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A livello di elementare la specializzazione si risolve con chi fa e che cosa (micro-strumentale). Le persone si
possono aggregare in uffici, reparti, ecc i quali devono a loro volta essere aggregati in direzione, dipartimenti
ecc.
Fino ad arrivare alla direzione generale dove contiene al suo interno tutte le attività organizzative semplici
e complesse.
Abbiamo poi bisogno di affrontare un altro problema, ovvero capire la distinzione dei compiti del CDA,
assemblea dei soci, ecc che hanno compiti molto importanti a livello strategico (governance istituzionale).
In fine troviamo l’ultimo problema, ossia make o buy cioè produrre all’interno o comprare sul mercato. Con
make amplieremo la nostra organizzazione perché ci specializziamo in una determinata attività, mentre con
buy riduciamo l’organizzazione perché ci affidiamo ad altri.
COMUNICAZIONE (COMUNICARE): Scambio di informazioni tra soggetti, si deve essere brave nel farsi capire
e ne capire i messaggi che gli altri mandano;
DECISIONI (DECIDERE): Si effettuano delle scelte. Prendere decisioni può avvenire in orizzonti temporali
diversi (PIANIFICAZIONE STRATEGGICA = LUNGO PERIODO, PROGRAMMAZIONE = BREVE PERIODO),
oppure possono essere fatte delle scelte in base a delle DECISIONI AD HOC.
PROCESSI DI INFLUENZA: rivolti a cambiare i comportamenti degli attori ai quali si attribuisce lo scarto tra
obbiettivi stabiliti e quelli ottenuti. Tutta via possiamo raggiungere l’obbiettivo ma accorgerci nello stesso
tempo di avere pagato troppe risorse per ottenerlo, quindi siamo stati efficaci ma poco efficienti. Quindi si
dovrà stabilire un BILANCAMENTO tra grado di efficacia e di efficienza. A fine del coordinamento, il
POTERE consiste nella capacità di MODIFICARE, CAMABIARE, INFLUENZARE il comportamento degli attori.
Il POTERE e un elemento determinate nel gergo dell’acquisizione delle risorse che portano valore a chi lo
possiede.
Abbiamo diversi tipi di potere:
1. POTERE LEGITTIMO: potere che l’attore ha in virtù del ruolo che ricopre, quindi riesce a modificare
il comportamento di un soggetto in quanto quest’ultimo riconosce l’attività d’influenza dell’attore;
2. POTERE TRADIZIONALE: si riesce a modificare il comportamento di un soggetto in quanto
quest’ultimo riconosce a chi ha il potere il diritto di esercitare l’attività d’influenza secondo le
forme ereditate dal passato e richiamate oggi;
3. POTERE CARISMATICO: si riesce a modificare il comportamento di un soggetto perché quest’ultimo
riconosce a chi ha potere QUALITA’ PERSONALI PARTICOLARI e DISTINTIVE che incidono sulla sfera
EMOTIVA ed AFFETTIVA di chi subisce il l’attività di influenza ;
4. POTERE COERCITIVO: si riesce a modificare il comportamento di un soggetto perché quest’ultimo
teme che chi ha il potere possa erogare SANSIONI e PUNIZIONI nel caso di mancata erogazione di
certe prestazioni;
5. POTERE DELLA COMPETENZE: si riesce a modificare il comportamento di un soggetto perché
quest’ultimo riconosce chi ha potere CONOSCENZE, CAPACITA’ e COMPETENZE;
6. POTERE REFERENZIELE: si riesce a modificare il comportamento di un soggetto in quanto
quest’ultimo riconosce a chi ha potere una posizione strategicamente importante nella rete di
comunicazione e di scambio;
7. POTERE ECONOMICO O DI SCAMBIO: si riesce a modificare il comportamento di un soggetto in
quanto quest’ultimo ottiene da chi ha potere determinate risorse in cambio di prestazioni in
qualche modo commisurate alla prestazione erogate.
8. POTERE PERSUASIVO: si riesce a modificare il comportamento di un soggetto in quanto
quest’ultimo viene CONVINTO a cambiare atteggiamenti, convinzioni ed azioni esclusivamente
sulla base di argomentazioni e ragionamenti.
CONVINZIONI = ci si appoggia su convinzioni altrui
PERSUASIONI = si utilizza la parola per cambiare il comportamento, si punta quindi a cambiare la
COMPONENTE EMOTIVA, si punta sulle colpe, sulla vergogna, sull’orgoglio sull’impossibilità di
raggiungere gli obbiettivi senza la variazione del comportamento.
Se la persona agisce sulla base di valori e principi sarebbe una perdita di tempo cercare di persuaderlo per
ottenere altri obbiettivi, ma bisogna dimostrare che la nostra azione è cambiare qui principi. Bisogna quindi
capire se l’attore si muove in base all’AGIRE STRUMENTALE (OBIETTIVO) o in base all’AGIRE RAZIONALE (
seguendo VALORI E PRINCIPI). Esistono poi altri tipi di agire: AGIRE AFFETTIVO (guidati da sentimenti ed
emozioni) si può cercare di portare un sentimento di paura mostrando conseguenze negative. Si agisce
tramite l’emozione e NON la COERCIZIONE in quanto non c’è un minaccia concreta. Ultimo tipo di agire è
l’AGIRE TRADIZIONALE: abbiamo fatto sempre le cose in certo modo e continueremo a farle così senza
riflettere. Si seguono ABITUDINI E CONSUETUDINI, si cerca quindi di mostrare che il tipo di comportamento
è contrario a come si è comportati nelle sue abitudini. Nella lista di poteri va inserito anche il DARE IL BUON
ESEMPIO. Tale potere può essere far rientrare nel POTERE CARISMATICO dove la caratteristica della persona
sta nel modo di fare. Il POTERE ORGANIZZATIVO si ha quando il soggetto possiede un RISORSA CRITICA per
l’organizzazione, ASSORBE L’INCERTEZZA ed è INSOSTITUIBILE. Per esserci tale potere si devono possedere
tutte e tre le caratteristiche.
Valutiamo le forme organizzative come processi per ottenere i risultati per i quali l’organizzazione è sorta.
Utilizzando i CRITERI DELLE CONVENIENZA ECONOMICA stiamo adottando una metodologia strumentale.
A = 65/50 B 65/50
È quindi come accettare di subire una perdita si 5, in quanto, destiniamo tutte le risorse se a B
otterrebbe 130 invece di 125. La parità di 5 rappresenta il COSTO OPPORTUNITA’. Se si vuole
essere efficienti bisogna considerare il COSTO OPPORTUNITA’ , cioè la PERDITA DI BENEFICI
POTENZIALI che l’attore raggiungerebbe se procedesse in modi alternativi .
