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Il nostro codice di procedura penale, sebbene abbia necessitato di qualche decennio per la sua stesura, è del 1989, anche

detto Vassalli, in onore del Ministro della Giustizia


tempo: questo codice, almeno in alcune sue parti, ha realizzato un trasferimento di istituti derivanti dal common law. In alcuni momenti della storia, infatti, vi è stata
contaminazione tra i due sistemi. In questo caso, infatti, si disse che il codice recepì molti principi accusatori, con un correlativo abbandono di principi al contrario inquisitori

MODULO I (ettore dezza): studia bene anche le radici ed etimologie delle parole
LEZIONE 1 e 2:
Per secoli la storia del processo penale nell’Europa continentale è stata molto diversa da quella
del processo penale dell’Inghilterra (Scozia, Irlanda, Galles hanno un’altra storia ancora). Il nostro
sistema giuridico (in quanto italiani e continentali) è romano-germanico e affonda nella tradizione
romana e dei popoli germanici. I giuristi inglesi si auto definiscono “commoners" (giuristi di
common law) e definiscono i giuristi dell’Europa continentale come “civilians” (perchè nel
medioevo gli inglesi vedevano “noi” come studenti dello ius civile, ovvero il diritto romano e in
questi termini ci hanno chiamato civilisti, non perchè studiassimo solamente diritto civile).

Common e civil law sono due esperienze giuridiche diverse. Detto ciò se osserviamo la struttura
del processo penale ci accorgiamo che da un certo momento in poi c’è stata una certa
contaminazione tra i due modelli giuridici: certi istituti/principi, hanno cominciato a transitare da
un modello all’altro e soprattutto in età moderna, molti istituti di common law, sono stati adottati
in Europa continentale.

Il nostro codice di procedura penale quanto è stato creato si diceva che contenesse molti principi accusatori
tralasciandone altri inquisitori.
La tradizione storica del modello processuale di civil law accusatoria, quella di common law è
accusatoria.

1066 Guglielmo il conquistatore vince la battaglia di Hestings e invade l’Inghilterra


Conquistandola. Con la conquista normanna inizia la storia del common law e del processo
penale inglese, di tipo accusatorio. Contemporaneamente in Europa vengono fatte delle scelte
diverse e intorno al 12 secolo in Europa Continentale si crea una struttura di processo penale che
si differenza sempre più da quella al di là della manica (come data di riferimento prendiamo l’anno
1215 con la creazione della Magna Charta). Dal 1215 in poi i due sistemi andranno sempre più
divaricando l’uno dall’altro.

Il modello accusatorio a differenza di quello inquisitorio deve


essere orale per forza di cose in quanto ci deve essere il
MODELLO INQUISITORIO DI PROCESSO PENALE: contraddittorio tra chi accusa e l’accusato
Si dice che il modello inquisitorio è scritto (tutte le sue fasi danno luogo ad una
documentazione scritta) e segreto mentre quello accusatorio è orale e pubblico.
Inquisitorio è un aggettivo che deriva da “inquisizione” (da inquisire= ricercare verso qualcuno,
fare una indagine su qualcosa). L’obiettivo è quello della ricerca della verità al fine di ricercare la
colpevolezza o meno del soggetto. Il soggetto che deve giudicare e ricercare la verità è
magistrato, l’alternativa è che non sia il magistrato pubblico a portare avanti tale indagine ma
venga fatto da una qualsiasi persona, un qualsiasi cittadino. Nel primo caso abbiamo il
magistrato che INQUISISCE, nel secondo caso la persona che ACCUSA, ecco la differenza tra
i due sistemi. Da questo punto di vista un processo di tipo accusatorio assomiglia molto di più ad
un processo civile e come il processo civile questo viene definito processo di parti. Le due parti
devono cercare di agire dimostrando le proprie ragioni al giudice, nel modello inquisitorio si
manifesta invece una sovrapposizione tra colui che imputa ad un soggetto la commissione del
reato e anche colui che giudica. Nel modello accusatorio colui che accusa non sarà mai colui che
giudica.
a differenza del modello inquisitorio INQUISIZIONE: da in quaero, ricercare verso qualcosa o
qualcuno

LEZIONE 2:
Parlando di modello accusatorio ed inquisitorio si parla di modelli storici che si sono affermati
nella prassi delle corti di giustizia penale, non si parla di modelli teorici.

Nel modello inquisitorio si ha un protagonista unico, il magistrato che per suo dovere è chiamato
a svolgere due delle funzioni del processo penale (accusatore e inquisitore). A differenza del
processo accusatorio, il giudice non è un giudice neutro. Il modello inquisitorio si afferma a partire
dal 13 secolo, stessa epoca in cui al di là della manica si afferma il modello accusatorio. In
Nel processo penale le funzioni fondamentali sono tre: accusare, difendersi e giudicare. Se nel processo accusatorio ognuna di queste funzioni spetta a parsone
diverse, richiamando lo schema del processo civile (come diceva G.Bassiano un actus trium personarum), in quello inquisitorio le funzioni di accusatore e giudice
sono, al contrario, cumulate nello stesso soggetto.
entrambi i casi il modello si afferma nella prassi ma nell’Europa continentale si ha un potente
motore che aiuta lo sviluppo del modello inquisitorio, ovvero la dottrina (opere dei giuristi) che
creano principi fondamentali per questo tipo di modello. Al di là della manica la prassi ha un
rapporto invece con i giudici e la giurisprudenza delle corti.

Parlando di modello inquisitorio dobbiamo premettere una duplice affermazione. Questo modello
si ricollega a particolari situazioni politiche o sociali e queste sono sostanzialmente due:

• modello inquisitorio è una espressione del principio di autorità ovvero laddove esistono dei
regimi politici centralizzati / autoritari (monarchie tendenzialmente assolutiste quali quelle che
caratterizzano tutta la storia del continente europeo).

• spesso la storia ci insegna che l’affermarsi di un modello inquisitorio si ricollega a situazioni


sociali di grande turbolenza/incertezza e per reazione a ciò si tende a far ricorso a un sistema
di giustizia penale particolarmente severo e repressivo.

Questi due elementi possono anche coesistere.

LEZIONE 3:
Caratteri fondamentali modello inquisitorio:
Innanzitutto questo modello è strettamente legato ad alcune situazioni di carattere politico sociale
(governo accentrato e totalitario) o si è manifestato come reazione a situazioni politiche incerte. A
volte il processo penale di tipo inquisitorio si è affermato in una situazione di totalitarismo politico
con situazione di incertezza.

1) Si ha la concentrazione di poteri nelle mani di un solo soggetto, il giudice, che porta avanti
l’accusa e deve giudicare. Il giudice quindi è il dominus del processo e non è un giudice
imparziale (perchè accusa). In alcuni casi particolari il giudice può diventare accusatore e
difensore. Dalla concentrazione di poteri deriva il fatto che 2) il ruolo delle parti private è
limitato in quanto non hanno quasi nessun potere di iniziativa processuale, quando ci
sono i reati lievi che non hanno rilievo per la società è concesso il potere accusatorio ai privati.

I poteri riconosciuti all’accusato: è possibile la difesa? Tendenzialmente si, ma bisogna


distinguere il tema dell’autodifesa da quello della difesa tecnica. Parlando di processo inquisitorio
e difesa all’accusato si intende solo l’autodifesa in quanto veniva ritenuto un diritto naturale della
persona. Di regola per quasi tutto il corso del processo inquisitorio la difesa tecnica non è
prevista.
*
Nel nostro moderno ordinamento repubblicano esiste il principio della presunzione dell’innocenza
mentre in processo inquisitorio si ha il principio della presunzione di colpevolezza. La
presunzione di innocenza vige fino a quando l’individuo non passa in giudicato.

Laddove vige, come nel processo inquisitorio, la presunzione di colpevolezza, le ricadute sono
due: 1) si parla di immediata privazione della libertà, 2) l’inversione dell’onere della prova che
molto spesso può essere osservata nel processo inquisitorio, il principio processuale generale di
qualsiasi ambito è che è colui che agisce che deve dimostrare le proprie ragioni (attore deve
dimostrare le proprie ragione verso il convenuto davanti al giudice) , nel processo inquisitorio si ha
l’inversione e quindi molto spesso se non di regola non è chi accusa (giudice accusatore) che
deve dimostrare la fondatezza quanto è l’inquisito che deve dimostrare la propria innocenza.

3) Un tipico carattere del processo penale inquisitorio è la sua segretezza. Si intende quindi che
lo svolgimento e i contenuti della procedura sono segreti e noti solo a pochi individui ovvero il
giudice (unico soggetto che agisce nell’ambito della giustizia penale e conosce come sta
andando la procedura) sia perchè è colui che manda avanti il processo (ex officio= è il suo
compito) sia perché è l’unico che conosce il contenuto degli atti e delle tappe del processo il che
significa che in un processo di tipo inquisitorio, l’inquisito non sa cosa stia succedendo se non
nell’ultima fase del processo quando il giudice che sta accusando ha raccolto la quantità di prove

*Avere un difensore non era di per sé vietato, ma assolutamente non


obbligatorio: inoltre il difensore tecnico aveva un ruolo estremamente
marginale, relegato ad un’arringa da tenersi alla fine del processo, tutte le
fasi decisive erano infatti sempre nelle mani del giudice.
necessarie e sufficienti e interrompendo la raccolta del materiale probatorio, il contenuto di
questo materiale viene trasmesso all’inquisito (l’inquisito deve farsi parte diligente per contenere il
contenuto del processo). Da ciò deriva il fatto che il processo inquisitorio non conosce la fasi
dibattimentale.

