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Diletta Degioanni Tossicologia 7-06-21

Stavamo considerando le sostanze di dipendenza. Se consideriamo l’ultima relazione europea sulla droga,
del 2019, vediamo che insieme alla cocaina, tra le sostanze più utilizzate abbiamo:

1. La cannabis, che è la sostanza illecita più utilizzata in assoluto;


2. MDMA (: ecstasy) spesso consumata insieme ad altre sostanze tra cui l’alcool;
3. Le amfetamine
4. Gli oppiacei. Tra gli oppiacei, quello illegale consumato in Europa maggiormente è l’eroina.
L’eroina può essere assunta per diverse vie (nasale o parenterale) e si ricava dalla morfina. È una
droga semisintetica che viene preparata per una doppia acetilazione della morfina stessa. Venne
sintetizzata per la prima volta nel 1874 e come per la cocaina, nasce con uno scopo farmacologico.
È infatti un analgesico per diverse patologie: da quelle pneumologiche a quelle ginecologiche di
svariata natura e tipo. Però, viene tolta alla fine degli anni Cinquanta in Europa dal mercato perché
ha un elevato potere tossicogeno, quindi di sviluppare dipendenza, che è la caratteristica che noi
oggi conosciamo dell’eroina.

L’eroina viene venduta sul mercato con gradi di purezza diversa. Viene tagliata con altre droghe, zucchero,
latte in polvere e in alcuni casi con stricnina. C’è proprio questa metodica di taglio, di diluizione della
concentrazione della eroina se vogliamo vederla da questo punto di vista che rende ragione, a volte, della
tossicità in uso acuto dell’eroina stessa. In base alla % di stricnina potremmo sommare agli effetti dannosi
dell’eroina gli effetti della stricnina. Normalmente, la purezza in cui viene utilizzata l’eroina va dal 20 al
50%. Abbiamo l’eroina base, brown sugar, che non è solubile in acqua e normalmente ha una potenza
psicotropa più bassa rispetto all’eroina in forma di sale e brucia a temperature più alte. Poi abbiamo
l’eroina sottoforma di sale o eroina bianca che brucia a temperature più basse e viene fumata con una
minore dispersione e infine abbiamo l’eroina black tar o catrame nero che entra in gioco negli anni Ottanta
in Messico. In questo caso non parliamo di polvere, come per gli altri casi, ma di una massa appiccicosa
nera – da qui il nome di catrame nero. È abbastanza dura e viene assunta per iniezione. Le vie di
assunzione, infatti, sono:

• Il fumo dell’eroina – via inalatoria


• Via endovenosa

Il meccanismo d’azione è -----. Abbiamo detto che l’eroina deriva dalla morfina quindi con questa ne
condivide l’azione sul SNC.

Abbiamo lo schema della terminazione nervosa nel nucleo accumbens che mette in relazione come la
stimolazione oppioidergica permette di regolare in senso negativo il rilascio di GABA da parte della
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terminazione nervosa e il GABA di suo avrebbe l’effetto di ridurre la liberazione di dopamina. Se mettiamo
la morfina, come nel caso a destra, abbiamo una down regolazione del rilascio di GABA →riduciamo lo
stimolo negativo sulla regolazione della dopamina →andremo ad aumentare il rilascio di dopamina con
un’eccitazione e quindi quest’effetto positivo di rinforzo e di instaurarsi del circuito della ricompensa.
L’eroina agisce sui recettori δ e κ degli oppioidi con un effetto simile a quello delle endorfine e della
morfina. L’effetto evocato dall’eroina è anche più potente di quello evocato dalla morfina. L’eroina ha
come metabolita attivo la morfina e questo metabolismo avviene ad opera delle esterasi plasmatiche, non
di quelle epatiche. Questo vuol dire che avremo una grande quantità rapidamente metabolizzata di eroina
in metabolita attivo morfina, con un aumento dell’effetto finale. Effetto che vi ricordo è collegato al rilascio
di dopamina.

Questo rilascio di dopamina cosa comporta a livello di effetti fisiologici e psicologici? Dopo l’assunzione si
definisce che si entra in un orgasmo psicotico, ovvero in uno stato definito anche di flash, in cui abbiamo
un’alterazione del comportamento emotivo e motivazionale e uno stato di euforia accentuato. Dopo
questo primo intenso momento di piacere in cui il soggetto prova una indifferenza verso il mondo e un
distacco percettivo segue poi un rallentamento del pensiero, dei gesti e dei comportamenti che porta
lentamente a uno stato di tranquillità e di sonnolenza. In qualche modo possiamo dire che si alterna una
fase di sollecitazione “orgasmica” (perché c’è proprio un intenso senso del piacere) a cui consegue uno
stato di sonnolenza e di tranquillità che durerà da 3 a 5 ore. Durante lo stato di piacere si parla di flash
perché è caratterizzato dalla presenza di vampate di calore, una grossa secchezza delle labbra e, a seconda
dell’intensità del flash che sarà dose-dipendente, si possono manifestare anche nausea e vomito. In questo
stato sono presenti delle alterazioni nel ritmo cardiovascolare, e questo porta alle vampate di calore, e si ha
poi un’alterazione della capacità contrattile dello stomaco e dell’intestino e una riduzione dei processi
digestivi che portano alla nausea e al vomito. Inoltre, l’uso di eroina in modo tempo-dipendente e può
andare anche ad avere un effetto sulla funzione respiratoria. In caso di sovradosaggio avremo quindi anche
un depressione respiratoria. Nell’uso cronico, invece, si ha un effetto sulla regolazione del ciclo estrogenico
con una riduzione dell’ovulazione e una mancanza delle mestruazioni nelle donne. Questo quadro di forte
commistione tra effetti fisici ed effetti psicologici è alla base della dipendenza che comporta l’uso
dell’eroina. È una dipendenza estremamente rapida ad insorgere, quindi la potenza di dare
tossicodipendenza è molto elevata, e quindi si può instaurare anche dopo relativamente poche
somministrazioni. Non è necessario un uso cronico a lungo termine.

