Sei sulla pagina 1di 12

[Quando Allah soffiò del Suo Spirito nel corpo modellato nell’argilla,

l’essere umano individuale venne all’esistenza come un microcosmo


racchiudente spirito, anima e corpo.
L’anima corrisponde, a livello microcosmico, al dominio della Natura. In
altre parole, il dominio della coscienza appartiene all’immaginale. La
coscienza individuale umana di se stessi riempie il dominio immaginale tra
la luce dello spirito e la tenebra del corpo.
Nella Forma divina (“Allah creò Adamo sulla Sua Forma”) in cui
Sayyiddina Adam (as) fu creato, proprietà che sono originate dalla luce
solare della manifestazione ed altre che derivano dalla notte della non-
manifestazione diventano indistinguibili nel dominio interiore dell’anima.
Tendenze che spingono l’anima in alto verso l’unità dello spirito oppure
giù nella dispersione del corpo indossano la stessa veste nel dominio
immaginale, e se non fosse per la “bilancia” della Shari’ah e della ragione,
non ci sarebbe modo di distinguerle.
Queste tendenze contrarie alberganti nell’anima si manifestano come
tenebra e luce, spirito e natura, ragione ed “appetito” (shahwa). Gli esseri
umani condividono gli appetiti, desiderio del cibo, gratificazione sessuale
e tutte le forme di piacere, con gli altri animali. Questo non è un attributo
pertinente all’anima razionale parlante (nafs nàtiqa), quindi contrasta con
la ragione e l’intelligenza. A meno che l’appetito non sia guidato
dall’intelletto, esso porterà la persona lontano dal retto cammino della
Shari’ah.
Ciò nonostante, l’appetito è una forma specifica di desiderio, così esso
manifesta delle caratteristiche proprie del Desiderio divino stesso, che è
uno dei Suoi Attributi principali.
“Sappi che l’appetito è un desiderio qualificato e naturale, mentre il
“desiderio” vero e proprio, è un attributo divino, spirituale e naturale che si
ricollega solo a qualcosa di inesistente. Il desiderio è più “inclusivo”
dell’appetito, poiché la realtà delle cose si ricollega solo a ciò con il quale
possiede una corrispondenza. La cosa corrispondente è quella con cui essa
condivide una radice comune, dunque l’appetito si ricollega sempre solo
all’ottenimento di quel che è naturale.
Se l’essere umano trova in se stesso un’inclinazione verso qualcosa che
non appartiene al dominio naturale, come un’inclinazione verso la
percezione dei significati concettuali…, verso la ricerca della perfezione o
la visione e la conoscenza di Allah, allora quell’inclinazione deriva da una
di queste due cose :
Può provare quella inclinazione mediante il trarre piacere dalla
immaginalizzazione formale : questo è l’attaccamento dell’appetito per la
ricerca della forma, giacchè quando l’immaginazione “corporizza”
qualcosa che non è un corpo, questo è l’ atto della natura.
L’inclinazione può anche propendere per un qualcosa di altro che
l’immaginalizzazione . Può dunque lasciare i concetti, gli spiriti e la
perfezione nelloro stato di essere scevri da legami e non ristretti dal
processo di immaginalizzazione. Questa è l’inclinazione del desiderio, non
quella dell’appetito, poiché quest’ultimo non ha accesso alla concettualità
pura.
Dunque il desiderio si ricollega ad ogni cosa desiderata dall’anima
razionale parlante e dalla ragione, sia o non sia l’oggetto desiderato anche
oggetto di amore.
Invece l’appetito si ricollega soltanto a quel che appartiene all’anima
nell’ottenimento di uno specifico piacere.
Il “luogo” dell’appetito è l’anima animale, mentre quello del desiderio è
l’anima razionale parlante.

