Sei sulla pagina 1di 55

Negozio giuridico

1
Il negozio giuridico è considerato una sottocategoria degli atti giuridici in senso largo , ove per
atto giuridico si intende l’atto compiuto da un soggetto di diritto e avente conseguenze nel
diritto privato.
La differenza tra gli atti e il negozio giuridico sta nel fatto che per i primi l’effetto giuridico si
realizza indipendentemente dal fatto che l’agente l’abbia voluto o meno,caratteristica del
negozio giuridico è invece che l’effetto giuridico si realizza perché voluto.
L’effetto giuridico del negozio è prodotto dalla dichiarazione di volontà che si scompone negli
elementi della volontà e della dichiarazione.
Il negozio giuridico inoltre oltre a contenere almeno una dichiarazione di volontà può anche
includere ulteriori elementi.
Ad esempio il trasferimento di cosa mobile è per il diritto tedesco costituito sia dalla
dichiarazione di volontà delle due parti e dall’atto reale della consegna della cosa.

2
L’espressione “negozio giuridico” è recente, infatti il termine fu introdotto nel linguaggio
giuridico tedesco da Hugo all’inizio del XIX sec. Divenendo il tema principale nel Codice civile
tedesco ( BGB).
L’evoluzione della dottrina del negozio giuridico ha avuto la massima diffusione nel BGB, il
BGB ha inserito la conclusione del contratto nella dottrina relativa al negozio giuridico, fino a
quel momento,nei sistemi di civil law, il contratto era sempre stato collocato al vertice delle
obbligazioni, nella sistemazione teorica invece il BGB parte dal presupposto che il contratto è
una figura di base a carattere generale che ha rilevanza anche nell’ambito dei diritti reali,
degli istituti del diritto di famiglia e delle successioni.
Riguardo gli altri ordinamenti dell’area giuridica tedesca,si osservi che l’ABGB è lontana da
tale impostazione e le stesse codificazioni svizzere trattano le questioni più importanti relative
al negozio giuridico all’inizio del diritto delle obbligazioni.

3
Il code civil francese, come modello di codificazione dei diritti di origine romanistica,
conosceva ancor meno la dottrina del negozio giuridico, il codice inizialmente ha seguito
l’impostazione del Potheir e ha disperso nel III libro le norme sul negozio giuridico, tuttavia la
moderna dottrina civilistica francese, sulle orme del Saleilles, è stat influenzata dalla dottrina
tedesca del negozio giuridico.
Il italia Vittorio Scaiola ha valorizzato la dottrina del negozio giuridico vigente in germania,
infatti il nuovo codice civile del 1942 pur avendo continuato a regolare solo il contratto all’art.
1324 dispone tuttavia che le relative regole sono applicabili anche agli “atti unilaterali tra i vivi
aventi un contenuto patrimoniale”.
Il codice civile brasiliano del 1916 contiene quasi 80 articoli dedicati al negozio giuridico.

4
Il diritto anglosassone, caratterizzato dal case law,è scettico a fronte dei dogmi è poco
propenso a servirsi di eccessive astrazioni, infatti nel suo interno non si riscontra una
trattazione teorica del negozio giuridico in generale ma solo del contratto(contract).
In ogni caso gli autori inglesi tendono ad utilizzare concetti di diritto continentale ad es.
Salmond parla di negozio giuridico quando distingue i fatti giuridici in volontari e involontari,
anche Holland quando parla di “giuristic act” allude al negozio giuridico.

Il contratto

1
Mentre il negozio giuridico si presenta come una figura artificiale,frutto dell’elaborazionedel
diritto comune, il contratto, a prima vista dell’osservatore, appare come una figura
primordiale, un istituto quasi naturale del diritto, secondo la definizione di Savigny: “il contratto
è l’incontro delle dichiarazioni di volontà di più persone confluenti in un'unica dichiarazione
attraverso cui vengono definiti i loro rapporti giuridici”, questa e le dichiarazioni analoghe
sono ugualmente prive di significato.
Se si guarda alla funzione del contratto si rileva che l’unico tipo di contratto dalla forte
concretizzazione funzionale è il contratto obbligatorio, viceversa nel caso dell’accordo -
contratto diretto al trasferimento della proprietà, del contratto del diritto di famiglia e di e di
quello di diritto successorio il contratto è una porta d’ingresso per l’acquisizione di un nuovo
status; ciò spiega perché altri sistemi, tra cui il common law, considerano “contract” solo il
contratto obbligatorio.
Il common law vede l’essenza e la funzione del contratto non nel “mero accordo” ma nella
“promise” che le parti si scambiano nel contratto.
Pound riferisce 7 teorie provenienti dall’ambito del common law che si sforzano di spiegare
perché le promesse contrattuali sono azionabili:
1)la teoria della volontà in base a cui l’ordinamento giuridico riconosce la volontà del
promettente di impegnarsi
2)la teoria che considera indispensabile che la serietà di obbligarsi sia cmq accompagnata da
una garanzia esterna.
3)la teoria del carattere delittuale della violazione della promessa
4)la teoria secondo cui possono essere impegnative solo le promesse effettuate in cambio di
controprestazione
5)la teoria della sacralità:le promesse sono sacre e quindi azionabili
6)la teoria della tutela dell’affidamento riposto nella promessa
7)la teoria per cui solo le promesse riposte nell’ambito di un “bargain” possono essere attuate
Pound stesso si è dichiarato propenso ad accettare la teoria n.6.
La caratteristica principale del common law è quindi che se la promessa contrattuale non è
adempiuta o è adempiuta con ritardo o male tende ad assicurare un risarcimento
patrimoniale, di conseguenza la specific performance viene riconosciuta eccezionalmente in
equity.
Uno sguardo generale all’elevato numero di contratti con promesse reciproche fa emergere
due tipi predominanti per numero e rilevanza: sono i contratti diretti al trasferimento di beni e
quelli che assicurano prestazioni e servizi.
Dal punto di vista economico e sociale il singolo contratto appare come il fondamentale atto
del commercio giuridico, perciò come ha riconosciuto Kaiser la funzione vera e propria del
diritto dei contratti è quella di assicurare la “giustizia contrattuale”, tale giustizia contrattuale
costituisce oggi il principio funzionale del diritto dei contratti.
In alcune codificazioni si riscontra il tentativo di individuare il significato degli elementi
contrattuali attraverso l’analisi del procedimento di conclusione dell’accordo, ad es. il code
civil indica: consentement, capacitè, objet certain, cause illecite ma solo i termini
consentement e capacitè sono requisiti ovunque richiesti, con il termine “objet” viene indicato
un elemento inutile, privo di significato dal momento che un contratto senza l’oggetto per cui
si contragga non è nemmeno pensabile.
Alcuni sistemi che richiedono per la validità del contratto un “objet” intendono con tale termine
qualcosa in più o di diverso finendo col ricondurre anche elementi eterogenei al concetto di
oggetto contrattuale, tutto ciò con la conseguenza che i contratti che difettano in tal senso di
un oggetto vengono fulminati da nullità.
La figura più singolare delle codificazioni continentali e la “causa”, Inghilterra e Usa non
conoscono tale concetto ma richiedono per la serietà del contratto privo di forma la presenza
di una “consideration” cioè un sacrificio quale corrispettivo o la promessa di un
controprestazione da parte dell’altro contraente.