1 Qual è il costo?
2 Quali sono i benefici? (utilità che otteniamo)
3 Da chi ricaviamo queste risposte? (chi è che paga)
4 Chi distribuisce i benefici?
5 Come si distribuiscono nel tempo i benefici?
Esistono anche criteri non economici di valutazione corrispondenti a finalità etiche, sociali, estetiche,
affettive ecc.… (TEORIE SOCIOLOGICHE). Due approcci:
1. APPROCCIO NEO-ISTITUZIONALISTA: afferma che le aziende non sperano sulla base dei criteri della
convenienza economica e che quest’ultimo non sia fondamentale per la sopravvivenza. Le imprese
quindi effettuano le scelte sulla base dei criteri della LEGITTIMITA’. Fanno quindi scelte che ritengono
più legittime, che si confermano alla REALTA’ ESTERNA. C’è una tendenza a confrontarsi al modo in
cui sono organizzate le aziende di successo. Quindi legittimazione dello Stato per imitazione.
2. APPROCCIO ECOLOGICO DELLE POPOLAZIONI O EVOLUTIVO: assume che le aziende fanno fatica a
cambiare e risultano INERTI rifiutando il passaggio da una forma organizzativa a un’altra. Per tale
ragione, il passaggio avviene tramite il meccanismo evolutivo di tipo darwinista, secondo il quale è
l’ambiente che “SELEZIONE” la forma organizzativa, eliminando le forme organizzative inadatta alla
nicchia ecologica nella quale sono collocate.
Fra queste due, analizzando il primo, queste scelte possono essere sostenibili ma solo fin quando le
risorse sono ABBONDANTI e non c’è uno stretto limite (si manifesta nei monopoli, conoscenza dei
concorrenti).
Analizzando il secondo, ci sono esempi di imprese che sono riuscite anche se con difficoltà, ad adattarsi
ai cambiamenti e anche a prevederli, diventando fattori del cambiamento.
Quali sono le caratteristiche analitiche e metodologiche del modello con il quale analizzeremo il
funzionamento delle aziende. Noi useremo la RAZIONALITA’ STRUMENTALE. Le caratteristiche sono:
Le scienze manageriali sono scienze che hanno al centro gli ATTORI. Questi ultimi sono fondamentali perché
svolgono le ATTIVITA’ che permettono alle aziende di raggiungere gli OBBIETTIVI. Gli ATTORI possono
decidere e poi agire (razionalità assoluta) o agire e poi decidere (razionalità limitata). ATTORI, ATTIVITA’ e
RISULTATI fanno parte del COMPORTAMENTO ORGANIZZATIVO. Le RISORSE si distinguono in:
Le variabili sono:
3. MODALITA’ DI COORDINAMENO.
La STRUTTURA ORGANIZZATIVA è spesso definibile in termini di ORGANIGRAMMA, nel quale sono indicate
tutte le UNITA’ ORGANIZZATIVE e tutte le RELAZIONI che ci si tra esse. Fanno parte anche i MANSIONARI,
REGOLAMENTI DI SERVIZIO e le NORME SCRITTE, gli STATUTI ecc…, con i quali si indicano i COMPITI e le
RESPONSABILITA’ che afferiscono a ciascun attore che lavora nella struttura organizzativa.
ORGANIGRAMMA, MANSIONARI e REGOLAMENTI sono MODALITA’ di ESPLICITAZZIONE di
FORMALIZZAZIONE della struttura organizzativa. Anche i PROCESSI posso essere FORMALIZZATI attraverso
i DIAGRAMMI DI FLUSSO. Nelle piccole-medie imprese si preferisce un’organizzazione più INFORMALE
piuttosto che esplicitare formalmente i mansionari o l’organigramma dato il costo che può avere.
Quindi la tendenza odierna è la FORMAZIONE in quanto uno dei requisiti delle procedure di qualità è proprio
quello di formalizzare la struttura e i processi. Gli ELEMENTI della struttura sono:
1. Le ATTIVITA’ ELEMENTARI: attività lavorative di base che non possono essere disaggregate o
scomposte ulteriormente;
2. COMPITI: insieme di attività elementari che è conveniente mettere insieme per ragioni fisiche o
logiche;
3. MANSIONI insieme di compiti assegnati ad una singola posizione di lavoro
4. POSISIZIONI DI LAVORO O RUOLI: unità organizzative di base perché composte da una singola
persona
5. ORGANIGRAMMA DI BASE O SEMPLICI: unità organizzative collettive di base che comprendono
al loro interno più persone (reparti, uffici, ecc)
6. ORGANI COPOSTI O COMPLESSI: unità organizzative intermedie o di vertice dei quali dipendono
altri organi (uffici, sezioni, divisioni, ripartizioni, dipartimenti, direzioni culturali);
7. DIREZIONE GENERALE: organi di vertice del quale dipendono tutti gli altri organi.
Accanto a queste componenti strumentali vi sono degli elementi che possono caratterizzare differenti livelli
della struttura organizzativa:
1. FUNZIONI: compiti specifici e particolari che un’unità organizzativa può fornire al complessivo
risultato aziendale;
2. RISULTATI: compiti particolari descritti in termini di attività da svolgere ma di obiettivi da
conseguire.
a) ORGANI DI LINEA: organi collocati lungo la lenea di comando di una struttura organizzativa
(dell’alto verso il basso o dal basso verso l’alto);
b) ORGANI DI STAFF: organi collocati al lato della struttura gerarchica lungo la quale scorre la linea di
comando. NON possono avere funzioni di COORDINAMENTO GERARCHICO.
Gli ORGANI DI STAFF non si limitano soltanto ad assistere o a sviluppare, consigliare il management
responsabile lungo la linea gerarchica, ma a volte offre una CONSULENZA di cui non si può fare a meno e
molto spesso è anche OBBLIGATORIA, cioè l’organo di linea, in alcuni casi prima di effettuare la scelta deve
chiedere un parere allo staff. E solo dopo che lo staff ha emesso il parere l’organo di linea può procedere
alla decisione e se tale decisone non rispetta il parere dello staff bisogna esplicitare la RAGIONE per cui si è
presa una decisione diversa dal parare, e a volte lo staff CONDIVIDE la decisione insieme all’organo di
linea (responsabilità decisionale condivisa). Quindi staff e linea devono prendere decisioni insieme, ma più
delle volte è lo staff che prende la decisione (autorità funzionale).
1. AMBIENTE OPERATIVO: cioè quello descritto da Porter (specifico per ogni azienda)
2. AMBINETE ISTITUZIONALE: ambiente più ampio che comprende le leggi, norme, ecc. e che
caratterizza la maggior parte delle aziende;
3. VARIABILI INDIVIDUALI: caratteristiche degli individui ( bisogni, conoscenze, competenze, obiettivi
ecc.). Le caratteristiche degli individui influenzano l’assetto organizzativo e viceversa ;
4. VARIABILI SOCIALI: insieme delle relazioni esistenti tra diversi che operano all’interno delle aziende
(relazioni di cooperazioni, fiducia, conflitti ecc.)