L’Appetito è uno degli strumenti dell’anima. Esso si nobilita o si degrada a


seconda della nobiltà o della bassezza dell’oggetto verso il quale esso
tende. L’appetito è il desiderio di provare piacere in quel che è appropriato
trovare piacere. Ed è di due specie : naturale e spirituale.
L’anima nasce dalla Natura, che ne è la madre e dallo Spirito divino, che
ne è il padre. Dunque l’appetito spirituale non è mai libero dalla Natura.”
Il fatto che l’appetito si ricolleghi a cose del mondo naturale non detrae
però nulla dalla sua eminenza. Se così non fosse non ci sarebbe spazio per
l’appetito in Paradiso. Infatti , sono molti i versetti coranici nei quali si
afferma che ai beati verrà concesso tutto quello che ess desiderano, cioè
tutto ciò verso cui si indirizzano i loro appetiti. In fin dei conti, l’appetito è
il desiderio dell’anima di trarre piacere, ed il piacere si trova al livello
naturale, corporale. La cosa più grande nella quale l’anima trae piacere è la
propria configurazione nel dominio naturale, poiché essa è “configurata”
“sulla stessa Forma di Allah”
“Il piacere è tratto soltanto nella cosa corrispondente, ma non vi è
corrispondenza tra noi ed il Vero se non attraverso la Forma divina. Il
piacere degli esseri umani, nella loro perfezione, è il più intenso dei
piaceri, così il loro piacere in Colui sulla Quale forma essi sono stati creati
è il più intenso dei piaceri.
La dimostrazione di ciò risiede nel fatto che quel piacere non gli pervade
totalmente, né essi diventano totalmente annichiliti nella testimonianza di
qualcosa, né l’amore e la passione pervade la natura dei loro spiriti, eccetto
quando si innamorano di una donna [o di un uomo nel caso di una donna].
Questo perché sono pienamente la controparte di ciascuno di essi, poiché
sono gli uni sulla forma degli altri. [NdT : questo, tra l’altro, è una chiara
condanna dell’omosessualità, poiché implica una perversione\deviazione
nel riconoscimento della propria “controparte”… con buona pace del
cosiddetto “gay pride”…]
Ma ogni cosa nel cosmo è una parte dell’essere umano, dunque essi sono
la controparte solo della parte corrispondente. Quindi essi non si
estinguono in nessuna cosa che amano salvo nel proprio simile.”
Sebbene la ragione funga da controllore dell’appetito, tuttavia l’appetito,
nel suo dominio, simboleggia il Desiderio divino, ed ha dunque i suoi
diritti.
I “mutarawhinnùn”, gli “spiritualizzati”, sono coloro che si liberano dal
mondo della natura e si rivestono con gli attributi del proprio padre, lo
Spirito divino. La loro caratteristica è quella di essere distaccati dagli
appetiti ma ciò non vuole dire che li ignorino. Al contrario, essi donano
all’appetito il diritto che gli spetta, permettendogli di ottenere quel che
esso desidera, entro i limiti della Shari’ah.
Il segno degli “spiritualizzati” che li contraddistingue come figli del padre
è il loro esser liberi dagli appetiti naturali, ricavando da essi soltanto quel
che serve alla loro “configurazione” per sopravvivere. Il Profeta (sas) ha
detto : “Qualche boccone per consolidare la spina dorsale è sufficiente per
il figlio di Adamo”. La loro aspirazione risiede nel congiungersi col
proprio padre, che è “yà ì”, lo Spirito divino, non quello comandato.
Lo ho chiamato “yà ì” solo a motivo delle parole dell’Altissimo “ Ho
insufflato in lui del Mio Spirito” (Cor.15,29), con la “yà” (rùhì) di
ascrizione a Se Stesso.
Egli dunque differenzia tra lo Spirito del Comando e lo Spirito della “yà”
dell’ascrizione. Egli ha reso lo Spirito del Comando pertinente alla
conferma che proviene da Lui, ma ha resto lo Spirito della “yà” pertinente
all’Esistenza\Essere dell’essenza dello Spirito, che è la Parola del Vero
insufflata nella Natura.