4) Strettamente legato al carattere della segretezza è il carattere della scrittura. E’ un processo


scritto, dove tutti gli atti e adempimenti del processo si trasformano in verbali, anche l’esecuzione
della sentenza viene verbalizzata da funzionari appositi (era raro che un unico processo fosse
verbalizzato da un unico cancelliere/notaio criminale quindi anche loro non sapevano il contenuto
del processo). Una conseguenza di questo carattere è che i processi inquisitori danno vita a
faldoni di atti giudiziari (importante per la ricerca storica). Nella nostra giustizia penale abbiamo
ancora un retaggio del processo inquisitorio ovvero la verbalizzazione degli atti giudiziari, molto
spesso l’importanza di un processo può essere determinata dal numero di atti. Il fascicolo dei
verbali serve a permettere all’inquisito di conoscere le carte, alla fine di tutto si ha una camera di
consiglio in cui ,sulla base della lettura dei verbali, si decide l’esito del processo.

ANEDDOTO PROFESSOR VASSALLI SU DIFFERENZA TRA PROCESSO INQUISITORIO E


ACCUSATORIO: Il giovane professor vassalli dovette difendere un giovane ladruncolo che aveva rubato da un
magazzino militare americano dei beni ed era quindi stato giudicato da una corte americana che aveva sviluppato il
procedimento in forma orale. La corte aveva scritto su un foglietto la sentenza della corte e dopo aver letto la sentenza
ha distrutto il foglietto e di quel processo quindi non rimane nulla.

“Camille DU Moulin diceva che solo i tiranni maldestri esercitano il potere con violenza, quelli
accorti esercitano il potere attraverso la giustizia penale”

5) Tema della prova (aspetto fondamentale di un qualsiasi processo) che è uno strumento di
conoscenza della verità e quindi ad una decisione che individua le ragioni e i torti. La verità che
esce da un processo sotto forma di sentenza è una verità processuale in qualche modo
considerabile artificiale ovvero a cui si arriva applicando una serie di norme, ponendo in essere
una serie di adempimenti codificati nella legge e non abbiamo nessuna garanzia che la verità alla
quale sia arriva sia quella effettiva (è il massimo a cui si può arrivare).

La prova: qualsiasi elemento/strumento che ci informi su quanto accaduto e ci aiuti ad arrivare


alla verità. Ci sono due modi di considerare le prove nel loro complesso:

1. PROVA LEGALE: tipico del processo inquisitorio. Si ha un sistema di prova legale quando il
valore di una singola prova è predeterminato dalla legge o comunque dall’ordinamento
giuridico, esempio: la confessione (imputato ammette responsabilità) e al riguardo si parla di
piena prova incontrovertibile cioè automaticamente la confessione era piena prova della sua
responsabilità e questo era stabilito dalla legge. Nel sistema inquisitorio avevamo una
gradazione del valore delle prove. Solo due tipi di prova assoluti (una la confessione, l’altro il
detto conforme di due testimoni superiori ad ogni eccezione ovvero se ci sono due testimoni
che concordano sulla colpevolezza e dicono esattamente la stessa cosa e inoltre devono
essere superiori ad ogni eccezione ovvero devono essere persone oneste e credibili). Unus
testis nullus testis (un solo testimone non è sufficiente a condannare, perchè è scritto nella
bibbia). Il focus dei giudici era la ricerca della confessione perchè è la prova più semplice per
chiudere il processo.Quando si parla di pena edittale (espressione tipica penalistica) si intende
la pena prevista dalla legge per la commissione di uno specifico reato penale.Le altre prove
che non sono piene prove non consentono di portare alla pena edittale. I sistemi inquisitori
hanno sviluppato tecniche per consentire al giudice di rilasciare una pena di condanna anche
in assenza di una piena prova legale: alcuni sistemi, soprattutto quelli moderni, ritenevano che
senza prova piena non si potesse condannare (non significa che il soggetto venisse assolto),
mentre nei sistemi storici si parla di “pena straordinaria”. In un sistema inquisitorio basato
sulla piena prova legale se non ci sono piene prove, la soluzione è quella del ricorso alla pena
straordinaria o arbitraria ovvero quella pena che il giudice è autorizzato ad irrogare in presenza
di elementi probatori che non arrivano alla piena prova e le caratteristiche sono due: 1)non
può essere di livello uguale o superiore alla pena edittale, e 2) deve essere proporzionata sulla
base degli elementi probatori che sono stati raccolti in relazione al determinato
soggetto.Questa pena viene definita anche arbitraria perchè è demandata all’arbitrio del
giudice: l’ordinamento non dice nulla riguardo alla situazione in cui si hanno prove ma non
sufficienti per avere la piena prova.

2. LIBERO CONVINCIMENTO DEL GIUDICE/INTIMO CONVINCIMENTO/CRITERIO


MOTALE: tipico dei modelli del processo accusatorio

LEZIONE 4:

Secondo un principio tipico in un processo è quasi più importante il rispetto delle regole
processuali piuttosto che della verità.

Mentre in un processo accusatorio si esce solamente come “guilty or not guilty”, in quello
inquisitorio abbiamo un ventaglio di possibilità. Il processo inquisitorio è estremamente tecnico
rispetto a quello accusatorio, è un processo per giudici “togati” (di professione, con una
preparazione giuridica) mentre quello accusatorio è atto a soddisfare un principio democratico
con partecipazione di altri che non hanno una preparazione giuridica ma decidendo sulla base del
“criterio morale” ovvero un altro modo di esercitare il libero convincimento. Il giudice popolare
non conosce l’ordinamento e le legge. Si parla infatti nel processo accusatorio di
“verdetto” (espressione che deriva da un’espressione latina usata nei tribunali inglesi nel
medioevo, il termine originario latino era VERE DICTUM, che veniva rilasciato dalla giuria
popolare) e non di sentenza. La sentenza può essere rilasciata solo dal giudice togato.

In un sistema inquisitorio non funzionerebbe il criterio morale e questo è anche collegato al fatto
che nel processo inquisitorio ci si basa sulla prova legale connotata da alto tecnicismo.

Ad un certo punto della storia il principio del libero convincimento del giudice è stato trasferito
anche al giudice togato e lo vediamo ancora oggi nelle nostre corti (giudici togati che giudicano
sulla base del criterio morale) e questo avviene a partire dall’età delle codificazioni (ultimi 200
anni, grosso modo a partire dalla rivoluzione Francese in poi) in cui si è avuta una commistione tra
modello accusatorio e inquisitorio (come è il nostro).

Nel processo accusatorio al giurato si chiede solamente se l’imputato è colpevole o meno ed è


una decisione che dovrà essere presa sulla base di un criterio morale.

Dalla metà del 13 secolo invalse nella pratica il ricorso alla “tortura giudiziaria”, metodi violenti
intesi a strappare ad un imputato la confessione della propria responsabilità al fine di ottenere la
piena prova legale . Tortura ad eruendam: confessione (a strappare la confessione) .

In un sistema inquisitorio basato sulla prova legale la formazione della prova è di tipo unilaterale
(ovvero il giudice) mentre nel processo di tipo accusatorio la prova non si forma in modo
unilaterale ma attraverso un dibattimento.

LEZIONE 9:

Prendiamo in considerazione un tornante storico rilevante, il passaggio tra il 12 e 13 secolo, in


cui inizia l’allontanamento tra la giustizia penale inglese (modello di giustizia penale accusatorio) e
quella del continente (modello di giustizia penale di tipo inquisitorio).

Il quarto concilio lateranense costituisce il punto di partenza di questa divisione. E’ importante


perchè tra le sue numerose decisioni due sono particolarmente rilevanti e parliamo a riguardo di
A partire da questo momento, dunque, le prove irrazionali iniziarono rapidamente a sparire dalla
giustizia penale: la soluzione del problema relativo al fondamento della propria sentenza diventa,
quindi, la base della differenziazione dei modelli. *

due canoni [canone= norma posta dall’ordinamento ecclesiastico, deriva dal termine “canon”
norma in greco].

• canone 8: riguarda su modulo I Fugazza

• canone 18: è il canone che abolisce il sistema probatorio tradizionale basato sull’Ordalia
(sistema probatorio definito irrazionale). Già da parecchi decenni nella Chiesa era in atto un
dibattito ideologico proprio sulle Ordalie. Queste presuppongono un intervento divino (è dio che
fa superare la prova e quindi è Dio che indica ai giudici le ragioni e i torti) e proprio questo
intervento è oggetto di una riflessione che porta a delle conclusioni che sono devastanti per il
tradizionale modello della giustizia penale alto medievale. Questo intervento normativo
condanna le Ordalie e nello specifico disinnesca il meccanismo che è alle origine dell’Ordalia in
quanto questo canone non condanna direttamente l’Ordalia ma evita di fatto che queste
possano essere applicate in futuro prevedendo il divieto per i sacerdoti di partecipare all’Ordalia
e il divieto nello specifico riguarda il divieto per i sacerdoti di benedire queste prove
irrazionali. Il venir meno alla partecipazione del sacerdote fa mancare il collegamento tra
divinità e i singoli mediante la prova irrazionale. Il presupposto per cui si elimina questa prova è
legato al fatto che l’uomo nella sua piccolezza non può richiedere l’intervento divino per
questioni terrene (“non tenterai il Dio tuo”). E’ proprio questa previsione del canone 18 che
determina il progressivo sviluppo diverso tra un lato e l’altro della manica. Il problema che ora si *
pone è quello di come dare certezza alla sentenza (prima era determinato da Dio). In Inghilterra
si avrà il modello basato sul verdetto della giuria popolare (scelta di tipo empirico) e quindi si
convocano 12 ( numero apostoli ) persone alle quali si richiede una testimonianza (i membri
venivano chiamati testimoni) su innocenza o meno dell’imputato e quindi i giudici sentenziano
sulla base di quanto detto dalla giuria (che deve giurare). La scelta che viene fatta in Italia e poi
in tutta Europa è diversa. Nasce proprio nel contesto italiano per poi influenzare tutta Europa:
questo ambiente italiane in cui si sviluppa il modello inquisitorio e quello comunale di tipo
podestarile [comuni:piccole o grandi autonomie di tipo statuale la cui origine è riconducibile alla rinascita dopo
l’anno mille. I comuni hanno in questo periodo uno sviluppo demografico che si accompagna ad una presa di potere
nei confronti del Sacro Romano Impero Gemanico e questi comuni si alleano contro l’Impero, dopo il comune
consolare poi ci sarà il comune podestarile].

