un’azienda informativa con esperienza internazionale e
cerca di comprendere e di restituire dei modelli tra Paesi e culture. Egli ci propone delle categorie
descrittive l’una diversa dall’altra.

Il punto di partenza di Hofstede è che l’acquisizione delle abilità di comunicazione interculturale


passa attraverso tre fasi: consapevolezza, conoscenza e abilità.

Tutto comincia con la consapevolezza che è “riconoscere che ciascuno porta con sé un
particolare software mentale che deriva dal modo in cui è cresciuto, e che coloro che sono cresciuti
in altre condizioni hanno, per le stesse ottime ragioni, un diverso software mentale”. Questa è la
prima fase delle abilità di comunicazione interculturale. Quindi, la prima cosa deve fare un buon
comunicatore interculturale è quello di riconoscere il software mentale di cui si è portatori e che
ogni software mentale è diverso. Se stiamo sulla metafora del software, per esempio, senza un
dispositivo il computer non marcia; il pacchetto Office è un software. Hofstede ci propone quindi
questa metafora che appunto è un po’ come se ognuno di noi avesse un software mentale; questo
software mentale da dove trae o agisce? Come si crea nel tempo? Occorre considerare il modo in
cui una persona è cresciuta, la cultura, i fattori individuali che contribuiscono a creare il software
mentale.

Poi, Hofstede parla della conoscenza che presuppone che “se dobbiamo interagire con altre
culture, dobbiamo imparare come sono queste culture, quali sono i loro simboli, i loro eroi, i loro
riti…” e quindi riconoscere le conoscenze del software, ma prima di conoscerle, dobbiamo
imparare a capire come funzionano o come sono le culture. Quindi, la conseguente abilità di
comunicare tra culture “deriva dalla consapevolezza, dalla conoscenza e dall’esperienza
personale” e dipende dalla consapevolezza, conoscenza e competenze soggettive.

Ogni cultura è portatrice di un software e vanno conosciuti nelle loro fondamenta. Alcune di
queste differenze in termini macro portano tre esempi che riguardano i tre concetti: a un certo punto
Marianella Scalvi fa riferimento a due parole per indicare tutto ciò che vola cioè dall'aeroplano alla
zanzara per capirci: se ci pensate nel nostro software è inimmaginabile, ci sarebbe un’enorme
confusione; due parole per indicare tutto ciò che vola.

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Esempio: la parola neve -> gli eschimesi hanno più parole per indicare la neve a seconda se sia
a fiocchi larghi e attecchisca o a fiocchi larghi e melmosa, o nevischio, o la neve ghiacciata sul
terreno e così via (pagg. 39-40-41).

Per quale ragione hanno 11 parole per indicare la neve? In base alla propria cultura; i diversi tipi
di neve, sapere se la neve è mista a fango ecc.

Il software mentale; il linguaggio percepisce questa differenza, peccato che non abbia dei
corrispondenti in italiano. La parola “guida” o “leadership” non hanno dei corrispondenti in
italiano. In italiano vi è il significato della forza e la capacità di guidare gli altri anche non avendo il
ruolo gerarchico. Viene riconosciuta dal basso; il riconoscimento del ruolo di guida dal basso;
riconoscere dal basso l’autorità. Il linguaggio si accompagna ai diversi software e possiamo fare tre
esempi: quando noi osserviamo le differenze culturali, mettiamo in rilevo alcuni aspetti e lasciamo
altri sullo sfondo. Occorre mettere in rilievo alcuni aspetti e lasciare gli altri sullo sfondo. Noi in
Italia distinguiamo la neve dalla pioggia, ma ignoriamo le differenze tra la neve e quindi lasciamo
sullo sfondo la distinzione tra essi. Il nostro software mette in evidenza certi aspetti e alcuni li lascia
sullo sfondo. L’esperienza di “scegliersi” un capo, afferma Marianella Sclavi (pag. 41), è
considerata marginale, mentre l’esperienza di comandare nel senso di farsi ubbidire è molto
importante. Perché storicamente è stata marginale l'esperienza di “scegliersi” un capo? Pensate alla
storia italiana e alle dominazioni susseguite, di conseguenza, il linguaggio ha rispecchiato il tutto.

Le categorie di Hofstede

I parametri culturali

Power distance

Distanza fra strati sociali e fra ruoli. Distanza fra individui a livelli diversi di una
gerarchia. Accettazione delle ineguaglianze. Rigidità delle gerarchie.

Distanza tra ruoli o tra gerarchie. Con questo criterio Hofstede osserva come in cultura viene
percepita o vissuta la distanza tra individui di diversa gerarchia; quanto è rigida, come viene
percepita la gerarchia. Egli osserva quanto in una cultura siano accettate le diseguaglianze. Per
esempio, un indiano che vive in una società con le caste (suddivisioni della società), così deve
essere. In altre culture sarebbe assurdo pensare che uno nato in strato sociale disagiato non possa
sposare una persona più ricca. Sarebbe la mobilità sociale ossia il fatto che una persona, figlia di un
impiegato, possa ambire e diventare un amministratore delegato; in Italia ci può stare. In India
questo non è possibile; qua siamo osservatori interculturali; le caste sono sinonimo d’appartenenza,
ordine e sicurezza. Possiamo trovare delle differenze sfumate, ma è l’incontro tra Paesi che fa la
differenza. Abbiamo parlato di “sociali”, ma anche quelle della gerarchia e questo dato ci porta alle
aziende. Occorre avere le antenne dritte e capire quanto in una cultura la gerarchia è forte o invece è
piatta. La differenza delle percezioni è rigida o morbida, anche chi viene in basso; l’età anche è un
indicatore interessante. Le posizioni alte ricoperte da anziani può essere indice di rigidità. Se
un’azienda ti fa crescere, l’azienda è piatta e non c’è squilibrio. Per esempio, vieni alla riunione o
voglio che tu partecipi. Tutto ciò dipende dalla scelta del mondo, dagli obiettivi, dalla struttura,
dalle competenze e come esse vengono gestite, dai lettori ecc. Se un ragazzo va in un’altra azienda
dove l’età è segno di saggezza, questo è uno shock culturale. Un suggerimento è fare attenzione a
questi criteri non solo per leggere le situazioni internazionali, ma anche per le aziende. Un altro è il
linguaggio dove si danno del lei e si chiamano per titoli; magari tutti si danno del tu. Questo è un
approccio etnografico e stiamo mappando. Un esempio che aveva portato la professoressa: nel
progettare la lezione non era stato fatto il sistema di power distance. Troviamo la Cina con un

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elevato livello di power distance, molto importante i ruoli e le gerarchie; un approccio flat o piatto
che è vissuto come distante e destabilizzante.

Individualismo vs collettivismo

Grado con cui le persone agiscono come individui piuttosto che in gruppo. Spazi per
l’espressione individuale e l’iniziativa personale.

Le persone tendono ad agire come individui o come un gruppo. Capire l’orientamento prevalente
in quella cultura. La categoria rileva l’orientamento prevalentemente di quella cultura con
riferimento all’agire con logica comunitaria o individuale. La cultura cinese assegna una forte
importanza alla dimensione comunitaria e quindi più forza sul gruppo oppure su un gruppo allargato
anche a discapito della libertà individuale. C’è più spazio nella libertà individuale e succede il
contrario nelle culture con un orientamento più individuale.