In caso di sovradosaggio, quindi tutto il concetto di overdose, dobbiamo ripensarlo in ottica di overdose da
oppioidi. La dose letale minima di eroina è di 200 mg e comporta l’insorgenza di miosi e di bradipnea che
può portare poi al collasso respiratorio. La terapia sarà una terapia simile a quella degli oppioidi. Se
abbiamo una condizione di riduzione della capacità respiratoria, la prima cosa sarà mantenere le vie aeree
pervie con una ventilazione meccanica. In più potremmo usare antagonisti degli oppioidi come il naloxone
endovena per spiazzare il legame dell’eroina ai recettori oppioidergici. Qua non c’è nulla di diverso rispetto
a quanto abbiamo già detto in generale per gli oppioidi. L’unica caratteristica che vi posso sottolineare, in
termini farmacocinetici, è che visto che l’eroina ha questa capacità di essere metabolizzata in morfina ed ha
un’emivita molto lunga, l’emivita è di molto superiore a quella del naloxone. Quindi spesso e volentieri una
sola somministrazione non è sufficiente e sono richieste somministrazioni successive per spiazzare
completamente l’eroina dall’organismo.

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L’eroina risulta sicuramente


l’oppiaceo illecito più usato
ma bisogna considerare che
esiste un abuso sempre più
crescente di oppiacei
sintetici. La tabella riporta i
sequestri di oppiacei legali
non eroina effettuati nel
2017. Sequestro effettuato
per un uso illecito. Sono
presenti fondamentalmente tutti gli oppiacei che conosciamo a partire dal metadone, per continuare con il
fentanil (da molti considerata una nuova droga estremamente diffusa), ossicodone, codeina. In realtà, ad
oggi, abbiamo diversi oppiacei che vengono utilizzati per un trattamento specialistico e che stanno
diventando droghe da abuso. Tra queste, anche se non è riportato in questa tabella, sottolinea il caso del
destrometorfano ovvero del principio attivo contenuto nel Bronchenolo sciroppo, un antitussivo utilizzato
in diverse preparazioni farmaceutiche da banco e che ha una azione simile alla codeina. Il destrometorfano
agisce in modo simil-codeina sul centro della tosse a livello del SNC reprimendo lo stimolo tossigeno.

Diversi studi avevano dimostrato che c’era un rischio elevato di dipendenza e di abuso del destometorfano
soprattutto negli adolescenti in America. Infatti, parte in America una valutazione del potenziale di abuso
del destrometorfano per valutare se inserire il destrometorfano tra le sostanze controllate in America. In
America la legislazione dei prodotti da banco prevede l’acquisto del medicinale senza bisogno di un
controllo da parte del farmacista. Diversi articoli dimostrano che negli anni 2006-2007 si ha un incremento
del consumo di destrometorfano in modo spropositato, soprattutto nella popolazione adolescente. Si
dimostra che insieme all’abuso di destrometorfano conseguono dei comportamenti violenti correlato a
omicidio o suicidio. Questo è evidenziato nello studio che raccoglie i dati di consumo del destrometorfano
dal 2000 al 2010 in America ed evidenzia che nel 2006 si è assistito a un picco di incremento di abuso di
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questa sostanza che poi è iniziato a scendere per un cambio della legislazione americana proprio sulla
vendita del destrometorfano. Noi il bronchenolo sciroppo lo pensiamo come qualcosa di estremamente
sicuro. Il destrometorfano è una sostanza psicoattiva con proprietà dissociative. Infatti, è simile alla morfina
strutturalmente, passa la BEE ma non è dotato di proprietà analgesiche. Ha invece proprietà sedative e,
similmente alla morfina, ha un effetto sul centro della tosse. I suoi effetti sono dose dipendenti lo vediamo
nella foto:

abbiamo una serie di effetti dose-


dipendenti. Quindi nei dosaggi normali di
15-30 mg al giorno che corrispondono ai
3 cucchiai al giorno lontani dai pasti che
sono raccomandati per l’uso del
bronchenolo, quelli che si manifestano
sono gli effetti antitussivi. Quindi l’azione
sul centro della tosse riguarda l’inibizione
dello stimolo tussigeno. Se però
aumentiamo di 10 volte circa il dosaggio
passiamo ad uno stato di ipereccitabilità.
Si parla di un vero plateau di effetti
dovuto alla stimolazione sul SNC legato al
rilascio di dopamina con effetti molto
simili a quelli che si manifestano
assumendo ecstasy. Salendo ulteriormente, arriviamo ai 200-400 mg/Kg, iniziano a comparire allucinazione,
disartria e un deficit della memoria a cui poi consegue, se aumentiamo ancora, uno stato definito out of
body ovvero uno stato di dissociazione dalla realtà terrena e la percezione di essere al di fuori del corpo e di
vedere la propria vita da uno stato esterno. Il segno classico in questo senso è un segno oculare con il
nistagmo. Fondamentalmente queste varie escalation sono legate a un secondo plateau di effetti che si
definiscono simil associazione marijuana-etanolo. Infine, si arriva alla vera e propria fase dissociativa dove
abbiamo delle associazioni simili a quelle indotte dalla ketamina. Si può quindi arrivare ad avere delle
esperienze dissociative che in alcuni casi esitano in comportamenti violenti. Come abbiamo detto prima ci
può essere il suicidio o il tentato omicidio. Tendenzialmente, queste ultime fasi dissociative e violente si
manifestano più comunemente quando si assiste a un’associazione del destrometorfano con altre sostanze
d’abuso, a partire dall’alcol. In questa tabella è poi riportato anche il profilo farmacocinetico che ci serve a
capire la tempistica di tutti questi effetti dose-dipendenti. Infatti, il destrometorfano viene metabolizzato in
una sostanza che continua ad essere attiva anche a livello del SNC, che è il destrorfano, e che spiega il
motivo per cui l’assunzione ripetuta di destrometorfano facilita l’instaurarsi di questo quadro dissociativo. È
proprio la ricerca di questo quadro dissociativo che è alla base dell’abuso di questa sostanza da parte degli
adolescenti che riprovavano uno stato di allucinazione desiderato, la sostanza allo stesso tempo è legale
perché viene venduto in farmacia come sciroppo per la tosse ed essendo uno sciroppo per la tosse ha
anche un basso costo. Ecco spiegata l’abitudine e l’attitudine al consumo di destrometorfano.