Chi amministra la giustizia nei comuni italiani in questo periodo è il Podestà (soggetto che
temporaneamente dietro retribuzione amministra la città in cui viene chiamato). Quando il podestà
viene chiamato in una città porta con sé la sua “famiglia” ovvero i suoi collaboratori e funzionari a
lui sottoposti e necessari per un buon governo e contrastare gli scontri tra le diverse fazioni
politiche cittadini. Tra i salariati che accompagnano il podestà si hanno anche i giudici che sono
degli studiosi, usciti da università italiane, hanno un contratto con il podestà e si occupano
dell’amministrazione della giustizia per il periodo in cui rimarrà in vigore il Podestà. Mentre
tendenzialmente fino a quel momento il processo era basato su una relazione tra le parti dal
Duecento in Italia si intende necessario un intervento pubblico nella giustizia penale. Viene
concepito come sempre più necessario l’intervento pubblico nella giustizia penale per garantire la
stabilità dell’ordine pubblico e soprattutto si inizia a concepire che la commissione del reato *

non va solamente ad intaccare l’interesse del privato ma anche l’interesse pubblico. La


parte lesa si rivolge al giudice o al podestà per ottenere tutela, quindi continua ad esserci un
modulo accusatorio che piano piano inizia ad erodersi e si va verso un modello inquisitorio in cui
si ha il magistrato che agisce per aprire il processo e attuare le indagini. Questi nuovi metodi di
amministrazione della giustizia penale necessitano senza dubbio di una dogmatizzazione che
serva ad indicare alle autorità come comportarsi per la gestione della giustizia penale. Esiste una
legislazione municipale che elabora regole secondo un modello. A cavallo tra 12 e 13 secolo
iniziano a fiorire testi normativi di diritto canonico che disciplinano alcuni istituti che sono di tipo
inquisitorio, quindi la chiesa si muove prima dei giudici laici e il punto di arrivo di questo processo
sarà la decretale (testo normativo decretato da un sommo pontefice) “Qualiter et quando” del
1206 da Innocenzo III ed è la prima decretale in cui si osserva una precisa ed esatta
descrizione degli aspetti fondamentali del processo inquisitorio. Il testo di questa decretale
sarà poi ripresa dal canone 8 nel 1215. Il fulcro di questa disciplina si basa su quella regola che
consente di superare una prescrizione del diritto romano che richiedeva che per poter processare
un soggetto ci dovesse sempre essere un accusatore. Era una norma concepita come limitativa
nell’ottica dell’intervento pubblicistico affermando che in un processo penale un soggetto può
essere accusato (giudice che avvia il procedimento) sulla base della semplice “fama”.

A partire da questo momento, dunque, le prove irrazionali iniziarono rapidamente a sparire dalla giustizia
penale: la soluzione del problema relativo al fondamento della propria sentenza diventa, quindi, la base
della differenziazione dei modelli. *
LEZIONE 10:

Siamo nel pieno di quella che viene definita l'età comunale che a noi interessa perchè è proprio
l’età nella quale prende piede una nuova forma di amministrazione della giustizia penale
caratterizzata dalla adesione totale al modello inquisitorio. Si afferma una progressiva
pubblicizzazione del diritto penale (giustizia compito dell’autorità pubblica per poter garantire la
pacifica convivenza nelle città italiane). Chi viola la pace del contesto comunale viene indicato
come soggetto da perseguire non solo nell’interesse di chi ha subito il danno ma viene
perseguitato (il reo) dall’autorità pubblica nel rispetto del brocardo “interest rei publicae ne
crimina rimaneant impunitant” (è interesse della cosa pubblica che i crimini non rimangano
impuniti). Questo processo di pubblicizzazione progressiva della giustizia penale comporta
l’affermarsi del nuovo modello inquisitorio, ovvero modello che gradatamente abbandona le
tradizionali forme basate su accusa privata per prediligere l’accusa pubblica portata avanti
quindi da un magistrato comunale che per propio dovere di ufficio è chiamato a perseguire e
condannare i reati. Nei comuni italiani applicando il brocardo precedentemente detto,
gradatamente (cominciando dai reati più gravi) si sviluppa la giurisdizione pubblica che si
manifesta attraverso una vera e propria attività di inquisizione che tende a sostituirsi all’iniziativa
del privato. La differenza fondamentale sta nel fatto che l’iniziativa del privato è a carattere
volontario mentre quella pubblica è obbligatoria ex officio nel momento in cui il magistrato ha
ricevuto la notizia criminis. Si introduce la possibilità introdotta dal diritto canonico, cioè che il
reato fosse perseguito sulla basa della semplice “fama”. Queste innovazioni che si manifestano
nel 13 secolo sono progressive, non è una novità immediata ma graduale e abbastanza rapida,
che porta alla modifica del sistema di giustizia penale a partire dai reati più gravi.

Come si creano le nuove regole chiamate a disciplinare questo nuovo modo di amministrare
la giustizia penale?
Un ruolo importante da questo punto di vista giocano le norme del diritto canonico che già dalla
fine del 12 secolo inizia a costruire un ordinato e razionale sistema di giustizia penale inquisitoria.
Il diritto canonico è un diritto che ha una grandissima influenza specialmente proprio nell’ambito
della giustizia penale: i giudici dei comuni italiani che cominciano ad essere investiti di questo
compito di porre in essere norme di giustizia penale hanno un modello dato dal diritto canonico
(decretali, es; “qualiter et quando”, canoni per esempio 8/18, e il liber extravagantium del 1234,
ovvero la prima raccolta delle decretali del pontefice che avevano fissato i primi dogmi del
processo inquisitorio). La normativa canonista non è l’unica, un ruolo molto importante è dato
dalla normativa statutaria: legislazioni municipali dei vari comuni nella forma dello statuto
comunale dove sono inserite anche norme che disciplinano la nuova attività a cui sono chiamati i
giudici comunali (giudici podestarili). Molto spesso le rubriche che troviamo negli statuti municipali
sono ispirati al diritto canonico (ricezione dello ius proprium del diritto canonico). Terzo elemento è
il diritto romano pur nella sua ambiguità (nelle fonti giustinianee ci sono regole/principi e istituti di
tipo accusatorio e inquisitorio). Lo strumento principe per dare una regolamentazione alla giustizia
pubblica, la fonte fondamentale è la consuetudine: le regole si fondano attraverso il canale
giurisprudenziale. Le norme del nuovo processo inquisitorio sono molto spesso a carattere
consuetudinario.

Molti giuristi iniziano ad occuparsi, in modo serio ed esaustivo, delle nuove forme del processo
penale di tipo inquisitorio che si sono affermate in questo contesto comunale. Un paio di giuristi
di area bolognese hanno scritto trattati su singoli punti: Tommaso Da Piperata [scrive un trattato
“de fama” sullo strumento che consente di avviare l’azione penale anche in assenza di un
accusatore], Guido Da Suzzara [incomincia in molti suoi scritti ad occuparsi di questioni
penalistiche e a questo giurista è attribuito, probabilmente, un trattato che si occupa della tortura
giudiziaria che compare sulla scena della dottrina penalistica della metà del ‘200, “tractatus de
tormenti”. Ci si occupa di questo argomento per evitare un uso arbitrario della tortura].

Alberto Gandino:
L’autore più rilevante sulla cui opera dobbiamo soffermarci è un autore della fine del ‘200 che si
chiama Alberto Gandino, autore del primo grande trattato che affronta in modo completo
l’insieme delle nuove forme di giustizia penale che sono in via di affermazione nelle giustizie delle
realtà urbane italiane di quel tempo.

Alberto Gandino è un giurista pratico (non è un accademico, o un professore universitario), era


originario di Crema probabilmente laureato a Bologna nel 1270/5, comincia ad entrare nelle
“familiae podestarili” (insieme di giudici/funzionari/impiegati che accompagnavano il Podestà per
amministrare la data città con il quale ha stretto un contratto). E a partire dagli anni ’80 de 1200 lo
troviamo come giudice in parecchie città prevalentemente dell’Italia Centrale (Perugia, Siena,
Firenze), fu anche Podestà di Fano. Alberto Gandino scrive un “manuale” del giudice soprattutto
per quanto riguarda il tema dell’amministrazione della giustizia penale. Nasce quindi nel corso
degli ultimi due decenni del 1200 questo trattato onnicomprensivo. L’idea originaria era quella di
scrivere un manualetto per i suoi figli, ma nel corso degli anni assume una notevole consistenza
fino a diventare la prima opera che ci descrive la giustizia penale così come si era affermata nel
corso del 1200 nei comuni (di tipo inquisitorio). Così nasce il “tractatus de maleficiis” (trattato
sui malefici ovvero sui reati), questa definizione non è dell’autore che aveva utilizzato il termine
“libello”. Non è un’opera che noi possiamo definire originale perchè Alberto aveva inserito molti
testi trovati in ambito accademico che egli prende da altri autori (nell’opera di Gandino troviamo il
tractatus de fama/ il tractatus de tormenti, opere di Guglielmo Durante anche che scrive un’opera
di risistemazione del diritto canonico soprattutto dell’aspetto processuale, ci sono molte
questiones ovvero i casi pratici discusse in università). Sono inserite anche esperienze personali
di Alberto Gandino. Probabilmente l’ultima mano del testo risale al 1299 quando Alberto Gandino
era giudice del Podestà di Siena.

