MODULO I (ettore dezza): studia bene anche le radici ed etimologie delle parole
LEZIONE 1 e 2:
Per secoli la storia del processo penale nell’Europa continentale è stata molto diversa da quella
del processo penale dell’Inghilterra (Scozia, Irlanda, Galles hanno un’altra storia ancora). Il nostro
sistema giuridico (in quanto italiani e continentali) è romano-germanico e affonda nella tradizione
romana e dei popoli germanici. I giuristi inglesi si auto definiscono “commoners" (giuristi di
common law) e definiscono i giuristi dell’Europa continentale come “civilians” (perchè nel
medioevo gli inglesi vedevano “noi” come studenti dello ius civile, ovvero il diritto romano e in
questi termini ci hanno chiamato civilisti, non perchè studiassimo solamente diritto civile).
Common e civil law sono due esperienze giuridiche diverse. Detto ciò se osserviamo la struttura
del processo penale ci accorgiamo che da un certo momento in poi c’è stata una certa
contaminazione tra i due modelli giuridici: certi istituti/principi, hanno cominciato a transitare da
un modello all’altro e soprattutto in età moderna, molti istituti di common law, sono stati adottati
in Europa continentale.
Il nostro codice di procedura penale quanto è stato creato si diceva che contenesse molti principi accusatori
tralasciandone altri inquisitori.
La tradizione storica del modello processuale di civil law accusatoria, quella di common law è
accusatoria.
LEZIONE 2:
Parlando di modello accusatorio ed inquisitorio si parla di modelli storici che si sono affermati
nella prassi delle corti di giustizia penale, non si parla di modelli teorici.
Nel modello inquisitorio si ha un protagonista unico, il magistrato che per suo dovere è chiamato
a svolgere due delle funzioni del processo penale (accusatore e inquisitore). A differenza del
processo accusatorio, il giudice non è un giudice neutro. Il modello inquisitorio si afferma a partire
dal 13 secolo, stessa epoca in cui al di là della manica si afferma il modello accusatorio. In
Nel processo penale le funzioni fondamentali sono tre: accusare, difendersi e giudicare. Se nel processo accusatorio ognuna di queste funzioni spetta a parsone
diverse, richiamando lo schema del processo civile (come diceva G.Bassiano un actus trium personarum), in quello inquisitorio le funzioni di accusatore e giudice
sono, al contrario, cumulate nello stesso soggetto.
entrambi i casi il modello si afferma nella prassi ma nell’Europa continentale si ha un potente
motore che aiuta lo sviluppo del modello inquisitorio, ovvero la dottrina (opere dei giuristi) che
creano principi fondamentali per questo tipo di modello. Al di là della manica la prassi ha un
rapporto invece con i giudici e la giurisprudenza delle corti.
Parlando di modello inquisitorio dobbiamo premettere una duplice affermazione. Questo modello
si ricollega a particolari situazioni politiche o sociali e queste sono sostanzialmente due:
• modello inquisitorio è una espressione del principio di autorità ovvero laddove esistono dei
regimi politici centralizzati / autoritari (monarchie tendenzialmente assolutiste quali quelle che
caratterizzano tutta la storia del continente europeo).
LEZIONE 3:
Caratteri fondamentali modello inquisitorio:
Innanzitutto questo modello è strettamente legato ad alcune situazioni di carattere politico sociale
(governo accentrato e totalitario) o si è manifestato come reazione a situazioni politiche incerte. A
volte il processo penale di tipo inquisitorio si è affermato in una situazione di totalitarismo politico
con situazione di incertezza.
1) Si ha la concentrazione di poteri nelle mani di un solo soggetto, il giudice, che porta avanti
l’accusa e deve giudicare. Il giudice quindi è il dominus del processo e non è un giudice
imparziale (perchè accusa). In alcuni casi particolari il giudice può diventare accusatore e
difensore. Dalla concentrazione di poteri deriva il fatto che 2) il ruolo delle parti private è
limitato in quanto non hanno quasi nessun potere di iniziativa processuale, quando ci
sono i reati lievi che non hanno rilievo per la società è concesso il potere accusatorio ai privati.
Laddove vige, come nel processo inquisitorio, la presunzione di colpevolezza, le ricadute sono
due: 1) si parla di immediata privazione della libertà, 2) l’inversione dell’onere della prova che
molto spesso può essere osservata nel processo inquisitorio, il principio processuale generale di
qualsiasi ambito è che è colui che agisce che deve dimostrare le proprie ragioni (attore deve
dimostrare le proprie ragione verso il convenuto davanti al giudice) , nel processo inquisitorio si ha
l’inversione e quindi molto spesso se non di regola non è chi accusa (giudice accusatore) che
deve dimostrare la fondatezza quanto è l’inquisito che deve dimostrare la propria innocenza.
3) Un tipico carattere del processo penale inquisitorio è la sua segretezza. Si intende quindi che
lo svolgimento e i contenuti della procedura sono segreti e noti solo a pochi individui ovvero il
giudice (unico soggetto che agisce nell’ambito della giustizia penale e conosce come sta
andando la procedura) sia perchè è colui che manda avanti il processo (ex officio= è il suo
compito) sia perché è l’unico che conosce il contenuto degli atti e delle tappe del processo il che
significa che in un processo di tipo inquisitorio, l’inquisito non sa cosa stia succedendo se non
nell’ultima fase del processo quando il giudice che sta accusando ha raccolto la quantità di prove
“Camille DU Moulin diceva che solo i tiranni maldestri esercitano il potere con violenza, quelli
accorti esercitano il potere attraverso la giustizia penale”
5) Tema della prova (aspetto fondamentale di un qualsiasi processo) che è uno strumento di
conoscenza della verità e quindi ad una decisione che individua le ragioni e i torti. La verità che
esce da un processo sotto forma di sentenza è una verità processuale in qualche modo
considerabile artificiale ovvero a cui si arriva applicando una serie di norme, ponendo in essere
una serie di adempimenti codificati nella legge e non abbiamo nessuna garanzia che la verità alla
quale sia arriva sia quella effettiva (è il massimo a cui si può arrivare).
1. PROVA LEGALE: tipico del processo inquisitorio. Si ha un sistema di prova legale quando il
valore di una singola prova è predeterminato dalla legge o comunque dall’ordinamento
giuridico, esempio: la confessione (imputato ammette responsabilità) e al riguardo si parla di
piena prova incontrovertibile cioè automaticamente la confessione era piena prova della sua
responsabilità e questo era stabilito dalla legge. Nel sistema inquisitorio avevamo una
gradazione del valore delle prove. Solo due tipi di prova assoluti (una la confessione, l’altro il
detto conforme di due testimoni superiori ad ogni eccezione ovvero se ci sono due testimoni
che concordano sulla colpevolezza e dicono esattamente la stessa cosa e inoltre devono
essere superiori ad ogni eccezione ovvero devono essere persone oneste e credibili). Unus
testis nullus testis (un solo testimone non è sufficiente a condannare, perchè è scritto nella
bibbia). Il focus dei giudici era la ricerca della confessione perchè è la prova più semplice per
chiudere il processo.Quando si parla di pena edittale (espressione tipica penalistica) si intende
la pena prevista dalla legge per la commissione di uno specifico reato penale.Le altre prove
che non sono piene prove non consentono di portare alla pena edittale. I sistemi inquisitori
hanno sviluppato tecniche per consentire al giudice di rilasciare una pena di condanna anche
in assenza di una piena prova legale: alcuni sistemi, soprattutto quelli moderni, ritenevano che
senza prova piena non si potesse condannare (non significa che il soggetto venisse assolto),
mentre nei sistemi storici si parla di “pena straordinaria”. In un sistema inquisitorio basato
sulla piena prova legale se non ci sono piene prove, la soluzione è quella del ricorso alla pena
straordinaria o arbitraria ovvero quella pena che il giudice è autorizzato ad irrogare in presenza
di elementi probatori che non arrivano alla piena prova e le caratteristiche sono due: 1)non
può essere di livello uguale o superiore alla pena edittale, e 2) deve essere proporzionata sulla
base degli elementi probatori che sono stati raccolti in relazione al determinato
soggetto.Questa pena viene definita anche arbitraria perchè è demandata all’arbitrio del
giudice: l’ordinamento non dice nulla riguardo alla situazione in cui si hanno prove ma non
sufficienti per avere la piena prova.
