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Diritto

della navigazione 1° Capitolo Definizione: Il Diritto della


navigazione è quella parte dell’ordinamento giuridico che si riferisce al
fenomeno della navigazione per mare, per acque interne e per aria e
concerne il complesso di rapporti economici e sociali ai quali da luogo tale
fenomeno.
Per meglio precisare il concetto della materia di navigazione è stato fatto
riferimento all’esercizio inteso come quell’attività organizzata, riguardante
l’impiego della nave e dell’aeromobile in base alla destinazione che li
caratterizza.
Non rientra nell’ambito della navigazione né la navigazione militare né la
navigazione nello spazio extraatmosferico con satelliti artificiali e veicoli
spaziali.
I caratteri del Diritto della navigazione sono:
La specialità, L’autonomia, L’unitarietà.
La specialità:
Una norma è speciale rispetto a un’altra quando la fattispecie che regola,
pur essendo compresa totalmente nella fattispecie generale ha un
contenuto più ristretto. Essa è riconoscibile in quanto, se mancasse, la
fattispecie prevista sarebbe regolata dalla norma generale. Il Diritto della
navigazione nel suo complesso deve considerarsi diritto speciale rispetto
al diritto generale perché la materia della navigazione è disciplinata
attraverso un complesso di norme coordinate.
L’autonomia:
L’autonomia può essere legislativa, scientifica, didattica, giuridica.
Legislativa:
In sede storica il diritto commerciale si pone come debitore del diritto
marittimo poiché la maggiore importanza della via marittima rispetto alle
altre vie di trasporto e lo sviluppo quindi di un a mentalità capitalistica
prima nel commercio marittimo e poi in quello terrestre, ha determinato
l’origine di molti istituti del diritto commerciale: assicurazioni, società,
cambiali.
Scientifica:
L’autonomia scientifica è connessa allo studio scientifico dei problemi che
derivano dalla materia della navigazione.
Didattica:
In quanto è oggetto di specifico insegnamento universitaria fin dal 1942
con la prima attribuzione della cattedra nell’università di Roma di Antonio
Scialoja. La materia oggi costituisce un autonomo settore scientifico
multidisciplinare ed è inserita tra le attività formativa caratterizzanti nel
corso di laurea magistrale in Giurisprudenza ed è inoltre la materia
d’esame in numerosi concorsi per l’accesso al pubblico impiego, fra cui il
consiglio di Stato.
Giuridica:
A differenza del diritto speciale il diritto autonomo non richiede
necessariamente che le norme trovino riscontro nell’ordinamento
generale. Il diritto autonomo è caratterizzato da elementi pubblicistici e
privatistici e internazionalistici. Questi elementi pur rientrando in un
contesto multidisciplinare del diritto, sono parte caratterizzante del Diritto
della navigazione, che va quindi ad acquistare all’interno dell’ordinamento
un ruolo proprio e distinto.
L’art. 1 stabilisce che in materia di navigazione si applicano le leggi e
regolamenti propri della materia e dove queste fonti non vengono ritenute
suscettibili di applicazione allora si fa ricorso al diritto generale.
In altri termini l’integrazione normativa attraverso il diritto generale è
possibile solo dopo l’esaurimento del ricorso a tutte le fonti proprie della
navigazione ed ai principali principi speciali. Questa graduazione delle fonti
è appunto espressione dell’autonomia giuridica.
Un’altra singolare forma di autonomia giuridica è stata realizzata nel
contesto stesso del Diritto della Navigazione, con il cosiddetto Codice della
nautica da diporto (art. 1 comma 3), e si afferma che i rapporti inerenti alla
materia della navigazione da diporto sono dotati di fonti proprie che si
distinguono dalla fonti che regolano la materia della navigazione in
generale.
L’unitarietà:
L’unitarietà del Diritto della navigazione marittima e aerea è stata messa in
discussione, soprattutto da parte di cultori del diritto aereonautico.
Si è rilevato che il fondamento della disciplina unitaria non va ricercato
nelle note di carattere tecnico più o meno simili che ci sono tra navigazione
marittima e aerea o fra nave e automobile, ma in quella somiglianza di
carattere giuridico. Questo significa che l’unitarietà è data dall’esistenza di
principi speciali che son comuni ai due tipi di navigazione e che consentono
di applicare alla materia aereonautica norme regolatrici della materia
marittima e viceversa (esempio rotaie).
2° Capitolo Le Fonti Le fonti del Diritto della navigazione si differenziano
dalla fonti del diritto in generale per il loro carattere di autonomia.
Art. 1: “In materia di navigazione marittima, interna ed aerea, si applicano
il presente codice, le leggi, i regolamenti, le norme corporative e gli usi ad
essa relativi.” (“presente codice” ha una rilevanza più tecnica)
Alle fonti indicate nell’art. 1 devono essere aggiunte le convenzioni
internazionali, le fonti di grado costituzionale, quelle di origine europea e
le leggi e i regolamenti regionali.
Convenzioni internazionali:
La disciplina della navigazione, particolarmente nel campo della
navigazione marittima e area, tende naturalmente all’uniformità.
In effetti nei rapporti inerenti alla navigazione più che in altri settori, si
riscontrano elementi di estraneità.
Nel senso che da un lato sono coinvolti interessi di soggetti appartenenti a
Stati diversi e dall’altro lato i rapporti si svolgono nell’ambito di operatività
di diversi ordinamenti statali.
Pertanto i vari governi e anche gruppi privati interessati alle operazioni
marittima, fin dall’inizio del secolo scorso hanno stimolato e favorito la
redazione e conclusione di convenzioni internazionali cosiddette di “diritto
uniforme”, ottenendo quindi anche nello stesso tempo la riduzione dei
conflitti di legge.
Queste convenzioni in Italia sono rese vigenti mediante il cosiddetto
“ordine di esecuzione”. Quest ultimo è quasi sempre contenuto in una
legge. Questa assume una forza formale superiore alla legge ordinaria che
è quindi gerarchicamente subordinata alla legge di esecuzione della
Convenzione Internazionale.
International Maritime Organization (IMO):
Procedimento attraverso il quale con un metodo cosiddetto
“dell’accettazione tacita”, l’emendamento adottato dall’organizzazione
entra in vigore in una data stabilita, qualora un certo numero di Stati
aderenti alla Convenzione non si oppongano preventivamente.
Naturalmente l’obbiettivo dell’uniformità della disciplina può essere
conseguito soltanto se le relative norme ricevono un’interpretazione
uniforme nei vari Stati contraenti.
Atti normativi dell’Unione Europea:
In base al trattato di Roma del 25 Marzo 1957, modificato dal Trattato di
Lisbona del 2007 in Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea
(TFUE), la creazione della Comunità Europea poi sostituita dall’ Unione
Europea, ha introdotto una struttura sovranazionale provvista del potere
di emanare norme direttamente applicabili a ciascuno degli Stati membri
solo per quanto riguarda il risultato da raggiungere.
Inoltre l’Unione Europea ha anche una competenza esterna, che si
concreta nella facoltà di stipulare accordi internazionali con Stati terzi.
Gli atti normativi dell’Unione Europea si collocano in una posizione
gerarchica superiore delle fonti internazionali, e secondo l’art. 117 comma
1 la potestà legislativa dello Stato e delle regioni è vincolata al rispetto
dell’ordinamento dell’Unione Europea.
In relazione ai trasporti, l’Unione Europea ha una competenza concorrente
con quella degli Stati membri. Tuttavia questi possono esercitare la loro
competenza soltanto nella misura in cui l’Unione Europea non abbia deciso
di esercitare la propria.
L’art. 100 del TFUE afferma che le disposizioni si applicano ai trasporti
ferroviari, su strada e per vie navigabili, ma tali nome non sono applicabili
alla navigazione marittima e aerea, la cui disciplina è materia del
Parlamento e del Consiglio.
Leggi statali e regionali:
Sono fonti primarie e sono deliberate dagli organi del potere legislativo
(Camera e Stato) e promulgate dal Presidente della Repubblica.
I decreti legislativi e i decreti legge sono deliberati dal Consiglio dei ministri
ed emanati dal Presidente della Repubblica.
Distinte da queste sono le leggi regionali che esprimono l’autonomia che
l’ordinamento riconosce alle regioni nei propri territori.
L’art. 117 della costituzione dice che le regioni hanno potestà legislativa
esclusiva in tutte le materie non espressamente riservate allo Stato e
hanno potestà legislativa concorrente in una serie di materie
specificatamente individuate.
La materia della navigazione non è riservata allo Stato e sono pertanto le
regioni che ne hanno una potestà legislativa esclusiva. Soltanto per quanto
riguarda la disciplina dei porti e degli aeroporti civili (quindi per le grandi
reti di trasporto) le regioni hanno potestà legislativa concorrente.
Regolamenti:
Sono fonti secondarie. I regolamenti sono emanati dal Governo (con
decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio
dei Ministri, su parere del Consiglio di Stato) e da autorità ad essi sott
ordinate come per esempio il comandate di porto. Competenza
regolamentare è altresì attribuita alle regioni, a enti pubblici, territoriali e
non (sempre nei limiti delle loro competenze). Dopo l’emanazione del
Codice della navigazione iniziarono i lavori per l’elaborazione del
regolamento per il completamento e l’esecuzione del Codice stesso.
Tuttavia, invece che un regolamento ordinario si è finora approvato un
regolamento per la navigazione interna e marittima. Per la navigazione
aerea si è preferito adottare disposizione tecniche concernenti le materie
oggetto della Convenzione di Chicago del 1944 (ICAO), di cui una delle
funzioni di maggiore rilievo è stata l’adozione di standard internazionali
volti a disciplinare gli aspetti tecnici della navigazione aerea in modo da
assicurare l’esercizio in condizioni uniformi di sicurezza ed efficienza. Gli
Stati membri non sono obbligati a conformare il loro ordinamento a questi
principi, ma sono tenuti a collaborare per assicurare il più alto grado
possibile di uniformità.
Norme corporative ed usi:
Secondo l’art. 39 le norme corporative regolavano i rapporti di lavoro con
la soppressione dell’ordinamento giuridico, queste sono destinate ad
essere sostituite dai contratti di lavoro.
Tuttavia poiché l’art. 39 non ha ricevuto ancora attuazione, gli attuali
contratti collettivi sono atti di autonomia privata, che non hanno efficacia
per tutti gli appartenenti alla categoria interessata, ma soltanto per gli
iscritti alle associazioni sindacali stipulanti e la disciplina posta da questi
contratti acquista un valore normativo erga omnes soltanto quando a essa
rinvii la legislazione in materia di lavoro nella navigazione o di lavoro in
generale.
E’ comunque da rilevare la tendenza legislativa recente di dare ampio
spazio all’autonomia collettiva, alla quale è demandata la determinazione
di norme e principi in settori afferenti alla materia del lavoro nautico.
L’uso è una fonte non scritta che consiste in comportamento costante,
tenuto con la convinzione che tale comportamento sia doveroso. Esso ha
efficacia, indipendentemente da qualsiasi richiamo, soltanto nelle materie
non regolate in modo espresso da leggi o da regolamenti. Nelle materie
regolate da leggi o regolamenti, l’uso, per avere efficacia, deve essere da
essi richiamato. L’uso richiamato, salvo diversa specifica indicazione,
acquista la medesima posizione gerarchica della fonte che lo richiama.
Il codice della navigazione richiama frequentemente l’uso: o con un
semplice rinvio, o subordinatamente a norme collettive, o
subordinatamente al contratto e al regolamento. Secondo l’art. 468 In
alcuni casi l’uso richiamato prevale su disposizione del codice della
navigazione dispositive o anche imperative.
Si noti che l’uso in materia di navigazione assume una sfera di operatività
più vasta di quella che gli è normalmente riservata nel sistema generale del
nostro diritto, sia in virtù dell’autonomia del Diritto della navigazione sia
anche perché in un caso (art. 468-contratti di utilizzazione delle navi
addette alla navigazione interna) gli è attribuita la prevalenza su norme di
legge imperative dello stesso diritto speciale.
Analogia:
Con il procedimento analogico si opera un’astrazione, che dalla norma
particolare consente di risalire a un principio, il quale fissa una regola più
ampia di quella espressa.
L’analogia delle norme del Diritto della navigazione è detta “analogia
prioritaria”, poiché il ricorso ad essa ha la precedenza nei riguardi
dell’applicazione diretta del diritto generale, dato che la norma ricavata col
procedimento analogico è una norma di diritto speciale, che deve
prevalere su quelle di diritto generale. Il procedimento
analogico opera sia nell’ambito della navigazione marittima, sia
nell’ambito della navigazione aerea, sia in entrambi.
Per quanto riguarda i rapporti fra navigazione marittima e interna, il ricorso
all’interpretazione estensiva volta a stabilire, se non corrisponda
all’intenzione del legislatore, che la norma sia riferibile anche alle stesse
fattispecie ricorrenti nella navigazione interna.
Diritto generale:
Quando le lacune non si possono colmare con l’analogia del diritto
speciale, deve farsi ricorso al diritto civile.
Per diritto civile si intende il complesso dei principi e norme di diritto
amministrativo, privato, processuale, internazionale, penale che
costituiscono la normativa generale.
Ci sono norme che delimitano l’operatività della disciplina posta dal codice
civile dichiarandola inapplicabile alla materia della navigazione, e queste
sono dette norme qualificative. Altre norme invece dispongono
l’applicazione delle disposizioni del codice civile anche alla materia della
navigazione.
(Richiami del diritto= bisogna attenersi alle norme giuridiche senza
prenderle alla leggera.)
Caratteri dell’ordinamento delle fonti e criteri d’interpretazione:
L’ordinamento delle fonti fin qui esposto è espressione dell’autonomia del
Diritto della navigazione, in quanto è caratterizzato dalla prevalenza che il
legislatore ha inteso dare al Diritto della navigazione rispetto al diritto
generale. Questa prevalenza si spiega con la necessità di regolare la
materia della navigazione, quanto più possibile con le speciali fonti proprie.
Il particolare carattere dell’ordinamento delle fonti del Diritto della
navigazione fa sì che, nella soluzione delle antinomie, il criterio di specialità
prevale criterio gerarchico.