Nona lezione del 05/12/2022

L’obiettivo è duplice: affrontiamo e completiamo gli obiettivi dell’altra volta e poi facciamo un
focus inerente alle grandi differenze dei sistemi giuridici (esempi che non sono presenti nei testi).
Che cosa significa avere delle culture diverse? Abbiamo visto i primi due parametri ossia power
distance e individualismo vs collettivismo. Le differenze di carattere culturale non sono solo
internazionali; l’orientamento è prevalentemente della cultura: se io dico che negli Stati Uniti la
distanza dal potere è bassa o vi è una bassa distanza dal potere, questa è una generalizzazione.
Questa cosa non va bene, bisogna stare lontani da questo e dagli stereotipi. Quando parliamo di
mappature, occorre fare in modo che la forma rispetti la distanza.
Forma e sostanza: questi sono gli indicatori del power distance (ambientali); per esempio, sì a un
dress code più elegante o formale; oppure distinguere tra la mensa dei dirigenti e quella dei
dipendenti; oppure il parcheggio tra i dirigenti e i dipendenti. Noi leggiamo i comportamenti; siamo
etnografi; stiamo mappando. L’ascolto delle nostre emozioni/reazioni è fondamentale per
comprendere come sta andando la situazione. Mi fa comprendere che propendo per una certa parte;
lì c’è la mancanza dei diritti fondamentali dell’uomo, qui no.
Individualismo vs collettivismo: navigando tra le culture, che cosa noto? Ci sono delle culture in
cui è centrale l’importanza del gruppo e altre culture in cui è centrale l’individuo (dove si sposta la
centralità). È chiaro che nelle culture dov’è fondamentale il gruppo, troviamo minori spazi per
l’iniziativa personale, maggiori per la tutela collettiva. Per converso nelle culture dove la prevalenza
individuale, il singolo, dove la cultura privilegia il singolo, abbiamo una forte attenzione per
l’empowerment individuale, il merito o l’iniziativa. Ovviamente se il gruppo è indebolito, ci saranno
minori tutele individuali. La logica individualista: si è fatto da solo come, per esempio, nel sogno
americano o nel detto americano. In America abbiamo un basso livello di welfare. Se hai la
possibilità, puoi fare carriera, ma con dei limiti. Da un lato si conosce la proprietà privata, il diritto
alla salute e alla scuola che sono fondamentali per tutti quanti. La cultura collettivistica: in Cina
esiste il termine “Guanxi” che indica un forte legame relazionale nella comunità (indica un rapporto
di fedeltà e lealtà tra membri di una stessa comunità, quella cinese, viene ad intrecciarsi con la
criminalità organizzata cinese, le triadi cinesi perché rappresenta il suo fondamento); l’importanza
del legame familiare e delle autorità. Puoi leggere la cultura con dei riferimenti individuali e
collettivisti, ma dobbiamo leggerli nelle realtà; dove non arrivi tu, ci arriva la comunità. Imparare a
utilizzare i modelli per leggere la realtà. Un terzo indicatore è oggetto di molti equivoci e viene
spesso confuso tra il maschilismo e il femminismo, ma non c’entra niente.

Mascolinità vs femminilità

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Divisione dei ruoli e prevalenze di valori. Valori “maschili”: assertività; successo;
competizione; valori “femminili”: qualità della vita; relazioni; prendersi cura; aiuto.

Divisione dei ruoli: ci sono delle culture in cui l’orientamento prevalente è una netta distinzione
dei ruoli tra quelli assegnati al genere maschile e femminile. Ci sono culture in cui questa divisione
non è così netta e non si divide tra i ruoli dedicati agli uomini e i ruoli dedicati alle donne. Per
esempio, se io andassi in Danimarca, non vedrei nei ruoli professionali o familiari una netta
distinzione tra quello che devono fare gli uomini o le donne; quindi, non c’è una netta separazione
tra i ruoli femminili o maschili. Possiamo trovare un primo ministro donna in Finlandia o in altri
posti del Nord Europa; oppure possiamo trovare il congedo parentale per gli uomini/padri. Per
esempio, in Giappone la cosa è diversa ed è al contrario: questo ha effetti nelle trattative? Sì. Infatti,
se da un parte ci fosse una donna, essa potrebbe non essere presa in considerazione o presa sul serio.
Quando la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen è andata in Turchia c’era
una doppia cultura; infatti, nella cultura turca vi è una distinzione netta dei ruoli e durante un
incontro diplomatico hanno messo la presidente della Commissione in un angolo. Quando leggete le
culture fate attenzione alla divisione dei ruoli nelle culture. Quindi, l’alto livello di femminilità;
Hofstede ha chiamato “femminili” quelle culture dove la distinzione tra i ruoli non è così netta.

Prevalenze di valori: i valori sono delle convinzioni profonde che impattano sui comportamenti
degli individui; sono dei “credo” radicati che impattano e che orientano i comportamenti degli
individui. Hofstede che cosa mappa? Ci sono culture in cui prevalgono certi valori e culture in cui
ne prevalgono altri. Due aggettivi: li distingue in valori maschili e femminili. Attenzione, però,
questi non sono i valori delle donne o degli uomini. Possono essere praticati indistintamente sia
dagli uomini che dalle donne e infatti non è questo il punto: lui utilizza l’aggettivo femminile per
quanto riguarda la qualità della vita, il caring, il supporto e l’importanza delle relazioni. Per
Hofstede le culture guidate da questi valori io le mappo come culture a orientamento femminile. La
cultura spagnola è ricollegata prevalentemente a questo orientamento; abbiamo delle culture in cui
agiscono dei valori che propone di classificarli come maschili: le culture in cui è importante
l’aspetto della comunicazione, dove è importante il successo, il riconoscimento degli altri,
l’assertività e non ci sono valori negativi. Neutro tra quelli maschili e anche femminili. Le virgolette
sono perché è l’aggettivazione di quel sistema di valori.
Evitazione dell’incertezza

Misura il bisogno di situazioni strutturate, di regole e schemi, vs. l’accettazione delle


diversità, del caos, la tolleranza per le ambiguità.

Hofstede dice “noto che ci sono delle culture in cui l’orientamento è il desiderio di situazioni
pianificate, schedulate o programmate e invece ci sono delle culture che si appellano alle situazioni
di incertezza, indeterminatezza o ambiguità”. Per esempio, in Regno Unito e nella cultura inglese ci
si ancora alla certezza del tè del pomeriggio anche se magari non sono proprio rigidi. Le gradazioni
o le sfumature valgono anche all’estero.

Power distance

Low power distance (basso grado della distanza relazionale) es. Canada, USA ecc.
High power distance (alto grado della distanza relazionale) es. Giappone, Hong Kong ecc.

Individualismo vs collettivismo

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Culture individualiste: sistemi nei quali i legami tra individui sono deboli. Libertà individuali
elevate, sicurezza sociale scarsa, forti possibilità di ascesa e fallimento (Canada, USA, Australia,
Gran Bretagna).

Culture collettiviste: individuo gruppo di protezione in cambio di fedeltà, sicurezza, a prezzo di


limitazione della possibilità di deviare dalla norma (America latina, Giappone, Singapore, Hong
Kong, Corea del Sud).

Mascolinità vs femminilità

Analizza come categoria culturale un comportamento di genere, il caring vs il ruolo maschile


prototipico nelle società arcaiche, difesa, agonismo, caccia, lotta, contesti come il Giappone, forti
aspettative di ruolo e diversità di comportamento a seconda del genere, Paesi come la Norvegia.

Evitazione dell’incertezza

Misura il bisogno di una situazione. Alto grado di evitazione dell’incertezza: bisogno di regole
chiare, di cure, di responsabilità lavorative ben identificate. Basso grado di evitazione
dell’incertezza: capacità di agire in ambienti poco strutturati e con consiglio di regole incerte e
imprecise senza responsabilità ben identificate o in climi di caos organizzativo.

Esempi: accettazione dell’incertezza: la giornata viene accettata così com’è, le regole sono
poche e generiche, situazioni ambigue e sono vissute senza problemi, accettazione del rischio;
evitazione dell’incertezza: la giornata deve essere strutturata, le regole sono molte e precise e si ha
paura di ciò che non si conosce, paura del rischio.

Culture giuridiche (focus comparativo; non c’è sui libri di testo)

Nel ‘900 in Francia si fece la comparazione dei sistemi giuridici con René David, giurista
francese, ritenuto uno dei massimi esperti, se non proprio il padre del diritto comparato del secondo
Novecento ed uno dei pochi giuristi di fama planetaria. Egli ha consegnato una comparazione dei
sistemi giuridici fatta molto bene con gli elementi fondanti della cultura. Accomuna i vari Stati
all’interno del concetto di famiglia; è possibile quando alcuni Stati presentano degli elementi di
affinità e consente di comparare le diverse culture in una maniera non troppo frammentata per
comunità.