In realtà, come accennato prima, dal 2006 questo allarme sull’abuso di destrometorfano porta a cambiare
in qualche modo quella che è la modalità di vendita del destrometorfano in America, che posiziona la
sostanza tra le sostanze da mantenere sotto controllo e che richiedono fondamentalmente una valutazione
da parte del prescrittore prima di essere vendute. Questo porta un cambiamento nella quantità di soggetti
che abusano di destrometorfano e una riduzione di questo comportamento rischioso da parte degli
adolescenti. Accanto a questo il problema viene risolto in modo simile anche in Polonia. Uno studio valuta
nell’arco temporale 2008-2017 il ricorso al destrometorfano per motivi differenti da quelli medici e anche
qui viene registrata una caduta nel tempo all’uso di destrometorfano e una riduzione delle intossicazioni.

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Questo nuovamente è legato a una variazione della legislazione nel regime di vendita del destrometorfano
in Polonia e l’effettuazione di una serie di campagne informative educazionali. In Italia, il problema del
destrometorfano non è stato così sentito perché è diverso il regime di vendita. Già il fatto di dover passare
attraverso il farmacista nell’acquisto rispetto all’approvvigionamento da solo in una cassa al supermercato
cambia il ricorso alla sostanza. Ad oggi, in Italia, non abbiamo avuto alcuna revisione sul regime di vendita
del destrometorfano e il bronchenolo sciroppo viene ancora venduto esattamente come veniva venduto
prima.

Andando avanti nel discorso delle sostanze illecite quello che abbiamo effettuato fino ad ora è stata una
carrellata di sostanze illegali a elevato potere tossicogeno. Abbiamo infatti valutato la cocaina e abbiamo
valutato l’eroina. Il caso poi del destrometorfano è un caso particolare che pone l’accento sulla possibilità
di utilizzare sostanze legali come sostanze d’abuso. La scorsa lezione avevamo fatto la classificazione delle
sostanze d’abuso dicendo che possono essere legali o illegali. Inoltre, questo esempio ci pone l’accento
sulla problematica d’abuso soprattutto nella popolazione più giovane. Questo accende i riflettori su due
tipologie di droghe o sostanze d’abuso con caratteristiche particolari che ne caratterizzano la diffusione. Da
un lato abbiamo la smart drugs ovvero droghe furbe. Sono una serie di composti di diversa origine, naturale
o sintetica, che contengono principi attivi, estratti vegetali e simili e che permettono di aumentare l’attività
celebrale, la capacità di apprendimento, l’attenzione, la memoria in chi le assume ma che forniscono allo
stesso tempo effetti psichedelici, delle percezioni sensoriali alterate e che ricadono in sostanze che sono
ritenute legali. Ad esempio, all’interno delle smart drugs troviamo la caffeina che non è illegale ma ha delle
capacità stimolanti, ha delle capacità di aumento delle prestazioni a partire dalle prestazioni mentali e
dell’attenzione. Però, allo stesso tempo, se assunta in dosaggi elevati può causare una sovraeccitazione del
SNC. Stesso discorso vale per il ginseng. Se queste sono sostanze la cui percezione comune è quella di una
sostanza assolutamente che non causa grossi problemi di tossicità come l’ecstasy, all’interno di queste
smart drugs sono presenti altre sostanze con tutt’altro quadro tossicogeno. Sono presenti una serie di
sostanze derivate da funghi e piante allucinogene che ad oggi non sono perseguibili dalla legge e che
vengono utilizzate in prodotti come gli integratori. Oppure sono sostanze che hanno uno scopo
farmacologico, ad esempio l’efedrina, che è un decongestionante nasale che può aumentare le prestazioni
fisiche. È infatti inserita nella lista delle sostanze proibite ad uso sportivo, quindi nelle liste del doping. A
questo punto possiamo far ricadere almeno in un’accezione ampia sotto il concetto di smart drugs tutti gli
oppioidi legali e assumibili dietro prescrizione medica o anche il destrometorfano. Le smart drugs si
contrappongono in termini di legalità alle club drugs cioè sostanze d’abuso che vengono consumate da
giovani e adulti nei contesti ricreativi a partire dai rave party, ambienti sociali e che comprendono una serie
di sostanze proibite tra cui l’ecstasy, il GHB, il roipnol, la metamfetamina e la ketamina. Sono tutte sostanze
ad alto potere tossicogeno e che instaurano un quadro allucinogeno dissociativo molto simile a quanto
abbiamo descritto per il destrometorfano, ma anche simile a quello indotto da alcune smart drugs. Il
problema in questo contesto è che noi oggi fotografiamo e facciamo alcuni esempi. Questo esempio in
questo contesto è valido oggi ma, in realtà, il mondo delle sostanze illecite e lecite ha un turnover e una
variazione estremamente rapida. Si dice che le sostanze psicoattive sono a rapida diffusione e sono sempre
nuove. Questo causa grossi problemi, ad esempio, in una definizione legislativa perché bisogna riuscire a
identificare la sostanze. Infatti, l’approccio per regolamentare le nuove droghe dovrà essere diviso in 3 fasi
dove il primo è uno scambio di informazioni tra le varie nazioni per identificare precocemente nuove
abitudini e nuove sostanze consumate prima non conosciute, effettuare una valutazione del rischio con dei
tempi anche abbastanza rapidi per poter dare, infine, una risposta legislativa attraverso un processo