5. VARIABILI TECNOLOGICHE: tecnologie e insieme degli strumenti che vengono usati degli attori
all’interno dell’organizzazione. Ci si riferisse a tutte le operazioni che consentono di trasformare gli
input in output.
6. VARIABILI ISTITUZIONALI: variabili situazionali-contingenti perché fanno riferimento alle strategie
messe in atto dall’azienda ( preferenze, obiettivi di fondo degli stakeholder)
1. Gli effetti specializzati spesso hanno delle preferenze, degli obiettivi, degli interessi
particolari che possono risultare di NATURA CONFLITTUALE tra gli attori e l’organizzazione
e quindi il COORDINAMENTO è chiamato a risolvere questioni conflitti tramite degli
strumenti la cui finalità è quello di ALLINEARE gli obiettivi, le preferenze e gli interessi degli
attori (RISOLVERE IL CONFLITTO MOTIVAZIONALE). Quindi si cerca che gli attori abbiano
interessi, obiettivi e preferenze convergenti.
2. Fa riferimento ad una modalità che si può presentare anche quando gli attori non hanno
obiettivi, preferenze e interessi divergenti, le DIFFERENZE si basano quindi sulle
ASPETTATIVE, SCHEMI MENTALI che gli attori utilizzano per interpretare la realtà. Anche in
questo caso tagli attori si possono verificare dei CONFLITTI perché le aspettative sono
diverse tagli attori e quindi è necessario che qualcuno ALLINEI le aspettative senza però
presupporre che tra le persone debbano esistere dei conflitti su quel problema.
Per esempio, il simbolo funziona come meccanismo di coordinamento ad un incrocio
(anche se non è detto che sia il più conveniente) perché gli automobilisti si aspettano che
gli altri automobilisti non passino con il rosso e passino con il verde, tenendo la destra. In
questa situazione non ci sono conflitti si interesse da coordinare su eventuali differenze
nelle preferenze tra rosso e verde, guida a destra o a sinistra, infatti, in genere gli individui,
in questo caso, hanno spesso interessi ed obiettivi simili (nel caso dell’incrocio regolato dal
semaforo si può presumere che tanti vogliono flussi veloci fi traffico, e in tanto più il
pericolo di incorrere in incidenti). A tale scopo l’unica condizione importante è che tutti si
attengono alla stessa regola di comportamento.
3. Quando ci troviamo davanti a PROBLEMI COPLESSI che richiedono COMPETENZE
DIVERSIFICATE e COMPLEMENTARI. I problemi sono complessi quando non c’è nessun
attore che abbiamo tutte le capacità, competenze necessarie per risolvere quel problema è
dare una risposta efficiente, soddisfacente, efficacie, ecc. e quindi il mettere insieme
queste competenze e confrontarle tra di loro per risolvere il problema è ATTIVITA’ DI
COORDINAMENTO. I problemi complessi non possono essere suddivisi in sotto-problemi in
modo tale che ciascun attore risolva il proprio problema indipendentemente dal modo in
cui gli altri attori risolvono i propri sotto-problemi (es: problema che sorge nelle aziende più
articolate nelle quali si trova la funzione di marketing, la funzione di produzione, la
funzione di R&S. Se il problema dell’azienda è quello di trovare dei prodotti che gli
consentirebbero di aumentare la propria capacità di cercare valore, questo è il problema
complesso che deve risolvere il direttore generale, ma quest’ultimo non si può occupare di
tutto e quindi dovrà dare delle deleghe ai diversi settori ( marketing, produzione, R&S) e
quindi le soluzioni che questi attori specializzati avranno il loro sotto-problema ma
dovranno tenere conto non soltanto del loro settore, ma anche di quello che sta avvenendo
negli altri settori perché altrimenti l’azienda non arriverà ad ottenere un risultato
complessivo adeguato. Quindi si può ipotizzare che il marketing sia interessato a risolvere il
problema tenendo conto delle esigenze sei clienti, purò ciò comporta spesso l’aumento
della varietà produttiva che porta ad aumentare dei costi di produzione e questo viene ad
ostacolare l’obiettivo degli esperti della produzione i quali in genere sono competenti su
come rendere più efficienti i processi produttivi e quindi di standardizzare i prodotti. Quindi
gli obiettivi parziali del marketing e della produzione sono in genere differenti e portano a
soluzioni differenti come avviene anche nella area R&S).
Esempio azienda con 15 attori uno dei quali assumiamo sia il capo ( i 14 rimanenti sono
collaboratori). Supponiamo di voler utilizzare una gerarchia, allora avremo una
struttura di questo tipo:
DIRETTORE GENERALE
Questo tipo di struttura prende il nome di STRUTTURA PIATTA (FLAT) e ha vantaggi e svantaggi. Il
vantaggio è che la direzione generale ha la SUPERVISIONE DIRETTA di quello che fanno i sottoposti. Il
LIVELLO GERARCHICO è quindi poi pari a 1. La direzione generale ha un AMBITO DI CONTROLLO (SPAN OF
CONTOL) pari a 14 (il numero medio di attori supervisionati direttamente). Tutte e 14 le persone da
controllare sono eccessive per rendere efficace il coordinamento, e quindi il problema del coordinamento
potrebbe diventare difficoltoso. Una soluzione potrebbe essere quella di ALLENTARE la pressione di
responsabilità del direttore generale attraverso la MODIFICA nel numero dei livelli gerarchici e dello span
of contol. Se modifichiamo una si modifica anche l’altra in misura inversa. Passiamo usare una nuova
struttura gerarchica in forma delegata:
Ognuno degli attori hanno dei soggetti da coordinare. Chi sta alla basa non svolge funzioni di
coordinamento. In questa struttura abbiamo un numero superiore di LIVELI GERARCHICI (3) il numero
medio di operatori controllati da coloro i quali hanno responsabilità gerarchica è passato da 14 a 2. Con
questione struttura abbiamo una situazione in cui l’attività di coordinamento di questi 7 manager (D.G. + 6
intermediari) è PIU’ EFFICACE perché possono dedicare maggiori tempo/attenzione. Tuttavia, se i livelli
gerarchici aumentano c’è una PERDITA DI BENEFICI in termini di efficacia. I flussi informativi sono più lenti
e quindi la risoluzione dei problemi sarà più lenta. Il messaggio spesso arriva incompleto (maggiore il
numero di persone che stanno nel mezzo, più il messaggio è infedele). Si potrebbe generare COSTI DI
COORDINAMENTO DIRETTI (bisogna pagare più manager) e si potrebbe avere una caduta dell’efficacia
perché i flussi informativi sono lenti tuttavia i BENEFICI aumentano anche.