LEZIONE 4:
Secondo un principio tipico in un processo è quasi più importante il rispetto delle regole
processuali piuttosto che della verità.
Mentre in un processo accusatorio si esce solamente come “guilty or not guilty”, in quello
inquisitorio abbiamo un ventaglio di possibilità. Il processo inquisitorio è estremamente tecnico
rispetto a quello accusatorio, è un processo per giudici “togati” (di professione, con una
preparazione giuridica) mentre quello accusatorio è atto a soddisfare un principio democratico
con partecipazione di altri che non hanno una preparazione giuridica ma decidendo sulla base del
“criterio morale” ovvero un altro modo di esercitare il libero convincimento. Il giudice popolare
non conosce l’ordinamento e le legge. Si parla infatti nel processo accusatorio di
“verdetto” (espressione che deriva da un’espressione latina usata nei tribunali inglesi nel
medioevo, il termine originario latino era VERE DICTUM, che veniva rilasciato dalla giuria
popolare) e non di sentenza. La sentenza può essere rilasciata solo dal giudice togato.
In un sistema inquisitorio non funzionerebbe il criterio morale e questo è anche collegato al fatto
che nel processo inquisitorio ci si basa sulla prova legale connotata da alto tecnicismo.
Ad un certo punto della storia il principio del libero convincimento del giudice è stato trasferito
anche al giudice togato e lo vediamo ancora oggi nelle nostre corti (giudici togati che giudicano
sulla base del criterio morale) e questo avviene a partire dall’età delle codificazioni (ultimi 200
anni, grosso modo a partire dalla rivoluzione Francese in poi) in cui si è avuta una commistione tra
modello accusatorio e inquisitorio (come è il nostro).
Dalla metà del 13 secolo invalse nella pratica il ricorso alla “tortura giudiziaria”, metodi violenti
intesi a strappare ad un imputato la confessione della propria responsabilità al fine di ottenere la
piena prova legale . Tortura ad eruendam: confessione (a strappare la confessione) .
In un sistema inquisitorio basato sulla prova legale la formazione della prova è di tipo unilaterale
(ovvero il giudice) mentre nel processo di tipo accusatorio la prova non si forma in modo
unilaterale ma attraverso un dibattimento.
LEZIONE 9:
due canoni [canone= norma posta dall’ordinamento ecclesiastico, deriva dal termine “canon”
norma in greco].
• canone 18: è il canone che abolisce il sistema probatorio tradizionale basato sull’Ordalia
(sistema probatorio definito irrazionale). Già da parecchi decenni nella Chiesa era in atto un
dibattito ideologico proprio sulle Ordalie. Queste presuppongono un intervento divino (è dio che
fa superare la prova e quindi è Dio che indica ai giudici le ragioni e i torti) e proprio questo
intervento è oggetto di una riflessione che porta a delle conclusioni che sono devastanti per il
tradizionale modello della giustizia penale alto medievale. Questo intervento normativo
condanna le Ordalie e nello specifico disinnesca il meccanismo che è alle origine dell’Ordalia in
quanto questo canone non condanna direttamente l’Ordalia ma evita di fatto che queste
possano essere applicate in futuro prevedendo il divieto per i sacerdoti di partecipare all’Ordalia
e il divieto nello specifico riguarda il divieto per i sacerdoti di benedire queste prove
irrazionali. Il venir meno alla partecipazione del sacerdote fa mancare il collegamento tra
divinità e i singoli mediante la prova irrazionale. Il presupposto per cui si elimina questa prova è
legato al fatto che l’uomo nella sua piccolezza non può richiedere l’intervento divino per
questioni terrene (“non tenterai il Dio tuo”). E’ proprio questa previsione del canone 18 che
determina il progressivo sviluppo diverso tra un lato e l’altro della manica. Il problema che ora si *
pone è quello di come dare certezza alla sentenza (prima era determinato da Dio). In Inghilterra
si avrà il modello basato sul verdetto della giuria popolare (scelta di tipo empirico) e quindi si
convocano 12 ( numero apostoli ) persone alle quali si richiede una testimonianza (i membri
venivano chiamati testimoni) su innocenza o meno dell’imputato e quindi i giudici sentenziano
sulla base di quanto detto dalla giuria (che deve giurare). La scelta che viene fatta in Italia e poi
in tutta Europa è diversa. Nasce proprio nel contesto italiano per poi influenzare tutta Europa:
questo ambiente italiane in cui si sviluppa il modello inquisitorio e quello comunale di tipo
podestarile [comuni:piccole o grandi autonomie di tipo statuale la cui origine è riconducibile alla rinascita dopo
l’anno mille. I comuni hanno in questo periodo uno sviluppo demografico che si accompagna ad una presa di potere
nei confronti del Sacro Romano Impero Gemanico e questi comuni si alleano contro l’Impero, dopo il comune
consolare poi ci sarà il comune podestarile].
Chi amministra la giustizia nei comuni italiani in questo periodo è il Podestà (soggetto che
temporaneamente dietro retribuzione amministra la città in cui viene chiamato). Quando il podestà
viene chiamato in una città porta con sé la sua “famiglia” ovvero i suoi collaboratori e funzionari a
lui sottoposti e necessari per un buon governo e contrastare gli scontri tra le diverse fazioni
politiche cittadini. Tra i salariati che accompagnano il podestà si hanno anche i giudici che sono
degli studiosi, usciti da università italiane, hanno un contratto con il podestà e si occupano
dell’amministrazione della giustizia per il periodo in cui rimarrà in vigore il Podestà. Mentre
tendenzialmente fino a quel momento il processo era basato su una relazione tra le parti dal
Duecento in Italia si intende necessario un intervento pubblico nella giustizia penale. Viene
concepito come sempre più necessario l’intervento pubblico nella giustizia penale per garantire la
stabilità dell’ordine pubblico e soprattutto si inizia a concepire che la commissione del reato *
A partire da questo momento, dunque, le prove irrazionali iniziarono rapidamente a sparire dalla giustizia
penale: la soluzione del problema relativo al fondamento della propria sentenza diventa, quindi, la base
della differenziazione dei modelli. *
LEZIONE 10:
Siamo nel pieno di quella che viene definita l'età comunale che a noi interessa perchè è proprio
l’età nella quale prende piede una nuova forma di amministrazione della giustizia penale
caratterizzata dalla adesione totale al modello inquisitorio. Si afferma una progressiva
pubblicizzazione del diritto penale (giustizia compito dell’autorità pubblica per poter garantire la
pacifica convivenza nelle città italiane). Chi viola la pace del contesto comunale viene indicato
come soggetto da perseguire non solo nell’interesse di chi ha subito il danno ma viene
perseguitato (il reo) dall’autorità pubblica nel rispetto del brocardo “interest rei publicae ne
crimina rimaneant impunitant” (è interesse della cosa pubblica che i crimini non rimangano
impuniti). Questo processo di pubblicizzazione progressiva della giustizia penale comporta
l’affermarsi del nuovo modello inquisitorio, ovvero modello che gradatamente abbandona le
tradizionali forme basate su accusa privata per prediligere l’accusa pubblica portata avanti
quindi da un magistrato comunale che per propio dovere di ufficio è chiamato a perseguire e
condannare i reati. Nei comuni italiani applicando il brocardo precedentemente detto,
gradatamente (cominciando dai reati più gravi) si sviluppa la giurisdizione pubblica che si
manifesta attraverso una vera e propria attività di inquisizione che tende a sostituirsi all’iniziativa
del privato. La differenza fondamentale sta nel fatto che l’iniziativa del privato è a carattere
volontario mentre quella pubblica è obbligatoria ex officio nel momento in cui il magistrato ha
ricevuto la notizia criminis. Si introduce la possibilità introdotta dal diritto canonico, cioè che il
reato fosse perseguito sulla basa della semplice “fama”. Queste innovazioni che si manifestano
nel 13 secolo sono progressive, non è una novità immediata ma graduale e abbastanza rapida,
che porta alla modifica del sistema di giustizia penale a partire dai reati più gravi.