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decisionale. Il problema rimane sempre quello della raccolta di informazioni in modo tale da aggiornare le
legislazioni vigenti in materia di sostanze da abuso.

Fondamentalmente, l’approccio che viene seguito dalla maggior parte dei Paesi è quello di cercare di
identificare le sostanze attraverso una loro definizione in base alla struttura chimica, definita anche un
gruppo generico. Quindi, cercare sostanze con strutture chimiche simili o similari a quelle già conosciute e
che permettano di identificare nuovi potenziali rischi in modo da poter inserire nuove sostanze psicoattive
nella maniera più precoce possibile.

In questo quadro, la difficoltà è quella di identificare sia la sostanza che effettivamente induce lo stato
psicoattivo e quindi che viene consumata tal quale per ricercare l’effetto desiderato sia identificare quelle
sostanze che vengono utilizzate come precursori della sostanza d’abuso e che come tali non sono
normalmente classificate tra le droghe d’abuso. Quindi ritorna il concetto di smart drugs che può essere
alla base della preparazione di una club drugs. È per questo motivo che a volte diventa difficile separare
questi livelli.

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Prendiamo degli esempi. Nella tabella vediamo sostanze che sono state sequestrate nel 2017 e che
vengono utilizzate normalmente come precursori di sostanze d’abuso. Se consideriamo la sostanza d’abuso
ecstasy troviamo ad esempio la possibilità di utilizzare il safrolo per produrla. Il safrolo, in realtà è
contenuto in diversi oli essenziali di Sassofrasso, si trova quindi nell’essenza di canfora, di anice stellato,
nell’essenza di noce moscata e in più lo troviamo nel prezzemolo, nel pepe nero, nel cacao e ovviamente in
quelle spezie e frutti che vengono utilizzati per preparare gli olii essenziali. Come tale, il safrolo, non ha
carattere illegale ma può essere utilizzato per arrivare poi all’ecstasy.

Stesso discorso può valere per l’amfetamina. Torna un esempio che abbiamo già citato prima, l’efedrina.
L’efedrina è un decongestionante simpatico-mimetico che può essere utilizzato per produrre amfetamine e
metamfetamine. Essa stessa d’altronde ha effetti simil amfetamine.

L’efedrina è uno dei classifici esempi di smart drugs. L’efedrina è un simpatico-mimetico quindi un’agonista
adrenergico non selettivo: agisce sia sui recettori α che sui recettori β adrenergici ed ha un effetto simile
alle amfetamine perché aumenta
la sopportazione della fatica
quindi aumenta la capacità di
reggere lo sforzo fisico conferendo
una maggiore abilità di
prestazione poi sportiva. Questo è
il motivo per cui è inserita,
insieme alla pseudoefedrina, nelle
liste del doping. Hanno un quadro
di tossicità dose-dipendente che
sarà simile al quadro stabilito dalle
amfetamine. Infatti, gli effetti
collaterali principali sono a livello
cardiaco con tachicardia, in più
può comparire a livello SNC ansia,
allucinazioni, insonnia e tremori.
Si ha anche una riduzione
dell’appetito con un effetto che
potremmo anche chiamare
anoressizzante ed è in grado di
instaurare un forte quadro di
dipendenza. L’efedrina ha un’origine naturale: deriva dall’Ephedra sinica. Di origine asiatica e viene
utilizzatain numerosi integratori spesso e volentieri in associazione con prodotti contenenti fonti naturali di
caffeina che ulteriormente aumentano l’effetto
eccitante dell’efedrina e riducono la sensazione di
fatica. Come farmaco ha un significato di
decongestionante nasale, ha un effetto di riduzione
del broncospasmo per azione sui recettori
adrenergici. Ovviamente non sarebbe l’ideale in
una situazione asmatica dove un farmaco più
selettivo verso i recettori β2 avrebbe più effetti
terapeutici e meno effetti collaterali. L’efedrina
invece è un farmaco non selettivo. Il problema di
dipendenza e di eccitazione del SNC collegato
all’efedrina è legato alla capacità dell’efedrina di

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agire sul SN simpatico andando a causare da un lato una stimolazione dei recettori adrenergici con un
effetto diretto e, dall’altro lato, stimolare un effetto indiretto sempre sui recettori adrenergici perché
aumenta il rilascio delle NA. Nello schema vediamo che l’efedrina viene trasportata all’interno della
terminazione nervosa, scambiata con la NA che viene fatta fuoriuscire. Questo controtrasporto rende
ragione dell’aumentato rilascio di NA che consegue all’uso dell’efedrina e che porta ad un aumento della
trasmissione adrenergica estremamente potente. Inoltre, quello che manca nella slide è che, insieme a
questo aumentato rilascio di NA si ha anche un effetto sul rilascio di dopamina a livello della substanza
nigra. L’effetto sulla dopamina rende ragione dell’instaurarsi di quel circuito di ricompensa che poi è alla
base della ricerca costante di efedrina e degli effetti positivi di piacere evocati dall’assunzione di efedrina.
Ovviamente il fatto che il meccanismo d’azione sia legato al rilascio di NA e all’attivazione diretta dei
recettori adrenergici implica che gli effetti collaterali siano tutti spiegabili proprio in termini di rilascio di
queste sostanze e della distribuzione dei recettori adrenergici nel nostro organismo.