Spesso quindi abbiamo una struttura intermedia:
In questo caso abbiamo due livelli gerarchici e uno span of control pari a 3,5 (3+4+3+4/4 =3,5)
Ci sono 4 organizzative
Negli ultimi decenni le aziende si sono orientate sempre di più verso STRUTTURE PIU’ PIATTE. Questo
orientamento delle aziende è dovuto al fatto che ultimamente l’ambiente cambia velocemente e quindi le
aziende devono adattarsi in tempi brevi e le strutture sono più flat (costano anche meno rispetto alle tall).
Altra ragione riguarda il cambiamento TECNOLOGICO che consentito di avere modalità di coordinamento
anche in remoto. Il manager può supervisionare anche tramite tecnologie informatiche (il controllo rimane
efficiente anche con molte persone).
Maggiore è il POTENZIALE DI OPPORTUNISMO più attori dovrebbero essere nella scelta della modalità di
coordinamento, perché i costi coordinamento sono talmente alti da escludere la possibilità che molte
modalità di coordinamento possono essere efficaci in quella situazione. Quindi maggiore è il potenziale di
opportunismo degli attori, maggiori risorse dovranno essere dedicate all’attività di coordinamento, ma si
dovrà scegliere quella modalità di coordinamento che effettivamente RIDUCE il POTENZIALE DI
OPPORTUNISMO ALLINEANDO gli INTERESSI o i VALORI rendendo MENO INTENSO il CONFLITTO
D’INTERESSE esistente tra gli attori. Il COMPORTAMENTO OPPRTUNISTICO (VARIABILE IMPORTANTE) nel
linguaggio comune è spesso definito come l’abilità di approfittare della situazione (non sempre implica un
significato peggiorativo). Nel management l’opportunismo è il comportamento secondo il quale alcuni
soggetti tendono a raggiungere i propri obiettivi senza riguardo di aspetti etici, morali, ecc. L’opportunismo
consiste nel raggiungere dei propri obiettivi con ASTUZIA, DOLO, ecc. Esempi di opportunismo possono
essere: non fare il proprio lavoro; abusare del proprio potere, ecc. Sul PIANO ORGANIZZATIVO le situazioni
che rendono facile il comportamento opportunistico (gli attori non sono opportunismo per natura, ma
tendono a diventarlo in particolari situazioni) sono:
Un fattore che influenza il grado di incertezza è l’INTERDIPENDENZA. Essa è importante perché fa nascere il
fabbisogno del coordinamento. Interdipendenza tra soggetti che operano insieme, tra le attività che vengono
svolte. Thompson propone 3 MODELLI di base di interdipendenza tra attività che vengono svolte. Secondo
Thompson per ciascun modello si dovrebbe utilizzare una particolare modalità di coordinamento
AB La dipendenza qui è chiara perché c’è un collegamento diretto il quale è particolare, in quanto
l’output di A rappresenta l’input di B. Non vale l’inverso. La si trova nella produzione di massa. Tale
dipendenza è più FORTE di quella generica di B non può lavorare se A non gli dà il frutto del suo lavoro,
mentre prima A e B potevano lavorare indipendentemente l’uno dall’altro.
A B Dipendenza molto forte perché B non può lavorare senza l’output di A e viceversa. (equipe che
lavorano nel pronto soccorso).
Immaginando di dover definire la struttura organizzativa di 5 attori e di partire dal tipo di dipendenza
esistente fra i 5 attori. Tra A e B c’è una dipendenza generica, la quale è chiesta anche nel rapporto tra C e D.
Poi si ha una forte dipendenza fra A,B,C,D,E. Per questo la struttura organizzativa che minimizza i costi di
coordinamento interno dobbiamo:
Ci possono essere delle dipendenze residue che con queste strutture non riusciamo a coordinare, allora
occorrerà inserire nella struttura organizzativa altri strumenti di coordinamento. In particolare si scopriranno
che c’è una dipendenza residua sequenziale (in questo caso) tra D ed E dovranno cercare di coordinarla, non
soltanto attraverso la struttura, di potrebbe per esempio costruire uno staff che sovraintenda, però si
potrebbe utilizzare anche altri strumenti come la programmazione ( R4 utilizza la standardizzazione input ed
output in relazione al rapporto esistente tra D ed E). In sintesi minimizzano i costi di coordinamento interno
con la DIPENDENZA RECIPROCA, poi quelli con la DIPENDENZA SEQUENZIALE e infine quelli con la
DIPENDENZA GENERICA, però quasi sempre esistono delle DIPENDENZE RESIDUE che la struttura non riesce
a risolvere e quindi dobbiamo inserire altri meccanismi di coordinamento di natura strutturale o di natura
processuale ( programmazione).
A livello micro nella struttura organizzata si deve decidere il contenuto dei ruoli o delle posizioni di lavoro, in
termini di compiti, mansioni, funzioni, responsabilità e obiettivi da raggiungere. Si cerca quindi di definire il
contenuto di ciascuna posizione di lavoro in termini oggettivi senza tener conto delle caratteristiche personali
del soggetto che ricopre quelle posizioni di lavoro (come il lavoro dovrebbe essere svolto).
1. MAX SPECIALIZZAZIONE ORIZZONTALE: ogni attore svolge il minimo numero di fasi possibili
(contesto tayloristivo). Algebricamente si avrà: (1p, 1l, 6b) x 6.
2. MIN SPECIALIZZAZIONE ORIZZONTALE: ogni attore svolge il massimo numero di fasi possibili. È una
soluzione MOLTO VARIABILE. Algebricamente sarà (1p, 6l, 1b) x6.
Queste soluzioni sono estreme che difficilmente si trovano nella realtà, infatti nella maggior parte
dei casi troviamo soluzioni intermedie
3. SOLUZIONI INTERMEDIE: spesso si dovrebbe adottare lo stratagemma di definire una mansione
COLLETTIVA, cioè assegnare la mansione a più persone (2p,2f, 6b) x3.
Rimanendo sempre in questo contesto ipotizziamo che i beni da produrre siano 150 q e quindi:
MAX SPECIALIZZAZIONE ORIZZONTALE (1p, 1l, 150b) x 6
MIN SPECIALIZZAZIONE ORIZZONTALE (1p, 6l, 25b) x 6
SOLUZIONE INTERMEDIA (2p, 2l, 50b) x 3
Le soluzioni possono essere fatte anche attraverso uno strumento grafico:
Uno degli aspetti fondamentali nella scelta della MICROSTRUTTURA consiste nel definire il grado di
specializzazione orizzontale e verticale delle mansioni associate alle singole posizioni di lavoro. I
VANTAGGI DELLA SPECIALIZZAZIONE possono essere ricambiati a:
1. Aumento della destrezza dell’operatore, poiché riesce ad apprendere i compiti in meno tempo e a
svolgersi meglio e più velocemente (ECONOMIE DI APPRENDIMENTO).
