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#Art.

2380 – Se lo statuto non dispone diversamente, l'amministrazione e il controllo della società sono regolati dai
successivi paragrafi 2, 3 e 4.
Lo statuto può adottare per l'amministrazione e per il controllo della società il sistema di cui al paragrafo 5 [2409
octies], oppure quello di cui al paragrafo 6 [2409 sexiesdecies]; salvo che la deliberazione disponga altrimenti, la
variazione di sistema ha effetto alla data dell'assemblea convocata per l'approvazione del bilancio relativo all'esercizio
successivo.
Salvo che sia diversamente stabilito, le disposizioni che fanno riferimento agli amministratori si applicano a seconda
dei casi al consiglio di amministrazione o al consiglio di gestione.
Con la riforma del 2003 è mutata significativamente la modalità organizzativa del sistema di controllo e del sistema
organizzativo. In quanto oltre al sistema tradizionale il legislatore ha introdotto due diversi sistemi di organizzazione e
controllo: il sistema dualistico (Germanico) e monistico (Anglosassone).
L’effettiva applicazione di questi due nuovi modelli che hanno avuto una certa espansione poi è venuto meno e si è
ritornati al sistema tradizionale.
Indipendente dal fatto che ci si trovi dinnanzi ad uno di questi tre sistemi, l’organo assembleare resta invariato nella
struttura e muta solo per quanto riguarda le competenze ma per tutti gli altri aspetti resta invariato.
L’articolo ci dice che introducendo quello che è il sistema di organizzazione (articoli che vanno dall’art. 2380bis all’art.
2409septes) e controllo esso rappresenta l’introduzione all’argomento.
Il sistema base di amministrazione e controllo è quello tradizionale se nulla prevede lo statuto altrimenti si dovrà
specificare in esso l’adozione del sistema dualistico o monistico. Lo statuto generalmente come documento organico
contiene tutte le norme che disciplinano la società, esso vuole essere un testo unico di funzionamento della società
spesso in esso sarà presente solamente la disciplina codicistica adottata al fine di immettere in esso il funzionamento
della società.
Si prevede la possibilità che la società possa variare il sistema di organizzazione e controllo ma seppur la delibera di
modifica possa intervenire in qualsiasi momento, la sua efficacia non è semplicemente data come per altre circostanze
rinviata all’iscrizione nel registro delle imprese ma per una forma ordinata è rinviata all’approvazione dell’esercizio
successivo. La ratio di tale norma è rappresentata dal fatto che il sistema dualistico alterata le competenze
dell’assemblea e pertanto non potranno essere modificate in qualsiasi momento.
Il sistema tradizionale rappresenta la disciplina base degli amministratori e quindi per quanto riguarda il sistema
dualistico o monistico verranno individuate le norme che operano differentemente rispetto al sistema tradizionale.
L’amministrazione nel sistema tradizionale: Gli elementi base che devono essere inquadrati.
L’organo amministrativo non è detto che sia sempre collegiale. Infatti, sono due le tipologie di struttura dell’organo
amministrativo:
1. Organo amministrativo monocratico ovvero con amministratore unico
2. Organo amministrativo collegiale ovvero con consiglio di amministrazione
Sia esso organo collegiale o sia esso organo monocratico ad essi spetta la gestione della società. La gestione della
società spetta generalmente agli amministratori. Lo statuto tuttavia può riservare alcune specifiche competenze
all’assemblea che però è proprio lo statuto che va a sottrarle al principio generale della gestione (Es. operazioni di
natura straordinaria: acquisto/vendita aziende, acquisto di mobili ecc.). Circostanze particolari per le quali l’assemblea
vuole riservarsi le decisioni. Salvo tale eccezione quest’elemento non potrà essere un elemento di natura discrezionale
fissato di volta in volta dall’assemblea ma dovrà essere espressamente previsto dallo statuto, agli amministratori
compete la gestione della società.
Quando si è parlato di amministratori delle società, si è detto che in esse sono amministratori i soci, tutti gli
amministratori devono essere necessariamente soci ma si era altresì visto che non è automatico che tutti i soci siano
amministratori, ma la qualifica di amministratore procedendo a ritrosi conduceva necessariamente alla figura di socio.
Nel caso della SPA questo assioma non esiste. Gli amministratori possono essere soci ma non devono essere soci
ovvero nulla esclude che l’amministratore sia anche soci ma ciò non è automatico, ovvero non è una previsione
normativa.
Nel momento in cui si dovesse optare per la formazione di un organo collegiale lo statuto potrà indicarne:
1. il numero fisso (Es. il consiglio di amm.ne è composto da 3 o 5 o 7 persone) oppure
2. qualora lo statuto potrà prevedere una composizione variabile (Es. da 3 a 9 componenti) allora sarà
l’assemblea di volta in volta a stabilirne i componenti.
L’assemblea in relazione all’art. 2364 dovrà nominare il consiglio di amministrazione e quindi al momento della
nomina dovrà stabilirne i componenti e conseguentemente chi nominare. Una volta che si è proceduto alla nomina
potrà individuare e stabilire chi ricoprirà il ruolo di presidente. Qualora non vi provveda l’assemblea, vi potrà
provvedere in via successiva il consiglio di amministrazione al suo interno.
#Art. 2380bis – “La gestione dell'impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all'articolo   2086, secondo
comma, e spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l'attuazione
dell'oggetto sociale.
L'amministrazione della società può essere affidata anche a non soci
[2318,  2382,  2385,  2397,  2417,  2455,  2475,  2542].
Quando l'amministrazione è affidata a più persone, queste costituiscono il consiglio di amministrazione
[2388,  2405,  2421, n. 4].
Se lo statuto non stabilisce il numero degli amministratori [2328, n. 9], ma ne indica solamente un numero massimo e
minimo, la determinazione spetta all'assemblea.
Il consiglio di amministrazione sceglie tra i suoi componenti il presidente, se questi non è nominato dall'assemblea
[2364,  2364 bis].”
Chi può essere nominato amministratore? Al di là del fatto che amministratore non deve essere necessariamente un
socio, vi sono ulteriori cause di ineleggibilità e di decadenza indicate dall’art. 2382.
