Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
- La prima : riguarda i contratti a TITOLO GRATUITO : per i quali viene dettata una soluzione +
favorevole all0obbligato in virtù del favor debitoris. E quindi il contratto dovrà essere interpretato
nel senso + favorevole a quest’ultimo che è colui il quale AGISCE PER EVITARE UN DANNO
(che il creditore possa cioè agire contro d lui) PIUTTOSTO CHE PER REALIZZARE UN
PROFITTO. Va precisato che per CONTRATTI A TITOLO GRATUITO SI INTENDONO I
CONTRATTI IN CUI NON VI E’ CORRISPETTIVITA’ quindi anche quelli con OBLIGAZIONI
DEL SOLO PROPONENTE.
- La seconda : riguarda i contratti a titolo oneroso x i quali il giudice deve prediligere
un’intereptazione CHE REALIZZI L’EQUO CONTEMPERAMENTO DEGLI INTERESSI DELLE
PARTI. Questo riferimento all’equità, secondo alcuni, potrebbe però IN ASSENZA DI CASISTICA
(visto che questa soluzione non è mai stata applicata) PORTARE IL GIUDICE A RISCRIVERE IL
CONTRATTO SECONDO IL SUO PERSONALE IDEALE DI GIUSTIZIA ED EQUITA’ (gli
darebbe in sostanza troppo potere). Secondo però Capobianco, ormai, nel nostro ordinamento,
sempre di + il contratto è fonte di ETERONOMIA QUANTO DI AUTONOMIA e lo stesso
oridnamento sempre di + si ispira ad un ideale di contratto ‘’ giusto’’ (quidni in sostanza nn ci
sarebbe niente di male in questo potere). Per limitare la discrezionalità di questo. Sempre secondo
Capobianco, occorre individuare nell’ordinamento delle regole tecniche che attenuino la vaghezza
del concetto di equità e queste regole tecniche ‘’ riempitive’’ del concetto di equità altro non sono
che valori COSTITUZIONALE DI EGUAGLIANZA SOSTANZIALE E DI EQUITA’ sempre
tenendo conto delle particolarità del caso concreto.
INTEPRETAZIONE DEI CONTRATTI ASSOCIATIVI
La categoria dei contratti associativi si riferisce a quei particolari contratti caratterizzati dalla
COMUNIONE DI SCOPO delle parti, che li distingue dai classici contratti di scambio, in cui gli
interessi delle parti sono opposti e trovano un contemperamento, anche attraverso fonti eteronome. Nei
contratti associativi, invece, le parti perseguono tutte un medesimo scopo e un unico risultato giuridico,
che consiste nell’attività dell’associazione creata, mezzo comune per la realizzazione dell’interesse di
individuale di tutti i membri. Tali contratti, sempre fonte di autonomia privata, ma di tipo associativo,
con fondamento negli artt. 2 e 18 Cost., sono comunque sottoposti alle regole sull’interpretazione ex artt.
1362/1371 cc, ma hanno delle peculiarità di cui occorre tener conto, motivo per cui occorrerà un giudizio
di compatibilità dell’applicazione di tali norme a questi contratti. Ad esempio, il criterio letterale potrà
prevalere sulla ricerca della comune intenzione delle parti, data la necessità di prediligere criteri
oggettivi di interpretazione per questi contratti, in quanto contratti che creano soggetti (associazioni e
società) in grado di incidere con la loro attività sulla sfera giuridica di terzi soggetti estranei al contratto
stesso. Quindi la loro rilevanza sul mercato e soprattutto nei confronti dei terzi impone la ricerca della
maggior possibile OGGETTIVITA’ nell’interpretazione dei contratti dubbi, sacrificando il senso
soggettivamente dato da chi vi ha preso parte.
La stessa protezione dei terzi, del resto, impone la previsione di una certa PUBBLICITA’ LEGALE di
questi contratti, ad esempio con l’iscrizione del registro delle imprese per i contratti di riferimento: anche
in questo caso, le dichiarazioni che si riportano nell’iscrizione nei registri, a livello di oggettivo
significato letterale, prevarranno su qualunque significato soggettivo una o più parti volessero dare.