4° Capitolo I mezzi dell’azione amministrativa:
La designazione dei beni pubblici destinati alla navigazione comprende in
senso proprio i beni di proprietà inalienabile dello Stato e degli Enti pubblici
territoriali, che costituiscono il demanio marittimo e aereonautico.
Mentre i beni del demanio marittimo e idrico fanno parte del demanio
necessario, quelli del demanio aereonautico fanno parte del demanio
accidentale, perché possono appartenere ai privati. Caratteristica di questi
beni è quella di essere destinati a usi pubblici connaturali al bene stesso
(diporto, pesca, balneazione, impieghi alimentari o estrattivi), fra i quali
rileva in modo particolare la navigazione. Queste si possono realizzare in
modo diretto attraverso l’impiego di beni o in via immediata attraverso il
godimento degli stessi da parte di soggetti privati o pubblici.
L’uso pubblico del bene è detto comune quando è conforme alla
destinazione naturale del bene ed è consentito a tutti soggetti ed è
garantito.
E’ speciale quando corrisponde alla destinazione del bene ma non è
permesso a tutti, bensì solo a determinati soggetti, in base a un titolo
specifico.
E’ eccezionale o particolare quando è estraneo alla destinazione del bene,
in quanto ne sottrae una parte dell’uso comune per attribuirla in
godimento esclusivo a un determinato soggetto tramite un godimento di
concessione.
Beni del demanio marittimo:
Fanno parte del demanio marittimo i beni seguenti:
-Il lido del mare, cioè quella zona della riva a contatto diretto con le acque,
che si estende all’interno fino al limite massimo delle acque mareggiate
ordinarie, detto anche “battigia”.
-La spiaggia, costituita dalla striscia di terra sabbiosa e ghiaiosa che si
estende tra il lido e l’entroterra.
-I porti, cioè i tratti di costa, comprese le apposite strutture artificiali,
nonché le zone di mare che offrono riparo alle navi.
-Le rade, che sono estensioni di mare protette, generalmente antistanti i
porti che consentono alle navi di ancorarsi e sostare in sicurezza.
-Le lagune, ossia gli specchi d’acqua in immediata vicinanza del mare, con
questo comunicanti tramite lagune vive, altre volte separate e stagnanti
(lagune morte).
-Le foci dei fiumi che sboccano in mare.
-I bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell’anno
comunicano liberamente col mare.
-I canali utilizzabili a uso pubblico marittimo.
E’ in dubbio se far rientrare fra i beni demaniali dello Stato il mare
territoriale e lo spazio aereo, dato che essi non appartengono allo Stato a
titolo di proprietà pubblica ma sono soggetti soltanto alla libertà di ognuno
e ai poteri di polizia e di sovranità che allo Stato spettano su tutto il
territorio.
Poteri degli enti territoriali sul demanio marittimo:
La potestà legislativa e regolamentare sul demanio marittimo è attribuita
alle regioni. Questa potestà è concorrente per quanto riguarda i porti ed
esclusiva per gli altri beni demaniali. Le funzioni amministrative sul
demanio marittimo sono attribuite ai comuni. Allo stato è rimasta, per il
momento, la proprietà del demanio marittimo, che è comunque destinata
a cessare quando sarà portata a compimento la procedura di trasferimento
dei relativi bene agli enti pubblici territoriali.
Le funzioni amministrative dello Stato sono:
-La classificazione dei porti.
-La pianificazione, programmazione e progettazione per la costruzione,
gestione, bonifica e manutenzione dei porti, per le opere edilizie a servizio
dell’attività portuale, porti di rilievo nazionale e internazionale.
-Utilizzazione del demanio marittimo per finalità di approvvigionamento di
fonti di energia.
-Sistema informativo del demanio marittimo.
-Rilascio di concessioni nei porti finalizzati alla difesa militare e alla
sicurezza dello Stato nei porti di rilevanza economica internazionale e
nazionale, nelle aree protette marine.
Beni pubblici della navigazione interna:
I beni pubblici della navigazione interna si inquadrano nel demanio idrico,
in quanto costituiti soprattutto da acque pubbliche, come fiumi, laghi,
canali e le zone portuali della navigazione interna.
Appartengono al demanio idrico anche l’alveo di fiumi e dei laghi, cioè il
fondo nonché le sponde laterali soggetti a esse sommerse dalle piene
ordinarie. La demanialità dei laghi è stata estesa anche alle relative spiagge,
in quanto assolvono alle stesse esigenze (trasporto, diporto, pesca) che
caratterizzano il lago.
Beni pubblici e beni privati destinati alla navigazione aerea:
L’esercizio della navigazione aerea richiede un complesso di infrastrutture
stabili, denominate aeroporti e di impianti di vario genere destinati ai
servizi della navigazione. Per aeroporto si intende ogni località terrestre o
acquea destinata alla partenza e all’arrivo degli aeromobili. Vi sono
compresi gli aeroscali, destinati all’atterraggio dei dirigibili e gli idroscali
per l’ammaraggio degli idrovolanti.
La diffusione del volo verticale ha inoltre determinato la costruzione di
eliporti, che sono aeroporti situati anche su edifici, destinati all’involo e
all’approdo degli elicotteri. L’art. 117 ha attribuito alle Regioni potestà
legislativa concorrente in materia di aeroporti.
Gli aeroporti, come gli altri beni destinati ai servizi della navigazione aerea,
possono essere pubblici o privati.
Aeroporti e altri impianti aereonautici:
Sono beni appartenenti al demanio aeronautico:
-gli aeroporti civili appartenenti allo Stato o ad altri Enti territoriali (regioni,
province, comuni).
-ogni costruzione o impianto appartenente allo Stato strumentalmente
destinato al servizio della navigazione aerea.
-gli aeroporti militari che fanno parte del demanio militare aeronautico, di
carattere necessario.
Gli aeroporti di interesse regionale o locale appartenenti allo Stato sono
destinati a essere trasferiti agli Enti pubblici territoriali (comuni, province,
regioni).
Gli aeroporti e gli altri impianti civili appartenenti allo Stato sono assegnati
all’ENAC.
I privati possono realizzare ed ampliare aeroporti o altri impianti
aeronautici, previa autorizzazione dell’ENAC che ne valuta l’idoneità del
servizio.
L’aeroporto ha un profondo impatto sul territorio in cui si colloca. Pertanto,
le proprietà private e pubbliche, in prossimità di aeroporti o di altri impianti
aeronautici, sono sottoposti a particolari vincoli per una questione di
sicurezza e per assicurare il funzionamento degli impianti.
5° Capitolo L’attività amministrativa nei beni pubblici destinata alla
navigazione L’attività amministrativa in materia di navigazione si può
intendere in senso più ampio quando comprende finalità e interessi
pubblici (xes. finanziari o sanitari), che non riguardano specificatamente la
navigazione ma che in qualche modo vi sono connessi.
In senso più proprio si può definire l’attività amministrativa in materia di
navigazione come l’attività che ha per oggetto l’attuazione dei fini pubblici
che riguardano direttamente la navigazione.
In questo senso l’attività amministrativa può distinguersi in 2 categorie
fondamentali:
1°-attività amministrativa nei beni pubblici destinati alla navigazione e
principalmente nei porti e aeroporti.
2°-attività amministrativa della navigazione in senso stretto, relativa cioè
alle navi e alle aeromobili in navigazione.
La 1° categoria si differenzia a sua volta a che si riferisca: all’uso del
demanio, al governo e alla gestione dei porti e degli aeroporti, ai servizi
portuali e aeroportuali.
Mentre la 2° categoria si può riferire all’esercizio dei poteri delle autorità
amministrative all’arrivo e alla partenza delle navi e degli aeromobili, alla
polizia di bordo e della navigazione in senso stretto cioè al complesso dei
poteri amministrativi esplicati nella navigazione al di fuori dei porti o degli
aeroporti, alla costruzione ed al controllo dei servizi di linea e non di linea
della navigazione marittima, interna e aerea.
Rientrano nelle attività amministrative le inchieste sui sinistri marittimi e
aeronautici.
Infine vi è l’attività amministrativa dello Stato che incide direttamente su
negozi e situazione dei privati, ponendosi come elemento per la validità o
per l’efficacia degli stessi.
L’uso dei beni: -Usi speciali: corrispondono alla naturale destinazione del
bene, ma sono consentiti soltanto a determinate persone in base a un
titolo specifico (autorizzazioni, permessi, imposizione di tasse).
Si possono ricordare le autorizzazioni per le operazioni relative al carico,
scarico e temporanea sosta di merce, autorizzazioni per l’esercizio della
pesca nei porti e nelle altre località di sosta o di transito delle navi,
l’imposizione di tasse per l’ancoraggio e delle tassi portuali sulle merci
scaricate e imbarcate, l’imposizione della tassa di stazionamento per le
unità da diporto.
-Concessioni: sono espressioni dell’uso eccezionale o particolare del bene
dove c’è un soggetto detto concessionario, il quale acquista sul bene un
diritto privato di godimento reale o personale l’amministrazione può
concedere per un determinato periodo di tempo l’occupazione e l’uso,
anche esclusivo, di beni del demanio marittimo e di zone di mare
territoriale, nonché del suolo degli aeroporti statali.
La concessione può essere rilasciata, oltre che per l’esercizio di servizi
pubblici e di attività produttive, anche per l’esercizio di attività con finalità
turistico ricreative.
Il concessionario, se autorizzato a costruire sul suolo demaniale, acquista
sul bene su cui ha costruito, un diritto di superficie. La proprietà
superficiaria per altro è un diritto temporaneo, in quanto ha la stessa
limitata durata della concessione e si estingue con la revoca della
medesima o per la scadenza del suo termine di durata.
Concessioni del demanio marittimo:
Le funzioni relative al rilascio delle concessioni di beni del demanio
marittimo e di zone del mare territoriale sono conferite ai comuni.
Fanno eccezione quelle funzioni che si ritiene necessario attribuire allo
Stato per garantire l’esercizio unitario. Esse si connettono a due tipi di
criteri: teologico e territoriale. Secondo il criterio teologico, spetta allo
Stato la competenza alle concessioni per approvvigionamento di fonti di
energia, secondo il criterio territoriale spetta allo Stato la competenza
relativa alle concessioni finalizzate alla difesa militare e alla sicurezza dello
Stato.
Per ottenere la concessione occorre far domanda all’autorità competente.
In caso di concorso di più domande per ottenere la concessione dello
stesso bene è preferito il richiedente che opera maggiori garanzie di
proficua utilizzazione e si proponga di avvalersi della concessione per un
uso che risponda ad un più rilevante interesse pubblico.
Il concessionario è tenuto a versare un canone, stabilito e riscosso dallo
Stato. Tuttavia per finalità turistico ricreative, parte del canone è devoluto
alle regioni a seconda della diversa valenza turistica delle zone.
La concessione si fonda sulla personale considerazione del concessionario,
pertanto se questo intende affidare la gestione dell’attività oggetto della
concessione ad altro soggetti può farlo soltanto con l’autorizzazione
dell’autorità competente. Questa autorizzazione è valida anche in caso di
concessione di attività secondarie (si tratta di una specie di
subconcessione).
La concessione può essere revocata tutte le volte che l’oggetto e il modo
di esercizio previsti all’inizio del rapporto non corrispondono più al
pubblico interesse e non siano sostituibili altrimenti.
L’amministrazione può dichiarare la decadenza del concessionari in alcuni
casi di inadempimento del concessionario negli obblighi stabiliti nell’atto
di concessione.
Al concessionario decaduto non spetta alcun rimborso per opere eseguite
né per spese sostenute. Salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di
concessione, quando questa venga a cessare le opere non trasportabili
restano acquisite dallo Stato, senza alcun compenso o rimborso.
Alla loro scadenza le concessioni non possono essere prorogate ne
rinnovate e nel caso in cui l’amministrazione decida per una nuova
assegnazione, si deve procedere a una gara formale secondo i principi di
evidenza pubblica.
Strutture dedicate alla nautica da diporto:
Le strutture dedicate alla nautica da diporto si distinguono in:
-Porti turistici (che consistono nel complesso di strutture, trasportabili e
non, realizzate allo scopo di servire solamente per la navigazione da
diporto).
-Approdi turistici.
-Punti di ormeggio (aree demaniali marittime e specchi acquei dotati di
strutture che non importino impianti di difficile rimozione, destinati
all’ormeggio, alaggio, varo e rimessaggio di piccole imbarcazioni).
Contratto di ormeggio:
Il rapporto giuridico che si stabilisce fra il concessionario e un privato
utilizzatore di unità da diporto è denominato contratto di ormeggio. Si
tratta di un contratto innominato, mediante il quale il concessionario della
struttura si obbliga, verso corrispettivo, a consentire alla controparte
l’ingresso e lo stazionamento di un’unità
da diporto, nonché la fruizione di servizi accessori (come l’assistenza
all’ormeggio e al disormeggio, ristorazione o fornitura di energia elettrica
per i servizi di bordo).
Uso degli aeroporti:
Sono aperti al traffico aereo civile previa autorizzazione dell’ENAC, gli
aeroporti civili appartenenti allo Stato e agli enti pubblici territoriali, gli
aeroporti militari e gli aeroporti privati autorizzati.
Gli utenti degli aeroporti Statali sono tenuti a pagare al gestore
aeroportuale le cosiddette tasse per l’imbarco e lo sbarco di merce, nonché
speciali diritti di approdo, partenza, sosta e ricovero degli aeromobili,
nonché d’imbarco dei passeggeri.
I porti – l’organizzazione dei porti
Competenze:
A una visione del porto come bene demaniale si accosta una
considerazione dinamica del porto stesso come centro di attuazione di
servizi pubblici e privati riguardanti in genere la movimentazione delle navi
e le attività complementari al trasporto marittimo (come xes. le operazioni
di caricazione e scaricazione).
In quest’ottica il porto si pone come una sorta di legame di congiunzione
infrastrutturale fra il trasporto marittimo e il trasporto terrestre della
merce.
Il complesso delle attività amministrative che si svolgono nei porti sono
esercitate dalle autorità portuali e dalle autorità marittime, secondo le
rispettive competenze.
Nei porti a minore volume di traffico, dove non sono istituite le autorità
portuali. L’autorità marittima è titolare esclusiva delle funzioni di
amministrazione attiva e sulle attività di vigilanza che si svolgono nei porti.