Un’altra sostanza presente negli elenchi delle smart drugs è la mescalina che è un’agonista serotoninergico
che come tale può scatenare una crisi serotoninergica con allucinazioni, comportamenti violenti e
distorsioni cognitive da un lato ma dall’altro lato abbiamo nausea, vomito, ansia, psicosi e depressione
legate all’attività sul recettore serotoninergico, in particolare l’isoforma 2A. la mescalina deriva dal mondo
vegetale, più precisamente dal Peyotl. Inoltre, si trova anche nel Trichocereus quindi in una serie di cactus
presenti nelle regioni peruviano e boliviane. La conoscenza della mescalina è una conoscenza antica legata
all’uso nei rituali indigeni di queste popolazioni sudamericane. Diviene poi più diffusa e conosciuta come
sostanza negli anni Sesanta e Settanta perché si diffonde il consumo nella cultura Hyppie. Viene poi vietata
in questo periodo. Però, ad oggi, si può trovare questa sostanza in quantità basse nelle piante che la
contengono. La mescalina è un alcaloide naturale e le sue caratteristiche d’uso sono descritte
nell’immagine:

veniva utilizzata nei riti indigeni perché è in grado di indurre uno stato di allucinazioni e psicosi con una
forte ipersensibilità e una forte allucinazione visiva: i colori diventano più vividi, i sensi si accentuano quindi
c’è una maggiore sensibilità nel tatto o una maggiore sensibilità ai suoni, quindi alla percezione del mondo
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esterno. Si entra in uno stato che potremmo pensare di trans, mediatico, che viene utilizzato proprio nel
rito stesso. Questa stimolazione porta a una serie di effetti, tra cui una tachicardia, una sensazione di
agitazione e un’alterazione della rigidità muscolare che può manifestarsi con un tremore fino a delle vere e
proprie fasi convulsive. La temperatura corporea del soggetto aumenta, si manifesta midriasi a livello
oculare, il soggetto diventa loquace. L’emivita è di circa 6 ore e questo stato di alterazione della coscienza è
uno stato che permane a lungo nel tempo. Il motivo di questi effetti è legato all’attività serotoninergica
della mescalina. Abbiamo detto che si lega al
recettore 5HT2A della serotonina che è
presente a livello post sinaptico della
terminazione neuronale. Ora, la mescalina
identificata in azzurro va a legarsi al recettore
e quindi attivare il segnale indotto dalla
presenza della proteina Gq come proteina
associata al recettore del serotonina, aumenta
l’inositolo trifosfato intracellulare, il calcio e
questo attiva questa scarica serotoninergica
che pare particolarmente elevata a livello della
corteccia prefrontale. È proprio l’attivazione a
livello della corteccia prefrontale dei recettori
5HT2A che sembrerebbe correlato agli effetti
psichedelici indotti dalla mescalina stessa.
Inoltre, sebbene il recettore 2A sia la forma
per la quale la mescalina ha maggiore affinità,
questa sostanza è anche in grado di legarsi al recettore 2C della serotonina e con questo contribuire al
potenziamento dell’effetto serotoninergico a livello del SNC. Dall’altro lato, alcuni studi hanno dimostrato
che la mescalina abbia anche un effetto di stimolazione del recettore dopaminergico e questo
fondamentalmente spiegherebbe l’instaurarsi del piacere e del circolo di rinforzo associate all’uso della
mescalina.

Se vogliamo fare un confronto della mescalina con altre sostanze in grado di agire sempre sul sistema
serotoninergico, le sostanze che dobbiamo tenere presenti sono l’acido lisergico (LSD) e la psilocibina.

Se vediamo nel confronto, il tempo di insorgenza della mescalina è molto più ritardato rispetto all’LSD e alla
psilocibina ma anche la durata dell’effetto diventa più elevata. Quindi la mescalina, tra tutti, è il farmaco
meno potente però è quello con effetti che durano più a lungo nel tempo. Tra l’altro, la mescalina così
come le altre sostanze ha una capacità di indurre tolleranza, tolleranza in questo caso reversibile. Quindi la
tolleranza si instaura dopo alcuni giorni di consumo ma dopo altrettanti giorni di astinenza questa
sensibilità ritorna ai livelli originali. Se parliamo di effetti da assunzione di mescalina li troviamo descritti in

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maniera più esaustiva qui. Saranno legati sempre al discorso di attivazione serotoninergica. Dobbiamo
pensare alla distribuzione
del recettore
serotoninergico e gli effetti
più manifesti saranno a
livello cardiovascolare
(tachicardia), ci saranno
tremori e midriasi e poi ci
sarà l’alterazione
percettiva psicotica che
possono portare fino ad
aggressività. Questo
quadro caratterizza non
solo mescalina, LSD e
psilocibina ma diverse altre
sostanze che possono
essere utilizzate sempre a
scopo ricreativo e sempre in funzione della presenza di una struttura serotonina-simile.

