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ACQUE INTERNE

Per l’ordinamento internazionale le acque interne non sono solo fiumi, laghi e mari interni ma anche spazi
marini situati tra la costa e la linea di delimitazione interna del mare territoriale; comprendono porti, rade,
baie e stretti/parti di stretti utilizzati per la navigazione internazionale. Quanto al regime giuridico deve
essere ricollegato alla radiazione dello stato costiero, a differenza di altre zone marine, si presentano in
tutto e per tutto assimilabile alla terra ferma, anche per la loro posizione geografica. Fatta eccezione per le
navi in pericolo, lo stato costiero è libero di impedire l’accesso alle sue acque interne a qualsiasi nave
straniere, potendo discriminare bandiere e navi. Secondo il principio dell’esclusività della sovranità (anche
in relazione ai cittadini stranieri) poiché lo stato ha piena discrezionalità di rifiutare l’accesso al territorio di
alcuni cittadini, può fare la stessa cosa con le acque interne. Il DI la qualifica come ritorsione, atto che
rientra in piena facoltà dello stato. Delle acque interne fanno parte i porti, che sono sottoposti in modo
assoluto alla sovranità territoriale. Tuttavia riguardo l’accesso delle navi straniere, i porti si differenziano:
per il DI si distinguono in tre categorie militari; commerciali e di rifugio. 1- marina da guerra, assoluta
chiusura; 2- di rifugio, servono al riparo, sono retti da un regime di completa apertura; 3- commerciali,
traffico marittimo, regime intermedio tra chiusura e apertura. Stessa cosa per porti pescherecci e turistici.
Dipende dal diverso utilizzo degli stati. Qual ‘è il regime giuridico applicabile alle navi straniere nelle acque
interne e nei porti? Il regime giuridico è interamente affidato al diritto internazionale, il quale in questo
settore risente del principio, applicazione trasversale, sottoposizione della comunità viaggiante alla potestà
di governo dello stato della bandiera. In particolare, per le navi private, sono sottoposte al potere
alternativo dello stato costiero o della bandiera. Solo in caso di concorrenza prevarrà la potestà dello stato
territoriale. In linea di principio, le navi straniere sono sottoposte nei porti alla potestà di governo dello
stato della bandiera. Per tutte quelle attività che non risultano collegata alla vita della comunità territoriale,
quelle attività che non hanno impatto sottoposta alla sovranità dello stato territoriale. (custodia detenuti a
bordo x es). sono sottoposte alla giurisdizione piena dello stato della bandiera. La stessa localizzazione della
nave determina una profonda interferenza dello stato territoriale rispetto alla comunità di bordo: esercizio
polizia portuale, regole concernenti delle risorse del porto, esercizio giurisdizione civile e penale, rimessa
allo stato costiero. Per quanto riguarda fatti o atti commessi a bordo delle navi stazionate nel porto, quando
tali atti e fatti seppur commessi a bordo, arrechino disturbo materiale o morale allo svolgimento della vita
della comunità territoriale. Quindi, la giurisdizione civile o penale viene esercitato quando tali atti arrechino
danno e interferiscono con lo svolgimento della vita nella comunità territoriale. Lo stesso criterio può
essere utilizzato con navi pubbliche e straniere all’interno dei porti. Bisogna tenere conto della diversa
natura delle navi e dalle diverse funzioni, a cui si riconduce una maggiore individualità rispetto le private,
che comportano una diversa incidenza della potestà territoriale e della bandiera. In particolare per
l’esercizio della giurisdizione civile e penale a bordo della nave.