Si parte da:

1. Famiglia giuridica romano – germanica: è il primo criterio descrittivo; modo di concepire


della norma giuridica che è una legge. Si può incorrere a delle sanzioni se non si rispetta una
norma giuridica come, per esempio, fumare in classe. Invece, se uno mette i piedi sulla sedia,
essa è una norma, ma non è una norma giuridica perché non accompagnata da una sanzione.
Infatti, è una norma giuridica se non si rispetta e scatta una sanzione. Per esempio, se io fumassi
qua dentro, scatterebbe una sanzione amministrativa o una multa, ma se io rubassi o uccidessi
qualcuno, commetterei un reato, il mancato rispetto di una norma penale. La norma esiste in
tutti i sistemi giuridici, ma cambia il modo di concepirla nei diversi sistemi. Questo è frutto
della storia del diritto: essa prende la forma dal Medioevo nella maniera più sistematica e qui il
nucleo fondante è proprio il diritto romano; quindi, se poi arriveremo nelle sistematizzazioni del
tempo, sarà la caratteristica, perché? Perché era scritto, molto privato e ripreso dal Medioevo.
Non esisteva un diritto e-commerce; la vendita online è un cambiamento del diritto. Dopo
l’anno Mille i traffici e lo scambio tra persone avevano reso necessarie delle regole a più

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territori e quindi portare un diritto più simile tra i territori. Noi abbiamo il diritto romano che è
nato dal diritto romano e ripreso dalle università italiane. È nato nelle università e dagli studiosi
(Urbino, Bologna ecc.); le università italiane e tedesche che ci hanno lavorato hanno fatto
un’attività profonda lavorando le glosse (i glossatori). Quindi, esso è nato in contesto di studi, a
partire dal diritto romano, utilizzando degli elementi di filosofia e del diritto canonico. La norma
giuridica (il mattoncino) è la cosa principale e fondante; i caratteri principali sono la generalità e
l’astrattezza. Una norma nasce generale e astratta, ma poi serve qualcos’altro ossia un decreto
(regolamento del ministero) e calare nella pratica quello che è nella legge generale. Questo
spiega perché abbiamo tante fonti. Nel sistema giuridico italiano abbiamo le leggi: le leggi
costituzionali -> norme che integrano il testo costituzionale, mentre le leggi di revisione
costituzionale sono norme che apportano modifiche a uno o più articoli della Costituzione (la
Corte costituzionale/consulta deve garantire che la Costituzione venga rispettata e quindi anche
le leggi costituzionali; il Presidente della Repubblica controlla le leggi se essa è costituzionale o
no); le leggi ordinarie -> leggi emanate dal Parlamento, l'organo titolare del potere legislativo; i
decreti legge -> provvedimenti aventi forza di legge che il governo può emanare di sua
iniziativa nei casi di necessità e di urgenza; i decreti legislativi -> atti aventi forza di legge
emessi dal governo su richiesta specifica del Parlamento (fanno parte della seconda categoria) e
non seguono un iter ordinario. Il decreto sui rave a Modena; è un decreto legge urgente, ma in
realtà non c’era un’urgenza comprovata e i regolamenti. A differenza del Decreto Legge, nel
quale il Parlamento ha potere successivo all'emanazione dell'atto avente forza di legge ordinaria,
con il Decreto Legislativo è lo stesso Parlamento che demanda al Governo l'emanazione di
leggi. Il decreto legislativo si ha quando il Parlamento chiede di legiferare al Governo entro un
certo periodo. L’origine del diritto è nelle università; la norma astratta; il sistema, fonti rubinetto
delle leggi. Noi abbiamo i codici. Quelli chiamati i codici napoleonici.

2. Famiglia di Common Law: qual è la differenza? Perché non si riesce a diventare avvocato in
Regno Unito da italiano e viceversa? Quando l’Inghilterra fu conquistata dai francesi nel Mille è
stato come conquistare un Paese di stranieri; quindi, si inventano i tribunali itineranti con
Guglielmo I, il Conquistatore. Lui disse “diamo delle regole uguali a tutti quanti, ognuno la sua,
le regole per tutti”. Quindi, che cosa fa Guglielmo I? Da dove parto? Dalle liti tra le persone che
litigavano per contenziosi pratici; i tribunali che sono miei sono quelli regi. Man mano che si
risolvevano le liti in pratica costruivano il diritto e le norme giuridiche. Esse sono nate nel
tribunale, nelle liti, le due origini sono diametralmente opposte. Poi diventarono un sistema, una
concezione concreta e specifica. Questo sistema nasce dalla pratica per poi assurgere al sistema
giuridico. I tribunali servono per risolvere liti e contenziosi, ma mancava la generalità e
l’astrattezza; mancava il valore etico. Nel XV secolo bussarono alla nostra porta e attinsero dal
nostro sistema perché il loro era troppo pratico. Quindi, dal common law e dal germanico nasce
l’equity che identifica un insieme di principi di diritto adottati secondo equità seguiti negli Stati
che adottano il sistema di common law e nasce dalla necessità di riequilibrare il tutto. Inizia
tutto dal giudice e il protagonista principale del sistema inglese è il sistema giurisdizionale ossia
i giudici; gli act (nascono dal parlamento inglese). In Inghilterra un parlamento che fa le leggi;
le norme giuridiche le fanno anche i giudici e il termine “legge” fa riferimento a chi detiene il
potere. Un giudice può inventare una norma da noi? No, può solo interpretarla e non può
inventarla; invece, il giudice di common law può inventarla. Esiste la regola del cosiddetto
precedente; loro guardano e si basano molto sui casi; il giudice può inventare una norma
giuridica, da noi no. Un avvocato italiano non può esercitare a Londra e viceversa;
analogamente, la Costituzione inglese non esiste, non esiste un testo scritto, ma un insieme di
norme tipiche che riguardano lo Stato, il Governo e i diritti fondamentali dei cittadini. Esistono
le norme? Sì, ma non stanno in un libro come il nostro, ma sono sparse. Come, per esempio,
quando in Inghilterra diventa primo ministro chi ha ottenuto la maggioranza e questa cosa non
c’è scritta; poi il re lo “benedice” tra virgolette. Qui non sono presenti i codici perché è diverso

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il tutto. Per Hofstede la famiglia romano - germanica tende a evitare l’incertezza mentre il
common law accetta di più l’incertezza; è molto più legato al verbale. Un fenomeno
fondamentale è stato il colonialismo: ci ritroviamo i due sistemi; il sistema del common law che
è presente negli Stati Uniti d’America oppure in Messico è come in Spagna. Il Canada invece è
un paese bi-giuridico ossia ha la doppia presenza dei sistemi giuridici; per esempio, la parte del
Québec che è francese e in più ha anche l’influenza inglese del common law.
3. Cultura giuridica Estremo Oriente;
4. Sistema islamico: vi è la coincidenza del diritto con la religione; la sharia ossia la coincidenza
del sistema giuridico con la religione. Mentre nei casi della violazione giuridica è quello e
punto, in questo caso la violazione è vista come una violazione della norma, ma anche il
commettere un peccato. Tra i pilastri della legge islamica, che sono diversi, uno di essi parla
delle istituzioni finanziarie in cui è divieto praticare gli interessi. Secondo il diritto islamico
questo non è dovuto, non bisogna praticarli sui prestiti e questo si collega al pilastro del fare
l’elemosina. Qui si trovano in una contraddizione: da un lato devono rispettare la legge, ma da
un altro si trovano ad avere a che fare con le banche. Quindi, si trovano dei punti interrogativi
ed escamotage per raggirare l’ostacolo. Occorre tener conto le ovvie considerazioni; gli Emirati
Arabi che formalmente si ritrovano in questo sistema, ma operano in un contesto che ha degli
elementi di frizione. Gli strumenti finalizzati agli strumenti elettronici che si vedono a che fare
con questo. Alcune banche hanno creato al loro interno degli organismi che dovevano studiare
come relazionarsi con le imprese che si riconoscevano in questo sistema e che poi dovevano
rendere conto a questo sistema. Come possono gestire le aziende le differenze tra i loro clienti?
L’azienda Fileni ha al suo interno tantissime nazionalità; come nella mensa; tutte le misure per
gestire questa cosa; gestione dell’impresa. Se ho dei clienti che nel loro sistema non praticano
gli interessi, bisogna trovare una soluzione. Questo perché il sistema islamico è in
contemporanea giuridico e religioso. Vi è l’individuo, ma anche la comunità. Chiaramente se
voi immaginate come una cultura è nata in pieno deserto, da soli o in un gruppo? È chiaro che
essendo la cultura nata in un ambiente fisico difficile, questo ha dato più importanza alla
comunità. Se sono sola forse muore, ma non in una comunità. L’obbligo dell’elemosina; noi
stiamo mappando; la logica comunitaria come anche di interesse del divieto. Le categorie di
Hofstede vanno vissute come delle antenne/occhiali se indossate vedete le differenze.