Tra queste una molto comune compresa all’interno delle smart drugs è l’ayahuasca (detto aiausca) o DMT,
dimetiltriptamina. L’ayahuasca deriva da due tipologie di piante amazzoniche: la liana Banisteriopsis caapi e
le foglie dell’arbusto Psycotria viridis. Queste piante contenenti ayahuasca si ritrovano principalmente nel
territorio amazzonico, quindi Perù, Colombia, Equador, Brasile e Venezuela e venivano utilizzati
principalmente per riti sciamanici perché venivano utilizzati per la preparazione di un infuso in grado di
indurre un effetto visionario psichedelico. La differenza tra le due forme di piante la possiamo vedere sotto:

il principio attivo estratto dalla Banisteriopsis caapi, l’harmina, è una sostanza allucinogena da cui dipende
l’effetto psichedelico della sostanza e ha numerosi effetti sgradevoli tra cui la nausea, la vertigine, il senso
di ubriacatura. Questa normalmente viene assunta non da sola ma in un infuso che unisce la liana alle foglie
di Psycotria viridis dove troviamo come principio attivo la DMT anch’essa caratterizzata da effetti
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allucinogeni importanti evocati dall’uso della pianta. La caratteristica della DMT è che ha uno spiccato
tropismo per i recettori 5HT2C, e in più lega anche i recettori 5HT2A. È proprio questo legare, anche se con
minor potenza, il recettore 5HT2A che conferisce delle caratteristiche simili a quelle descritte per la
mescalina. La particolarità poi sussiste nel metabolismo. La DMT viene inattivata ad opera delle MAO quindi
gli effetti finirebbero molto velocemente. La miscela che si prepara e che si utilizza, che vede l’associazione
del DMT con l’harmina e con una serie di altri alcaloidi aromatici protegge la DMT dalla inattivazione
enzimatica perché tutte queste sostanze sono in grado di inibire le MAO. Quindi, in questo modo le
sostanze presenti nella miscela potenziano gli effetti indotti dalla DMT. Per quanto riguarda gli effetti
collaterali e gli effetti psichedelici vista l’omologia d’azione con la mescalina, e di conseguenza con LSD e
psilocibina, avranno un quadro sovrapponibile.

Arriviamo ora a un’altra sostanza di origine vegetale che è la mitraginina. A differenza delle sostanze
precedenti, agisce sugli oppioidi quindi ci riporta a quello che abbiamo detto quando abbiamo parlato di
eroina. Avremo quindi degli effetti oppioidergici che caratterizzeranno sia l’effetto ricercato che quelli che
possono essere considerati gli effetti avversi e la tossicità che saranno legate a una riduzione dell’appetito,
del peso, secchezza cutanea, dipendenza e eventuale eccessiva stimolazione del sistema oppioidergico. La
Mitragina speciosa è anche conosciuta con il nome comune di kratom. È un albero tropicale presente
nell’Asia sud Orientale. La droga è costituita dalle foglie, caratterizzate dal gusto amaro, che vengono
utilizzate anche secche. Contengono i vari principi attivi psicoattivi per i quali il kratom può essere utilizzato
come pianta antidolorifica. Questi principi attivi sono una miscela di 25 alcaloidi diversi ma solo alcuni
esercitano l’effetto principale. Il kratom viene utilizzato masticando o fumando le foglie o sottoforma di
tisane. Tra i vari alcaloidi la mitraginina è l’alcaloide principale ed è quello che poi da il nome alla pianta
stessa. Ha una struttura simile alla yohimbina, ha un’ottima capacità di superare la BEE ed ha un’azione
oppioidergica, più precisamente è un’agonista parziale. Questo spiega perché gli effetti del kratom sono
estremamente dose dipendenti. A basse dosi si ha un effetto di tipo stimolanti mentre a dosi elevate
compare l’effetto oppioide con la caratteristica sedativa indotta dagli oppioidi stessi. La mitraginina viene
trasformata in metabolita attivo ad opera del CYP3A4 e il suo metabolita attivo è quello responsabile
dell’attività agonista dei recettori degli oppioidi μ. In assenza del metabolismo la sostanze è una sostanza di
per sé inattiva, incapace di legare il recettore oppioidergico.

Accanto all’attività oppioidergica sui recettori μ,


caratterizzata dal metabolita attivo, la quota che non viene
metabolizzata in metabolita attivo (la mitraginina tal quale) è
in grado di avere azioni antagoniste sui recettori κ e δ degli
oppioidi, di stimolare i recettori α2 adrenergici e quindi
andare a indurre un quadro anche in parte simpatico
mimetico selettivo. Blocca poi i canali del calcio e ha un
effetto di parziale antagonismo serotoninergico. È questo che
spiega l’insorgenza di depressione in seguito all’uso della
mitraginina quando a dosi più elevate compare l’effetto
depressivo e non stimolante. L’altro principio attivo
estremamente importante per spiegare l’effetto del kratom è
riportato sotto, la 7-idrossi mitraginina. È il metabolita attivo
che viene prodotto dall’ossidazione della mitraginina ma si
trova già come componente attivo nella pianta. In parte viene
trasformata in 7-idrossimitraginina e in parte la assumiamo
tal quale in forma attiva. Questa è molto più potente come
antidolorifico rispetto alla morfina ed ha questa azione
selettiva sul recettore μ degli oppioidi. È molto più lipofila

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della mitraginina e quindi supera meglio la BEE ed è responsabile degli effetti analgesici indotti dalla pianta.
L’importanza di questi effetti analgesici è stata motivo di diversi studi.