Lo spirito individuale anela al proprio padre con l’anelito del bambino,


cosicchè esso sarà confermato da Allah in quel che cerca, testimoniando il
Vero al di fuori dello Spirito e della Natura, in quanto Egli è Indipendente
da essi due , non in quanto Egli Si rivela ai servi da essi stessi, o per mezzo
di essi stessi od in essi stessi. Tutto questo appartiene a Lui Solo.
Questo è un sublime oggetto di ricerca. Quando qualcuno lo raggiunge e,
per mezzo di esso, ne è rafforzato, allora egli tratta i suoi appetiti in
maniera del tutto disinteressata nei loro confronti, come una discesa da
parte sua verso di essi. Attraverso gli appetiti costui esercita un’azione di
governo sugli oggetti degli appetiti stessi e nessuno degli appetiti, per
contro, esercita un controllo su di lui, tramite gli oggetti sui quali si
esercitano tali appetiti, in modo tale che egli “dona” l’appetito all’appetito
stesso, mentre invece gli altri uomini sono dominati dagli appetiti.
Il possessore di una tale stazione fa in modo che l’appetito stesso si crei,
nuovo, all’interno di se stesso, in modo da gratificare ed assecondare le
richieste di ciò che ha un appetito, all’interno del proprio particolare
microcosmo [NdT : penso intenda con queste parole il fatto che egli usa
l’appetito per donare il diritto dovuto a quelle componenti del proprio
microcosmo che hanno diritto di essere soddisfatte e di ottenere l’oggetto
del loro appetito]. Tramite questo genere di appetito, le richieste avanzate
vengono soddisfatte provocando il conseguimento degli oggetti di tali
appetiti. Così lo spirito animale raggiunge la sua soddisfazione.
Esse sono le anime che “guarderanno il loro Signore” (Cor.75,23), non
velato. Egli Si è teofanizzato loro con il Suo Nome : Colui che
continuamente crea, ed ha conferito loro questo Nome in modo tale che, da
esso, costoro possano generare quel che essi desiderano, e non quello
verso cui hanno appetito.
Esse sono anime nobili, eccellenti, che sono diventate “simili” a Colui al
quale esse appartengono. Esse guardano alla Natura con gli occhi di un
bambino che ama la propria madre, sebbene siano state ormai liberate dalla
necessità della Natura stessa, in maniera da tale a quest’ultima il diritto che
le spetta.”

Il capitolo 353 delle Futuhàt si intitola : “Sulla conoscenza della stazione


di 3 misteriosi talismani che presiedono alla vera conoscenza della
cause occasionale ed alla conformità con il suo diritto”.
La parola “tilism” (talismano) sta qui ad indicare un qualcosa “al quale è
stata conferità un’autorità di governo”. I tre talismani sono dunque le “tre
anime” che sovraintendono l’essere umano. Il diritto dovuto ad una facoltà
di una di queste tre anime è costituito da tutto ciò che, nell’esistenza, le
appartiene e le appartiene in virtù del fatto che “Allah ha dato ad ogni
cosa la sua creazione” (Cor.20,50)]

Sappi, che Allah ti confermi con uno spirito che proviene da Lui, che
quando Allah ha creato l’anima razionale parlante, la quale governa
questa “complessione” che prende il nome di “essere umano”, Egli
conferì autorità su di lui a tre cose, presenti all’interno di tale
“complessione” nella sua configurazione presente in questo mondo,
facendo di esse tre delle concomitanti della configurazione di tale
costituzione : esse sono l’anima vegetale, l’anima appetiva (shahwa) e
l’anima collerica.

Per quanto riguarda la vegetale e la collerica, esse scompariranno nella


configurazione della Gente della Felicità nel Giardino, e rimarrà in quella
configurazione solo l’anima appetitiva ; essa è quindi comune ad
ambedue le configurazioni e, attraverso di essa, la Gente della
Benedizione esperisce la propria gioia.