Decima e undicesima lezione del 12/12/2022 e del 19/12/2022

1- Quali sono i criteri che Hofstede prende in considerazione per distinguere le varie culture
dall’una e dall’altra?
1- I criteri che utilizza Hofstede per distinguere le varie culture sono: power distance,
individualismo vs collettivismo, mascolinità vs femminilità ed evitazione dell’incertezza.

Matrice bisociativa

Alto grado di Basso grado di


Not ok. Scarno, Ok. È normale, è
evitazione Programma non evitazione
errato, troppo sufficiente, mi
dell’incertezza dettagliato dell’incertezza
macro basta, è chiaro
Germania Messico

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Esempio: Un capo dice “Martina, fammi vedere la giornata con i clienti tra un mese”. Martina
porta il programma con la data, gli orari e i luoghi, ma mancano delle cose. Che cosa mancava?
L’indicazione oraria del pullman (un pullman alle ore…), il dress code (come venire vestiti),
mancavano le intolleranze o le allergie, mancava il numero di cellulare ecc. Questo programma
poteva lasciare delle incertezze? Come vengo vestito? Gli occhiali ci permettono di vedere le
situazioni, a capirle prima degli altri; vedo e interpreto; come se fossero dei fari accesi in galleria; è
questo il senso degli indicatori della mappatura delle differenze. Le differenze tra culture diverse,
ma anche tra persone diverse della stessa cultura che hanno avuto diverse esperienze.
2- Quali sono le due culture diverse giuridiche occidentali e dove sono nate, la culla?
2- La famiglia romano-germanica e la common law. Nel ‘900 in Francia si fece la comparazione
dei sistemi giuridici con René David, uno studioso, che ha fatto un bel lavoro sul diritto
comparato. Non vengono comparati i singoli diritti sui singoli Stati, ma vengono comparate
delle famiglie. Vengono osservate le somiglianze, vengono raggruppati nella famiglia romano -
germanica (Spagna, Francia, Italia, Germania, Europa Continentale, anche l’Area Sovietica
prima del comunismo e poi è tornata anche dopo comunismo). Ci sono delle grandi differenze
inerenti alle forme di governo, delle differenze nelle leggi, nei Parlamenti, che si assomigliano
in certi casi. Tutte hanno attinto a un diritto nato dal diritto romano; il loro diritto è nato sulla
base del diritto romano che si è formato nelle università, culla di questo diritto (XII secolo e
XIII secolo). Era ovviamente da studiare il diritto romano, un diritto scritto. La sua culla è stata
l’università soprattutto in Italia e in Germania. Il diritto si è formato sulla dottrina diversi secoli
prima di essere poi applicato nei tribunali; prima è stato studiato e poi è stato scritto. I glossatori
erano coloro che hanno cercato di formulare la miglior cosa possibile, la miglior regola
possibile. Verrà applicata poi nella pratica. Quali Stati si riconoscono invece nel diritto di
common law? Il Regno Unito, gli USA e i Stati colonizzati da queste Nazioni. La culla di questo
sistema sono i tribunali. Perché? Il ruolo fondamentale di un sovrano era un problema da
risolvere e il sovrano francese normanno doveva affermare il potere in un territorio francese.
Quindi, occorreva creare delle norme giuridiche per affermare il loro potere. Questo sovrano
che sbarca in Normandia per conquistare il luogo crea i tribunali regi che saranno i Westminster
creando il diritto e le norme giuridiche. Le crea man mano che si risolvono dei contenziosi o
delle liti. Quindi, il diritto nel common law viene prodotto dai tribunali man mano che nella
pratica si risolvono liti e contenziosi. Quindi, questo comporta che la norma giuridica sia un
mattoncino del sistema di diritto. È una regola che ha una caratteristica particolare: comporta
una sanzione se non si rispetta.

Matrice bisociativa

Generale e astratta
Famiglia Lavoriamo con Concreta e Common
Norma
romano - generalità e astrattezza. specifica law
giuridica
germanica Pensiamo a tutti e a tutte
le situazioni possibili.

Nessuna dei due è perfetto; si sono copiati a vicenda negli anni. Non vanno confuse con le forme
di governo; infatti, questi sono dei sistemi giuridici mentre le forme di governo (monarchia,

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repubblica parlamentare o presidenziale) sono delle cose diverse. Sono differenti anche le forme di
Stato come la democrazia dove il potere lo possiedono i cittadini oppure lo Stato teocratico dove il
potere parte da Dio. Nella pancia storicamente ci sono queste differenze culturali. Nel diritto
comparato costituisce un terzo filone il sistema islamico; devo mappare in maniera neutra le
situazioni (deriva totalitarista o dittatoriale che massacra i diritti fondamentali dei cittadini); la culla
è la sharia ossia l’origine del diritto; essa non deve andare contro la religione islamica.
L’Afghanistan ha chiesto un aiuto all’Italia per riscrivere la Costituzione; nella Costituzione la
prima legge è la sharia, i Parlamenti ecc. Bisogna vedere su cosa si riconoscono. Il diritto coincide
con la religione.

Matrice bisociativa

Famiglia Non
rispettare Sanzione e Diritto
romano – Sanzione
la norma di peccato islamico
germanica
diritto

Accadde a Odessa (articolo)

Settembre 1994. L’Università di Odessa e quella di Urbino hanno aderito al Progetto Tempus;
l’Unione Europea, infatti, adottò questo progetto per riallacciare i rapporti e riprendere i contatti con
i Paesi usciti dal blocco sovietico. Avevano anche dei contatti con la Copenaghen Business School; i
Paesi partecipanti erano Italia, Ucraina e Danimarca. Le attività progettuali erano complesse; delle
responsabilità amministrative se ne occupava l’Unione Europea, la quale attiva solitamente i
progetti con i finanziamenti e fornisce i soldi sulla base di un progetto; bisogna gettarsi in avanti.
Qualcosa come uno strumento fondamentale con i quali i partner dovevano avere la capacità di
ottenere un finanziamento. Quindi, occorreva fare un progetto europeo; le competenze richieste
erano complesse. L’Italia non riesce a fare un progetto e quindi perde molti soldi. Hanno scelto di
inviare delle persone per imparare a come fare un progetto e la tecnica.
Occorreva fare un’analisi del problema e della situazione; bisognava avere degli obiettivi chiari,
saper raccontare molto bene che cosa si volesse fare con i soldi, gli indicatori del risultato, le azioni,
i metodi utilizzati, quali risorse servivano, le persone, le tecnologie, le attrezzature, le macchine e
quanti soldi servivano per il progetto.
Queste due università si mettono d’accordo per realizzare un progetto; l’ambito viene
individuato nella linea d’azione alla ristrutturazione dei corsi di laurea e si decide che lavoreranno
insieme. Odessa usciva dall’ex blocco sovietico ed è dovuta entrare. Si dovevano costruire le
relazioni, e ricostruire i modelli diversi da quelli che erano stati adottati.
Erano stati stanziati circa 50 mila euro per il pre-progetto ossia una sorta di embrione del
progetto definitivo e l’UE era disposta a dare quei soldi a Urbino, Odessa e Copenaghen per questo
progetto comune.
Siamo dentro una trattativa ossia una sequenza di attività comunicative volta a ottenere un
risultato che non è possibile ottenere senza l’accordo tra le parti. Prima il pre-progetto e poi il
progetto vero e proprio.