Queste attività sono regolate dal comandante del porto.
Nei porti maggiori, dove sono istituite le autorità portuali, l’autorità
marittima conserva soltanto le competenze che non sono a quelle
attribuite, come le funzioni di polizia e sicurezza, l’organizzazione dei
servizi tecnico-nautici, di pilotaggio, rimorchio. Ormeggio e ballottaggio. In
linea di massimo si può dire che l’autorità marittima si occupa delle attività
che si svolgono in mare, mentre l’autorità portuali di quelle che si svolgono
a terra.
Autorità portuale: La legge del 28 Gennaio 1994 n° 84, che ha riformato
radicalmente l’ordinamento dei porti, ha istituito nei maggiori porti, le
autorità portuali.
Sono enti, con personalità giuridica di diritto pubblico e sottoposti alla
vigilanza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che svolgono
attività sostitutiva, integrativa e ausiliaria dello Stato, con finalità di
amministrare i porti e di consentirne la gestione con la partecipazione delle
strutture pubbliche e private interessate. La costituzione delle autorità
portuali è giustificata dal particolare rilievo degli interessi locali che
investono l’ambito portuale e mira a rendere possibile anche il
decentramento e il coordinamento delle esigenze statali con quelle locali.
Le autorità portuali devono inoltre affidare in concessione, mediante gara
pubblica, la manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni
dell’ambito portuali agli utenti portuali di servizi di interesse generale.
Le autorità portuali non possono esercitare direttamente né tramite la
partecipazione a società, operazioni portuali e attività ad esse
strettamente connesse. Questa disposizione, detta principio di
separazione, mira a delimitare il ruolo dell’autorità portuale di direzione,
controllo e programmazione rispetto alle altre attività che si svolgono in
ambito portuale destinate a essere svolte da altri distinti soggetti. Da tale
connotazione strettamente amministrativa dell’attività dell’autorità
portuali, destinata a soddisfare essenzialmente bisogni di interesse
generale, consegue la loro qualificazione come enti pubblici non
economici. Del resto, l’esercizio delle attività di indirizzo, programmazione
e coordinamento e controllo, come quello delle attività di polizia e
sicurezza della navigazione, costituisce esercizio di potestà pubbliche e
giustamente è affidato a organi pubblici, quali l’autorità portuali e
marittima. Invece l’esercizio delle operazioni e dei servizi portuali può
essere affidato a privati, anche quando queste attività sono qualificabili
come servizi pubblici, in quanto l’atto di autorizzazione o concessione è
sufficiente a tutelare gli interessi pubblici coinvolti.
Il lavoro portuale
Operazioni e servizi portuali:
Alle autorità portuali competono le funzioni di vigilanza e le operazioni e
servizi portuali. Per operazioni portuali si intendono il carico, lo scarico, il
trasbordo, il deposito, il movimento in genere della merce e di ogni altro
materiali, svolti in ambito portuale. Si tratta di operazioni che implicano un
contatto della merce e degli altri materiali con la terraferma.
I servizi portuali che hanno per oggetto prestazioni specialistiche
complementari e accessorie al ciclo delle operazioni portuali sono
individuati e regolamentati dalle autorità portuali o marittime.
Il carattere specialistico delle prestazioni oggetto di tali servizi è costituito
dalla particolare competenza tecnica del fornitore.
Imprese portuali e terminaliste:
L’esercizio delle operazioni portuali e dei servizi portuali specialistici
complementari e accessori effettuati per conto di terzi è svolto da imprese
portuali in base ad autorizzazione rilasciata dall’autorità portuale. Le
imprese portuali provvedono dunque con attrezzature spesso di rilevante
tecnologia e alta specializzazione tecnica alla movimentazione della merce
in ambito portuale, e quindi essenzialmente alla caricazione e scaricazione
della merce sulla nave.
Le imprese portuali autorizzate devono essere, nell’ambito di ciascun
porto, in numero tale da assicurare il massimo della concorrenza nel
settore.
L’incessante sviluppo tecnologico che investe i trasporti marittimi ha
determinato la necessità di approntare in ambito portuale aree
particolarmente attrezzate e organizzate (terminals), che si pongono come
aree intermedie tra la nave e il veicolo stradale o ferroviario che conduce
la merce da o verso l’interno del territorio. In queste aree la merce è
raccolta, deportata e smistata secondo la sua destinazione. In questa
prospettiva alcune imprese portuali che possiedono adeguate attrezzature
tecniche tali da soddisfare le esigenze di un ciclo produttivo e operativo a
carattere continuativo e integrato, possono ottenere dall’autorità portuale
la concessione di aree demaniali e banchine nell’ambito portuale, per
l’espletamento delle operazioni portuali. La concessione può anche
comprendere la realizzazione di opere infrastrutturali.
Queste imprese che si definiscono imprese terminaliste (terminal
operators), svolgono la loro attività nell’ambito portuale insieme alle altre
imprese non concessionarie. Esse, peraltro, operano in esclusiva nelle altre
avute in concessione.
Il contratto che l’utente stipula con l’impresa portuale o terminalista, detto
contratto di imbarco o sbarco, è qualificato come appalto di servizi.
Di grande rilevanza è la previsione del diritto di autoriproduzione delle
operazioni portuali e dei servizi portuali specialistici complementari e
accessori.
L’autorità portuale (o in mancanza, quella marittima) può autorizzare
all’esercizio delle operazioni portuali gli stessi utenti, purché le loro navi
siano dotate dei propri mezzi meccanici e di personale adeguato alle
operazioni da svolgere. Per l’autorizzazione può essere richiesto un
corrispettivo e il deposito di una cauzione.
Fornitura di lavoro portuale temporaneo:
Il personale delle imprese portuali autorizzate potrebbe non essere
sufficiente a far fronte alle esigenze operative del porto in presenza di
variazioni imprevedibili di domanda di mano d’opera.
Allo scopo di fronteggiare questa eventualità, è stabilito che l’autorità
portuale (o laddove non istituita, quella marittima) autorizza un’impresa a
fornire prestatori di lavoro temporaneo, per l’esecuzione di operazioni
portuali e servizi specialistici complementari e accessori.
In sostanza, questa impresa viene a svolgere un’attività di intermediazione
nella stipulazione dei contratti di lavoro subordinato che intercorrono fra i
singoli lavoratori e l’impresa portuale, alla quale è affidata la direzione dei
lavori.
La fornitura di lavoro temporaneo deve costituire l’attività esclusiva
dell’impresa autorizzata, la quale non può essere scelta fra quelle che già
svolgono operazioni portuali o altri servizi nel porto.
Qualora non vi sia un’impresa disponibile, la fornitura di lavoro
temporaneo è erogata da una cosiddetta agenzia, la cui istituzione è
promossa dall’autorità portuale (o marittima) che ne esercita il controllo.
I servizi tecnico nautici
Generalità: I servizi di pilotaggio, rimorchio, ormeggio e di battellaggio
sono servizi pubblici, denominati servizi portuali tecnico-nautici ei interesse
generale, che servono per garantire la sicurezza della navigazione e
dell’approdo nei porti.
I servizi tecnico-nautici sono di norma facoltativi. Il servizio di pilotaggio
può essere dichiarato obbligatorio con decreto del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti. I servizi di rimorchio, ormeggio e battellaggio
possono essere resi obbligatori dall’autorità marittime tenuto conto della
localizzazione delle strutture impiegate.
Servizio di pilotaggio: Il servizio di pilotaggio svolge la funziona di assistere
il comandante della nave in località di approdo o di transito, fornendo i
suggerimenti di un esperto (il pilota) riguardo alla rotta da seguire e alle
manovre necessarie per assicurare l’approdo o il transito senza danni.
Il servizio è affidato alla Corporazione dei piloti.
Questa ha personalità giuridica pubblica, in quanto attua un fine di
pubblico interesse quale quello della sicurezza della navigazione. I piloti
sono membri della corporazione alla quale accedono mediante pubblico
concorso riservato a personale marittimo particolarmente qualificato.
La Corporazione ha un proprio patrimonio che comprende l’uso delle navi
che servono per l’esplicazione del servizio, la cauzione prestata dai piloti
quando sono nominati effettivi, i proveniente del servizio di pilotaggio, il
conferimento dell’attività personale dei piloti, i contributi dello Stato e i
beni di varia natura in sua proprietà.
Servizio di rimorchio: Consiste nella trazione o nella spinta di una nave, di
un galleggiante o di altro bene mobile nei luoghi di approdo o di transito
delle navi addette alla navigazione marittima.
Esso riguarda ogni operazione svolta per rallentare o arrestare il
movimento degli elementi rimorchiati.
Questo servizio viene effettuato da apposite imprese in base a concessione
del capo del compartimento. Effetti della concessione sono: la
legittimazione al servizio nella località stabilita, l’obbligo del
concessionario di attuare il servizio con mezzi idonei secondo le norme di
un apposito regolamento locale. Fuori dai luoghi indicati, le operazioni di
rimorchio non sono sottoposte a concessione.
Ormeggiatori, battellieri, palombari e sommozzatori:
Gli ormeggiatori provvedono ad ormeggiare la nave in arrivo, a vigilare
sull’ormeggio durante la sosta della nave in porto e a disormeggiare la nave
in partenza. Essi possono essere costituiti in gruppo dal capo del
compartimento.
I battellieri, detti anche barcaioli, sono adibiti ai servizi attinenti al traffico,
trasportando persone e beni necessari alla normale attività delle navi
ferme in rada.
I palombari e i sommozzatori in servizio locale esercitano la loro attività
entro l’ambito del porto presso il cui ufficio sono iscritti e nelle adiacenze.
Gli aeroporti
Gestione aeroportuale:
Per aeroporto si intende quell’ambito spaziale in cui si esplicano attività
imprenditoriali, come centro di attuazione di servizi pubblici e privati
riguardanti in genere la movimentazione degli aeromobili e le attività
complementari al trasporto aereo.
Infatti la funzione degli aeroporti consiste essenzialmente nell’assicurare il
complimento delle operazioni relative sia agli aeromobili, dal momento
dell’atterraggio a quello del decollo, sia ai passeggeri e alla merce. A tal fine
gli aeroporti mettono a disposizione una serie di strutture e di servizi
connessi all’esercizio degli aeromobili e alle operazioni relative ai
passeggeri e alla merce, il cui costo è regolato mediante la riscossione da
parte del gestore aeroportuale dei cosiddetti diritti aeroportuali.
Gli aeroporti sono dati in concessione totale a soggetti che governano e
gestiscono allo stesso tempo, sì che la gestione aeroportuale concreta un
servizio pubblico d’impresa.
Appare quindi profonda la differenza tra gestore aeroportuale e autorità
portuali.
I primi sono enti, anche privati, che oltre ad amministrare, possono
svolgere anche attività imprenditoriali, fornendo essi stessi agli utenti
servizi aeroportuali.
I secondi sono enti pubblici non economici a cui sono attribuiti compiti di
indirizzo, programmazione, coordinamento e controllo, ma non possono
svolgere attività imprenditoriale.
Il gestore aeroportuale è colui che sotto il controllo e la vigilanza
dell’ENAC, ha il compito di amministrare e gestire le infrastrutture
aeroportuali e di coordinare e controllare le attività dei vari operatori
privati presenti in aeroporto o nel sistema aeroportuale considerato. Le
sue funzioni sono individuate nell’ art. 705 comma 2 e sono: controllo e
coordinamento su attività di privati che esercitano servizi aeroportuali e
contemporaneamente gli si attribuisce la possibilità di svolgere esso stesso
medesimi servizi, come può accadere per l’assistenza a terra. Spetta
all’ENAC prendere provvedimento adeguati affinché non sia compressa la
competitività nell’espletamento dei servizi aeroportuali.
Assistenza a terra (handling):
Comprende attività complementari o strumentali alla prestazione di
trasporto del vettore aereo, che si svolgono in ambito aeromobile. Si tratta
di servizi di vario genere che comprendono:
-L’assistenza ai passeggeri (controllo di biglietti, registrazione dei bagagli,
trasporto fra l’aereostazione e l’aeromobile).
-L’assistenza ai bagagli (smistamento, caricamento sui sistemi
trasportatori, caricazione e scaricazione).
-L’assistenza a merce e posta (movimentazione, trattamento dei
documenti, formalità doganali, caricazione e scaricazione).
-L’assistenza all’aeromobile (parcheggio, spostamento, pulizia interna ed
esterna, climatizzazione, rifornimento carburante, manutenzione).
I servizi di assistenza a terra in certi casi sono esercitati in esclusiva e
affidati al gestore aeroportuale o ad altro soggetto in regime di
concessione.
Tuttavia, in seguito a una direttiva europea, negli aeroporti con un volume
di traffico superiore a una certa misura, il servizio è stato liberalizzato, cioè
è riconosciuto il libero accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra ai
prestatori di servizi dotati di certi requisiti finanziari e organizzativi.
L’assistenza a terra è fornita ai vettori in base a un contratto di appalto che
si basa normalmente su un formulario predisposto dall’Associazione
internazionale dei vettori aerei (IATA), denominato “standard ground
handiling agreement”.
Le tariffe sono libere negli aeroporti in cui il servizio è prestato da almeno
due fornitori, dove invece il servizio è fornito da un solo prestatore le tariffe
sono stabilita da quest’ultimo e comunicate al Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti, trascorsi 45 giorni senza che il Ministro abbia
espresso un motivato rifiuto, le tariffe si intendono approvate.
6° Capitolo L’attività amministrativa della navigazione in senso stretto
I servizi marittimi e di navigazione interna – libertà del commercio
marittimo:
La libertà del commercio marittimo in base alla quale gli stati usano
riconoscere alle navi degli altri stati la libertà di esercitare il traffico
marittimo, compresi i servizi di linea e di caricare e scaricare merce nei
propri porti, si è andata affermando dalla seconda metà del XIX° secolo,
quando si è consolidata la consapevolezza che questa libertà avrebbe
comportato effetti benefici sulle economie di tutti gli stati.