Il kratom è in grado di indurre uno stato di analgesia e di ridurre la risposta stressogena nell’animale. Per
capire il legame del recettore oppioide μ quello che è stato fatto è studiare l’effetto analgesico su topi
normali, wild type, che su topi con una specifica delezione del recettore μ. Il kratom è risultato attivo in
entrambi contesti dando un effetto analgesico che a questo punto si pone come un effetto indipendente
dall’attivazione dei recettori μ degli oppiodi. Una delle giustificazioni che porterebbe a spiegare questo
effetto è la capacità di alcuni principi nel kratom ma non della mirtaginina e della 7-idrossimitraginina di
attivare dei pathway di segnale alternativi, cioè battivare la via di segnale del sistema oppioidergo anche in
sua assenza, con delle vie alternative alla presenza del recettore μ. Queste vie alternative sembrano essere
la via della β arrestina. Dall’altro lato si è visto che gli effetti di riduzione dell’ansia e dell’analgesia possono
essere legati all’attivazione dei recettori κ più che dei recettori μ. È quindi ad oggi in studio il potenziale uso
del kratom come sostanza per ridurre la sindrome da astinenza indotta dagli oppioidi.

Gli effetti collaterali sono riassunti qui:

Fondamentalmente li possiamo distinguere in


effetti acuti che insorgono velocemente in seguito
all’assunzione e includeranno secchezza delle
fauci, alterazione della capacità urinaria, perdita
dell’appetito con costipazione, nausea e vomito
(effetto anoressizzante). È ovvio che quest’effetto
di nausea e vomito e perdita dell’appetito, può
diventare cronico con la perdita di peso in seguito
all’utilizzo prolungato del kratom. Altra
particolarità in seguito all’uso cronico è uno
scurimento della pelle, quindi iperpigmentazione
cutanea, e in più si può instaurare una tossicità
caratterizzata da insonnia e in alcuni casi delle
allucinazioni con confusione mentale definite
psicosi da kratom.

Il kratom crea dipendenza e quindi uno stato di


assuefazione. Si è visto che se viene consumato
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per più di sei mesi è in grado di indurre una grave sindrome di astinenza caratterizzata da aggressività e
irritabilità, variazioni della sfera emotiva, dolori muscolari e ossei e movimenti a scatti degli arti. Tutti questi
effetti saranno effetti dose-dipendenti.

L’ultima sostanza è la salvinorina A ricavata dalla Salvia divinorum (?). È un allucinogeno dissociativo con
azione psichedelica che agisce sempre come agonista oppioide con un effetto preferenziale sui recettori κ.
L’attivazione dei recettori κ è alla base delle allucinazioni che caratterizzano gli effetti della salvinorina A. gli
effetti collaterali saranno alterazione della coordinazione, eventuale perdita di conoscenza e la
caratteristica che la connota di più è l’eventuale insorgenza di sonnambulismo. La salvinorina A è solo uno
dei principi attivi presenti nella Salvia divinorum. È un’agonista dei recettori κ ma ha anche una moderata
attività per il recettore della dopamina. In particolare, si è visto che è in grado di ridurre i livelli di dopamina
di alcune aree cerebrali nel topo. Queste aree sono ad esempio il putamen caudato o a livello dello striato
dorsale dove viene non tanto alterato il reuptake di dopamina quanto il rilascio di dopamina che viene
ridotto in queste zone. La salvinorina deve le sue azioni all’essere trasformata in salvinorina B attiva che ne
allunga di molto la durata degli effetti. Infatti, la salvinorina A darebbe un effetto che subentra nei primi 40
secondi dalla somministrazione e
un emivita di 8 minuti. Avremmo
un effetto flash rapido e poi uno
spegnimento dell’effetto. Il fatto
che venga metabolizza in
salvinorina B permette di
instaurare una serie di effetti più
prolungati. La particolarità della
salvinorina A è che può indurre a
livello psichedelico una crisi
chiamata bad trip temporanea in
cui quello che si vive non è
un’esperienza positiva e
gratificante ma un’esperienza
caratterizzata da terrore e
disforia che è legata alla riduzione
del rilascio di dopamina. Il problema non è tanto nel soggetto sano ma è importante in soggetti con
patologie psichiche latenti perché questa situazione potrebbe slatentizzare una patologia sottostante della
quale il soggetto non era avvisato. Il consumo di Salvia divinorum avviene con l’inalazione del fumo e
questo rende ragione della velocità dell’insorgenza degli effetti con una maggiore distribuzione a livello del
SNC. È il più potente allucinogeno naturale che ad oggi si conosce: è una sostanza psicoattiva già a dosi di
200 μg e gli effetti hanno un’intensità proporzionale alla dose, sono caratterizzati da un riso incontrollabile,
ritorno del flashback quindi di ricordi del passato e una serie di visioni a due dimensioni con questo stato
dissociativo, quindi la capacità di proiettarsi dall’esterno e di vedere una realtà alternativa che viene
proiettata come se fosse un film. Inoltre, più realtà si sovrappongono e quindi il soggetto sperimenta la
percezione di essere in più posti allo stesso tempo.

Questo discorso esaurisce gli esempi che abbiamo fatto sulle smart drugs. Di esempi possibili ce ne sono
infiniti.

Il mondo che si conrappone a quello delle smart drugs è quello delle club drugs. Sono sostanze pienamente
illegali e prendono il nome di drug per l’uso ricreativo che viene fatto da soggetti giovani durante attività
ricreative come possono essere feste o similari. Alcuni di questi sono il roipnol o droga per stupro, le
metamfetamine usate nel doping, la ketamina che è anche un anestetico generale.

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Sono tutte droghe illegali comuni. Qui abbiamo una rappresentazione schematica di quelli che sono gli
effetti più comuni che si manifestano in seguito al loro utilizzo e le vie di somministrazione. In tutti i casi il
problema non è solo quello di un’intossicazione acuta ma quello di danni a lungo termine.

Ad esempio, l’ecstasy che in acuto può dare delle intossicaizoni con allucinazioni leggere (che sono le
ragioni per cui si ricerca l’ecstasy), l’aumento dell’energia quindi la non sensazione di fatica, la maggiore
percezione sensoriale che portano nel lungo termine alla possibilità di una perdita della memoria e dei
processi di conoscenza, a artimie cardiache, aumento della pressione che può arrivare a dare un infarto
miocardico ed eventuale morte.