2
A lungo, soprattutto nel liberalismo tedesco del XIX sec. si è enfatizzato sulla realizzazione
dell’autonomia privata e sulla libertà contrattuale che si esercitano a mezzo contratto.
Se per autonomia privata si intende che la volontà dichiarata dalle parti è l’anima del contratto
e legittima altresì l’azionabilità di esso, tale nozione è ancora oggi attuale, se si osserva il
contratto nella fase successiva alla conclusione, l’autonomia privata è ancora un principio
legittimo per dare ad esso un fondamento e per giustificarne gli effetti.
Più problematico è l’aspetto della “libertà contrattuale”, essa limitatamente ai contratti
obbligatori può significare varie cose: libera scelta e definizione autonoma dei tipi contrattuali
pensabili, libertà di contrarre o meno, libertà di ogni contraente di definire a suo piacimento il
contenuto del contratto nei limiti dell’ordine pubblico.
La dottrina che esalta il principio della libertà contrattuale si caratterizza per il fatto che essa
auspica che l’ordinamento statale non contrasti con tale libertà, la libertà contrattuale
presuppone l’uguaglianza sociale e economica delle parti contraenti, la libertà contrattuale
dunque potrebbe funzionare solo in una società utopistica, formata solo di liberi imprenditori
dotati della stessa forza economica, la disuguaglianza sociale ed economica, in cui versano
le parti significa che solo la parte contrattuale più forte è libera mentre l’altre non è tale
rispetto all’an e al quomodo del contratto.
In linea di principio, la libertà contrattuale vale principalmente per i contratti tra grandi
imprenditori su oggetti atipici, il compito attuale della dottrina è quello di sviluppare criteri e
metodi per realizzare un principio di giustizia contrattuale e ciò per la ragione che, nella
realtà, la libertà contrattuale non esiste.

Condizioni generali del contratto

1
Le condizioni generali del contratto sono figlie della rivoluzione industriale del XIX sec., esse
servono all’imprenditore per addossare all’altra parte contrattuale i rischi giuridici
dell’esecuzione del contratto, inoltre con esse si vieta al cliente di compensare il suo debito
con il credito che vanti eventualmente, si rende più difficile l’esercizio di recesso o la
rescissione e si aggrava la responsabilità per mezzo di penali o di danni forfettizzati.
Oggi si è diffusa l’idea che l’ordinamento giuridico deve proteggere il cliente di fronte alle
clausole o alle condizioni generali del contratto che pregiudicano la sua posizione, in tutti gli
ordinamenti giuridici esistono infatti norme che mirano a fissare il contenuto di particolari tipi
contrattuali in modo da evitare pattuizioni difformi, svantaggiose per il contraente debole, in
tal caso non rileva se la pattuizione difforme abbia la forma di condizione generale o
costituisca invece l’oggetto di un accordo individuale ad hoc.

2
Nella repubblica federale tedesca, la tutela contro le condizioni contrattuali inique rimase, a
lungo, compito della giurisprudenza fino a che non intervennero leggi speciali.
La giurisprudenza si chiese in primo luogo se le controversi condizioni generali fossero parte
del contratto o no, ciò poteva essere oggetto di dubbio visto che spesso le condizioni generali
del contratto venivano portate a conoscenza della controparte contrattuale solo attraverso un
testo critto a caratteri appena leggibili.
In proposito il BGH, in un primo momento,stabilì che potevano essere validamente inserite
nel contratto solo quelle clausole 2sulla cui introduzione il contraente avrebbe potuto
ragionevolmente contare” (BGHZ), il consenso del cliente invece non avrebbe potuto
estendersi alle clausole inserite “a sorpresa” o “insolite”.
La giurisprudenza poi, in innumerevoli casi si è servita dello strumento dell’interpretazione
restrittiva, osservando, in un primo momento che la clausola era poco chiara o plurivoca,
risolvendo poi tale difetto a favore del cliente ed ha motivato il tutto con il principio per cui le
limitazioni di responsabilità devono essere nel dubbio interpretate restrittivamente o col
principio per cui le clausole plurivoche devono essere interpretate “contra proferentem” cioè a
svantaggio di colui che le ha predisposte.
A partire dagli anni 50 il BGB si è convertito su tutta la linea al c.d. “controllo aperto sul
contenuto” elaborando casi sintomatici e clausole tipo, ha sviluppato parametri di valutazione
con cui si può giudicare della validità delle condizioni generali del contratto.
Negli anni 70 si riteneva che spettasse al legislatore intervenire, venne elaborato un primo
progetto di legge ispirato all’idea della tutela del consumatore, il primo gennaio 1978 entrò in
vigore la “legge per la regolamentazione del diritto delle condizioni generali del
contratto”(AGB), tra le disposizioni della legge troviamo la “unklarheitenregel” cioè il principio
che vuole un’interpretazione favorevole al cliente delle condizioni generali del contratto non
chiare, inoltre il principio per cui in caso di contrasto tra una clausola delle condizioni generali
del contratto e una clausola aggiunta nella contrattazione specifica prevale quest’ultima,
infine la regola per cui le clausole a sorpresa non divengono elemento del contratto qualora
siano così insolite che la controparte non avrebbe potuto prevederle.
Prevede inoltre che in caso di inefficacia di una condizione generale, il contratto rimane
efficace nelle restanti parti col l’accorgimento che al posto della clausola venuta meno
subentrano le norme dispositive del BGB.
La norma dice che le clausole delle condizioni generali del contratto sono inefficaci ove
arrechino svantaggio “in modo iniquo” al cliente limitando diritti e obblighi essenziali insiti nella
natura del contratto in modo da comprometterne il raggiungimento dello scopo, certamente
non bisogna ricorrere alla disposizione generale qualora la clausola controversa appartenga a
quelle definite invalide.
Bisogna analizzare la questione circa l’ambito oggettivo e soggettivo di applicazione della
legge sulle condizioni generali del contratto; riguardo l’applicazione oggettiva la legge opera
solo nei casi in cui le pattuizioni controverse rappresentino condizioni generali del contratto e
cioè “condizioni contrattuali predisposte per una pluralità di contratti, che l’una parte impone
all’altra al momento della conclusione del contratto.
Questa soluzione presenta vantaggi e svantaggi.
Uno svantaggio sta nel fatto che ,in alcuni casi, il confine tra condizioni del contratto e
“contrattazione individualizzata” può essere dubbio, il vantaggio invece della soluzione
rappresentata dalle legge sulle condizioni generali del contratto sta nella certezza del diritto
che essa assicura.
Riguardo l’ambito soggettivo di applicazione della legge, essa vale anche quando l’operatività
delle condizioni generali è stata concordata tra commercianti.
La legge austriaca sulla tutela dei consumatori, entrata in vigore il primo luglio 1978 ha
percorso una via originale per la soluzione della questione, infatti mentre il legislatore tedesco
ha mirato a tutelare il consumatore a fronte delle clausole inique, in Austria si è previsto solo
un caso esemplare per il contratto che si basi su condizioni generali quando si verifichi una
soluzione di disequilibrio.
È stata inserita nel codice austriaco n (ABGB) una norma generale secondo cui le
disposizioni contrattuali sono invalide qualora “modifichino iniquamente la situazione giuridica
a danno di una parte contrattuale e tale parte non abbia espresso liberamente e
consapevolmente la sua volontà in tal senso.
Tale regola non era tuttavia necessaria perché l’ABGB conteneva già una corrispondente
regola interpretativa applicabile a tutti i contratti.
Ambedue le norme citate mirano alla protezione di tutte le parti contrattuali pregiudicate da
condizioni inique e sono applicabili anche se la parte svantaggiata sia un imprenditore
esperto nelle questioni commerciali.
Il legislatore, accanto alle norme citate, ha introdotto alcune disposizioni che valgono “per i
contratti tra imprenditori e utenti” che hanno il fine di offrire una particolare tutela al
consumatore, in tale legge è stabilito che le parti concludano un contratto che per
l’imprenditore riguarda l’attività della sua impresa, tutte le clausole contrattuali non conformi
alle disposizioni legislative sono inefficaci.
La svizzera fa parte delle nazioni europee che ancora oggi non hanno alcuna disposizione
normativa per la tutela contro le condizioni contrattuali inique, secondo la regola della
clausola inconsueta le condizioni generali del contatto non obbligano quando la parte
svantaggiata non fosse tenuta a prevederne l’inserimento.
Secondo la pratica costante del tribunale federale vengono considerate “non usuali” quelle
clausole che, determinando uno svantaggio per la parte debole, prevedono la competenza di
un foro diverso da quello della sua residenza, esse sono efficaci solo se “costituiscono
l’oggetto di una dichiarazione espressa”.