Quest’opera ci fa capire il punto a cui si arriva alla fine del ‘200 in questa progressiva mutazione
della natura e della forma della giustizia penale.

COME E’ STRUTTURATA L’OPERA: Fondamentalmente Gandino vuole mostrare i vari modi


attraverso i quali si vuole condurre un procedimento di tipo penale e per farlo usa una partizione
delle varie forme di giustizia penale che già circolava da qualche secolo, si parla di una
classificazione delle forme processuale penale originariamente elaborata in ambito canonisti
(usata da Guglielmo Durante) per poi passare nell’ambito della giustizia secolare. Questa
classificazione usata da Gandino riconosce la possibilità di portare avanti un procedimento di
giustizia penale attraverso un’attenta partizione (cinque forme di condurre un processo penale):

1. accusa (accusatorio)

2. inquisizione (inquisitorio)

3. procedura per denuncia o “denunciatio”: forma intermedia tra forma accusa privata e
inquisizione. Consiste nel fatto che un soggetto privato denuncia al magistrato pubblico la
commissione del reato. Il denunciante non è equiparabile all’accusatore perchè non ha gli
stessi obblighi/doveri che per esempio la tradizione del diritto romano pone a capo degli
accusatori degli obblighi(devono scrivere atto di accusa cioè il libello accusatorio, devono
dichiararsi pronti a subire tutte le conseguenze qualora l’accusa risulti infondata ovvero la
pena del taglione..). Si definisce come una via di mezzo tra accusatorio e inquisitorio perchè
l’iniziativa è privata ma chi porta avanti il processo è il giudice. Con il passare del tempo la
denuncia verrà inglobata nel modello inquisitorio (denuncia sarò solo lo strumento per dare
notizia del reato al magistrato).

4. procedura per crimine notorio: un crimine notorio è un crimine di cui tutti conoscono
l’autore, non serve una particolare forma di indagine o ricerca per stabilire la colpevolezza e
allora in questo caso è consentita una procedura estremamente sommaria per arrivare subito
alla sentenza. Come la denuncia anche la procedura per crimine notorio rientrerà nell’alveo del
processo inquisitorio.

5. procedura per eccezione “exceptio”: non è un vero e proprio modo per portare avanti un
processo penale ma è la reazione che viene consentita ad un accusato che vuole contestare
un’accusa/testimonianza nei suoi confronti sottolineandone la falsità. Viene consentito tramite
questo sistema di avviare una processo all’accusato per chiedere la condanna del falso
accusatore/testimone.

La forma ordinaria del processo penale sembrerebbe quella dell’accusa così come era da
tradizione e da questo si vede ancora la forte influenza degli studi accademici di Gandino che
definisce il processo accusatorio come quello “ordinario” il che non vuol dire che sia la forma più
diffusa. Gandino poi spiega che tutti gli aspetti maggiormente distintivi del modello accusatorio
sono configgenti con quella che è la realtà delle cose così come si svolgono nei tribunali italiani
della fine del ‘200. Gandino illustra tutte le tradizionali modalità di un processo di tipo accusatorio
ma poi incomincia ad avvisare dicendoci che in realtà tutti gli adempimenti che tradizionalmente
dovevano essere seguiti in un processo accusatorio non vengono più seguiti e sono in fase di
decadenza. In realtà ciò che conta è ciò che accade nella pratica: c’è un famoso passo dell’opera
di Alberto Gandino.. [studia bene questo passo pag.10 infondo del libro di ettorino] “al giorno
d’oggi, per quanto riguarda il diritto laico/secolare il giudice e il Podestà procedono per
proprio obbligo d’ufficio, attraverso l’inquisizione, qualsiasi reato. e i giudici fanno così sulla
base della consuetudine come nota nelle sue opere Guido Da Suzzara (suo maestro all’uni)
e come io potuto osservare anche se è contro il diritto romano (tra diritto romano e
consuetudine prevale la consuetudine)”

Alberto Gandino dice che se fosse consentito che i processi penali potessero iniziare solo
attraverso l’accusa, la gran parte dei reati oggi commessi nelle realtà municipali italiane non
verrebbero perseguiti perchè la gran parte dei soggetti privati ,anche qualora fossero soggetti
passivi di reato, non intenderebbero esporsi alle pesanti conseguenze che potrebbe avere
l’iniziativa privata. Anche quando lo fanno la loro funzione all’interno del processo ormai si è
trasformata da una funzione di accusatore in senso stretto ad una di semplice denunciatore e una
volta che egli ha fatto conoscere al giudice che un determinato soggetto è sospettato di aver
commesso un determinato reato (notizia criminis) è poi il giudice che procede. Nulla è più rimasto
della forma accusatoria se non la possibilità di denunciare.

LEZIONE 11

De Maleficiis (Alberto da Gandino):

Trattato in cui vengono illustrati i modi attraverso cui si amministrava la giustizia nell’Italia
comunale del ‘200. Un passaggio fondamentale dell’opera è quello in cui viene detto che i giudici
italiani per tutti i processi devono procedere attraverso il metodo inquisitorio: questo è dovuto a
una prassi che si è instaurata a causa della volontà di pubblicizzazione della giustizia penale.

Il successivo sviluppo delle nuove forme di giustizia penale prenderà una duplice via. Da un lato
inizia un processo di dogmatizzazione delle forme inquisitorie, ovvero il fatto che si vengono a
formare regole, istituti, dogmi del nuovo modello processuale penale inquisitorio insediatosi per
prassi: questo processo durerà per molti secoli, fino ad approdare ai suoi esiti conclusivi nella
metà del XVI secolo. Dall’altro lupo sviluppo oltre ai confini italiani del metodo inquisitorio di
processo penale, nato nell’Italia comunale del XII secolo.

[Soffermiamoci sul primo punto]. Questo processo di dogmatizzazione costituisce un lavoro continuo
operato da più generazioni di giuristi e criminalisti, tra cui Giulio Claro con il quale si conclude
quel processo. Nonostante sia un’opera dottrinale, essa tiene sempre l’occhio sulla prassi, sulla
consuetudine giudiziale. Altri fondamentali protagonisti di questa dogmatizzazione sono:

Bonifacio Antelmi, contemporaneo di Gandino, giurista di Mantova, laureato a Bologna che


svolge l’attività di giudice nell’Italia centrale. Compone una Summa (summola = piccola summa)
de maleficiis simile per molti aspetti all’opera di Gandino. Nel 1299, anno in cui Gandino completa
la sua opera, è giudice di potestà nel primo semestre a Siena, mentre nel secondo semestre
questa carica è ricoperta proprio da Antelmi (quindi probabilmente si conoscevano). L’opera di
Antelmi appare però più strutturata

Angelo degli Ubaldi (fratello di Baldo) scrive una “repetitio” (lezione universitario) sullo sviluppo
dogmatico delle realtà processuali

Agli inizia del Quattrocento abbiamo un importante giurista e docente universitario pavese,
Giovanni Pietro Ferrari che compone una Pratica (detta Pratica pavese) del processo civile, che
in appendice presenta una descrizione delle forme del processo inquisitorio (forma inquisitionis)

Trattato de maleficiis di Angelo Gambiglioni (detto Angelo Aretino, originario di Arezzo): un


giurista accademico e pratico. Si tratta probabilmente dell’opera più completa della nuova
disciplina del processo penale del Quattrocento. Gambiglioni, come Ferrari, riporta gli atti di un
immaginario processo inquisitorio (dalla notitia criminis fino alla sentenza) e commenta ciascuno
di questi processi: si parte da un ipotetico modello processuale, in cui ogni atto viene
commentato e spiegato nei dettagli al lettore

Tra i criminalisti del Cinquecento dobbiamo citare Ippolito Marsili, giurista pratico e accademico,
che deve essere ricordato per il fatto che nel 1509 fu il primo titolare di una cattedra di diritto
penale/criminale in una università europea (Bologna). Questo dato ci fa vedere come ormai questo
ramo del diritto, grazie anche all’opera dei suddetti giuristi, sta arrivando ad ottenere una certa
autonomia nel quadro delle scienze giuridiche. Per la prima volta viene creato un insegnamento
universitario per una materia specifica: noi siamo abituati a suddividere il diritto in insegnamenti,
mentre le università medievali erano nate come luogo di studio del Corpus Iuris Civilis e Corpus
Iuris Canonici, non c’è quindi una partizione logica per materia, ma gli insegnamenti dipendono
dalle fonti (del diritto romano e canonico). Infine citiamo Igninio Bossi, giurista milanese, autore di
Preamboli Legittimi.