Neanche sarà possibile, dopo queste operazioni di pubblicità legale, riqualificare il contratto associativo
per come è stato qualificato dalle parti.
Ciò però non significa che nei contratti associativi non si potrà ricorrere ai canoni soggettivi di
interpretazione soggettiva o soprattutto il canone della buona fede: gli artt. Da 1363 a 1366 saranno
perfettamente applicabili ai contratti associativi. Più cauto dovrà essere l’interprete, invece,
nell’applicazione dei canoni oggettivi (137-1371 cc), dovendosi di volta in volta procedere ad un
giudizio di compatibilità.
INTEGRAZIONE.
L’integrazione del contratto è il FENOMENO GIURIDICO ATTRAVERSO IL QUALE, IL
CONTENUTO DEL CONTRATTO PREDISPOSTO DALLE PARTI, VIENE INTEGRATO
APPUNTO (cioè determinato anche) CON IL CONCORSO DI FONTI ETERONOME QUINDI
ESTERNE : CIOE’ NON RICONDUCIBILI ALL’ACCORDO DELLE PARTI. Si tratta di un fenomeno
al quale sono riconducibili gli art 1339 (inserzione automatica di clausole) 1340 (clausole d’uso) 1375
(esecuzione del contratto in buona fede : NUONA FEDE INTEGRATIVA) e soprattutto 1374 (che è
l’articolo di portata generale : che in un èprmo momento, era considerato norma applicabile SOLO IN
CASO DI LACUNE, cioè in ASSENZA DI UNA VOLONTA’ DELLE ORMAI, SEMPRE + VEDE IL
CONTRATTO STESSO COME ESPRESSIONE DI AUTONOMIA E DI ETERONOMIA ALLO
STESSO LIVELLO. A proposito della concezione precedente sul 1374, va precisato che, ancora adesso
in generale, la dottrina distingue tra 2 diverse forme di integrazione : 1) INTEGRAZIONE
SUPPLETIVA : com’era considerato prima l’art che quindi interviene sul contratto QUANDO SU UN
DETERMINATO PUNTO NON E’ STATA ESPRESSA LA VOLONTA’ DELLE PARTI. Questa può
operare attraverso – previsioni normative – previsione del giudice mediante EQUITA’ E BUONA
FEDE; 2) INTEGRAZIONE COGENTE ex art 1339 : che, rispetto alla 1, è + invasiva rispetto
all’autonomia privata perché è una forma di integrazione che si realizza ATTRAVERSO NORME
IMPERATIVE CHE INTERVENGONO ANCHE IN SOSTITUZIONE DELLA VOLONTA’ DELLE
PARTI, QUANDO QUESTA NN SIA CONFORME. In alcuni casi poi, l’integrazione può essere
contemporaneamente SUPPLETIVA E COGENTE, come nel caso in cui nel contratto manchi la durata
del contratto, come per esempio nel caso del contratto di compravendita per cui la lege prevede il 4 + 1,
ed intervenga una norma di legge che lo stabilisca. Poiché l’integrazione INCIDE SUL CONTENUTO
DEL CONTRATTO, se le parti nn rispettassero le previsioni inserite nel contratto tramite integrazione
SI AVREBBE RESPONSABILITA’ CONTRATTUALE
1. Integrazione suppletiva.
Avviene innanzitutto con la INTEGRAZIONE DELLA LEGGE ex art 1374cc. Quindi attraverso la
integrazione suppletiva, intervengono nel contratto norme di legge che però sono NORME DI LEGGE
DISPOSITIVE CHE QUINDI POSSONO ESSERE DEROGATE DALLA VOLONTA’ DELLE PARTI
(questa è la differenza con la integrazione cogente, che invece come detto, inserisce nel contratto, NORME
IMPERATIVE CHE POI POSSONO ESSERE PROIBITIVE O CONFORMATIVE e comunque non
derogabili).