#Art. 2382 – “Non può essere nominato amministratore, e se nominato decade dal suo ufficio, l'interdetto [414],
l'inabilitato [415], il fallito, o chi è stato condannato ad una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai
pubblici uffici [28,  29  c.p.] o l'incapacità ad esercitare uffici direttivi [2380 bis;   32  c.p.]
Esiste solamente un limite normativo, ovvero bisogna possedere la capacità di agire e quindi la situazione è la
medesima vista per l’imprenditore individuale. Tale principio generale, tuttavia, riguarda le società per azioni che non
fanno ricorso al mercato del capitale di rischio.
Per le società che invece fanno ricorso al mercato del capitale di rischio ci troviamo dinnanzi ad ulteriori requisiti che
vengono richiesti per poter essere amministratori, ovvero:
1. Requisito dell’indipendenza: Esempio – Immaginando una società per azioni la cui maggioranza del capitale
sociale è posseduta da un unico azionista, è probabile che l’intero (o la maggioranza) consiglio di
amministrazione sia nominato dall’azionista di riferimento. Pertanto, potrebbe accadere che il
condizionamento del socio di maggioranza potrebbe essere rilevante nei confronti degli amministratori
potendoli indurre al compiere azioni nel solo ed unico interesse di quest’ultimo. Dinnanzi ad una società
quotata il tema pertanto diviene rilevante in virtù delle dimensioni della società medesima che degli interessi
che ruotano attorno ad essa. Quindi, il TUF prevede che a seconda dei componenti del consiglio di
amministrazione, che una certa quota debba avere caratteristiche di indipendenza ovvero non dovrà avere
legami di natura professionale, commerciale, economica con il dominus della società (azionista di
riferimento) affinché si possa garantire che il loro intervento nel consiglio di amministrazione avvenga
effettivamente sulla base di quelle che potranno essere le loro intime convinzioni e che non vengano
influenzate da parte dell’azionista di maggioranza.
2. Requisito di onorabilità: per alcuni tipi di società (Es. società bancarie e assicurative) vi debbono essere oltre
ai normali requisiti di onorabilità, vi dovranno essere l’assenza di condanne per determinati tipi di reati. (Es.
condanne per falso in bilancio). Pertanto, l’amministratore non dovrà avere condanne pendenti attinenti
all’attività che dovrà esso svolgere. Le eventuali condanne non attinenti alla professione non saranno oggetto
di ostacolo alla nomina.
Se verrà nominato un soggetto che non poteva ricoprire tale ruolo, la sua nomina sarà invalida.
#Art. 2383 – “La nomina degli amministratori spetta all'assemblea, fatta eccezione per i primi amministratori, che sono
nominati nell'atto costitutivo [2335, n. 4], e salvo il disposto degli articoli   2351,  2449  e  2450  [2364, n. 2,  2409].
Gli amministratori non possono essere nominati per un periodo superiore a tre esercizi [2385], e scadono alla data
dell'assemblea convocata per l'approvazione del bilancio relativo all'ultimo esercizio della loro carica.
Gli amministratori sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello statuto, e sono revocabili dall'assemblea in
qualunque tempo, anche se nominati nell'atto costitutivo, salvo il diritto dell'amministratore al risarcimento dei danni,
se la revoca avviene senza giusta causa [2386,  2456].
Entro trenta giorni dalla notizia della loro nomina gli amministratori [2457] devono chiederne [2194] l'iscrizione nel
registro delle imprese [2188] indicando per ciascuno di essi il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita, il
domicilio e la cittadinanza, nonché a quali tra essi è attribuita la rappresentanza della società, precisando se
disgiuntamente o congiuntamente.
I primi amministratori vengono nominati (art. 2383) in sede di atto costitutivo e successivamente vengono nominati
dall’assemblea ordinaria.
Il periodo di nomina, disciplina l’articolo, prevede che esso non possa essere superiore a tre esercizi. La locuzione
utilizzata dal legislatore è “fino a 3 esercizi”, tale indicazione è diversa rispetto al collegio sindacale ove è prevista
l’obbligatorietà della nomina per 3 esercizi e non fino a 3 esercizi come per gli amministratori.
Una volta nominati per 3 anni potranno essere rinnovati successivamente e, salvo diverse disposizioni dello statuto,
sine die (senza un giorno fissato).
L’amministratore così nominato può cessare dall’incarico? Si.
1. In caso di morte (elemento naturale)
2. In caso di decadenza ovvero che intervengano elementi in base ai quali egli diviene ineleggibile (condannato,
interdetto, allontanamento dai pubblici uffici ecc.),
3. Può rinunciare con dimissioni senza giustificarne la motivazione e quindi qualsiasi sia la motivazione ed infine
può essere revocato.
Il terzo comma ci parla della revoca. Generalmente la revoca dovrebbe essere figlia di una qualche azione di
responsabilità o contestazione grave e rilevante mossa nei confronti di quest’ultimo. Anche se può essere revocato
l’amministratore semplicemente perché è il volere degli azionisti, in tale caso non vi è un divieto assoluto la
conseguenza è però un risarcimento del danno nei confronti dell’amministratore revocato. L’amministratore revocato
potrà richiedere il risarcimento del danno ma non potrà richiedere la restituzione del ruolo.
Qual è il risarcimento del danno? Il compenso che si sarebbe percepito fino alla cessazione della carica. Tuttavia, se vi
è proprio un’esigenza di cambio di timoniere vengono generalmente regolate con transazione delle parti.
Nomina e cessazione dell’amministratore sono elementi fondamentali da iscrivere nel registro delle imprese. In fase
costitutiva ovviamente sarà il notaio a provvedere all’obbligo di registrazione delle imprese ma ad ogni
avvicendamento degli amministratori dovrà essere data opportuna comunicazione in camera di commercio nel
registro delle imprese sia per l’amministratore o gli amministratori uscenti che per l’amministratore o gli
amministratori subentranti.
All’atto della nomina dovrà essere indicato chi sono gli amministratori e a quali è affidato il potere di rappresentanza Il
potere di rappresentanza è la capacità del soggetto di impegnare la società nei confronti dei terzi.
Chi avrà il potere di rappresentanza?