Giuridicamente parlando esistono norme internazionali convenzionali,
costituite da un lato da accordi bilaterali di commercio e navigazione in
base ai quali gli stati si concedono il reciproco accesso delle navi nei propri
porti a certe condizioni, dall’altro dalla Convenzione di Ginevra del 9
Dicembre 1923, la quale garantisce la parità di trattamento ma a
condizione di reprocità, delle navi straniere rispetto a quelle dello Stato, in
cui si trova il porto, con riguardo alla libertà di accesso nel porto, alla sua
utilizzazione ed all’uso di ogni facilitazione accordata per la navigazione e
le operazioni commerciali. Sono escluse le navi da guerra e quelle da pesca.
L’Unione Europea ha poi proceduto più recentemente a liberalizzare
totalmente la prestazione dei servizi marittimi, non solo al suo interno, ma
anche nei rapporti con gli stati terzi.
I servizi marittimi si distinguono secondo che riguardino il trasporto di
persone o di cose. I primi sono prevalentemente servizi di linea. I secondi
sono notevolmente anche non di linea.
I servizi di linea si caratterizzano perché svolti in modo continuativo o
periodico con itinerari, orari, frequenze prestabilite, ad accesso
generalizzato.
Nel trasporto di cose le navi usano trasportare merce parcellizzata il più
delle volte collocata in container.
Il servizio non di linea è svolto quando quello di linea si rivela inadatto,
perché per esempio la domanda di tonnellaggio varia in base alle stagioni
o il porto è accessibile solo in certi periodi dell’anno, oppure la merce
(come per esempio il petrolio o il carbone) non è adatta ad essere stivata
insieme a merce di altro genere.
In tali circostanze ci sono armatori che mettono a disposizione certe navi
dette “tramps” per chiunque abbia necessità di trasferire un quantitativo
di merce così rilevante da riempire l’intera nave. Si tratta di navi
specializzate per trasportare un solo tipo di merce e sono più lente di quelle
di linea, ma in compenso più economiche e l’interessato al carico ha un
maggior controllo sul viaggio e sulla nave in genere.
Servizi conferenziati:
In un sistema come quello appena descritto, le imprese di navigazione di
servizi di linea sono state indotte a ricorrere a strumenti privatistici per
acquisire un sicuro flusso di traffico, regolando la concorrenza. Sono così
nate imprese denominate Conferenze marittime (conferences) che hanno
il carattere di cartelli fra imprese al fine di eliminare la reciproca
concorrenza da un lato e dall’altro di difendersi dalla concorrenza originata
da imprese esterne. Altre intese, dette consorzi (consortium agreements),
hanno per oggetto accordi tecnici, operativi e specializzati a
razionalizzare il servizio. Il sistema delle conferenze è stato regolato dalla
Convenzione di Ginevra del 6 Aprile 1974 su un codice di comportamento
per le conferenze marittime, secondo il quale le compagnie marittime
nazionali dei due stati capilinea si ripartiscono l’80% del traffico
conferenziato, lasciando alle compagnie di stati terzi il restante 20%.
Disciplina europea dei sevizi marittimi:
L’Unione Europea a fronte della situazione appena esposta ha ritenuto
opportuno intervenire. Da un lato con il regolamento (CEE) del 15 Maggio
1979 (ora abrogato) ha disciplinato la partecipazione degli stati membri al
Codice di comportamento.
Con il regolamento n°4055/86 si applica il principio della libera prestazione
dei sevizi di trasporto marittimo fra stai membri e fra stati membri e paesi
terzi ai cittadini degli stati membri stabiliti in uno stato membro diverso da
quello del destinatario dei servizi. Questo regolamento determinava le
modalità di applicazione delle regole di concorrenza europee ai trasporti
marittimi internazionali di linea. Successivamente questo regolamento è
stato abrogato poiché l’Unione Europea ha riconosciuto non più proficuo il
sistema delle conferenze marittime ed ha applicato a tutti i servizi
marittimi le regole generali sulla concorrenza. Ciò ha determinato
l’illegittimità, per gli stati membri, del sistema dei traffici conferenziati, che
dovrebbe portare alla denuncia del Codice di comportamento. Rimangono
consentiti (almeno fino ad Aprile 2015) gli accordi consortili, dai quali però
sono esclusi gli accordi sui prezzi e la ripartizione dei mercati o della
clientela.
Cabotaggio marittimo e servizi dei porti:
L’art. 224 del codice della navigazione riserva agli armatori appartenenti
all’Unione Europea che impiegano navi registrate in uno stato membro e
che battono bandiera del medesimo stato membro, il cabotaggio fra i porti
italiani, a condizione che tali navi siano ammesse agli stessi servizi in detto
stato membro.
Per cabotaggio si intende un servizio di trasporto via mare di passeggeri o
merce dietro compenso fra porti di un medesimo Stato. Il cabotaggio non
riguarda quindi la navigazione in senso stretto, ma il traffico. Pertanto, le
navi non appartenenti all’Unione Europea sono pienamente libere di
navigare lungo le coste italiane e toccare i porti, ma non possono esercitare
il traffico, ovvero il trasporto numerato di cose o di persone da un porto a
un altro porto dello Stato. Il cabotaggio quindi non costituisce il servizio
cosiddetto feeder, che consiste nel trasporto fra due o più porti del
medesimo Stato, di merce destinata ad essere trasbordata su altra nave
con
destinazione all’estero, oppure di merce proveniente dall’estero e
trasbordata sulla nave in servizio feeder.
Ne costituisce cabotaggio la cosiddetta navigazione di scalo (detta anche
cabotaggio in continuazione), che consiste nel viaggio di una nave tra due
o più porti del medesimo Stato, allo scopo di sbarcare in tutto o in pare il
carico proveniente dall’estero, oppure allo scopo di imbarcare in tutto o in
pare il carico destinato all’estero. Questi servizi non costituiscono
cabotaggio, poiché ciò che rileva ai fini del traffico sono i luoghi di imbarco
iniziale e di sbarco finale della merce, quindi il servizio feeder e la
navigazione di scalo non costituiscono un traffico autonomo, ma sono
servizi strumentali a un traffico che si svolge fra porti di stati diversi.
Obblighi di servizio pubblico:
Lo Stato italiano usava dare sovvenzione a certe compagnie di navigazione
per assecondare l’interesse pubblico allo svolgimento di certi rilevanti
servizi marittimi di linea, per merce e passeggeri, prevalentemente di
cabotaggio.
Questo sistema è cessato in seguito alla necessità di adeguarsi ai principi
del Diritto Europeo, che hanno liberalizzato il traffico di cabotaggio
nell’Unione Europea e che vietano gli aiuti di Stato, consentendo
sovvenzioni soltanto in relazione all’istituzione di obblighi di servizio
pubblico.
Secondo la disciplina europea, quando lo Stato ritenga di particolare
interesse pubblico lo svolgimento di servizi di cabotaggio da, tra e verso
isole, può imporre i cosiddetti obblighi di servizio pubblico, cioè obblighi (i
porti che devono essere serviti, regolarità, continuità, frequenza, capacità
di fornitura del servizio, tariffe, equipaggio della nave) che nessun
armatore assumerebbe alle stesse condizioni.
I servizi svolti in osservanza degli obblighi di servizio pubblico sono
normalmente sovvenzionati dallo Stato o dalle regioni e possono essere
oggetto di contratti di servizio pubblico situati fra l’amministrazione e la
compagnia di navigazione; naturalmente devono essere offerti a tutti gli
armatori appartenenti all’Unione Europea senza discriminazioni e
aggiudicati a seguito di gara pubblica.
Servizi della navigazione interna:
I servizi della navigazione interna (che sono di competenza delle regioni) si
distinguono in:
-servizi pubblici di linea per trasporto di persone o cose, servizi pubblici di
rimorchio e servizi pubblici di traino con mezzi meccanici.
-servizi di trasporto e rimorchio per conto di terzi e servizi di traino con
mezzi meccanici.
-servizi di taxi e servizi di noleggio con conducente.
-trasporto e rimorchio per conto proprio con navi di cui si è armatore.
I primi sono esercitati per concessione regionale, ad eccezione dei trasporti
pubblici di linea di interesse regionale e locale, che sono affidati mediante
contratto di servizio.
I secondi sono sottoposti all’autorizzazione dell’autorità amministrativa
regionale competente.
I terzi sono sotto autorizzazione comunale.
I quarti sono liberi.
I servizi aerei
Libertà dell’aria:
E’ soggetto alla sovranità dello Stato lo spazio aereo che sovrasta il
territorio e il relativo mare territoriale. Questa disposizione è conforme a
una norma di Diritto internazionale generale sancita dagli Art. 1 e 2 della
Convenzione di Chicago del 7 Dicembre 1944 sull’aviazione civile
internazionale.
Ogni stato è pertanto libero di regolare sullo spazio che sovrasta la sua
terraferma e il suo mare territoriale, nei limiti posti dal Diritto
internazionale particolare.
In Italia, gli aeromobili stranieri, ad eccezione di quelli militari, di dogana e
di polizia possono sorvolare il territorio dello Stato a condizione di
reciprocità o quando ciò sia stabilito dalla normativa europea o da
condizioni internazionali. Gli aeromobili stranieri militari, di dogana e di
polizia non possono invece sorvolare il territorio dello Stato senza speciale
autorizzazione del Ministero della difesa. La Convenzione di Chicago (1944)
distingue tali aeromobili in due categorie:
1-Aeromobili impiegati in servizi aerei internazionali registrati (scheduled),
cioè in servizi di linea regolare per sorvolare il territorio di altri stati
contraenti, tali aeromobili hanno bisogno di una speciale autorizzazione.
2-Aereomobili non impiegati in tali servizi registrati: il sorvolo e la sosta per
scopi non commerciali di questi aeromobili sul territorio degli altri Stati
contraenti possono effettuarsi senza la necessità di un permesso
preventivo, salvo il diritto dello Stato sorvolato di richiederne l’atterraggio.
Questi aeromobili se impiegati anche in virtù di
noleggio, nel trasporto di passeggeri, merce o posta, ma alle condizioni e
limitazioni che lo Stato in cui tale imbarco o sbarco abbia luogo, ritenga
desiderabili.
Per entrambe le categorie degli aeromobili resta comunque ferma la
facoltà dello Stato sorvolato di porre ulteriori limitazioni, purché attuate
senza discriminazioni.
La differenza tra voli registrati e non registrati è che per l’effettuazione dei
primi è necessaria una preventiva manifestazione di volontà positiva
dell’amministrazione, mentre i secondi possono essere effettuati tutte le
volte che non vi sia l’affermazione di una contraria volontà
dell’amministrazione.
Allo scopo di istituire un regime di maggiore liberazione, per gli stati che la
volessero, il 7 Dicembre 1944 a Chicago oltre alla Convenzione
sull’aviazione civile internazionale, sono stati approntati altri due accordi:
1-L’Accordo sul transito dei servizi aerei internazionali.
2-L’Accordo sui trasporti aerei internazionali.
Col 1° Accordo sono sancite le prime due cosiddette libertà dell’aria, in
base alle quali ciascuno Stato contraente garantisce agli aeromobili
immatricolati in un altro stato contraente:
-il diritto di attraversare il proprio territorio senza atterrarvi.
-il diritto di atterrare nel proprio territorio per scopi non commerciali (xes.
per rifornimento carburante, riparazioni tecniche etc.).
Col 2° accordo le libertà dell’aria sono 5 (oltre a quelle già citate), secondo
le quali sono garantiti da ciascuno Stato contraente agli aeromobili
immatricolati in un altro Stato contraente:
-il diritto di sbarcare nel proprio territorio passeggeri, posta e merce
imbarcati nel proprio territorio dello Stato di immatricolazione
dell’aeromobile.
-il diritto di imbarcare nel proprio territorio passeggeri, posta e merce
destinati nel territorio dello Stato di immatricolazione dell’aeromobile.
-il diritto di imbarcare o sbarcare nel proprio territorio passeggeri posta e
merce destinati nel territorio o provenienti dal territorio di un altro Stato
contraente diverso dallo Stato di immatricolazione dell’aeromobile.
L’Italia ha aderito al 1° dei due accordi. Il secondo accordo non ha avuto
successo, in quanto gli stati hanno preferito ricorrere alla pratica delle
trattative bilaterali per regolare i reciproci diritti di traffico, realizzando un
fitto intreccio di accordi bilaterali che sono diventati ormai lo strumento
fondamentale di organizzazione commerciale del traffico aero nel mondo.
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8° Capitolo Concetto e definizione di “nave”: Secondo l’art. 136 c.
nav. Per nave s’intende qualsiasi costruzione (galleggiante e mobile)
destinata al trasporto per acqua marittima o interna, anche a scopo di
rimorchio, di pesca, di diporto o di altro scopo.
Il concetto di trasporto deve essere inteso in senso lato o tecnico, come ogni
movimento per acqua di un mezzo galleggiante, sì da identificarsi col
concetto di navigazione. Poiché sono prive dell’attitudine a navigare (e non
è quindi possibile la destinazione al “trasporto”), non sono da considerare
navi quelle in costruzione, che acquistano la consistenza di navi solo dopo
il varo, né i relitti che hanno perso la loro attitudine alla navigazione per
un’alterazione irreversibile delle loro componenti e sono quindi soggetti alla
cancellazione dal registro d’iscrizione. Né sono da considerare navi le
costruzioni che, pur avendo l’attitudine a navigare, non sono destinate al
“trasporto”, come per esempio quelle destinate a ristorante o ad albergo.
Le navi da guerra, come tutte le navi militare, sono iscritte nel ruolo del
naviglio militare e non sono assoggettate alla disciplina del diritto della
navigazione. La definizione di nave da guerra si trova nell’ art. 239 del
codice dell’ordinamento militare, secondo il quale per nave da guerra
s’intende una nave che appartiene alle Forze armate di uno Stato portandone
i segni distintivi, è posta sotto il comando di un ufficiale di marino al
servizio dello Stato e il suo equipaggio è sottoposto alle regole della
disciplina militare.
Concetto e definizione di “galleggiante”: Secondo l’art. 36 c. nav. Per
galleggiante s’intende una costruzione galleggiante mobile che sia adibita a
qualsiasi servizio attinente alla navigazione o al traffico in acque marittime
o interne, come per esempio draghe, pontoni, bighe, chiatte. Non rientrano
pertanto nell’ambito di tale definizione i galleggianti fissi (come per
esempio le boe di segnalazione) e gli altri edifici galleggianti, quando sono
saldamente assicurati alla riva o all’alveo o sono destinati a esserlo in modo
permanente per la loro utilizzazione; essi sono reputati beni immobili.