3
Il diritto francese non contiene disposizioni che consentono un controllo generale sulle
condizioni generali del contratto, all’occasione la giurisprudenza può intervenire con la “regola
del dubbio”, inoltre in presenza di determinate condizioni la giurisprudenza francese
considera inefficaci anche le clausole di esclusione della responsabilità concordate
contrattualmente, ad. Esempio chi abbia agito con dolo o colpa grave non può invocare
l’esclusione di responsabilità.
In francia si considerano imperative le norme sulla responsabilità aquiliana, in modo tale che
una clausola di esclusione di tale responsabilità è priva di effetto qualora la pretesa si possa
basare sull’art. 1382 code civil.
Grande importanza pratica deve riconoscersi al principio secondo cui il soggetto che esercita
professionalmente il commercio e vende beni viziati deve essere trattato come se i vizi
fossero a lui noti, in tal caso, l’art. 1643 code civil vieta al venditore di invocare la clausola
contrattuale di esclusione della responsabilità e ciò significa che la relativa condizione
generale del contratto è priva di effetti salvo che il compratore conoscesse il vizio della cosa o
non sia meritevole di tutela.
Tali norme non mirano esplicitamente alla tutela del consumatore ma il fine della tutela è
proprio un gran numero di leggi di recente emanazione attraverso cui si definisce il contenuto
dei contratti tipici a cui sono interessati i consumatori, in tal modo sono private di fondamento
le condizioni generali difformi, tra questi contratti rientrano il contratto di locazione, il contratto
per la concessione del credito al consumo ecc.
Al di là di ciò, il legislatore francese ha anche adottato provvedimenti volti a realizzare una
tutela generale contro le condizioni contrattuali abusive, con l’art 35 lg. n. 78 – 23 del 1978 è
stato attribuito al governo il potere di emanare decreti che vietano determinate clausole in
grado di mettere l’imprenditore in una posizione di eccessivo vantaggio.
Le proposte in merito vengono fatte al governo da una “commission des clauses abusives”
composta da quindici membri, la commission può inoltre dare suggerimenti che non sono
vincolanti né per gli imprenditori né per i tribunali.
Riguardo il diritto italiano, il codice civile del 1942 agli artt. 1341 ss reca una disciplina che
affronta specificamente il problema delle condizioni generali del contratto.
L’art. 1370 cc. contiene la regola interpretativa : “nel dubbio le clausole contenute nelle
condizioni generali del contratto sono da interpretare a favore dell’altro”, l’art. 1342 prescrive
che le clausole aggiunte delle parti a alle parti a quelli dei moduli prestampati, prevalogono
su queste ultime se con esse incompatibili.
L’art. 1341 concerne i requisiti necessari affinché le condizioni generali divengono parte
integrante del contratto, il primo comma statuisce che è sufficiente che il contraente
conoscesse le condizioni al momento della conclusione del contratto o dovesse conoscerle
usando la dovuta diligenza.
Nel II comma vengono esplicate specifiche condizioni generali che a causa del pregiudizio
che possono arrecare, sono efficaci solo qualora il contraente le abbia specificamente
approvate per iscritto.
Tra queste: clausole che limitano la responsabilità dell’imprenditore, clausole che stabiliscano
termini di decadenza per far valere i diritti del contraente debole o prevedono limitazioni della
libertà contrattuale nei confronti di terzi, clausole che prevedono rinnovazione o proroga del
contratto.
Disposizioni del tipo dell’art. 1341 II comma, sono però inutili e pericolose perché inducono a
ritenere che la clausola, in quanto sottoscritta dal contraente sia anche da lui voluta con la
conseguenza che un controllo sostanziale non viene più in considerazione, quindi anche alla
giurisprudenza italiana, un controllo di tipo contenutistico è sconosciuto.

4
Il diritto inglese richiama con fermezza il principio della libertà contrattuale, già nella
giurisprudenza del XIX sec. si riscontrano i numerosi casi in cui i tribunali hanno posto dei
limiti alla validità di condizioni generali definite inique.
Gradualmente la giurisprudenza si è mostrata sempre più propensa a considerare valide le
clausole di esonero de responsabilità basandosi sul principio della libertà contrattuale e a
renderle meno offensive grazie all’artificio dell’interpretazione con l’ausilio della “regola del
dubbio”.
Nel secondo dopoguerra si presentano impostazioni che tendono a un controllo sul contenuto
di tipo “aperto”, in tale momento assume significato la regola secondo cui le clausole di
esclusione della responsabilità devono essere considerate sempre inefficaci qualora
l’inadempimento contrattuale a cui si riferisce la responsabilità costituisse un “fondamental
beach of contract” ciò venne giustificato con l’argomento secondo cui nel caso di un
“fondamentale” impedimento contrattuale il contratto doveva considerarsi risolto ma
contemporaneamente anche la clausola di esclusione della responsabilità sarebbe venuta
meno.
Secondo Lord Wilberforce si da atto che la dottrina del “fundamental beach” aveva svolto un
compito molto utile perché con essa potevano essere eliminate le inique clausole di
esclusione della responsabilità, nel frattempo anche il legislatore con l’Unfair Contract terms
act ha stabilito che le clausole inique di esclusione della responsabilità vengano considerate
inefficaci.
Il legislatore inglese ha trattato il problema delle clausole di esclusione di responsabilità in più
di una legge, tra queste troviamo il Consumer Credit act che disciplina i contratti di credito
con i consumatori e l’unfair contract terms act che consente un controllo sostanziale sulle
esclusioni e limitazioni di responsabilità.
In linea di principio questa legge è applicabile solo qualora si tratti di “business liability” cioè
solo per la responsabilità che derivi dall’attività imprenditoriale del soggetto.¸inoltre molte
disposizioni della legge valgono solo ove l’acquirente , al momento della conclusione del
contratto si è presentato come “consumatore”.
In particolari “guidelines”allegate alla legge vengono inserite le circostanze che il giudice deve
prendere in considerazione per verificare la legittimità delle clausole di esclusione della
responsabilità alla stregua della loro “reasonblenss”
Il diritto degli Usa offre invece un quadro complesso riassumibile sotto punti essenziali, i
tribunali americani, in presenza di determinati presupposti considerano alcuni “standard
terms” come non inseriti nel contratto o li interpretano contra proferentem o li considerano
irrilevanti nella misura in ui sono incompatibili con le clausole pattuite ad hoc.
Il controllo sul contenuto giurisprudenziale si fonda sul principio per cui gli accordi contrattuali
sono nulli qualora contrastino con l’ordine pubblico.
L’uniform commercial code costituisce oggi il testo fondamentale per il controllo
giurisdizionale del contenuto dei contratti, il giudice può considerare inefficacie un intero
contratto di vendita o singole clausole di esso ove constati che il contratto o le clausole sono
inique.
Queste prescrizioni hanno avuto particolare risonanza nei tribunali e sembra che le
tradizionali dottrine di common law abbiano perso il loro specifico significato di fronte alle
nuove regole espresse: questa disciplina rende superfluo il ricorso alle note tecniche del
controllo sostanziale “camuffato” dal momento che questo viene definito come lo scopo
proprio della legge.