MARE TERRITORIALE
La sovranità di ogni Stato costiero, al di là del territorio e delle acque interne, si estende ad una zona di
mare adiacente alle sue coste, denominata mare territoriale.
Sono soggetti alla sovranità dello stato anche lo spazio aereo sovrastante il mare territoriale e il relativo
letto e sottosuolo marino. Il mare territoriale ha un limite interno e uno esterno.
Il limite interno viene determinato mediante la fissazione delle linee di base.
La linea di base è la linea dalla quale si misurano tutte le aree marine. Essa può essere tracciata sia secondo
le disposizioni relative alla linea di costa, sia secondo il metodo delle linee rette.
Si utilizza generalmente il primo tipo secondo il quale la linea di base normale da utilizzare quale punto di
partenza per la misurazione del mare territoriale è la linea di costa a bassa marea. Ove però la
costa si profondamente frastagliata oppure anche se piatta esista un gruppo di isole nell’immediata
vicinanza della costa, si utilizzerà l’altro metodo secondo il quale si congiungono con una serie
di linee ideali i punti sporgenti della costa.
Esistono in questo caso due limiti:
- il tracciato delle linee rette non deve discostarsi in modo apprezzabile
- il tracciato delle linee rette non deve discostarsi in modo apprezzabile dalla direzione generale della costa.
- gli spazi marini situati all’interno delle linee rette devono essere sufficientemente collegati al dominio
terrestre da poter essere sottoposti al regime delle acque interne
- Gli spazi marini situati all’interno delle linee rette devono essersufficientemente
collegati al dominio terrestre da potere essere
Il limite esterno è determinato dallo stato costiero entro un limite massimo previsto dal diritto
internazionale: la convenzione del 1982 stabilisce che l’ampiezza di tale zona marina non possa
superare le 12 miglia. Questo principio è ormai acquisito dal diritto consuetudinario.
La sovranità dello stato sul mare territoriale incontra due limiti:
1) Passaggio inoffensivo
2) Giurisdizione civile e penale delle navi in transito

Per passaggio inoffensivo si intende l’attraversamento del mare territoriale da parte di una nave battente
bandiera straniera, proveniente dall’alto mare e diretta ad un porto dello stato in questione (o
viceversa) oppure attraversamento laterale.
Il passaggio deve essere rigido e continuo, non comprende la facoltà di sosta o ancoraggio, tranne che
questi eventi costituiscano incidenti ordinari di navigazione siano resi necessari da forza maggiore
o pericolo o dalla necessità di prestare soccorso a persone o ad altre navi.
Esso, pertanto, sarà inoffensivo quando non arrechi pregiudizio alla pace, al buon ordine e alla sicurezza
dello stato costiero, all’art. 19 la convenzione elenca una serie di attività che se poste in essere dalla nave
straniera nel mare territoriale rendono il passaggio offensivo:
1- nave che minaccia o usa la forza
2- nave dalla quale vengono lanciati missili verso la costa
3- nave impegnata in simulazioni di guerra
4- nave- spia che straniera che raccoglie informazioni
5- nave che svolge attività di ricerca scientifica
6- navi che svolgono attività di pesca

lo stato costiero può sospendere il diritto di passaggio inoffensivo nel mare territoriale purché abbia
carattere temporaneo, non sia discriminatoria, riguardi specifiche aree del mare territoriale e
sia essenziale per salvaguardare la sicurezza dello stato.
Le navi in passaggio inoffensivo hanno l’obbligo di rispettare le leggi e i regolamenti dello stato costiero,
inoltre in particolare:
• i sommergibili devono navigare in emersione e mostrare la bandiera
Non esiste un diritto di sorvolo del mare territoriale, questo è ammissibile solo
se consentito dallo stato costiero. Ma il diritto di passaggio inoffensivo spetta solo alle navi mercantili o
anche alle navi da guerra? La convenzione del 1982 induce ad ammettere che le norme accordino il
passaggio ad ambedue le categorie di navi. Il diritto consuetudinario non prende una posizione
definitiva, le posizioni favorevoli al passaggio sono sostenute dagli stati occidentali e dall’ Unione
Sovietica, mentre numerose legislazioni del terzo mondo continuano a subordinare il passaggio delle navi
da guerra alla previa autorizzazione dello stato costiero o alla sua notifica anticipata.

Esercizio della giurisdizione civile e penale su mare territoriale.