Come si creano le nuove regole chiamate a disciplinare questo nuovo modo di amministrare
la giustizia penale?
Un ruolo importante da questo punto di vista giocano le norme del diritto canonico che già dalla
fine del 12 secolo inizia a costruire un ordinato e razionale sistema di giustizia penale inquisitoria.
Il diritto canonico è un diritto che ha una grandissima influenza specialmente proprio nell’ambito
della giustizia penale: i giudici dei comuni italiani che cominciano ad essere investiti di questo
compito di porre in essere norme di giustizia penale hanno un modello dato dal diritto canonico
(decretali, es; “qualiter et quando”, canoni per esempio 8/18, e il liber extravagantium del 1234,
ovvero la prima raccolta delle decretali del pontefice che avevano fissato i primi dogmi del
processo inquisitorio). La normativa canonista non è l’unica, un ruolo molto importante è dato
dalla normativa statutaria: legislazioni municipali dei vari comuni nella forma dello statuto
comunale dove sono inserite anche norme che disciplinano la nuova attività a cui sono chiamati i
giudici comunali (giudici podestarili). Molto spesso le rubriche che troviamo negli statuti municipali
sono ispirati al diritto canonico (ricezione dello ius proprium del diritto canonico). Terzo elemento è
il diritto romano pur nella sua ambiguità (nelle fonti giustinianee ci sono regole/principi e istituti di
tipo accusatorio e inquisitorio). Lo strumento principe per dare una regolamentazione alla giustizia
pubblica, la fonte fondamentale è la consuetudine: le regole si fondano attraverso il canale
giurisprudenziale. Le norme del nuovo processo inquisitorio sono molto spesso a carattere
consuetudinario.
Molti giuristi iniziano ad occuparsi, in modo serio ed esaustivo, delle nuove forme del processo
penale di tipo inquisitorio che si sono affermate in questo contesto comunale. Un paio di giuristi
di area bolognese hanno scritto trattati su singoli punti: Tommaso Da Piperata [scrive un trattato
“de fama” sullo strumento che consente di avviare l’azione penale anche in assenza di un
accusatore], Guido Da Suzzara [incomincia in molti suoi scritti ad occuparsi di questioni
penalistiche e a questo giurista è attribuito, probabilmente, un trattato che si occupa della tortura
giudiziaria che compare sulla scena della dottrina penalistica della metà del ‘200, “tractatus de
tormenti”. Ci si occupa di questo argomento per evitare un uso arbitrario della tortura].
Alberto Gandino:
L’autore più rilevante sulla cui opera dobbiamo soffermarci è un autore della fine del ‘200 che si
chiama Alberto Gandino, autore del primo grande trattato che affronta in modo completo
l’insieme delle nuove forme di giustizia penale che sono in via di affermazione nelle giustizie delle
realtà urbane italiane di quel tempo.
Quest’opera ci fa capire il punto a cui si arriva alla fine del ‘200 in questa progressiva mutazione
della natura e della forma della giustizia penale.
1. accusa (accusatorio)
2. inquisizione (inquisitorio)
3. procedura per denuncia o “denunciatio”: forma intermedia tra forma accusa privata e
inquisizione. Consiste nel fatto che un soggetto privato denuncia al magistrato pubblico la
commissione del reato. Il denunciante non è equiparabile all’accusatore perchè non ha gli
stessi obblighi/doveri che per esempio la tradizione del diritto romano pone a capo degli
accusatori degli obblighi(devono scrivere atto di accusa cioè il libello accusatorio, devono
dichiararsi pronti a subire tutte le conseguenze qualora l’accusa risulti infondata ovvero la
pena del taglione..). Si definisce come una via di mezzo tra accusatorio e inquisitorio perchè
l’iniziativa è privata ma chi porta avanti il processo è il giudice. Con il passare del tempo la
denuncia verrà inglobata nel modello inquisitorio (denuncia sarò solo lo strumento per dare
notizia del reato al magistrato).
4. procedura per crimine notorio: un crimine notorio è un crimine di cui tutti conoscono
l’autore, non serve una particolare forma di indagine o ricerca per stabilire la colpevolezza e
allora in questo caso è consentita una procedura estremamente sommaria per arrivare subito
alla sentenza. Come la denuncia anche la procedura per crimine notorio rientrerà nell’alveo del
processo inquisitorio.
5. procedura per eccezione “exceptio”: non è un vero e proprio modo per portare avanti un
processo penale ma è la reazione che viene consentita ad un accusato che vuole contestare
un’accusa/testimonianza nei suoi confronti sottolineandone la falsità. Viene consentito tramite
questo sistema di avviare una processo all’accusato per chiedere la condanna del falso
accusatore/testimone.
La forma ordinaria del processo penale sembrerebbe quella dell’accusa così come era da
tradizione e da questo si vede ancora la forte influenza degli studi accademici di Gandino che
definisce il processo accusatorio come quello “ordinario” il che non vuol dire che sia la forma più
diffusa. Gandino poi spiega che tutti gli aspetti maggiormente distintivi del modello accusatorio
sono configgenti con quella che è la realtà delle cose così come si svolgono nei tribunali italiani
della fine del ‘200. Gandino illustra tutte le tradizionali modalità di un processo di tipo accusatorio
ma poi incomincia ad avvisare dicendoci che in realtà tutti gli adempimenti che tradizionalmente
dovevano essere seguiti in un processo accusatorio non vengono più seguiti e sono in fase di
decadenza. In realtà ciò che conta è ciò che accade nella pratica: c’è un famoso passo dell’opera
di Alberto Gandino.. [studia bene questo passo pag.10 infondo del libro di ettorino] “al giorno
d’oggi, per quanto riguarda il diritto laico/secolare il giudice e il Podestà procedono per
proprio obbligo d’ufficio, attraverso l’inquisizione, qualsiasi reato. e i giudici fanno così sulla
base della consuetudine come nota nelle sue opere Guido Da Suzzara (suo maestro all’uni)
e come io potuto osservare anche se è contro il diritto romano (tra diritto romano e
consuetudine prevale la consuetudine)”
Alberto Gandino dice che se fosse consentito che i processi penali potessero iniziare solo
attraverso l’accusa, la gran parte dei reati oggi commessi nelle realtà municipali italiane non
verrebbero perseguiti perchè la gran parte dei soggetti privati ,anche qualora fossero soggetti
passivi di reato, non intenderebbero esporsi alle pesanti conseguenze che potrebbe avere
l’iniziativa privata. Anche quando lo fanno la loro funzione all’interno del processo ormai si è
trasformata da una funzione di accusatore in senso stretto ad una di semplice denunciatore e una
volta che egli ha fatto conoscere al giudice che un determinato soggetto è sospettato di aver
commesso un determinato reato (notizia criminis) è poi il giudice che procede. Nulla è più rimasto
della forma accusatoria se non la possibilità di denunciare.