L’Anima vegetale è quella che cerca il nutrimento per ripristinare quel che
è consumato del corpo; attraverso di essa il corpo cresce e non smette
mai di prendere il proprio nutrimento, perpetuamente, sia tramite quel
che proviene dall’esterno, che è chiamato “cibo”, o da dove Allah vuole,
senza designazione alcuna.[Come l’esempio di alcuni Awliyà’ che hanno
praticato un digiuno completo, giorno e notte, e tuttavia non sono morti
né deperiti, dimostrando con ciò che “venivano nutriti dal proprio
Signore”].

L’anima vegetale possiede quattro “guardie” (facoltà) : attrattiva,


ritentiva, digestiva ed espulsiva.

La funzione della facoltà attrattiva è quella di trasferire il nutrimento da


un posto all’altro. Esso passa dalla bocca allo stomaco, dallo stomaco al
fegato, dal fegato al cuore e da questi a tutte le vene e le varie parti del
corpo, e vi apporta tutto ciò che per esse è appropriato a sostenere le
loro facoltà…

La facoltà repulsiva assiste l’attrattiva, poiché essa espelle il nutrimento


dal suo posto non appena vede che esso ha pienamente donato il suo
diritto a quel posto stesso e non ha più nulla da fare con esso. Essa lo
espelle affinchè non sia di ostacolo al nuovo nutrimento quando esso
verrà e quindi assiste la facoltà attrattiva.

La facoltà ritentiva trattiene il nutrimento in ogni posto affinchè


quest’ulltimo possa ricevere il diritto che gli spetta dal nutrimento stesso.
Quando essa vede che il diritto spettante è stato totalmente ricevuto,
essa lascia andare il nutrimento, e le facoltà espulsiva ed attrativa lo
riprendono in carico.

La facoltà digestiva è quella che trasmuta la forma del nutrimento e lo


riveste con un’altra forma, differente da quella precedentemente
posseduta. Infatti esso inizialmente ha una bella forma con un gradevole
aroma, ma quando subisce il processo digestivo, la digestione cambia la
sua forma e lo riveste con una forma alterata con un odore che non
assomiglia a quello iniziale. Ecco perché è chiamata “digestione” (hàdim),
da cui anche ihtidàm (maltrattare). Ma si trova della Saggezza in questo
“maltrattare” : senza la digestione, l’obbiettivo per il quale Colui che
nutre Si propone con il nutrimento non avrebbe potuto essere raggiunto.
Così, la situazione che diventa manifesta come “corruzione”, a livello di
non-manifestato è invece “salute”.

La facoltà digestiva non cessa mai di far passare il cibo da una forma
all’altra e la facoltà ritentiva lo trattiene in suo dominio per disporre di
esso in conformità con la conoscenza sua e di ciò sopra al quale esso è
posto in carico. Una volta che questi due hanno fatto pieno uso di esso,…,
lo lasciano libero ed esso viene preso in carico dalla facoltà attrattiva e da
quella repulsiva.
Quando esse due lo hanno trasferito in un altro posto, esso ritorna a
carico delle facoltà digestiva e ritentiva, che con esso fanno quel che
avevano fatto nel luogo precedente e dischiudono in esso altre diverse
forme.

Poi viene ripreso in carico dalle facoltà attrattiva e repulsiva, ed esse


trasportano queste forme in cammini pre-designati che esse non
trasgrediscono e così è sino a che Allah desidera la sussistenza per quella
particolare configurazione naturale.

Non fosse per queste “guardie” , l’anima vegetale non potrebbe


raggiungere le finalità ricercate.

Quando Allah vuole che quella configurazione naturale perisca, l’anima


vegetale cerca l’assistenza della facoltà appetiva in modo che l’anima
governante insorga ed avochi a sè gli oggetti del suo appetito. Ma gli
appetiti non fanno ciò, ed Allah la indebolisce lasciando che l’autorità del
“calore” prevalga sul suo “luogo”. Allora essa si indebolisce, come fa una
lampada alla luce del sole. Essa rimane senza controllo.

