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INTERPRETAZIONE.

L’interpretazione è UN’ATTIVITA’ POSTA IN ESSERE DALL’INTERRETE SULLA BASE DI


VINCOLI CHE PERO’ SI RITROVANO NELLA LEGGE. In particolare all’intereptazione sono dedicati
degli art dal 1361 al 72 cc oltre alla normativa europea e quella speciale cioè nel codice del consumo ex art
35 e anche con riferimento a principi internazionali. L’articolo principale di riferimento è quello del 1362
che è quello he pone la regola fondamentale, SUL PIANO ERMENEUTICO, nel nostro ordinamento ossia
CHE NELLA INTERPETAZIONE, IL GIUDICE CHE SI TROVI A DOVER DARE UN SIGNIFICATO
AD ESEMPIO AD UNA CLAUSOLA DUBBIA, DEVE INDAGARE SU QUALE SIA STA
COCNRETAME TE LA COMUNE INTENZIONE DELLE PERTI e, se la soluzione del giudice non è
conforme a questa regola, si PROSPETTA UNA VIOLAZIONE DI LEGGE, il che significa : che la
decisione sarà CENSURABILE CON RICORSO IN CASSAZIONE (in quanto si può andare SOLO X
VIOLAZIONI DI LEGGE E NN PER QUESTIONI DI MERTIO).
Aldilà dei vincoli legislativi sulla interpretazione, ANCHE LE PARTI HANNO DEI POTERI ‘’
INTERPRETATIVI’’, esercitabili con le clausole di PROTEZIONE LETTERALE : che sono delle clausole
inserite nel contratto, con cui le parti STABILISCONO PREVENTIVAMENTE DELE REGOLE DA
UTILIZZARE QUALORA SORGESSERO DEI DUBBI INTEREPTATIVE ANCHE DEROGANDO A
REGOLE LEGALI. Le clausole di protezione letterale però non vincolano il giudice che PUO’
ONTERPRETARE UNA CLAUSOLA DUBBIA SENZA FAR RIFERIMETNO A QUANTO LE PARTI
AVEVANO, TRAMITE LA CLAUSOLA, PRECEDENTEMENTE PATTUITO TRAMITE ESSE. Inoltre,
le parti, nelle clausole di protezione letterale NON POSSONO DEROGARE AD ALCUNI PRINCIPI E
NORME FONDAMENTALI IN TEMA DI INTEREPTAZIONE COME QUELLA DI BUONA FEDE (ex
art 1366cc).
La finalità della interpretazione quindi è ACCLARARE LA COMUNE INTENZIONE DELLE PARTI,
tuttavia è difficile riempire concretamente di CONTENUTO IL CONCETTO DI COMUNE INTENZIONE
cioè cosa significa?
Secondo una prima teoria, ormai superata, LA COMUNE INTENZIONE COSNISTE PURAMENTE
NELLA VOLONTA’ PSICOLOGICA DELLE PARTI; tuttavia, come afferma una teroai + recente e +
attenta LA VOLONTA’ PSICOLOGICA NON HA NESSUNA RILEVANZA SE NON E’ ESTERNATA E
RICONOSCIBILE (anche in considarazione del principio circa la irrilevanza dei motivi previsto dal nostro
ordinamento). Perciò, è + giusto dire : CHE IL REALE SCOPO DELLA INTERPRETAZIONE E’
INDIVIDUAR CORRETTAMENTE IL REGOLAMENTO DI INTERESSI FRUTTO DELL’ACCORDO
DELLE PARTI, QUIDNI I DIRITTI E GLI OBBLIGHI CHE DETERMINANO L’EFFICACIA
CONTRATTUALE. Sicchè + che individuare e ricostruire la volont delle parti ‘’ nel passato’’,
l’interpretazione deve avere ‘’ un occhio’’ al futuro cioè ALLA FUTURA FUNZIONE CHE IL
CONTRATTO AVRA’ in tema appunto, di diritti ed obblighi. Del resto, se invece la intereptazione fosse
stata solo diretta a ricostruiire la VOLONTA’ FATTUALE DELLE PARTI (quindi seguando la prima
teoria), una violazione delle regole interpretative NON SAREBBE STATA UNA VIOLAZIONE DI LEGGE
MA UNA VIOLAZIONE DEL ‘’ MERITO’’ NON CENSURABILE IN CASSAZIONE. L’accertamento
della comune intenzione quindi, NON E’ UN ACCERTAMENTO DI FATTO MA E’ UN’APPLICAZIONE
DI DIRITTO.
Occorre poi distinguere la interpetazione DALLA QUALIFICAZIONE : dove per quast’ultima si intende
l’ATTRIBUZIONE AL CONTRATTO DI UN ‘’ TIPO ‘’ LEGALE SULLA BASE DEL SUO
CONTENUTO. La qualificazione ssi basa sul cd. PROCEDIMENTO DI SUSSUNZIONE : che è un
procedimento con cui l’interprete ANALIZZA IL CONTENUTO DEL CONTRATTO DELLE PARTI NEL
CASO CONCRETO E LO PARAGONA AL CONTENUTO TIPICO COSI’ COME DETERMINATO
DALLA LEGGE. Se vi è corrispondenza o quantomeno una certa sovrapposizione tr CONTENUTO
CONCRETO E CONTENUTO TIPICO, L’INTERPRETE QUALIFICA QUEL CONTRATTO
CONCRETO FACENDOLO RIENTRARE NEL TIPO. L’intereptazione però è qualcosa in + della semplice
qualificazione, anche perché, non sempre è possibile tramite SUSSUNZIONE, FAR RIENTRARE UN
CONTRATTO IN UN TIPO (questo perché esistono dei contratti atipici che, appunto, non hanno un tipo. Ed
esistono anche dei contratti che le parti stipulano rifacendosi ad una legge straniera. Vi sono poi anche dei
casi in cui un contratto che, apparentemente rientra in un tipo, in virtù di un COLLEGAMENTO
NEGOZIALE CON UN ALTRO CONTRATTO FINISCE PER AVERE UN SIGNIFICATO GIURIDICO
DIVERSO.). l’interpretazione qiundi è un qualcosa in + ma FA PARTE DI UN MEDESIMO
PROCEDIMENTO CONOSCITIVO CHE MIRA AD ANALIZZARE CORRETTAMENTE IL
REGOLAMENTO CONTRATTUALE : SONO PROCEDIMENTI STRETTAMENTE COLLEGATI, E
CHE NON SONO IN SEQUENZA (cioè non è che uno viene prima dell’altro)ma SEGUONO UN ITER
CIRCOLARE CHE COINVOLGE QUALIFICAZIONE, INTEREPTAZIONE ED INTEGRAZIONE :
poiché solo così è possibile cogliere la concretezza del contratto (cosa che non si potrebbe fare se ci si
limitasse alla qualificazione, con la quale si finirebbe di forzare il contenuto del contratto per farlo
necessariamente rientrare in uno dei tipi previsti dalla legge). La qualificazione del resto, non è un
PROCEDIMENTO VINCOLANTE, NEL SENSO CHE E’ BEN POSSIBILE, IN SEDE DI
INTEREPTAZIONE COMPLESSIVA CAMBIERE LA QUALIFICAZIONE CHE LE PARTI HANNO
DATO AL CONTRATTO SE CI SI RENDE CONTO CHE IL CONTENUTO DI QUEL CONTRATTO IN
REALTA’ NON SI SOVRAPPONE AL TIPO RICHIAMATO DALLE PARTI.
Principio di gerarchia nelle regole interpretative.
La dottrina distingue 2 canoni intereptativi diversi che, secondo una teoria ormai superata, SAREBBERO IN
GERARCHIA logica e cronologica :

- CANONI INTEREPTATIVI SOGG : che sono finalizzati ad individuare CONCRETAMENTE LA


VOLONTA’ DELLE PARTI. E vanno dall’art 1362 all’art 1365cc.
- CANONI INTERPETATIVI OGG : che vanno dal 1367cc al 1371,.

Secondo questa teoria sarebbero in RAPPORTO DI SUSSIDIARIETA’ RISPETTO AI PRIMI CIOE’


