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Lezione9

Esercizio del potere statale negli spazi marini che abbiamo esaminato con un’analisi progressiva a partire dalla
terraferma all’alto mare.

UNCLOS  convenzione che conferisce agli stati costieri poteri sovrani e di giurisdizione negli spazi marini

Diversamente non possiamo parlare di sovranità in senso stretto. Anche se in realtà si può parlare di un esercizio
funzionale che si dispiega con diverse gradazioni in base all’ambito sotto osservazione.

L’elemento viene dato dal diritto serve a stabilire questa connessione, questo titolo in virtù del quale lo stato esercita
poteri al di fuori del suo territorio. Per persone fisiche e giuridiche si parla di nazionalità.

L’esercizio di giurisdizione da parte della bandiera, nazionalità della nave, in mancanza di questo non si può esercitare
la propria giurisdizione.

IL REGIME GIURIDICO DELL’ALTO MARE

Questo regime si è affermato in epoca recente e si è instaurato a seguito della prassi delle potenze marittime e in
base al patto delle nazioni e dal patto di Versailles. Che includono anche chi non possiede un litorale marittimo.

Principio libertà dei mari e ne dettagliano e specificano il contenuto individuando la libertà di svolgere attività
nell’alto mare. Date le mire espansionistiche degli stati costieri, il principio è entrato in una fase critica che trova
legittimazione nel diritto consuetudinario.

Dall’entrata in vigore della UNCLOS il regime della libertà dei mari trova piena applicazione solo al di là del mare
territoriale o della zona economica esclusiva.

Il principio consuetudinario della libertà dei mari consiste nella libertà di svolgere determinate attività nell’alto
mare.

La UNCLOS sancisce la libertà e l’inappropriabilità dell’alto mare (l’alto mare è aperto a tutti gli Stati); ciò
nonostante l’alto mare è uno spazio sottoposto all’applicazione del diritto internazionale.

Vige lo stato della bandiera, è uno spazio inappropriabile. Nell’alto mare trova piena applicazione il DI anche se gli
stati possono esercitare varie libertà. In senso astratto non è un principio scontato, anche gli stati privi di litorale
potrebbero ritenere la porzione di alto mare come compensativa della costa.

[un nodo straordinario al cyber space, gli stati ci hanno messo 25 anni per affermare il DI al cyber space perché il
concetto libertario di spazio di informazione non è un concetto giuridicamente sancito e quindi ha sempre
rappresentato l’assenza di regole, quindi inapplicabili in spazi differenti.]

Ai sensi dell’articolo 86 della UNCLOS, le disposizioni della presente Parte si applicano a tutte le aree marine non
incluse nella zona economica esclusiva, nel mare territoriale o nelle acque interne di uno Stato, o nelle acque
arcipelagiche di uno Stato-arcipelago. Il presente articolo non limita in alcun modo le libertà di cui tutti gli Stati
godono nella zona economica esclusiva, conformemente all’articolo 58. Queste libertà non sono limitate, c’è una
regola generica che permette di esercitare queste libertà in modo ragionevole tenendo conto dell’interesse che
rappresenta per gli altri stati l’alto mare e il principio dell’utilizzo dell’alto mare in modo pacifico. L’uso della forza non
viene considerata leciti ai sensi del DI.

La libertà di navigazione consiste nel diritto di navigare senza interferenze da parte di Stati diversi da quello della
bandiera.

L’articolo 90 della Convenzione del 1982 riconosce ad ogni Stato, anche a quelli privi di litorale marittimo, il diritto di
far navigare in alto mare le proprie navi. Analogo diritto è riconosciuto alle Nazioni Unite, agli istituti specializzati e
all’Agenzia internazionale per l’energia atomica per le navi di servizio.