LEZIONE 11
Trattato in cui vengono illustrati i modi attraverso cui si amministrava la giustizia nell’Italia
comunale del ‘200. Un passaggio fondamentale dell’opera è quello in cui viene detto che i giudici
italiani per tutti i processi devono procedere attraverso il metodo inquisitorio: questo è dovuto a
una prassi che si è instaurata a causa della volontà di pubblicizzazione della giustizia penale.
Il successivo sviluppo delle nuove forme di giustizia penale prenderà una duplice via. Da un lato
inizia un processo di dogmatizzazione delle forme inquisitorie, ovvero il fatto che si vengono a
formare regole, istituti, dogmi del nuovo modello processuale penale inquisitorio insediatosi per
prassi: questo processo durerà per molti secoli, fino ad approdare ai suoi esiti conclusivi nella
metà del XVI secolo. Dall’altro lupo sviluppo oltre ai confini italiani del metodo inquisitorio di
processo penale, nato nell’Italia comunale del XII secolo.
[Soffermiamoci sul primo punto]. Questo processo di dogmatizzazione costituisce un lavoro continuo
operato da più generazioni di giuristi e criminalisti, tra cui Giulio Claro con il quale si conclude
quel processo. Nonostante sia un’opera dottrinale, essa tiene sempre l’occhio sulla prassi, sulla
consuetudine giudiziale. Altri fondamentali protagonisti di questa dogmatizzazione sono:
Angelo degli Ubaldi (fratello di Baldo) scrive una “repetitio” (lezione universitario) sullo sviluppo
dogmatico delle realtà processuali
Agli inizia del Quattrocento abbiamo un importante giurista e docente universitario pavese,
Giovanni Pietro Ferrari che compone una Pratica (detta Pratica pavese) del processo civile, che
in appendice presenta una descrizione delle forme del processo inquisitorio (forma inquisitionis)
Tra i criminalisti del Cinquecento dobbiamo citare Ippolito Marsili, giurista pratico e accademico,
che deve essere ricordato per il fatto che nel 1509 fu il primo titolare di una cattedra di diritto
penale/criminale in una università europea (Bologna). Questo dato ci fa vedere come ormai questo
ramo del diritto, grazie anche all’opera dei suddetti giuristi, sta arrivando ad ottenere una certa
autonomia nel quadro delle scienze giuridiche. Per la prima volta viene creato un insegnamento
universitario per una materia specifica: noi siamo abituati a suddividere il diritto in insegnamenti,
mentre le università medievali erano nate come luogo di studio del Corpus Iuris Civilis e Corpus
Iuris Canonici, non c’è quindi una partizione logica per materia, ma gli insegnamenti dipendono
dalle fonti (del diritto romano e canonico). Infine citiamo Igninio Bossi, giurista milanese, autore di
Preamboli Legittimi.
Soffermiamoci infine su Giulio Claro, punto di arrivo dell’individuazione di questi principi e dogmi
inerenti alla materia penale. Si tratta di un giurista Alessandrino (1525-1575), che però gravita
nell’ambito lombardo (anche perché Alessandria apparteneva all’epoca allo Stato di Milano).
Claro, laureato all’università di Pavia, imbocca una carriera come giudice e giurista dottrinale e
diventa membro del Senato di Milano. Viene poi nominato dal Re di Spagna come responsabile
del Consiglio per gli affari italiani della Corona Spagnola, un consiglio che è istituito a Madrid e
dove Claro svolge la funzione di primo consiglierei per gli affari italiani.
Claro scrive un trattato enciclopedico che comprendesse tutti i rami del diritto: i suoi molti
impegni giurisdizionali e politica avevano rallentato la stesura di quest’opera che però non fu mai
completata. Una delle parti che completa fu quella del diritto penale, che doveva essere il quinto e
ultimo libro (Receptarum Sententiarum Liber Quintum, edito per la prima volta nel 1568)). Il titolo
completo doveva essere Recepetae Sententae, ovvero le opinioni che si sono consolidate nel
tempo in merito al diritto. Il quinto libro conteneva una prima parte sul diritto penale sostanziale e
una seconda sul diritto penale processuale. Questa seconda parte si intitola “Pratica
criminale” (titolo molto diffuso tra i penalisti), termine che probabilmente si riferiva al fatto che
quest’opera era diretta ai pratici (giudici, avvocati, notai). L’aspetto più rilevante riguarda
l’affermazione di Claro secondo cui non esistono altre forme di processo penale se non quello
inquisitorio. Gandino enumerava cinque tipi di processo penale:
1. processo inquisitorio
2. accusatorio
3. processo per denuncia
4. per crimine notorio
5. l’eccezione.
Nel periodo tra Gandino e Claro tutte quelle forme vengono inglobate dalla forma
inquisitoria: tutti quegli elementi che caratterizzavano gli altri quattro tipi di processo diventano
tutti uno strumento per far giungere al magistrato penale competente la notizia di reato; una volta
che la notizia del reato arriva al magistrato inquirente, quest’ultimo inizia l’inquisizione ex ufficio
suo. Il “nuovo” processo penale (le sue radici sono comunque nel XII secolo) inquisitorio è ormai
l’unica forma che viene applicata in tutti i tribunali dell’Europea continentale.
Questo processo prende il nome di processo penale romano-canonico (elaborato sulla base di
questi principi) oppure processo penale di diritto comune o di alto regime.
[Prima di parlare delle modalità attraverso cui funzione il processo penale di diritto comune, dobbiamo
soffermarci su due aspetti.]
Nei secoli che vanno dalla fine del Duecento agli inizi del Cinquecento (opera di dogmatizzazione),
si manifesta nella prassi giudiziaria un nuovo protagonista, ovvero l’avvocato o procuratore
fiscale, in realtà sconosciuto ancora nei primi secoli di questo processo (si afferma del tutto nel
Cinquecento). Comincia in quegli anni a manifestarsi un interesse che riguarda la figura del
sovrano: le forme assolutiste iniziano a svilupparsi all’interno dell’Europa, abbandonando le
forme di modello repubblicano-democratico (es. comuni) e quindi un nuovo interesse che si
manifesta all’interno del processo diventa quello del signore, del monarca. Quest’ultimo ha due
interessi:
• innanzitutto l’interesse a che i crimini non rimangano impuniti (“interest rei publicae ne maleficia
remaneant impunita”)
• accanto a ciò vi era una questione meramente di carattere finanziario, in quanto spesso si
trattava di pene pecuniarie (anche molto consistenti) che venivano versate nel fisco sovrano —>
pace sociale e controllo della società/ricavato di tipo economico-finanziario.