1. Se l’organo è monocratico e quindi con amm.re unico sarà quest’ultimo ad avere la rappresentanza
2. Se l’organo è collegiale non tutti gli amministratori avranno potere di rappresentanza. All’interno dell’organo
collegiale vi sarà il presidente. Generalmente all’interno dell’organo collegiale verranno individuati in essi gli
uno o più amministratore ai quali delegare i poteri (c.d. amministratori “delegati”). Essi avranno, quindi,
potere di rappresentanza insieme al presidente. Per eventuali e ulteriori poteri di rappresentanza da
assegnare ad altri amministratori essi dovranno essere esplicitati all’interno dello statuto.
Nell’organo collegiale, cosa accade se viene a mancare un amministratore?
#Art. 2385 – “L'amministratore che rinunzia all'ufficio deve darne comunicazione scritta al consiglio d'amministrazione
[2380 bis] e al presidente del collegio sindacale [2398]. La rinunzia ha effetto immediato, se rimane in carica la
maggioranza del consiglio di amministrazione, o, in caso contrario, dal momento in cui la maggioranza del consiglio si
è ricostituita in seguito all'accettazione dei nuovi amministratori.
La cessazione degli amministratori per scadenza del termine [2383] ha effetto dal momento in cui il consiglio di
amministrazione è stato ricostituito.
La cessazione degli amministratori dall'ufficio per qualsiasi causa deve essere iscritta entro trenta giorni nel registro
delle imprese a cura del collegio sindacale [2188,   2194,  2626].
Esempio organo collegiale costituito da 5 amministratori. Cosa accade se uno viene a mancare restandone quindi 4?
Se resta in carica la maggioranza del consiglio di amministrazione di fatto la rinuncia ha effetto immediato.
La pluralità dell’organo collegiale è preservata dalla presenza della maggioranza dell’organo amministrativo che
ancorché fosse ridotto a 4 si ritiene tuttavia che l’organo amm.vo possa continuare ad operare senza difficoltà.
Se invece vengono a mancare la maggioranza, questi resteranno in carica fintanto che il consiglio di amministrazione
non venga ricostituito.
Per effetto di tale cessazione come potranno gli amministratori essere sostituiti?
Anche l’intero consiglio di amministrazioni può dare le sue dimissioni, dovranno convocare tempestivamente
l’assemblea al fine di procedere alla loro sostituzione.
L’art. 2386 ci propone una procedura di sostituzione più snella:
#Art. 2386 – “Se nel corso dell'esercizio vengono a mancare uno o più amministratori, gli altri provvedono a sostituirli
con deliberazione approvata dal collegio sindacale, purché la maggioranza sia sempre costituita da amministratori
nominati dall'assemblea. Gli amministratori così nominati restano in carica fino alla prossima assemblea
[2383,  2393,  2393 bis,  2457].
Se viene meno la maggioranza degli amministratori nominati dall'assemblea, quelli rimasti in carica devono convocare
l'assemblea perché provveda alla sostituzione dei mancanti [2454].
Salvo diversa disposizione dello statuto o dell'assemblea, gli amministratori nominati ai sensi del comma precedente
scadono insieme con quelli in carica all'atto della loro nomina [2401].
Se particolari disposizioni dello statuto prevedono che a seguito della cessazione di taluni amministratori cessi l'intero
consiglio, l'assemblea per la nomina del nuovo consiglio è convocata d'urgenza dagli amministratori rimasti in carica;
lo statuto può tuttavia prevedere l'applicazione in tal caso di quanto disposto nel successivo comma.
Se vengono a cessare l'amministratore unico o tutti gli amministratori, l'assemblea per la nomina dell'amministratore
o dell'intero consiglio deve essere convocata d'urgenza dal collegio sindacale [2366,   2406], il quale può compiere nel
frattempo gli atti di ordinaria amministrazione.”
Fenomeno della cooptazione: ovvero la sostituzione degli amministratori. Sostanzialmente il meccanismo della
cooptazione è un meccanismo che consente l’agile ricostituzione del nr. di amministratori previsti dall’assemblea con
una procedura tuttavia semplificata ovvero attuata direttamente dal consiglio di amministrazione per un periodo
temporaneo ovvero dalla data in cui sono intervenute le dimissioni dell’amministratore fino alla successiva assemblea
al fine di evitare specificamente un’assemblea per la nomina di 1 amministratore su ad es. 12 amministratori
Ricordando che l’art. 2385 di dice che la cessazione dell’incarico ha effetto immediato qualora permanga in carica la
maggioranza del consiglio di amministrazione. Il legislatore ha pensato da un lato alla complicazione della
convocazione dell’assemblea e al tempo stesso, qualora complicata, gli amministratori potrebbero così essere indotti
ad attendere la successiva assemblea. Accadrebbe però che fino al momento delle dimissioni fino alla successiva
assemblea, la società potrebbe essere amministrata da un numero inferiore di amministratori rispetto a quelli previsti
dallo statuto dai soci.
Pertanto, in virtù di ciò, il legislatore consente agli amministratori stessi di provvedere, poiché la volontà assembleare
ha un sostanziale riscontro nel fatto che è restata in carica la maggioranza degli amministratori nominati
dall’assemblea. Se dovrò nominarne 2 amministratori su 7 sarà improbabile che si sovvertiranno le volontà
assembleari. E ciò è solo una possibilità. Il fatto che gli amministratori scelgano poi di non nominare o di non nominare
qualcuno che non è gradito, l’assemblea potrà sempre chiedere la convocazione dell’assemblea atteso che coloro o
colui che verranno nominati mediante cooptazione restino in carica fino alla successiva assemblea. È una forma per la
ricostituzione dell’organo amministrativo al numero stabilito senza che si scomodi l’assemblea che potrebbe essere
particolarmente complessa da convocare. Quindi, se viene meno la maggioranza degli amministratori restati in carica,
deve essere convocata l’assemblea che provvede alla sostituzione dei mancanti. Pertanto, resta solo un fenomeno
circoscritto alla minoranza.
L’articolo però ci dice altresì che ciò non è possibile se viene a mancare la maggioranza dei componenti del consiglio di
amministrazione. È un fenomeno quindi circoscritto alla minoranza.
La mancata partecipazione sistematica alle normali riunioni di amministrazione comporta la decadenza d’ufficio.
Il voto per rappresentanza nel consiglio di amministrazione non può essere dato perché la responsabilità è di natura
personale.
Il 29 Aprile scadono i 120 giorni stabiliti per l’approvazione del bilancio come previsto dal codice. Ad esempio se in tale
giorno l’assemblea nominasse gli amministratori tizio caio e sempronio che restano in carica fino al 2022, il 15 giugno
ad esempio Tizio decide di dimettersi e viene nominato un altro amministratore. Se la nomina avviene per
cooptazione egli resta in carica fino alla successiva assemblea dopo la quale l’assemblea potrà decidere di nominare
un altro o confermare il cooptato. Quando scade l’amministratore cosi nominato dall’assemblea? Il principio generale
ci dice che l’amministratore resti in carica per 3 esercizi, ma ciò a livello pratico creerebbe difficoltà in quanto si
avrebbe un consiglio di amministrazione che avrebbe all’interno soggetti che scadono in tempistiche diverse (scadenza
a rate) e ciò non è possibile. Pertanto, l’articolo 2386 3° comma stabilisce che scadono tutti nel medesimo periodo.
Quindi, vengono nominati tutti insieme, svolgono l’attività per il medesimo periodo e qualora intervenga una
sostituzione in corso d’opera questa si allaccia alla scadenza degli altri.
Simul stabunt simul cadent: Per statuto si può prevedere che cessando la carica di un membro del consiglio,
decadono anche tutti gli altri. E pertanto si dovrà procedere alla rinomina dell’intero consiglio di amministrazione. È
una clausola molto forte che però è prevista e disciplinata dal codice. È una clausola che può essere prevista solo ed
esclusivamente dallo statuto.
L’ultimo caso disciplinato dall’articolo 2386 prevede che in virtù della cessazione dell’amministratore unico o l’intero
consiglio di amministrazione, al collegio sindacale è riconosciuto, in via del tutto eccezionale, il potere di compiere atti
di ordinaria amministrazione che svolgerà fino al momento in cui non verrà eletto nuovamente il nuovo consiglio di
amministrazione o il nuovo amministratore unico. Il motivo per il quale vengono a cessare l’amministratore unico o
l’intero consiglio per il quale non potrà vigere la prorogatio naturale (es. interdizione, inabilitazione, condanna ecc.)
allora in tali casi il legislatore ha previsto l’intervento eccezionale da parte del collegio sindacale. Trattasi di fattispecie
però di natura speciale.

Al momento della nomina agli amministratori deve essere determinato anche il compenso.
#Art. 2389 – “I compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono
stabiliti  all'atto della nomina o dall'assemblea [2364, n. 3].
Essi possono essere costituiti in tutto o in parte da partecipazioni agli utili [2431] o dall'attribuzione del diritto di
sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione.
La rimunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto è stabilita dal consiglio
di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale. Se lo statuto lo prevede, l'assemblea può determinare un
importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche.”
Compensi che lo stesso articolo prevede che possano essere misti non solamente in denaro ma anche mediante piani
di “stock option” ovvero partecipazioni agli utili e quindi il riconoscimento di una quota variabile della propria
remunerazione commisurata ad una percentuale dell’utile conseguito, oppure può essere ancorata all’andamento
delle quotazioni e quindi se l’amministratore riuscisse a generare utili e quindi l’avviamento accadrà che salirà il prezzo
di quotazione delle azioni e pertanto se l’amministratore se avrà contribuito alla rivalutazione delle azioni fra N anni si
potranno comperare azioni ad un determinato prezzo rispetto alle quotazioni e quindi conseguire un guadagno dato
dalla differenza tra la quotazione del momento e il prezzo a cui le azioni sono state promesse in vendita. Ed è questo il
caso dell’acquisto di azioni proprie in quanto la società dovrà acquistare le azioni per poi rivenderle
all’amministratore.

L’art. 2381 ci parla della struttura dell’organo collegiale. Quando si parla di organo collegiale si parla di consiglio di
amministrazione e trattandosi di organo collegiale i poteri sono conferiti al consiglio di amministrazione e per cui
paradossalmente per svolgere qualunque tipo di attività l’attività essa dovrebbe essere svolta collegialmente ma ciò
non è possibile in quanto non funzionale.
Come si struttura l’organo collegiale? E’ presente un presidente che viene nominato direttamente dall’assemblea e se
questa non vi provvede allora sarà competenza del consiglio di amministrazione. Al presidente generalmente vengono
attribuiti i poteri di rappresentanza anche se difficilmente i poteri di amministrazione. Successivamente il consiglio di
amministrazione solitamente delega la gran parte dei propri poteri ad un solo consigliere che è rappresentato
dall’amministratore delegato. Difficilmente si trovano strutture che attribuiscano deleghe ad una pluralità di
amministratori. Qualora non venga condivisa l’attività dell’amm.re delegato, la delega potrà ovviamente essere
revocata. Il consiglio quindi generalmente delega quasi tutti i suoi poteri all’amm.re delegato.
In genere accade che le operazioni a carattere straordinario vengano riservate all’assemblea se si parla di
amministratore unico ovvero in capo al consiglio di amministrazione (Es. contratti di appalto con fornitura di spesa
superiori a X milioni a seconda delle dimensioni della società, e quindi potrà essere stabilita una soglia all’impegno di
spesa oltre la quale compete il consiglio di amministrazione piuttosto che acquisti di rami d’azienda, marchi, nuove
linee di produzione ecc) elementi di natura eccezionale e straordinaria tale per cui il consiglio vuole sovraintendere a
quelle che sono le attività dell’amm.re delegato.
#Art. 2381 – “Salvo diversa previsione dello statuto, il presidente convoca il consiglio di amministrazione, ne fissa
l'ordine del giorno, ne coordina i lavori e provvede affinché adeguate informazioni sulle materie iscritte all'ordine del
giorno vengano fornite a tutti i consiglieri.
Se lo statuto o l'assemblea lo consentono, il consiglio di amministrazione [2388,   2392,  2446] può delegare proprie
attribuzioni ad un comitato esecutivo composto da alcuni dei suoi componenti, o ad uno o più dei suoi componenti.
Il consiglio di amministrazione determina il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della delega
[2405,  2421, n. 6]; può sempre impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega.
Sulla base delle informazioni ricevute valuta l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della
società; quando elaborati, esamina i piani strategici, industriali e finanziari della società; valuta, sulla base della
relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione.
Non possono essere delegate le attribuzioni indicate negli articoli   2420 ter,  2423,  2443,  2446,  2447,  2501 ter  e  2506
bis.
Gli organi delegati curano che l'assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle
dimensioni dell'impresa e riferiscono al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale, con la periodicità fissata
dallo statuto e in ogni caso almeno ogni sei mesi, sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile
evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e
dalle sue controllate.”
Esso precisa che al di là delle deleghe attribuite all’amm.re delegato, non possono essere delegate:
Emissioni di obbligazioni convertibili (art. 2420ter)
Progetto di bilancio (art. 2423) esso viene deliberato dal consiglio di amministrazione e la responsabilità dell’atto resta
in capo all’intero consiglio di amministrazione non può essere un potere delegato o derogabile.
1. Delibere di aumento di capitale sociale (art. 2443)
2. Riduzione del capitale sociale oltre il terzo e al disotto del minimo legale (art. 2446 e art. 2447)
3. Progetti di fusione (art. 2501ter)
4. Progetti di scissione (art. 2506bis)
5. Tali argomenti non possono essere oggetto di delega nei confronti dell’amministratore delegato.
Nel momento in cui si affidano i compiti all’amm.re delegato potrebbe verificarsi una scissione tra andamento della
società ed informazioni possedute tra l’amm.re delegato e il consiglio di amm.ne. Successivamente all’inchiesta di
mani pulite che ha investito molteplici società, molti amm.ri cercarono di sottrarsi dichiarando che non erano a
conoscenza dell’operato dell’amm.re delegato. Pertanto, in tali circostanze è intervenuto il legislatore con l’art. 2381
obbligando la vigilanza del consiglio nell’operato dell’amministratore delegato e volendo altresì garantire un flusso di
informazione tra organo delegato e consiglio di amministrazione in modo tale che quest’ultimo non possa invocare la
carenza di responsabilità poiché in questo modo gli viene dato anche lo strumento obbligato per la dotazione di
informazioni.
Ciascun organo può chiedere informazioni all’amm.re delegato informazioni in qualsiasi modo e in qualsiasi momento
e l’amm.re è tenuto a fornire tali informazioni. Ad ogni modo qualora l’amm.re delegato manchi di fornire le
informazioni richieste, è previsto l’obbligo al contrario. Il delegato deve informare i deleganti con periodicità almeno
semestrale (per alcuni tipi società in taluni frangenti gli statuti prevedono una periodicità trimestrale).
In tale modo si dovrà monitorare sull’adeguamento della struttura organizzativa relazionando al consiglio di
amministrazione ed al collegio sindacale. La struttura organizzativa deve consentire di poter gestire tale attività
consentendo di rispettare le norme statutarie e le norme di legge.
Dovrà riferire su ciò che ha compiuto e su quella che è l’evoluzione prevedibile della gestione di modo da far
comprendere la direzione che si sta seguendo. Questa norma vuole responsabilizzare gli amministratori di modo che
essi non possano invocare un’esternazione ai fatti.
Quando si parla di società particolarmente grandi ci si può trovare dinnanzi a consigli di amministrazione molto grandi
ed oltre all’amm.re delegato potrà essere nominato un comitato esecutivo al quale partecipano alcuni dei membri del
consiglio di amm.ne tra i quali partecipano sicuramente presidente e amm.re delegato.
Poiché all’amm.re delegato non vengono delegati tutti i poteri ma una parte viene trattenuta dal consiglio di amm.ne,
con il comitato esecutivo è come creare due livelli di sottrazione di poteri all’amm.re delegato. Una prima fascia in cui
vengono coinvolti soltanto i componenti del comitato esecutivo, e un'altra fascia più alta che resta di competenza del
consiglio di amministrazione
Sul comitato esecutivo valgono i principi validi per il delegato. Sarà anche il comitato esecutivo a dover rendicontare il
consiglio di amm.ne di quanto svolto.
Stante l’importanza del ruolo degli amm.ri, soggetti ai quali viene affidata la gestione della società, l’amm.re all’art.
2390 pone il divieto di concorrenza. In quanto si tiene naturale che l’amm.re per svolgere correttamente il suo
mandato non possa svolgere attività di concorrenza. L’eventuale violazione del divieto normativo può comportare la
revoca. Tuttavia, l’assemblea può comunque autorizzare a svolgere l’attività in concorrenza.
Qualora costituito in forma collegiale come funziona il consiglio di amministrazione?
#Art. 2388 – “Per la validità delle deliberazioni del consiglio di amministrazione [ 2380 bis,  2381,  2405] è necessaria la
presenza della maggioranza degli amministratori in carica, quando lo statuto non richiede un maggior numero di
presenti. Lo statuto può prevedere che la presenza alle riunioni del consiglio avvenga anche mediante mezzi di
telecomunicazione.
Le deliberazioni del consiglio di amministrazione sono prese a maggioranza assoluta dei presenti, salvo diversa
disposizione dello statuto [2421, n. 4].
Il voto non può essere dato per rappresentanza [2372].
Le deliberazioni che non sono prese in conformità della legge o dello statuto possono essere impugnate solo dal
collegio sindacale e dagli amministratori assenti o dissenzienti entro novanta giorni dalla data della deliberazione; si
applica in quanto compatibile l'articolo   2378. Possono essere altresì impugnate dai soci le deliberazioni lesive dei loro
diritti; si applicano in tal caso, in quanto compatibili, gli articoli   2377  e  2378.
In sostanza è una piccola assemblea, con l’unico fatto che dato il nr. limitato di soggetti il meccanismo diviene più
semplice e snello. Le modalità di convocazione sono molto simili nella procedura ma non nella forma. Sarà lo statuto a
regolamentare il tutto. La convocazione dovrà avvenire entro un determinato lasso di tempo nel caso del consiglio di
amm.ne sono previsti termini ordinari e termini ridotti nel caso di convocazione di urgenza, ma generalmente si vota a
maggioranza dei presenti, salvo diverse disposizioni dello statuto.
Lo statuto può prevedere che in caso di parità di voti nelle delibere, può prevedere che il voto del presidente valga
doppio così da evitare eventuali stalli nella votazione. Il consigliere assente non potrà inviare il voto, esso non potrà
essere quindi dato per rappresentanza. Così come per le deliberazioni assembleari, le deliberazioni del consiglio di
amm.ne potranno essere impugnate. Con l’unica differenza che in questo caso che potranno essere impugnate da un
numero limitato di soggetti ovvero tutti gli amm.ri assenti, dissenzienti e astenuti ed i componenti del collegio
sindacali, altri soggetti deputati all’impugnazione non ve ne sono.
Il termine dell’impugnazione è di 90 giorni. Vale sempre il principio che gli eventuali diritti dei terzi acquistati in buona
fede restino validi.
#Art. 2391 – “L'amministratore deve dare notizia agli altri amministratori e al collegio sindacale di ogni interesse che,
per conto proprio o di terzi, abbia in una determinata operazione della società [ 1395], precisandone la natura, i
termini, l'origine e la portata; se si tratta di amministratore delegato, deve altresì astenersi dal compiere l'operazione
[1394,  2373,  2631], investendo della stessa l'organo collegiale, se si tratta di amministratore unico, deve darne notizia
anche alla prima assemblea utile.
Nei casi previsti dal precedente comma la deliberazione del consiglio di amministrazione deve adeguatamente
motivare le ragioni e la convenienza per la società dell'operazione.
Nei casi di inosservanza a quanto disposto nei due precedenti commi del presente articolo ovvero nel caso di
deliberazioni del consiglio o del comitato esecutivo adottate con il voto determinante dell'amministratore interessato,
le deliberazioni medesime, qualora possano recare danno alla società, possono essere impugnate   dagli amministratori
e dal collegio sindacale entro novanta giorni dalla loro data [2964]; l'impugnazione non può essere proposta da chi ha
consentito con il proprio voto alla deliberazione se sono stati adempiuti gli obblighi di informazione previsti dal primo
comma. In ogni caso sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della
deliberazione [2377]

Si prende in considerazione il conflitto di interessi. L’amm.re in conflitto di interessi rispetto ad una determinata
materia sulla quale deliberare è disciplinato da tale articolo definendone la modalità di comportamento.
In tale circostanza quindi, in fase di consiglio di amm.ne l’amm.re in conflitto di interessi dovrà dichiararlo
apertamente portandolo a conoscenza. Ciò fa si che la deliberazione del consiglio di amm.ne dovrà essere
adeguatamente motivata e spiegare le ragioni per le quali la società desidera porre in essere tale operazione. Non è
detto che tale operazione non sia comunque nell’interesse della società, ma questa dovrà essere opportunatamente
motivata
Nel caso in cui si ometta la dichiarazione di conflitto di interesse e sostanzialmente non si segue la procedura prevista
dall’articolo citato, si valuterà la prova di resistenza.
Se si viola tale divieto, dovrà essere valutata la prova di resistenza. Al comma 3 ci viene detto che si dovrà valutare se
la delibera presa con il voto espresso da colui che non poteva esprimerlo abbia due requisiti: 1) che i l voto assunto sia
stato determinante per la delibera 2) e che debba essere in danno alla società. La differenza rispetto alle delibere
consigliari è che pur restando fermi i termini dei 90 giorni previsti, in questo caso la delibera potrà essere impugnata
non solo dagli amministratori assenti, dissenzienti o astenuti, dai componenti del collegio sindacale ma anche dai
consiglieri che abbiano votato a favore e ciò perché quest’ultimi magari avrebbero votato diversamente qualora
avessero conosciuto il conflitto di interessi.
Non è richiesta l’astensione dell’amm.re in virtù del conflitto ma è richiesta che essa venga dichiarata e la delibera
dovrà essere motivata e rappresentata.

#Art. 2392 – “Gli amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge [ 2423,  2435,  2485,  2486] e
dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze
[18,  1176,  1710,  2507]. Essi sono solidalmente responsabili [1292] verso la società  dei danni derivanti
dall'inosservanza di tali doveri, a meno che si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in
concreto attribuite ad uno o più amministratori [2381,  2449,  2455].
In ogni caso gli amministratori, fermo quanto disposto dal comma terzo dell'articolo   2381, sono solidalmente
responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il
compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose [2377,  2409].
La responsabilità per gli atti o le omissioni degli amministratori non si estende a quello tra essi che, essendo immune
da colpa, abbia fatto annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio
[2421, n. 1], dandone immediata notizia per iscritto al presidente del collegio sindacale [ 18,  2260,  2941, n. 7].
Articolo che è stato sottoposto a revisione nella riforma del 2003 poiché antecedentemente veniva richiesta
solamente la diligenza del buon padre di famiglia. Successivamente all’inchiesta di mani pulite ci si è accorti che non è
sufficiente avere la diligenza del padre di famiglia ma è necessario avere determinate competenze e quindi una
diligenza più qualificata, superiore, richiesta dalla natura dell’incarico. La responsabilità degli amm.ri non ha nulla a
che fare con il risultato di esercizio ma riguarda invece la capacità di svolgimento dell’incarico. Tale diligenza dovrà
essere valutata di volta in volta. Saranno responsabili di tutte le osservanze e dai doveri che gli sono imposti dalla
legge e dallo statuto (Es. sanzione ricevuta dalla società per mancato adempimento di una disposizione legislativa, la
quale non sarebbe ricaduta sulla società se si fosse agito con la diligenza dovuta).
Tutti gli amministratori sono ugualmente responsabili? Lo stesso articolo al comma 3 ci dice che la responsabilità per
gli atti non si estende a coloro che abbiano fatto annotare formalmente il loro dissenso per il compimento di quella
determinata iniziativa che quindi non potrà essere a loro imputata. La ratio di tale principio è quello con cui qualora gli
amministratori non abbiano adempiuto al loro mandato con la diligenza dovuta dalla natura dell’incarico rispondono
solidalmente dei danni arrecati alla società.
Troviamo nel codice diversi articoli che disciplinano la responsabilità degli amministratori.
L’azione di responsabilità può essere attivata da:
1. La società (Art. 2393)
2. I singoli soci (Art. 2393bis)
3. Il socio ed il terzo (Art. 2395)
4. I creditori (Art. 2395)
Quindi, vi sono tre livelli di responsabilità che debbono essere attivati da 3 diversi soggetti e che però hanno dei
presupposti che sono differenti. Il riflesso del danno nei confronti di questi soggetti è diverso e quindi l’azione da essi
proposta pure. La loro censura, richiesta di risarcimento, potrà essere attività al verificarsi di determinate condizioni.
#Art. 2393 – “L'azione di responsabilità contro gli amministratori è promossa in seguito a deliberazione
dell'assemblea, anche se la società è in liquidazione [ 22,  2364, n. 4,  2366,  2373,  2409].
La deliberazione concernente la responsabilità degli amministratori può essere presa in occasione della discussione del
bilancio, anche se non è indicata nell'elenco delle materie da trattare [ 2366], quando si tratta di fatti di competenza
dell'esercizio cui si riferisce il bilancio.
L'azione di responsabilità può anche essere promossa a seguito di deliberazione del collegio sindacale, assunta con la
maggioranza dei due terzi dei suoi componenti.
L'azione può essere esercitata entro cinque anni   dalla cessazione dell'amministratore dalla carica.
La deliberazione dell'azione di responsabilità importa la revoca dall'ufficio degli amministratori contro cui è proposta,
purché sia presa col voto favorevole di almeno un quinto del capitale sociale. In questo caso l'assemblea stessa
provvede alla sostituzione degli amministratori [2386].
La società può rinunziare all'esercizio dell'azione di responsabilità e può transigere [ 1966], purché la rinunzia e la
transazione siano approvate con espressa deliberazione dell'assemblea, e purché non vi sia il voto contrario di una
minoranza di soci che rappresenti almeno il quinto del capitale sociale [ 2394,  2394 bis,  2395,  2434] o, nelle società
che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, almeno un ventesimo del capitale sociale, ovvero la misura prevista
nello statuto per l'esercizio dell'azione sociale di responsabilità ai sensi dei commi primo e secondo dell'articolo   2393
bis.
Il potere di avvio dell’azione di responsabilità nei confronti degli amm.ri è nelle mani dell’assemblea che dovrà
accertare che quest’ultimo ha tenuto un comportamento in difformità rispetto alle disposizione di legge e dello
statuto, che tale comportamento ha scaturito un danno per la società e vi dovrà essere un nesso di causalità tra danno
subito e comportamento dell’amministratore; Una volta accertato il tutto dovrà essere convocata un’apposita
assemblea per discutere l’apposito ordine del giorno in merito all’azione di responsabilità nei confronti dell’amm.re
che ha commesso l’atto. La deliberazione relativamente all’azione di responsabilità può essere presa solamente in un
frangente ove non è posto all’ordine del giorno ovvero in occasione dell’approvazione del bilancio quando il danno
scaturisce da un fatto correlato al bilancio in sede di approvazione. (Art. 2393 comma 2). Di fatto nel momento in cui si
è convocati per deliberare l’approvazione del progetto di bilancio a fine esercizio ancorché non scritto nell’ordine del
giorno potrà essere invocata la deliberazione per l’azione di responsabilità nei confronti dell’amm.re.
L’iniziativa dell’azione di responsabilità potrà essere promossa anche a seguito di iniziativa del collegio sindacale.
Il termine entro il quale è esercitabile l’azione di responsabilità è di 5 anni e ciò per dare certezza al governo della
società
Qualora all’assemblea partecipino anche gli amm.ri in quanto soci il loro voto non potrà essere espresso in sede di
deliberazione di azione di responsabilità nei confronti dell’amm.re. L’eventuale delibera comporta la revoca
automatica dell’amm.re qualora questa sia presa da 1/5 del capitale sociale. Qualora l’azione di responsabilità riguardi
l’intero consiglio di amm.ne in tal caso l’intero consiglio di amm.ne sarà revocato e decadrà e l’assemblea dovrà
provvedere alla sostituzione del consiglio di amm.ne anche perché se ha interesse nel revocarlo non avrà interesse nel
prorogarlo in prorogatio.
Una volta avviata l’azione di responsabilità sociale ci si troverà o con l’amm.re che resterà in carica (fattispecie
abbastanza improbabile), tale azione potrà essere mossa anche nei riguardi di amm.ri già cessati ma tuttavia
generalmente l’azione di responsabilità comporta la revoca. Successivamente si avvia una causa ove vengono
contestati i fatti in tribunale. Tuttavia, può accadere che in taluni frangenti può accadere che siccome l’azione di
responsabilità viene mossa nei confronti di amm.ri in carica, la società potrebbe essere soddisfatta (in funzione anche
magari dell’entità del danno lamentato) della rimozione dell’amm.re e potrebbe conseguentemente non avere
interesse a portare avanti l’azione di responsabilità e giungere ad una transazione al fine di evitare che il tutto avvenga
sotto il controllo, l’influenza, il riferimento del socio di maggioranza, il codice civile prevede che la società può
rinunciare al proseguo dell’azione di responsabilità purché la rinuncia e la transazione siano approvate dall’assemblea
purchè non vi sia il voto contrario di almeno 1/5 del capitale sociale di società che fanno ricorso al mercato del
capitale di rischio o di 1/20 per le società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio. In questo caso si
parla di almeno un voto contrario che non supera una determinata soglia e per cui vi è una sostanziale soddisfazione
da parte dell’assemblea o per lo meno non vi è una insoddisfazione da una parte rilevante dei soci.
È pacifico che sia prevista per prima la società ad agire per l’attivazione dell’azione di responsabilità e ottenere il
risarcimento del danno arrecato.
#Art. 2393bis – “L'azione sociale di responsabilità può essere esercitata anche dai soci che rappresentino almeno un
quinto del capitale sociale o la diversa misura prevista nello statuto, comunque non superiore al terzo.
Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, l'azione di cui al comma precedente può essere
esercitata dai soci che rappresentino un quarantesimo   del capitale sociale o la minore misura prevista nello statuto.
La società deve essere chiamata in giudizio e l'atto di citazione è ad essa notificato anche in persona del presidente del
collegio sindacale.
I soci che intendono promuovere l'azione nominano, a maggioranza del capitale posseduto, uno o più rappresentanti
comuni per l'esercizio dell'azione e per il compimento degli atti conseguenti.
In caso di accoglimento della domanda, la società rimborsa agli attori le spese del giudizio e quelle sopportate
nell'accertamento dei fatti che il giudice non abbia posto a carico dei soccombenti o che non sia possibile recuperare a
seguito della loro escussione.
I soci che hanno agito possono rinunciare all'azione o transigerla; ogni corrispettivo per la rinuncia o transazione deve
andare a vantaggio della società.
Si applica all'azione prevista dal presente articolo l'ultimo comma dell'articolo precedente.
Tale articolo prevede un ulteriore fattispecie ovvero azione di responsabilità esercitata dai soci.
Proprio perché in genere esiste un legame tra amm.ri e socio di riferimento, quest’ultimo potrebbe avere una remora
a promuovere l’azione di responsabilità sociale nei confronti dell’amm.re da lui nominato o designato. Affinché si
possa superare tale baluardo, il legislatore prevede che l’azione di responsabilità sia attivata dai soci che
rappresentino almeno 1/5 del capitale sociale (20%) o una diversa misura prevista dallo statuto (lo statuto può
prevedere quindi di ridurre o aumentare la percentuale dei soci che possano invocare azione di responsabilità che
però non potrà mai superare il 33% - percentuale che viene ridotta al 2,5% nel caso in cui trattasi di società che fanno
ricorso al mercato del capitale di rischio). In tale caso gli azionisti che non sono riusciti a trovare voce in assemblea si
riuniscono in forma separata, nominano dei loro rappresentanti e promuovono l’azione nei confronti dell’amm.re
notificando l’atto di citazione anche alla società e al presidente del collegio sindacale. Successivamente qualora la
domanda venga accolta, questa viene automaticamente assorbita dalla società. Il diritto del risarcimento del danno
andrà a favore della società la quale indennizzerà i soci delle spese procedimentali per l’azione di responsabilità. Essa
è pertanto, è una procedura sostitutiva di quella che dovrebbe essere svolta in assemblea, però limitata a soci che
hanno una partecipazione “qualificata” secondo i termini indicati dall’art. 2393bis e che viene promossa da tali soci,
che viene notificata anche dalla società che partecipa attivamente al giudizio e che qualora si concluda
favorevolmente l’indennizzo andrà a favore della società e ciò perché l’interesse perseguito dell’azione di
responsabilità è quello di ripristinare l’entità del patrimonio dal danno patito colpito dall’azione dell’amm.re.

#Art. 2394 – “Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l'inosservanza degli obblighi inerenti alla
conservazione dell'integrità del patrimonio sociale [ 2409,  2509].
L'azione  può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro
crediti [2949].
La rinunzia all'azione da parte della società non impedisce l'esercizio dell'azione da parte dei creditori sociali. La
transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l'azione revocatoria [ 2901] quando ne ricorrono gli
estremi [2393,  2393 bis,  2395].”
In caso di assenza di iniziativa da parte della società, da parte degli azionisti di minoranza qualificata, e nel caso in cui
vi siano ulteriori soggetti penalizzati a costoro è data la possibilità di promuovere la responsabilità degli amministratori
che è subordinata ad un ulteriore elemento. Nel caso dei creditori sociali non è sufficiente che vi sia un danno che sia
figlio di un adempimento alle disposizioni legislative o statutarie ma che tale danno metta altresì a repentaglio la
possibilità di soddisfazione del creditore sociale. Pertanto, solo nel caso in cui l’entità dell’inadempimento da parte
dell’amministratore è tale da minare la possibilità del soddisfacimento del proprio credito sarà attivabile tale
fattispecie.

#Art. 2395 – “Le disposizioni dei precedenti articoli non pregiudicano il diritto al risarcimento del danno spettante al
singolo socio o al terzo [2419] che sono stati direttamente danneggiati da atti colposi o dolosi degli amministratori
[2393,  2393 bis,  2394,  2394 bis].
L'azione può essere esercitata entro cinque anni dal compimento dell'atto che ha pregiudicato il socio o il terzo.
Fattispecie residuale. Tutte le fattispecie viste fin ora non pregiudicano il diritto al risarcimento del danno patito dal
socio o patito dal terzo per effetto dell’inadempimento ma questo deve essere un danno diretto al proprio patrimonio.
La violazione dell’amm.re non dovrà recare danno alla società ma questo deve essere un danno diretto al proprio
patrimonio (Es. tipico amm.ri che redigano bilancio non conforme alle disposizioni legislative tale per cui si evidenzi un
patrimonio netto di una certa entità, successivamente verrà deliberato un aumento di capitale che terrà conto di
quello che è il patrimonio netto esistente e conseguentemente le azioni verranno collocate ad un valore che tiene
conto del patrimonio netto contabile, patrimonio netto contabile che nella realtà però non esiste o esiste in entità
diversa. Se si andrà a sottoscrivere azioni a 50 euro perché tale è il patrimonio netto che risulta ma la sottoscrizione
avrebbe dovuto essere a 40 euro ecco che qui si subisce un danno diretto – sottoscrizione di azioni di un valore
superiore rispetto a quello reale).
Anche qui vi è il termine di 5 anni per promuovere l’azione. Il termine può essere censurabile ma tuttavia vi è sempre
l’esigenza di avere certezza.

Concludendo, pertanto solamente in caso di violazione delle disposizioni di legge e dello statuto l’amministratore
potrà essere chiamato a rispondere all’azione di responsabilità. Azioni di risarcimento danni che potranno essere varie
in virtù della varietà dei soggetti che possono invocare tale azione.
Stesse disposizioni si applicano nel caso dei direttori generali che in quanto institori hanno responsabilità similari così
come previsto dall’art. 2396.

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