Soffermiamoci infine su Giulio Claro, punto di arrivo dell’individuazione di questi principi e dogmi
inerenti alla materia penale. Si tratta di un giurista Alessandrino (1525-1575), che però gravita
nell’ambito lombardo (anche perché Alessandria apparteneva all’epoca allo Stato di Milano).
Claro, laureato all’università di Pavia, imbocca una carriera come giudice e giurista dottrinale e
diventa membro del Senato di Milano. Viene poi nominato dal Re di Spagna come responsabile
del Consiglio per gli affari italiani della Corona Spagnola, un consiglio che è istituito a Madrid e
dove Claro svolge la funzione di primo consiglierei per gli affari italiani.

Claro scrive un trattato enciclopedico che comprendesse tutti i rami del diritto: i suoi molti
impegni giurisdizionali e politica avevano rallentato la stesura di quest’opera che però non fu mai
completata. Una delle parti che completa fu quella del diritto penale, che doveva essere il quinto e
ultimo libro (Receptarum Sententiarum Liber Quintum, edito per la prima volta nel 1568)). Il titolo
completo doveva essere Recepetae Sententae, ovvero le opinioni che si sono consolidate nel
tempo in merito al diritto. Il quinto libro conteneva una prima parte sul diritto penale sostanziale e
una seconda sul diritto penale processuale. Questa seconda parte si intitola “Pratica
criminale” (titolo molto diffuso tra i penalisti), termine che probabilmente si riferiva al fatto che
quest’opera era diretta ai pratici (giudici, avvocati, notai). L’aspetto più rilevante riguarda
l’affermazione di Claro secondo cui non esistono altre forme di processo penale se non quello
inquisitorio. Gandino enumerava cinque tipi di processo penale:

1. processo inquisitorio
2. accusatorio
3. processo per denuncia
4. per crimine notorio
5. l’eccezione.

Nel periodo tra Gandino e Claro tutte quelle forme vengono inglobate dalla forma
inquisitoria: tutti quegli elementi che caratterizzavano gli altri quattro tipi di processo diventano
tutti uno strumento per far giungere al magistrato penale competente la notizia di reato; una volta
che la notizia del reato arriva al magistrato inquirente, quest’ultimo inizia l’inquisizione ex ufficio
suo. Il “nuovo” processo penale (le sue radici sono comunque nel XII secolo) inquisitorio è ormai
l’unica forma che viene applicata in tutti i tribunali dell’Europea continentale.

Questo processo prende il nome di processo penale romano-canonico (elaborato sulla base di
questi principi) oppure processo penale di diritto comune o di alto regime.

[Prima di parlare delle modalità attraverso cui funzione il processo penale di diritto comune, dobbiamo
soffermarci su due aspetti.]

Nei secoli che vanno dalla fine del Duecento agli inizi del Cinquecento (opera di dogmatizzazione),
si manifesta nella prassi giudiziaria un nuovo protagonista, ovvero l’avvocato o procuratore
fiscale, in realtà sconosciuto ancora nei primi secoli di questo processo (si afferma del tutto nel
Cinquecento). Comincia in quegli anni a manifestarsi un interesse che riguarda la figura del
sovrano: le forme assolutiste iniziano a svilupparsi all’interno dell’Europa, abbandonando le
forme di modello repubblicano-democratico (es. comuni) e quindi un nuovo interesse che si
manifesta all’interno del processo diventa quello del signore, del monarca. Quest’ultimo ha due
interessi:

• innanzitutto l’interesse a che i crimini non rimangano impuniti (“interest rei publicae ne maleficia
remaneant impunita”)

• accanto a ciò vi era una questione meramente di carattere finanziario, in quanto spesso si
trattava di pene pecuniarie (anche molto consistenti) che venivano versate nel fisco sovrano —>
pace sociale e controllo della società/ricavato di tipo economico-finanziario.

È per questi interessi che nel corso del Quattrocento comincia a delinearsi la presenza di un
nuovo penalista, un avvocato che entra nel processo per tutelare gli interessi di carattere
finanziario del sovrano. I sovrani italiani ed europei iniziano a nominare dei funzionari, incaricati di
tutelare gli interessi del Signore. In particolare questo soggetto deve avere riguardo al fisco
Sovrano, anche se può essere considerato come colui che cura gli interessi del signore in
generale (la tranquillità del regno). Questo soggetto si impone come nuovo fondamentale
protagonista del processo penale. In particolare, l’avvocato coadiuva il lavoro del giudice: il
suo interesse è quello di giungere a una condanna (meglio se pecuniaria ovviamente) e quindi
affianca il giudice nella sua attività di inquisizione. Questo affrancamento avviene in due modi:

da un lato avviare il processo (dare al giudice la notitia criminis) e dall’altro è autorizzato a guidare
l’opera del giudice (inviatarlo a sentire un testimone, a ottenere una perizia etc.) —> promotor /
instigator inquisizioni. Infine, l’avvocato fiscale è tenuto a presentare al giudice inquisitore le sue
conclusioni fiscali al termine del processo (“sulla base di queste prove, chiedo a te giudice di
condannare l’imputato a una determinata pena”). Il PM (Procuratore della Repubblica) non è altro
che l’esito di un’evoluzione storia che parte dall’avvocato fiscale.

Siamo di fronte a un modello che tende ad interessare tutta l’Europa continentale. Questo
modello nasce nell’Italia comunale del XII secolo e viene poi esportato oltre ai confini della
penisola (età del diritto comune europeo). Ci troviamo di fronte a una struttura binaria: da un alto
ci sono i diritti locali e dall’altra vi è questo diritto a livello europeo. Questa uniformità giuridica si
basa sull’attività e sulle opere dei giudici; infatti l’attività di dogmatizzazione che abbiamo studiato
a livello italiano viene favorita anche negli altri Paesi europei (le opere circolano) —> fino a tutto il
Quattrocento il diritto penale è esclusivo ambito dei giuristi italiani. Questo processo ha come
fondamento il Concilio Lateranense che vieta le prove irrazionali e porta quindi alla necessità di
individuare nuove certezze. Un ulteriore elemento che favorisce l’affermazione di questo modello
è il fatto che in tutta Europa in quel periodo si sviluppano forme di governo accentrate. Questa
affermazione sarà segnata anche dalla nascita di testi a livello statale sulla base delle opere
italiane:

Francia: ordonnance di Blois 1499 e ordonnance di Villers-Cotterets 1529 che pongono fine alla
tradizione accusatoria in Francia e impongono la nascita di un modello processuale inquisitorio
(già affermato nella pratica)

Germania: a opera di Carlo V viene promulgata la Constitutio criminalis carolina 1527 che
introduce ufficialmente le nuove forme del processo inquisitorio. Nei contenuti quest’opera era già
stata anticipata da altri testi a livello locale es. ordinanza di Brandeburgo e costituzione di
Bamberga.

LEZIONE 12:

Struttura del processo penale di diritto comune:


Solitamente la forma processuale penale che si consolida nel corso del XV secolo è definita
“processo delle pratiche”, espressione che fa riferimento al fatto che la forma di letteratura
penale tipica è in questo momento quella della pratica giudiziaria, opera che ha lo scopo di
illustrare le varie fasi del processo penale. Quest’opera è indirizzata ai pratici del diritto, coloro
che quotidianamente devono porre in essere tutti gli adempimenti che riguardano la giustizia
penale (giudici, avvocati, notai criminali etc.). Questa forma letteraria è presente fin dalle origini di
questo modello penale: le prima grande opera che si occupa del processo penale di diritto
comune (De Maleficiis) è proprio una pratica, che descrive le varie forme e fasi del processo
penale.

Spesso le pratiche opere modeste rivolte agli strati più bassi del mondo penale (come notai) altre
invece queste opere assurgono a vere e proprie opere di dottrina di riferimento per tutta la
dottrina europea (secondo quel processo di dogmatizzazione che si era affermato).

Per quanto riguarda la struttura del processo, innanzitutto dobbiamo dire che si tratta di un
processo “ad assetto variabile” perché può cambiare direzione in alcuni snodi chiave e molto
spesso la direzione che può essere presa dal processo dipende dai poteri discrezionali (enormi)
del giudice.

Questo processo è costituito dal susseguirsi di 7 fasi fondamentali:


1. avvio del procedimento

L’avvio del procedimento è un dovere d’ufficio del giudice penale (che quindi in questa fase è
privo di qualsiasi discrezionalità): nel momento in cui il giudice riceva la notitia criminis è obbligato
ex ufficio suo a dare avvio al processo (regola che abbiamo ereditato anche a noi, a differenza di
quanto avviene nei sistemi di Common Law).

Come riceve il giudice la notitia criminis?


• su iniziativa della parte lesa (con querela o denuncia)

forze di polizia organizzate su basi locali e composte da “birri”


• comunicazione da parte di un pubblico ufficiale, come un ufficiale di polizia (solitamente al temo
si trattava di organi di polizia a carattere urbano sottoposti al bargello, ovvero il capo)

• comunicazione da parte dell’avvocato fiscale (seconda forma di denuncia pubblica insieme a


quella dell’ufficiale)

• nulla vieta inoltre che la comunicazione venga fatta da un altro privato che non sia la parte lesa
(raro però)

• speciali categorie di soggetti che sono obbligati alla denuncia: es. farmacisti, medici, infermieri
o levatrici (es. in caso di aborto)

• crimine notorio (es. reato commesso sulla pubblica piazza)


NOTORIETA’ DEL REATO E FAMA PUBBLICA
• delazione anonima: un soggetto fa pervenire al magistrato una notizia di reato, ma mantenendo
il suo anonimato. Secondo una regola generale, proprio per il suo anonimato, la delazione non
porta all’obbligo in capo al magistrato di avviare il procedimento, anche se in realtà nella prassi
quotidiana la delazione veniva molto sfruttata e utilizzata (nel palazzo di giustizia a Venezia - ma
anche in altre città - c’era proprio una specifica buca delle lettera per la presentazione di questa
denuncia)

inquisitio generalis: indagine per l’assunzione di strumenti di prova

La distinzione tra inquisizione generale è speciale è frutto della dogmatizzazione condotta dai
criminalisti dal XIII secolo.