È per questi interessi che nel corso del Quattrocento comincia a delinearsi la presenza di un
nuovo penalista, un avvocato che entra nel processo per tutelare gli interessi di carattere
finanziario del sovrano. I sovrani italiani ed europei iniziano a nominare dei funzionari, incaricati di
tutelare gli interessi del Signore. In particolare questo soggetto deve avere riguardo al fisco
Sovrano, anche se può essere considerato come colui che cura gli interessi del signore in
generale (la tranquillità del regno). Questo soggetto si impone come nuovo fondamentale
protagonista del processo penale. In particolare, l’avvocato coadiuva il lavoro del giudice: il
suo interesse è quello di giungere a una condanna (meglio se pecuniaria ovviamente) e quindi
affianca il giudice nella sua attività di inquisizione. Questo affrancamento avviene in due modi:
da un lato avviare il processo (dare al giudice la notitia criminis) e dall’altro è autorizzato a guidare
l’opera del giudice (inviatarlo a sentire un testimone, a ottenere una perizia etc.) —> promotor /
instigator inquisizioni. Infine, l’avvocato fiscale è tenuto a presentare al giudice inquisitore le sue
conclusioni fiscali al termine del processo (“sulla base di queste prove, chiedo a te giudice di
condannare l’imputato a una determinata pena”). Il PM (Procuratore della Repubblica) non è altro
che l’esito di un’evoluzione storia che parte dall’avvocato fiscale.
Siamo di fronte a un modello che tende ad interessare tutta l’Europa continentale. Questo
modello nasce nell’Italia comunale del XII secolo e viene poi esportato oltre ai confini della
penisola (età del diritto comune europeo). Ci troviamo di fronte a una struttura binaria: da un alto
ci sono i diritti locali e dall’altra vi è questo diritto a livello europeo. Questa uniformità giuridica si
basa sull’attività e sulle opere dei giudici; infatti l’attività di dogmatizzazione che abbiamo studiato
a livello italiano viene favorita anche negli altri Paesi europei (le opere circolano) —> fino a tutto il
Quattrocento il diritto penale è esclusivo ambito dei giuristi italiani. Questo processo ha come
fondamento il Concilio Lateranense che vieta le prove irrazionali e porta quindi alla necessità di
individuare nuove certezze. Un ulteriore elemento che favorisce l’affermazione di questo modello
è il fatto che in tutta Europa in quel periodo si sviluppano forme di governo accentrate. Questa
affermazione sarà segnata anche dalla nascita di testi a livello statale sulla base delle opere
italiane:
Francia: ordonnance di Blois 1499 e ordonnance di Villers-Cotterets 1529 che pongono fine alla
tradizione accusatoria in Francia e impongono la nascita di un modello processuale inquisitorio
(già affermato nella pratica)
Germania: a opera di Carlo V viene promulgata la Constitutio criminalis carolina 1527 che
introduce ufficialmente le nuove forme del processo inquisitorio. Nei contenuti quest’opera era già
stata anticipata da altri testi a livello locale es. ordinanza di Brandeburgo e costituzione di
Bamberga.
LEZIONE 12:
Spesso le pratiche opere modeste rivolte agli strati più bassi del mondo penale (come notai) altre
invece queste opere assurgono a vere e proprie opere di dottrina di riferimento per tutta la
dottrina europea (secondo quel processo di dogmatizzazione che si era affermato).
Per quanto riguarda la struttura del processo, innanzitutto dobbiamo dire che si tratta di un
processo “ad assetto variabile” perché può cambiare direzione in alcuni snodi chiave e molto
spesso la direzione che può essere presa dal processo dipende dai poteri discrezionali (enormi)
del giudice.
L’avvio del procedimento è un dovere d’ufficio del giudice penale (che quindi in questa fase è
privo di qualsiasi discrezionalità): nel momento in cui il giudice riceva la notitia criminis è obbligato
ex ufficio suo a dare avvio al processo (regola che abbiamo ereditato anche a noi, a differenza di
quanto avviene nei sistemi di Common Law).
• nulla vieta inoltre che la comunicazione venga fatta da un altro privato che non sia la parte lesa
(raro però)
• speciali categorie di soggetti che sono obbligati alla denuncia: es. farmacisti, medici, infermieri
o levatrici (es. in caso di aborto)
La distinzione tra inquisizione generale è speciale è frutto della dogmatizzazione condotta dai
criminalisti dal XIII secolo.
2. assumere le prima informazioni sulla commissione del reato, la cui sussistenza è stata
dimostrata con l’individuazione del corpo del delitto: es. sentire le prime testimonianza,
chiedere una perizia. Queste prima indagini devono essere di carattere concreto: questa prima
fase deve essere condotta dal giudice neminem nominando, quindi senza fare il nome preciso
di nessuno (es. non può chiedere a un testimone “Tizio è morto l’altro giorno, tu hai visto Caio
fuggire dal luogo del delitto?” può semplicemente chiedere se ha visto qualcuno). Se in
questa fase il giudice dovesse fare un nome questa costituisce una causa di nullità del
processo).
inquisitio specialis
È la fase che scatta nel momento in cui il giudice ha individuato il possibile autore o i possibili
autori del reato, ad esempio grazie a delle testimonianze nella fase generale. Spesso accadeva
che già fin dall’inizio delle indagini il giudice avesse dei nomi (es. querela della parte lesa con il
nome dell’autore): in questo caos il giudice può passare direttamente alla fase speciale.
È in questa fase che il giudice inizia a godere di quell’ampia discrezionalità di cui è titolare.
Classificazione degli indizi e delle prove: i giuristi di diritto comune hanno catalogato tutte le
forme di indizi in tre grandi categorie:
indizi lievi (indicia ad inquirendum): questi indizi seppur leggeri danno comunque già l’idea al
giudice sull’eventuale colpevolezza di un soggetto e quindi permettono al giudice di continuare a
indagare su una strada specifica. Il fatto che l’indizio sia sufficiente o meno però spetta a una
valutazione discrezionale del giudice: i giuristi hanno stabilito la classificazione delle prove,
affermando che il giudice non può continuare a indagare in modo più puntuale nei confronti di un
soggetto senza un indizio anche lieve, ma è lo stesso giudice che stabilisce se l’indizio sia o meno
sufficiente.
Tizio è stato visto vicino alla scena del crimine
indizi medi: sufficienti ad carcerandum Tizio è stato visto correre via dalla scena del crimine)
indizi gravi: indicia ad torturam Tizio è stato visto correre via dalla scena del crimine con un coltello insanguinato
Il processo penale inquisitorio è caratterizzato da scrittura quindi tutti gli atti posti in essere dal
magistrato inquirente sono verbalizzati (documentazione scritta raccolta in un fascicolo
processuale che viene definito “processo informativo” perchè contiene tutte le informazioni che
saranno reputate utili per la causa). Questo processo informativo successivamente sarà definito
“processo offensivo” (terminologia di carattere militare, in quanto, quella condotta dal magistrato
contro l’imputato è una vera e propria guerra), questo mutamento di terminologia avviene quando
si avvia la terza fase ovvero l’inquisizione speciale (volta ad individuare le prove che possono
dimostrare colpevolezza o meno dell’imputato).
Il passaggio da inquisizione generale a speciale avviene nel momento in cui vengono individuati i
soggetti sospettati di aver commesso il reato, il passaggio può avvenire automaticamente qualora
nella denuncia che arriva al magistrato è già inserito il nome del sospettato. Se il nome
dell’imputato non è ancora presente nella denuncia, il giudice deve procedere nell’inquisizione
generale “neminem nominando”, procedendo quindi nel processo senza indirizzarsi ad un
sospettato specifico ed individuato.