2. SPECIALIZZAZIONE DEL CONTENUTO DELLE MANSIONI, facilita l’introduzione della meccanizzazione
e dell’automazione che aumenta la produttività. Tuttavia, l’evoluzione industriale ha mostrato anche
i limiti e i costi di una tendenza a una sempre maggiore specializzazione delle mansioni lavorative.
I compiti di ROUTIN che si trovano in industrie che hanno un processo produttivo relativamente
semplice sono caratterizzate da problemi altamente analizzabili e da poche eccezioni, allora in
queste industrie sarà possibile STANDARDIZZARE le attività produttiva e quelle di coordinamento in
maniera necessaria. All’opposto abbiamo compiti molto più complessi (NON DI ROUTIN) in quanto
sono problemi non analizzabili e caratterizzati da un’elevatissima varietà. Interessanti sono anche
le tecnologie intermedie come per esempio la PRODUZIONE ARTIGIANALE nella quale troviamo
poche eccezioni (output non numeroso) e compiti poco analizzabili. Poi troviamo la categoria in cui
abbiamo problemi altamente analizzabili e molte eccezioni. Qui la complessità è data dal fatto che le
problematiche sono estremamente diversificate. Chi svolge queste attività (INGEGNERISTICHE) deve
avere molte conoscenze tecniche e competenze le quali vengono acquisiti in lunghi periodi di studio.
Per stabilire qual è il modello organizzativo in termini di specializzazione e di coordinamento più
adatto a ciascuna di queste tecnologie dobbiamo fare la distinzione tra modello MECCANICO e
modello ORGANICO, proposto da BURNS e STALKER i quali fecero una ricerca su una varietà di
imprese e distinsero queste imprese in imprese caratterizzate da un MODELLO ORGANICO e un
MODELLO MECCANICO. La caratteristica del MODELLO MECCANICO sono:
1. I compiti sono suddivisi in parti SPECIALISTICHE SEPARATE
2. I compiti sono RIGIDAMENTE DEGINITI
3. Vi prevale un RIGIDA GERARCHIA DI AUTORITA’
4. Le REGOLE SONO MOLTE
5. La CONOSCENZA e il CONTROLLO relativi ai compiti sono accentrati ai VERTICI
6. La COMUNICAZIONE è VERTICALE
7. ELEVATO GRADO DI FORMAZIONE
8. Adatto ad AMBIENTI STABILI
Naturalmente, nella maggior parte dei casi, avremmo soluzioni intermedie, ma nella ricerca di BURNS E
STALKER essi pensarono bene di distinguere le aziende analizzate tra aziende prevalentemente a natura
MECCANICA e aziende prevalentemente a natura ORGANICA, cioè studiarono il loro assetto organizzativo e
alcune le inclusero nel modello meccanico e altre in quello organico. Poi studiarono il GRADO DI SUCCESSO
di tutte queste aziende e scoprirono che il SUCCESSO caratterizzava sia le aziende meccaniche che organiche.
Inoltre scoprirono che le aziende meccaniche di successo enormi aziende che lavoravano in AMBIENTI
STABILI mentre quelle di scarso successo lavoravano in AMBIENTI DINAMICI. Mentre le aziende organiche
di successo erano caratterizzate da AMBINTI DINAMICI mentre quelle di scarso successo da AMBIENTI
STABILI.
INCERTEZZA del contesto ambientale (Burns e Stalker), cioè più elevata è l’incertezza dal contesto
ambientale più dinamico è il contesto ambientale perché più dinamico è il contesto aziendale e
minori informazioni abbiamo per poter standardizzare in anticipo l’attività più conveniente è il
modello organico.
CARATTERE NON ROUTINARIO dei compiti e della tecnologia (Perrow)
La MANSIONE è stata definita come l’insieme dei compiti attribuiti ad una posizione nell’ambito di un
organico. Le caratteristiche delle mansioni derivano dalle combinazioni dei compiti che ad esse
pervengono, ma non in termini di somministrazione dei relativi aspetti, ma di manifestazioni originali di
effetti complessivi, sinergici o disinergici. Gli elementi sulla base dei quali si caratterizzano le MANSIONI
(HACKMAN e OLDHAM) sono:
1. VARIETA’: riguarda NUMEROSITA’ e DIVERISTA’ dei compiti svolti in una unità di tempo. Si
distinguono mansioni RIPETITIVE, in cui i compiti svolti sono pochi e simili, e mansioni VARIATE,
per la presenza di più compiti diversi tra loro.
2. IDENTITA’: riguarda la capacità intrinseca dell’insieme dei compiti assegnati di trovare
riconoscimenti e considerazione e quindi di costruire un ambito nel quale il lavoratore si può
RICONOSCERE POSITIVAMENTE.
3. CONTRIBUTO/IMPATTO: insieme di attività che diano luogo ad un risultato identificabile e
apprezzabile per l’azienda (MANSIONI DI FRONT OFFICE).
4. AUTONOMIA: grado di libertà e discrezionalità esercitabile dal lavoratore
Queste caratteristiche delle mansioni sono importanti perché consentono di capire qual è l’affetto sulla
motivazionale e sui risultati dell’attività lavoro secondo il MODELLO DELLE CARATTERISTICHE DEL LAVORO.
ALLO SVILUPPO
DELL’ATTIVITA’ LAVORATIVE
MODERATORI
CONSCENZE E ABILITA’
La MANSIONE è l’insieme dei compiti che un esperto OGGETTIVO perché tende a rispecchiare la natura
oggettiva dei processi di lavoro, la struttura delle attività a l’interdipendenza delle attività. Quindi quando
parliamo di mansioni tendiamo a descrivere l’organizzazione del lavoro in mansione OGGETTIVA, cioè
interdipendenza da chi andrà a svolgere la mansione. Il RUOLO ORGANIZZATIVO invece ha un approccio più
SOGGETTIVA perché tiene conto non solo delle attività da svolgere ma anche delle caratteristiche individuali
delle persone che dovranno capire quel ruolo organizzativo.
DIMENSIONE OGGETTIVA e DIMENSIONE SOGGETTIVA non sono aspetti separati, ovviamente in alcuni
contesti lavorativi prevale la dimensione oggettiva e in altri quella soggettiva. In realtà ciò ci aiuta a capire
che non possiamo progettare la microstruttura senza tenere in considerazione due fattori la MOTIVAZIONE
e le COMPETENZE (P = MxC). Molto spesso ci troviamo in situazioni in cui il rapporto tra motivazione e
competenze è di natura MOLTIPLICATIVA, cioè le due variabili rappresentano condizioni necessarie, ma non
sufficienti per ottenere prestazioni elevate.