Il primo problema che pone la integrazione suppletiva, è come INTERPRETARE IL TERMINE LEGGE
COME FONTE ETERONOMA DI INTEGRAZIONE. Secondo un orientamento + attento, con il termine
legge s’intnderebbe QUALUNQUE DISPOSIZIONE NORMATIVA STABILMENTE ED
ISTITUZIONALMENTE VIGENTE ALDILA’ DELLA FONTE : quindi le norme cost, le norme
comunitarie (trattati regolamenti e direttive), i prinipi e le regole dell’ordinamento diverso da quello italiano
quando le parti scelgono un foro straniero, le norme regionali, le norme secondarie (regolamenti ) ,
provvedimenti delle autorità amm. Ex. compravendita. Se le parti non hanno fissato il tempo ed il luogo del
pagamento, questo avverrà al momento e nel luogo della consegna (questo è il classico esempio di
integrazione suppletiva attraverso norma dispositiva di legge).
Le norme dispositive, che integrano il contratto, possono avere caratteri diversi e possono essere :
- RECESSIVE : sono norme RESIDUALI che si applicano in via ECCEZIONALE quando le parti,
non dispongano diversamente. L’esempio fatto prima è un esempio di norma recessiva perché si apre
proprio ‘’ salva diversa volontà delle parti’’. Quindi in questo caso LA NORMALITA’ E’ LA
DIVERSA VOLONTA’ DELLE PARTI.
- DOMINANTI : sono la REGOLA CHE PUO’ ESSERE IN VIA ECCEZIONALE DEROGATA
DALLE PARTI. In questo caso la NORMALITA’ E’ LA REGOLA DI LEGGE E LA DIVERSA
VOLONTA’ DELLE APRTI SI PONE COME ECCEZIONE. Ex. la disciplina sulla garanzia dei
vizi nella compravendita.
Un altro problema posto dagli usi contrattuali, è la differenza con le CONDIZIONI GENERALI
PRESIPOSTE UNILATERALMENTE di cui al 1341cc perché questi fenomeni PRESENTANO
ANALOGIE. Ci si chiede in particolare se : ANCHE GLI USI NORMATIVI, DEBBANO ESSERE
APPROVATI PER ISCRITTO NELLO SPECIFICO dal consumatore. Un orientamento giurisprudenziale,
sostiene che : dal momento che gli usi contrattuali, entrano nel contratto anche se non conosciuti, non serve
che siano specificatamente sottoscritti. Un altro orientamento, invece sostiene il contrario : cioè che GLI USI
CONTRATTUALI DEBBAQNO ESSERE SOTTOSCEITTI SPECIFICATAMENTE QUANDO SIANO IL
RISULTATO DI UNA PREDISPOSIZIONE DI FATTO OPERATA DAGLI IMPRENDITORI DEL
SETTORE (impara a memoria). Inoltre le clausole d’uso non sono escluse DAL CONTROLLO DI
VESSATORIETA’, poiché la vessatorietà è esclusa SOLO X LE CLAUSOLE CHE RIPRODUCONO
NORME DI LEGGE E QUESTE CLAUSOLE D’USO NON FANNO CIO’.
EQUITA’ INTEGRATIVA.
È un principio previsto dall’art 1374cc, che autorizza il giudice a determinare ASPETTI DEL CONTRATTO
NON CONTEMPLATI DALLE PARTI E NN DEFINITI DALLA LEGGE O DAGLI USI attraverso, la
CREAZIONE DI REGOLE RIFERITE AD UN CASO CONCRETO DETTATE DALLA ESPERIENZA E
PARAMETRATE AI PRINCIPI DELL’ORDINAMENTO ED ALLO SCOPO ED ALLA NATURA DEL
CONTRATTO CONCRETO. L’equità viene richiamata anche da altri articoli però con significati diversi.