Andremo a vedere queste classi una per una.

ECSTASY

Sostanza riconosciuta come illegale dal 1990. Ha una serie di effetti tutti legati alla capacità della stessa di
esercitare effetti serotoninergici. È un inibitore del reuptake della serotonina e porta a una maggiore
presenza di serotonina nello spazio intersinaptico. Inoltre, l’estasy ha la capacità di invertire il trasportatore
della serotonina quindi non solo la serotonina non viene più ripresa dal terminale presinaptico ma si ha
un’inversione per cui lo stesso trasportatore non servirà più a ricaptare ma servirà a rilasciare la serotonina.
Sarà un massiva scarica serotoninergica da cui derivano i principali effetti indotti dalla sostanza che saranno
legati a questa alterazione della scarica serotoninergica e che porteranno effetti sull’aumento della
temperatura, l’aumento della pressione sanguigna e del ritmo cardiaco. In tutto questo quadro
serotoninergico come abbiamo visto quando abbiamo parlato del circuito della ricompensa, il fatto di
indurre questa grande scarica serotoninergica, ha un effetto ovviamente anche sul sistema dopaminergico.
In particolar modo l’ecstasy ha la caratteristica non solo di agire sul sistema dopaminergico in via indiretta
per il legame serotonina-dopamina ma di inibire il reuptake anche di dopamina e quindi anche nel caso di
dopamina, avremo un aumento della sua concentrazione nello spazio intersinaptico.

I processi coinvolti a livello del cervello prevederanno effetti su diverse aree. Si avranno delle variazioni
dell’umore e una reazione dell’umore perché si avrà un coinvolgimento delle aree come quelle
dell’amigdala. Si avrà una riduzione dell’appetito e si avrà la stimolazione di quello che è il circuito della
ricompensa che avevamo già visto quindi di quelle connessioni tra il nucleo ventrale tegmentale e il nucleo
accumbens. In più verrà alterata anche la memoria, in particolare l’ippocampo. Questo coinvolgimento
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delle sfere del SNC rende ragione degli effetti acuti indotti dall’ecstasy. Non sono però gli unici. Proprio il
coinvolgere la neocorteccia e l’ippocampo va anche a causare delle alterazioni negative ad esempio dando
un pensiero confuso. In più si possono stabilire l’ipertermia, una sensazione di sete con secchezza delle
fauci e sudorazione, aumento della frequenza cardiaca e spasmi muscolari che riguardano principalmente la
mascella con serramento della mascella, legati a una regolazione centrale. L’ipertermia e la sete invece
sono regolate dall’ipotalamo. Abbiamo quindi un quadro estremamente complesso dovuto alla
distribuzione dei neuroni serotoninergici e dopaminergici nelle varie aree cerebrali. Verranno colpiti tutti i
tratti e tutte le aree che sono specificamente responsabili delle trasmissioni serotoninergiche e
dopaminergiche.

La diapositiva mostra quali sono gli effetti collaterali che si manifestano soprattutto in seguito ad uso
cronico. Si ha induzione di ipertermia che
può diventare grave e che può causare
delle lesioni cerebrali dovute all’aumento
del calore. A livello cardiaco si possono
verificare delle aritmie cardiache che
possono portare a un battito cardiaco
irregolare di tipo patologico. Questa
alterazione della FC normalmente si
associa a un’ipertensione grave che può
causare danni cardiaci anche permanenti.
Infine si ha un quadro molto problematico
a livello renale. Normalmente,
l’alterazione della FC e l’ipertensione si
riflettono sul rene con un’alterazione della
funzionalità renale. Lo sforzo richiesto ai
reni per controbilanciare la situazione
cardiovascolare che si va a instaurare diventa tale da innescare un quadro di insufficienza renale. Nel lungo
termine abbiamo tre punti chiave:

1. Ipertermia – può causare lesioni al cervello


2. Aritmia – può diventare patologica e danneggiare il cuore ma che può avere un effetto riflesso sul
rene con
3. potenziale insufficienza renale.

Fondamentalmente sono variazioni importanti nell’uso cronico. Le alterazioni del sistema serotoninergico e
dopaminergico indotte dall’ecstasy hanno un effetto sull’umore con uno stato di ipereccitazione acuto
importante ma segue, a questa grande scarica serotoninergica, una situazione di accentuata depressione e
irritabilità perché improvvisamente viene a cadere tutto il tono serotoninergico. Questo spiega il perché
viene ricercata una nuova somministrazione di ecstasy.

Questo stabilirsi di un circolo vizioso di ricerca dell’ecstasy ha delle conseguenze sul tono serotoninergico
nella corteccia cerebrale a lungo termine. L’uso cronico porterà in maniera abbastanza rapida a un crollo
del livello serotoninergico. In qualche modo potremmo dire che l’eccessiva scarica di serotonina la porta a
consumare tutta senza che venga rimpiazzata di pari passo. Abbiamo uno spegnimento dei livelli di
erotonina che non tornano a livelli normali nemmeno dopo diversi anni dall’uso di ecstasy. In questa figura
abbiamo il soggetto sano, (la presenza di serotonina è caratterizzata dal colore violetto), dopo due
settimane di sospensione dell’ecstasy e dopo 7 anni dopo la sospensione. Non siamo ancora tornati alla
situazione preesistente. Questo coinvolge principalmente la corteccia cerebrale e la zona dell’ippocampo.

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Quello che si ha è un danno della memoria, cronica, che permane dopo l’uso di ecstasy per tutta la durata
di vita del soggetto.

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