Gli scopi di questa fase sono due:


1. verificare l’effettiva commissione del reato. Tecnicamente per definire questo particolare e
fondamentale momento si usa l’espressione “corpus delicti” che fa riferimento al dovere del
giudice di verificare effettivamente che il delitto abbia una sua “fisicità”, sussista realmente:
es. in caso di omicidio verificare la presenza del cadavere, in caso di furto verificare la mancanza della merce o in
caso di rapina verificare l’arma utilizzata dal rapinatore per la minaccia (che tra l’altro dimostra anche che non si
tratta di un semplice furto, ma che c’è stata violenza). Tuttavia, non è sempre così semplice individuare
il corpo del reato. In tutti i casi in cui il reato lascia delle tracce fisiche (es. cadavere) si parla di
reato di fatto permanente, altrimenti si parla di reato di fatto transeunte e in questi casi è più
difficile provare il corpo del delitto (es. ingiuria: in questo caso il corpo del delitto può essere
costituito dalle testimonianze oppure dalle congetture). Se il giudice non è stato in grado di
dimostrare il corpo del delitto (e quindi l’evidenza della commissione del reato) allora non
potrà procedere oltre nella sua attività di inquisizione.

2. assumere le prima informazioni sulla commissione del reato, la cui sussistenza è stata
dimostrata con l’individuazione del corpo del delitto: es. sentire le prime testimonianza,
chiedere una perizia. Queste prima indagini devono essere di carattere concreto: questa prima
fase deve essere condotta dal giudice neminem nominando, quindi senza fare il nome preciso
di nessuno (es. non può chiedere a un testimone “Tizio è morto l’altro giorno, tu hai visto Caio
fuggire dal luogo del delitto?” può semplicemente chiedere se ha visto qualcuno). Se in
questa fase il giudice dovesse fare un nome questa costituisce una causa di nullità del
processo).

inquisitio specialis
È la fase che scatta nel momento in cui il giudice ha individuato il possibile autore o i possibili
autori del reato, ad esempio grazie a delle testimonianze nella fase generale. Spesso accadeva
che già fin dall’inizio delle indagini il giudice avesse dei nomi (es. querela della parte lesa con il
nome dell’autore): in questo caos il giudice può passare direttamente alla fase speciale.

È in questa fase che il giudice inizia a godere di quell’ampia discrezionalità di cui è titolare.

Classificazione degli indizi e delle prove: i giuristi di diritto comune hanno catalogato tutte le
forme di indizi in tre grandi categorie:

indizi lievi (indicia ad inquirendum): questi indizi seppur leggeri danno comunque già l’idea al
giudice sull’eventuale colpevolezza di un soggetto e quindi permettono al giudice di continuare a
indagare su una strada specifica. Il fatto che l’indizio sia sufficiente o meno però spetta a una
valutazione discrezionale del giudice: i giuristi hanno stabilito la classificazione delle prove,
affermando che il giudice non può continuare a indagare in modo più puntuale nei confronti di un
soggetto senza un indizio anche lieve, ma è lo stesso giudice che stabilisce se l’indizio sia o meno
sufficiente.
Tizio è stato visto vicino alla scena del crimine
indizi medi: sufficienti ad carcerandum Tizio è stato visto correre via dalla scena del crimine)
indizi gravi: indicia ad torturam Tizio è stato visto correre via dalla scena del crimine con un coltello insanguinato

questa distinzione dei tre tipi di indizi la ricaviamo da Thomasius


LEZIONE 13:

Il processo penale inquisitorio è caratterizzato da scrittura quindi tutti gli atti posti in essere dal
magistrato inquirente sono verbalizzati (documentazione scritta raccolta in un fascicolo
processuale che viene definito “processo informativo” perchè contiene tutte le informazioni che
saranno reputate utili per la causa). Questo processo informativo successivamente sarà definito
“processo offensivo” (terminologia di carattere militare, in quanto, quella condotta dal magistrato
contro l’imputato è una vera e propria guerra), questo mutamento di terminologia avviene quando
si avvia la terza fase ovvero l’inquisizione speciale (volta ad individuare le prove che possono
dimostrare colpevolezza o meno dell’imputato).

Il passaggio da inquisizione generale a speciale avviene nel momento in cui vengono individuati i
soggetti sospettati di aver commesso il reato, il passaggio può avvenire automaticamente qualora
nella denuncia che arriva al magistrato è già inserito il nome del sospettato. Se il nome
dell’imputato non è ancora presente nella denuncia, il giudice deve procedere nell’inquisizione
generale “neminem nominando”, procedendo quindi nel processo senza indirizzarsi ad un
sospettato specifico ed individuato.

Per passare all’inquisizione speciale al magistrato inquirente bastano 3 indizi usando la


classificazione sopra indicata. C’è una grande discrezionalità data al giudice il quale deve
autonomamente definire quando ci si trovi davanti ad un indizio lieve/medio/grave (nonostante su
questo punto ci sia stato un intervento della giurisprudenza).

A seconda della gravità del reato poi la situazione cambia: in un processo inquisitorio a
seconda della gravità del reato l’imputato deve attendere il verdetto e gli viene nel mentre privata
la libertà personale, questo non avviene però nei casi lievi (casi che prevedono una pena
pecuniaria). Anche nei casi lievi l’imputato veniva convocato davanti al giudice con il libello
inquisitorio ma poteva farlo a piede libero (casi per esempio nei quali si procedeva per un’ingiuria
su querela di una parte). I casi di media e forte gravità prevedevano il fatto che l’imputato dovesse
attendere l’esito della sentenza privato della sua libertà. Non in tutti i casi il giudice è autorizzato
ad incarcerare l’imputato, sicuramente è necessario che ci sia una pena di modesta gravità che
preveda incarcerazione purché siano presenti degli indizi sufficienti per privare della libertà
l’imputato (indicia ad carcerandum): sono indizi intermedi codificati dalla dottrina giuridica di
antico regime.

Successivamente poi continuava la raccolta degli indizi per il magistrato, volta all’individuazione
della prova legale (fase centrale all’interno del processo inquisitorio).

Le piene prove legali:

• duplice testimonianza concorde di due testimoni superiori ad ogni eccezione: era


tendenzialmente difficile da ottenere

• confessione:tutto il processo penale basava attorno a questa definita la regina delle prove
“regina probationis”

C’erano due modi per ottenere la confessione:

1. Far confessare sotto interrogatorio l’imputato: “costituto del reo” (constitutum rei) ovvero
l’interrogatorio formale che il giudice decide di porre in essere nei confronti dell’imputato che
viene definito con un’espressione tradizionale il “reo” [reo indica l’imputato e deriva dal latino “res”
(cosa), l’imputato non è più un soggetto umano bensì una cosa nelle mani del giudice dominus]. Il reo
viene portato davanti al giudice, alla presenza del solo carceriere e viene interrogato dopo
aver giurato. L’imputato (proprio per la presunzione di colpevolezza) è colui che conosce
meglio come sono andate le cose. Nel modo di condurre questo interrogatorio il giudice non
aveva limiti (poteva liberamente ricorrere a minacce/domande suggestive..), c’erano manuali
inquisitoriali che spiegavano al giudice come condurre l’interrogatorio per ottenere la
confessione del reo;
*
2. tortura giudiziaria attraverso l’uso di violenza fisica per strappare la confessione. La tortura
era uno strumento “ad eruendam veritate” (per strappare la verità dalla bocca dell’imputato).
Diversi erano gli strumenti di tortura anche a seconda dei tempi, dei luoghi e anche a seconda
del sesso. A partire intorno al 1500 il modo maggiormente utilizzato quantomeno in Italia
consisteva nella “elevatio in aeculio” (si prendeva imputato e venivano legati gomiti dietro la schiena,
dietro ai gomiti passava una corda e l’imputato veniva sollevato in alto con un punto di forza che era costituto dal
nodo che univa i due gomiti dell’imputato e questo sollevamento provocava fortissimi dolori e spesso la rottura della
spalla). La parte più dolorosa di questa forma di tortura era lo “squassamento” mentre erano

Dalle fonti storiche si può verificare come molto spesso il giudice, grazie alle sue abilità negli interrogatori,
riuscisse ad ottenere una confessione da parte dell’imputato: gli interrogatori potevano durare giorni e avere
un peso psicologico rilevante sull’interrogato.*
sospesi in aria dovevano anche essere fatti sobbalzare con la corda. Molto spesso se
l’imputato era di sesso femminile si ricorreva a forme più limitate come la “tortura dei
sibilli” ( si prendeva la mano della donna si mettevano legni tra un dito e l’altro, la mano veniva stretta con una
corda e girata con un chiodo). Non soltanto gli imputati venivano sottoposti a tortura ma anche i
testimoni potevano essere sottoposti a tortura (non solo per i testimoni reticenti ma anche per
i testimoni pregiudicati)

Quando il costituto del reo avesse dato esito negativo (non ha confessato) prima della tortura
bisogna specificare alcuni aspetti. Non in tutti i casi si arrivava alla tortura: gioca qui ancora
una volta la teoria della classificazione degli indizi e un giudice non può sempre sottoporre un
imputato alla tortura, solo qualora si manifestino degli indizi molto gravi (indicia ad torturam).
Ancora una volta il giudice è libero di decidere se sussistano quei gravissimi o gravi indizi che lo
autorizzano a ricorrere alla tortura giudiziaria.