- Art 1371cc : come equità interpretativa che INTERVIENE NEI CASI IN CUI NN ESSENDO STAT
POSSIBILE CHIARIRE IL SIGNIFICATO DEL CONTRATTO TRAMITE L’APPLICAZIONE
DEI CRITERIO OGG E SOGG, SI CHIEDE AL GIUDICE DI INTERVENIRE APPUNTO
SECONDO EQUITA’ IN VIA RESIDUALE ATTRAVERSO L’EQUO CONTEMPERAMENTO
DELL’NTERESSE DELLE PARTI.
- Equità come equità correttiva come nel caso del 1384cc : RIDUZIONE AD EQUITA’ DELLA
CLAUSOLA PENALE. Con cui, si tutela l’equilibrio del contratto.
- Equità come CRITERIO OFFERTO AL GIUDICE PER LIBERARE UNA PARTE DAL
VINCOLO CONTRATTUALE : come nel caso della rescissione del contratto stipulato a condizione
inique.
Tornando alla equità integrativa, questa APPARE PRIONCIPALMENTE COME STRUMENTO X
ATTRIBUIRE AD UNA PRESTAZIONE UN ‘’ GIUSTO PREZZO’’ CIOE’ UN PREZZO DI MERCATO.
Ma è riconducibile alla equità integrativa anche il fenomeno dell’arbitraggio : ex art 1349, quando le parti si
rimettono al 3 affichè proceda ad un equo apprezzamento : ANCHE IN QUESTO CASO IL 3,
PROCEDERA’ SECONDO EQUITA’ E, QUALOPRA A SUA VOLTA, LA SUA ATTIVITA’ RISULTI
INIQUA SARA IL GIUDICE AD INTERVENIRE X RICONDURRE LA DETERMINAZIONE AD
EQUITA’. In tutte le ipotesi in cui il giudice interviene con il giudizio equitativo, egli dovrà dare quindi
giuridicità ad una REGOLA ECONOMICA : cioè, nel momento in cui attribuisce il prezzo giusto ad una
prestazione, egli sta trasformando una VALUTAZIONE ECONOMICA (cioè il prezzo che è conforme al
mercato) in una VALUTAZIONE GIURIDICA (cioè il prezzo che è conforme al mercato, diventa il prezzo
‘’ normativamente’’ adeguato). Naturalmente il giudice nn dovrà limitarsi solo al mercato come parametro di
valutazione, ma dovrà sempre tener conto delle circostanze del caso concreto. Ad ogni modo, l’equità nn
interviene solo x determinare il prezzo d una prestazione, poiché il giudice può intervenire secondo equità IN
OGNI ASPETTO DEL REGOLAMENTO CON 2 LIMITI PRINCIPALI CHE SONO QUINDI
CARATTERISTICI DELL’EQUITA’ INTEGRATIVA :
- 1 limite è la sua natura suppletiva, cioè si può intervenire secondo equità SOLO IN ASSENZA DI
UNA VOLONTA’ DELLE PARTI. Quindi, l’equità non è FONTE DI INTEGRAZIONE
COGENTE, e ciò vuol dire che IL GIUDICE NN PUO’ INTERVENIRE SENZA LIMITI
SULL’EQUITA’ DEL CONTRATTO CORREGGENDONE IL CONTENUTO, poiché l’equilibrio
del contratto è deciso dall’AUTONOMIA DELLE PARTI (questo di norma in quanto con la
evoluzione del diritto dei contratti, sempre di +, si consente all’ordinamento, o al giudice, di
intervenire per equilibrare contratti squilibrati e a questa ratio ifatti è stata ispirata la normativa dei
consumatori o sull’abuso di dipendenza economica). In tutti questi casi quindi, l’impressione che si
ha è che la equità stia sempre + acquistando CARATTERE COGENTE, ANCHE XK LA SUA