A seconda della gravità del reato poi la situazione cambia: in un processo inquisitorio a
seconda della gravità del reato l’imputato deve attendere il verdetto e gli viene nel mentre privata
la libertà personale, questo non avviene però nei casi lievi (casi che prevedono una pena
pecuniaria). Anche nei casi lievi l’imputato veniva convocato davanti al giudice con il libello
inquisitorio ma poteva farlo a piede libero (casi per esempio nei quali si procedeva per un’ingiuria
su querela di una parte). I casi di media e forte gravità prevedevano il fatto che l’imputato dovesse
attendere l’esito della sentenza privato della sua libertà. Non in tutti i casi il giudice è autorizzato
ad incarcerare l’imputato, sicuramente è necessario che ci sia una pena di modesta gravità che
preveda incarcerazione purché siano presenti degli indizi sufficienti per privare della libertà
l’imputato (indicia ad carcerandum): sono indizi intermedi codificati dalla dottrina giuridica di
antico regime.
Successivamente poi continuava la raccolta degli indizi per il magistrato, volta all’individuazione
della prova legale (fase centrale all’interno del processo inquisitorio).
• confessione:tutto il processo penale basava attorno a questa definita la regina delle prove
“regina probationis”
1. Far confessare sotto interrogatorio l’imputato: “costituto del reo” (constitutum rei) ovvero
l’interrogatorio formale che il giudice decide di porre in essere nei confronti dell’imputato che
viene definito con un’espressione tradizionale il “reo” [reo indica l’imputato e deriva dal latino “res”
(cosa), l’imputato non è più un soggetto umano bensì una cosa nelle mani del giudice dominus]. Il reo
viene portato davanti al giudice, alla presenza del solo carceriere e viene interrogato dopo
aver giurato. L’imputato (proprio per la presunzione di colpevolezza) è colui che conosce
meglio come sono andate le cose. Nel modo di condurre questo interrogatorio il giudice non
aveva limiti (poteva liberamente ricorrere a minacce/domande suggestive..), c’erano manuali
inquisitoriali che spiegavano al giudice come condurre l’interrogatorio per ottenere la
confessione del reo;
*
2. tortura giudiziaria attraverso l’uso di violenza fisica per strappare la confessione. La tortura
era uno strumento “ad eruendam veritate” (per strappare la verità dalla bocca dell’imputato).
Diversi erano gli strumenti di tortura anche a seconda dei tempi, dei luoghi e anche a seconda
del sesso. A partire intorno al 1500 il modo maggiormente utilizzato quantomeno in Italia
consisteva nella “elevatio in aeculio” (si prendeva imputato e venivano legati gomiti dietro la schiena,
dietro ai gomiti passava una corda e l’imputato veniva sollevato in alto con un punto di forza che era costituto dal
nodo che univa i due gomiti dell’imputato e questo sollevamento provocava fortissimi dolori e spesso la rottura della
spalla). La parte più dolorosa di questa forma di tortura era lo “squassamento” mentre erano
Dalle fonti storiche si può verificare come molto spesso il giudice, grazie alle sue abilità negli interrogatori,
riuscisse ad ottenere una confessione da parte dell’imputato: gli interrogatori potevano durare giorni e avere
un peso psicologico rilevante sull’interrogato.*
sospesi in aria dovevano anche essere fatti sobbalzare con la corda. Molto spesso se
l’imputato era di sesso femminile si ricorreva a forme più limitate come la “tortura dei
sibilli” ( si prendeva la mano della donna si mettevano legni tra un dito e l’altro, la mano veniva stretta con una
corda e girata con un chiodo). Non soltanto gli imputati venivano sottoposti a tortura ma anche i
testimoni potevano essere sottoposti a tortura (non solo per i testimoni reticenti ma anche per
i testimoni pregiudicati)
Quando il costituto del reo avesse dato esito negativo (non ha confessato) prima della tortura
bisogna specificare alcuni aspetti. Non in tutti i casi si arrivava alla tortura: gioca qui ancora
una volta la teoria della classificazione degli indizi e un giudice non può sempre sottoporre un
imputato alla tortura, solo qualora si manifestino degli indizi molto gravi (indicia ad torturam).
Ancora una volta il giudice è libero di decidere se sussistano quei gravissimi o gravi indizi che lo
autorizzano a ricorrere alla tortura giudiziaria.
Dal punto di vista giuridico vi erano una serie di aspetti della tortura giudiziaria che devono essere
meglio valutati: per opera dei giuristi si è cercato di mettere dei limiti alla tortura:
• il primo limite: il giudice non sempre può sottoporre l’imputato alla tortura ma solo quando ci
sono gli indicia ad torturam (può però essere superato dall’arbitrio del giudice che può
considerare indizi gravissimi indizi che tali non sono)
• secondo limite: la confessione resa sotto tortura di per sé non è considerata valida proprio
perchè ottenuta con la violenza, quindi almeno 24 h dopo la tortura l’imputato deve essere
riconvocato dal giudice e deve sottoscrivere la confessione resa sotto tortura. Qui si pone il
problema della mancata ratifica qualora l’imputato affermi di aver confessato solo per il troppo
dolore. A questo punto si pone il problema di ‘quante volte l’imputato può essere torturato?’.
E’ un problema senza soluzione: il numero massimo di torture dipendeva dalle tradizioni locali,
dalla decisione del giudice e da molti fattore.
• terzo limite: l’imputato che resiste alla tortura e non confessa “purga gli indizi” (il fatto stesso
che abbia resistito alla tortura sta a significare che non sono più validi gli indizi a suo carico. Nel
caso di un soggetto forte e ipoteticamente resistente per evitare che cadessero le accuse a
seguito della tortura il giudice poteva rifiutare la tortura e condannare l’imputato ad una pena
straordinaria, non edittale quindi inferiore ma proporzionale al cumulo probatorio raccolto.
Alla fine dell’inquisizione speciale: o il giudice ha ottenuto la confessione oppure non l’ha
ottenuta. Nel primo caso si va verso la sentenza, nel secondo caso invece abbiamo il passaggio
al quarto momento del processo penale di tipo inquisitorio del quarto regime.
Il quarto passaggio è la “ripetizione dei testimoni”: all’imputato viene consentito di risentire tutti i
testimoni che hanno testimoniato contro di lui per rendere inattaccabili le testimonianze che sono
state date. Questo sembrerebbe un passaggio garantista ma così non era nella realtà.
Perchè renderle inattaccabili? I testimoni che avevano deposto nel corso dell’inquisizione erano
testimoni che avevano sottoposto sotto giuramento, con la ripetizione dei testimoni si chiedeva ai
testimoni di modificare la loro deposizione, se i testimoni mutavano la propria deposizione in
favore dell’imputato si esponevano ad un grossissimo rischio in quanto avevano deposto sotto
giuramento e cambiando la posizione venivano inquisiti per “spergiuro”. Molto spesso quindi
accadeva che lo stesso imputato rinunciasse alla ripetizione dei testimoni e doveva quindi
sottoscrivere una dichiarazione in cui si riteneva che avesse sentito i testimoni.
La quinta fase era quella della pubblicazione del processo: il fascicolo processuale raccolto dal
giudice processuale veniva reso pubblico e posto a disposizione dell’imputato che poteva leggere
le carte del processo ed eventualmente poteva proporre le proprie difese (chiaramente auto-
difesa).