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La delegazione di Odessa viene a Urbino (il professor Smyntyna e sua figlia Elena, dottoranda in
storia) mentre il team di Urbino era composto da tantissime persone: rettori, docenti e ricercatori del
progetto.
La prima cosa che si può notare è che Odessa aveva solo due persone mentre Urbino ha
tantissime persone. Analisi del problema: Odessa manifesta un interesse verso il progetto. Note
interculturali: il ponte linguistico perché il professore di Odessa sa l’italiano.
Quando riconoscerà l’UE i soldi e il progetto? Li darà, ma quando? Darà una parte dei soldi
quando approverà il pre-progetto e il progetto, poi il resto dei soldi li darà in tranche man mano che
vede che i soldi sono stati spesi per bene. Per esempio, puoi farceli mangiare, ma ci sono delle
regole da rispettare; le spese devono essere accettabili e corrette (portare le fatture delle spese).
Manca la parte danese; infatti, Urbino mette a conoscenza la terza parte telefonicamente. La
riunione è in presenza ed è in lingua inglese; il terzo partner allineato telefonicamente da una delle
due parti. La seconda riunione; che cosa c’entra la figlia? La figlia, dottoranda in storia, come ruolo,
è una domanda legittima.
Poi, Smyntyna ha mandato una fattura della Casa del gioiello di Firenze, ma non c’entra nulla
con il progetto e non è collegata a esso. Secondo lui, infatti, questa spesa ci poteva stare e dava per
scontato che fosse ammissibile. Si decide di non pagare.
Criticità del processo negoziale: a quel punto c’è la parte della trattativa in cui ha speso i soldi
pensando di poterli riavere indietro.
Febbraio 1995. Ripetuti contatti telefonici, gli unici possibili. Si organizza una missione
congiunta con l’università di Urbino e della Danimarca a Odessa per la fine di febbraio.
Missione Tempus a Odessa (febbraio) -> delegazione danese: due professoresse donne;
delegazione di Urbino: docenti; relazione sulla Missione Tempus a Odessa; programma degli
incontri ufficiali; incontro del lavoro presso lo studio del prorettore Smyntyna per i rapporti
internazionali. Partecipanti: rettori ucraini, rettori danesi e italiani; luogo e setting sono degli aspetti
che comunicano e sono importanti; incontro di lavoro presso il rettorato (ufficio designazione); il
pranzo di lavoro; incontro di lavoro presso la facoltà di lingue romanze e germaniche; poi nella
facoltà ucrainistica; incontro di lavoro presso lo studio del prorettore Smyntyna.
Si ottiene questo lavoro di cinque giorni con una proposta concreta di un progetto che deve
essere specificata dal punto di vista didattico da Odessa.
Dettaglio: sono loro i beneficiari del programma; infatti, con questo progetto si cercava di aiutare
i Paesi dell’ex blocco sovietico; beneficeranno del progetto.
La parte ucraina -> dettaglio: riunione con la tabella di scadenze. Qui c’è il criterio
dell’evitazione dell’incertezza; è stato adottato un orientamento culturale per evitazione
dell’incertezza; infatti, vi era una tabella di scadenze dettagliata e stringente. Anche se non a caso
questa tabella di scadenze dettagliata era indotta a scegliere il modo di questo progetto: per la serie
o lo fai o non hai deciso che ruolo fare. Ci sono i partner europei ossia la Danimarca e l’Italia che di
pari passo con lo stesso obiettivo; chiarezza degli obiettivi. La terza parte coinvolta da questo punto
di vista è ambigua e non è determinata.
Nel pre-progetto, in una prima parte, a Urbino non erano emersi questi problemi; la trattativa,
infatti, non è una cosa one shot, nella trattativa interculturale ci sono tanti step; non erano
prevedibili queste difficoltà; non era secondario il luogo degli incontri. È vero che sono venute in
due; quanto si capisce di più; approfondiamo con tutti gli esempi che lavorano nei corsi di laurea, il
prorettore, i vari dipartimenti di lingue, i vari docenti. La visita a Odessa fa emergere degli elementi
che non erano emersi a Urbino.
Esempi pratici: il progetto di scambio ossia quello di aiutare il Paese a ricostruirlo; come
vivranno i docenti occidentali che si dovranno recare a Odessa per lunghi periodi? Come conciliare
le attrezzature di livello con la mancanza di assistenza e di materiali?
Fattibilità del progetto: io studio se il progetto è fattibile e qui emergono una serie di difficoltà.
Non si è allineati sugli obiettivi ed è inutile andare avanti con le attività. Se ci sono delle
oscillazioni sugli obiettivi, è inutile andare avanti; fermiamoci e analizziamo il tutto. Gli indicatori

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dei comportamenti sono vistose oscillazioni, la resistenza passiva nelle riunioni (io non ti aiuto). È
nella metà degli anni ’90 che però non sta nel nostro patrimonio personale.
Il progetto da noi coordinato: dentro la riunione di trattativa ci è parso di cogliere, di capire, che
il progetto Tempus non era un progetto a cui Odessa era interessata anzi vi erano altri programmi
più attrattivi e più interessanti per Odessa come il greco o turco. Allora cosa c’entra la Danimarca?
Marianella Sclavi parla sempre dell’ascolto attivo: tu avrai il mio sì se agganci il bisogno.
Ritratto dei momenti critici: una grave valutazione. Il professore di Odessa è arrivato solo con la
figlia, in prima linea, la tendenza a power distance e a utilizzare il vertice. Per Ghini l’orientamento
era quello di individuare una gerarchia per vertici e non la posizione gerarchica. Che posto occupi
in gerarchia? Di che cosa ti occupi realmente? Delle competenze. Il criterio dell’Unione Europea: la
regola del progetto Tempus era che il personale doveva avere al di sotto dei 30 anni e anche di poter
far crescere. L’UE ha una regola in cui i due terzi del personale deve essere al di sotto dei 30 anni e
questo incideva sui soggetti che partecipavano al progetto per rispettare i criteri di senso.
Sostanzialmente Ghini fa riferimento al problema di rifiuto del piano di studi e di rispettare i
criteri che dava; stabilita una tabella rigida di scadenza essa ha lo scopo di realizzare il progetto, di
verificare il reale interesse di Odessa e di scrivere il progetto in tempi utili.
Proposta: sviluppare in un certo tempo un piano di studi di lingua ecc.
Dubbi tra noi e gli ucraini: abbiamo davvero degli obiettivi convergenti?
Le responsabili escono da questa full immersion con Odessa: gli italiani non riusciamo a entrare
nelle regole dell’UE e nel frattempo con un ritardo inaccettabile e non trovando una convergenza
con l’obiettivo si prende un nuovo partner ossia l’università di Jena da tempo in contatto con
Urbino. Si fa una stesura del programma che rispondeva in modo egregio alle necessità
dell’università ucraina e ai requisiti del Progetto Tempus.
Che cosa succede a maggio? Con una circolare quella particolare università ucraina sta
compiendo degli illeciti e si avverte Torino; Ghini va a Torino per interrompere il pre-Jep e a ritirare
il progetto. Poi si procede a comunicare al dipartimento il progetto collegato; il pre-Jep terminato e
il Jep annullato. Dal 1995 al 2010 Smyntyna è rettore di Odessa. La prima avvertenza: salviamoci
dagli stereotipi e dalle generalizzazioni (in quel caso è accaduto così); Ghini insegnava trattative e
negoziazioni qua a Urbino e ha fatto una cronologia di com’è andata questa trattativa. Il terzo
punto: quando parliamo di processi che mettono insieme soggetti e culture diverse c’è la
complessità; dobbiamo prepararci a una non linearità del fenomeno e che è difficile mettersi
d’accordo. Era facile per un danese, difficile per ucraino dove le premesse implicite hanno giocato
in maniera pesante.

Le fasi della trattativa (non c’è sui libri di testo)

La trattativa è un processo e non un evento singolo.

Ci sono tre fasi:

1. Fase di preparazione: è la fase di analisi che precede l’addio delle azioni negoziali vere e
proprie, è la fase di approfondimento, di studio e di conoscenza della controparte prima di
affrontarla direttamente. Può essere denominata anche “fase preliminare o di
preparazione”. Definita anche di “strutturazione strategica” (E. Biliotti, 2007).
Identificazione dei propri interessi e obiettivi, sviluppo di una SWOT analysis per
individuare i propri punti di forza e di debolezza e per valutare eventuali opportunità e
minacce, raccolta delle informazioni relativamente all’altra parte. Gli interessi e i bisogni;
poi viene citato un altro strumento SWOT analysis ossia uno strumento con cui si
individuano i punti di forza e di debolezza dell’impresa (interni o esterni). Per esempio, uno