VIOLAZIONE, PORTA SIA NEL CASO DEI CONTRATTI DEI CONSUMATORI SIA NEL
CASO DI ABUSO DI DIPENDENZA ECONOMICA, A NULLITA’ DELLE CLAUSOLE
CONTRARIE. Bisogna quindi chiedersi se : la equità possa anche intervenire PER RICSTRUIRE IL
RAPPORTO CONTRATTUALE TUTTE LE VOLTE IN CUI, L’ELIMINAZIONE DI
CLAUSOLE VESSATORIE O INIQUE IMPEDISCANO AL CONTRATTO STESSO DI AVERE
UNA PIENA EFFICACIA (quindi se può avere una portata RICOSTRUTTIVA). Questo problema
nn si pone quando le clausole eliminate, sono state eliminate per uno SQUILIBRIO GIURIDICO,
poiché x queste clausole, la eliminazione, è un RIMEDIO ADEGUATO E NN C’E’ UNA
NECESSITA’ DI UNA SOSTITUZIONE. Il problema si pone invece quando le clausole sono state
eliminate x squilibrio economico, laddove ovviamente nn ci sia la sostituzione automatica di
clausole, poiché in questi casi ovviamente ‘’ resterebbe scoperto’’ un aspetto essenziale che è quello
del prezzo. In queste situazioni, alcuni ritengono CHE IL GIUDICE DEBBA INTERVENIRE
ATTRAVERSO IL SUO POTERE CORRETTIVO E DI ADEGUAMENTO PER SALVARE LA
CLAUSOLA E QUINDI CONSERVARE IL CONTRATTO CHE ALTRIMENTI NON AVREBBE
EFFICACIA. Quest’orientamento è confermato peraltro dall’art 140 del c cons che dice che IL
GIUDCE PUO’ ADOTTARE TT LE MISURE IDONEE A CORREGGERE O AD ELIMOINARE
GLI EFFETTI DANNOSI DELLE VIOLAZIONI ECCERTATE (quindi anche la normativa
riconosce questo ampio potere correttivo del giudice che quindi, in sostanza, fa capire che questo
primo limite dell’equità cioè la natura suppletiva e ormai UN LIMITE SUPERATO).
- 2 limite : sempre questo potere generale correttivo del giudice, può attenuare il 2 limite dell’equità
che è quello che si pone in virtù dell’art 1346 : nel senso che SE E’ VERO CHE LA EQUITA’
INTERVIENE X COLMARE DELLE LACUNE, E’ ANCHE VERO CHE QUESTE LACUNE NN
POSSONO ESSERE TALI DA RENDERE L’OGGETO DEL CONTRATTO NN DETERMINALE
PERCHE’ ALTRIMENTI IL CONTRATTO SAREBBE NULLO E LA EQUITA’ NULLA
POTREBBE FARE PER SANARLO. Con riferimento a questo limite, è ormai opinione diffusa che
SI DEBBA ANDARE OLTRE LO STRETTO CANE DELLA DETERMINABILITA’
DELL’OGGETTO, CONSENTENDO QUINID AL GIUDICE UN POTERE RICOSTRUTTIVO
SECONDO EQUITA’ IN TUTTE QUELLE IPOTESI IN CUI, PER LA SERIETA’ DI IMPEGNO
DELLE PARTI, LA MERITEVOLEZZA DEI LORO INTERESSI, E LA NECESSITA’ DI
CONSERVAZIONE DEL RAPPORTO, CONDUCANO A RITENERE CHE IL CONTRATTO,
APPUNTO VADA CONSERVATO ATTRAVERSO QUINDI L’INTERVENTO DEL GIUDICE
CHE COLMI LE LACUNE.
Si ritiene che la equità integrativa possa essere :
- GIURIDCA : si ha quando, l’intervento del giudice riguarda un GIUDIZIO PER COSI’ DIRE
REGOLATIVO DEL RAPPORTO, BASATO SULLA PROPRIA COSCIENZA, I PRINCIPI
DELL’ORDINAMENTO COME QUELLO DI UGUALIANZA ED I PROPRI SENTIMENTI DI
EQUITA’ E GIUSTIZIA.