(in alcuni ordinamenti i meno abbienti potevano essere assistiti dal cosiddetto “avvocato del popolo”
La sesta fase: possibilità di sollevare obiezioni ed esercitare la propria difesa. La difesa può
essere un’autodifesa o una fatta da un avvocato penalista (ipotesi remota) che doveva presentare
una memoria scritta alla corte o per alleggerire la posizione dell’imputato (con nuove
testimonianze a favore dell’imputato) o si tentava di annullare il processo per violazione formale
delle regole processuale La difesa tecnica, in ogni caso, si manifestava tramite una memoria scritta da presentarsi al tribunale entro
termini molto brevi (massimo una settimana dalla pubblicazione): questa poteva incentrarsi o su questioni di
merito, oppure, come spesso accadeva, su aspetti procedurali che avrebbero potuto portare alla nullità del
LEZIONE
si giunge poi alla 14: veniva decisa da parte
sentenza: questa processo.
del collegio che si riuniva in camera di consiglio, senza possibilità di contraddittorio orale con l’imputato, e deliberava in
merito alla questione sulla base di tutto il fascicolo informativo redatto fino a quel momento. Poteva accadere, in alcuni casi, che il collegio fosse monocratico, il medesimo giudice
che aveva condotto le indagini dunque sarebbe stato incaricato di emettere la decisione; in casi di tribunali collegiali, invece, un dei giudici era il cosiddetto giudice processante, o
istruttore, quello che si era occupato di svolgere dunque l’attività istruttoria che aveva poi l’onere di presentare una relazione al collegio. Altro documento di cui il collegio giudicante
avrebbe dovuto tener conto, erano le conclusioni fiscali: il documento prodotto dall’avvocato fiscale, che in buona sostanza si traduceva nella richiesta di una certa pena, di cui però
il tribunale avrebbe dovuto tener conto nella propria decisione. A tal punto il processo si concludeva con scrittura e pubblicazione della sentenza, a cui poi seguiva la sua
esecuzione: in un sistema del genere la maggior parte degli imputati era giudicata, per forza di cose, colpevole, gli archivi storici ci permettono, però, di notare che in ogni caso era
presente una certa quantità di assoluzioni.
Il processo penale così descritto è quello che caratterizza la fase più matura del periodo del diritto
comune! età che va dal dodicesimo al diciottesimo secolo e che vede in tutta Europa continentale un
fenomeno di unità giuridica. A questa unità giuridica corrisponde un’unità nella giustizia penale. Questo
processo scaturisce da un periodo di costruzione del sistema e che si può considerare affermato nelle sue
forme finali tra la fine del XV e l’inizio del XVI; da questo momento in poi, fino all’800 ,questo è il processo
penale dell’intera Europa continentale. Dal punto di vista delle istituzioni con l’inizio del ’500 si chiude il
periodo di formazione del sistema che rimane immutato per i 3 secoli successivi. Non si può dire la stessa
cosa a livello dottrinale! perché mentre le forme del processo penale si consolidano e rimangono immutate,
comincia a formarsi una corrente dottrinale, all’inizio debole e poi sempre più forte, che condurrà alla
formazione di un nuovo modo di pensare e di guardare la giustizia penale. Questo nuovo modo troverà
piena espressione alla fine dell’800 nell’Italia della moderna codificazione del diritto. Il nuovo formarsi di
questa nuova sensibilità produrrà un nuovo modo di concepire la dottrina giuridica. Questo nuovo modo
finirà quindi per rap.re lo scheletro ideologico e i profondi mutamenti che nell’età della codificazione si
verificheranno nella disciplina del processo penale. La codificazione delle regole del processo penale è il
prodotto di questa nuova sensibilità che inizia formarsi già nel XVI sec. Ora esamineremo quindi gli aspetti
fondamentali di questo nuovo modo di pensare la giustizia penale. Non bisogna però confondere il profilo
della concreta effettività della giustizia penale, cioè come funziona il processo penale in modo concreto dal
‘500 al ‘700, e il pensiero giuridico che si comincia a sviluppare a partire dal ‘500 e che solo nell’800 sfocerà
in un nuovo tipo di processo. Bisogna distinguere quindi la pratica dalla dottrina.
Le prime avvisaglie di una nuova sensibilità culturale ,che si manifesta in alcuni giuristi nei confronti della
giustizia penale, si manifestano già nel momento in cui il modello di diritto comune arriva alle sue forme
finali. Queste novità cominciano a manifestarsi nell’ambito di quei giuristi che sono maggiormente sensibili
alle novità culturali indotte nel diritto dall’umanesimo giuridico, specialmente nella sua declinazione
cinquecentesca(scuola culta); è all’interno della scuola culta che si manifestano le prime novità dottrinali in
tema di giustizia penale. Sono quindi giuristi che sono influenzati dalle correnti umanistiche! correnti che
guardano al diritto con strumenti nuovi(storia e filologia). In particolare, le prime avvisaglie di questo nuovo
pensiero si manifestano laddove il modello inquisitorio di giustizia penale sembrava avere avuto le sue più
grandi vittorie! in tutti quegli stati i cui si erano affermante grandi legislazioni del ‘500 che avevano in toto
accolto il modello inquisitorio elaborato dalla dottrina italiana; tra queste legislazioni ricordiamo le
Ordonnances dei sovrani francesi, la Costitutio Criminali carolina(1527) per la Germania ecc. . Si trovano
esempi di questi testi in tutta Europa e non solo i Francia e Germania. L’Europa del ‘500 vede quindi molti
esempi di consolidazione normativa perché i sovrani vedevano la normativa penale anche come modo di
controllo sullo stato e sulla popolazione. Questa attività consolidativa terminerà in Francia con l’ordinanza
criminale voluta da Re sole e Colbert! rapp.ta il punto di arrivo dia questa attività di fissazione legislativa. È
proprio nei confronti di questo nuovo sistema e come reazione a questi testi normativi di consolidazione che
incomincia a manifestarsi quella che è stata definita l’indignazione degli umanisti nei confronti di un metodo
processuale che a loro avviso è iniquo, ingiusto e violento(perché tutto ruota attorno alla ricerca delle regina
probationem; inoltre la persona umana diventa una res nelle mani del giudice). Contro questo aspetto
violento del processo si cominciano a muovere quindi le prime critiche. L’umanesimo è un nuovo modo di
concepire il mondo e si chiama umanesimo perché mette l’uomo al centro dell’universo. Il processo penale
di diritto comune invece trasforma la persona in una res ed è questo l’elemento che più indigna gli
umanisti(l’annullamento della persona umana nel processo). Questo accade dappertutto, ma soprattutto nei
luoghi in cui le legislazioni del ‘500 avevano consolidato il modello inquisitorio. Ex In Francia la
consolidazione di questo processo avviene attraverso una serie di ordinane; sempre qui, nella seconda metà
del ‘500, comincia a levarsi una isolata ma importante voce di critica al sistema. Tra coloro che criticano
questo sistema ormai consolidato c’era Pierre Ayrault. Pierre era un giudice penale della città di Angers. Era
un luogotenente criminale! esercita la giurisdizione penale in nome del re. Pierre pubblica, nel 1576, quello
che può essere considerato uno dei primi testi che contiene una presa di posizione critica del modo in cui
veniva attuata la giustizia penale in Francia. Quest’opera si intitola ‘’dell’ordine e delle formalità del processo
penale così come veniva eseguito dagli antichi greci e romani , paragonato con il nostro processo attuale’’.