5
Tutti gli ordinamenti giuridici hanno sviluppato regole recanti limiti sempre più stretti alla
libertà nella determinazione del contenuto contrattuale; il fine di assicurare la giustizia nei
rapporti contrattuali può essere perseguito con svariati metodi che possono combinarsi in
modi diversi.
Una tutela rivolta alle clausole inique è stata offerta dal legislatore tedesco, infatti una lg. del
’77 consente un “colloquio aperto sul contenuto” ma essa vale esclusivamente per le clausole
facenti parte delle condizioni generali del contratto, anche l’unfair terms act ha scelto questa
impostazione.
In Austria con il III comma ABGB si è scelta una soluzione intermedia, la condizioni generali
inique sono nulle ove la parte pregiudicata non ha manifestato il proprio accordo in modo
libero e consapevole.
Anche la legge svedese del 1976 sul contratto statuisce che il giudice può considerare
inefficace o modificare una disposizione contrattuale qualora e nella misura in cui questa gli
appai iniqua, Infine il legislatore può anche basarsi sul principio della tutela del consumatore.
Anche la legge austriaca del 1977 è una legge a tutela del consumatore, lo stesso per quanto
riguarda la legge francese 78 – 23 del 1978 che consente il controllo delle “clauses abusives”.
Al legislatore si prospettano altresì differenti possibilità quando si tratta di emanare
prescrizioni che possono essere configurate come “clause generali o come veri cataloghi di
divieti.
Nei paesi in cui il diritto civile è fissato in un‘ampia codificazione si pone anche la questione
se le nuove prescrizioni vadano anch’esse inserite nel codice civile o se invece debbano
essere oggetto di una legge speciale.
Dal punto di vista pratico, riguardo l’inserimento nel codice civile, il legislatore è tenuto a
limitare il suo intervento all’essenziale, per contro si obbietta che le vecchie strutture dei
codici civili non consentono l’inserimento di nuovi contenuti.
Dal punto di vista ideologico alcuni evocano il postulato dell’unità del diritto privato, per altri
invece l’unità è solo una favola del XIX sec., essi vedono nel diritto alla tutela del
consumatore un ambito indipendente dal diritto privato.
In alcuni paesi sono state adottate misure che consentono che la questione di efficacia delle
condizioni generali possa essere oggetto di un giudizio non solo nell’ambito di una
controversia insorta tra le parti ma anche nei casi di scuola.
In germania e in austria ci si è serviti della “verbandsklage” a particolari associazioni è stata
accordata la legittimazione ad agire difronte ai tribunali ordinari con la possibilità di inibire
l’ulteriore applicazione delle condizioni generali del contratto che contravvengono alla legge.
In Svezia una legge del 1971 prevede che possa essere vietata l’ulteriore applicazione di tali
condizioni all’imprenditore che abbi inserito condizioni inique in contratti con consumatori, tale
giudizio non si svolge davanti al tribunale ordinario ma davanti al tribunale commerciale,
legittimato ad agire è solo il consumatore – ombudsman, un impiegato pubblico al vertice di
un ufficio statale che ha non solo funzione di controllo delle condizioni contrattuali ma anche
di tutela del consumatore contro la pubblicità ingannevole.
In Gran Bretagna è stata istituita con il Fair trading act del 1973, una particolare autorità ale
cui competenze è stata affidata anche la verifica della deontologia commerciale degli
imprenditori nei rapporti commerciali.

La capacità di agire
1
Può obbligarsi contrattualmente solo colui che per il suo stato mentale dispone di un minimo
di capacità di comprensione e di giudizio e perciò sia considerato dalla legge in possesso
della “capacità di agire”.
La regola sulla tutela degli incapaci presenta però alcune eccezioni, infatti se si volesse
escludere l’efficacia di tutti i negozi da esso conclusi lo si verrebbe a danneggiare.
Tutti gli ordinamenti condizionano l’acquisto della capacità di agire al compimento di un’ età
definita obbiettivamente, differisce tuttavia nei vari ordinamenti la definizione del momento
specifico in cui si raggiunge la maggiore età.
Negli anni 70 è stato stabilito il raggiungimento della maggiore età a 18 anni nella maggior
parte dei paesi europei tranne l’austria 19 anni e la svizzera 20, in Inghilterra e negli Usa si
diventa maggiorenni a 18 anni, in Giappone a 20, in argentina, brasile e cina a 21 anni.
Mentre in tutti i paesi è solo l’acquisto della capacità di agire che viene condizionato al
raggiungimento di una determinata età, in germania e austria viene fissata un’età precisa, il
compimento del settimo anno, per determinare fino a quando un minore è ritenuto del tutto
incapace di agire, gli altri ordinamenti prendono in considerazione le circostanze del caso
concreto cioè la concreta capacità del minore di conoscere il significato della propria
dichiarazione.
Chi è interdetto per infermità mentale è del tutto privo di capacità negoziale.

2
Il diritto francese parte dal presupposto secondo cui i minori possono efficacemente obbligarsi
e solo nel caso in cui la legge vieti espressamente la capacità di obbligarsi deve intervenire,
al posto del minore, un rappresentante legale.(art. 1123 code civil)
La prassi segue il principio opposto: i negozi del minore sono inefficaci nella misura in cui
sussistono particolari ragioni che ne giustifichino l’efficacia.
Il code civil concede al minore che abbia raggiunto una certa età di concludere una serie di
negozi riguardanti il diritto di famiglia senza che sia necessario l’intervento del rappresentante
legale(matrimonio,riconoscimento del figlio minore), il minore può inoltre attuare le misure ate
a scongiurare il pericolo che il suo patrimonio subisca diminuzioni.
Tutti gli altri negozi del minore sono inefficaci, l’inefficacia deve essere fatta valere con una
specifica azione (action in rescision), per l’attore non è sufficiente dimostrare che al momento
della conclusione del contratto era minorenne ma deve inoltre dimostrare di aver subito un
pregiudizio di ordine patrimoniale; se per contro il minore ha concluso un negozio per lui
vantaggioso la controparte non avrà alcuna possibilità di sottrarsi al vincolo contrattuale.
Se il minore ha concluso un contratto che anche il suo rappresentante legale non avrebbe
potuto concludere senza il rispetto di forme particolari esso, per impugnarlo non dovrà
provare l’esistenza di un danno: in questo caso il contratto è viziato da nullità assoluta, di
conseguenza un minore non può efficacemente concludere i contratti più importanti qualora
non abbia ottenuto condizioni particolarmente favorevoli mentre i contratti della vita
quotidiana sono efficaci perché di rado svantaggiosi.
Questo principio giurisprudenziale è stato ripreso dal code civil ; in base agli artt. 389 e 450 “i
rappresentanti legali legali del minore non devono intervenire nei casi in cui la legge autorizzi
il minore ad agire da solo2, tal isono i negozi di ordinaria amministrazione.
Nel caso in cui il minore abbia concluso un contratto per lui svantaggioso e vogli impugnarlo,
la controparte potrà difendersi con una exceptio doli dimostrando che il minore lo ha indotto a
concludere il contratto con l’inganno.
Riguardo l’emancipazione nel diritto francese è stata recentemente disciplinata con la lg. 14 –
12 – ’64, essa deriva da una dichiarazione formale da parte del titolare della patria potestà o
direttamente dal matrimonio e conseguente è l’acquisto della capacità di agire da parte del
minore.
Il minore emancipato potrà concludere contratti commerciali qualora il suo rappresentante
legale gli abbia dato l’autorizzazione.
Con la lg.3 – 1 – ‘68 si è disciplinata per la prima volta la tutela delle parsone maggiori d’età
del tutto prive della piena capacità di agire.
Al posto dell’interdizione e della previsione di un tutore sono configurati 3 istituti di tutela:
tutela del tribunale, tutela, curatela; nel primo caso l’interessato non subisce limitazioni nella
sua capacità negoziale ma i negozi da lui conclusi possono essere dal giudice annullati o
limitati nella loro efficacia.
Colui che è sotto tutela è in via di principio incapace di contrattare ma si può ottenere
l’autorizzazione a concludere particolari negozi da solo o con l’assistenza del tutore.
Nel caso in cui una persona sia in grado di trattare personalmente ma abbia bisogno di una
particolare assistenza potrà essere aperta una curatela.