L’anima vegetale quindi continua a dire alle sue guardie “Devo avere
qualcosa con cui nutrirmi”. Allora finisce col nutrirsi degli “umori”
corporei e degli avanzi che ne rimangono. E può essere che anche le
“guardie” si siano indebolite così come l’anima vegetale stessa, per cui
quella configurazione continuerà ad indebolirsi. La facoltà repulsiva
diviene sempre più forte e quella attrattiva sempre più debole, così come
la ritentiva, sino a che l’essere umano muore.

Se non fosse per il fatto che questi “strumenti” regolano quella


configurazione in questa maniera, nessun orecchio udirebbe, nessun
occhio vedrebbe, e nessuna delle facoltà sensibili e “soprasensibili”
potrebbero avere una qualche proprietà efficace.
Per quanto concerne l’anima appetiva , la sua facoltà è quella di ricercare
ciò che è bello ai suoi occhi. Essa non sa se ciò la danneggerà oppure la
beneficherà . Ciò è così soltanto nella configurazione umana. Infatti, per
quanto riguarda gli altri animali, essi partecipano al nutrimento solo
attraverso il desiderio e non l’appetito, in maniera tale da respingere da
loro stessi la sofferenza della fame e della necessità. Essi comprendono
soltanto ciò che arreca loro beneficio. La proprietà appetiva, per gli
animali rimane soltanto nel loro ricercare più nutrimento di quel che
rappresenta effettivamente il loro bisogno e, conseguentemente, patire
del disordine a causa di questo. Anche gli esseri umani soffrono disordine
nel cercare più nutrimento, quando invece una piccola quantità sarebbe
stata loro sufficiente , oppure nel ricercare quel che non ha
assolutamente nessun beneficio per loro, ma è voluto solo dall’appetito,
sebbene la loro costituzione ne soffra un danno.

Questo è quel che distingue gli esseri umani dagli animali nella ricerca del
nutrimento.

L’anima appetiva è legata a quella vegetale nella maniera indicata dal


poeta:

Quando un uomo dotato di senno vuole verificare cosa sia questo


mondo / Esso si rivela a lui / come un nemico sotto le spoglie / di un amico
sincero.

L’anima appetiva mostra una sincera amicizia per quella vegetale, perché
è sua assistente nel nutrimento e nella sua condivisione. Ma è anche sua
nemica, poiché l’appetiva le porta del nutrimento che la danneggia e non
le reca beneficio. La sua assistenza nei confronti dell’anima vegetativa è
accidentale, non essenziale; per quest’ultima essa è il nemico che le si
rivolge dal quale non è possibile allontanarsi e dal cui male non vi è
sicurezza.

L’anima collerica è quella predatoria. Essa ricerca la soggiogazione a causa


di quel che essa reputa in fatto di sua superiorità nei confronti degli altri
viventi, giacchè ad essa è stata data la facoltà e la capacità di agire
liberamente.

Essa vede il mondo come assoggettato alla sua propria configurazione ed


al suo proprio governo. Essa vede nell’Esistenza degli eventi, incidentali,
che avvengono, per cambiamento, o attraverso una qualche causa
occasionale che diviene manifesta : tutto ciò le impedisce di ottenere quel
che essa desidera. Allora diventa collerica poiché non è riuscita a
soddisfare il proprio personale desiderio.

Essa possiede una forte autorità direttrice assistita da un’aspirazione che


è attiva o che le ordina, dal di fuori, di indirizzare la propria collera verso
una data cosa, poi la distrugge, manifestando la propria vendetta.

Essa, nella propria vendetta e soggiogamento, non riconosce la “bilancia”


del male agire e della giustizia, dato che tutto ciò non le è proprio, ma
piuttosto è proprio della ragione e della “legge del momento” (nàmùs al
waqt).