La libertà di navigazione, ma anche degli altri usi dell’alto mare, è garantita dal divieto per gli Stati diversi da quello
della bandiera di interferire, attraverso misure coercitive, con la navigazione della nave straniera in alto mare,
impedendone o alterandone il viaggio.
La concessione della bandiera è condizionata, come la cittadinanza per la persona fisica e giuridica, alla sussistenza
del genuine link (legame reale ed effettivo) in questo caso tra la nave e lo stato bandiera. L’assenza di legame è
convenibile nel caso delle bandiere ombra o di comodo, concesse alle navi di proprietà di soggetti stranieri purché
paghino una tassa di iscrizione e annuali allo stato. Da un punto di vista giuridico è dato dallo stato della bandiera di
esercitare il proprio potere;

gli stati diversi da quelli di bandiera, consiste nel divieto di altri stati di interferire con questo diritto e interferire con
la libertà di navigazione. A fronte dei poteri che esercita lo stato di bandiera, vi è il divieto assoluto per gli altri stati di
intralciare la libertà di navigazione della nave straniera in alto mare. Rispetto ai poteri che lo stato di bandiera
esercita nei confronti della comunità a bordo della nave, si interroga sul contenuto dei poteri di cui dispone lo stato e
si mette in evidenza come non ci siano limiti alla competenza legislativa e giurisdizionale dello stato di bandiera.
Un’altra libertà esercitata dagli stati in alto mare è la libertà di pesca: La libertà di pesca in alto mare non è assoluta,
ma risulta condizionata dall’obbligo di tutti gli Stati di prendere le misure – nei confronti dei soggetti sottoposti alla
loro nazionalità – che siano necessarie per assicurare la conservazione delle risorse biologiche dell’alto mare e di
cooperare con altri Stati nell’adozione di tali misure (artt. 117 e 119). È importante la libertà di pesca in alto mare, è
l’unica zona di mare nella quale gli stati sono liberi di pescare, nel rispetto delle regole a tutela dell’ambiente e del
sistema marino. (se per qualche motivo l’alto mare non è accessibile, vuol dire che quello stato può anche non
accedere mai alla libertà di pesca a meno che non sia uno stato costiero).

Due doveri:

• Il concetto di conservazione è diverso da quello di protezione: la conservazione è legata alla possibilità di uno
sfruttamento ottimale delle risorse; la protezione implica, invece, un’esigenza di salvaguardare determinate
specie della fauna e della flora e, spesso, anche l’habitat ove esse vivono, indipendentemente dal fine di
perseguire un utile economico diretto, ma sulla base di altre finalità, siano esse scientifiche, culturali, morali o
di altra natura

• Oltre al dovere di conservazione, gli Stati in alto mare sono soggetti a un dovere di cooperazione, obbligatoria
negli stati che sfruttano le stesse zone in alto mare e risorse congiunte. Non può considerarsi un obbligo
programmatico (discende da una norma internazionale, quindi obbligatoria, di dare attuazione a quella
norma progressivamente in base alla capacità dello stato) perché gli stati devono stipulare accordi altrimenti
la loro condotta constituirebbe una violazione della UNCLOS.

• Accordo del 1995 sulla pesca in alto mare delle specie transzonali e dei grandi migratori

Rientra nella libertà in alto mare anche quella di posa di cavi e condotte sottomarini (art. 112) e, anche se la
Convenzione non ne parla, anche di installazione di isole artificiali, o altri manufatti, e di costruzione di tunnel e
gallerie sottomarine.

L’articolo 113 della UNCLOS impone a ogni Stato di punire, come illecita, qualsiasi attività, dolosa o colposa, tale da
causare la rottura od il danneggiamento dei cavi in alto mare. Tale obbligo grava sullo Stato della bandiera della nave
da cui tali attività sono state poste in essere. Sono obbligati ad avere questa normativa interna che punisca chi ha
danneggiato cavi e condotte.

Ci sono dei limiti per quanto riguarda la libertà in alto mare:

• Obbligo a tutti gli Stati di prevenire e di reprimere l’inquinamento dell’alto mare, mediante idrocarburi e
residui radioattivi (art. 194).

Nelle ipotesi di inquinamento dell’alto mare, vengono attribuiti agli Stati poteri che sono assolutamente indipendenti
persino dalla loro collocazione geografica e che derogano al principio dell’assoluta sottoposizione della nave allo
Stato della bandiera.