Esercizio della giurisdizione
civile e penale su mare
territoriale.
La giurisdizione civile e penale non può essere esercitata sulle navi da guerra, poiché godono di
immunità completa dalla giurisdizione.
Per le navi mercantili bisogna distinguere tra giurisdizione civile e penale: la consuetudine accorda
l’esenzione dalla giurisdizione penale dello Stato costiero per quanto riguarda i fatti “interni”, ma
ammette l’esercizio della giurisdizione penale dello Stato costiero quando si tratta di fatti che turbano la
tranquillità e il buon ordine dello Stato stesso e del mare territoriale.
Il rigore della norma consuetudinaria è mitigato dalla convenzione del 1982 che all’art. 27 impiega il
condizionale:
lo Stato costiero “non dovrebbe” esercitare la propria giurisdizione penale su nave straniera in passaggio
nel mare territoriale ed in relazione ad un reato commesso a bordo della nave durante il passaggio.
(tranne ipotesi ben determinate che presuppongono: - un collegamento tra il crimine e la terra ferma; il
consenso dello stato della bandiera; - misure necessarie per combattere il traffico di stupefacenti.
Per quel che riguarda la giurisdizione civile, l’art. 28 stabilisce che lo Stato costiero “non dovrebbe”
arrestare o dirottare una nave mercantile straniera in passaggio nel mare territoriale per esercitare
la giurisdizione civile nei confronti di una persona che si trova a bordo.
Le aree marine poste all’interno della linea di base sono acque interne, del tutto assimilate al territorio
dello Stato, dove non vige il diritto di passaggio inoffensivo.
Nelle acque che prima della chiusura erano assoggettate al regime delle acque territoriale o dell’alto mare
continua a vigere il diritto di passaggio inoffensivo per le navi straniere.

Le baie
Le baie sono insenature che penetrano profondamente nella costa. Possono essere assoggettate al regime
delle acque interne quando la baia soddisfi la regola del semicerchio avvero quando il diametro di tale
semicerchio (il quale racchiude le acque) e che corrisponde alla linea tracciata tra i punti
d’ingresso della baia non è superiore alle 24 miglia. Ma la regola del semicerchio e delle 24
miglia non vale per le baie storiche: esse possono essere chiuse anche qualora non soddisfino il criterio del
semicerchio ed indipendentemente dalla loro ampiezza, si definiscono baie storiche quelle che soddisfino
due requisiti: un prolungato esercizio di diritti di sovranità sulle acque della baia da parte dello stato
costiero e l’acquiescenza degli altri Stati. (baia storica è il golfo di Taranto)

Gli stretti internazionali


Stretti sono quei bracci di mare siti tra due terre emerse che mettono in comunicazione due parti più ampie
di mare. Le acque del braccio di mare sono acque territoriali degli stati rivieraschi. (es. stretto di Gibilterra)
Negli stretti utilizzati per la navigazione internazionale che uniscono due parti di alto mare (stretti
internazionali) vige il diritto di passaggio inoffensivo non sospendibile in favore sia delle navi private che di
quelle da guerra.
La Convenzione di Ginevra del 1958 sul mare territoriale e la zona contigua estende il regime degli stretti
internazionali anche agli stretti che collegano l’alto mare con il mare territoriale di uno Stato straniero.
Il regime degli stretti internazionali ha subito una notevole revisione con la Convenzione delle Nazioni
Unite sul diritto del mare del 1982. La Convenzione introduce il concetto di “passaggio in transito”,
ossia l’esercizio della libertà di navigazione e di sorvolo al solo fine del trasporto rapido e continuo nello
stretto. Questo comporta diritti più ampi rispetto al passaggio inoffensivo e precisamente:
- il transito delle navi, sia private che da guerra, non sospendibile;
- il diritto di sorvolo a favore degli aereomobili civili e militari
- la possibilità per i sommergibili di navigare in immersione durante l’attraversamento dello stretto
Il passaggio in transito si applica a tutti gli stretti utilizzati per la navigazione internazionale che mettono in
comunicazione: due parti di alto mare, due zone economiche esclusive, una zona economica esclusiva e una
zona di alto mare.
Non si applica invece il passaggio in transito, ma il passaggio inoffensivo non sospendibile agli stretti che
collegano: il mare territoriale di uno Stato a una parte di alto mare oppure alla zona economica esclusiva di
un altro Stato, due zone di alto mare, ma compresi fra il continente ed un’isola appartenente allo stesso
Stato costiero.
Il regime predisposto dalla Convenzione del 1982 non si applica agli stretti internazionali disciplinati da
convenzioni internazionali di lunga data.
Lo stretto di Messina mette in comunicazione due parti di alto mare, ma il diritto di passaggio in transito qui
non si applica perché è uno stretto che si trova tra un isola e un territorio appartenente allo stesso stato e d
esiste al largo dell’isola una rota che può essere convenientemente seguita dalle navi.
Nel 1985 il passaggio è stato sospeso in seguito ad un incidente (fuoriuscita di petrolio), l’Italia ha vietato il
passaggio di petroliere e navi con carichi inquinanti maggiori di 50.000 tonnellate, gli Usa hanno
protestato facendo valere il fatto che questo diritto riguarda tutte le navi di qualsiasi stazza siano.

