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La distinzione tra interpretazione estensiva

ed analogia giuridica nell’art. 1333 c.c.

(estratto riadattato dal testo di Vito Velluzzi)

Premessa in richiamo alla lezione teorica.

Lo studioso del diritto interpreta il testo normativo: non solo ‘accerta’ ciò che esso già è in
grado di esprimere “da sé” ma attribuisce un senso al testo stesso o, meglio ancora, decide
cosa ritiene che il testo possa significare, incidendo sui suoi risvolti applicativi. Poiché il
legislatore non è obiettivamente in grado di disciplinare l’intero ambito dell’esperienza
umana, il giudice ha modo di applicare l’art. 12 co. 2 delle Preleggi, in virtù del quale, se
non sia riuscito a risolvere il caso su cui deve pronunciarsi né con una norma che lo
contempli direttamente né con una norma che pur non contemplandolo possa essere
interpretata estensivamente fino ad abbracciarlo, deve procedere applicando “per analogia le
disposizioni che regolino casi simili o materie analoghe” (analogia legis) e, qualora il caso
rimanga ancora dubbio, applicando i “principi generali dell’ordinamento giuridico dello
Stato” (analogia juris). Al fine di distinguere l’analogia legis dall’interpretazione estensiva,
vediamo un esempio.

La lettura dell’art. 1333 c.c.

L’art. 1333 c.c. regola la fattispecie del “Contratto con obbligazioni del solo
proponente” e stabilisce che “la proposta diretta a concludere un contratto da cui
derivino obbligazioni solo per il proponente è irrevocabile appena giunge a
conoscenza della parte alla quale è destinata. Il destinatario può rifiutare la proposta
nel termine richiesto dalla natura degli affari o dagli usi. In mancanza di tale rifiuto il
contratto è concluso”.

Si discute, sia in dottrina che in giurisprudenza, se per mezzo di tale procedimento si


possano produrre solo effetti obbligatori o anche effetti reali (ad esempio l’acquisto
della proprietà di un bene immobile).
Una parte di chi si schiera a favore della produzione di effetti reali cosi argomenta: il
particolare meccanismo delineato dall’art. 1333 c.c. si giustifica in quanto diretto a
produrre nella sfera del destinatario della proposta “effetti favorevoli”; anche la
produzione di effetti reali può rivelarsi favorevole per il destinatario della proposta,
ergo non si può escludere che la fattispecie di cui all’art. 1333 c.c. possa servire a
produrre effetti reali, sempre che siano favorevoli all’oblato.

Ebbene, la ratio della norma cosi individuata serve ad accreditare l’interpretazione


estensiva, l’analogia o qualche altro ragionamento?

Non si dimentichi che l’analogia giuridica presuppone una lacuna e la colma


estendendo una conseguenza giuridica ad una fattispecie non prevista sulla base di
una somiglianza rilevante con la fattispecie regolata da una norma.

Il criterio per mezzo del quale si stabilisce la rilevanza della somiglianza è indicato dai giuristi e dai
teorici del diritto nella “ratio legis” cioè la ragione giustificatrice di quella norma o, ancora, il suo
fondamento.

Invece, l’interpretazione estensiva è operazione di natura squisitamente


interpretativa, ossia il significato della norma viene “esteso” sino a ricomprendervi
una fattispecie esclusa da una interpretazione precedente.

Di certo, l’aspetto critico è dato dal fatto che entrambi i procedimenti comportano
un’estensione e non è agevole sapere sino a quale punto l’estensione resti
“interpretativa” e quando invece divenga “analogica”.

Allora, potremmo aggiungere che, data l’interpretazione di una formulazione


normativa, si ha interpretazione estensiva se si determina un significato più ampio ma
rientrante nell’ambito dei significati possibili (per capire i significati possibili ci si
affida alle regole della lingua). Mentre l’analogia interviene quando ci si muove, per
cosi dire, fuori dai significati possibili.

Se l’art. 1333 c.c. riguarda il contratto con “obbligazioni” a carico del solo
proponente, è anche vero che secondo alcuni le obbligazioni e gli effetti obbligatori,
propri appunto delle obbligazioni, non sono effetti reali, e che la parola
“obbligazioni” non può essere interpretata come “effetto reale”.

Di conseguenza, se si sostiene che l’iter formativo del contratto ex art. 1333 c.c. si
giustifica perché diretto a produrre nella sfera del destinatario della proposta “effetti
favorevoli” e che la produzione di effetti reali può rivelarsi favorevole per il
destinatario della proposta, la conclusione che la fattispecie del citato articolo possa
servire a produrre effetti reali (purché, ripetiamo, favorevoli) viene raggiunta
mediante un ragionamento analogico, dove la “somiglianza rilevante” tra gli effetti
obbligatori e quelli reali è istituita in ragione dell’essere entrambi effetti favorevoli.

In altre parole, se si ammette analogia legis in tale caso, anche il trasferimento della
proprietà di un bene immobile potrebbe rientrare nell’applicazione dell’art. 1333 c.c.,
nonostante si esuli dal campo delle obbligazioni, visto il risvolto positivo e
favorevole in capo al destinatario della proposta.

A ben vedere, però, per quanto esistano molteplici situazioni di particolare difficoltà
nella applicazione delle regole linguistiche, vi sono anche situazioni in cui tali
difficoltà non sussistono: che la parola “obbligazioni” non possa essere intesa col
significato “effetto reale” è deduzione agevole ma anche importante, che fa
comprendere la natura puramente analogica dell’interpretazione effettuata.

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