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dei ristoratori (Le Grotte) ha utilizzato la SWOT per fare una fotografia, un’analisi o
diagnosi che sostanzialmente riguardava l’impresa rispetto al suo contesto di mercato. Essa
analizzava la dimensione e la prospettiva interna (i punti di forza e di debolezza
dell’impresa) ed esterna (le minacce e le opportunità) che provenivano da fuori. La
dimensione o prospettiva interna mette sotto la lente d’ingrandimento l’impresa; se ha delle
tecnologie avanzate, i sostegni gestionali importanti o si trova facilmente, quindi facilmente
raggiungibile, l’accedere o non ha competenze linguistiche. La dimensione invece esterna
ossia le minacce e le opportunità sono il mercato e i clienti; quindi, se si ha dei competitor o
dei concorrenti attrezzati, una minaccia o una legge sfavorevole. Per esempio, io produco il
biologico e vivo in uno Stato che non sostiene il biologico; questa è una minaccia. Oppure
può anche rappresentare un’opportunità se mi sostiene. I fattori esterni mi possono aiutare
oppure mi possono penalizzare. La bontà delle materie prime e delle competenze
linguistiche. Per esempio, la zona delle Grotte di Frasassi: ci sono delle difficoltà a
raggiungerla, c’è la minaccia di una crepa e quindi chiudono. Ma chi è? Com’è messo? Ci
può essere una soluzione strategica e per “strategica” facciamo riferimento agli obiettivi da
raggiungere, al cosa raggiungere e agli obiettivi collegati alla strategia dell’impresa. Quali
obiettivi ci poniamo? Un’azienda italiana che va in Cina per vendere i mobili per l’ufficio.
L’obiettivo è quello di diventare fornitore dell’azienda cinese dei mobili per uffici
direzionali. L’obiettivo strategico è quello di diventare fornitore di riferimento principale
dell’azienda in Cima. Concentrati su quello. SMART è un acronimo che significa gli
obiettivi per aiutare nella definizione degli obiettivi stessi. Questo acronimo nella lettura
manageriale aiuta il processo di definizione degli obiettivi. Abbiamo: S=specifica (per
esempio, garantire la pulizia dell’appartamento del bagno), M=misurabile (per esempio, se
puliamo quattro meglio, se puliamo due non va bene), T=tempificato (per esempio, entro
giugno 2024), A=accessibile (per esempio, sfidante ma possibile, quindi, com’è l’obiettivo),
R=rilevante (per esempio, se ha una rilevanza per il contesto in cui è inserito, se c’entra
qualcosa). Secondo Trevisani (2005): “richiede lo studio del numero più ampio possibile
di informazioni affinché sia possibile entrare nella fase di contatto con cognizione di
causa (consapevolezza situazionale) e conoscenza degli elementi culturali di base
(consapevolezza culturale)”. Ci sono anche dei database come la Camera di Commercio.
Secondo Herbig (2003) “prepararsi è essenziale se si vuole essere proattivi piuttosto che
reattivi […] L’attività di preparazione è già piuttosto impegnativa nelle trattative in
ambito domestico, ma con l’aggiunta degli innumerevoli e variegati aspetti che
intervengono a livello interculturale, e i problemi correlati e il tempo necessario a una
pianificazione adeguata aumentano in maniera esponenziale”. Linee guida e ampio
margine per poter apportare delle modifiche, rielaborare e perfezionare il proprio stile
negoziale, adattandolo alle circostanze. La trattativa è complessa; complicato è spedire un
razzo sulla luna con una checklist mentre la trattativa non si può smarcare con una checklist
perché è un intreccio di più variabili che non possono essere gestite con un processo. La
trattativa è una sequenza di attività comunicative volte a mettere in comune e raggiungere un
obiettivo o risultato che non è possibile raggiungere senza un accordo tra le parti. Non è
come compilare un foglio Excel. Occorre entrare in trattativa per le linee guida, ma essere
pronto poi per adattarsi alle linee guida. Anche ciò che accadrà nella realtà. La fase di
preparazione alla trattativa prevede anche: la valutazione dei propri fattori di leva e di quelli
della controparte; l’analisi dei fattori che possono far variare i fattori di leva stessi;
l’attivazione del rapporto tra le parti negoziali; la considerazione di assumere un mediatore
qualora la controparte risulti scarsamente preparata; l’analisi delle caratteristiche della
negoziazione (la trattativa faccia a faccia, basata solo sullo scambio di documenti, condotta
da un mediatore ecc.); lo sviluppo e test del proprio piano negoziale e l’allocazione del
budget da destinare alla trattativa.

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2. Sviluppo: è la fase in cui si entra nel vivo delle attività comunicative, volte a un ottenimento
di un risultato. C’è la necessità di un incontro; le fasi tra interlocuzione delle parti; la fase di
svolgimento della negoziazione. La seconda fase o fase tattica riguarda la fase centrale e più
impegnativa del negoziato in quanto le parti interagiscono tra loro, comunicano ed esplorano
congiuntamente le possibilità concrete di soluzione del problema. Trevisani (2005):
“rappresenta il terreno negoziale, il momento della verità, in cui avvengono le azioni
più significative, e poiché avvengono durante la conversazione, irreversibili”. È la fase
in cui le parti interagiscono e dove avvengono le conversazioni irreversibili. Nella fase di
svolgimento appare di fondamentale importanza e quindi di particolare attenzione il
momento in cui si decide di formalizzare la prima offerta, in quanto essa modifica i confini
della zona di possibile accordo e influenza in maniera determinante l’atteggiamento dei
negoziatori anche nelle fasi successive. Se per ogni interesse esistono diverse posizioni,
compito del negoziatore, gestore creativo di conflitti, sarà quello di elaborare una
gamma piuttosto ampia di soluzioni alternative che gli permettono non solo di
suddividere in modo il più possibile vantaggioso i risultati dell’accordo, ma anche di
ampliare lo spazio negoziale, di allargare la torta prima di dividerla adottando una
logica di ampliamento.

Posizioni

Bisogni e interessi

3. Fase di debriefing: è la fase in cui vediamo com’è andata la trattativa e si distingue in due
componenti: strategico (dove voglio andare, le finalità, la tattica, come ci arrivo lì, quali
obiettivi abbiamo ottenuto e come sono stati i risultati). Per esempio, la giunta di Urbino si
riunisce per vedere se costruire o no una palestra; lo scopo era quello di decidere se costruire
sì o no; se la decisione è stata presa o no, lo scopo se la decisione è stata presa sì o no.
Valutiamo se abbiamo portato a casa il risultato; oppure se spendo meno di 500 euro per un
appartamento quando io volevo spendere così; questo è il debriefing strategico) e
comportamentale (com’è andata dal punto di vista dei comportamenti, delle azioni, delle
relazioni). Per esempio, sì, volevo spendere 400 euro e li ho spesi, ma sono volati degli
insulti e quindi dal punto di vista comportamentale NOT OK e quindi ricomincio daccapo e
di nuovo il ciclo di vita della trattativa, di nuovo la fase di debriefing, si ripetono più volte,
riparto, come posso organizzarmi meglio e riparto. Un altro aspetto importante sono le
premesse implicite, gli obiettivi delle altre parti, gli eventuali punti di collisione, la fase di
preparazione, da quella linguistica, l’individuazione dei luoghi e dei setting, l’azienda, il
tavolo circolare o quadrato. Nella fase di preparazione dei ruoli, chi invitiamo, perché?
Trevisani (2005): analisi e debriefing “la fase di debriefing serve per metabolizzare le
informazioni e comprende (almeno) un debriefing comportamentale: cosa è accaduto,
analisi dei propri comportamenti, ricerca degli errori, analisi dei comportamenti
altrui; e un debriefing strategico: implicazioni pratiche, analisi degli esiti, preparazione
delle prossime mosse”. Infatti “la negoziazione in genere richiede diversi cicli di
preparazione-contatto-debriefing”.