Appartenenti a categoria autonoma sono considerate le piattaforme off-
shore di estrazione o produzione di petrolio, di gas o di altri prodotti del
fondo marino, ove siano destinate a restare, permanentemente o per un
tempo rilevante, fisse in un determinato ambito acqueo.
Ai galleggianti, in quanto non sia diversamente stabilito, si applica la
disciplina posta dal codice della navigazione per le navi.
Concetto e definizione di aeromobile: Il codice della navigazione (art. 743)
definisce aeromobile ogni macchina destinata al trasporto per aria di persone
o cose.
Si è così, come per la nave, adottato il concetto funzionale di destinazione
anziché quello di attitudine, sicché non può essere ritenuto aeromobile un
apparecchio che è sì adatto alla navigazione ma non è ad essa destinato.
D’altro lato, diversamente dalla nave, non sussiste il riferimento spaziale del
trasporto (da un luogo a un altro), sì che possono essere ritenuti aeromobili
le macchine a spostamento soltanto verticale, come gli aerostati frenati e i
cervi volanti. Sempre secondo l’art 743, sono espressamente indicati come
aeromobili gli “apparecchi per il volo da diporto o sportivo”, e sono inoltre
considerati espressamente aeromobili anche i mezzi aerei a pilotaggio
remoto, detti UAV (Unmanned Aerial Vehicles).
E’ da osservare che gli idrovolanti e gli anfibi vanno equiparati alle navi
durante il loro movimento sulle acque, ma allo scopo limitato di rendere
possibile l’applicazione a tali aeromobili di norme, soprattutto di carattere
pubblico (sicurezza, segnalazioni, etc.), che si riferiscono alle navi.
Aeromobili di Stato e aeromobili privati: Agli effetti dell’ordinamento
nazionale, sono aeromobili di Stato gli aeromobili militari e quelli di
proprietà dello Stato, impiegati in servizi istituzionali della polizia, della
dogana, dei vigili del fuoco, della protezione civile o di altro servizio statale.
Sono privati tutti gli altri aeromobili.
Sono equiparati agli aeromobili di Stato quelli utilizzati da soggetti pubblici
o privati, anche occasionalmente, per attività dirette alla tutela della
sicurezza nazionale (art.744), nonché quelli che volano nell’interesse delle
autorità e delle istituzioni pubbliche (art. 746).
Agli aeromobili militari, di dogana, di polizia, dei vigli del fuoco, nonché
agli aeromobili equiparati a quelli di Stato in quanto utilizzati per la tutela
della sicurezza nazionale, non si applicano, salva diversa disposizione, le
norme del codice della navigazione.
Inoltre, l’utilizzazione degli aeromobili di Stato od equiparati comporta
l’esenzione di qualsiasi tassa, diritto o tariffa, nonché il diritto di priorità
nell’utilizzazione delle strutture aeroportuali (art. 748).
Ai fini dell’applicabilità delle norme del Codice della navigazione è
preferibile ritenere, conformemente all’art 3 della Convenzione di Chicago,
che debba prevalere il criterio dell’impiego rispetto a quello dell’iscrizione
o della destinazione, sicché dette norme si applicano quando un aeromobile
sia utilizzato in gestioni non tipiche dell’amministrazione militare (come
allenamento del personale, partecipazione a gare sportive, ecc.) o in
esecuzione di rapporti giuridici di diritto privato (come un servizio di
trasporto per conto di terzi).
L’ inserzione della nave e dell’aeromobile nel regime amministrativo
Ammissione della nave alla navigazione Per avere certezza dei beni che si
destinano alla navigazione, è prevista la registrazione delle navi che
rispondano ad alcuni requisiti di identificazione (quali la stazza, il nome, il
luogo d’scrizione) e di nazionalità.
Le navi maggiori iscritte in registri denominati matricole, tenuti dalle
direzioni marittime (art. 146 c. nav.), nel luogo dove il proprietario è
domiciliato. L’iscrizione della nave documenta l’esistenza del bene ed il
possesso dei requisiti di individuazione e nazionalità. Pertanto,
all’iscrizione deve riconoscersi, in senso proprio, natura dichiarativa.
Secondo l’art 149 affinché la nave possa essere ammessa alla navigazione
occorre, oltre all’iscrizione, l’abilitazione alla navigazione. Le navi
maggiori sono abilitate alla navigazione dall’atto di nazionalità.
Nazionalità della nave e registro internazionale
La nazionalità della nave designa un criterio di collegamento di questo bene
con l’ordinamento giuridico di un determinato Stato. Essa costituisce
pertanto una qualificazione giuridica del bene ed è soggetta alla sovranità
dello Stato.
La Convenzione di Montego Bay del 1982 sul diritto del mare impone
soltanto l’esistenza di un non meglio precisato legame sostanziale fra la
nave e lo Stato, il quale inoltre deve esercitare effettivamente la sua
giurisdizione ed il suo controllo sulla nave sotto il profilo amministrativo,
tecnico e sociale.
Esistono tuttavia Stati che attribuiscono la propria nazionalità anche a navi
di proprietà interamente straniera o di società non controllate da propri
cittadini, come avviene in Liberia o a Panama, dove si è determinato il
rigoglioso sviluppo delle navi battenti bandiere cosiddette ombra o di
comodo o di convenienza, cosa che consente alle imprese di navigazione
una notevole riduzione dei costi di esercizio con particolare riguardo ai costi
dell’equipaggio.
Allo scopo di stimolare i propri armatori ad abbandonare le bandiere di
convenienza, alcuni Stati, come l’Italia, hanno istituito un secondo registro
di immatricolazione, detto registro internazionale, l’iscrizione nel quale
consente facilitazioni soprattutto nella disciplina dell’arruolamento di
marittimi stranieri.
Secondo l’art. 143 il Codice della navigazione, agli effetti del
riconoscimento della nazionalità italiana richiesta per l’iscrizione della nave
nel registro nazionale, si richiede che la nave appartenga per una quota
maggioritaria a persone fisiche o
giuridiche di Stati membri dell’Unione Europea. Può essere iscritta anche
una nave appartenente a persone fisiche o giuridiche di Stati terzi, purché
queste assumano direttamente l’esercizio della nave attraverso una stabile
organizzazione sul territorio italiano con una gestione demandata a persona
fisica o giuridica di uno Stato membro, domiciliata nel luogo di iscrizione
della nave, che assuma la responsabilità dell’esercizio nei confronti dei terzi
facendone dichiarazione presso il medesimo ufficio.
Il registro internazionale italiano è stato istituito col decreto legge del 30
Dicembre 1997 n° 457. I requisiti di nazionalità dei proprietari sono i
medesimi richiesti per l’iscrizione nelle matricole nazionali. Tuttavia, vi si
possono iscrivere soltanto navi adibite esclusivamente a traffici
commerciali internazionali e di cabotaggio, nonché navi da diporto adibite
al noleggio per finalità turistiche in navigazione internazionale. Per le navi
iscritte nel registro internazionale sono previste in alcuni casi facilitazioni
alla possibilità d’imbarco di marittimi non appartenenti all’Unione Europea
in deroga all’art. 318.
Navigabilità e classificazione della nave
La nave che intraprende la navigazione deve essere in stato di navigabilità,
convenientemente armata ed equipaggiata, atta all’impiego al quale è
destinata.
La navigabilità della nave è certificata principalmente dalla classificazione,
cui sono preposti appositi organismi denominati registri di classificazione,
il cui compito fondamentale è di certificare il valore (classe) delle navi, sia
dal punto di vista tecnico costruttivo, sia dal punto di vista economico in
modo da accertare e certificare il grado di fiducia che una nave merita per
le sue qualità nautiche e commerciali nel suo complesso.
La classificazione costituisce un fatto di fondamentale importanza non
soltanto con riferimento all’interesse pubblico connesso alla sicurezza della
navigazione, ma anche sotto il profilo delle relazioni private fra operatori
marittimi, perché offre dati sicuri e obiettivi nelle contrattazioni relative
all’utilizzazione della nave, alla sua vendita, alle assicurazioni, garantendo
la buona fede nel commercio marittimo.
I registri di classificazione, dunque, determinano le norme secondo le quali
deve essere costruita una nave che aspira ad essere classificata, vigilano
sulla costruzione, esaminano la nave a mezzo di propri periti e ne seguono
e controllano la vita successiva con propri agenti all’interno e all’estero,
rilasciano alla nave un certificato di classificazione e forniscono notizie ed
informazioni a chiunque sia interessato a conoscere le condizioni e il valore
tecnico ed economico di una nave.
Il registro di classificazione italiano è il Registro italiano navale (RINA),
ente privato costituitosi in società per azioni.
Ammissione dell’aeromobile alla navigazione
Anche gli aeromobili, per essere ammessi alla navigazione, devono essere
immatricolati, mediante iscrizione nel registro aeronautico nazionale tenuto
dall’ENAC, ed abilitati alla navigazione (art. 749).
Anche gli aeromobili, per essere registrati, devono possedere requisiti di
individuazione e di nazionalità (art. 750).
L’iscrizione deli aeromobili ha la stessa natura giuridica dell’iscrizione della
nave.
Gli aeromobili sono abilitati alla navigazione dal certificato di navigabilità
(art.764).
Nazionalità dell’aeromobile
Anche per gli aeromobili la nazionalità designa un criterio di collegamento
di questo bene con l’ordinamento giuridico di un determinato Stato, che
comporta soggezione dello stesso alla sovranità di tale Stato.
Secondo l’art. 756 in Italia requisito di nazionalità è l’appartenenza
dell’aeromobile in maggioranza:
-allo Stato, alle Regioni, alle Provincie, ai Comuni e a ogni altro ente
pubblico o privato italiano o di altro Stato membro dell’Unione Europea.
-a cittadini italiani o di altro Stato membro dell’Unione Europea.
-a società costituite o aventi sede in Italia o in un altro Stato dell’Unione
Europea, il cui capitale appartenga in maggioranza a persone fisiche o
giuridiche italiano o di altro Stato dell’Unione Europea e il cui presidente,
la maggioranza degli amministratori e l’amministratore delegato siano
cittadini italiani o di altro Stato dell’Unione Europea.
10° Capitolo La proprietà della nave e dell’aeromobile
Beni mobili registrati: Nave ed aeromobile sono, per loro natura, beni
mobili. Rientrano però nella categoria dei beni mobili iscritti in pubblici
registri, i quali secondo l’art. 815 sono soggetti alle particolari disposizioni
che li riguardano e, in mancanza, alle disposizioni relative ai beni mobili.
(art. 245).
La categoria dei beni mobili iscritti in pubblici registri è assoggettata ad una
normativa particolare che assimila il loro trattamento giuridico a quello dei
beni immobili, in considerazione della normale loro rilevanza economica e
della conseguente valutazione sociale, che determinano esigenze di più
sicura circolazione.
Se, in fatto, tali beni non sono (mentre dovrebbero essere) registrati, il loro
trattamento giuridico resta quello proprio dei beni mobili.
I beni mobili registrati rientrano, dunque, nella categoria dei beni a
circolazione controllata i quali, sulla base dell’iniziale registrazione,
rendono agevole la pubblicità degli atti inerenti alla proprietà e ad altri diritti
reali.
Pubblicità degli atti relativi alla proprietà: Presupposto per l’applicazione
del particolare regime dei beni mobili registrati, cui sono sottoposti la nave
e l’aeromobile, è appunto l’iscrizione nei pubblici registri.
La pubblicità degli atti, relativi a navi e aeromobili, è dichiarativa. Essa cioè
non si pone come elemento della validità dell’atto che vi è soggetto, il quale
è perfetto tra le parti, bensì come onere, al cui adempimento è subordinato
il prodursi degli effetti dell’atto stesso.
In mancanza della pubblicità, l’atto che vi è soggetto non è infatti efficace
(opponibile) nei confronti dei terzi, che a qualunque titolo abbiano
acquistato un medesimo diritto o diritti incompatibili sulla nave o
sull’aeromobile in base a un atto trascritto. E una volta che la trascrizione
sia stata fatta, non può avere effetto, contro colui che ha trascritto, alcuna
successiva trascrizione o iscrizione di diritti incompatibili, quantunque il
loro acquisto risalga a data anteriore (art. 2644).
L’inopponibilità vale soltanto nei confronti di quei terzi che abbiano
acquistato sul bene, mediante atti trascritti, diritti incompatibili con quelli
trasferiti ad altri con atti non trascritti; essa non opera nei confronti di terzi
che vantino diritti di altra natura verso il proprietario del bene.
La pubblicità della nave e dell’aeromobile, a differenza della pubblicità
immobiliare, è pubblicità reale, nel senso che gli atti soggetti a trascrizione
sono registrati con riferimento al bene, non già al suo proprietario.
Comproprietà della nave e dell’aeromobile: Il Codice della navigazione
dedica alla comproprietà navale poche norme (art. 258-264), che si
applicano anche alla
comproprietà dell’aeromobile. Questa disciplina speciale è integrata dalle
norme degli art. 1100-1116, relative alla comunione in generale.
Le quote di partecipazione nella proprietà della nave sono espresse in carati,
questi sono 24 e sono divisibili in frazioni (art.258). Tali quote si presumono
uguali e il concorso dei partecipanti, tanto nei vantaggi quanto nei pesi della
comunione, è in proporzione delle rispettive quote.
L’aeromobile è invece diviso in quote. Le quote dell’aeromobile possono
anche non essere uguali.
11° Capitolo L’esercizio della nave e dell’aeromobile
Concetto di esercizio: L’art. 265 del Codice della navigazione definisce
armatore “chi assume l’esercizio di una nave”. Secondo l’art. 874 è definito
esercente chi assume l’esercizio di un aeromobile. La figura dell’esercente
corrisponde dunque esattamente, nella navigazione aerea, a quella
dell’armatore nella navigazione per acqua.
L’assunzione dell’esercizio della nave o dell’aeromobile costituisce dunque
l’elemento necessario e sufficiente a concretare la figura dell’armatore o
dell’esercente. Esercizio si può definire come quell’attività organizzata,
inerente all’impiego della nave o dell’aeromobile in base alla destinazione
ad essi propria, rivolta al conseguimento di un bisogno proprio
dell’esercente. Per risultato economico non si deve intendere il risultato di
un’attività lucrativa, bensì in senso più lato, il soddisfacimento, in termini
di utilità di bisogni propri dell’agente.