3
Il common law non conosce un concetto di rappresentanza legale onnicomprensiva e di
conseguenza non conosce un concetto di incapacità di agire del minore.
Questo ordinamento si preoccupa di elaborare una serie di casi in cui l’idea della tutela del
minore provoca l’inefficacia del contratto, ciò è dimostrato dalla dottrina dei “necessaries”.
Secondo la giurisprudenza il minore, per i necessaries a lui forniti deve corrispondere un
prezzo equo senza poter opporre la sua minore età.
Si considerano necessaries gli alimenti, i vestiti e i medicamenti inoltre la prestazione di
assistenza medica, la vettura in affitto ecc…
Non vi è una regola generale per cui si devono considerare vincolanti tutti i contratti
economicamente vantaggiosi per il minore, di conseguenza sono impugnabili i contratti che il
minore conclude nell’esercizio della sua attività commerciale ancorché si rivolgono a suo
vantaggio.
Tutti gli altri contratti, soprattutto quelli di compravendita di beni non necessari sono
impugnabili.
Se il minore acquista un bene non necessari, secondo il diritto inglese può pretendere la
restituzione del prezzo pagato ma solo nel caso in cui egli stesso non abbia ottenuto neanche
una parte di corrispettivo, non potrà chiedere la restituzione nel caso in cui si sia solo servito
delle merci, tuttavia nel caso in cui si sia solo servito delle merci acquistate sarà vana ogni
pretesa di restituzione del prezzo pagato.
Negli Usa invece nel caso in cui l’incapace abbia usato o distrutto il bene egli potrà
ciononostante pretendere la restituzione di quanto prestato, nel caso in cui l’oggetto si trovi
ancora in suo possesso, il minore restituendolo potrà pretendere il prezzo pagato.
Il common law parte dal presupposto che il minore debba risarcire il danno cagionato da un
atto illecito,i tribunali applicano però tale principio con cautela qualora l’atto illecito sia stato
compiuto in relazione ad un contratto motivando che il minore non risponde per la violazione
del contratto e tale regola non può essere raggirata definendo come pertesa ex delicto quella
che invece deriva dalla violazione di un contratto; recentemente la law commission si è
confrontata con i contratti conclusi dai minori, è giunta alla conclusione che le regole generali
sono troppo complicatee dovrebbero essere semplificate.
In Inghilterra si distingue tra i contratti conclusi da soggetti deboli o malati mentalmente: nel
caso in cui la malattia sia stata accertata dal tribunale i contratti del malato “lunatic so found”
saranno nulli, viceversa il malato “lunatic not so found” può impugnare contratti da lui conclusi
dimostrando che l’incapacità al momento della conclusione del contratto e il fatto che la
controparte conoscesse tale stato, se però vengono consegnati all’incapace beni “necessari”
egli dovrà corrisponderne il prezzo.
Negli usa è ammessa l’impugnazione solo nel caso in cui l’incapace sia in grado di restituire
all’altra parte la prestazione ricevuta in esecuzione del contratto.
Si consente un’eccezione a tale regola solo nel caso in cui la parte capace conoscesse o
avesse dovuto conoscere l’impedimento della controparte o nel caso in cui il contratto fosse
nullo.

4
Negli ordinamenti di origine germanica si distingue tra soggetti dotati di limitata capacità di
agire e soggetti totalmente incapaci di agire.
Le dichiarazioni di volontà di un incapace sono inefficaci mentre colui che è limitatamente
capace può emettere dichiarazioni di volontà ma i contratti sono quiescenti giacchè è
necessario il consenso del rappresentante legaleper rendere il contratto efficace ex tunc.
Fino a che perdura l’incertezza dell’inefficacia la controparte può recedere dal contratto
semprechè non fosse a conoscenza della minore età dell’altro contraente.
Secondo il diritto svizzero la controparte è vincolata dal contratto salvo che non abbia invano
comunicato al rappresentante legale un termine per manifestare il suo consenso.
In casi eccezionali il minore è vincolato dalla propria dichiarazione di volontà alla stregua di
un soggetto capace, ciò si verifica nel diritto tedesco quando il minore con la conclusione di
un contratto riceve sol un vantaggio dal punto di vista giuridico cioè dal contratto non derivi
l’assunzione di alcun obbligo.
Il paragrafo del BGB riguardante il denaro dato ai ragazzi per le piccole spese prevede
l’efficacia del contratto del minore nella misura in cui la prestazione da lui dovuta venga
effettuata con mezzi che il suo rappresentante legale gli abbia fornito a tal scopo o gli abbia
messo a sua libera disposizione.
Nella disciplina riguardante le persone afflitte da malattia mentale, i diritti tedesco, svizzero e
austriaco adottano soluzioni uniformi.
Sono completamente incapaci di agire “ i furiosi, i pazzi e i mentecatti, le persone che in
seguito a malattia mentale, vizio parziale di mente, dedizione all’alcol o fatti analoghi sono
prive dell’idoneità di comportarsi secondo ragione”.

Proposta e accettazione

1
Un contratto è concluso quando la volontà delle parti viene manifestata attraverso due
dichiarazioni tra di loro conformi: una proposta antecedente alla quale fa seguito
un’accettazione.
Opposto al contratto è il negozio giuridico unilaterale, la particolarità del negozio unilaterale è
colta nel fatto che esso scaturisce dalla manifestazione di volontà di un unico soggetto
mentre il contratto è il prodotto delle dichiarazioni di volontà di due soggetti.
Offerta e accettazioni sono dichiarazioni di volontà sono dichiarazioni di volontà che, solo
completandosi reciprocamente, determinano gli effetti giuridici di un contratto.
Il BGB dichiara inefficace il negozio unilaterale del minore lasciando invece in sospeso
l’efficacia del contratto concluso dallo stesso.
Possiamo quindi definire la proposta e l’accettazione come manifestazioni di volontà che non
integrano negozi giuridici unilaterali.
La conclusione del contratto si fonda sul consenso delle parti manifestato con la proposta e
l’accettazione.
La c. Lofte- teorie di origine scandinava propone all’attenzione del comparatista un
interessante istituto, mentre nella maggior parte degli ordinamenti si ritiene che un vero e
proprio vincolo sorge solo con la conclusione del contratto, la Lofte theorie fa sorgere
l’obbligazione non dal momento del consenso bensì per il fatto che ciascuna parte , con la
propria dichiarazione contrattuale assume un obbligo.
Secondo la Lofte teorie l’obbligazione di una parte è risolutivamente condizionata alla
mancanza della reciproca obbligazione dell’altra parte.
In generale esistono tre soluzioni del problema del vincolo del proponente rispetto alla sua
proposta. Nell’area giuridica anglosassone tale vincolo è estremamente debole, è invece forte
nell’area giuridica tedesca, in una fascia intermedia troviamo le discipline dei paesi di diritto
romanistico.