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Marianella Sclavi nel suo libro “Arte di ascoltare e mondi possibili” a pagina 254 fino a
pagina 258 parla di tanti elementi che ruotano attorno alla conversazione. La Sclavi afferma che la
gentile arte dell’autodifesa conversazionale è un savoir faire che ha lo scopo di riequilibrare il
processo comunicativo riportandolo dall’unilateralità (o reciprocità diseguale) dell’ascolto passivo,
verso l’ascolto attivo (reciprocità fra uguali). Per farla bene devi spostare il processo
dall’unilateralità dell’ascolto passivo alla reciprocità dell’ascolto attivo. Ci accorgiamo che è ben
fatta quando l’interazione garantisce la reciprocità dell’ascolto attivo. Qua c’è l’ascolto attivo, sì. Se
è garantita, per concludere, dobbiamo allargare la squadra, l’altro no. Marianella Sclavi afferma che
il motivo per cui gli esempi di Elgin mi interessano è che essi si prestano molto bene a illustrare
l’utilità di una competenza comunicativa non riduzionistica, cioè consapevole dell’importanza delle
cornici e dotata di un savoir faire delle cornici, nella gestione creativa dei “normali” dissidi e
conflitti della vita quotidiana. Esempi a pagina 255 di conversazioni fallite, come una
conversazione possa fallire, se è orientato all’ascolto passivo, si cambia la relazione e questo aspetto
viene precisato bene all’inizio, nella conversazione l’argomento non è fine a stesso. Gli argomenti
cambiano di continuo e richiedono tatto. Le conversazioni sono strutturate, mai chiacchierate. Il
controllo della conversazione a pagina 256 e 267 richiama a una ricerca degli anni ‘60 (datata) in
cui è abbastanza fisiologico che qualcuno abbia controllo della conversazione; per esempio, i ruoli
tra medico e paziente; il controllo della conversazione è spostato sul medico; un suggerimento: ci
sta il controllo, come pure in presenza del soggetto che controlla l’elemento del rispetto reciproco.
Senza quello non ci può essere l’ascolto attivo. Quindi è possibile che qualcuno abbia
maggiormente controllo attraverso il rispetto reciproco. Un distinguo abbastanza importante è
quello tra la stima e il rispetto. Il rispetto è su un livello diverso e Marianella Sclavi parla proprio di
questo. A questo punto fa una digressione: la conversazione è un’arte, un qualcosa non spontaneo,
un esercizio, una conoscenza e cura; richiama il ruolo di padrone di casa. Nel settimo paragrafo a
pagina 258: abbiamo il “Win – Lose” in cui uno vince e uno perde; come si entra nella matrice, nella
conversazione; sto praticando il gioco a somma zero che non aiuta la trattativa. Il gioco della
conversazione può essere a somma zero oppure “Win – Win” non dove siamo intelligenti, ma anche
dove facciamo apparire gli altri intelligenti. Il gioco a somma zero e “Win – Win” chiarisce come si
fa e riporta un esempio di conversazione a tre, tre agganci; le intuizioni sono importanti per
sviluppare e se non do l’aggancio, gli altri restano fuori. Poi, viene accettato il turno di parola. La
parte in cui andare più a fondo sono i bisogni. Le conclusioni della Sclavi sono che sono tre gli
elementi cruciali che caratterizzano la conversazione: i turni, il tema e la reciprocità. Offrire il
turno attraverso lo sguardo quindi repertorio comunicativo paraverbale o verbale. Cosa ne pensate,
ma poi si continua a parlare, è difficile, anche il silenzio rientra nel repertorio comunicativo. Se chi
sta parlando ha un atteggiamento predatorio, spartitorio o reciprocità. L’atteggiamento “Win –
Lose”: ritorniamo il gioco a somma zero in cui si spartisce, chi entra e chi no. L’atteggiamento di
chi parla; se chi ascolta esercita il proprio ruolo o il protagonismo dell’ascoltatore. Esempi di
protagonismo possono essere: chiari segnali di interessamento o di incoraggiamento, la sorpresa o il
dubbio. L’emittente, il ricevente e il feedback. Il protagonismo di chi ascolta. L’ultimo di questi
punti, ABCD, se chi parla o vuole parlare, attende il proprio turno e interrompe chi sta parlando se
parla a voce più alta. Al punto A si fa riferimento all’offerta a turni, il punto B fa riferimento
all’atteggiamento del parlante, il punto C fa riferimento all’atteggiamento dell’ascoltatore e il punto
D fa riferimento all’atteggiamento di chi vuole prendere la parola.

In merito all’articolo prima citato:

Fase di verifica della fattibilità del progetto: i danesi hanno capito che non era loro interesse
svolgere questo progetto.
Mossa intelligente: mettersi con l’università di Jena della Germania dell’Est che conosceva
meglio la realtà di Odessa. Poi, però, è successo qualcosa di inaspettato.

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Sviluppo: incidenti critici, illecito che non mi consente di far parte di un programma europeo.
Poi c’è stata la fase di debriefing in tutti e due i casi.
Debriefing post-missione: l’uscita della Danimarca e qui debriefing strategico.

Dodicesima lezione del 20/12/2022

Oltre al modello proposto da Hofstede esistono altri modelli presi in considerazione dagli studi
interculturali che contribuiscono a fare luce sulle varie differenze culturali. Per esempio, Edward T.
Hall, uno fra i maggiori studiosi e antropologi di origine americana, quando lavorava assiduamente
nelle riserve dei nativi americani negli anni ‘30 analizzò e sviluppò il concetto di culture a basso
contesto ad alto contesto e usò l'analogia del matrimonio per descrivere le differenze tra
comunicazione ad alto contesto e a basso contesto. Secondo Hall, il comportamento è condizionato
a livello inconscio da regole informali che riguardano la percezione del tempo e dello spazio, o
l’importanza del contesto nella comunicazione, portando così alla luce un tipo di comunicazione
“invisibile”, in cui l’invisibile è il modo in cui i gruppi capiscono e interpretano il mondo. Hall ha
quindi differenziato tra culture ad alto contesto (High Context Cultures) e culture a basso
contesto (Low Context Cultures). L’idea di base è che ci siano culture nelle quali tutto (o quasi)
viene esplicitato nella comunicazione e culture nelle quali, al contrario, molto venga dato per
scontato e in cui la comunicazione si basa di un implicito background culturale comune.

Cultura ad alta contestualità

1. La comunicazione è prevalentemente implicita e verbale.


2. L’intesa fra i membri, su ciò che viene detto, è interiorizzata.
3. I legami trasversali con gli altri sono significativi.
4. Le relazioni sono molto importanti e a lungo termine.
5. I confini risultano fortemente delineati: tra chi è accettato come appartenente e chi è
considerato un outsider.
6. La conoscenza è situazionale, relazionale, implicita e si fonda su modelli di cui non sono
totalmente consapevoli gli stessi membri di quel contesto culturale.
7. Le decisioni e le attività si focalizzano intorno a relazioni faccia a faccia, spesso orientate
intorno a una figura centrale che funge da autorità.

Primo elemento: la comunicazione;


Secondo elemento: le relazioni;
Terzo elemento: le decisioni (processo decisionale).

In questi contesti la comunicazione tende a essere implicita e sono diverse le cose che vengono
in qualche modo esplicitate tra i non detti e verbale. Ci sono alcune culture High Context che
preferiscono la comunicazione verbale in quella scritta e l’implicito rispetto all’esplicito. Sono poco
orientate a esplicitare le cose; la comunicazione è implicita e lascia sottintese le informazioni. Nel
libro “The Culture Map” Erin Meyer racconta a pagina 37 un aneddoto: lei domanda a un concierge
dove fosse un ristorante vicino in cui si mangiasse bene e lui risponde che c’è un ottimo ristorante a
sinistra dell’hotel e le suggerisce di andare lì. La Meyer non trova il ristorante e successivamente
viene a comprendere che il ristorante non era subito a sinistra, ma doveva camminare altri 9 minuti
e poi guardare al secondo piano del palazzo. Bisognava leggere tra le righe. Perché è High Context?
Per capire queste culture devi capire il contesto e dargli un alto peso; non bisogna stare solo su
quello che ti viene detto; sono culture che ti dicono poco. Bisogna leggere bene il contesto. Un altro
elemento sono le relazioni; in altri punti fanno riferimento ai legami. Vi è un’alta densità dei legami;
sono significativi, in qualche modo hanno un peso e siccome sono legami molto significativi se sei

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dentro okay, se non sei dentro, sei un outsider. Qual è il grosso errore che si fa spesso? La
semplificazione. Le relazioni sono importanti e a lungo termine: cosa significa che non divorziano
mai? Dobbiamo parlare di un prevalente orientamento della cultura, una concezione della relazione
che è a lungo termine, solida o stretta. Non ci sono i singoli. Lontani. Stereotipi.

Domanda: nelle culture High Context:

A: le persone non divorziano;


B: le persone divorziano come nella Low Context;
C: nessuna delle due precedenti.

La risposta corretta è la C.

I processi decisionali. Mettiamo in evidenza due cose principali: la comunicazione


prevalentemente verbale, la verbalizzazione, le relazioni faccia a faccia, la predisposizione. Per cui
in un’ottica della trattativa e negoziazione un soggetto proveniente da un tipo di cultura, poca
distanza, conta l’occasione faccia a faccia, verbale, conta la possibilità di vedersi perché molte cose
sono tra le righe. Le decisioni spesso sono orientate a una figura centrale che funge da autorità. Le
figure che costituiscono gli snodi del processo decisionale è tutto collegato. Una fotografia della
cultura High Context.