SAPER FARE:
Competenze tecniche professionali prodotte dall’esperienza lavorativa (spesso tacite, non facilmente
codificabile)
SAPER ESSERE:
1. COMPETENZE PEROSONALI
2. COMPETENZE SOCIALI
Le COMPETENZE PERSONALI sono la CONSAPEVOLEZZA DI SÉ, la CONSAPEVOLEZZA DELLE PROPRIE
EMOZIONI, la CAPACITA’ DI AUTOVALUTARSI ACCURATAMENTE e il GRADO DI FIDUCIA DI SE’ STESSI. Perciò
non basta perché occorre essere capace di AUTOGESTIRSI, di AUTOCONTROLLARSI, avere TRASPARENZA,
essere ADATTABILI, CPACITA’ DI INIZIATIVA, OTTIMISMO, CAPACITA’ DI AUTOMOTIVARSI. Un’altra
competenza molto importante è l’AUTOEFFICACIA, cioè la convinzione che una persona ha sulle proprie
possibilità di riuscire a portare a termine con successo un determinato compito. Da distinguere
dall’AUTOSTIMA, cioè il valore che attribuito a noi stessi indipendentemente da quello che facciamo. Il
management dell’AUTO-EFFICACIA è visto come management dell’apprendimento, classificando i PROCESSI
DI GOVERNO DELL’AUTO-EFFICACIA come tipi di processi di apprendimento, si ottengono 3 tipi:
Ci deve essere un’elevata COMPETENZA SOCIALE per capire e distinguere le emozioni e i sentimenti degli
altri quando interagiscono con noi. Quindi EMPATIA, CONSAPEVOLEZZA e SERVIZIO. Poi c’è la gestione delle
relazioni e quindi LEADERSHIP ISPIRATA, INFLUENZA, AIUTO ALLA CRESCITA, COMUNICARE, CATALIZZARE
IL CAMBIAMENTO, GESTIONE DEL CONFLITTO, COSTRUZIONE DI LEGAMI, LAVORO IN GRUPOO E
COLLABORAZIONE.
Ambiente fisico
Organizzazione attiva
FACILITARE, LIMITARE
Ricompense e influenze
Uno dei primi fattori individuali considerato è stato il BISOGNO, cioè la differenza tra ciò che si fa e cosa si
vorrebbe avere, quindi è una CARENZA. Le prime teorie partono dal tentativo di capire quali sono i bisogni
delle persone e una delle più riconosciute è quella di MASLOW, il quale individua 5 bisogni: alla base i
che la nostra salute non sia minacciata); il BISOGNO DI APPATENEZA (sentirsi parte di un gruppo); poi c’è il
BISOGNO DI STIMA e infine al vertice il BISOGNO DI AUTOREALIZZAZIONE.
C’è un rapporto gerarchico affinché i bisogni superiori siano MOTIVANTI per un soggetto occorre che siano
stati soddisfatti in maniera SODDISFACENTE i livelli più bassi. L’ordine e l’intensità dei bisogni NON È
UNIVERSALE perché in alcuni contesti il bisogno più elevato può essere l’appartenenza e così via. Ovviamente
i bisogni non solo quali indicati da MASLOW e con il tempo si modificano l’ordine e l’intensità dei bisogni.
Altre criticità è quella relativa alla TEORIA BRC secondo la quale i bisogni di Maslow si possono raggruppare
in 3 classi: BISOGNI ESISTENZIALI, RELAZIONALI e di CRESCITA. Scendo tale teoria se nel lungo periodo un
bisogno è rimasto insoddisfatto quel bisogno smette di motivare, mentre diventa motivante quello
sottostante.
Si ha potere quando si ha la capacità si far fare agli attori qualcosa che non avremmo fatto e di non far fare
loro qualcosa che avrebbero fatto. McClelland considera importante il bisogno del potere perché è una delle
caratteristiche che deve avere chi è RESPONSABILE DEL COORDINAMENTO. È difficile che qualcuno possa
svolgere bene un ruolo manageriale se l’attività di influenzamento di altre persone è qualcosa verso la quale
non avverte alcun bisogno. Il SUCCESSO è il bisogno di REALIZZARE CON SUCCESSO le attività che si svolgono.
È importante perché permette di distinguere le persone caratterizzate da HIGH-ACHIEVER dalle LOW-
ACHIEDER. Per McClelland è importante che ci siano molti HIGH-ACHIEVER perché sono loro a promuovere
il successo. Gli HIGH-ACHIEVER sono coloro i quali rispondono scegliendo un rivale che possono battere il 40-
50-60 per cento delle volte, mentre chi sceglie rivali la cui probabilità di essere battuti è bassa sono persone
che non hanno un alto bisogno di successo. Una persona che ha un alto bisogno di successo è soddisfatto
solo quando ha dei COMPITI SFIDANTI, cioè dei compiti che lo impegnano veramente dove il successo
dipende dal soggetto stesso e non dal fatto che il rivale sia DEBOLE. È questo spiega perché per McClelland
chi sceglie rivali che possono essere battuti raramente no ha un alto bisogno di successo perché in questi casi
il fallimento è quasi assicurato.
POTERE: bisogno di controllare il proprio lavoro e quello degli altri, bisogno di avere impatto, di essere
influente.
Il BISOGNO DI REALIZZAZIONE non è un bisogno innato come per Maslow, ma è uno STATO MENTALE che
dipende da altri stati mentali i quali si sono evoluti nella persona durante i processi di socializzazione. Infatti
è il risultato di due stati mentali contrastanti e sarà ELEVATO se uno dei due stati PREVARRA’ sull’altro. Il
primo stato mentale è il DESIDERIO DI SUCCESSO (svolgimento efficace delle attività) al quale si contrappone
la PAURA DEL FALLIMENRO. Se il desiderio di successo è PIU’ FORTE della paura di fallire si avrà in ELEVATO
BISOGNO DI REALIZZAZIONE. Stesso meccanismo ritroviamo nel BISOGNO DI AFFILIAZIONE che e dato dalla
differenziata tra DESIDERIO DI ESSERE ACCETTATO e PAURA DI ESSERE RIFIUTATO. Mentre il BISOGNO DI
POTERE è il risultato della differenza tra DESIDERIO DI DOMINIO/CONTOLLO e le PAURA DELLA
DIPENDENZA.
Sono state fatte diverse critiche alle teoria sui i bisogni, infatti la lista può essere veramente lungo, è difficile
rilevare empiricamente le preferenze degli attori in termini di bisogni perché i bisogni sono stati mentali
profondi e a volte sono latenti perché il soggetto non è consapevole di quelli che sono i suoi bisogni. E inoltre
è difficile legare i bisogni alle azioni perché quest’ultime sono legate a tanti fattori. Una teoria sui i bisogni
valutata positivamente dalla ricerca è quella del GOAL SETTING secondo la quale a motivare le persone sono
gli OBIETTIVI. Gli OBIETTIVI aiuteranno ad ottenere performance più elevate perché secondo LOCK aiutano
a FOCALIZZARE L’ATTENZIONE della persona; REGOLANO LO SFORZO INDIVIDUALE; AUMENTADNO LA
PERSISTENZA; consente di ELABORARE STRATEGIE DIVERSIFICATE PER RAGGIUNGERE L’OBIETTIVO.