2
Secondo il diritto anglo-americano la proposta consente al destinatario di perfezionare il
contratto con l’accettazione, il proponente può però in ogni momento liberamente revocare la
sua proposta finchè non sia stata manifestata ancora la sua volontà di accettare.
Il motivo per cui il common law è restio a dotare la proposta di efficacia vincolante deriva dalla
dottrina della “consideration” secondo cui un’obbligazione può essere vincolante o quando
l’avente diritto alla prestazione ha da parte sua effettuato o promesso la controprestazione o
quando la dichiarazione con cui ci si obbliga è contenuta in un atto “under seal”.
Peraltro dal momento che l’offerta è quasi sempre effettuata senza che le corrisponda una
controprestazione da parte del destinatario, il proponente è di regola considerato non
vincolato dalla proposta.
Ove non sia stata emanata una disposizione di legge vale ancora la regola per cui la proposta
può essere liberamente revocata fintantoché il destinatario non l’abbia accettata, il common
law corregge poi tale principio prevedendo una regola specifica circa il momento in cui
l’accettazione è destinata a perfezionare il contratto.
Tale disciplina risale al noto leading-case Adams Lindsell in cui è stata per la prima volta
elaborata la “mailbox rule” in base a cui il contratto è concluso non nel momento in cui giunge
al proponente l’accettazione bensì sin dal momento in cui tale accettazione viene avviata a
destinazione.
In realtà la ratio di tale principio è di privare al più presto il proponente della facoltà di revoca
fin dal momento in cui egli imbuchi la lettera contenente l’accettazione senza quindi dover
attendere che essa giunga al destinatario.

3
Negli ordinamenti romanistici la forza vincolante della proposta è più evidente, il diritto
francese propone oggi la seguente soluzione: in principio ogni proposta può essere revocata
fintantoché essa non sia ancora stata accettata dalla controparte.
Nel caso in cui il proponente abbia fissato un termine per l’accettazione egli potrà sempre
revocare l’offerta prima del decorso del termine tuttavia tale revoca fa sorgere a suo carico un
obbligo di risarcimento.
Se poi tale termine sia da considerarsi oggetto di un tacito accordo, quale ne sia la durata
sono questioni che i tribunali di merito risolvono in base alle circostanze concrete della
fattispecie, ove la proposta venga ugualmente revocata prima del decorso del termine il
destinatario non potrà più perfezionare il contratto strictu sensu ma solo domandare il
risarcimento del danno derivatogli dalla revoca della proposta prima del dovuto.
La commissione per la riforma del code civil francese ha proposto una regolamentazione
secondo cui nel caso di una proposta per cui sia stato fissato un termine di irrevocabilità non
è ammessa alcuna revoca prima dello scadere del termine salvo che tale revoca della
proposta raggiunga il destinatario prima della proposta stessa, lo stesso nel caso in cui il
termine si possa intendere come implicitamente definito dalle circostanze.
Il nuovo codice civile italiano fa un passo ulteriore stabilendo che la proposta provvista di
termine non è revocabile prima del decorso del termine stesso, nel caso in cui invece alla
proposta non sia stato apposto alcun termine essa è revocabile fino al momento
dell’accettazione e qualora il destinatario abbia già intrapreso in buona fede l’esecuzione del
contratto avrà diritto al risarcimento del danno derivatogli dall’iniziata esecuzione.
In Francia la cassazione ha sempre ritenuto che la dichiarazione di accettazione produca i
suoi effetti in un momento da determinarsi in base alle circostanze concrete della fattispecie.
Secondo gli artt. 1326, 1335 del codice civile il contratto è concluso nel momento in cui il
proponente ha la notizia dell’accettazione dell’altra parte, si presume che ciò avvenga
nell’istante in cui la dichiarazione di accettazione giunge all’indirizzo del proponente
semprechè questi non provi di essere stato, senza colpa sua, nell’impossibilità di avere
notizia.

4
Secondo il diritto tedesco il proponente è vincolato alla sua offerta fino alla decorrenza del
termine da lui fissato o per un congruo periodo di tempo e non è ammessa la revoca.
Che la proposta “vincoli” non significa che “obblighi”, la revoca di una proposta vincolante non
determina solo il risarcimento del danno ma resta anche priva di effetti, il proponente può
evitare di essere vincolato alla proposta escludendola espressamente, ad es. inserendo in
essa locuzioni come “freibleibend”cioè “senza impegno”, tale dichiarazione non configura
però una proposta in senso giuridico ma un mero invito a proporre, la successiva
controdichiarazione da parte del destinatario rappresenta solo una semplice proposta e
richiede poi a sua volta un’accettazione.
La questione del momento in cui la dichiarazione di accettazione acquista efficacia viene
risolta dal BGB con una regola generale, il BGB ha tentato una soluzione intermedia tra
quelle proprie dell’antico diritto comune e tuttora presenti nella disciplina francese e cioè ogni
dichiarazione di volontà acquista efficacia nel momento in cui raggiunge il destinatario ossia
nel momento in cui entra nella sua sfera di influenza.

5
Il panorama comparatistico mostra dunque tre distinti sistemi ognuno dei quali attribuisce
distinti effetti giuridici all’emissione della proposta contrattuale.
Il common law configura un tipo di proposta cui non viene assegnata alcuna efficacia
vincolante né obbligatoria, nei diritti di matrice romanistica, invece, l’offerta contenente un
termine ha sempre efficacia obbligatoria.
Nel diritto tedesco stabilisce che ogni proposta contrattuale è irrevocabile, un confronto critico
di tali sistemi ci mostra la superiorità del diritto tedesco.
All’occhio del comparatista, non solo la dottrina dei paesi di diritto germanico ma anche la
disciplina positiva del BGB appaiono le soluzioni più avanzate.
La disciplina tedesca si riferisce alla “ricezione” cioè al momento in cui la dichiarazione
perviene nella sfera di controllo del destinatario.
Tale schema trova la sua ratio nell’equa ripartizione dei rischi derivati dal percorso che la
dichiarazione deve compiere tra il mittente e il destinatario, introducendo così un
procedimento controllabile e facilmente provabile.

La forma

1
Tutti gli ordinamenti moderni riconoscono che alcuni specifici negozi hanno riconoscimento
solo se posti in essere con l'osservanza di particolari forme, in realtà però l'obbligo di
attenersi a forme particolari è considerato un'eccezione al principio della libertà della forma;
quest' ultimo principio è codificato dal diritto svizzero che stabilisce che i contratti necessitano
di un forma solo quando questa è prescritta dalla legge mentre il BGB lascia intendere che i
negozi giuridici non sono soggetti ad alcun vincolo di forma.
Il "fine probatorio" e il "fine di serietà" sono le particolari funzioni che il legislatore persegue
prescrivendo una forma particolare, pare che la funzione storicamente più risalente sia quella
probatoria. Lo Statute frauds del 1677 introduceva l'obbligo di forma per particolari negozi
per evitare che il giudice potesse essere indotto a ritenere erroneamente esistente tra le parti
un determinato contratto con un certo contenuto a causa di un falso giuramento, lo stesso
vale per la disciplina francese con la quale si escludeva il diritto testimoniale.
Molto spesso la prescrizione formale persegue lo scopo di garantire la serietà
dell'impegno,cioè il fine di evitare che le parti assumano impegni in modo affrettato.
La prescrizione della forma svolge una funzione di certezza e serietà qualora il negozio in
questione debba essere autenticato da un persona estranea allo stesso, un pubblico ufficiale
con formazione giuridica; tali pubblici ufficiali sono conosciuti in quasi tutti i paesi dell'Europa
continentale ma sconosciuti negli ordinamenti dell'ambito giuridico anglo americano, in questi
ultimi la figura del "public notary" consiste nel redigere atti la cui forma è resa necessaria
dalla propria legge di appartenenza e di cui le parti devono servirsi all'estero.