INTEREVERREBBERO SOLO NEL CASO IN CUI I PRIMI NON SIANO STATI D’AUSILIO AI FINI
DELLA INTEREPTAZIONE CIOE’ NON siano stati IN GRADO DI RICOSTRUIRE LA COMUNE
VOLONTA’. Quindi solo se esperiti senza successo i primi, si dovrebbero utilizzare i 2
L’art 1366 sulla buona fede SAREBBE UN PO’ IL PUNTO DI SUTURA TRA I 2 GRUPPI.
Tale teoria quindi nominata PRINCIPIO DEL GRADUALISMO DEI MEZZI INTEREPTATIVI SAREBBE
ORMAI SUPERATA POICHE’ LA COMPLESSITA’ DEL PROCEDIMENTO INTERPRETATIVO NN
CONSENTE UN RIGIDO RISPETTO DI GERARCHIE E RICHIEDE UN CONTEMPERAMENTO DAI
CANONI, così come parlatro dimostrato dal fatto che sulla interpretazione la normativa nn è + solo quella
del cc. Inoltre, questo tipo di principio non terrebbe in conto in modo aduguato el particolarità del singolo
contratto che magati, nel caso concreto sarebbe + semplice intereptarlo con riferimento ai 2 rispetto ai primi
(ecco perché si considera ormai superato).
1. Criterio adottato dal leg è quello DELLA LETTERALITA’ : ex art 1362 c 1. Il criterio letterale è il 1
aiuto fornito all’interepte (ovviamente applicabile solo ai contratti scritti). È un criterio che permette
di intereptare il contratto LIMITANDOSI A QUANTO SCRITTO. Tuttavia la portata di questo
criterio si è notevolmente ridimensionata poiché l’interprete nn deve mai soffermarsi al senso
letterale delle parole ma deve orientare l’indagine anche e soprattutto ad elementi diversi da quelli
testuali. A tal proposito inoltre, si assiste ormai ad un TOTALE SUPERAMENTO DEL PRINCIPIO
IN CLARIS NN FIT INTERPRETATIO SECONDO QUI SE IL TESTO DI UN CONTRATTO E’
SUFFICENTEMENTE CHIARO NON OCCORRE INTERPRETARLO. E’ stato superato in
quanto, la chiarezza di un testo contrattuale non è mai UN PUNTO DI PARTENZA MA SEMPRE
UN PUNTO DI ARRIVO : un’intereptazione è chiara SOLO DOPO CHE E’ STATA COMUNQUE
POSTA IN ESSERE quind la chiarezza è sempre un risultato della intereptazione e mai UNA
PREMESSA NEGATIVA. Ad esempio : richiamando sempre la qualificazione si è visto che il fatto
che le parti nominino un contratto come compravendita, non può in alcun modo fermare il giudice,
laddove si renda conto che in realtà quel contratto non è una compravendita (nonostante ci sia la
chiarezza della qualificazione). In merito al criterio letterale vi è poi un problema con riferimento
ALLA FORMA CIOE’ AI CONTRATTI FORMALI. Perché la forma prevista ad substantiam,
limiterebbe GLI ELEMENTI UTILIZZABILI DAL GIUDICE PER LA INTEREPTAZIONE CIOE’
: secondo una prima teoria, ormai superata, nel momento in cui il giudice si trovi dinanzi un
contratto formale, per intereptarlo DOVREBBE LIMITARSI AI SOLI ATTI CHE SONO STATI
POSTI IN ESSERE DALLE PARTI NEL RISPETTO DEI CRITERI FORMALI PERCHE’ SOLO
QUESTI SAREBBERO GIURIDICAMENTE RILEVANTI, MENTRE TUTTI GLI ALTRI
ELEMENTI EXTRA TESTUALI SAREBBERO UTILIZZABILI SOLO NEL CASO DI NEGOZI
NN FORMALI. Una diversa opinione, + attenta,aveva già ammesso che comuqnue anche nel caso di
negozi formali si poteva dar rilevanza ad elementi extra testuali purchè CI FOSSE UNA RELATIO
CHE FACESSE DA ANELLO DI CONGIUNZIOINE TRA ELEMENTI FORMALI TESTUALI E
QUELLI NON FORMALI ETRA TESTUALI. Un’opinione ancora + attenta invece, ritiene che
ANCHE NEI CONTRATTI FOMRALI NON SI PUO’ ASSOLUTAMENTE ESCLUDERE LA
RILEVANZA INTERPRETATIVA DI ELEMENTI ESTRANEI AL TESTO CHE, NEL CASO
CONCRETO POTREBBERO ESSERE UTILI ALLA INTEREPTAZIONE, la stessa legge del resto
sembra suggerire questa soluzione poiché l’art 625 che parla della intereptazione del testamento da
rilevanza intereptativa al contesto in cui il testamento è stato posto in essere. FALSA
DEMOSTRATIO NON DOCET : si ha falsa demostratio quando un sogg, pur essendosi servito di
termini inadatti per esprimer il significato di una sua dichiarazione, sia stato comune in grado DI
PALESARE CORRETTAMETNE IL SUO INTENTO POICHE’ IL DESTINATARIO HA
COMUNQUE COMPRESO che vi era stata un’improprietà linguistica. Nel nostro sistema, questa
regola è richiamata dallo stesso art 625 sempre in tema di testamento, il quale stabilisce che l’erronea
indicazione dell’erede non è rilevante in un testamento se il vero erede è comunque individuabile
(questo vale anche per il legato). Si tratta di una regola che trova giustificazione nella necessita’ di
dare + ampia rilevaza alla reale volonta’ del testatore. Ebbene in materia contrattuale, un
riconoscimento implicito di questa regola deriverebbe proprio dall’art 1362cc, quando STABILISCE
CHE LA COMUNE VOLONTA’ DELLE PARTI PREVALE SULLA LETTERA DEL
CONTRATTO.
L’art 1362 c 2, da rilevanza ai fini della ricostruzione della comune intenzione delle parti al
COMPORTAMENTO COMOLESSIVO DELLE STESSE ANCHE POSTERIORE ALLA
CONCLUSIOINE DEL CONTRATTO. Il criterio in esame, parte da un poresupposto e cioè CHE IL
COTENUTO DEL CONTRATTO NN SIA RICONDUCIBILE SOLO AL TESTO MA COMPRENDE
IL CONTEGNO DELLE PARTI E LE CIRCOSTANZE CONCRETE IN CUI C’E’ STATO
L’ACCORDO. In altre parole : con questo criterio, si afferma che IN SEDE INTERPRETATIVA, +
CHE L’ATTO E’ RILEVANTE IL RAPPORTO. Proprio per questa ragione, il ricorso agli elementi
extratestuali ai fini interpretativi non può essere onsiderato un ricorso sussidiario ma è ani utile IN VIA
IMMEDIATA PER LA RICOSTRUZIONE PER LA VOLONTA’ DELLE PARTI IN RAPPORTO
PARITERIO AL CRITERIO LETTERALE E SISTEMATICO. Ci sono poi dei contratti dove gli
elementi extra trestuali hanno una rilevanza SUPERIORE ciò in particolare succede NEI CONTRATTI
DI FATTO (RAPPORTI CONCKUDENTI), nei contratti di durata (soprattutto quelli di lavoro) e nei
contratti predisposti solo da una sola parte. Per quanto riguarda la ESPRESSIONE
COMPORTAMENTO COMPLESSIVO, si è detto che la norma, si riferisce alle circostanze ed ai
comportamenti ANTERIORI, COEVI E SUCCESSI ALLA CONCLUSIONE DEL CONTRATTO, AD
ESEMPIO : DICHIARAZIONI DELLE PARTI, ALTRI NEGOZI, DICHIARAZIONI DI GIUDIZIO
MA ANCHE OPERAZIONI ED ATTI MATERIALI . questo per quanto riguarda i COMPORTAMETI.
Mentre le circostanze attengono in senso + sogg AGLI ELEMENTI DELLA PERSONALITA’ DELLE
PARTE, ALLE SUE ABITUDINI, AL SUO MODO DI PARLARE ED AL SUO CONTESTO DI
VITA. Naturalemnte, in quanto funzionali all’accettamrnto della comune intenzione, secondo una prima
teoria i comportamenti delle parti DEVOno ESSERE COMUNI PER ESSERE RILEVANTI E NN
COMPORTAMENTI UNILATERALI DI UNA SOLA PARTE. Questa concezione tuttavia è stata
superata, poiché un comportamento unilaterale può avere da solo rilevanza, soprattutto se
CONTRASTANTE CON L’INTERESSE DELL’ALTRA PARTE. Secondo un’opinione diffusa in
dottrina, ma anche questa superata, l’art 1362 pone una gerarchia di rilevanza tra i comportamenti : cioè
L’ORDINE DICOMPORTAMENTI ANTERIORI, CONTEMPORANEI E SUCCESSIVI
SAREBBEUN ORDINE GERARCHICO. Poiché i prim 2 COSTITUIREBBERO ELEMENTI STORICI
POTENZIALMENTE + IN GRADO DI ESPRIMERE LA VOLONTA’ DELLE PARTI. Come detto
però la teoria è da superare sempre con riferimento al fatto che OGGETTO DI INTERPRETAZIONE E’
IL RAPPORTO CONTRATTUALE IN SENSO LATO, CHE COMPRENDE ANCHE E IN ALCUNI
CASI SOPRATTUTTO GLI ATTI ESECUTIVI (quindi comportamenti successivi alla conclusione del
contratto. Si pensi soprattutto ai CONTRATTI DI LAVORO DOVE I COMPORTAMENTI
SUCCESSIVI HANNO UNA ENORME RILEVANZA X STABILIRE AD ESEMPIO SE IL
RAPPORTO DI LAVORO HA NATURA SUBORDINATA O MENO). – COMPORTAMENTO
ANTERIORE DELLE PARTI : può riferisci alle TRATTAVIE, AL CONTRATTO PRELIMINARE,
ALLE LETTERE DI INTENTI, ALLE MINUTE, ALLE BOZZE, AI MOTIVI DELLE PARTI, AI
PRECEDENTI CONTRATTI TRA LORO STIPULATI ecc. ovviamente la rilevanza di questi
comportamenti pre nogoziali DEVE ESSERE ‘’ BEN FILTRATA’’ nel senso che nn so potrà attriuire a
tutti questi elementi ulteriori perché potrebbero nn + essere attuali. – comportamento CONTESTUALE :
è rilevante perché è quello che ben + rappresenta la volontaà delle parti visto che + il comportamento
tenuto al momento della stipula (in alcuni casi infatti, come nei contratti di fatto, IL
COMPORTAMENTO CONTEMPORANEO DELLE PARTI, E’ ESSO STESSO IL CONTRATTO). –
comportamenti successivi : possono essere sia di carattere positivo sia di carattee negativo (cioè inerzia
ecc) : possono essere le DICHIARAZIONI POST NEGOZIALI, L’ATTIVITA’ PROCESSUALI, LA
CONCLUSIONE DI ALTRI CONTRATTI. Purchè questi elemneti siano comunque in diretta relazione
con il contratto da interpretare.
2. CRITERIO SISTEMATICO (CANONE DELLA TOTALITA) ex art 1363cc. Questo canone
impone che IL SIGNIFICATO DELLE SINGOLE CLAUSOLE SI RICSTRUIRE
INTEREPTANDOLE L’UNA PER MEZZO DELLE ALTRE ED ATTRIBUENDONE IL SENSO
CHE RISULTA DAL COMPLESSO DELL’ATTO. Il canone sistematico, secondo la revalente
dottrina è in realtà una semplice specificazione del criterio dell’art 1362cc, volto sempre alla ricerca
della comune intenezione. L’art impone quidni di evitare una SCISSIONE INTEREPTATIVA O
UNA FRANTUMAZIONE INTERPRETATIVA DEL CONTENUTO DEL CONTRATTO
POICHE’ L’INTEREPTAZIONE ISOLATE DELLE SINGOLE CLAUSOLE POTREBBE
PORTARE UN RISULTATO ERRATO. Proprio x questo motivo, l’importanza di questa
disposizione impedisce di ritenerale sussidiaria ed anzi, l’opinione prevalente AFFERMA CHE LA
NECESSITA0 DI UN COORDINAMENTO INTEREPRETATIVO DELLE VARIE CLAUSOLE
SIA UNA NECESSITA’ CHE RICORRE ANCHE IN CASI DI CONTRATTI CHE NON
SOTTOPONGONO NESSUN TIPO DI PROBLEMATICA INTEREPTATIVA. Il problema con
riferimento a questo criterio riguarda i LIMITI DELLA SUA APPLICABILITA’ : bisogna chiedersi
SE LE CLAUSOLE DA INTEREPTARE LE UNE X MEZZO DELLE ALTRE, SIANO SOLO LE
CLAUSOLE IN SENSO STRETTO (cioè quelle messe nel contratto dalle parti) o se invece debbano
essere intereptate le une x mexxo delle altre anche le clausole inserite dal contratto ad esempio x
integrazione e la soluzione PREFERIBILE E QUELLA POSITIVA. Inoltre, oggetto di
intereptazioen SISTEMATICA SARANNO ANCHE :
- Allegati
- Premesse
- Clausole di rinvio
- Persino clausole invalide.
3. Espressioni generali ed indicazioni esemplicifcative ex art 1364-1365.
- 1364 : l’espresioni generali usate nel contratto, comprendono solo GLI OGGETTI SUI QUALI LE
PARTI SI SONO PROPOSTW DI CONTRATTARE.
- 1365 : quandoin un contttto sia espresso un caso, al fine di spiegare un PATTO non si presumono
esclusi i CASI NON ESPRESSI,ai quali SECONDO RAGIONE PUO’ ESTENDERSI LO STESSO
PATTO.
Si tratta di 2 regole, che comunque si muovono NELL’AMBITO DEL TESTO CONTTRTTUALE (ciè
hanno a che fare con le clausole scritte) ANCHE SE IL RICHIAMO AD ESEMPIO ALLA
RAGIONEVOLEZZA LASCIA INTENDERE CHE ANCHE QUESTI CANONI INTERPTATIVI
DEBBANO TENERE IN CONSIDERAZIONE ELEMENTI EXTRATESTUALI X LA LORO
APPLICAZIONE (fermo restando che si riferiscono sempre AD ESEMPI O A ESPRESSIONI GENERALI
PRESENTI NEL CONTRATTO): è stata superata la teoria che vedeva questi cirteri come strumenti serventi
o addirittura superflui poiché invece si tratta di regole CHE NELLA LORO AUTONOMIA,
CONOCRRONO AD ATTUARE CORRETTAMENTE IL PROCEDIMENTO INTEREPTATIVO. Ciò che
contraddistingue queste 2 regole e la loro OPPOSTA RATIO : LA PRIMA RESTRITTIVA LA SECONDA
ETENSIVA (pur essendo comunque 2 regole che hanno i medesimi presupposti cioè in sostanza clausole
ambigue). Solo che LA REGOLA DEL 1364cc, PARTE DAL PRESUPPOSTO CHE LA CLAUSOLA
AMBIGUA DA INTEREPTARE SIA AMBIGUA X ECCESSO : cioè ci SIA UNA ESPRESSIONE
TROPPO GENERICA CHE, AI FINI DELLA CORRETTA INTERETAZIONE DEL CONTRATTO
DEBBA ESSERE RIDIMENSIONATA cerando il significato + consono agli interessi specifici delle parti.
Ci sono alcuni contratti in cui tale regola non è applicabile e sono I CONTRATTI DI ASSUNZIONE DEL
DEBITO ALTRUI E LA FIDEIUSSIONE, i quali richiedono espresse dichiarazioni del creditore nel primo
caso e dell’obbligato nel secondo (??). l’art 1365cc presuppone che la clausola dubbia che può essere un
esempio o un elenco di esempi sia ambigua per DIFETTO E VADA AMPLIATA NEL SUO
SIGNIFICATO, INCLUDENDO DEGLI ESEMPI CHE, IN VIRTU’ DI CRTERI DI NORMALITA’
LOGICA, SIANO ASSIMILABILI A QUELLI FATTI esempio : regolamento condominiale che VIETE
COMPORTAMENTI TURBATIVI DELLA QUIETE : se nell’esempio si inseriscono schiamazzi notturni
gli schiamazzi che creano turbativa non sono solamente notturni ma si intede il riferimento anche a quelli del
primo pomeriggio.
1366 CRITERIO DELLA BUONA FEDE : l’art è tra le norme + significative in tema di interpretazione,
benchè la sua formulazioen sia molto vaga. La buona fede è stata anche recepita nei principi lando ed
indirettamente anche nei principi Unidroit. Nel nostro ordinamento come afferma LA RELAZIONE DEL
GUARDASIGILLI AL CODICE CICIVILE : costituisce il trait d’union tra le 2 categoria di criteri
interpretativi poiché ‘’ li domina entrambi’’ IN QUANTO CRITERIO COGENTE ED INDEROGABILE
APPLICABILE IN QUALUNQUE MOMENTO DELLA INTERPRETAZIONE come attesta la stessa
formulazione diretta dell’art che statuisce che ‘’ il contratto deve esserre interpretato secondo buona fede’’.
La buona fede assume una pluralità di funzioni nel procedimento interpetativo. Si tratta di un CRITERIO
OGGETTIVO + CHE SOGGETTIVO DA INTENDERSI COME DOVERE DELLE PARTI DI
RECIPROCA LEALTA’ DI CONDOTTA per la tutela dei rispettivi affidamenti. Il canone di buona fede in
pratic impone di NON SUSITARE NELLA CONTROPARTE FALSI AFFIDAMENTI SUL SIGNIFICATO
DI UN CONTRATTO E DI NN OPERARE INTERPRETAZIONI CAVILLOSE E FAZIOSE DEL
CONTRATTO (cioè a lui favorevoli). In questa sua funzione, che attiene al momento soggettivo di
interpretazione (tutela infatti gli affidamenti “soggettivi”), la BF permette di ricostruire correttamente la
comune volontà.
Se invece vi è divergenza interpretativa tra le parti, il criterio di buona fede è anche utile nel cd. MOMENTO
OGGETTIVO DI INTERPRETAZIONE, intervenendo per CHIARIRE IL SIGNIFICATO DI UNA
CLAUSOLA DUBBIA, RIFACENDOSI AI CRITERI DI NORMALITA’ SOCIALI O DI
RAGIONEVOLEZZA NEI TRAFFICI valutando quindi anche IL CONTESTO DELL’AMBIENTE