Cultura a bassa contestualità

Secondo questo criterio di analisi interculturale, in una cultura considerata “Low Context”:

1. Conoscenza codificata, resa pubblica, facilmente accessibile.


2. Comunicazione prevalentemente esplicita.
3. Organizzazione sequenziale e separativa di spazio, tempo, attività e relazioni.
4. Relazioni interpersonali di breve durata.
5. Conoscenza facilmente trasferibile.
6. Società incentrata sul compito. Si focalizzano le attività e le decisioni intorno a ciò che deve
essere fatto, netta divisione di responsabilità tra i membri.

Tuttavia, come accadeva anche per Hofstede questo modello presenta dei limiti. È più opportuno
utilizzare i termini alta e bassa contestualità per descrivere e comprendere particolari ambienti e
situazioni piuttosto che per descrivere le caratteristiche di un popolo intero.

Esempio: l’altra metà della luna: immaginate che Valeria venga assunta dalla Benelli; entrando
nell’azienda comincia a vedere l’organigramma, che è stato stampato in ufficio, il loro manuale di
qualità e il programma dei primi 15 giorni (gli orari, i badge ecc.); la conoscenza è facilmente
accessibile. L’organizzazione, l’amministrazione, la qualità, l’organizzazione sequenziale, lo spazio
e il tempo. La conoscenza è più facilmente trasferibile. Il criterio utilizzato è il power distance. Se
le informazioni sono facilmente accessibile, tutto è flat (piatto); un altro aspetto è l’evitazione
dell’incertezza. È un fattore personale; una decisione che coinvolge il gruppo. Qui il processo
decisionale è molto incentrato sul compito; che cosa dobbiamo fare e in base a questo come
dobbiamo muoverci. Per comprendere queste situazioni, come possono essere, Hall fornisce un
nuovo modello che è diverso da quello di Hofstede con le relazioni, la comunicazione e il processo
decisionale.

Sintesi

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Peculiarità Low context High context
Obiettivo prioritario Focus sul business in Instaurazione di un
oggetto rapporto di fiducia
Elemento fondamentale Valorizzazione delle Valorizzazione delle
nella relazione con la esperienze pregresse e delle relazioni personali e
controparte performance dell’amicizia/empatia
Processo negoziale Basato sull’efficienza Basato su rituali

In questo caso cambia il livello di attenzione; di ciò che la cultura mette in primo piano e che
cosa lascia sullo sfondo. Efficienza.

Caso di compravendita: se ritrovate qualcosa di questo schema, annotate i punti in cui c’è una
divergenza tra compratori e venditori (le premesse implicite) mentre dove possono esserci dei punti
di contatto.

Società spagnola e italiana

Società spagnola: economicamente solida e ha una disposizione monetaria; monomandatario


(vende solo un prodotto e un marchio).

Passano sei mesi; il progetto di formazione; ci sono dieci venditori e qua entra in ballo la
controparte; si contatta l’Italia per avere dei preventivi (un’impresa di Milano con dei grandi
clienti); un orafo, un gioiellerie e le banche. Si incontra una seconda società e si opera con i
programmi personalizzati. Qual è la filosofia di acquisto? Cos’è importante per lui?

Società spagnola

1. Lui vuole chiedere un preventivo e l’indicazione sul metodo; come verranno fatte e come sono
queste attività formative;
2. Vuole le brochure aziendali; vuole comparare;
3. Vuole vedere il programma; massima del corso;
4. Vuole che il corso duri due giorni.

Società di Firenze

1. Non si attua mai un corso senza prima aver fatto dei colloqui con i partecipanti;
2. Questi colloqui vanno anche pagati;
3. In questi progetti su misura non si consegna mai un progetto senza prima aver fatto dei colloqui;
la società di Firenze pensa che non bisogna essere informati su questo perché la formazione
riguarda la persona; quello che conta sono i metodi e non la persona;
4. Le brochure aziendali non servono, ma bisogna paragonare il curriculum degli informatori;
5. Fare dei corsi serve e occorre programmare dei corsi successivi nei quali i partecipanti si
possono confrontare e fare esperienze sul campo.
Risposta alle domande

1. La società di Firenze è più High Context (alta contestualità) mentre quella spagnola è più Low
Context perché è basata sull’efficienza e sul business.
2. I punti di divergenza sono: la società italiana dice che il corso deve durare più di due giorni con
anche un’ulteriore formazione e dei richiami mentre quella spagnola afferma che un corso di
due giorni basta.

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Il bisogno non è di due giorni, ma nemmeno un corso; il bisogno è quello di vendere, diventare
più efficaci a vendere, nemmeno di migliorare in senso generico. Il bisogno è sotto le posizioni.

Erin Meyer attinge al modello di Hall e non a quello di Hofstede come Marianella Sclavi e
individua otto parametri. Il parametro della comunicazione in cui le culture si posizionano in un
range; la comunicazione può essere letta in questi parametri e ci consente di comparare.

Erin Meyer: Eight – Scale Model (modello delle otto scale) – pagina 22-23-24-25

Ogni dimensione costituisce un elemento chiave per analizzare le differenze culturali che
possono influenzare lo sviluppo di un processo negoziale. Ciascuna delle otto scale rappresenta
un'area chiave di cui i manager devono essere consapevoli e mostra come le culture variano lungo
uno spettro da un estremo al suo opposto. Le otto scale sono le seguenti:

1. Comunicazione: Low Context vs. High Context (a basso contesto vs. ad alto contesto). Il primo
parametro ne abbiamo già parlato che è quello che lei riprende da Hall ossia Low Context e
High Context.
2. Valutazione: feedback negativo diretto vs. feedback negativo indiretto. Se si confrontano due
culture diverse, a una persona che ha un feedback negativo diretto, l’altra persona dice che non è
andata male. Se provengo da una cultura con un feedback negativo diretto e un’altra con un
feedback negativo indiretto, la persona che lo recepisce lo può prendere come un’offesa
personale. Se volete fare management nelle culture, bisogna switchare lo stile feedback. Se il
vostro cliente è indiretto e tu invece sei diretto e state parlando di diretto, lui non capirà lo stile.
3. Persuasione: basata su principi teorici vs. basata su dati empirici. Ottenere un consenso sul
proprio progetto; non è come una manipolazione. È la capacità di ottenere un consenso sul
proprio progetto o idea; capire qualcosa che io tengo che passi. I libri di cultura mediterranea e
americana: Marianella Sclavi osserva il ragionamento deduttivo mentre Erin Meyer è figlia
totalmente del parametro americano application first (prima ci fornisce i casi concreti poi
fornisce i principi); leggere tra le righe e passare il messaggio. Erin Meyer inizia con un
aneddoto. Abbiamo da una parte il ragionamento deduttivo vs. il ragionamento induttivo
(principles-first vs. application-first). Funziona con un certo tipo di culture e le altre? Esse sono
quelle che preferiscono il ragionamento deduttivo, l’impianto teorico, le premesse di metodo e
poi l’esempio. Questo ci ricorda la differenza esistente tra i due sistemi giuridici che abbiamo
studiato.
4. Conduzione/leadership: egualitaria vs. gerarchica. Lo stile di leadership gerarchico vs.
egualitario.
5. Decisioni: consensuali vs. top-down.
6. Fiducia: incentrata sui compiti vs. incentrata sulle relazioni. Basata su attività vs. basata su
relazioni. Lei parla di una fiducia su base cognitiva o su base affettiva.
7. Dissenso/disaccordo: conflittuale vs. evita il confronto serrato. Confronto vs. evitazione del
confronto. Ci sono culture che evitano il confronto e altre in cui il dissenso è un fattore
fisiologico (come nell’articolo).
8. Pianificazione/programmazione: con tempo lineare vs. con tempo flessibile. Tempo lineare vs.
tempo flessibile. Come, per esempio, il tema di Odessa: l’organizzazione e la pianificazione.

Erin Meyer ci spiega e ci racconta con degli aneddoti al fine di chiarire come possiamo guardare
le culture in otto dimensioni e le colloca in esse; un manager collocandole può switchare meglio e
capire di più quella cultura.

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