Il riferimento all’organizzazione dell’attività significa che il concetto di
esercizio si fonda essenzialmente non tanto sull’aspetto effettuale (la
navigazione in se stessa) quanto su quello teologico (l’attività
organizzativa). In sostanza la navigazione del veicolo, cioè l’attuazione
dell’esercizio, non è che il risultato di una certa organizzazione preparatoria
e funzionale alla navigazione stessa ed è l’assunzione di tale attività che
attribuisce al soggetto che la svolge la qualità di armatore o di
esercente. Ne consegue che l’armatore o l’esercente rimane tale anche
quando, in casi non frequenti (conferimento del diritto d’uso del veicolo per
una durata non superiore a 14 giorni) e talora patologici (uso del veicolo
senza il consenso dell’armatore o dell’esercente), si verifichi una scissione
fra assunzione ed attuazione dell’esercizio, cioè fra l’attività organizzativa
diretta alla navigazione e la navigazione stessa. Il concetto di esercizio
prescinde dalla proprietà del veicolo perché può presupporre, oltre alla
proprietà anche un diritto reale limitato (come l’usufrutto) oppure un diritto
personale (come quello derivante dal contratto di locazione.
Il concetto di esercizio prescinde anche dall’” armamento”, cioè la forniture
di tutto quanto (attrezzature e equipaggiamento) è necessario alla
navigazione.
Esercizio e impresa: L’esercizio di una singola nave e di un singolo
aeromobile configura l’impresa di navigazione, dove l’armatore o
l’esercente è il titolare dell’impresa di navigazione. Tuttavia il termine
“impresa” nel Codice della navigazione ha un significato diverso rispetto a
quello che ha nel codice civile, nel cui sistema secondo l’art. 2082 è impresa
l’esercizio professionale di un’attività economica organizzata al fine della
produzione o dello scambio di beni o di servizi. Non sempre infatti
nell’esercizio possono riconoscersi tutti gli elementi che sono il presupposto
dell’impresa commerciale. La nave o l’aeromobile, infatti possono essere
esercitati a scopo di diporto o per spedizioni scientifiche o essere impiegati
in via esclusivamente occasionale: è evidente che in questi casi non sussiste
l’impresa commerciale per carenza di finalità produttiva e professionalità.
Il diritto commerciale investe pertanto l’esercizio della navigazione quando
questo configura l’impresa definita nel codice civile ma non preclude in
ogni caso l’applicabilità della disciplina del Codice della navigazione con
riferimento all’esercizio nautico.
Lo stesso è a dirsi quando l’esercizio è rivolto ad attività di pesca.
L’armatore è anche imprenditore ittico quando se ne riscontrano i
presupposti. Ma la disciplina dell’imprenditore ittico non si applica
all’esercizio della pesca sportiva o della pesca- turismo.
In definita si può affermare che l’esercizio di una singola nave e di un
singolo aeromobile costituisce l’impresa di navigazione ed è regolato dal
Diritto della navigazione. Nel caso di esercizio di più navi o aeromobili da
parte di uno stesso imprenditore, questi si pongono come elementi dello
stesso organismo economico, cioè come elementi di un’unica impresa
commerciale. In questo caso anche per l’esercizio della singola nave e del
singolo aeromobile si costituisce bensì un’organizzazione, ma questa
organizzazione che è intesa al raggiungimento di uno scopo di carattere
tecnico, concorre anche al conseguimento di quelle finalità economiche che
sono caratteristiche dell’impresa. Pertanto sotto l’aspetto tecnico, può
ipotizzarsi un frazionamento dell’attività di impresa in relazione ai mezzi
adoperati, ciascuno dei quali è idoneo a realizzare un determinato scopo.
Nave ed
aeromobile possono considerarsi come organismi elementari dell’impresa
unitaria, corrispondenti allo stabilimento nell’impresa industriale, al
negozio nell’impresa commerciale, al podere nell’impresa agricola.
Pubblicità dell’esercizio: Naturale complemento del regime della
responsabilità dell’armatore e dell’esercente è la pubblicità dell’esercizio,
la cui funzione è quella di rendere nota ai terzi la qualità di armatore o di
esercente. L’armatore prima di assumere l’esercizio di una nave deve fare
dichiarazione di armatore all’ufficio di iscrizione della nave. Secondo l’art
270 quando l’esercizio è assunto da persone diversa dal proprietario, la
dichiarazione deve contenere l’indicazione del titolo (contratto di locazione
o altro) che attribuisce l’uso della nave o del galleggiante.
Secondo l’art. 874, l’esercente che intende assumere l’esercizio
dell’aeromobile deve farne dichiarazione all’ENAC. La dichiarazione deve
essere fatta nelle stesse forme e con le stesse modalità della dichiarazione di
armatore ed è trascritta nel registro aeronautico nazionale. In mancanza
della dichiarazione di armatore o di esercente, si presume sia o uno o l’altro
il proprietario. In caso di coincidenza fra la persona dell’armatore o
esercente e quella del proprietario, la dichiarazione è superflua, in quanto la
sua esistenza produce gli stessi effetti della sua assenza.
La dichiarazione di esercente non è richiesta per l’esercizio di aeromobili
presi in locazione per più di sei mesi, perché sostituita dalla pubblicità del
contratto di locazione.
Efficacia della pubblicità dell’esercizio: L’efficacia della pubblicità di
esercizio è valutabile in termini di effetto positivo, quando la trascrizione
della dichiarazione è effettuata e di effetto negativo quando non lo è. A tale
riguardo è inoltre necessario opporre ai terzi la propria qualità, dal caso in
cui siano i terzi ad avere interesse a individuare l’armatore o l’esercente. La
dottrina prevalente sostiene l’efficacia dichiarativa della pubblicità
dell’esercizio. Se cossi fosse, questa dovrebbe avere, da un lato, l’effetto
positivo dell’opponibilità ai terzi del fatto trascritto; d’altro lato l’effetto
negativo dell’inopponibilità ai terzi del fatto non trascritto. L’effetto
negativo della pubblicità dell’esercizio è espressamente previsto negli
art. 272 e 876, nel senso che in assenza di trascrizione della dichiarazione
non soltanto il proprietario può provare contro i terzi interessati di non
essere armatore ma anche l’armatore non proprietario può provare la sua
qualità superando la presunzione. In tal modo si ottiene un’efficacia diversa
da quella propria di una pubblicità dichiarativa, perché la legge consente che
il fatto non trascritto possa essere opposto ai terzi per mezzo della prova
contraria. Più problematica è la valenza dell’effetto positivo. Quando è
l’armatore o l’esercente ad avere interesse a far valere la propria qualità, in
assenza di
una norma speciale si può applicare il principio stabilito dall’art 2193
comma 2 relativo all’iscrizione nel registro delle imprese. In tal senso, di
fronte a una dichiarazione di armatore o di esercente, il terzo non può
contestare la qualità resa pubblica. In tal modo si ottiene un effetto
dichiarativo della pubblicità d’esercizio, nel senso dell’opponibilità al terzo
del fatto trascritto. Quando invece l’interesse a far valere la qualità di
armatore o esercente è dei terzi, si pone il problema se il soggetto che figura
nel registro come armatore o esercente possa provare di non avere (o non
avere più) tale qualità. La questione potrebbe sorgere in caso di cessazione
della qualità di armatore o di esercente da parte del soggetto che risulti
iscritto nel registro e dell’assunzione dell’esercizio da parte di un altro
soggetto che provveda a fare la dichiarazione. In questo caso non si pone un
problema di opponibilità al terzo del fatto trascritto, bensì di opponibilità
del fatto trascritto allo stesso soggetto che ha proceduto alla trascrizione.
Qualora la dichiarazione sia stata fatta dall’armatore o esercente non
proprietario con indicazione del titolo (contratto di locazione o altro) che
attribuisce l’uso della nave o dell’aeromobile, alla scadenza temporale del
titolo cessa l’efficacia della dichiarazione e qualora l’armatore subentrante
non faccia una nuova dichiarazione si producono gli stessi effetti di assenza
della dichiarazione, con attribuzione al proprietario della presunzione
relativa. Qualora invece la dichiarazione sia stata fatta dall’armatore o
esercente che sia anche proprietario e costui in seguito ceda l’esercizio a un
altro soggetto che non faccia la dichiarazione, l’esigenza di tutela dei terzi
induce a ritenere che la prova contraria alle risultanze del registro non possa
essere data; in altri termini o il proprietario provvede a fare la dichiarazione
indicando il nuovo armatore o esercente oppure subisce gli effetti
dell’opponibilità. La natura della pubblicità dell’esercizio risulta dunque
ibrida, perché soltanto l’effetto positivo è conforme a quello di una
pubblicità dichiarativa, mentre l’effetto negativo è proprio di una pubblicità
notizia.
La responsabilità dell’armatore e dell’esercente e la relativa limitazione
Disciplina della responsabilità: La disciplina della responsabilità
dell’armatore e dell’esercente s’inquadra nei principi stabiliti in materia di
responsabilità del codice civile. Il codice della navigazione dispone soltanto
che l’armatore e l’esercente sono responsabili dei fatti commessi
dall’equipaggio in virtù del rapporto di preposizione. Inoltre il comandante
ha la rappresentanza dell’armatore e dell’esercente: dove costoro sono
responsabili dell’attività negoziale del comandante per quanto riguarda la
nave o l’aeromobile. L’armatore e l’esercente non sono invece responsabili
per l’adempimento degli obblighi pubblicistici, che la legge impone al
comandante come
capo della spedizione, dato che il soggetto tenuto all’osservanza di questi
obblighi è personalmente e direttamente il comandante. Il codice della
navigazione stabilisce dunque il criterio generale d’imputazione di tutti i
fatti del comandante e dell’equipaggio individuando la persona
dell’armatore e dell’esercente come il soggetti cui tali fatti vanno riferiti.
Pertanto, è imputabile all’armatore o all’esercente la responsabilità per tutte
le obbligazioni che derivino da contratti stipulati dal comandante in
rappresentanza del suo preponente, che derivino da fatti illeciti del
comandante o di altro membro dell’equipaggio, che derivino da ogni altro
atto o fatto di costoro cui la legge ricollega la capacità di produrre
obbligazioni.
Una norma singolare è quella posta dall’art. 143, che consente l’scrizione
nei registri italiani di una nave appartenente a persone estranee all’Unione
Europea, purché queste assumano direttamente l’esercizio della nave
attraverso una stabile organizzazione sul territorio italiano con gestione
demandata a persona dell’Unione Europea, che assuma la responsabilità
dell’esercizio nei confronti dei terzi facendone dichiarazione presso l’ufficio
d’iscrizione. Quest’ultimo soggetto può essere un i institore oppure un
gerente. Si attribuisce dunque al rappresentante (institore o gerente) la
responsabilità personale dell’esercizio in deroga alle norme sul mandato con
rappresentanza. La disposizione sembrerebbe derogare anche alle norme
sulla responsabilità dell’armatore, il quale parrebbe non assumere verso i
terzi una responsabilità diretta, che sarebbe invece attribuita al suo
rappresentante; occorre invece ritenersi che la responsabilità del
rappresentante verso i terzi per l’esercizio della nave non sia esclusiva, ma
si aggiunga a quella dell’armatore.
L’art. 879 regola la responsabilità dell’esercente nel caso di uso
dell’aeromobile senza il suo consenso, in tal caso l’esercente risponde
soltanto qualora non abbia esplicato la dovuta diligenza al fine di evitare
tale uso. L’art. 939 dispone che, in caso di responsabilità derivante
dall’utilizzazione dell’aeromobile, da parte di chi abbia acquistato il diritto
di utilizzarla per non più di quattordici giorni, l’esercente risponde in solido
con l’utilizzatore, Queste norme applicabili per analogia alla navigazione
marittima dimostrano che è esercente (o armatore) chi assume l’attività
organizzativa e non chi pone in essere soltanto la navigazione del veicolo.
La responsabilità verso i terzi derivante dalla loro circolazione è regolata
dall’art 2054, secondo il quale il conducente è presunto responsabile e può
liberarsi soltanto provando di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.
Limitazione della responsabilità dell’armatore e dell’esercente:
Appartiene alla navigazione marittima l’istituto della limitazione della
responsabilità dell’armatore. La sua funzione è quella di consentire una
riduzione dei premi di
assicurazione gravanti sull’impresa con conseguente possibilità di abbassare
il livello dei noli, riducendo in tal modo i costi del trasporto in genere.
Il codice della navigazione istituisce un sistema di limitazione della
responsabilità dell’armatore, che si applica soltanto alle navi di stazza lorda
inferiore a trecento tonnellate.
Per le navi più grandi vige un sistema ispirato alla Convenzione di Londra
del 19 Novembre 1976 sulla limitazione delle responsabilità per crediti
marittimi, la quale non è ancora in vigore in Italia ma il decreto legislativo
del 28 Giugno 2012 n° 111 ne ha anticipato le principali disposizioni. Le
esigenze che si sono accennate con riguardo all’armatore, sono a
fondamento anche della limitazione della responsabilità dell’esercente
dell’aeromobile.
Tuttavia la responsabilità dell’esercente non è limitata complessivamente
ma ci sono diverse e specifiche limitazioni per varie ipotesi di
responsabilità: per i danni a terzi sulla superficie, per i danni da urto, per i
danno conseguenti al trasporto.
Limitazione della responsabilità dell’armatore secondo il codice della
navigazione:
a. Secondo l’art. 275 del Codice della navigazione, la limitazione della
responsabilità dell’armatore si riferisce a tutte le obbligazioni contratte in
occasione e per i bisogni di un viaggio e a quelle sorte da fatti o atti compiuti
durante lo stesso viaggio, che vincolano l’armatore di una nave di stazza
lorda inferiore a 300 tonnellate, Sono escluse le obbligazioni derivanti da
dolo o colpa grave dello steso armatore. L’elemento patrimoniale al quale
si riferisce la limitazione, è costituito da una somma pari al valore della
nave, cui si aggiunge l’ammontare lordo del nolo e di ogni altro provento
del viaggio. Tale somma va a costituire un patrimonio autonomo, destinato
al soddisfacimento dei creditori.