SOCIALE IN CUI IL CONTRATTO OPERA. Quest’ultima concezione però, è stata criticata poiché si è
detto (così come pensato da Capobianco) che I CANONI DI REGOLARITA’ E RAGIONEVOLEZZA NEI
TRAFFICI NN HANNO NESSUNA RILEVANZA GIURIDICA E NON SONO CANONI DI PER SE IN
GRADO DI RISOLVERE DUBBI POICHE’ NON TENGONO CONTO DELLE CARATTISTICHE CHE
IL SINGOLO CONTRATTO PUO’ AVERE PERCHE’ E’ BEN POSSIBILE CHE UN PECULIARE
CONTRATTO, NELLA INTENZIONE DELLE PARTI, NON DOVEVA ESSERE CONFORMI A
QUESTI CANONI DI REGOLARITA’ SOCIALE, POICHE’ MAGARI LE PARTI SE NE VOLEVANO
DISCOSTARE (perché sono ‘’ usi’’ e quindi derogabili dalle parti). La buona fede ha poi anche un’altra
funzione : DI CARATTERE CORRETTIVO. Dato che può essere impiegata, qualora, un’interpretazione
operata con riferimento agli altri canoni di legge, risulti NON DEL TUTTO ADEGUATA. Secondo questa
visione, la buona fede avrebbe anche una FUNZIONE INTEGRATIVA (vedi dopo buona fede in funzione
integrativa) questa concezione però è criticata.
Secondo Capobianco, se LA BUONA FEDE HA DAVVERO LA POSSIBILITA’ DI RICHIAMARE
DEGLI INDICI UTILI A CHIARIRE I CONTRATTI DUBBI, QUESTI INDICI NN POSSONO ESSERE
QUELLI DI REGOLARITA’ O DI NORMALITA’ COME DETTO PRIMA MA DEVONO ESSERE
DEGLI INDICI CHE ABBIANO LA VALENZA DI PRINCIPI GIURIDICI DI RANGO
COSTITUZIONALE IN PRIMIS IL PRINCIPIO DI SOLIDARIETA’ ex art 2 cost, poiché sono solo questi i
principi che possono intervenire per EQUILIBRARE IL SENSO DI UN CONTRATTO IN CASO DI
DUBBIO.
1367cc PRINCIPIO DI CONSERVAZIONE DEL CONTRATTO : NEL DUBBIO il contratto o le singole
clausole devono interpretarsi NEL SENSO IN CUI POSSONO AVERE QUALCHE EFFETTO, ANZICHE’
IN QUELLO SECONDO CUI NON NE AVREBBERO ALCUNO. Principio recepito anche nei principi
Lando ed Unidroit. È un principio che detta una regola che INVESTE TUTTO L’ORDINAMENTO
GIURIDICO, poiché esiste anche IL PRINCIPIO DI CONSERVAZIONE DEL NEGOZIO COSI’ COME
DELLE NORME (nel caso della loro abrogazone) così come degli atti processuali : questo xk, è un principio
GENERALE CHE TUTELA LA ESIGENZA DI ‘’ SALVARE’’ L’EFFICACIA DI ATTI E
COMPORTAMENTI, QUANDO QUESTI ABBIANO UAN ‘’ PARTE COMPROMESSA MA ANCHE
DEGLI ASPETTI COERENTI ALLE NORME DI VOLTA IN VOLTA DETTATE’’. Quindi il principio di
conservazione risponde al brocardo latino ‘’ utile x inutile non vitiatur’’. In ambito di intereptazione
contrattuale, questo principio xò presuppone UN DUBBIO : CHE INTERVIENE QUANDO RESIDUONO
DELLE PERPLESSITA’ SUL SIGNIFICATO DEL CONTRATTO, NONOSTANTE SIANO STATI
APPLICATI GLI ALTRI CRITERI DI INTERPRTAZIOE RISPETTO AI QUALI QUINDI QUESTO ‘’
CRITERIO-PRINCIPIO’’ E’ EFFETTIVAMENTE SUSSIDIARIO. Esso quindi impone di PREFERIRE
TRA I + SIGNIFICATI DI UN CONTRATTO O DI UNA CLAUSOLA DELLO STESSO, IL
SIGNIFICATO CHE POSSA TENERE IN VITA O L’UNA O L’ALTRA CERCANDO DI MANTENERE
LA VOLONTA’ DELLE PARTI. Ma è proprio questo il punto : poiché si è detto che il principio di
conservazione del contratto PUO’ ANCHE OPERARE OLTRE AI LIMITI DELLA VOLONTA’ DELLE
PARTI, CIOE’ IL PRINCIPIO DI CONSERVAZIONE DEL CONTRATTO, secondo una teoria ‘’
moderna’’ + che alla conservazione della volontà delle parti, mira IN MODO + OGGETTIVO A
TUTELARE LA IDONEITA’ DI UN ATTO A PRODURRE EFFETTI, quindi aldilà in tal senso delle parti
stesse. Questo significa che in base al caso cocnreto, DOVE CI SIANO DUBBI QUINDI SU UNA
CLAUSOLA, SI POTRA’ SCEGLIERE SE DARE A QUELLA CLAUSOLA UN EFFETTO ‘’
QUALUNQUE’’ PURCHE’ IN GRADO DI TENERE QUINDI IN SALVO LA CLAUSOLA STESSA
OPPURE UN SIGNIFICATO ‘’ SPECIFICO’’ CHE SIA IL + UTILE POSSIBILE PER LE PARTI
(l’importante è che quella clausola resri salva e che venga scelto il significato migliore possibile in relazione
al caso concreto. A tal punto che, paradossalmente, proprio per realizzare il miglior effetto possibile nel caso
concreto, il principio di conservazione potrebbe portare al RISULTATO DI NEGARE SE STESSO : cioè, se
in base al caso concreto, risulta che sia meglio non salvare quel contratto o quella clausola, sarà quella la
soluzione preferibile). Proprio perché il principio di conservazione si applica sia al contratto sia alle singole
clausole si pone un altro problema : CHE SUCCEDE SE LA COSERVAZIONE DELLA CLAUSOLE E’
INCOMPATIBILE CON LA CONSERVAZIONE DEL CONTRATTO (cioè : cosa succede se
SALVANDO LA CLAUSOLA SI METTE A REPENTAGLIO LA VALIDITA’ DEL CONTRATTO
POICHE’ QUELLA CLAUSOLA SALVATA PORTA ALLA INVALIDITA’ DEL CONTRATTO?
ovviamente si predilige la conservazione di quest’ultimo quindi la clausola non andrebbe salvata poiché,
NON AVREBBE SENSO SALVAE UNA CLAUSOLA CHE POI SAREBBE COMUNQUE TRAVOLTA
DALLA CADUCATORIA DEL CONTRATTO che lei stessa ha creato). Si è osservato però, che questo
problema della incompatibilità tra la conservazione della clausola e del contratto è un problema che SI
PONE IN POCHISSIMI CASI CIOE’ SOLO QUANDO LA CLAUSOLA DA SALVARE SIA NULLA E
TALE CHE I CONTRAENTI SENZA DI ESSA NON AVREBBERO STIPULATO poiché questo è
L’UNICO CSO PREVISTO DALLA LEGGE, IN CUI LA INVALIDITA’ DELLA CLAUSOLA PUO’
PORTARE ALLA INVALIDITA’ DEL CONTRATTO PER INTERO. Quindi, dal momento che, SOLO IN
QUESTI CASI SI CREA QUESTA INCOMPATIBLITA’, SI RITIENE CHE SIA LA CLAUSOLA CHE
DEVE VENIRE MENO.
1368cc PRATICHE INTERPRETATIVE O USI INTERPRETATIVI : l’art stabilisce che le clausole
ambigue si INTERETANO SCONDO CIO’ CHE SI PRATICA GENERALMENTE NEL LUOGO IN CUI
IL CONTRATTO E’ STATO CONCLUSO. Nei contratti dell’imprenditore, le clausole ambigue si
interpretano secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo in cui ha sede l’impresa. L’importanza delle
pratiche interpretative è attestata dal fatto che anche nei principi Lando ed Unidroit esse abbiano una
rilevanza in sede ermeneutica. LI USI INTEREPTATIVI DI CUI ALL’ART, NATURALMENTE VANNO
TENUTI DISTINTI DAGLI USI NORMATIVI DEL 1374cc E DAGLI USI NEGOZIALI DEL 1340.
Poiché gli usi interpretativi SONO UTILI AD ADEGUARE IL CONTRATTO AL SIGNIFICATO CHE LI
E’ DATO IN UN CERTO AMBIENTE SOCIO ECONOMICO. Oltretutto, sebbene il dato testuale dell’art si
riferisca ALLE PRATICHE GENERALI, NON VUOL DIRE CHE NON ABBIANO RILEVANZA AI FINI
INTERPRETATIVI ANCHE LE PRATICHE INDIVIDUALI (usi di un solo imprenditore ad eswmpio nella
contrattazione standard) DI UN CERTO IMPRENDITORI (perché anche esse avrebbero rilevanza
interpretativa sia ai sensi dell’art 1368 così interpetato sia peraltro, anche ai fini del 1362 c2 che parla DI
COMPORTAMENTI ANTECEDENTI). Dottrina e giurisprudenza attribuiscono al 1368 un VALORE
SUSSIDIARIO OLTRETTUTTO PER CERTI VERSI LA NORMA APPARE ANTIQUATA POICHE’
NELL’ODIERNO CONTESTO GLOBALIZZATO E’ DIFFICILE STABILIRE QUALE SIA IL LUOGO
IN CUI IL CONTRATTO E’ CONCLUSO SOPRATTUTTO SE SI PENSA A DETERMIATE TECNICHE
DI CONTRATTAZIONE COEM QUELLE A DISTANZA. Inoltre il lugo in cui il contratto è concluso, a
volte, come in questi casi, E’ UN DATO ‘’ CONVENZIONALE’’ ciè non c’è un vero collegamento tra il
contratto e il territorio in cui è stipulato quidni ha poco senso dare rilevanza alle pratiche commerciali di un
luogo che poi alla fine con il contratto abbia poco e niente a che fare. X questa ragione una intereptazione
evoluta dell’art, INTERPRETA IL RIFERIMENTO AL LUOGO DEL CONTRATTO NN IN SENSO
GEOGRAFICO MA IN SENSO MERCEOLOGICO (cioè come quel comparto di regole economiche
all’interno delle quali si svolgono le contrattazioni). Va poi precisato che, nel c. cons, con riferimento ai
contratti dei consumatori, IL COMMA 2 DELL’ART CHE FA RIFERIMENTO ALEL PRATICHE
INTERPRETATIVE DEL LUOGO DI SEDE DELLA IMPRESA E’ STATO ABROGATO DALL’ART 35
del c. cons., qiuando stabilisce che NEI CASI DI CONTRATTAZIONE STANDARDIZZATA MA ANCHE
DI CONTRATTAZIONE INDIVIDUALE, PREVALE L’INTEREPTAZIONE FAVOLEVOLE AL
CONSUMATORE CHE QUINDI VIENE PREDILETTA RISPETTO ALLA INTERETAZIONE
DELL’ART ‘’ secondo pratiche’’.
1369 CRITERIO FUNZIONALE : il quale statuisce che LE ESPRESSIONI CHE POSSONO AVERE +
SENSI devono nel dubbio, essere intese, nel senso +è conveniente ALLA NATURA (intesa come causa) E
ALL’OGGETTO DEL CONTRATTO. Criterio che è recipito anche dai principi Unidroit e Lando. Anche
con riferimento a questo criterio va innanzitutto, cirticata la concenzione che lo vede COME CRITERIO
SUSSIDIARIO e addirittura si ritiene che NONOSTANTE LA COLLOCAZIONE NEL GRUPPO DEI
CANONI OGGETTIVI, questo criterio debba + esattamente ritenersi un criterio SOGGETTIVO, in quanto è
in grado di contribuire immediatamente alla RICOSTRUIZIONE DELLA COMUNE VOLONTA’ DELLE
PARTI. Il criterio funzionale, che quindi nn è un criterio sussidiario ne puramente oggettivo è un criterio
ISPIRATO AI PRINCIPI DI ADEGUATEZZA E RAGIONEVOLEZZA ED IMPONE CHE IL
CONTRATTO SIA INTEPRETATO IN STRETTA CONNESSIONE CON LA SUA CAUSA E IL SUO
CONTENUTO. E’ un criterio quindi che nn si applica solo in caso di clausole dubbie ma che ha UNA
VALENZA GENERALE. IL RIFERIMENTO ALLA CAUSA OVVIAMENTE E’ UN RIFERIMENTO
ALLA CAUSA CONCRETA QUINDI ALLA SINTESI DEGLI EFFETTI GIURIDICI ESSENSZIALI DEL
CONTRATTO COLORATI ANCHE DAGLI INTERESSI DELLE PARTI
1370cc INTERPRETAZIONE CONTRO L’AUTORE DELLA CLAUSOLA che riguarda LE SOLE
CLAUSOLE INSERITE IN CONDIZIONI GENERALI DI CONTRATTO OPPURE IN MODULI E
FORMULARI. Queste clausole, in caso di dubbio, devono essere interpretare a favore della controparte e
quindi contro il loro autore. Si tratta di una regola risalente al diritto romano (si chiamava interpretazione ‘’
contra stipulorem’’ che è stata recepita dai PRINCIPI LANDO E DAI PRINCIPI UNIDROIT). la ratio
sottesa a questa norma, è collegata al principio di AUTORESPONSABILITA’ : nel momento in cui il
predisponente determina in modo unilaterale la clausola si impegna a redigerla in modo chiaro ed in caso
contrario si assume il rischio del DIFETTO DI INCOMPRENSIBILITA’. Si tratta quindi di un principio
generale che per questa ragione ha fatto ritenere che l’applicazione dellart in esame debba estendersi anche
aldilà dei contratti massificati quindi anche nei contratti INDIVIDUALI PREDISPOSTI
UNILATERALMENTE MA NON MASSIFICATI. Il suggerimento è stato raccolto nel c. cons, che
recepisce questo principio senza distinguere tr CONTRATTI MASSIFICATI O MENO. L’art 1370cc in una
prima visione, dettava una regola SUSSIDIARIA APPLICABILE SOLO IN CASO DI PERMANENZA
DEL DUBBIO. Tuttavia la sua recezione nell’art 35 nel c. cons, ha stavolto la gerarchia dei criteri (se mai ce
ne fosse una), tanto da sollevare l’interptretatio contra profenten a criterio generale di interpretazione che
SDDIRITTURA PREVARREBE SUGLI ALTRI IN QUANTO SE E’ VERO CHE LA
INTERPRETAZIONE DEVE ESSERE VOLTA ALLA RICOSTRUIZIONE DELLA COMUNE
VOLONTA’ E’ ANCHE VERO CHE NEI CONTRATTI DI MASSA, QUESTA COMUNE INTENZIONE
NON ESISTE COSICCHE’ NON ESSENDOCI CRITERI SOGG UTILI, L’INTERETATIO CONTRA
PROFENTEM SAREBBE IL PRIMO DEI CRITERI DA UTILIZZARE. Quanto detto, non è ritenuto
condivisibile da Capobianco, il quale sottolinea come anche nei contratti dei consumatori tale norma si
applica solo se persistono dubbi interpretativi : quando si dice che persistono dubbi interpretativi si
sottoindende che questi dubbi non siano stati risoltio dalla previa applicazione dei criteri ordinari di
interpretazione. Inoltre non è vero che nei contratti dei cpnsumatori i canoni di interetazione sogg non siano
utilizzabili come voleva questa prima teoria (questo significa che anche nei contratti dei consumatori, prima
di arrivare ad applicare l’art o il 35 del c. cons. bisogna comunque tentare, con i criteri prdnari, di addivenire
ad una chiarificazione del significato della clausola del contratto dubbio). Sicuramente però, l’interpretatio
contra stipuloerm PREVARRA0 SULL’ART 1368 poiché ovviamente, se si intereta una clausola contro il
predisponente NON SI PUO’ CERTO DARLE IL SENSO CHE E’ TIPICO DELLE PRATICHE COMM DI
QUEST’ULTIMO (perché così facendo si andrebbe a favorire lo stesso imprenditore che altro non è che il
predisponente). Vediamo i rapporti tra l’art 1370 e l’art 35 c 2 c.cons. : tra le norme vi è sicuramente una
CONTINUITA’ ED UNA COERENZA, MA QUESTO NN SIGNIFICA CHE L’ART 35 SIA UNA MERA
‘’ RIPETIZIONE’’, PERCHE’ INVECE QUESTO HA AVUTO UN IMPATTO INNOVATIVO.
Innanzitutto, perché ha esteso il 1370cc, anche ai contratti INDIVIDUALI PREDISPOSTI
UNILATERALMENTE OLTRE CHE AI MASSIFICATI (dove vi è un esplicto riferimento). Ed in +
perché, ha MODIFICATO QUELLO CHE PRIMA ERA UN ONERE DI CHIAREZZA DA PARTE DEL
PROFESSIONISTA IN UN VERO E PROPRIO OBBLIGO GIURIDICO IL QUIALE POTREBBE
ANCHE PORTARE A RITENERE LA CLAUSOLA VESSATORIA. Un’ultima precisazione riguarda i
rapporti tra la regola in esame ed il PRINCIPIO DI CONSERVAZIONE : perché si è sviluppata una teoria
che, in contrasto alla precedente concezione, ritiene che : L’INTERETAZIONE CONTRA STIPULOREM
PUO’ PORTARE ANCHE ALLA ELIMINAZIONE VERA E PROPRIA DI UNA CLAUSOLA (e questo lo
sappiamo) SENZA CHE PERO’ CIO’ CONTRASTI COL PRINCIPIO DI CONSERVAZIONE DEL
CONTRATTO : in quanto, questo principio è un principio che è volto a far si che una clausola nel dubbio sia
interpretata in MODO DA GARANTIRE IL MIGLIOR EFFETTO POSSIBILE ED IL MIGLIOR
EFFETTO POSSIBILE POTREBBE ANCHE ESSERE ‘’ NESSUN EFFETTO’’ COSI’ CHE IL
PRINCIPIO DI CONSERVAZIONE SI APPLICA A TAL PUNTO DA CONTRADDIRE SE STESSO
(però ovviamente il contratto qui resta in vita).
Art 1371cc presupposto di applicazione di questa regola è che NONOSTANTE L’APPLICAZIONE
INTEGRALE DI TUTTI I CRITERI POSSIBILI PREVISTI DALLA NORMATIVA, IL CONTRATTO
RESTI COMUNQUE OSCURO (oscuro però non del tutto INTELEGIBILE cioè non legibile perché
altrimenti il contratto SAREBBE NULLO : in quanto se in nessun modo emerge dal contratto il ‘’ disegno’’
delle parti, il giudice non può far altro che CONSTATARNE LA NULLITA’). Le regole interpretastive
finali, sono in realtà 2 :