- NN GIURIDICA : si ha quando l’inrvento del giudice ia VOLTO AD INDIVIDUARE LA ‘’
STIMA’’ SOTTO IL PROFILO MONETARIO DI UNA PRESTAZIONE.
Questa distinzione è stata criticata da Capobianco, poiché considerat eccessivamente FORMALISTA :
secondo Capobianco, nn esiste un’equità nn giuridica poiché la equità si riferisce sempre ai valori
dell’ordinamento della sua UNITARIETA’ E COMPLESSITA’. Quindi anche quando il giudice interviene
con una stima economia, sta facendo comunque una volutazione GIURIDICA POIHCE’ SEMRE
ESPIRATA A VALORI DI PROPORZIONALITA’ E DI RAGIONEVOLEZZA CHE SONO COMUNQUE
SEMPRE VALORI GIURIDICI.
BUONA FEDE INTEGRATIVA.
La dottrina prevalente considera la buona fede, COME FONTE INTEGRATIVE DEL CONTRATTO
SEMPRE SUPPLETIVA, SEBBENE DALL’ART 1374cc nn sia espressamente richiamata ed infatti, il
silenzio di questa norma, nn esclude che molti altri art del cc, vi facciano riferimento : in particolare il
1375cc che comunque sembra configurare la buona fede come STUMENTO INTEGRATIVO. Il tono
particolarmente imperativo di quest’ultimo art, fa dubitare anche il ruolo della BUONA FEDE SIA
ADDIRITTURA SOLO SUPPLETIVO arrivando anche a configurare la BUONA FEDE COME FONTE DI
INTEGRAZIONE COGENTE quindi ANCHE IN DEROGA ALLA VOLONTA’ DELLE PARTI, nel senso
che : LE PATTUIZIONI DELLE PARTI, CONTRARIE AL DOVERE DI BUONA FEDE, DEBBA
ESSERE CONSIDERATE NULLE ANCHE SENZA UN’ESPLICITA DISPOSIZIONE DI LEGGE.Questa
soluzione sarebbe coerente COL FONDAMENTO DELLA BUONA FEDE che si ritrova all’art 2 della cost,
ossia il PRINCIPIO DI SOLIDARIETA’ e sarebbe coerente anche con la normativa comunitaria che sempre
di + considera la buona fede COME LIMITE ALL’AUTONOMIA PRIVATA E COME FONTE DI
INVALIDITA’ NEL CASO DI VIOLAZIONE.
Concretamente la funzione INTEGRATIVA DELLA BUONA VEDE, si realizza CON LA
INTRODUZIONE DI OBBLIGHI AUTONOMI E STRUMENTALI IN CAPO ALLE PARTI obblighi che
principalmente attengono alla LEALTA’, CORRETTEZZA, FAIR PLAY E ALTRI CONCETTI GENERICI
UN PO’ A META’ TRA IL GIUDIRICO E IL MORALE. Questa eccessiva genericità e vaghezza in un
primo momento è stata considerata un ostacolo all’applicazione della buona fede, ma in un secondo
momento si è ritenuto riempire il conctenuto del concetto di buona fede col riferimento soprattutto a principi
di CARATTERE COSTITUZIONALE (in primis col principio di solidarietà). Questi agganci cost,
consentono di MEGLIO DEFINIRE LA DIFFERENZA DI BUONA FEDE DAL CONCETTO DI
EQUITA’ : perché quest’ultima INNANZITUTTO HA UN RUOLO, COME DETTO, DECISAMENTE
SUPPLETIVO e soprattutto APPROSSIMATIVAMENTE l’equità richiama principi di EGUALIANZA,
PROPORZIONALITA’, EQUILIBRIO E GIUSTIZIA; laddove invece, la buona fede (che può operare e
opera sempre di + in chiave cogente) RICHIAMA PRINCIPI DIVERSI CHE SONO QUELLI
SOLIDARIETA’, CORRETTEZZA COOPERAZIONE, E PROTEZIONE DELLA CONTROPARTE.