Il valore della nave, che si assume per stabilire la somma limite, è
determinato con riferimento al momento in cui la limitazione è richiesta e
comunque non oltre la fine del viaggio. Ma se il valore della nave al
momento della richiesta è inferiore al quinto del valore della nave all’inizio
del viaggio, la somma limite è data da questo quinto. Se invece il valore
della nave al momento della richiesta è superiore ai due quinti, la somma
limite è data da questi due quinti. In altri termini il valore effettivo della
nave al momento della richiesta della limitazione o comunque non oltre la
fine del viaggio costituisce in concreto la somma limite soltanto se non è
inferiore al 20% né superiore al 40% del valore della nave all’inizio del
viaggio.
b. E’ discusso se il sistema seguito dal Codice della navigazione concreti
una limitazione del debito oppure una limitazione della responsabilità.
In generale la limitazione del debito ha per effetto unicamente la riduzione
del corrispondente credito entro i limiti complessivi di una determinata
somma
dovuta dal debitore; di questa somma il debitore risponde con tutto il suo
patrimonio (art. 2740). Invece con la limitazione della responsabilità
avviene la separazione, dal complesso del patrimonio del debitore, di alcuni
beni. Solo su questi i creditori possono soddisfarsi; tuttavia il diritto del
creditore rimasto incapiente non si estingue e può essere fatto valere nei
confronti di eventuali garanti, i quali hanno azione di regresso contro il
debitore.
Sulla base di questi principi è da accogliere l’opinione secondo la quale il
sistema attuato dal Codice della navigazione concreta una limitazione della
responsabilità e non del debito dell’armatore.
Limitazione per crediti marittimi: Agli armatore di navi di stazza lorda pari
o superiore a 300 tonnellate si applica il sistema di limitazione per crediti
marittimi stabilito nel Decreto legislativo del 28 Giugno 2012
n°111, ispirato come si è detto alla Convenzione di Londra del 1976. Sotto
il profilo soggettivo, il beneficio della limitazione spetta, oltre che
all’armatore, al proprietario della nave.
Sotto il profilo oggettivo, sono limitati tutti i crediti, derivanti dallo stesso
evento, relativi a:
a. Danni per morte o lesioni personali e per perdita o danneggiamento di
cose, verificatisi a bordo oppure in connessione diretta con l’esercizio della
nave o con operazioni di soccorso.
b. Danni da ritardo nel trasporto di persone, bagagli e cose.
c. Danni diversi da quelli menzionati in precedenza (economici o morali),
derivanti da fatti di natura extracontrattuale connessi direttamente
all’esercizio della nave o a operazioni di soccorso.
d. Di recupero o rimozione o demolizione o eliminazione della pericolosità
di una nave affondata, naufragata, incagliata o abbandonata, comprese le
cose che siano o siano state a bordo della stessa.
e. Rimozione o distruzione o eliminazione della pericolosità del carico di
una nave, svolte indipendentemente dalla analoghe operazioni relative alla
stessa nave.
f. Provvedimenti presi al fine di prevenire o ridurre le conseguenze dannose
degli eventi di cui alle lettere precedenti, nonché ulteriori danni causati da
tali provvedimenti.
Per semplificare si può dire che sono limitati tutti i crediti che hanno origine
da fatti di natura extracontrattuale connessi direttamente all’esercizio della
nave,
nonché quelli che derivano da rapporti contrattuali di trasporto oppure di
recupera della nave e delle cose che sono a bordo. La connessione diretta
all’esercizio porta ad escludere danni provocati durante l’attività
preparatorio all’esercizio stesso, come per esempio lavori di riparazione
della nave.
Secondo l’art. 5 sono esclusi dalla limitazione i crediti:
a. Relativi al compenso di soccorso, compresa la speciale indennità.
b. Relativi a contributi di avaria comune
c. Relativi a danni per inquinamento da idrocarburi regolati dalla
Convenzione di Bruxelles (CLC).
d. Relativi a danni nucleari.
e. Dei preposti dell’armatore e dei preposti del soccorritore, i cui compiti
siano connessi, rispettivamente, alla nave ed alle operazioni di soccorso.
Questo elenco di crediti compresi ed esclusi dalla verità riferiti dalla legge
(rispettivamente art. 4 e 5) soltanto all’assicurazione obbligatoria della
responsabilità armatoriale, ma devono intendersi riferiti anche al sistema
della limitazione.
La limitazione si riferisce complessivamente a tutti i crediti derivanti dallo
stesso evento. La sua entità è commisurata alle tonnellate di stazza lorda
della nave e varia a seconda della stazza, con un minimo di un milione di
diritti speciali di prelievo. In caso di crediti sorti in relazione a morte o
lesioni personali, l’entità del limite è raddoppiata e, qualora essa si riveli
insufficiente a saldare interamente tali crediti, questi concorrono con la
somma destinata a liquidare i crediti di altra natura.
Inoltre, quando la morte o le lesioni personali si riferiscono a passeggeri, il
limite per ogni singolo evento è pari a 175.000 diritti speciali di prelievo
moltiplicato per il numero di passeggeri che la nave è autorizzata a
trasportare (art. 7 e 8).
L’armatore ed il proprietario della nave hanno l’obbligo di stipulare
un’assicurazione che copra la loro responsabilità ed entro i previsti limiti
pecuniari.
18° Capitolo I danni a terzi sulla superficie
Fonti: Il particolare ambiente nel quale si esplica la navigazione aerea e la
pericolosità della stessa hanno determinato la necessità di un rigoroso
regime di responsabilità dell’esercente per i danni causati da un aeromobile
a persone e cose sulla superficie.
La materia è regolata dalla Convenzione di Roma del 7 ottobre 1952. La
Convenzione si applica ai danni causati nel territorio di uno Stato contraente
da un aeromobile immatricolato in un altro Stato (art.23 Conv.). L’art
965 estende la disciplina della Convenzione anche ai danni provocati sul
territorio italiano da aeromobili immatricolati in Italia, nonché ai danni
causati da aeromobili di Stato ed equiparati, che la Convenzione non
regolerebbe per forza propria.
La disciplina della responsabilità per danni a terzi sulla superficie non si
applica quando la responsabilità fra l’esercente ed il danneggiato è già
regolata da un contratto di lavoro od altro contratto (art.25 Conv.). La norma
serve a escludere l’eventualità di un concorso fra azione contrattuale ed
extracontrattuale.
Responsabilità: Ogni soggetto che subisca un danno sulla superficie ha
diritto al risarcimento, purché provi soltanto che il danno sia stato causato
da un aeromobile in volo o da una persona o cosa caduta dallo stesso (art.
1.1 Conv.). Il soggetto responsabile è quello che la Convenzione chiama
“operator” cioè il soggetto che ha il controllo della navigazione
dell’aeromobile nel momento in cui il danno si è verificato (art.2 Conv.). La
nozione di operator è diversa da quella di esercente, quale risulta dal sistema
del Codice della navigazione, perché mentre la seconda concerne
l’assunzione dell’attività organizzativa finalizzata all’attuazione
dell’esercizio della navigazione (profilo teleologico), la prima ha riguardo
alla materiale attività di attuazione dell’esercizio stesso (profilo effettuale).
Ciò si desume dall’art.3 della Convenzione, che denomina operator l’utente
temporaneo che abbia il controllo della navigazione per un periodo non
superiore a 14 giorni prescindendo dall’assunzione o meno della relativa
attività organizzativa, diversamente dall’art. 939, che in tale fattispecie
mantiene invece la qualità di esercente su chi abbia conferito il diritto di
utilizzazione dell’aeromobile. La differenza però non rileva sul piano degli
effetti, perché comunque i due soggetti rispondono solidamente verso i terzi.
Possiamo perciò chiamare l’operator esercente, tenendo presente quanto
sopra. La fattispecie dannosa consiste semplicemente nello svolgimento
dell’attività di esercizio dell’aeromobile, che sia in relazione causale col
danno. Pertanto nell’attribuzione
della responsabilità all’esercente si prescinde dalla considerazione dello
stato soggettivo (colpa o dolo) del soggetto cui la responsabilità è imputata.
Si tratta dunque di una responsabilità di tipo oggettivo, fondata sul rischio
dell’esercizio di un’attività genericamente lecita. Essa si giustifica con la
necessità di fornire un’adeguata tutela ai terzi sulla superficie, che non sono
in condizione di prevedere l’evento e di poter apprestare misure protettive
contro i danni che l’aeromobile può arrecare alle loro persone o ai loro beni.
L’ambito temporale della responsabilità dell’esercente va dall’inizio delle
manovre per il decollo fino al termine dell’atterraggio. Esso dunque
comprende anche momenti in cui l’aeromobile non è in volo, ma rispetto ai
quali ricorre quella pericolosità che è il presupposto dello speciale regime.
Le manovre per il decollo devono ritenersi iniziate quando sia attivato quel
particolare meccanismo propulsivo strettamente finalizzato al decollo e
terminate quando ha fine la corsa frenata che segue l’atterraggio (art. 1.2.
Conv.)
La responsabilità dell’esercente non è canalizzata, sia perché il danneggiato
può agire secondo il diritto generale contro un terzo (xes. l’organo preposto
all’assistenza al volo), che abbia prodotto o contribuito a produrre il danno,
sia perché è fatto salvo il diritto dell’esercente di rivalersi nei confronti di
un tale terzo. (art. 10 Conv.).
Fatti impeditivi della responsabilità: Compatibilmente con la natura
oggettiva della responsabilità dell’esercente, sono previste eccezioni che
riducono l’area del danno risarcibile. L’art.1 della Convenzione
espressamente esclude la risarcibilità del danno che risulti dal semplice fatto
del passaggio dell’aeromobile attraverso lo spazio aereo in conformità della
vigente regolazione del traffico aereo. La norma è diretta a risolvere
prevalentemente il problema dei danni da rumore, che risultano dunque
risarcibili soltanto nel caso di volo in qualche modo non regolare.
Anche l’art. 823 dispone che il sorvolo di fondi di proprietà privata deve
avvenire in modo da non ledere l’interesse del proprietario e tale interesse
va conciliato col ricorso al criterio della normale tollerabilità contemperante
le esigenze della produzione con le ragione della proprietà (art. 844).
Altri due fatti impeditivi sono quelli previsti nell’art. 5 della Convenzione,
che esclude la responsabilità dell’esercente:
a. Quando il danno sia conseguenza diretta di un conflitto armato o di moti
civili.
b. Quando l’esercente sia stato privato dell’utilizzazione dell’aeromobile da
un atto di pubblica autorità, mantenendo peraltro il controllo della
navigazione dell’aeromobile.
Infine, la responsabilità è esclusa quando l’esercente provi che i danni sono
stati causati da colpa del danneggiato (art. 6 Conv.). Quando invece la colpa
del
danneggiato ha soltanto concorso a causare il danno, l’ammontare del
risarcimento è diminuito nella misura in cui tale colpa abbia contribuito alla
produzione del danno.
Limitazione del debito dell’esercente: L’esercente, che sia ritenuto
responsabile per danni a terzi sulla superficie, beneficia di un sistema
speciale di limitazione del debito.
La finalità di questo limite risarcitorio non è quella di offrire un beneficio
all’esercente ma è solo quella di quantificare preventivamente il rischio,
consentendo a chi esercita l’attività di prevedere la sua esposizione massima
inserendone il costo economico fra i costi aziendali. Esiste, peraltro,
un’esigenza di tutela del danneggiato, sicché l’entità del limite non
dovrebbe essere esigua, ma dovrebbe essere tale da corrispondere all’entità
massima dei danni prevedibili, nella misura che il mercato assicurativo sia
in grado di assorbire.
La Convenzione fissa per ciascun accidente, una serie di limiti risarcitori,
espressi in franchi oro Poincarè, che variano in funzione del peso
dell’aeromobile, da 500.000 ad oltre 10.500,000 franchi (art.11 Conv.),
fermo restando un limite 500.00 franchi per persona uccisa o ferita. A titolo
indicativo, il 1° Agosto 2012 un franco Poincarè equivaleva a 2,48 euro.
Nei casi in cui la Convenzione di Roma non si applichi per forza propria
l’art. 971 corregge l’entità pecuniaria di tali limiti stabilendola in
conformità della copertura assicurativa minima obbligatoria fissata nell’art.
7 del reg. (CE).
La limitazione del risarcimento non ha luogo:
a. Quando il danneggiato provi il dolo dell’esercente o dei suoi dipendenti
o preposti, purché in caso di dolo di questi ultimi, essi abbiano agito
nell’esercizio del loro impiego e nei limiti delle loro attribuzioni.
b. Quando il soggetto responsabilità si sia appropriato di un aeromobile in
maniera illecita e lo utilizzi senza il consenso della persona che ha il diritto
di utilizzarlo.
Danni causati da oggetti spaziali: La responsabilità per i danni causati da
oggetti spaziali lanciati da uno Stato straniero, che sia parte
della Convenzione firmata a Londra, Mosca e Washington il 29 Marzo
1972, è regolata dalla legge del 5 Gennaio 1983 n° 23. In caso di danni
prodotti sulla superficie terrestre, la Convenzione attribuisce allo Stato che
ha provveduto al lancio dell’oggetto spaziale una responsabilità assoluta,
superabile soltanto con la prova della colpa grave o del dolo del
danneggiato. La richiesta di risarcimento spetta allo Stato di cui il
danneggiato sia cittadino e può essere presentata senza necessità del previo
esaurimento dei ricorsi interni.
La legge n°23/1983 concerne la legittimazione e l’attuazione della pretesa
al risarcimento del soggetto danneggiato: il presupposto è il riconoscimento
della responsabilità primaria dello Stato italiano nei confronti dei suoi
cittadini.
Tale responsabilità sussiste quando lo Stato Italiano abbia chiesto e ottenuto
il risarcimento del danno dallo Stato di lancio, oppure abbia chiesto il
risarcimento ma la domanda sia rimasta per qualsiasi ragione insoddisfatta
(art.3), oppure non abbia chiesto il risarcimento. In tale ultima ipotesi
l’obbligazione risarcitoria viene meno, se il cittadino italiano abbia subito il
danno sul territorio di un Paese straniero o sia residente o abbia sede in un
Paese straniero e i relativi Stati abbiano chiesto e ottenuto il risarcimento
dallo Stato di lancio per chiedere il risarcimento (art.6).