Ad es. potere di intervento riconosciuto in alto mare ai fini della prevenzione e della repressione dell’inquinamento
marino (art. 221).

Poteri di intervento dello Stato del porto (c.d. port State control), competenza ad aprire un’inchiesta e, a determinate
condizioni, un procedimento giudiziario, rispetto a quella nave straniera che si trovi volontariamente in un suo porto
e che si ritenga abbia inquinato il mare, al di fuori delle sue acque interne, del suo mare territoriale, della sua zona
economica esclusiva, violando le norme internazionali in materia di protezione dell’ambiente marino
dall’inquinamento.

Ulteriori limitazione dell’esercizio in alto mare, oltre al fianco al principio secondo il quale lo stato deve consentire agli
altri stati dell’analogo diritto, secondo la UNCLOS ci sono altre limitazioni che riguardano l’esercizio da parte di navi di
stato o da guerra di esercitare atti di coercizione, oltre che nel caso del diritto di inseguimento continuo o a caldo,
nei confronti di navi dedite alla pirateria, alla tratta degli schiavi e all’uso fraudolento della bandiera. A tali ipotesi si
aggiungono quelle, introdotte dalla Convenzione del 1982, di assenza di nazionalità e di trasmissioni radio non
autorizzate (c.d. radio pirata).

Nel mare lo stato o agisce direttamente o agisce nei confronti della collettività sottoposta alla sua sovranità. Quando
lo stato interagisce con gli altri stati, interagisce attraverso degli organi di stato, rapporti tra stati che si perfezionano
attraverso l’azione di organi di stato. Due categorie di rapporti: tra stati, il dovere di cooperazione, tutti gli obblighi e
diritti inerenti alla navigazione e poi c’è quello tra privati e lo stato di bandiera. La UNCLOS non sancisce un obbligo
dell’esercizio della giurisdizione, si limita ad individuare le varie competenze ma resta uno strumento che regola i
rapporti tra gli stati.

Uno di questi limiti è l’inseguimento a caldo che si estende a tutti gli spazi marini, in base a questa regola le navi da
guerra, o comunque pubbliche appartenenti ad uno Stato costiero, possono inseguire, fermare e catturare le navi
straniere che abbiano violato le leggi doganali, fiscali, sanitarie, di immigrazione, ecc. di tale Stato, purché
l’inseguimento abbia avuto inizio nelle acque interne, nel mare territoriale, nella zona contigua, o nelle acque
sovrastanti la piattaforma continentale e nella zona economica esclusiva – cui l’istituto deve essere esteso per
analogia – e purché l’inseguimento stesso non sia stato interrotto. L’inseguimento deve comunque cessare quando
la nave inseguita entri nel mare territoriale del proprio Stato od in quello di uno Stato terzo.

N.B. Nei confronti delle navi straniere che siano state in tal modo catturate, sono esclusivamente esercitabili quei
poteri che potevano essere esercitati nella zona dalla quale è iniziato l’inseguimento.

Oltre il diritto di inseguimento c’è la presenza costruttiva: Collegamento tra nave straniera e Stato costiero stabilito da
elementi diversi da quello spaziale

In genere imbarcazioni minori funzionanti da spola mentre la nave madre staziona in alto mare

Le imbarcazioni devono provenire da terra o dalla nave contrabbandiera

Le imbarcazioni devono operare operino in équipe con quest’ultima

"In virtù del principio della presenza costruttiva, è legittimo l'inseguimento e la cattura in alto mare di una nave
straniera che abbia violato le leggi dello Stato rivierasco, purché l'inseguimento della stessa inizi non appena una delle
imbarcazioni minori, operanti in équipe con essa e addette al trasbordo della merce verso terra, entri nelle acque
territoriali e si inizi nei suoi confronti l'inseguimento; all'uopo è sufficiente che la nave inseguitrice dell'imbarcazione
minore avverta l'altra nave stazionante al largo dell'ingresso di tale imbarcazione delle acque territoriali” (Cass., Sez.
III, Sentenza 27 giugno 1992, n. 7566)