Per questo ha sbagliato il poeta che disse :

Il male agire appartiene al carattere originario dell’anima / quindi se tu


vedi / un uomo che si porta decentemente, egli evita il male / per una
qualche ragione

Se avesse detto “soggiogare” al posto di “male agire”, allora avrebbe


parlato correttamente, giacchè uno non può comportarsi male salvo colui
al quale si indirizza una legge [NdT : se non vi è Legge non si può definire
quel che è bene e quel che è male]…
L’anima non possiede nulla se non il soggiogare, “il furore dell’ignoranza”
(Cor.48,26). Se questo è conforme al Vero allora si ha uno zelo religioso.
Questo è il motivo per il quale la collera per Allah ed in Allah è lodata, ma
la collera per altri che Allah ed in altri che Allah è biasimata.

Ciò appartiene alla Libera Disposizione del Sapiente, il Vero, il Quale ha


ordinato tutte le cose in conformità con il loro livello, ed ha “dato ad ogni
cosa la sua creazione” (Cor.20,50), affinchè possa essere un segno di Lui
per coloro che possiedono il “nucleo” e per le altre “genti dei segni” tra gli
abitanti di questo mondo. Infatti essi sono differenti tra loro in questo ,
così come Allah gli ha enumerati nel Suo Sublime Libro che “non Lo tange
falsità in nessuna delle Sue parti. E’ una Rivelazione da parte del Saggio,
del Degno di Lode” (Cor.41,42).

Allah ha riunito insieme tutti questi segni del Libro dell’Esistenza, dentro il
quale non vi è che chiarificazione e misericordia. E null’altro.
Ogniqualvolta qualcosa che contraddice la misericordia fa la sua
apparizione nel Cosmo, da parte [direttamente] del Vero oppure
dall’interazione di qualche parte del Cosmo con qualche altra, ciò non è
che un affare incidentale nel Libro ed è spiegato dalla chiarificazione per
accidentale che esso possa essere. Ciò non appartiene all’essenza del
Libro, in quanto , rispetto alla Sua essenza, il Libro è tutto misericordia e
chiarificazione. Allah non ne ha fatto un castigo.

Allah è più Generoso e Nobile da voler castigare le Sue creature con un


castigo che non abbia , alla fine, un termine , compreso e designato nella
spiegazione del Libro. Allora l’affare ritorna alla misericordia.

Non vi è modo di sfuggire a tutto questo, “Ed Allah è il Perdonatore, il


Compassionevole” (Cor.2,218)

[L’Appetito è dunque un desiderio operante soltanto nel dominio naturale, che è


precisamente il dominio delle forme, e tutte le forme sono “immagini”, nel
senso che è proprio la facoltà “immaginale” quella che attribuisce le forme, e le
attribuisce persino a ciò che, a livello fisico-corporale , non è, invece, atto a
ricevere una forma.]

Un Mistero

La Condivisione degli Appetiti

Nelle Mutue Somiglianze

Non c’è modo di liberarsi dell’Appetito \ poiché esso deriva dalla realtà
essenziale della configurazione \ sia in questo basso mondo sia nella
Dimora del Ritorno Finale \

Nelle mutue somiglianze \ vi è inclinazione in tutte le direzioni

Il barzakh si trova tra due parti \ e non vi è null’altro che due entità \ tu e
Lui dal Quale tu derivi \ sebbene ogni cosa provenga da Lui

Ai nostri occhi il barzakh è stabilito solo \ nell’entità esistente \ poiché


esso si trova tra le essenze immutabili non-manifestate \ e l’Esistenza

Quando qualcuno osserva questa “stazione” torreggiante \ egli allora


afferma che il Cosmo nello stato \ della sua esistenza sia un barzakh

Se il Cosmo fosse deprivato dell’esistenza \ questo barzakh limitato


scomparirebbe

Le cose sono simili per mezzo delle somiglianze \ ed i corpi densi sono
simili per mezzo delle ombre

E dinnanzi ad Allah si prosterna quel che è \ nei Cieli e sulla “terra, volenti
o nolenti \ così come fanno le loro ombre \ al mattino ed alla sera”
(Cor.13,15)

Potrebbero piacerti anche