Dal punto di vista giuridico vi erano una serie di aspetti della tortura giudiziaria che devono essere
meglio valutati: per opera dei giuristi si è cercato di mettere dei limiti alla tortura:

• il primo limite: il giudice non sempre può sottoporre l’imputato alla tortura ma solo quando ci
sono gli indicia ad torturam (può però essere superato dall’arbitrio del giudice che può
considerare indizi gravissimi indizi che tali non sono)

• secondo limite: la confessione resa sotto tortura di per sé non è considerata valida proprio
perchè ottenuta con la violenza, quindi almeno 24 h dopo la tortura l’imputato deve essere
riconvocato dal giudice e deve sottoscrivere la confessione resa sotto tortura. Qui si pone il
problema della mancata ratifica qualora l’imputato affermi di aver confessato solo per il troppo
dolore. A questo punto si pone il problema di ‘quante volte l’imputato può essere torturato?’.
E’ un problema senza soluzione: il numero massimo di torture dipendeva dalle tradizioni locali,
dalla decisione del giudice e da molti fattore.

• terzo limite: l’imputato che resiste alla tortura e non confessa “purga gli indizi” (il fatto stesso
che abbia resistito alla tortura sta a significare che non sono più validi gli indizi a suo carico. Nel
caso di un soggetto forte e ipoteticamente resistente per evitare che cadessero le accuse a
seguito della tortura il giudice poteva rifiutare la tortura e condannare l’imputato ad una pena
straordinaria, non edittale quindi inferiore ma proporzionale al cumulo probatorio raccolto.

Alla fine dell’inquisizione speciale: o il giudice ha ottenuto la confessione oppure non l’ha
ottenuta. Nel primo caso si va verso la sentenza, nel secondo caso invece abbiamo il passaggio
al quarto momento del processo penale di tipo inquisitorio del quarto regime.

Il quarto passaggio è la “ripetizione dei testimoni”: all’imputato viene consentito di risentire tutti i
testimoni che hanno testimoniato contro di lui per rendere inattaccabili le testimonianze che sono
state date. Questo sembrerebbe un passaggio garantista ma così non era nella realtà.

Perchè renderle inattaccabili? I testimoni che avevano deposto nel corso dell’inquisizione erano
testimoni che avevano sottoposto sotto giuramento, con la ripetizione dei testimoni si chiedeva ai
testimoni di modificare la loro deposizione, se i testimoni mutavano la propria deposizione in
favore dell’imputato si esponevano ad un grossissimo rischio in quanto avevano deposto sotto
giuramento e cambiando la posizione venivano inquisiti per “spergiuro”. Molto spesso quindi
accadeva che lo stesso imputato rinunciasse alla ripetizione dei testimoni e doveva quindi
sottoscrivere una dichiarazione in cui si riteneva che avesse sentito i testimoni.

La quinta fase era quella della pubblicazione del processo: il fascicolo processuale raccolto dal
giudice processuale veniva reso pubblico e posto a disposizione dell’imputato che poteva leggere
le carte del processo ed eventualmente poteva proporre le proprie difese (chiaramente auto-
difesa).

(in alcuni ordinamenti i meno abbienti potevano essere assistiti dal cosiddetto “avvocato del popolo”

La sesta fase: possibilità di sollevare obiezioni ed esercitare la propria difesa. La difesa può
essere un’autodifesa o una fatta da un avvocato penalista (ipotesi remota) che doveva presentare
una memoria scritta alla corte o per alleggerire la posizione dell’imputato (con nuove
testimonianze a favore dell’imputato) o si tentava di annullare il processo per violazione formale
delle regole processuale La difesa tecnica, in ogni caso, si manifestava tramite una memoria scritta da presentarsi al tribunale entro
termini molto brevi (massimo una settimana dalla pubblicazione): questa poteva incentrarsi o su questioni di
merito, oppure, come spesso accadeva, su aspetti procedurali che avrebbero potuto portare alla nullità del
LEZIONE
si giunge poi alla 14: veniva decisa da parte
sentenza: questa processo.
del collegio che si riuniva in camera di consiglio, senza possibilità di contraddittorio orale con l’imputato, e deliberava in
merito alla questione sulla base di tutto il fascicolo informativo redatto fino a quel momento. Poteva accadere, in alcuni casi, che il collegio fosse monocratico, il medesimo giudice
che aveva condotto le indagini dunque sarebbe stato incaricato di emettere la decisione; in casi di tribunali collegiali, invece, un dei giudici era il cosiddetto giudice processante, o
istruttore, quello che si era occupato di svolgere dunque l’attività istruttoria che aveva poi l’onere di presentare una relazione al collegio. Altro documento di cui il collegio giudicante
avrebbe dovuto tener conto, erano le conclusioni fiscali: il documento prodotto dall’avvocato fiscale, che in buona sostanza si traduceva nella richiesta di una certa pena, di cui però
il tribunale avrebbe dovuto tener conto nella propria decisione. A tal punto il processo si concludeva con scrittura e pubblicazione della sentenza, a cui poi seguiva la sua
esecuzione: in un sistema del genere la maggior parte degli imputati era giudicata, per forza di cose, colpevole, gli archivi storici ci permettono, però, di notare che in ogni caso era
presente una certa quantità di assoluzioni.
Il processo penale così descritto è quello che caratterizza la fase più matura del periodo del diritto
comune! età che va dal dodicesimo al diciottesimo secolo e che vede in tutta Europa continentale un
fenomeno di unità giuridica. A questa unità giuridica corrisponde un’unità nella giustizia penale. Questo
processo scaturisce da un periodo di costruzione del sistema e che si può considerare affermato nelle sue
forme finali tra la fine del XV e l’inizio del XVI; da questo momento in poi, fino all’800 ,questo è il processo
penale dell’intera Europa continentale. Dal punto di vista delle istituzioni con l’inizio del ’500 si chiude il
periodo di formazione del sistema che rimane immutato per i 3 secoli successivi. Non si può dire la stessa
cosa a livello dottrinale! perché mentre le forme del processo penale si consolidano e rimangono immutate,
comincia a formarsi una corrente dottrinale, all’inizio debole e poi sempre più forte, che condurrà alla
formazione di un nuovo modo di pensare e di guardare la giustizia penale. Questo nuovo modo troverà
piena espressione alla fine dell’800 nell’Italia della moderna codificazione del diritto. Il nuovo formarsi di
questa nuova sensibilità produrrà un nuovo modo di concepire la dottrina giuridica. Questo nuovo modo
finirà quindi per rap.re lo scheletro ideologico e i profondi mutamenti che nell’età della codificazione si
verificheranno nella disciplina del processo penale. La codificazione delle regole del processo penale è il
prodotto di questa nuova sensibilità che inizia formarsi già nel XVI sec. Ora esamineremo quindi gli aspetti
fondamentali di questo nuovo modo di pensare la giustizia penale. Non bisogna però confondere il profilo
della concreta effettività della giustizia penale, cioè come funziona il processo penale in modo concreto dal
‘500 al ‘700, e il pensiero giuridico che si comincia a sviluppare a partire dal ‘500 e che solo nell’800 sfocerà
in un nuovo tipo di processo. Bisogna distinguere quindi la pratica dalla dottrina.
Le prime avvisaglie di una nuova sensibilità culturale ,che si manifesta in alcuni giuristi nei confronti della
giustizia penale, si manifestano già nel momento in cui il modello di diritto comune arriva alle sue forme
finali. Queste novità cominciano a manifestarsi nell’ambito di quei giuristi che sono maggiormente sensibili
alle novità culturali indotte nel diritto dall’umanesimo giuridico, specialmente nella sua declinazione
cinquecentesca(scuola culta); è all’interno della scuola culta che si manifestano le prime novità dottrinali in
tema di giustizia penale. Sono quindi giuristi che sono influenzati dalle correnti umanistiche! correnti che
guardano al diritto con strumenti nuovi(storia e filologia). In particolare, le prime avvisaglie di questo nuovo
pensiero si manifestano laddove il modello inquisitorio di giustizia penale sembrava avere avuto le sue più
grandi vittorie! in tutti quegli stati i cui si erano affermante grandi legislazioni del ‘500 che avevano in toto
accolto il modello inquisitorio elaborato dalla dottrina italiana; tra queste legislazioni ricordiamo le
Ordonnances dei sovrani francesi, la Costitutio Criminali carolina(1527) per la Germania ecc. . Si trovano
esempi di questi testi in tutta Europa e non solo i Francia e Germania. L’Europa del ‘500 vede quindi molti
esempi di consolidazione normativa perché i sovrani vedevano la normativa penale anche come modo di
controllo sullo stato e sulla popolazione. Questa attività consolidativa terminerà in Francia con l’ordinanza
criminale voluta da Re sole e Colbert! rapp.ta il punto di arrivo dia questa attività di fissazione legislativa. È
proprio nei confronti di questo nuovo sistema e come reazione a questi testi normativi di consolidazione che
incomincia a manifestarsi quella che è stata definita l’indignazione degli umanisti nei confronti di un metodo
processuale che a loro avviso è iniquo, ingiusto e violento(perché tutto ruota attorno alla ricerca delle regina
probationem; inoltre la persona umana diventa una res nelle mani del giudice). Contro questo aspetto
violento del processo si cominciano a muovere quindi le prime critiche. L’umanesimo è un nuovo modo di
concepire il mondo e si chiama umanesimo perché mette l’uomo al centro dell’universo. Il processo penale
di diritto comune invece trasforma la persona in una res ed è questo l’elemento che più indigna gli
umanisti(l’annullamento della persona umana nel processo). Questo accade dappertutto, ma soprattutto nei
luoghi in cui le legislazioni del ‘500 avevano consolidato il modello inquisitorio. Ex In Francia la
consolidazione di questo processo avviene attraverso una serie di ordinane; sempre qui, nella seconda metà
del ‘500, comincia a levarsi una isolata ma importante voce di critica al sistema. Tra coloro che criticano
questo sistema ormai consolidato c’era Pierre Ayrault. Pierre era un giudice penale della città di Angers. Era
un luogotenente criminale! esercita la giurisdizione penale in nome del re. Pierre pubblica, nel 1576, quello
che può essere considerato uno dei primi testi che contiene una presa di posizione critica del modo in cui
veniva attuata la giustizia penale in Francia. Quest’opera si intitola ‘’dell’ordine e delle formalità del processo
penale così come veniva eseguito dagli antichi greci e romani , paragonato con il nostro processo attuale’’.
È un’opera scritta in francese volgare! elemento importante perché all’epoca la letteratura giuridica era
scritta in latino. La scrive in francese perché vuole indirizzarla non solo ai giuristi ,ma a un pubblico più
vasto che ha meno familiarità con il latino. Il contenuto di quest’opera è di tipo comparatistico: paragone tra il
modello accusatorio che caratterizzava la tradizione giuridica romanistica e il processo penale della Francia
del suo periodo. I risultati di questo paragone sono negativi per il modello francese! considerato da Pierre
come un modello arbitrario. Questo è l’aspetto che disturba di più il modello francese! l’arbitrio del giudice
domina il processo costante gli sforzi dei giuristi a dare delle regole precise e porre dei paletti alla
discrezionalità del giudice. Ciò che disturba Pierre è che le norme formali nel processo vengono piegate
dall’arbitrio del giudice, cosa che non dovrebbe accadere! il giudice dovrebbe essere colui che agisce
applicando le regole vigenti e non mutandole e adattandole alle sue decisioni. Pierre sottolinea quindi
‘importanza del rispetto delle forme; afferma infatti ‘’justice n’est proprement autre chose que formalité! la
giustizia non è propriamente altra cosa che forma’’! la giustizia è rispetto delle forme. Ciò significa quindi
l’espulsione di ogni forma di arbitrio dal processo, in quanto l’arbitrio ‘’piega ‘’ le norme formali. Bisogna tener
presente che ancora son pochi i giuristi che hanno questa sensibilità. La gran parte degli autori nel ‘500 e
‘600 si occupano del processo penale cosi come si è già consolidato, senza fornire alcuna proposta
innovativa e ideologica. Piano piano però questo pensiero comincia a evolversi e a espandersi in tutta
Europa! in Germania abbiamo Klaus Vigel: altro autore critico del processo penale così come descritto
dalla Costitutio criminali carolina. In Italia abbiamo invece Tiberio Deciani! giurista delle seconda metà
del’500 ,originario dai Udine, laureato a Padova. Nella prima parte della sua vita fece l’assistente dei
podestà che amministravano la giustizia nel dominio veneziano. Successivamente viene chiamato
all’università di Padova per insegnare il diritto di Penale; come docente Deciani realizza un ampio trattato: il
‘’de criminibus’’ ;(pubblicata postuma dal figlio; opera incompleta) che costituisce una pietra miliare del
pensiero penalistico. Quest’opera è fondamentale per due motivi:
- per la prima volta viene delineata la distinzione del diritto penale in parte generale e
parte speciale;
- seguendo le orme di altri giuristi, compie una rivalutazione dell’antico modello
accusatorio romanistico , conosciuto da Deciani sia attraverso le fonti romane ma anche
attraverso le fonti metagiuridiche(ex autori non giuristi della romanità classica! cicerone).
Deciani propone questo modello come alternativa al modello strettamente inquisitorio.
È proprio con questa nuova mentalità umanistica di Deciani e di Ayrault che nasce una nuova sensibilità tra i
giuristi. Questo è quindi solo l’inizio di questo nuovo filone. Questo pensiero vien infatti ripeso nel ‘600 da
alcuni giuristi appartenenti alla nuova filosofia del razionalismo giuridico e del giusnaturalismo! questo
pensiero comincia quindi a diffondersi e ad essere accolto da un numero sempre più vasto di giuristi. Tra
questi giuristi del giusnaturalismo e razionalismo citiamo Ugo Grozio , Leibniz, Hobbes, Locke. È all’interno
di questi nuovi indirizzi di cultura giuridica che troviamo nuovamente il manifestarsi di quel filone critico di
rinnovamento avviato dagli umanisti del ‘500.