2
I codici civili dell'area romanistica, seguendo l'esempio del codice civile francese,
propongono una distinzione tra l'ipotesi in cui l'osservanza della forma è presupposto di
validità del negozio e quello in cui il negozio, in assenza della forma prescritta, è valido ma
non potrà essere provato dinnanzi al giudice oppure potrà essere provato ma solo con mezzi
molto limitati.
La differenza tra invalidità e inammissibilità della prova è sottile: il negozio che a causa di un
difetto di forma non è valido deve essere considerato inefficace, nel caso di negozio valido
ma non suscettibile di prova la parte interessata potrà riconoscerlo come validamente
riconosciuto.
Nel diritto francese esistono solo pochi casi in cui l'osservanza della prescrizione di forma
configura un requisito di validità, è il caso della donazione, delle convenzioni matrimoniali.
Il Codice civile italiano del 1942 prescrive la forma scritta per una serie di contratti
determinati, prevede che tali contratti in caso di mancata osservanza della forma sono nulli,si
tratta soprattutto dei contratti volti al trasferimento di immobili e alla costituzione,
modificazione, trasferimento dei diritti reali sugli immobili.
In principio, dunque, un contratto che non sia di ordinaria amministrazione potrà essere
provato solo per mezzo di un atto pubblico o di una scrittura privata. Per atto pubblico si
intende un documento scritto in cui l'atto in questione venga redatto con l'osservanza di
particolari formalità da parte di un notaio competente.
Più arduo risulta definire la forma della scrittura privata, nel caso in cui un accordo venga
redatto in tal forma la prova testimoniale delle eventuali pattuizioni difformi, sorte in forma
orale prima, durante o dopo la conclusione del contratto viene resa più difficile.
Nel caso in cui tale forma non venga rispettata , la prova per testimoni sarà esclusa ma tale
regola non vale se l’accordo concluso solo oralmente si configura come contratto
commerciale.
Un ulteriore ed essenziale limitazione viene posta dall’art 1347 Code civil che ammette la
prova testimoniale solo nel caso in cui possa essere dimostrato un “indizio di prova scritta”
(commencement de preuve), i documenti probatori della controparte che per difetto di forma
non possono configurare una scrittura privata costituiscono di regola un “commencement de
preuve” e rendono possibile la prova testimoniale, questo principio è stato inserito nel Code
civil nel 1975, infatti l’art 1347 co. III dispone che il giudice può ritenere sussistente un
“commencement de preuve” in base alle dichiarazioni che una parte ha reso in giudizio, al
suo silenzio, al fatto che essa non si sia presentata all’udienza dibattimentale.
Infine non vale l’esclusione della prova testimoniale nemmeno nel caso in cui l’attore non
possegga un documento che provi l’avvenuta conclusione del contratto ma ciò sia dovuto al
fatto di essersi trovato nell’impossibilità morale o materiale di procurarsi il documento.

3
Nei sistemi dell’area tedesca(Germania,Austria e Svizzera) la verità e la completezza della
dichiarazione scritta sono contestabili in ogni momento anche attraverso la prova
testimoniale, il difetto formale porta direttamente all’invalidità del negozio.
Riguardo il tipo di negozio che necessita di una forma particolare si può riscontrare che il
contratto di compravendita è valido anche se concluso senza l’osservanza di alcuna forma
particolare, fanno però eccezione Germania e Svizzera per i contratti di compravendita
immobiliare; al contrario in Austria anche il contratto di compravendita immobiliare è valido se
concluso verbalmente è però necessaria una certificazione del negozio di trasferimento.
In Austria lo stesso principio vale nella vendita a rate, viceversa in Germania e Svizzera le
forma scritta nella vendita a rate costituisce requisito di validità.
Isolata risulta la previsione dell’art 165 OR svizzero in base a cui la cessione di credito
necessita della forma scritta ai fini della validità, in Germania si richiede la stessa solo per la
cessione del credito garantito da ipoteca.
Per la garanzia fideiussoria si richiede ovunque la forma scritta.
La richiesta di donazione richiede sia in germania che in austria la forma pubblica dell’atto
notarile mentre in svizzera viene considerata sufficiente la forma scritta.
4
Il diritto anglo americano considera vincolante una richiesta di prestazione solo se esiste un
sacrificio a carico del destinatario della stessa ossia allorché essa venga effettuata verso una
“consideration”, qualora manchi tale reciproco impegno la promessa sarà efficace solo se
effettuata nella forma di un documento fornito di sigillo,in assenza di consideration il
promettente deve osservare la formalità del “deed”.
La mancata osservanza della forma prescritta fa si che il contratto sia “unenforceable”cioè
non possa essere fatto vale dinnanzi al giudice, le più importanti disposizioni di tal tipo sono
contenute nello Statute of Frauds del 1677. In base a questo la forma è richiesta:
1 per la promessa di un executor o administrator con cui questi si rende personalmente
responsabile per i debiti ereditari
2 per la promessa con cui il soggetto si dichiara pronto a rispondere del debito altrui
3 per la promessa con cui un soggetto, in riferimento alla prossima celebrazione di un
matrimonio, si impegna ad una qualche prestazione.
4per l’accordo con cui deve essere trasferito un immobile o diritti reali immobiliari
5per il contratto che deve essere adempiuto solo a partire dall’anno successivo alla
conclusione
6per i contratti di compravendita in cui il prezzo supera le 10 sterline
Tale legge voleva impedire che una parte in mala fede potesse avanzare pretese in base ad
un contratto fraudolento.
In Inghilterra vennero compiuti tentativi per abrogare lo Statute of Frauds, attraverso il Law
Reform Act, attualmente necessitano di una particolare forma solo le promesse di terzi a
favore di debiti altrui e i contratti aventi a oggetto un bene immobile.
Al contrario negli stati uniti le disposizioni dello Statute of Frauds sono ancora in vigore.

5
Il requisito della forma, una volta entrato in vigore, esige di essere rispettato anche dove gli
scopi seguiti dal legislatore possono essere realizzati altrimenti.
La tradizione anglo americana definisce “unenforceable” i contratti di compravendita
immobiliare conclusi verbalmente, tuttavia i giudici dell’equity hanno sviluppato una teoria
secondo cui l’acquirente di un immobile può pretendere che la controparte adempia la
promessa verbale di trasferire, quando egli stesso ha intrapreso atti che appaiono un parziale
adempimento del contratto(doctrine of performance).
Riguardo la ratio della “doctrine of part performance” la teoria in merito più illuminate è quella
di Pollock che riconduce tale dottrina al principio dell’estoppel (adempimento parziale).
Nel diritto francese il problema della conservazione del contratto nullo per difetto di forma
sembra essere sconosciuto.