Nel GOAL SETTING il livello delle performance realizzare dipende:
DAL GRADO DI DIFFICOLTA’ DELGI OBIETTIVI (livelli di esperienza troppo bassi riducono la ricerca;
livelli di esperienza troppo alti conducono a non agire)
DAL GRADO DI MISURABILITA’ E DI PRECISIONE DEGLI OBIETTIVI (si è mostrato come propositi
generici del tipo “facciamo del nostro meglio” spesso lastricano la strada a far meno bene di quanto
si potrebbe)
DEL GRADO DI AUTODETERMINAZIONE O DI PARTECIPAZIONE O DI ACCETTAZIONE DEGLI
OBIETTIVI ( gli obiettivi autodeterminanti possono essere più bassi di quelli che fisserebbero gli attori
d’altro lato essi possono essere accettati con maggior convenienza ed impegno).
Quindi un compito è incerto, innovativo ed è interdipendente fissare degli obbiettivi può produrre
effetti controproducenti perché potrebbe portare le persone a concentrarsi su una parte dell’obiettivo
e trascurare altre. Hezberg ha mostrato come le persone sono contemporaneamente sensibili a bisogni
inferiori e superiori, ma li interpreta in modo diverso. Infatti i risultati mostrano che i fattori indicati
come causa di SODDISFAZIONE erano qualitativamente diversi da quelli indicati come causa di
INSODDISFAZIONE. Nella pima classe comparivano soprattutto il RAGGIUNGIMENTO DI RISULTATI, il
RICONOSCIMENTO DEI RISULTATI RAGGIUNTI, i CONTENUTI DEL LAVORO, il LIVELLO DI
RESPONSABILITA’, le POSSIBILITA’ DI PROMOZIONE E DI AVANZAMENTO PROFESSIONALE: si tratta di
elementi che nemmeno raggruppati in una sola categoria denominata FATTORI MOTIVANTE (da non
soddisfazione a soddisfazione). Nella seconda classe comparivano le POLITICHE E LE PROCEDURE DI
IMPRESA, le MODALITA’ DI SUPERVISIONE, LA QUALITA’ DELLE RELAZIONI INTERPERSONALI,
L’AMBIENTE FISICO DI LAVORO, il LIVELLO RETRIBUTIVO, le CONDIZIONI FISICHE E DI SICUREZZA
PERSONALE. Questi elementi verranno distinti e determinati FATTORI IGIENICI (da insoddisfazione a
non insoddisfazione) la teoria di Herzberg in alcuni casi ci aiuta a comprendere una distruzione tra:
MOTIVAZIONE ESTRINSECA (dovuta a fattori igienici): guida il comportamento della persona ma che
esegue un compito per ottenere uno specifico risultato. Quindi il lavoratore lo fa per ottenere
qualcos’altro, cioè il lavoro è uno strumento per ottenere un risultato (stipendio, passare il tempo con i
colleghi, ecc.)
MOTIVAZIONE INTRINSECA ( dovute a fattori motivanti) entra in grado quando un individuare è “ ben
disturbo nei confronto di un lavoro in conseguenza di positiva e sensazione internamente generate dal
far bene il proprio lavoro e non dipendenti da fattori esterni”.
Per alcuni studiosi una persona è MOTIVATA INTRINSECAMENTE anche quando lavoro in base ad una
esigenza MORALE o ETICA, oppure quando l’attività o il fine perseguito danno alla persona SENSO,
SIGNIFICATO e IDENTITA’. Per altri (DECI e RYAN) la motivazione intrinseca scaturisce soltanto dall’ATTIVITA’
LAVORATIVA che produce piacere e soddisfazione diretta. La MOTIVAZIONE INTRINSECA, quindi, diventa
una COMPETENZA PERSONALE, infatti, Deci e Ryan parlano di AUTOMOTIVAZIONE, cioè la
capacità/predisposizione a impegnarsi e a lavorare più intensamente in ASSENZA DI INCENTIVI ESTERNI, ma
anche SENZA la NECESSITA’ di AUTOREGOLAZIONE/AUTOCONTROLLO necessario per gestire gli aspetti
avversi, non piacevoli dello sforzo lavorativo.
La TEORIA DELL’EQUITA’ tiene conto sia di FATTORI OGGETTIVI che SOGGETTIVI del contesto organizzativo.
La motivazione delle persone molto spesso dipende dalla PERCEZIONE che le persone hanno relativamente
all’equità con cui sono state trattate. Il FATTORE EQUITA’ è complesso e dipende da un rapporto tra input e
risultati, gli input che mettiamo nel nostro lavoro (tempo, esperienza, capacità, ecc.) sono tutti quei fattori
che riteniamo necessari per spiegare il nostro sforzo. I risultati che decidiamo in virtù degli input sono
stipendio, benefit, ecc. Quando parliamo di EQUITA’ parliamo del rapporto tra l’OUTPUT rispetto gli INPUT
(Oa/Ia). L’EQUITA’ si realizza quando questo rapporto si confronta con lo stesso rapporto di un altro soggetto
simile a me (Ob/Ib), se tale rapporto è spiegato da un EGUAGLIANZA non ci sono problemi (Oa/Ia = Ob/Ib),
mentre se in questo rapporto ci troviamo in una situazione di DISUGUAGLIANZA questo produce la
SENSAZIONE DI EQUITA’ (Oa/Ia < Ob/Ib), in questi casi A tenderà a trasformare la disuguaglianza in
eguaglianza AUMENTANDO l’OUTPUT che ottiene oppure tenderà a DIMINUIRE GLI INPUT cioè si sforzerà
può produrre diversi effetti: CAMBIARE CONTRIBUTO, CAMBIARE RICOMPENSA, DISTORSIONE COGNITIVA,
può produrre esiti negativi.
GIUSTIZIA DISTRIBUTIVA: si base sulla percezione che noi abbiamo del rapporto tra ciò che
otteniamo e le risorse che impieghiamo.
GIUSTIZIA BASATA SU I BISOGNI: dove alle persone quello che riteniamo sia necessario a ciascun
individuiamo, ci si basa su bisogni fondamentali
GIUSTIZIA BASATA SUL MERITO IN TERMINI DI PERFOMANCE ASSOLUT: diciamo alle persone ciò
che hanno meritato grazie al loro sforzo
GIUSTIZIA PROCEDURALE: la giustizia percepita del processo e delle procedure utilizzate per
prendere decisioni di allocazione delle risorse
La TEORIA DELL’ASPETTATIVA di Vroon dice che la FORZA MOTIVAZIONALE di uno sforzo o azione
dipende dai seguenti fattori:
Nella microstruttura si deve innanzitutto considerare il problema della scelta tra criteri alternativi di
divisone del lavoro: si tiene quindi in considerazione delle linee gerarchiche come modalità di
coordinamento tra le varie unità organizzative. Nel caso di aziende di ridotte dimensioni e con
combinazioni semplici il lavoro appare divisibile secondo il CRITERIO DELLE COORDINAZIONI
PARZIALI (STRUTTURA FUNZIONALE). Dalla D.G. dipendono le azioni di funzione, da ciascuna di esse
dipendono tutte le unità organizzative che raggruppano le posizioni caratteristiche dell’uso di
tecniche omogene.