Attraverso il riferimetno a questi principi si possono delineare SCHEMATICAMENTE GLI AMBITI DI
INTERVENTO DELLA UONA FEDE :
- Cooperazione delle parti : a questo proposito, ad esempio, si può fare riferimetno un caso di
contratto preliminare di vendita di immobile affrontato dalla Cassazione nell’86, in particolare il
promittente venditore, si era impegnato a consegnare l’immobile entro 30 mesi dal conseguimento
delle licenze abitative ma questo conseguimento non aveva un ‘’ termine’’ sicchè il promittente
venditore, aveva notevolmente tardato per ottenere queste licenze e di conseguenza era ‘’ slittato’’
sempre di + il termine dei 30 mesi per la consegna dell’immobile. La Corte ha ritenuto che, questo
ritardo, pur non violando alcuna norma contrattuale, nn fosse conforme al dovere di BUONA FEDE
che si estrinseca nella COOPEEAZIONE TRA LE PARTI E NELLA SALVAGUARDIA DEGLI
INTERESSI DELLA CONTROPARTE che, nella fattispecie, era stata danneggiata da questi ritardi.
- Intervento volto a COLMARE LA LACUNE DI PARTICOLARI PREVISIONI : in particolare, si è
ritenuto che SEMPRW PER TUTELARE LA CONTROPARTE, LA BUONA FEDE PUO’
INTERVENIRE COME OBBLIGO DI RINEGOZIARE CONDIZIONI CONTRATTUALI CHE, A
CAUSA DI SOPRAVVENIENZE DI FATTO, SIANO DIVENUTE SQUILIBRATE.
- La buona fede interviene, come obbligo delle parti DI CORREGGERE ERRORI E CHIARIRE
EQUIVOCI CHE OTREBBERO DESTARE INCERTEZZA NEL RAPPORTO CONTRATTUALE
A TAL PROPOSITO SAREBBE CONTRARIO A BUONA FEDE, IL RIFIUTO DI UNA PARTE,
ALL’INSERIMENTO DEL CONTRATTO DI UNA CLAUSOLA CHIARIFICATRICE DI PATTI
GIA’ STIPULATI O IL COMPORTAMENTO DI UNA PARTE CHE RIFUITI LA RETTIFICA DI
UN ATTO PUBBLICO DI VENDITA CON UN ERRORE CATASTALE.
- La buona fede interviene anche nella forma di obbligo imposto ad una parte DI MODIFCARE LA
PROPRIA PRESTAZIONE QUANDO QUESTA RISULTI NECESSARIA A REALIZZARE
L’UTILITA’ DELLA CONTROPARTE. Ad esempio quando il bene ogg di vendita, risulti NON
CONFORME AI REQUISITI LEGALI.
- Viene poi considerata applicazione della regole di buon fede COME IMPEGNO DI
SOLIDARIETA’ LA TOLLERANZE DI UNA PARTE CON RFIERIMETNO A PICCOLE
DIFFORMITA’ DELLA PRESTAZIONE DELLA CONTROPARTE NN TALI OVVIAMENTE
DA PREGIUDICARE IL SUO INTERESSE.
- Un altro ambito di intervento della buona fede, si realizza con l’obbligo in capo ad una parte di
comunicare all’altro una CIRCOSTANZA CHE PERMETTA A QUEST’ULTIMA DI
CORREGGERE LA SUA PRESTAZIONE INESATTA SENZA INCORRERE IN
CONSEGUENZE. Sarebbe quindi contrario a buona fede il comportametno di una parte
CREDITORE CHE, RICEVENDO UN ASSEGNO ‘’ SENZA GIRATA’’ DAL DEBITOEE,
INVECE DI AVVERTIRLO DELL’IMPRECISIONE GLI FACCIA RECAPITARE UN ATTO
PRECETTO (cioè un atto con cui si avvia esecuzione forxata).