Quanto agli stranieri, in relazione al principio secondo il quale lo Stato di
appartenenza è legittimato in via primaria alla pretesa risarcitoria, la
responsabilità dello Stato italiano sussiste limitatamente alle ipotesi in cui
questo abbia chiesto od ottenuto il risarcimento dallo Stato di lancio.
Tale responsabilità, canalizzata nei confronti dei soggetti ora indicati, ha
natura oggettiva e assoluta, perché non ammette prova liberatoria.
La pretesa al risarcimento nei confronti dello Stato italiano deve essere fatta
valere nel termine di cinque anni dalla data in cui i danni si sono verificati
o da quella in cui gli effetti di tali danni si sono integralmente realizzati
(art.4).
19° Capitolo Oggetto e fonti della disciplina: La disciplina del Codice della
navigazione conserva un gruppo di disposizioni (art. 482-488) che
riguardano la materia dell’urto di navi, la cui applicazione è poi estesa con
altre disposizioni complementari, all’urto fra aeromobili e all’urto misto (fra
nave ed aeromobile).
Tali disposizioni regolano esclusivamente i rapporti extracontrattuali e non
si applicano quindi ai rapporti di responsabilità che, in seguito all’urto,
intercorrono fra soggetti vincolati da contratto di lavoro, di trasporto o da
altro contratto.
Si tratta di nome che pur essendo dettate in aderenza alle disposizione della
Convenzione internazionale regolante la materia (Convenzione di Bruxelles
del 1910), per la maggior parte ripetono principi di diritto generale e solo
marginalmente si allontanano da tali principi o li completano per esigenze
particolari del diritto della navigazione.
La disciplina del Codice della navigazione non si applica alle unità da
diporto, che sono sottoposte alla normativa dell’art. 2054.
Individuazione delle fattispecie: La disciplina speciale è circoscritta al solo
urto fra mobili della navigazione (navi e galleggianti e aeromobili). Non si
applica perciò al caso di urto fra un mobile della navigazione con altro
oggetto che tale non sia. Inoltre mentre per l’urto fra navi la disciplina
speciale si applica qualunque sia la posizione delle due (o più) navi, se sono
in movimento o ferme, invece per l’urto fra aeromobili e per l’urto misto la
disciplina speciale si applica soltanto se tutti i mobili fra cui è avvenuto
l’urto siano in movimento.
L’art. 966 comma 2 precisa che a tale effetto l’aeromobile si considera in
movimento (o come dice impropriamente la legge “in volo”) dall’inizio
delle manovre per l’involo al termine di quello di approdo.
Nel caso di urto di una nave contro un oggetto che non sia un mobile della
navigazione, nonché di urto di una nave contro un aeromobile non in
movimento, si fa luogo all’applicazione delle norme del diritto generale. Nel
caso di urto di un aeromobile contro un oggetto che non sia un mobile della
navigazione, nonché di urto di un aeromobile contro una nave o contro un
aeromobile non in movimento, si fa invece luogo all’applicazione delle
disposizioni speciali che regolano la responsabilità per danni a terzi sulla
superficie.
La disciplina del Codice della navigazione si applica anche quando non vi
sia collisione materiale, come avviene quando i danni siano prodotto da un
veicolo all’altro per spostamento di acqua o di aria o altra causa analoga (art.
488 e 967 della Convenzione di Bruxelles).Tale ipotesi deve ritenersi
compresa insieme a quella di collisione materiale; perciò il concetto di urto
e quello di collisioni non sono uguali ma si pongono in rapporto di genere a
specie.
Disciplina della responsabilità: Il regime giuridico della normativa speciale
distingue 3 casi fondamentali: urto fortuito, urto per colpa unilaterale, urto
per colpa comune.
Quando la legge attribuisce la colpa e al responsabilità alla nave e
all’aeromobile, s’intende ritenere responsabili l’armatore o l’esercente,
nonché l’autore del fatto colposo. Se l’urto è avvenuto per caso fortuito o
forza maggiore, i danni restano a carico di coloro che li hanno sofferti (art.
482 della Convenzione di Bruxelles).
Se l’urto è avvenuto per colpa di uno dei veicoli il risarcimento è a carico
del veicolo in colpa (art. 483 c.nav.). Se la colpa è comune a più veicoli
ciascuno di essi risponde in proporzione della gravità della propria colpa e
dell’entità delle relative conseguenze. In questo il Codice della navigazione
si discosta dalla Convenzione di Bruxelles, la quale si riferisce soltanto alla
gravità delle colpe e non anche all’entità delle conseguenze.
Queste norme sono completate da due ordini di presunzioni, anch’essi
aderenti a 2 principi: 1-presunzione di non imputabilità della causa e 2-
presunzione di eguaglianza della colpa. Nel primo caso l’art. 482 c.nav. e
l’art. 2 della Convenzione parificano l’urto per causa all’urto fortuito e
stabiliscono che i danni restano a carico di coloro che li hanno sofferti anche
quando non è possibile accertare la causa dell’urto.
Nel secondo caso l’art. 484 c.nav. e l’art. 4 della Convenzione stabiliscono
che in caso di colpa comune a più veicoli, qualora non si possa stabilire la
proporzione fra gravitò di colpa e entità di conseguenze, i danni derivanti
dall’urto sono a carico dei veicoli in colpa in parti uguali.
Nel caso di urto causato da colpa comune, la responsabilità verso i terzi dei
veicoli in colpa è solidano soltanto per i danni derivanti da morte o lesione.
Limitazione del debito nell’urto fra aeromobili: Nell’urto fra aeromobili e
nell’urto misto è previsto uno speciale sistema di limitazione del debito
dell’esercente che sia ritenuto responsabile. Ciò non è previsto nell’urto di
navi poiché l’armatore si giova del sistema generale di responsabilità
dell’armatore.
Essendo questo regime posto in riferimento all’urto così come questo è
definito dall’art.966 c.nav., e cioè fra aeromobili in volo e fra aeromobili in
movimento, un inconveniente può riscontrarsi quando l’urto abbia luogo in
tutto od in parte per colpa3 di un aeromobile che non sia in volo. In tal caso
l’esercente di quest’ultimo non può valersi del beneficio della limitazione.
Danni a terzi sulla superficie in seguito a urto fra aeromobili: Nei
confronti dei terzi danneggiati sulla superficie gli aeromobili rispondono in
solido, secondo il particolare regime di responsabilità per danni a terzi sulla
superficie, art. 7 delle Convenzione di Roma del 1952.(Questo problema
non sussiste per le navi).
Il risarcimento è dovuto: in caso di colpa comune di più aeromobili da
ciascuno in proporzione della gravità delle colpe rispettivamente commesse
e dell’entità delle conseguenze relative; se invece il danno è prodotto da
forza maggiore o se, date le circostanze, non è possibile accertare l’esistenza
di colpa o la gravità delle colpe rispettive e l’entità delle rispettive
conseguenze, il risarcimento è dovuto in parti uguali dagli aeromobili entrati
in urto.
I limiti risarcitori previsti si applicano anche alle azioni di regresso nei
rapporto interni fra esercenti (art.969 c.nav.).
Dispensa:

Si è sviluppata nella 2° metà del secolo scorso per contrastare la


concorrenzialità del mezzo aereo
La crociera ——- Non ha risentito del periodo di crisi In Italia potremmo
svilupparla molto di più e rivestire un ruolo di impulso e stimolo per
l’intera economia nazionale.
● Regolamento n° 1177/2010: -Definisce la crociera come “un servizio di
trasporto per mare o per vie navigabili interne effettuato esclusivamente a
fini di svago o ricreazione, completato da alloggio e altri servizi, di durata
superiore a 2giorni con pernottamento a bordo.”
*(I servizi accessori sono parte significativa del pacchetto, e tale
significhitività viene raggiunta quando vengono soddisfatte le esigenze
ricreative del turista.)*
*(Il turista può recedere dal contratto crocieristico entro i 45 giorni
lavorativi dalla partenza, laddove non accetti le modificazioni di uno o più
elementi fatto dall’operatore turistico
°Accettazione di un servizio superiore (senza pagare supplemento).
°Restituzione della differenza di prezzo o in alternativa il rimborso entro 7
giorni lavorativi dal momento del recesso della somma di denaro già
corrisposta (soluzione applicabile anche nel caso di cancellazione del
pacchetto prima della partenza non riconducibile a colpa del turista).
• Impone ai vettori di provvedere a un’assistenza materiale del crocierista
laddove ci sia una cancellazione o subisca un ritardo pari o superiore a 90
minuti rispetto all’orario previsto, provvedendo a fornire gratuitamente
spuntini, pasti, bevande e se la cancellazione avviene per cause non di
forza maggiore o a causa del passeggero, allora bisogna provvedere al vitto
e alloggio in più oltre ovviamente al trasporto tra terminale e il luogo di
destinazione, con particolare attenzione alle esigenze delle persona con
disabilità o mobilità ridotta.
• Inoltre questo regolamento obbliga i vettori, gli agenti di viaggio, in
generale gli operatori turistici, a non rifiutare una prenotazione.
L’emissione di un biglietto o l’imbarco di una persona solo in
considerazione della sua disabilità o ridotta mobilità, ammenochè sia
necessaria per ragioni di sicurezza.
Convenzione di New York: più organico sistema di protezione delle
persone disabili
*(Disabilità:
°Convenzione di New york: più organico sistema di protezione delle
persone disabili.
°Negato imbarco(▪Viaggio di ritorno al punto di partenza, ▪Trasporto
alternativo verso la destinazione finale).
°Perdita o danneggiamento attrezzature per la mobilità–Dotazione
attrezzatura sostitutiva da parte dell’operatore del terminale (in questo caso
il risarcimento sarà limitato al valore di sostituzione dell’attrezzatura).
-Impone al vettore o all’operatore del terminale in caso di cancellazione o
ritardo alla partenza di una crociera di informare quanto prima e non oltre i
30 minuti dopo l’orario di partenza previsti per i passeggeri.
Se c’è l’intermediario c’è il contatto di intermediazione
Contratto di mandato tra T.O. e Mandato tra viaggiatore Mandato tra T.O.
e viagg.
intermediario e intermediario
L’Art. 18 comma 2: Definisce le A.D.V. come “imprese esercenti
l’organizzazione di attività di trasporto terrestre marittimo, aereo, fluviale,
crocieristico e comprendendo prestazioni e servizi aggiuntivi rispetto a
quelli strettamente necessari al trasporto.
*(Contratti turismo organizzatoContratti per adesione)
*(L’organizzatore o l’intermediario potranno esonersi da responsabilità
dimostrando che la mancata o inesatta esecuzione del contratto di
organizzazione/intermediazione è imputabile al turista, ovvero dipesa da
un terzo o per forza maggiore).
*(Il contratto s’intenderà concluso nel momento in cui non tanto chi ha
ricevuto la proposta (il turista) quanto chi l’ha formulata (organizzatore),
manifesterà la propria disponibilità ad accettare la richiesta del turista).
*L’art. 35 stabilisce che il contratto di crociera è redatto per iscritto in
termini chiari e precisi e che una copia deve essere rilasciata al turista.
*All’atto della prenotazione il turista deve versare una caparra del 25% del
prezzo a titolo d’acconto, stabilendosi che il saldo residuo corrispettivo
debba essere effettuato prima della partenza. Il mancato pagamento
costituisce clausola risolutiva che determina per l’organizzatore o l’A.D.V.
la risoluzione di diritto.
*Se il turista rinuncia prima della conferma dell’organizzatore si ha una
revoca contrattuale con natura di pagamento “sine causa”, se rinuncia dopo
la conferma si trattiene il corrispettivo, il quale viene quindi considerato
come una penale (per inadempimento). Se invece ci sono stati
inadempimenti sopravvenuti al turista, l’inadempimento è
dell’organizzatore il quale gli deve restituire l’intero importo.
Compravendita del turista: Contiene la descrizione del pacchetto o del
servizio. Il turista con la sua firma dichiara di aver ricevuto per iscritto
tutte le informazioni di cui l’art. 37 del codice del turismo e di impegnarsi
a verificare l’attualità prima della partenza.
Art. 34 ●Il pacchetto turistico ha per oggetto viaggi, vacanze e circuiti
tutto compreso, anche le crociere turistiche, purchè risulti dalla
combinazione da chiunque e in qualunque modo di due elementi tra:
trasporto,alloggio e servizi accessori al trasporto o all’alloggio.
●Risolto problema qualificazione giuridica del contratto di crociera:
-Verrà sussulto nel contratto di organizzatore di viaggio tutte le volte in
cui l’organizzatore si obbilighi a relizzare egli stesso la combinazione
degli elementi
costitutivi del pacchetto offra al turista la possibilità di realizzarla da solo
o anche tramite una comunicazione a distanza.
-Negozio mediante il quale il turista accede alla vacanza.
Obblighi anteriori alla conclusione del contratto Mirano a garantire una
consapevole adesione del turista al regolamento nazionale
A carico dell’intermediario e T.O. Informazioni di carattere generale
riguardanti le condizioni applicabili
ai cittadini dello Stato membro
dell’Unione Europea
Obblighi successivi alla conclusione del contratto:
°Divieto di fornire informazioni ingannevoli sulla modalità del servizio
offerto. °Sottoscrizione contratto di assicurazione a copertura delle spese
sostenute per l’annullamento del contratto, per rimpatrio, incidente o
malattia.
°Orari,località di sosta intermedia e coincidenze, recapiti di eventuali
“rappresentanti locali” da contattare in caso di difficoltà.
Opuscoli informativi e materiali illustrativi su supporto elettronico o per
via telematica:Riproducono in modo chiaro e deciso il contenuto del
contratto, le indicazioni e condizioni per i cittadini dell’Unione Europea
nonché le modalità di recesso nel caso in cui il contratto sia stato negoziato
fuori dai locali commerciali o a distanza.
Danno da vacanza rovinata: Al consumatore compete il diritto al
risarcimento del danno morale derivante dall’inadempimento o dalla
cattiva esecuzione delle prestazioni fornite in occasione di un viaggio tutto
compreso inutilmente trascorso ed all’irrepitibilità dell’occasione perduta.
(La somma del danno viene quantificata da parte di giudici di merito)

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