Zona contigua e zona archeologica


Si definisce zona contigua una fascia marina adiacente al mare territoriale nella quale lo stato costiero può
esercitare, anche sulle navi straniere, diritti di controllo necessari a prevenire o reprimere infrazioni alle sue
leggi doganali, fiscali, sanitarie e d’immigrazione.
La Convenzione del 1982 autorizza gli Stati ad istituire una zona contigua sino a 24 miglia marine. Poiché il
mare territoriale può avere un’estensione fino a 12 miglia marine dalla linea di base, praticamente la zona
contigua copre una fascia di mare adiacente di ulteriori 12 miglia marine.
L’istituzione di una zona contigua è del tutto facoltativa ed è a tal fine necessaria una formale
proclamazione dello Stato costiero.
In Italia l’estensione del mare territoriale a 12 miglia operata nel 1974 ha assorbito la zona contigua (prima
infatti aveva un mare territoriale di 6 miglia e una zona contigua adiacente di ulteriori 6 miglia). Ma la legge
Bossi-Fini riconosce alle autorità italiane il potere di reprimere le invasioni clandestine anche nella zona
contigua, ma non essendo stata adottata nessuna legislazione attuativa, i poteri per il contrasto delle
migrazioni illegali in tali zone restano allo stato virtuale.
Novità assoluta della Convenzione del diritto del mare è la possibilità di istituire una zona
archeologica sul fondo marino adiacente alla costa. La zona può avere un’estensione di 24 miglia dalle linee
di base. Lo Stato costiero può presumere che la rimozione di oggetti archeologici o storici dalla zona
archeologica, senza la sua approvazione, si concretizzi in una violazione delle sue leggi e
regolamenti. Si vengono così a riconoscere allo Stato costiero diritti speciali di controllo e
giurisdizione in ordine alla rimozione di oggetti di valore archeologico e storico oltre il mare territoriale e
sino ad una distanza di 24 miglia dalle linee di base. (L’Italia non ha ancora istituito una zona archeologica).
In assenza di una formale proclamazione di una zona archeologica occorre fare riferimento al codice
dei beni culturali e del paesaggio che stabilisce una tutela degli oggetti archeologici e storici
rinvenuti nei fondali oltre le 12 miglia a partire quindi dal limite esterno del mare territoriale.

Piattaforma continentale
La piattaforma continentale comprende il suolo e il sottosuolo marino che costituiscono il normale
prolungamento delle terre emerse al di là del mare territoriale.
È un istituto recente invocato per la prima volta nel 1945 dal presidente Usa Truman durante un discorso
storico nel quale ha rivendicato l’esclusivo controllo statunitense sulle risorse naturali della
piattaforma continentale adiacente alle coste americane. Nel corso degli anni successivi ci furono
analoghe pretese da parte di altri stati, soprattutto gli stati dell’America Latina si spinsero fino a rivendicare
diritti non solo sulla piattaforma, ma anche sulla colonna d’acqua sovrastante (mare epicontinentale),
ma come vedremo queste pretese di carattere stremo non furono accolte dall’insieme della
comunità internazionale.
Il suo riconoscimento si ebbe nella I Conferenza sul diritto del mare nel 1958 che portò proprio alla
conclusione della Convenzione di Ginevra sulla piattaforma continentale. Adesso quest’istituto ha
carattere consuetudinario. In base ad esso si riconoscono allo stato costiero diritti sovrani ed automatici
(senza bisogno di proclamazione) sulla piattaforma relativamente alla esplorazione e allo sfruttamento
delle risorse naturali. Per naturali si intendono:
- le risorse minerarie (idrocarburi)
- le risorse biologiche sedentarie (organismi che rimangono immobili sulla piattaforma o che si
spostano rimanendo costantemente in contatto con il fondo marino)