- La prima : riguarda i contratti a TITOLO GRATUITO : per i quali viene dettata una soluzione +
favorevole all0obbligato in virtù del favor debitoris. E quindi il contratto dovrà essere interpretato
nel senso + favorevole a quest’ultimo che è colui il quale AGISCE PER EVITARE UN DANNO
(che il creditore possa cioè agire contro d lui) PIUTTOSTO CHE PER REALIZZARE UN
PROFITTO. Va precisato che per CONTRATTI A TITOLO GRATUITO SI INTENDONO I
CONTRATTI IN CUI NON VI E’ CORRISPETTIVITA’ quindi anche quelli con OBLIGAZIONI
DEL SOLO PROPONENTE.
- La seconda : riguarda i contratti a titolo oneroso x i quali il giudice deve prediligere
un’intereptazione CHE REALIZZI L’EQUO CONTEMPERAMENTO DEGLI INTERESSI DELLE
PARTI. Questo riferimento all’equità, secondo alcuni, potrebbe però IN ASSENZA DI CASISTICA
(visto che questa soluzione non è mai stata applicata) PORTARE IL GIUDICE A RISCRIVERE IL
CONTRATTO SECONDO IL SUO PERSONALE IDEALE DI GIUSTIZIA ED EQUITA’ (gli
darebbe in sostanza troppo potere). Secondo però Capobianco, ormai, nel nostro ordinamento,
sempre di + il contratto è fonte di ETERONOMIA QUANTO DI AUTONOMIA e lo stesso
oridnamento sempre di + si ispira ad un ideale di contratto ‘’ giusto’’ (quidni in sostanza nn ci
sarebbe niente di male in questo potere). Per limitare la discrezionalità di questo. Sempre secondo
Capobianco, occorre individuare nell’ordinamento delle regole tecniche che attenuino la vaghezza
del concetto di equità e queste regole tecniche ‘’ riempitive’’ del concetto di equità altro non sono
che valori COSTITUZIONALE DI EGUAGLIANZA SOSTANZIALE E DI EQUITA’ sempre
tenendo conto delle particolarità del caso concreto.
INTEPRETAZIONE DEI CONTRATTI ASSOCIATIVI
La categoria dei contratti associativi si riferisce a quei particolari contratti caratterizzati dalla
COMUNIONE DI SCOPO delle parti, che li distingue dai classici contratti di scambio, in cui gli
interessi delle parti sono opposti e trovano un contemperamento, anche attraverso fonti eteronome. Nei
contratti associativi, invece, le parti perseguono tutte un medesimo scopo e un unico risultato giuridico,
che consiste nell’attività dell’associazione creata, mezzo comune per la realizzazione dell’interesse di
individuale di tutti i membri. Tali contratti, sempre fonte di autonomia privata, ma di tipo associativo,
con fondamento negli artt. 2 e 18 Cost., sono comunque sottoposti alle regole sull’interpretazione ex artt.
1362/1371 cc, ma hanno delle peculiarità di cui occorre tener conto, motivo per cui occorrerà un giudizio
di compatibilità dell’applicazione di tali norme a questi contratti. Ad esempio, il criterio letterale potrà
prevalere sulla ricerca della comune intenzione delle parti, data la necessità di prediligere criteri
oggettivi di interpretazione per questi contratti, in quanto contratti che creano soggetti (associazioni e
società) in grado di incidere con la loro attività sulla sfera giuridica di terzi soggetti estranei al contratto
stesso. Quindi la loro rilevanza sul mercato e soprattutto nei confronti dei terzi impone la ricerca della
maggior possibile OGGETTIVITA’ nell’interpretazione dei contratti dubbi, sacrificando il senso
soggettivamente dato da chi vi ha preso parte.
La stessa protezione dei terzi, del resto, impone la previsione di una certa PUBBLICITA’ LEGALE di
questi contratti, ad esempio con l’iscrizione del registro delle imprese per i contratti di riferimento: anche
in questo caso, le dichiarazioni che si riportano nell’iscrizione nei registri, a livello di oggettivo
significato letterale, prevarranno su qualunque significato soggettivo una o più parti volessero dare.
Neanche sarà possibile, dopo queste operazioni di pubblicità legale, riqualificare il contratto associativo
per come è stato qualificato dalle parti.
Ciò però non significa che nei contratti associativi non si potrà ricorrere ai canoni soggettivi di
interpretazione soggettiva o soprattutto il canone della buona fede: gli artt. Da 1363 a 1366 saranno
perfettamente applicabili ai contratti associativi. Più cauto dovrà essere l’interprete, invece,
nell’applicazione dei canoni oggettivi (137-1371 cc), dovendosi di volta in volta procedere ad un
giudizio di compatibilità.

INTEPRETAZIONE DEI CONTRATTI COLLETTIVI


In questo settore le regole sull’interpretazione subiscono un certo condizionamento. Infatti, trattandosi di
contratti stipulati da soggetti tra loro in sostanziale contrasto (sindacati dei lavoratori e associazioni di
imprenditori) e mossi da diffidenza reciproca, sarà molto più utile prediligere canoni oggettivi di
interpretazione per risolvere dubbi interpretativi: non ci sarà mai una comune volontà, essendo le parti
soggetti contrapposti dal punto di vista socio-economico e politico-istituzionale, animati da ideologie del
tutto antagoniste.
In sostanza in questo settore della contrattazione, cercare di sganciare il più possibile le clausole
contrattuali (in contrasto a quanto detto per tutti i contratti tra privati) dalla volontà di chi le ha prodotte,
sollecitando una interpretazione logica e oggettiva, per determinare il senso concreto del testo caso per
caso.
Anche i contratti collettivi, comunque, richiedono un approccio interpretativo assiologico e sistematico,
cioè orientato al rispetto dei principi costituzionali e comunitari, e soprattutto dei principi del cosiddetto
DIRITTO VIVENTE DEL LAVORO, cioè l’insieme dei valori anche non scritti che regolano i rapporti
di lavoro nel nostro ordinamento.
La peculiarità di questo settore di contrattazione, sul piano interpretativo, è confermata anche da una
disposizione del testo unico sul lavoro pubblico (art. 49 del d.lgs. 165/2001), che parla della cosiddetta
INTEPRETAZIONE AUTENTICA dei contratti collettivi, disponendo che in caso di controversie
interpretative sorte su disposizioni dei contratti collettivi, le parti stesse che li hanno sottoscritti si
incontrano per definire in via consensuale il significato della formula controversa, modificandone il
testo, con una modifica che avrà efficacia retroattiva, come se fosse sempre stato quello il testo effettivo.
In realtà, si tratta di una retroattività impropria, dal momento che non travolge situazioni giuridiche già
maturate con riferimento al testo originario così come interpretato prima della modifica autentica.

INTEPRETAZIONE DEI CONTRATTI DELLA P.A.


La sempre più diffusa tendenza della P.a. a porre in essere attività consensuale/privatistica impone di
verificare l’applicabilità ai contratti stipulati dall’autorità pubblica delle regole sull’interpretazione
previste dagli artt. 1362/1371 cc, sia per quanto riguarda i contratti conclusi “iure privatorum”, quindi
contratti privatistici veri e propri, sia per i cd. “contratti ad evidenza pubblica” la cui conclusione è
preceduta da un procedimento amministrativo con cui la pa rende note le ragioni del pubblico interesse a
contrarre e la scelta del contraente.
La dottrina e la giurisprudenza pacificamente considerano applicabili le regole ermeneutiche del cc
anche a questi contratti, inclusi, come affermato di recente dal Consiglio di stato in una sentenza, il
criterio dell’equità integrativa ex art. 1371 ed addirittura l’art. 1370 cc relativo all’interpretatio contra
proferentem nei contratti predisposti unilateralmente dalla PA, che quindi sempre più viene considerata
quale soggetto privato nei momenti in cui agisce iure privatorum.
D’altra parte, non si possono ignorare le peculiarità dei contratti della pa, con i quali comunque il
soggetto pubblico conforma la sua attività ai criteri di efficacia efficienza ed economicità, ed ai valori
costituzionali di buon andamento ed imparzialità. Anche per questo lo stesso consiglio di stato ha
ritenuto, con riferimento ad altre peculiarità di questi contratti rispetto a quelli privatistici clasici, che:
- nei contratti in esame sia necessario prediligere i criteri oggettivi di interpretazione;
- non si possa applicare il principio di conservazione del contratto se tale principio, nel concreto,
contrasti con il buon andamento della pa o con la sua imparzialità;
- con riferimento alla rilevanza degli elementi extra-testuali per l’interpretazione, la delibera a contrarre
(che precede i contratti della pa) NON ABBIA RILEVANZA in caso di contrasto con il contenuto del
contratto, essendo tale delibera un “mero atto interno”, e poiché per i contratti della pa, dice il consiglio
di stato, il rinvio in generale ad elementi extra-testuali non ha applicazione salvo che la lettera del
contratto sia poco chiara. CRITICA: Questa concezione tuttavia sembra nuovamente rimandare ad un
principio ormai superato, secondo cui la chiarezza è un presupposto dell’interpretazione, laddove invece
è solo un possibile risultato della stessa interpretazione, che deve essere posta in essere considerando
ANCHE E SOPRATTUTTO elementi extra-testuali. Quindi sarebbe più giusto dare rilevanza alla
delibera a contrarre come atto che non è meramente interno, ma che crea AFFIDAMENTO del cittadino
interessato al contratto: se poi il contenuto di questo non rispecchia la delibera, l’affidamento del
cittadino è danneggiato, e di questo il giudice dovrà tener conto.

INTEGRAZIONE.
L’integrazione del contratto è il FENOMENO GIURIDICO ATTRAVERSO IL QUALE, IL
CONTENUTO DEL CONTRATTO PREDISPOSTO DALLE PARTI, VIENE INTEGRATO
APPUNTO (cioè determinato anche) CON IL CONCORSO DI FONTI ETERONOME QUINDI
ESTERNE : CIOE’ NON RICONDUCIBILI ALL’ACCORDO DELLE PARTI. Si tratta di un fenomeno
al quale sono riconducibili gli art 1339 (inserzione automatica di clausole) 1340 (clausole d’uso) 1375
(esecuzione del contratto in buona fede : NUONA FEDE INTEGRATIVA) e soprattutto 1374 (che è
l’articolo di portata generale : che in un èprmo momento, era considerato norma applicabile SOLO IN
CASO DI LACUNE, cioè in ASSENZA DI UNA VOLONTA’ DELLE ORMAI, SEMPRE + VEDE IL
CONTRATTO STESSO COME ESPRESSIONE DI AUTONOMIA E DI ETERONOMIA ALLO
STESSO LIVELLO. A proposito della concezione precedente sul 1374, va precisato che, ancora adesso
in generale, la dottrina distingue tra 2 diverse forme di integrazione : 1) INTEGRAZIONE
SUPPLETIVA : com’era considerato prima l’art che quindi interviene sul contratto QUANDO SU UN
DETERMINATO PUNTO NON E’ STATA ESPRESSA LA VOLONTA’ DELLE PARTI. Questa può
operare attraverso – previsioni normative – previsione del giudice mediante EQUITA’ E BUONA
FEDE; 2) INTEGRAZIONE COGENTE ex art 1339 : che, rispetto alla 1, è + invasiva rispetto
all’autonomia privata perché è una forma di integrazione che si realizza ATTRAVERSO NORME
IMPERATIVE CHE INTERVENGONO ANCHE IN SOSTITUZIONE DELLA VOLONTA’ DELLE
PARTI, QUANDO QUESTA NN SIA CONFORME. In alcuni casi poi, l’integrazione può essere
contemporaneamente SUPPLETIVA E COGENTE, come nel caso in cui nel contratto manchi la durata
del contratto, come per esempio nel caso del contratto di compravendita per cui la lege prevede il 4 + 1,
ed intervenga una norma di legge che lo stabilisca. Poiché l’integrazione INCIDE SUL CONTENUTO
DEL CONTRATTO, se le parti nn rispettassero le previsioni inserite nel contratto tramite integrazione
SI AVREBBE RESPONSABILITA’ CONTRATTUALE
1. Integrazione suppletiva.
Avviene innanzitutto con la INTEGRAZIONE DELLA LEGGE ex art 1374cc. Quindi attraverso la
integrazione suppletiva, intervengono nel contratto norme di legge che però sono NORME DI LEGGE
DISPOSITIVE CHE QUINDI POSSONO ESSERE DEROGATE DALLA VOLONTA’ DELLE PARTI
(questa è la differenza con la integrazione cogente, che invece come detto, inserisce nel contratto, NORME
IMPERATIVE CHE POI POSSONO ESSERE PROIBITIVE O CONFORMATIVE e comunque non
derogabili).
Il primo problema che pone la integrazione suppletiva, è come INTERPRETARE IL TERMINE LEGGE
COME FONTE ETERONOMA DI INTEGRAZIONE. Secondo un orientamento + attento, con il termine
legge s’intnderebbe QUALUNQUE DISPOSIZIONE NORMATIVA STABILMENTE ED
ISTITUZIONALMENTE VIGENTE ALDILA’ DELLA FONTE : quindi le norme cost, le norme
comunitarie (trattati regolamenti e direttive), i prinipi e le regole dell’ordinamento diverso da quello italiano
quando le parti scelgono un foro straniero, le norme regionali, le norme secondarie (regolamenti ) ,
provvedimenti delle autorità amm. Ex. compravendita. Se le parti non hanno fissato il tempo ed il luogo del
pagamento, questo avverrà al momento e nel luogo della consegna (questo è il classico esempio di
integrazione suppletiva attraverso norma dispositiva di legge).
Le norme dispositive, che integrano il contratto, possono avere caratteri diversi e possono essere :
- RECESSIVE : sono norme RESIDUALI che si applicano in via ECCEZIONALE quando le parti,
non dispongano diversamente. L’esempio fatto prima è un esempio di norma recessiva perché si apre
proprio ‘’ salva diversa volontà delle parti’’. Quindi in questo caso LA NORMALITA’ E’ LA
DIVERSA VOLONTA’ DELLE PARTI.
- DOMINANTI : sono la REGOLA CHE PUO’ ESSERE IN VIA ECCEZIONALE DEROGATA
DALLE PARTI. In questo caso la NORMALITA’ E’ LA REGOLA DI LEGGE E LA DIVERSA
VOLONTA’ DELLE APRTI SI PONE COME ECCEZIONE. Ex. la disciplina sulla garanzia dei
vizi nella compravendita.

Sempre il 1374cc pone un'altra FOMRA DI INTEGRAZIONE SUPPLETIVA, TRAMITE PERO’


CLAUSOLE D’USO quando statuisce che il contratto può ESSERE INTEGRATO DAGLI USI, laddove gli
usi richiamati in questa norma, sono gli USI NORMATIVI (quindi le CONSUETUDINNI : quindi quei
comportamenti caratterizzati da GENERALITA’ E L’OPINIO IURI AC NECESSITATEM : cioè dalla
concezione dell’ambiente sociale, che tali comportamenti siano DOVEROSI). Il richiamo operato dall’art,
agli usi, rende possibile l’integrazione nel contratto delle CONSUETUDINI, SENZA CHE QUESTE
DEBBANO ESSERE RICHIAMATE A LORO VOLTA DA ALTRE NORME DI LEGGE (quidni lo
integrano direttamente senza passare dal richiamo di un altro articolo di legge. In altri termini : di norma, le
consuetudini hanno efficacia solo se richiamate dalle leggi, quindi x avere efficacia in un contratto, il
contratto dovrebbe RICHIAMARE UN ART DI LEGGE CHE RICHIAMI A SUA VOLTA LA
CONSUETUDINE. Questo con riferimento all’art, NON SI RITIENE NECESSARIO E NN E’
NECESSARIO XK SI RITENE CHE L’ART, SIA LA NORMA CHE RICHIAMA UNIVERSALMENTE
TUTTE LE CONSUETUDINI). Ovviamente l’operatività delle consuetudini è LIMITATA DALLA
GERARCHIA DELLE FONTI NEL SENSO CHE NN POSSONO INTEGRARE IL CONTRATTO
CONSUETUDINI ‘’ CONTRA LEGEM’’.
Diversi dagli usi NORMATIVI (detti anche consuetudini), sono GLI USI NEGOZIALI (anche detti USI
CONTRATTUALI, CLAUSOLE D’USO) che s’intendono inseriti nel contratto in AUTOMATICO,
ALMENO CHE NN RISULTI CHE LE PARTI NON LI VOLEVANO ex art 1340cc. La differenza tra USI
NORMATIVI ED USI CONTRATTUALI, IN AMBITO CONTRATTUALE, CONSISTE NEL FATTO
CHE : GLI USI CONTRATTUALI SI INSERISCONO NELLA FASE DI FORMAZIONE DEL
CONTRATTO; MENTRE GLI USI NORMATIVI O CONSUETUDINI OPERANO NELLA FASE
ESECUTIVA DI UN CONTRATTO CHE E’ GIA’ FORMATO. Ovviamente un’altra differenza sta nel fatto
che :
- Usi contrattuali non è necessario che risultino i REQUISITI DELLA GENERALITA’ E DELLA
OPINIO IURIS. Poiché un uso contrattuale, anche definite pratiche abitualmente utilizzate, è tale
SEMPLICEMENTE SE ADOPERATO NON DA TUTTI GLI OPERATORI DEL MERCATO MA
SOLO IN UN DETERMINATO SETTORE O ANCHE INDIVIDUALMENTE SOLO DA UN
OPERATORE.
Altre differenze riguardano LA EFFICACIA :
- Gli usi normativi NON POSSONO DEROGARE LEGGI E REGOLAMENTI e trovano
applicazione anche se le parti gli ignorano purchè non siano ESPLICITAMENTE esclusi dalle parti
- Gli usi contrattuali possono ECCEZIONALMENTE DEROGARE DELLE NORME cioè quelle
DISPOSITIVE : in quanto sono quelle stesse norme dispositive che appunto si aprono con ‘’ salva
diversa volontà delle parti’’; ‘’ oppure salvo gli usi’’. Quindi gli usi hanno una prevalenza rispetto
alle norme dispositive. Essi poi PRESUPPONGONO CHE LE PARTI, GLI ABBIANO VOLUTI
ANCHE SE secondo Capobianco, l’art 1340cc lascia intendere che anche questi usi contrattuali,
come quelli normativi, siano applicabili anche se ignorati dalle parti, PURCHE’ NON
ESPRESSAMENTE ESCLUSI.
Altra differenza sul piano della PROVA :
- Usi normativi : sono vere e proprie NORME GIURIDICHE quindi la conseguenza è che si applica il
principio iura novit curia e soprattuttto il giudice può rilevarsi d’ufficio, applicandoli anche se non
c’è una richiesta esplicita dalle parti perché non si viola il prinicpio dispositivo.
- Usi contrattuali : sono FATTI GIURIDICI, sottposti come tali alle ordinarie regole sull’onere della
prova.
Altra differenza rileva circa le CONSEGUENZE DELLA VIOLAZIONE
- Usi normativi : una loro violazione può portare, essendo norme giuridiche, ad un ricorso in
cassazione
- Usi contrattuali : una loro violazione NON SI TRADUCE IN UNA VIOLAZIONE DI LEGGE (a
differenza degli usi normativi) e quindi NON RENDE POSSIBILE UN RICORSO IN
CASSAZIONE.

Un altro problema posto dagli usi contrattuali, è la differenza con le CONDIZIONI GENERALI
PRESIPOSTE UNILATERALMENTE di cui al 1341cc perché questi fenomeni PRESENTANO
ANALOGIE. Ci si chiede in particolare se : ANCHE GLI USI NORMATIVI, DEBBANO ESSERE
APPROVATI PER ISCRITTO NELLO SPECIFICO dal consumatore. Un orientamento giurisprudenziale,
sostiene che : dal momento che gli usi contrattuali, entrano nel contratto anche se non conosciuti, non serve
che siano specificatamente sottoscritti. Un altro orientamento, invece sostiene il contrario : cioè che GLI USI
CONTRATTUALI DEBBAQNO ESSERE SOTTOSCEITTI SPECIFICATAMENTE QUANDO SIANO IL
RISULTATO DI UNA PREDISPOSIZIONE DI FATTO OPERATA DAGLI IMPRENDITORI DEL
SETTORE (impara a memoria). Inoltre le clausole d’uso non sono escluse DAL CONTROLLO DI
VESSATORIETA’, poiché la vessatorietà è esclusa SOLO X LE CLAUSOLE CHE RIPRODUCONO
NORME DI LEGGE E QUESTE CLAUSOLE D’USO NON FANNO CIO’.

EQUITA’ INTEGRATIVA.
È un principio previsto dall’art 1374cc, che autorizza il giudice a determinare ASPETTI DEL CONTRATTO
NON CONTEMPLATI DALLE PARTI E NN DEFINITI DALLA LEGGE O DAGLI USI attraverso, la
CREAZIONE DI REGOLE RIFERITE AD UN CASO CONCRETO DETTATE DALLA ESPERIENZA E
PARAMETRATE AI PRINCIPI DELL’ORDINAMENTO ED ALLO SCOPO ED ALLA NATURA DEL
CONTRATTO CONCRETO. L’equità viene richiamata anche da altri articoli però con significati diversi.
- Art 1371cc : come equità interpretativa che INTERVIENE NEI CASI IN CUI NN ESSENDO STAT
POSSIBILE CHIARIRE IL SIGNIFICATO DEL CONTRATTO TRAMITE L’APPLICAZIONE
DEI CRITERIO OGG E SOGG, SI CHIEDE AL GIUDICE DI INTERVENIRE APPUNTO
SECONDO EQUITA’ IN VIA RESIDUALE ATTRAVERSO L’EQUO CONTEMPERAMENTO
DELL’NTERESSE DELLE PARTI.
- Equità come equità correttiva come nel caso del 1384cc : RIDUZIONE AD EQUITA’ DELLA
CLAUSOLA PENALE. Con cui, si tutela l’equilibrio del contratto.
- Equità come CRITERIO OFFERTO AL GIUDICE PER LIBERARE UNA PARTE DAL
VINCOLO CONTRATTUALE : come nel caso della rescissione del contratto stipulato a condizione
inique.
Tornando alla equità integrativa, questa APPARE PRIONCIPALMENTE COME STRUMENTO X
ATTRIBUIRE AD UNA PRESTAZIONE UN ‘’ GIUSTO PREZZO’’ CIOE’ UN PREZZO DI MERCATO.
Ma è riconducibile alla equità integrativa anche il fenomeno dell’arbitraggio : ex art 1349, quando le parti si
rimettono al 3 affichè proceda ad un equo apprezzamento : ANCHE IN QUESTO CASO IL 3,
PROCEDERA’ SECONDO EQUITA’ E, QUALOPRA A SUA VOLTA, LA SUA ATTIVITA’ RISULTI
INIQUA SARA IL GIUDICE AD INTERVENIRE X RICONDURRE LA DETERMINAZIONE AD
EQUITA’. In tutte le ipotesi in cui il giudice interviene con il giudizio equitativo, egli dovrà dare quindi
giuridicità ad una REGOLA ECONOMICA : cioè, nel momento in cui attribuisce il prezzo giusto ad una
prestazione, egli sta trasformando una VALUTAZIONE ECONOMICA (cioè il prezzo che è conforme al
mercato) in una VALUTAZIONE GIURIDICA (cioè il prezzo che è conforme al mercato, diventa il prezzo
‘’ normativamente’’ adeguato). Naturalmente il giudice nn dovrà limitarsi solo al mercato come parametro di
valutazione, ma dovrà sempre tener conto delle circostanze del caso concreto. Ad ogni modo, l’equità nn
interviene solo x determinare il prezzo d una prestazione, poiché il giudice può intervenire secondo equità IN
OGNI ASPETTO DEL REGOLAMENTO CON 2 LIMITI PRINCIPALI CHE SONO QUINDI
CARATTERISTICI DELL’EQUITA’ INTEGRATIVA :
- 1 limite è la sua natura suppletiva, cioè si può intervenire secondo equità SOLO IN ASSENZA DI
UNA VOLONTA’ DELLE PARTI. Quindi, l’equità non è FONTE DI INTEGRAZIONE
COGENTE, e ciò vuol dire che IL GIUDICE NN PUO’ INTERVENIRE SENZA LIMITI
SULL’EQUITA’ DEL CONTRATTO CORREGGENDONE IL CONTENUTO, poiché l’equilibrio
del contratto è deciso dall’AUTONOMIA DELLE PARTI (questo di norma in quanto con la
evoluzione del diritto dei contratti, sempre di +, si consente all’ordinamento, o al giudice, di
intervenire per equilibrare contratti squilibrati e a questa ratio ifatti è stata ispirata la normativa dei
consumatori o sull’abuso di dipendenza economica). In tutti questi casi quindi, l’impressione che si
ha è che la equità stia sempre + acquistando CARATTERE COGENTE, ANCHE XK LA SUA
VIOLAZIONE, PORTA SIA NEL CASO DEI CONTRATTI DEI CONSUMATORI SIA NEL
CASO DI ABUSO DI DIPENDENZA ECONOMICA, A NULLITA’ DELLE CLAUSOLE
CONTRARIE. Bisogna quindi chiedersi se : la equità possa anche intervenire PER RICSTRUIRE IL
RAPPORTO CONTRATTUALE TUTTE LE VOLTE IN CUI, L’ELIMINAZIONE DI
CLAUSOLE VESSATORIE O INIQUE IMPEDISCANO AL CONTRATTO STESSO DI AVERE
UNA PIENA EFFICACIA (quindi se può avere una portata RICOSTRUTTIVA). Questo problema
nn si pone quando le clausole eliminate, sono state eliminate per uno SQUILIBRIO GIURIDICO,
poiché x queste clausole, la eliminazione, è un RIMEDIO ADEGUATO E NN C’E’ UNA
NECESSITA’ DI UNA SOSTITUZIONE. Il problema si pone invece quando le clausole sono state
eliminate x squilibrio economico, laddove ovviamente nn ci sia la sostituzione automatica di
clausole, poiché in questi casi ovviamente ‘’ resterebbe scoperto’’ un aspetto essenziale che è quello
del prezzo. In queste situazioni, alcuni ritengono CHE IL GIUDICE DEBBA INTERVENIRE
ATTRAVERSO IL SUO POTERE CORRETTIVO E DI ADEGUAMENTO PER SALVARE LA
CLAUSOLA E QUINDI CONSERVARE IL CONTRATTO CHE ALTRIMENTI NON AVREBBE
EFFICACIA. Quest’orientamento è confermato peraltro dall’art 140 del c cons che dice che IL
GIUDCE PUO’ ADOTTARE TT LE MISURE IDONEE A CORREGGERE O AD ELIMOINARE
GLI EFFETTI DANNOSI DELLE VIOLAZIONI ECCERTATE (quindi anche la normativa
riconosce questo ampio potere correttivo del giudice che quindi, in sostanza, fa capire che questo
primo limite dell’equità cioè la natura suppletiva e ormai UN LIMITE SUPERATO).
- 2 limite : sempre questo potere generale correttivo del giudice, può attenuare il 2 limite dell’equità
che è quello che si pone in virtù dell’art 1346 : nel senso che SE E’ VERO CHE LA EQUITA’
INTERVIENE X COLMARE DELLE LACUNE, E’ ANCHE VERO CHE QUESTE LACUNE NN
POSSONO ESSERE TALI DA RENDERE L’OGGETO DEL CONTRATTO NN DETERMINALE
PERCHE’ ALTRIMENTI IL CONTRATTO SAREBBE NULLO E LA EQUITA’ NULLA
POTREBBE FARE PER SANARLO. Con riferimento a questo limite, è ormai opinione diffusa che
SI DEBBA ANDARE OLTRE LO STRETTO CANE DELLA DETERMINABILITA’
DELL’OGGETTO, CONSENTENDO QUINID AL GIUDICE UN POTERE RICOSTRUTTIVO
SECONDO EQUITA’ IN TUTTE QUELLE IPOTESI IN CUI, PER LA SERIETA’ DI IMPEGNO
DELLE PARTI, LA MERITEVOLEZZA DEI LORO INTERESSI, E LA NECESSITA’ DI
CONSERVAZIONE DEL RAPPORTO, CONDUCANO A RITENERE CHE IL CONTRATTO,
APPUNTO VADA CONSERVATO ATTRAVERSO QUINDI L’INTERVENTO DEL GIUDICE
CHE COLMI LE LACUNE.
Si ritiene che la equità integrativa possa essere :
- GIURIDCA : si ha quando, l’intervento del giudice riguarda un GIUDIZIO PER COSI’ DIRE
REGOLATIVO DEL RAPPORTO, BASATO SULLA PROPRIA COSCIENZA, I PRINCIPI
DELL’ORDINAMENTO COME QUELLO DI UGUALIANZA ED I PROPRI SENTIMENTI DI
EQUITA’ E GIUSTIZIA.
- NN GIURIDICA : si ha quando l’inrvento del giudice ia VOLTO AD INDIVIDUARE LA ‘’
STIMA’’ SOTTO IL PROFILO MONETARIO DI UNA PRESTAZIONE.
Questa distinzione è stata criticata da Capobianco, poiché considerat eccessivamente FORMALISTA :
secondo Capobianco, nn esiste un’equità nn giuridica poiché la equità si riferisce sempre ai valori
dell’ordinamento della sua UNITARIETA’ E COMPLESSITA’. Quindi anche quando il giudice interviene
con una stima economia, sta facendo comunque una volutazione GIURIDICA POIHCE’ SEMRE
ESPIRATA A VALORI DI PROPORZIONALITA’ E DI RAGIONEVOLEZZA CHE SONO COMUNQUE
SEMPRE VALORI GIURIDICI.
BUONA FEDE INTEGRATIVA.
La dottrina prevalente considera la buona fede, COME FONTE INTEGRATIVE DEL CONTRATTO
SEMPRE SUPPLETIVA, SEBBENE DALL’ART 1374cc nn sia espressamente richiamata ed infatti, il
silenzio di questa norma, nn esclude che molti altri art del cc, vi facciano riferimento : in particolare il
1375cc che comunque sembra configurare la buona fede come STUMENTO INTEGRATIVO. Il tono
particolarmente imperativo di quest’ultimo art, fa dubitare anche il ruolo della BUONA FEDE SIA
ADDIRITTURA SOLO SUPPLETIVO arrivando anche a configurare la BUONA FEDE COME FONTE DI
INTEGRAZIONE COGENTE quindi ANCHE IN DEROGA ALLA VOLONTA’ DELLE PARTI, nel senso
che : LE PATTUIZIONI DELLE PARTI, CONTRARIE AL DOVERE DI BUONA FEDE, DEBBA
ESSERE CONSIDERATE NULLE ANCHE SENZA UN’ESPLICITA DISPOSIZIONE DI LEGGE.Questa
soluzione sarebbe coerente COL FONDAMENTO DELLA BUONA FEDE che si ritrova all’art 2 della cost,
ossia il PRINCIPIO DI SOLIDARIETA’ e sarebbe coerente anche con la normativa comunitaria che sempre
di + considera la buona fede COME LIMITE ALL’AUTONOMIA PRIVATA E COME FONTE DI
INVALIDITA’ NEL CASO DI VIOLAZIONE.
Concretamente la funzione INTEGRATIVA DELLA BUONA VEDE, si realizza CON LA
INTRODUZIONE DI OBBLIGHI AUTONOMI E STRUMENTALI IN CAPO ALLE PARTI obblighi che
principalmente attengono alla LEALTA’, CORRETTEZZA, FAIR PLAY E ALTRI CONCETTI GENERICI
UN PO’ A META’ TRA IL GIUDIRICO E IL MORALE. Questa eccessiva genericità e vaghezza in un
primo momento è stata considerata un ostacolo all’applicazione della buona fede, ma in un secondo
momento si è ritenuto riempire il conctenuto del concetto di buona fede col riferimento soprattutto a principi
di CARATTERE COSTITUZIONALE (in primis col principio di solidarietà). Questi agganci cost,
consentono di MEGLIO DEFINIRE LA DIFFERENZA DI BUONA FEDE DAL CONCETTO DI
EQUITA’ : perché quest’ultima INNANZITUTTO HA UN RUOLO, COME DETTO, DECISAMENTE
SUPPLETIVO e soprattutto APPROSSIMATIVAMENTE l’equità richiama principi di EGUALIANZA,
PROPORZIONALITA’, EQUILIBRIO E GIUSTIZIA; laddove invece, la buona fede (che può operare e
opera sempre di + in chiave cogente) RICHIAMA PRINCIPI DIVERSI CHE SONO QUELLI
SOLIDARIETA’, CORRETTEZZA COOPERAZIONE, E PROTEZIONE DELLA CONTROPARTE.
Attraverso il riferimetno a questi principi si possono delineare SCHEMATICAMENTE GLI AMBITI DI
INTERVENTO DELLA UONA FEDE :
- Cooperazione delle parti : a questo proposito, ad esempio, si può fare riferimetno un caso di
contratto preliminare di vendita di immobile affrontato dalla Cassazione nell’86, in particolare il
promittente venditore, si era impegnato a consegnare l’immobile entro 30 mesi dal conseguimento
delle licenze abitative ma questo conseguimento non aveva un ‘’ termine’’ sicchè il promittente
venditore, aveva notevolmente tardato per ottenere queste licenze e di conseguenza era ‘’ slittato’’
sempre di + il termine dei 30 mesi per la consegna dell’immobile. La Corte ha ritenuto che, questo
ritardo, pur non violando alcuna norma contrattuale, nn fosse conforme al dovere di BUONA FEDE
che si estrinseca nella COOPEEAZIONE TRA LE PARTI E NELLA SALVAGUARDIA DEGLI
INTERESSI DELLA CONTROPARTE che, nella fattispecie, era stata danneggiata da questi ritardi.
- Intervento volto a COLMARE LA LACUNE DI PARTICOLARI PREVISIONI : in particolare, si è
ritenuto che SEMPRW PER TUTELARE LA CONTROPARTE, LA BUONA FEDE PUO’
INTERVENIRE COME OBBLIGO DI RINEGOZIARE CONDIZIONI CONTRATTUALI CHE, A
CAUSA DI SOPRAVVENIENZE DI FATTO, SIANO DIVENUTE SQUILIBRATE.
- La buona fede interviene, come obbligo delle parti DI CORREGGERE ERRORI E CHIARIRE
EQUIVOCI CHE OTREBBERO DESTARE INCERTEZZA NEL RAPPORTO CONTRATTUALE
A TAL PROPOSITO SAREBBE CONTRARIO A BUONA FEDE, IL RIFIUTO DI UNA PARTE,
ALL’INSERIMENTO DEL CONTRATTO DI UNA CLAUSOLA CHIARIFICATRICE DI PATTI
GIA’ STIPULATI O IL COMPORTAMENTO DI UNA PARTE CHE RIFUITI LA RETTIFICA DI
UN ATTO PUBBLICO DI VENDITA CON UN ERRORE CATASTALE.
- La buona fede interviene anche nella forma di obbligo imposto ad una parte DI MODIFCARE LA
PROPRIA PRESTAZIONE QUANDO QUESTA RISULTI NECESSARIA A REALIZZARE
L’UTILITA’ DELLA CONTROPARTE. Ad esempio quando il bene ogg di vendita, risulti NON
CONFORME AI REQUISITI LEGALI.
- Viene poi considerata applicazione della regole di buon fede COME IMPEGNO DI
SOLIDARIETA’ LA TOLLERANZE DI UNA PARTE CON RFIERIMETNO A PICCOLE
DIFFORMITA’ DELLA PRESTAZIONE DELLA CONTROPARTE NN TALI OVVIAMENTE
DA PREGIUDICARE IL SUO INTERESSE.
- Un altro ambito di intervento della buona fede, si realizza con l’obbligo in capo ad una parte di
comunicare all’altro una CIRCOSTANZA CHE PERMETTA A QUEST’ULTIMA DI
CORREGGERE LA SUA PRESTAZIONE INESATTA SENZA INCORRERE IN
CONSEGUENZE. Sarebbe quindi contrario a buona fede il comportametno di una parte
CREDITORE CHE, RICEVENDO UN ASSEGNO ‘’ SENZA GIRATA’’ DAL DEBITOEE,
INVECE DI AVVERTIRLO DELL’IMPRECISIONE GLI FACCIA RECAPITARE UN ATTO
PRECETTO (cioè un atto con cui si avvia esecuzione forxata).
- La buona fede poi, imporrebbe alla parte del contratto che sia titolare di poteri discrezionali, di non
utilizzarli in modo tale da nn arrecare danno alla contropare (ciò vale soprattutto nei contratti
bancari, in cui solitamente alle banche sono concessi poteri particolari come quello di recesso, che se
utilizzati con il cd. EFFETTO SORPRESA, possono appunto ledere li interessi della controparte
debole);

Cosa comporta la violazione degli obblighi strumentali di correttezza e buona fede? Un


inadempimento CONTRATTUALE della parte, dal momento che tai obblighi che originano dal
dovere di buona fede INTEGRANO il contenuto del contratto e creano RESPONSABILITA’
CONTRATTUALE PER INADEMPIMENTO se non osservati. Peraltro, la giurisprudenza ha
affermato la possibilità per il giudice, in casi di controversia su inadempimento di obblighi di buona
fede, di ordinare L’ ESECUZIONE SPECIFICA DEGLI STESSI, come rimedio generale in caso di
inosservanza. Se una parte quindi ha posto in essere un comportamento contrario ad un obbligo di
buona fede, il giudice può intervenire SANZIONANDO CON INVALIDITA’ O INEFFICACIA
quel comportamento lesivo della buona fede.

2. INTEGRAZIONE COGENTE

Opera attraverso l’inserimento autoritativo in contratto di norme giuridiche NON DEROGABILI dalle parti,
che anzi sostituiscono le disposizioni non conformi che eventualmente le parti abbiano inserito nel contratto.
Il problema che immediatamente si pone in riferimento a questa forma di integrazione è stabilire quando una
norma sia IMPERATIVA: i criteri proposti sono stati differenti. Quello preferibile è quello secondo cui 1
norma è imperativa se tutela determinati INTERESSI GENERALI o di CATEGORIE DETERMINATE DI
SOGGETTI (in questo caso sono dette norme unilateralmente imperative).
Secondo una diffusa classificazione, esistono:
- NORME IMPERATIVE “PROIBITIVE”: determinano un divieto che, se non rispettato, rende nulla
la clausola che lo viola, senza che tale clausola possa essere sostituita;
- NORME IMPERATIVE “COFORMATIVE”: determinano il contenuto che una clausola deve avere,
e, qualora intervengano su una clausola delle parti che è difforme al modello contenutistico
predeterminato, la CONFORMANO a quest’ultimo, la modificano per renderla appunto conforme al
modello, senza colpirla con nullità. (esempio è dato dalla legge sulla subfornitura, che all’art. 3
stabilisce il contenuto che deve avere la clausola sui TERMINI DEL PAGAMENTO, non superiori a
60 giorni dalla consegna. Qualora, quindi, la clausola relativa ai termini di pagamento voluta dalle
parti indicasse un termine superiore, verrebbe in automatico ridotto a 60 giorni in virtù di tale norma
imperativa conformativa).
Un tema collegato all’integrazione cogente è naturalmente quello relativo all’art. 1339 cc, sostituzione
automatica di clausole e prezzi, qualora non vi sia, appunto, corrispondenza tra una determinata clausola
contrattuale voluta dalle parti ed il suo “modello contenutistico” dettato dalla legge (ciò accade soprattutto
con riferimento alla clausola del prezzo, che per certi beni è determinato dall’autorità – si pensi al recente
caso delle mascherine a 0,50 euro – e alla clausola sugli interessi massimi che un mutuo bancario può avere).
PROBLEMA: quando si parla di clausole dettate dalla legge, si fa riferimento anche alle clausole dettate da
ATTI AMMINISTRATIVI (sono, infatti, per lo più questi gli atti utilizzati dalle autorità per determinare ad
esempio il prezzo massimo di un bene) o da CONTRATTI COLLETTIVI DI LAVORO (questi determinano
il minimo “tabellare” degli stipendi, cioè, in base alla categoria del lavoratore, stabiliscono tra le altre cose il
salario minimo orario)? La risposta è SI’, tuttavia si richiede che gli atti amministrativi che dettino clausole
di questo tipo debbano essere emanati per la UTILITA’ SOCIALE (???).
Un altro problema sulla sostituzione automatica di clausole è il seguente: si può applicare solo per clausole
che hanno una difformità tale da renderle invalide? NO. Sempre più si opera sostituzione automatica di
clausole che pur non essendo invalide sono INADEGUATE nel caso concreto, in virtù del tipo di contratto e
del settore economico. Questa soluzione è ammessa anche in virtù del dato letterale dell’art. 1339 cc, che
parla di inserimento automatico di clausole ANCHE in sostituzione di quelle difformi, il che consente di
ritenere più ampio l’ambito di applicazione della norma in questione.

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