È un’opera scritta in francese volgare! elemento importante perché all’epoca la letteratura giuridica era
scritta in latino. La scrive in francese perché vuole indirizzarla non solo ai giuristi ,ma a un pubblico più
vasto che ha meno familiarità con il latino. Il contenuto di quest’opera è di tipo comparatistico: paragone tra il
modello accusatorio che caratterizzava la tradizione giuridica romanistica e il processo penale della Francia
del suo periodo. I risultati di questo paragone sono negativi per il modello francese! considerato da Pierre
come un modello arbitrario. Questo è l’aspetto che disturba di più il modello francese! l’arbitrio del giudice
domina il processo costante gli sforzi dei giuristi a dare delle regole precise e porre dei paletti alla
discrezionalità del giudice. Ciò che disturba Pierre è che le norme formali nel processo vengono piegate
dall’arbitrio del giudice, cosa che non dovrebbe accadere! il giudice dovrebbe essere colui che agisce
applicando le regole vigenti e non mutandole e adattandole alle sue decisioni. Pierre sottolinea quindi
‘importanza del rispetto delle forme; afferma infatti ‘’justice n’est proprement autre chose que formalité! la
giustizia non è propriamente altra cosa che forma’’! la giustizia è rispetto delle forme. Ciò significa quindi
l’espulsione di ogni forma di arbitrio dal processo, in quanto l’arbitrio ‘’piega ‘’ le norme formali. Bisogna tener
presente che ancora son pochi i giuristi che hanno questa sensibilità. La gran parte degli autori nel ‘500 e
‘600 si occupano del processo penale cosi come si è già consolidato, senza fornire alcuna proposta
innovativa e ideologica. Piano piano però questo pensiero comincia a evolversi e a espandersi in tutta
Europa! in Germania abbiamo Klaus Vigel: altro autore critico del processo penale così come descritto
dalla Costitutio criminali carolina. In Italia abbiamo invece Tiberio Deciani! giurista delle seconda metà
del’500 ,originario dai Udine, laureato a Padova. Nella prima parte della sua vita fece l’assistente dei
podestà che amministravano la giustizia nel dominio veneziano. Successivamente viene chiamato
all’università di Padova per insegnare il diritto di Penale; come docente Deciani realizza un ampio trattato: il
‘’de criminibus’’ ;(pubblicata postuma dal figlio; opera incompleta) che costituisce una pietra miliare del
pensiero penalistico. Quest’opera è fondamentale per due motivi:
- per la prima volta viene delineata la distinzione del diritto penale in parte generale e
parte speciale;
- seguendo le orme di altri giuristi, compie una rivalutazione dell’antico modello
accusatorio romanistico , conosciuto da Deciani sia attraverso le fonti romane ma anche
attraverso le fonti metagiuridiche(ex autori non giuristi della romanità classica! cicerone).
Deciani propone questo modello come alternativa al modello strettamente inquisitorio.
È proprio con questa nuova mentalità umanistica di Deciani e di Ayrault che nasce una nuova sensibilità tra i
giuristi. Questo è quindi solo l’inizio di questo nuovo filone. Questo pensiero vien infatti ripeso nel ‘600 da
alcuni giuristi appartenenti alla nuova filosofia del razionalismo giuridico e del giusnaturalismo! questo
pensiero comincia quindi a diffondersi e ad essere accolto da un numero sempre più vasto di giuristi. Tra
questi giuristi del giusnaturalismo e razionalismo citiamo Ugo Grozio , Leibniz, Hobbes, Locke. È all’interno
di questi nuovi indirizzi di cultura giuridica che troviamo nuovamente il manifestarsi di quel filone critico di
rinnovamento avviato dagli umanisti del ‘500.
LEZIONE 15:
Stiamo parlando di quel filone dottrinale che avrà come sbocco la riforma di quel sistema penale che si era
affermato dal 13 secolo in Italia ed era incentrata sul sistema penale inquisitorio.Dal punto di vista della
dottrina giuridica ci sono degli sviluppi interessanti a partire invece dal 16 secolo e si forma un filone che
possiamo definire di opposizione nei confronti del sistema inquisitorio, le prime forme di questo filone si
affermano nella seconda metà del 15 secolo. Tutto parte nell’ambito di una cultura giuridica di tipo
umanistico e siamo nel filone della scuola colta. Questo filone non si esaurisce in una fiammata di cultura
umanistica ma permea di se tutti i futuri sviluppi della cultura giuridica. Gli esponenti del giusnaturalismo
continuano a sviluppare quel filone che si era sviluppato in ambito umanistico producendo alcune opere che
segnano un passaggio intermedio verso la meta conclusiva di questo itinerario che è rappresentata
dall’illuminismo penale.
Un esponente della scuola del diritto romano-olandese è Anton Matthaeus, è un giurista di origine tedesca,
si forma in ambito olandese a Utrecht, è seguace del razionalismo e giusnaturalismo è autore nel 1644 di un
trattato “De Criminibus”: parliamo di un’opera che razionalmente intende proporre la ricostruzione del
sistema penale su basi accusatorie recuperando la tradizione romanistica (tradizione solo di tipo culturale)
sviluppandola alla luce dei principi del razionalismo e giusnaturalismo. E’ un’opera teorica, non pratica, che
avrà un enorme successo e diventerà una sorta di manuale di quello che dovrebbe essere la corretta
giustizia penale, depurata dei caratteri di stampo inquisitorio. Quest’opera avrà un grande successo fino alla
fine del 19 secolo.
Un altro nome fondamentale, che ci porta verso la fine del 17 secolo, è quello di Cristian Thomasius è uno
dei massimi esponenti del filone tedesco del razionalismo e si colloca ormai alle soglie di quello che sarà
l’illuminismo giuridico e penale. Con la redazione di una serie di singole dissertazioni su aspetti specifici
della giustizia penale anticipa aspetti che verranno poi trattati dall’illuminismo penale. Può addirittura essere
definito un pre-iluminista.
Tutti questi fermenti culturali che si sviluppano lungo il cinque e il seicento hanno come punto d’approdo
l’illuminismo con un particolare focus su alcuni aspetti del diritto naturale e soprattutto con i diritti naturali
soggettivi.
Il giusnaturalismo moderno nasce con Grozio con una concezione di tipo oggettivo: diritto naturale è un
sistema di norme eterne ed immutabili che esistono perchè esiste l’umanità, sono norme superiori e le
norme di un diritto che esiste in un determinato tempo e luogo dovrebbe ispirarsi a queste norme superiori.
Un successivo sviluppo delle norme naturaliste comincia ad allargare il discorso non solo alla dimensione
oggettiva ma anche soggettiva inserendo i diritti delle singole persone (dimensione soggettiva): l’uomo è
dotato di diritti soggettivi naturali legati alla sua natura umana (diritto alla vita, libertà, proprietà, dignità,
lavoro..).Questo discorso sarà poi sviluppato da altri autori come John Locke ed è un discorso fondamentale
per illuminismo penale perchè pone in risalto il fatto che ogni individuo è dotato di diritti soggettivi. Il
meccanismo che fa nascere gli aspetti più interessanti in illuminismo è il fatto che ogni soggetto (anche
l’accusato) è dotato di questi diritti e quindi questo discorso è fondamentale soprattutto per il diritto penale
che è il ramo del diritto che maggiormente minaccia i diritti di un individuo.
L’illuminismo è una ideologia (aspetto di concreta riforma) che si sviluppa anche e soprattutto in ambito di
giustizia penale.