le acque sovrastanti la piattaforma rimangono soggette al regime dell’alto mare, pertanto queste attività di
esplorazione e sfruttamento del fondo non devono comportare interferenze con la libera navigazione e la
pesca.
Per quel che riguarda la delimitazione della piattaforma continentale: il limite interno coincide con il
confine eterno del mare territoriale.
Più complessa è la delimitazione del limite esterno.
Si fa riferimento a due regimi:
1) il regime stabilito dalla Convenzione di Ginevra del 1958
2) il regime della III Conferenza del diritto del mare del 1982
• Convenzione di Ginevra 1958
Essa pone due criteri alternativi:
- la piattaforma continentale si estende dal limite esterno del mare territoriale fino al punto in
cui le acque toccano i 200 metri (limite verticale)
-se però la tecnica consentisse lo sfruttamento di risorse naturali a profondità maggiori era
facoltà dello stato costiero sfruttarle.

Zona economica esclusiva


La zona economica esclusiva (ZEE) è un istituto ancora più recente introdotto dalla Convenzione delle
Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982. Adesso appartiene già al diritto consuetudinario, la CGI lo ha
accertato sempre nella sentenza del 1985 tra Malta e Libia.
La ZEE è una fascia di mare che può estendersi fino a 200 miglia calcolate a
partire dalla linea di base e comprende:
il fondo marino
il sottosuolo marino
la colonna d’acqua sovrastante

L’istituzione della ZEE dipende da un preciso atto di volontà dello Stato costiero e deve essere
proclamata, dove è stata proclamata assorbe la P.C. se questa non si estende oltre le 200 miglia.
I diritti di cui gode lo Stato costiero nella ZEE sono diversi e meno intensi rispetto a quelli di cui gode nel
mare territoriale: gode di diritti esclusivi in materia di sfruttamento, gestione e conservazione
delle risorse naturali, e circa le altre attività dirette all’utilizzazione a fini economici della zona
(possibilità di ricavare energia dalle acque, correnti e dai venti).
Nella ZEE per risorse naturali si intendono: sia le risorse minerarie che le risorse biologiche tutte comprese
le risorse ittiche.
In tale zona, lo Stato costiero ha altresì diritti di giurisdizione in relazione
- allo stabilimento e all’uso di isole e installazioni artificiali,
- alla ricerca scientifica marina,
- alla protezione dell’ambiente marino dall’inquinamento.
Nella ZEE, lo Stato costiero gode di poteri di polizia connessi alla realizzazione dei suoi diritti.
Può così prendere misure quali la visita e la cattura di navi straniere che abbiano violato le sue leggi, nelle
materie per le quali esso ha giurisdizione in base alla Convenzione.
Nella ZEE tutti gli stati godono della:
- libertà di sorvolo
- pose di cavi e dotte che non arrechino danno
- libertà di navigazione
- libertà di sorvolo
- posa di cavi e dotte che non arrechino danno
- libertà di navigazione
Fra Stati frontisti o limitrofi la delimitazione della ZEE va effettuata mediante accordo conformemente al
diritto internazionale e in modo da ottenere un’equa soluzione.

- nave che minaccia o usa


la forza
- nave dalla quale vengono
lanciati missili verso la
costa
- nave impegnata in
simulazioni di guerra
- nave-spia straniera che
raccoglie informazioni
- nave che svolge attività
di ricerca scientifica
- navi che svolgono
attività di pesca

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