LEZIONE 15:
Stiamo parlando di quel filone dottrinale che avrà come sbocco la riforma di quel sistema penale che si era
affermato dal 13 secolo in Italia ed era incentrata sul sistema penale inquisitorio.Dal punto di vista della
dottrina giuridica ci sono degli sviluppi interessanti a partire invece dal 16 secolo e si forma un filone che
possiamo definire di opposizione nei confronti del sistema inquisitorio, le prime forme di questo filone si
affermano nella seconda metà del 15 secolo. Tutto parte nell’ambito di una cultura giuridica di tipo
umanistico e siamo nel filone della scuola colta. Questo filone non si esaurisce in una fiammata di cultura
umanistica ma permea di se tutti i futuri sviluppi della cultura giuridica. Gli esponenti del giusnaturalismo
continuano a sviluppare quel filone che si era sviluppato in ambito umanistico producendo alcune opere che
segnano un passaggio intermedio verso la meta conclusiva di questo itinerario che è rappresentata
dall’illuminismo penale.
Un esponente della scuola del diritto romano-olandese è Anton Matthaeus, è un giurista di origine tedesca,
si forma in ambito olandese a Utrecht, è seguace del razionalismo e giusnaturalismo è autore nel 1644 di un
trattato “De Criminibus”: parliamo di un’opera che razionalmente intende proporre la ricostruzione del
sistema penale su basi accusatorie recuperando la tradizione romanistica (tradizione solo di tipo culturale)
sviluppandola alla luce dei principi del razionalismo e giusnaturalismo. E’ un’opera teorica, non pratica, che
avrà un enorme successo e diventerà una sorta di manuale di quello che dovrebbe essere la corretta
giustizia penale, depurata dei caratteri di stampo inquisitorio. Quest’opera avrà un grande successo fino alla
fine del 19 secolo.
Un altro nome fondamentale, che ci porta verso la fine del 17 secolo, è quello di Cristian Thomasius è uno
dei massimi esponenti del filone tedesco del razionalismo e si colloca ormai alle soglie di quello che sarà
l’illuminismo giuridico e penale. Con la redazione di una serie di singole dissertazioni su aspetti specifici
della giustizia penale anticipa aspetti che verranno poi trattati dall’illuminismo penale. Può addirittura essere
definito un pre-iluminista.
Tutti questi fermenti culturali che si sviluppano lungo il cinque e il seicento hanno come punto d’approdo
l’illuminismo con un particolare focus su alcuni aspetti del diritto naturale e soprattutto con i diritti naturali
soggettivi.
Il giusnaturalismo moderno nasce con Grozio con una concezione di tipo oggettivo: diritto naturale è un
sistema di norme eterne ed immutabili che esistono perchè esiste l’umanità, sono norme superiori e le
norme di un diritto che esiste in un determinato tempo e luogo dovrebbe ispirarsi a queste norme superiori.
Un successivo sviluppo delle norme naturaliste comincia ad allargare il discorso non solo alla dimensione
oggettiva ma anche soggettiva inserendo i diritti delle singole persone (dimensione soggettiva): l’uomo è
dotato di diritti soggettivi naturali legati alla sua natura umana (diritto alla vita, libertà, proprietà, dignità,
lavoro..).Questo discorso sarà poi sviluppato da altri autori come John Locke ed è un discorso fondamentale
per illuminismo penale perchè pone in risalto il fatto che ogni individuo è dotato di diritti soggettivi. Il
meccanismo che fa nascere gli aspetti più interessanti in illuminismo è il fatto che ogni soggetto (anche
l’accusato) è dotato di questi diritti e quindi questo discorso è fondamentale soprattutto per il diritto penale
che è il ramo del diritto che maggiormente minaccia i diritti di un individuo.
L’illuminismo è una ideologia (aspetto di concreta riforma) che si sviluppa anche e soprattutto in ambito di
giustizia penale.

PRINCIPI DELLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA PENALE


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La codificazione del diritto ed il mondo moderno del diritto


La riforma penale propugnata dagli illuministi si manifesta attraverso i codici. Abbiamo due grossi filoni di
codificazione penale moderna:
• filone conservatore: si manifesta negli ambiti dell’assolutismo illuminato mittel europeo: gruppo al quale
appartengono i primi moderni codici di procedura penale e nello specifico si manifestano in ambito
austriaco. Ricordiamo il Codice dei Delitti e delle pene dell’impero d’austria del 1787 e il Regolamento
giudiziale. La parola chiave di questa prima codificazione penale è ragione ed efficienza: questi codici
vogliono esprimere una giustizia penale che sia espressione di uno stato efficiente (principio di ragione e
principio di legalità). In secondo luogo il principio di proporzionalità. Sono codici ancora molto severi (meno
cura al principio di umanità). Unico caso previsto per pena di morte è il caso di lesa maestà.
filone che si manifesta con la rivoluzione francese

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