La pirateria è definita dal diritto consuetudinario come delictum juris gentium.Per nave pirata si intende quella nave
utilizzata per compiere atti di pirateria, cioè quelle condotte, poste in essere dall’equipaggio o dai passeggeri di una
nave privata, che si caratterizzano per tre elementi costitutivi, ossia, la violenza su persone o cose, ivi compresa la
detenzione; lo spossessamento o rapina di cose; l’elemento psicologico, caratterizzato dal per seguimento di fini
privati. Perché si possa parlare di pirateria è necessario che gli atti che la compongono siano commessi in alto mare
o comunque in spazi non soggetti alla sovranità di alcuno Stato (art. 101). Sono dunque esclusi dalla nozione di
pirateria gli atti di rapina commessi nelle acque territoriali di uno Stato (c.d. armed robbery).Qualsiasi Stato può
esercitare potestà coercitive sulla nave pirata in alto mare; potestà coercitive che consistono nel fermo della nave,
nella visita e nella cattura della nave stessa per tradurre le persone sospettate di avere commesso atti di pirateria in
un porto nazionale, dove queste potranno essere perseguite secondo la legislazione interna dello Stato che ha
effettuato la cattura (principio dell’universalità della giurisdizione).
Minori poteri coercitivi, invece, sono riconosciuti dal diritto internazionale consuetudinario e dalla Convenzione del
1982 (art. 99) con riferimento alla tratta degli schiavi, un altro c.d. delictum juris gentium.Ai sensi dell’art. 110, lett. b)
della Convenzione, la nave da guerra straniera ha il diritto di visita della nave sospettata di trasportare schiavi,
dall’altro, l’articolo 99 attribuisce solo poteri di accertamento a bordo ed impone l’obbligo della liberazione degli
schiavi eventualmente trovati sulla nave. La cattura è dunque possibile solo se la nave utilizzata per la tratta abbia la
stessa bandiera della nave che la ha fermata.La tratta è definita come comprensiva di tutte quelle condotte
consistenti della cattura di un essere umano allo scopo di renderlo schiavo, privandolo della capacità giuridica e dello
stato di libertà.

Il diritto di visita è riconosciuto a tutte le navi in servizio pubblico rispetto a quelle navi, pur aventi una diversa
bandiera, rispetto alle quali vi siano ragionevoli sospetti che siano impegnate in emissioni (radiofoniche o televisive)

non autorizzate, diffuse a partire dall’alto mare verso la terraferma (art. 110, lett. c). Il diritto di visita sussiste anche
nei confronti della nave priva della bandiera, ossia senza nazionalità (art. 110, par. 1, lett. d) e della nave che issa una
bandiera falsa (c.d. falso di bandiera) (art. 110, par. 1, lett. e). In quest’ultima ipotesi, la nave pubblica, qualora abbia
il ragionevole sospetto che una nave battente la bandiera di un altro Stato è in realtà una nave nazionale, può
fermare la nave ed ispezionarla per accertarne la vera nazionalità (c.d. uso fraudolento della bandiera)

Vicino questo regime di libertà in alto mare e di poche ma importanti eccezioni al principio di libertà e di conseguenza
della bandiera ci sono una serie di obblighi, obblighi di cooperazione in alto mare:

• Sicurezza della navigazione: Art. 98 UNCLOS, Convenzione di Amburgo del 1979 sulla ricerca e il salvataggio
marittimo

• Traffico illecito di stupefacenti: art. 108 UNCLOS, Convenzione delle Nazioni Unite del 1988 contro il traffico
illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope.

• Terrorismo in mare: Convenzione di Roma del 1988 per la repressione dei reati diretti contro la sicurezza
della navigazione marittima, Protocollo di Londra del 2005

• Migrazione clandestina: Convenzione di Palermo sul contrasto alla criminalità organizzata transnazionale,
Protocollo di Palermo del 2000

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