Nel caso di aziende con combinazioni produttive articolate in 3 combinazioni parziali corrispondono a relative
linee di prodotto destinate ognuno ad uno specifico mercato si possono utilizzare due criteri di divisione del
STRUTTURA DIVISIONALE. Dalla D.G dipendono 3 direzioni di divisione delle quali dipendono, a loro volta,
le unità funzionali dedicate alle corrispondente combinazione prodotto/mercato.
Per esempio un’azienda produce un solo bene e per fare ciò svolge 3 funzioni (contributo specifico che viene
dato all’ottenimento di un particolare output, ricerca, produzione e vendita). Quindi l’unico modello che
possiamo costruire è questo:
STRUTTURA FUNZIONALE
Nel caso in cui un’azienda produca 3 prodotti e svolge 3 funzioni abbiamo 2 alternative: il MODELLO
FUNZIONALE oppure il MODELLO DIVISIONALE
MODELLO FUNZIONALE
MODELLO DIVISIONELAE
(BASATO SU OUTPUT)
3. Le ECONOMIE DI SCOPO, cioè il costo unitario della produzione di due beni è inferiore alla
somma dei due beni su prodotti separatamente. Quando c’è una risorsa comune sia per un
bene che per un altro che se applicata ad uno dei due beni produce vantaggi anche nella
produzione dell’altro bene ecco che si hanno le ECONOMIE DI SCOPO.
Questa è una STRUTTURA IBRIDA con 3 divisioni e con la funzione delle vendite è accentrata per tutti i
prodotti. Se assumiamo che questa struttura è la più conveniente possiamo dire che le ECONOMIE DI
SPECIALIZZAZIONE, DI SCOPO e DI SCALA per l’attività di vendita rispetto ai 3 beni sono SUPERIORI ai
vantaggi economici che si otterrebbero se si decidessi di inserire la vendita nelle 3 divisioni. Le economie di
specializzazione, di scopo e di scala sono SUPERIORI alle ECONOME DI COORDIMENTO che realizzeremo se
dividessimo l’attività di rendita nelle 3 divisioni. Inoltre, deve essere anche vero che i fabbisogni di
differenziazione e le economie di coordinamento delle funzioni a e P rispetto ai prodotti A, B e C siano
SUPERIORI alle economie di specializzazione, di scopo e di scala che realizzeremmo se accettassimo a e P alle
direttive della direzione generale.
Le scelte strutturali sull’input (MODELLO FUNZIONALE) diventano convenienti quando ci sono condizioni
dove sono molto forti le economie di specializzazione, di scopo e di scala, mentre prevale il MODELLO
DIVISIONALE quando, in termini relativi, i vantaggi economici di coordinamento tra le funzioni per i prodotti.
Poi abbiamo gli IBRIDI quando per uno o più output diminuiscono le economie di coordinamento o i
fabbisogni di differenziazione o quando diminuiscono per una o più funzioni le economie di scala, di successo,
di specializzazione e di scopo. A metà di questo abbiamo che le economie di specializzazione, di scala e di
scopo sono altrettanto forti delle economie di coordinamento e di bisogni e dei vantaggi economici che
derivano dalla differenziazione dei prodotti. La struttura che diventa conveniente è la MATRICE, che
graficamente è:
Nella STRUTTURA MATRICIALE abbiamo che
dirette dipendenze delle Direzione Generale
si trovano sia le divisioni che le funzioni, non
vi è quindi una gerarchia tra funzione a
divisioni, ma sono tutte allo stesso livello in
quanto conviene sfruttare nello stesso
momento sia le economia di specializzazione,
di scala e di scopo delle funzioni che le
economie di coordinamento e il fabbisogno
di differenziazione delle divisioni. Le
strutture matriciali cercano delle unità
operative che dipendono da 2 manager
(TOW BOSS MANAGER). Si vieni quindi a
rompersi l’UNITA’ DEL COMANDO che era
uno dei principi dell’organizzazione classica e
che ancora viene rispettato nella maggior
parte delle organizzazione delle aziende (ogni
dipendente deve avere uno e un solo capo). Queste strutture possono essere adottate soltanto quando si
hanno dei manager che riescono a gestire bene il conflitto creato dal TOW BOSS MANAGER ecco perché le
strutture matricali sono poco diffuse e le abbiamo soltanto in ORGANIZZAZINE PROFESSIONALI dove ci sono
caratteristiche particolari e che quindi anche i manager di basso livello hanno un’autonomia capace di gestire
il conflitto tra il Tow Boss Manager. Nella maggior parte dei casi la STRUTTURA MATRICILAE viene avvicinata
da strutture similari come le strutture basate sui product manager o sulla struttura per progetti. La
STRUTTURA MATRICIALE si può trovare anche nelle MULTINAZIONALI dove in una branca della matrica
abbiamo i prodotti (A, B e C) e nell’altra abbiamo le aree gerarchiche di output).
STRUTTURA PER PROGETTI dove i prodotti sono progetti e deve però la doppia dipendenza NON
CONTEMPORANEA perché il manager dell’unità operativa risponde sia al capo area che al capo progetto
però risponde al capo progetto per alcune problematiche ( gestione personale, finanza, ecc.).
STRUTTURA PER PRDUCT MANAGER: le persone non vengono più chiamate capi divisone, ma PRODUCT
MANAGER perché questi non hanno autorità gerarchica, cioè avremmo la responsabilità di coordinare le
funzioni per le realizzazione di un prodotto però devono coordinare queste funzioni senza utilizzare il potere
gerarchico e per fare ciò può utilizzare il potere carismatico, economico ecc.
Le scelte di quale specializzazione dobbiamo avere le unità organizzative collocate alle dirette dipendenze
della D.G. e le altre unità collocate anche a livelli gerarchici più bassi non è l’unica scelta che occorre fare
perché non si tratta solo di stabilire se le persone nell’unità debbono svolgere attività SIMILI o DISSIMILI.
L’altro problema è capire quanto GRANDI debbano essere le unità organizzative. Quindi le variabili di
considerare sono:
Di tutte queste variabili dobbiamo fare delle STIME, ma le scelte dovranno essere scelte di EQUILIBRIO tra i
diversi fattori per poter raggiungere in maniera efficiente ed efficace gli obbiettivi perseguiti. Trovare la giusta
dimensione delle diverse unità organizzative NON ELIMINA il problema di capire come in termini di
convenienza economica dobbiamo coordinare le diverse unità organizzative. I MECCANISMI più utilizzati
sono: