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MARCHIO

Il marchio può essere nazionale, comunitario ed internazionale pertanto vi sono delle discipline diverse.
Quello che ci interessa è ovviamente quello nazionale inserito nella disciplina del codice della proprietà industriale.
Gli articoli specifici che riguardano il marchio sono quelli che vanno dal nr. 7 al nr. 28.
Art. 7 OGGETTO DELLA REGISTRAZIONE – “Possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa tutti i
segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le
lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità' cromatiche,
purché siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese.”
Se è vero che la disciplina è inserita all’interno del codice della proprietà industriale e che quest’ultimo risale al 2005
giova ricordare che sistematicamente vi sono adeguamenti normativi spesso figli delle modifiche delle direttive
comunitarie. L’ultima modifica, in tal senso, è intervenuta con d.lgs. del 20 febbraio 2019 che fra le varie modifiche
apportate da questo decreto vi è il contenuto dell’articolo 7 ciò perché l’art. 7 indica ciò che può essere la struttura del
marchio ma sostanzialmente le caratteristiche alle quali il marchio può rispondere, deve essere atto
contraddistinguere i prodotti o servizi e deve essere tale da poter essere rappresentato in forma scritta al momento
della registrazione. Ciò che è stato tolto sono le parole “purché siano atte a distinguere i prodotti e i servizi di un'altra
impresa”, il requisito della distinzione (che è il requisito dell’originalità che viene trattato autonomamente in un
articolo successivo atteso che è uno dei requisiti essenziali per la validità del marchio).
Elementi che formano oggetto di registrazione:
“Parole compresi i nomi di persone” – Non vi è dubbio che la prima formula dell’espressione del marchio è il
cosiddetto marchio denominativo. L’uso della parola la quale quest’ultima deve rispettare quelle che sono le
condizioni successive richieste dal marchio. Evidentemente non potranno essere parole di carattere generale ma
dovranno essere parole che non hanno nulla a che vedere con il prodotto e che pertanto non generino confusione
stante il fatto che il requisito richiesto è quello della distinzione in questa fase.
I nomi di persone, l’art. 8 tratta specificatamente il tema. Non c’è dubbio che il nome di persone possa essere oggetto
di registrazione autonoma come marchio però il tutto trova una limitazione sostanziale nel momento in cui non
soltanto vi può essere confusione (ammesso che vi sia questa possibilità), ma per quanto riguarda il nome
commerciale, la sovrapposizione non vi può essere e ne vi può essere l’usurpazione della notorietà di un nome famoso
ad uso personale e quindi il nome deve essere proprio per essere registrato come marchio e non potranno sfruttare
quella che è la notorietà altrui.
Vi possono essere disegni.
Lettere e cifre – Argomento abbastanza discusso nel passato perché l’utilizzo della lettera come marchio in qualche
modo, qualora riconosciuto in termini astratti in termini di diritto, sostanzialmente era un diritto che era riconosciuto
ai primi 21 o 26 a seconda se utilizziamo l’alfabeto italiano o inglese. Visto che nel momento in cui acquisisco la lettera
e secondo il principio generale del segno distintivo, la lettera può essere utilizzata solamente a chi ha provveduto alla
registrazione del marchio, pertanto il tema è stato a lungo dibattuto. Evidentemente la lettera come anche la cifra nel
corso del tempo sono elementi che costituiscono il marchio che qualora registrati autonomamente devono avere delle
caratteristiche tali da poter essere distinte autonomamente rispetto alla lettera in sé per se (es. se immaginiamo a
segni famosi con le lettere – M di Mc Donald, V di Valentino, A di Angelini, ecc.). Tali lettere hanno ormai raggiunto
carattere distintivo. Quindi, l’obiezione principale è la disquisizione della lettera ma rappresenta una limitazione a
quella che è una facoltà creativa degli altri è una limitazione relativa perché la lettera non è mai una lettera con un
font ordinario es. Times New Roman, divengono delle lettere che hanno una caratterizzazione/stilizzazione che
scaturiscono autonomia rispetto alla rappresentazione. Spesso e volentieri non nascono come marchi originali, ma
diviene una formula che piano piano acquisisce autonomia e capacità distintiva nel tempo.
Con i numeri è ancora più complicato. Può esservi un numero da solo come marchio (Es. marchio 46 registrato da
Valentino Rossi anche se quel numero era anonimo prima ed ha acquisito autonomia distintiva con quella stilizzazione,
quei colori ecc.).
Suoni – Ci sono state delle evoluzioni nel tempo perché il suono era vincolato alla trasposizione grafica. Inizialmente
atteso che il suono evidentemente per essere riconosciuto viene percepito in termini uditivi. Però per essere
registrato doveva essere scritto necessariamente su supporto cartaceo quindi l’ammissione del suono era limitato al
suono che scaturiva da una successione di note tale per cui le note potevano essere riportate sul pentagramma e
quindi poterle registrare. Tale discorso poi è stato superato e quindi oggi nel momento in cui vado a registrare (tant’è
che uno dei motivi per cui c’è stata la soppressione delle parole “le parole suscettibili di essere rappresentate
graficamente” perché proprio per far riferimento ai marchi sonori è consentita anche la registrazione su supporti
informatici che possono essere ascoltati atteso che a quel punto si possono anche registrare dei suoni che non
necessariamente sono figli di una rappresentazione esclusivamente musicale)
Forma del prodotto e della confezione - Es. forma bottiglia coca cola sono delle forme che ormai contraddistinguono il
prodotto e le riconosciamo non tanto dal marchio apposto del prodotto ma alla semplice forma del prodotto siamo in
grado di riconoscere a quale prodotto esso è riferito. Essi possono quindi essere oggetto di registrazione.
Combinazioni o tonalità cromatiche – Anche qui si pone lo stesso problema delle cifre e delle lettere. Perché in
qualche modo il colore rappresenta un limite non indifferente es. se acquisisco il rosso esso dovrebbe essere
preservato a tutti. O il colore mi diviene un elemento del marchio (Es. macchia rossa) oppure il solo colore non potrà
essere oggetto di registrazione del marchio. L’elemento cromatico diviene elemento distintivo a mano a mano che
quel marchio acquisisce carattere distintivo (es. Vodafone, Milka e mucca viola, ecc.). Questi elementi divengono
fondamentali ai fini della valutazione della confondibilità dell’eventuale marchio per la quale non si riconosce
l’originalità.
Rispetto a questi elementi elencati spesso ci ritroviamo marchi che sono oggetto di combinazione dei medesimi
elementi che possono essere oggetto di marchio. Il principio generale dell’art. 7 subisce una limitazione in virtù
dell’art. 8.
Art. 8 – “I ritratti di persone non possono essere registrati come marchi senza il consenso delle medesime e, dopo la
loro morte, senza il consenso del coniuge e dei figli; in loro mancanza o dopo la loro morte, dei genitori e degli altri
ascendenti, e, in mancanza o dopo la morte anche di questi ultimi, dei parenti fino al quarto grado incluso.
“Ritratti delle persone” qualora utilizzati all’interno di un marchio si può avere più apprezzamento da parte del
pubblico ove come ritratto si deve intendere non necessariamente la rappresentazione perfetta del volto del soggetto
interessato ma evidentemente varrà questo tipo di obiezione anche per tutte quelle rappresentazioni che
configurassero un raggruppamento di elementi non necessariamente fotografici con i quali riesco a ricondurre con
quegli elementi ad una determinata persona (Es. Lucio Dalla zuccotto e occhiali, Jovanotti). Allo stesso modo al
secondo comma dice:
2. I nomi di persona diversi da quelli di chi chiede la registrazione possono essere registrati come marchi, purché' il loro
uso non sia tale da ledere la fama, il credito o il decoro di chi ha diritto di portare tali nomi. L'Ufficio italiano brevetti e
marchi ha tuttavia la facoltà di subordinare la registrazione al consenso stabilito al comma 1. In ogni caso, la
registrazione non impedirà a chi abbia diritto al nome di farne uso nella ditta da lui prescelta. 3. Se notori, possono
essere registrati come marchio solo dall'avente diritto, o con il consenso di questi, o dei soggetti di cui al comma 1: i
nomi di persona, i segni usati in campo artistico, letterario, scientifico, politico o sportivo, le denominazioni e sigle di
manifestazioni e quelli di enti ed associazioni non aventi finalità economiche, nonché' gli emblemi caratteristici di
questi.”
Qui in sostanza si evince che non può essere vietato l’uso del nome come marchio. Se si utilizza un nome diverso, tale
nome diverso deve essere utilizzato in modo che non leda la fama ed il decoro di chi porta questo nome e ciò ne
evidenzia la finalità. Qualora si trattasse di nome notorio, sarà richiesto il consenso di quest’ultimo ancorchè
l’omonimo notorio per evitare di sfruttare la notorietà del soggetto.
Che tipi di marchi possono essere registrati?
Abbiamo due distinzioni da fare:
Marchio di fabbrica
Marchio di commercio
Nel momento in cui registro il marchio io ho immediatamente il diritto di esclusiva e contraddistingue i miei prodotti o
servizi con l’apposizione del marchio medesimo (marchio di fabbrica).
Che accade nel momento in cui questo prodotto non è un prodotto ad uso finale ma diviene parte di un altro
prodotto? Ad esempio, la costruzione dell’auto che all’interno vede più componenti ognuna delle quali ha
l’apposizione di un marchio differente per ognuna delle componenti stesse (freni, batteria, pneumatici). In tali casi che
succede ai marchi oggetto di tale assemblamento? In tale caso tali marchi restano all’interno del veicolo perché vi è il
divieto imposto dalla legge di sopprimere i marchi che vengono utilizzati nell’ambito dell’assemblaggio. Quindi, avrò il
marchio del prodotto finito ed i marchi dei singoli componenti che non potrò sopprimere per divieto di legge.
I marchi poi possono essere registrati come marchi generali o come marchi specifici.
Restando ad esempio in ambito automobilistico il marchio generale sarà quello es. FIAT, Alfa Romeo, ecc. il marchio
speciale è quello apposto al singolo modello ovvero Panda, 500 ecc. I marchi al di loro della loro natura che può essere
figurativa, denominativa e mista possono essere distinti anche in funzione di quella che è la loro capacità distintiva
ovvero:
1. Marchi forti – Non ha alcun elemento di collegamento con il prodotto e quindi può essere ad esempio
qualunque nome di fantasia (Es. Nike)
2. Marchi Deboli – Evoca in qualche modo il prodotto al quale fa riferimento fermo restando che non si potrà
registrare il nome generico del prodotto (es. dentifricio) però non è nemmeno vietato il fatto di evocare il
prodotto (Es. Amplifon, Divani & Divani, Mentadent, Esta Thè, ecc.). Perché vengono definiti deboli? Perché
l’area di protezione è più circoscritta rispetto a quella di fantasia che da origine ad un marchio forte.
Rispetto al termine marchi abbiamo l’art. 11 che è richiamato dal Codice Civile dall’art. 2270 che parla di marchi
collettivi.
Art. 11 – “Marchio collettivo 1. I soggetti che svolgono la funzione di garantire l'origine, la natura o la qualità di
determinati prodotti o servizi, possono ottenere la registrazione per appositi marchi come marchi collettivi ed hanno la
facoltà di concedere l'uso dei marchi stessi a produttori o commercianti. 2. I regolamenti concernenti l'uso dei marchi
collettivi, i controlli e le relative sanzioni devono essere allegati alla domanda di registrazione; le modificazioni
regolamentari devono essere comunicate a cura dei titolari all'Ufficio italiano brevetti e marchi per essere incluse tra i
documenti allegati alla domanda.”
Esso è una fattispecie peculiare. Il marchio collettivo, mentre il marchio è il segno il nome ovvero lo strumento con il
quale l’imprenditore contraddistingue i propri prodotti e servizi quindi lo registra l’imprenditore e ne fa uso, il marchio
collettivo viene registrato da un soggetto che non ha interesse ad usarlo in forma propria ma ad una pluralità di
soggetti. Per cui accade che mentre per il nome del marchio individuale è una casualità l’uso da parte di una pluralità
di soggetti, nel caso del marchio collettivo esso è insito nell’uso collettivo. Per cui oltre alle caratteristiche ordinarie
che deve avere il marchio qui è previsto che in sede di registrazione dello stesso, deve essere depositato il
regolamento con il quale si devono attenere i singoli soggetti che ne fanno uso questo per garantire l’omogeneità di
presentazione con il quale l’oggetto appunto si presenta. Questo perché devo riconoscere il prodotto a prescindere da
chi lo stia costituendo. Il marchio collettivo es. vero cuoio, pura lana vergine. Quindi dobbiamo distinguere il marchio
collettivo da quelle che sono le denominazioni d’origine. Mentre le denominazioni d’origine sono uno strumento di
natura pubblicistico perché servono a contraddistinguerne appunto l’origine e sono figlie di provvedimenti adottati
dall’amministrazione statale di concerto con le autorità dell’unione europea per il riconoscimento della
denominazione d’origine (occorre quindi indicare la provenienza geografica ed i controlli sono di ordine pubblicistico),
nel caso di marchio collettivo invece è uno strumento di natura privatistico che poi deve avvenire secondo modalità
privatistiche in sede di registrazione del marchio, che devono essere monitorate sempre con strumenti di natura
privatistica.
I requisiti di validità del marchio:
Art. 12 – “1. Non sono nuovi, ai sensi dell'articolo 7, i segni che alla data del deposito della domanda: a) consistano
esclusivamente in segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio; b) siano
identici o simili ad un segno già noto come marchio o segno distintivo di prodotti o servizi fabbricati, messi in
commercio o prestati da altri per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell'identità o somiglianza tra i segni e
dell'identità o affinità fra i prodotti o i servizi possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può
consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni. Si considera altresì noto il marchio che ai sensi
dell'articolo 6-bis della Convenzione di Unione di Parigi per la proprietà industriale, testo riveduto a Stoccolma il 14
luglio 1967, ratificato con legge 28 aprile 1976, n. 424, sia notoriamente conosciuto presso il pubblico interessato,
anche in forza della notorietà acquisita nello Stato attraverso la promozione del marchio. L'uso precedente del segno,
quando non importi notorietà di esso, o importi notorietà puramente locale, non toglie la novità, ma il terzo preutente
ha diritto di continuare nell'uso del marchio, anche ai fini della pubblicità, nei limiti della diffusione locale, nonostante
la registrazione del marchio stesso. L'uso precedente del segno da parte del richiedente o del suo dante causa non e' di
ostacolo alla registrazione;”
Qui si hanno due concetti:
NOVITA’ – Deve essere nuovo. Se il marchio serve a contraddistinguere non possono esistere due marchi identici e
nemmeno simili. Per marchi simili cosa si intende? Qui interviene il requisito della confondibilità che non può avere un
riferimento di natura oggettiva ma dovrà essere valutato di volta in volta in funzione del marchio che si andrà a
prendere in considerazione.
Si ripropongono quindi i temi della concorrenza sleale in tema di confusione. Ciò perché anche nel caso di
registrazione del marchio (atteso che la concorrenza sleale per confusione si verifica nel momento in cui non vi è la
violazione dell’uso del marchio e la violazione dell’uso del marchio ce l’ho con la contraffazione e riproduzione fedele
e dopodiché c’è tutta un’area “di protezione” circostante al marchio all’interno della quale ci si muove in uno stato di
confusione e quindi qualora la confusione venga rilevata in fase di registrazione dovrà essere rigettata la domanda). Il
limite non è solo riguardo all’identicità o similitudine ma anche di “simili e affini”. Ciò ritorna il tema della
confondibilità e della confusione piuttosto che della ripetizione del marchio per settore merceologico. Il fatto che
registro un marchio per prodotti ad esempio elettronici, non impedisce che lo stesso marchio venga registrato per es.
settore di calzature atteso che i settori non si sovrappongono. Ciò è precluso ugualmente però nel caso di marchio
notorio. Se il marchio è notorio anche se non vi è il problema della sovrapposizione e del marchio geografico il
marchio non potrà comunque essere registrato.
Se il marchio è confondibile con un marchio già registrato esso non potrà essere utilizzato.
CONFONDIBILITA’ DEL MARCHIO – Cosa accade nel momento in cui registro un marchio ed esso è stato
preventivamente utilizzato ma non è stato registrato. Conseguentemente agli archivi degli uffici italiani brevetti e
marchi non potrà essere riscontrato una confusione o una ripetizione del marchio atteso che non risulti negli archivi.
Quindi la carenza di novità del marchio potrà essere fatta valere dal soggetto che preventivamente utilizzava il
marchio. Potrà quindi far valere la nullità del marchio per l’anteriorità del marchio in uso avanzando il fatto di
conoscenza del marchio tale per cui veniva meno il requisito della novità. Dovrà però essere colui che ha utilizzato
preventivamente il marchio e che lo ha registrato a far valere l’eventuale nullità del marchio per carenza di novità.
Si potrebbe verificare situazione in cui subentra un soggetto nella registrazione del marchio che era stato registrato
preventivamente ma il suo uso era a livello locale e non nazionale. Allora con la diffusione locale non riesco a eccepire
la nullità del marchio stante la natura di utilizzo locale (Es. marchio utilizzato a Velletri anziché in tutta Italia). Quindi
non potrò impedire la legittima registrazione del marchio avvenuta in un secondo momento e costui avrà il diritto di
privativa ovvero l’uso esclusivo ma in questo caso dimostrando che l’uso il mio uso era un uso che risaliva nel tempo,
uso legato a quella determinata zona, allora in tal caso potrò ottenere l’uso nei limiti del “pre-uso” senza violare il
diritto acquisito in seconda battuta da chi ha registrato il marchio a livello nazionale. Questo è ciò che si definisce “pre-
uso del marchio”. L’eventuale carenza assoluta di novità del marchio in quanto questo è identico ad un marchio
precedentemente utilizzato, comporterà la nullità del marchio qualora il pre utente faccia valere la carenza di novità e
la precedente diffusione del marchio a livello nazionale, differentemente comporterà il riconoscimento del diritto di
privativa riconosciuto dal brevetto ma ridotto del pre-uso in quanto questo pre-uso era un pre-uso locale che non
faceva venir meno la novità del marchio che ho depositato. Ciò per quanto riguarda la novità.
CAPACITA’ DESCRITTIVA – Art. 13 - “Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa i segni
privi di carattere distintivo e in particolare quelli costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche di prodotti o
servizi o da indicazioni descrittive che ad essi si riferiscono, come i segni che in commercio possono servire a designare
la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l'epoca di fabbricazione del
prodotto o della prestazione del servizio o altre caratteristiche del prodotto o servizio.
2. In deroga al comma 1 e all'articolo 12, comma 1, lettera a), possono costituire oggetto di registrazione come
marchio d'impresa i segni che prima della domanda di registrazione, a seguito dell'uso che ne sia stato fatto, abbiano
acquistato carattere distintivo. 3. Il marchio non può essere dichiarato o considerato nullo se prima della proposizione
della domanda o dell'eccezione di nullità, il segno che ne forma oggetto, a seguito dell'uso che ne e' stato fatto, ha
acquistato carattere distintivo. 4. Il marchio decade se, per il fatto dell'attività o dell'inattività del suo titolare, sia
divenuto nel commercio denominazione generica del prodotto o comunque servizio o abbia perduto la sua capacità
distintiva.”
Il concetto dell’art. 13 è quello della capacità descrittiva.
Ribadendo che non posso registrare il nome che contraddistingue oggettivamente il prodotto (Dentifricio, pneumatico
ecc.) ciò evidentemente perché si avrebbe un diritto di usurpazione.
In relazione alla capacità distintiva viene meno nel momento in cui utilizzo dei termini in cui evocano anche l’origine e
la provenienza geografica del prodotto (Es. marchio auto Diesel, Chianti per i vini ecc.) ciò perché non hanno capacità
distintiva del prodotto anzi creano confusione però l’uso di questa terminologia può acquisire capacità distintiva
qualora utilizzati in un settore differente (Es. DIESEL per i Jeans, Marlboro Classic abbigliamento, Montblanc penne
ecc.). Parlando di capacità distintiva l’art. 13 si porta dietro due elementi importanti. Tale capacità distintiva deve
essere presente al momento della registrazione del marchio. Tale capacità, tuttavia, deve permanere per sempre? Si.
Cosa accade però se la capacità distintiva viene meno? Perdo la possibilità di continuare ad utilizzare il marchio
secondo il principio di privativa e quindi questo è il cosiddetto fenomeno della “volgarizzazione”. Ciò perché il
prodotto contraddistinto dal marchio è divenuto così diffuso tale per cui viene conosciuto e viene identificato nel
linguaggio comune con il marchio. Per cui il marchio diviene la definizione stessa del prodotto. Ciò fa si che
intervenendo il fenomeno della volgarizzazione accade che il marchio possa non essere più tutelato. Evidente il danno
economico che in questo caso avviene. Questo è un fenomeno che si è verificato nel passato per cui ora c’è particolare
attenzione verso questa circostanza ciò perché nel momento in cui il diritto di privativa mi viene sottratto e utilizzato
da tutti ciò crea dei danni economici non di poco conto. In passato è accaduto ad esempio per il Cellofan che
originariamente era un marchio ma ora è divenuto ad utilizzo comune. In epoca recente, è vero che vi sono dei marchi
che identificano il prodotto (Es. Scottex) però succede che a fianco al marchio in questo caso vi è la R cerchiata che
significa marchio registrato e ciò serve che questo eviti che il marchio possa essere la denominazione del prodotto e
quindi il fenomeno della volgarizzazione del prodotto venga fermato (casi eclatanti – post-it, scotch, Walkman, K-Way
ecc.).
Nel tempo ciò che non ha carattere distintivo lo può acquisire (non solo valido per i caratteri e per i numeri ma anche
per le denominazioni es. credito italiano, banco di Roma, tali marchi storici che non avevano di per sé capacità
distintiva però l’uso esclusivo della denominazione nel tempo genera l’acquisizione della capacità distintiva a quel
punto il marchio diviene registrabile).
LICEITA’ – Art. 14 – “Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa: a) i segni contrari alla
legge, all'ordine pubblico o al buon costume; b) i segni idonei ad ingannare il pubblico, in particolare sulla provenienza
geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti o servizi; c) i segni il cui uso costituirebbe violazione di un altrui
diritto di autore, di proprietà industriale o altro diritto esclusivo di terzi. 2. Il marchio d'impresa decade: a) se sia
divenuto idoneo ad indurre in inganno il pubblico, in particolare circa la natura, qualità o provenienza dei prodotti o
servizi, a causa di modo e del contesto in cui viene utilizzato dal titolare o con il suo consenso, per i prodotti o servizi
per i quali e' registrato; b) se sia divenuto contrario alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume; c) per omissione
da parte del titolare dei controlli previsti dalle disposizioni regolamentari sull'uso del marchio collettivo.”
Qui non soltanto si evoca la liceità in ordine di principio ma si ribadiscono i principi già citati in merito alla capacità
distintiva. Non potrò registrare come marchio con il fascio o qualcosa di osceno (secondo quelli che sono i principi di
ordine pubblico e buon costume) e comunque vietati dalla legge. Qual è la conseguenza? La conseguenza per il
mancato conseguimento degli elementi del marchio richiesti ovvero: novità, originalità, liceità sono la nullità del
marchio stesso. In linea di principio nel momento in cui presento la domanda di registrazione del marchio, l’ufficio
brevetti e marchio dovrebbe effettuare i controlli su questo ed eventualmente rifiutare l’iscrizione in mancanza dei
requisiti di liceità, originalità e novità indicati. Ciò però potrebbe sfuggire all’ufficio e conseguentemente la nullità del
marchio potrebbe essere fatta valere su istanza di terzi. Qualora acclarata la nullità del marchio essa ha efficacia ex
Tunc atteso che sin dal primo momento il marchio non avrebbe dovuto essere registrato.
La registrazione deve avvenire presso l’ufficio brevetti e marchi che si trova presso tutte le camere di commercio e nel
momento in cui si presenti la domanda di registrazione del marchio si dovrà presentare l’oggetto per il quale si
presenta la registrazione del marchio e soprattutto si dovrà indicare le classi di prodotti o servizi per i quali chiedo la
registrazione. Quali sono queste classi di prodotti e servizi? Vengono individuate in base ad una classificazione
internazionale che è nota come la “classificazione di Nizza”. È stata convenuta nell’ambito delle convenzioni
internazionali e viene continuamente aggiornata. L’ultimo aggiornamento è stato effettuato nel 2019 ed è
l’undicesima edizione. L’onere di registrazione comporta il pagamento di un certo ammontare per il diritto per certe
classi per le quali richiedo la registrazione ma è evidente che non dovrebbe essere possibile preventivamente
registrare un marchio che comprende ad esempio “le vernici con gli estratti di carne”. Generalmente le classi sono
molto ampie e la registrazione dovrebbe essere unica ma ciò non vieta che il soggetto potrebbe avere delle
prospettive diverse. Perché la classificazione di Nizza? Ciò per fare in modo che la registrazione che si può effettuare
anche in altri paesi o che si possa effettuare anche nel sistema comunitario, sia omogeneo il trattamento nei vari paesi
e non ci siano diversi schemi applicabili. Questa classificazione prevede 30 classi per i prodotti e 11 classi per servizi.
Questo mi va a misurare il riferimento il mercato del prodotto da prendere in considerazione ai fini della verifica della
confondibilità del marchio per marchi preventivamente registrati.

Per ribadire il concetto della confondibilità del marchio: premesso che nel momento in cui il marchio venga registrato
portando con sé il diritto di privativa e quindi la possibilità di uso esclusivo che viene riconosciuto a colui che presenta
la domanda di registrazione, il tema è che chi ottiene il diritto di privativa ha interesse che il suo marchio venga
utilizzato per se e che nessuno possa collocarsi e allocarsi in un area di confusione e confondibilità. Tale area ruota
intorno all’elemento centrale della zona che è rappresentata dal marchio e che è evidentemente tanto più ampia
quanto il marchio è più forte e quindi slegato dal prodotto. Ed è un’area che i terzi possono avere interesse ad
aggredire (Es. se compio atto confusorio, sono passibile di concorrenza sleale ma l’ambizione sarebbe quella di
mettermi il più vicino possibile al marchio in tema di confondibilità in modo tale che possa evocare il marchio stesso e
poterne trarne beneficio). Una delle cause attinenti più famose è rappresentata dalla causa Gucci/Guess. Per quanto
potesse essere censurabile il marchio Guess si è conclusa in via paritaria. Perché in alcune parti del mondo veniva
registrata la confondibilità e da altre parti no. Il diritto all’uso distintivo è proprio perché si vuole evitare la confusione.
In linea generale la confondibilità è evidente che si ricerchi sempre con marchi notori.

La registrazione, del marchio secondo i termini richiesti, comporta il diritto di privativa che ha una durata di 10 anni
che può essere rinnovato e quindi divenire perpetuo. Si potrà rinnovare a cadenza naturale.
La registrazione vale per il territorio nazionale. Pertanto, nel momento in cui presento la registrazione e ne viene
riconosciuta la correttezza e la tutelabilità del marchio, tale diritto vale dalla data di presentazione della domanda.
Per cui se lo stesso marchio venisse registrato in Francia non si avrà tutta la disciplina esposta. Per sopperire a questo
tipo di problema la disciplina prevede anche il marchio comunitario. Il marchio comunitario è gestito da un
regolamento comunitario il cui ultimo aggiornamento risale al 14 Giugno 2017. Anche questa è una normativa in
perenne adeguamento e modifica. Essa prevede un ufficio dell’unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)
che ha sede ad Alicante (Spagna) ed è l’ufficio preposto alla registrazione dei marchi comunitari.
La differenza tra marchio comunitario e locale è che i requisiti in linea generale sono i medesimi di quelli visti prima
ma la peculiarità è rappresentata dal fatto che nel momento in cui presento la domanda di registrazione per il marchio
comunitario, una volta accettata e quindi avente esito positivo la registrazione, la tutela sarà sull’intero territorio
comunitario. Conseguentemente con un adempimento colpisco tutta l’unione europea.
Nel momento in cui ho un interesse ad una tutela forte del marchio, avrò interesse alla registrazione nazionale. Ciò
perché l’eventuale accertamento delle cause di nullità e di decadenza del marchio, avranno effetto nel territorio
nazionale se fatta nel suolo nazionale, nel caso comunitario sull’intera unione europea. Quindi mi espone a rischi di
valutazione che non potranno essere omogenei all’intero territorio comunitario. La tutela del marchio comunitario
sarà utile se affiancata puntellando la registrazione sui territori di maggiore interesse.
La mancata registrazione del marchio farà venir meno la tutela anche se è comunque tutelabile se il marchio abbia
assunto una notorietà nazionale. La nullità in questo caso dovrà essere fatta valere da chi di fatto utilizzava il marchio
a livello nazionale ma non aveva fatto il ricorso alla registrazione.
Il marchio può essere trasferito? Si, il marchio può essere liberamente trasferito e liberamente trasferito senza più
legame senza più azienda (ciò dagli anni 90). Il tutto senza alcun tipo di vincolo e liberamente. Per il trasferimento del
marchio dovrò dare evidenza all’ufficio italiano brevetti e marchi perché dovrà risultare che quel determinato marchio
ha variato la proprietà.
La registrazione del marchio porta con sé un diritto di privativa che è circoscritto alla classe di prodotti per il quale
viene registrato.
Art. 23 – TRASFERIMENTO DEL MARCHIO - “Il marchio può essere trasferito per la totalità o per una parte dei prodotti
o servizi per i quali e' stato registrato. 2. Il marchio può essere oggetto di licenza anche non esclusiva per la totalità o
per parte dei prodotti o dei servizi per i quali e' stato registrato e per la totalità o per parte del territorio dello Stato, a
condizione che, in caso di licenza non esclusiva, il licenziatario si obblighi espressamente ad usare il marchio per
contraddistinguere prodotti o servizi eguali a quelli corrispondenti messi in commercio o prestati nel territorio dello
Stato con lo stesso marchio dal titolare o da altri licenziatari.”
L’unico elemento che resta è il contratto di licenza che è un contratto con il quale un soggetto consente da una parte
l’utilizzo del marchio da parte di terzi. Tale contratto di licenza potrà riguardare o prodotti diversi rispetto a quello per
cui è stato registrato (ed in questo caso si parlerà di merchandising), il problema si pone nel momento in cui concedo
licenza del marchio per la produzione dei medesimi prodotti che vengono appunto realizzati da diversi soggetti che
possono immettere nel mercato il medesimo del prodotto. Ecco qui che il livello qualitativo del contratto di licenza per
il prodotto immesso nel mercato da soggetti diversi dovrà rispondere a caratteristiche di omogeneità. Anche il
pubblico dovrà riconoscere il prodotto.

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