- La buona fede poi, imporrebbe alla parte del contratto che sia titolare di poteri discrezionali, di non
utilizzarli in modo tale da nn arrecare danno alla contropare (ciò vale soprattutto nei contratti
bancari, in cui solitamente alle banche sono concessi poteri particolari come quello di recesso, che se
utilizzati con il cd. EFFETTO SORPRESA, possono appunto ledere li interessi della controparte
debole);
2. INTEGRAZIONE COGENTE
Opera attraverso l’inserimento autoritativo in contratto di norme giuridiche NON DEROGABILI dalle parti,
che anzi sostituiscono le disposizioni non conformi che eventualmente le parti abbiano inserito nel contratto.
Il problema che immediatamente si pone in riferimento a questa forma di integrazione è stabilire quando una
norma sia IMPERATIVA: i criteri proposti sono stati differenti. Quello preferibile è quello secondo cui 1
norma è imperativa se tutela determinati INTERESSI GENERALI o di CATEGORIE DETERMINATE DI
SOGGETTI (in questo caso sono dette norme unilateralmente imperative).
Secondo una diffusa classificazione, esistono:
- NORME IMPERATIVE “PROIBITIVE”: determinano un divieto che, se non rispettato, rende nulla
la clausola che lo viola, senza che tale clausola possa essere sostituita;
- NORME IMPERATIVE “COFORMATIVE”: determinano il contenuto che una clausola deve avere,
e, qualora intervengano su una clausola delle parti che è difforme al modello contenutistico
predeterminato, la CONFORMANO a quest’ultimo, la modificano per renderla appunto conforme al
modello, senza colpirla con nullità. (esempio è dato dalla legge sulla subfornitura, che all’art. 3
stabilisce il contenuto che deve avere la clausola sui TERMINI DEL PAGAMENTO, non superiori a
60 giorni dalla consegna. Qualora, quindi, la clausola relativa ai termini di pagamento voluta dalle
parti indicasse un termine superiore, verrebbe in automatico ridotto a 60 giorni in virtù di tale norma
imperativa conformativa).
Un tema collegato all’integrazione cogente è naturalmente quello relativo all’art. 1339 cc, sostituzione
automatica di clausole e prezzi, qualora non vi sia, appunto, corrispondenza tra una determinata clausola
contrattuale voluta dalle parti ed il suo “modello contenutistico” dettato dalla legge (ciò accade soprattutto
con riferimento alla clausola del prezzo, che per certi beni è determinato dall’autorità – si pensi al recente
caso delle mascherine a 0,50 euro – e alla clausola sugli interessi massimi che un mutuo bancario può avere).
PROBLEMA: quando si parla di clausole dettate dalla legge, si fa riferimento anche alle clausole dettate da
ATTI AMMINISTRATIVI (sono, infatti, per lo più questi gli atti utilizzati dalle autorità per determinare ad
esempio il prezzo massimo di un bene) o da CONTRATTI COLLETTIVI DI LAVORO (questi determinano
il minimo “tabellare” degli stipendi, cioè, in base alla categoria del lavoratore, stabiliscono tra le altre cose il
salario minimo orario)? La risposta è SI’, tuttavia si richiede che gli atti amministrativi che dettino clausole
di questo tipo debbano essere emanati per la UTILITA’ SOCIALE (???).
Un altro problema sulla sostituzione automatica di clausole è il seguente: si può applicare solo per clausole
che hanno una difformità tale da renderle invalide? NO. Sempre più si opera sostituzione automatica di
clausole che pur non essendo invalide sono INADEGUATE nel caso concreto, in virtù del tipo di contratto e
del settore economico. Questa soluzione è ammessa anche in virtù del dato letterale dell’art. 1339 cc, che
parla di inserimento automatico di clausole ANCHE in sostituzione di quelle difformi, il che consente di
ritenere più ampio l’ambito di applicazione della norma in questione.