Contrarietà alla legge ed al buon costume

1
Benché nel mondo occidentale viga ovunque il principio della libertà contrattuale nessun
ordinamento può rinunciare a considerare nullo un contratto qualora sia in contrasto con le
leggi ed il buon costume cioè contrario alla “public policy”.
Le regole che definiscono invalido un contratto per i motivi enunciati sono ovunque analoghe,
ovunque il compito principale è svolto dal giudice che deve vagliare le circostanze della
fattispecie concreta per verificare se le parti si siano mosse nell’ambito di ciò che è
giuridicamente consentito.
Una particolare difficoltà deriva dal fatto che la configurazione di ciò che è contrario al buon
costume si modifica nel tempo.
Ovunque nel mondo la contrarietà alla legge e al buon costume ha come effetto l’inefficacia
dei contratti, solo in germania si considera la contrarietà alla legge o al buon costume come
causa di nullità,non solo dei contratti ma in generale di tutti i negozi giuridici.
Il diritto svizzero come quello italiano raggiunge in pratica lo stesso risultato applicando in
modo corrispondente le regole sulla nullità contenute nella disciplina sui contratti “ad altri
rapporti di diritto civile” e “per gli atti unilaterali tra i vivi aventi contenuto patrimoniale”, lo
stesso avviene per il common law.
Poiché la contrarietà alla legge e al buon costume determinano la nullità del contratto non si
potrà domandare né l’adempimento di esso né il risarcimento del danno.

2
In italia e in francia la nullità del contratto per contrarietà alla legge o al buon costume è
messa in relazione alla “causa”o alle “cause”, così il Code civil francese all’art. 1131 afferma
che l’obbligazione che si fonda “sur un cause illecite” è nulla.
In linea di principio è sufficiente dire che un contratto è nullo nella misura in cui , valutando il
suo contenuto e le circostanze concomitanti risulti che esso urta contro i parametri di valore
ricordati, così è anche chiaramente enunciato dal BGB dove la contrarietà al buon costume
viene considerata come motivo di nullità senza che vi sia alcun riferimento all’oggetto o alla
causa del contratto, anche il BGB afferma che il negozio giuridico è nullo qualora sia contrario
ad un divieto posto dalla legge.

3
Volendo verificare cosa si intende nel diritto anglo americano per contratto contrario alla
legge e al buon costume si ricorrerà all’esame dei casi, esistono infatti particolari casi
sintomatici per cui i tribunali parlano sempre di illegalità.
Pollock e Winfield distinguono tra contratti “illegal”,”immoral” e “contrari alla public policy”, nel
primo gruppo rientrano i contratti che mirano alla realizzazione di risultati penalmente
sanzionabili vengono invece definiti contrari al buon costume quei contratti che, a giudizio di
un uomo ragionevole, sarebbe scandaloso venissero da un giudice considerati efficaci.
Nella categoria dei contratti che violano la publi policy e sono perciò nulli rientra una serie di
sottocategorie:
-contratti che mirano illecitamente a limitare la concorrenza.
-contratti che frustrerebbero il corretto funzionamento della giustizia.

4
Anche la valutazione morale di un certo comportamento può variare da paese a paese,per
chiarire questo problema bisogna far riferimento ad alcuni casi relativi al problema
dell’onorario degli avvocati.
In Germania l’opinione generale ritiene che convenire un onorario eccessivamente elevato
rappresenti una violazione dei doveri professionali dell’avvocato ma non costituisca un’ offesa
al buon costume e quindi non comporti la nullità dell’accordo.
Il Reichgericht che però statuito che una maggiorazione dell’onorario in caso di successo violi
il principio del buon costume perché l’avvocato quale tutore della legge deve curare
l’applicazione della stessa e non solo l’interesse della parte.
Al contrario negli Usa è usuale che gli avvocati concordino con i loro assistiti un tal tipo di
remunerazione in base al buon esito della causa, tale convenzione sarà considerata contraria
al buon costume solo nel caso in cui l’avvocato si faccia carico dei costi processuali in caso di
esito negativo visto che non può essere compito dell’avvocato indurre, nel proprio interesse,
l’assistito a intentare un processo.

5
Un particolare attenzione deve riservarsi alla questione dell’equo rapporto tra prestazione e
controprestazione e alle relative implicazioni sulla validità del contratto.
In base al diritto romano le parti, nella definizione del prezzo di un bene, erano totalmente
libere, solo Giustiniano permise al venditore di pretendere la restituzione del bene verso la
restituzione del prezzo qualora il valore effettivo del bene fosse superiore al doppio del
prezzo pagato(laesio enormis).
Nel Medioevo tale dottrina fu ripresa grazie alla creazione della teoria dell’”iustum pretium” in
base alla quale la prestazione e la controprestazione dovevano essere equivalenti.
Il risultato finale di tale evoluzione lo ritroviamo in francia sancito dall’art 118 Code civil in
base a cui esistono solo alcuni tipi di contratto che consentono alla parte che ha raggiunto la
maggiore età di chiedere la rescissione per “lesion”, precisamente sono la divisione
dell’eredità e il contratto di vendita immobiliare.
Il diritto austriaco consente ad ambedue le parti, per tutti i contratti, di chiedere la rescissione
del contratto a causa di lesione ultra dimidium qualora il valore della prestazione superi di
oltre la metà il valore della controprestazione.
Anche l’odierno Codice civile italiano ha previsto una forma di scioglimento del contratto a
causa del disequilibrio quantitativo della prestazione, l’art. 1448 consente la rescissione del
contratto a causa di lesione qualora la parte abbia ricevuto una prestazione di valore inferiore
della metà rispetto al valore di quella da esso effettuata.
In Germania la dottrina della lesione è sopravvissuta fino al XIX sec., In base al diritto vigente
un evidente disequilibrio comporta la nullità del contratto.
Il Common Law inglese e statunitense non conosce alcun istituto assimilabile alla lesio
enormis, di certo ai fini della validità di un contratto si esige che ogni parte abbia promesso la
propria prestazione in considerazione della prestazione della controparte ma non si richiede
che tale prestazione si trovi in un particolare rapporto di valore con la controprestazione.
Il rapporto tra prestazione e controprestazione gioca un ruolo importante quando si tratta di
verificare se il contenuto sia inefficace a causa di “unconscionability” nel senso o a causa di
violenza o dolo:in questi casi l’inefficacia del contratto è tanto più facilmente riconosciuta
quanto più è grave la mancanza di equivalenza tra prestazione e controprestazione.
La serietà dell’intento di vincolarsi

1
Ogni ordinamento giuridico deve determinare se il semplice accordo contrattuale delle parti
possa considerarsi sufficiente per perfezionare il contratto oppure si richiedono ulteriori
requisiti, ciò al fine di distinguere i negozi tutelabili dinnanzi alla legge da quelli che non lo
sono.
Nell’area giuridica tedesca si distinguono premesse giuridicamente vincolanti da semplici
favori o da altri atti giuridicamente irrilevanti.
Ovunque nel mondo è diffusa l’idea che un promessa giuridicamente vincolante debba essere
necessariamente effettuata in vista di una controprestazione o di un corrispettivo.
Una donazione o una promessa gratuita sono qualcosa di giuridicamente inconsueto e perciò
meritano una particolare trattamento: nel Code civil francese troviamo la disciplina della
donazione negli artt 894,931,932, la donazione destinata ad attuarsi immediatamente è
valida senza che sia necessario osservare prescrizioni formali mentre invece la promessa di
donazione richiede la forma solenne.
Ambedue questi principi sono stati formulati più chiaramente nelle successive codificazioni di
diritti di matrice tedesca, dal BGB e dal diritto delle obbligazioni svizzero, le due discipline
differiscono solo per il fatto che la promessa di donazione in Germania richiede la forma
solenne mentre in svizzera è sufficiente la forma scritta.
Il nuovo codice civile italiano richiede per ogni donazione e ogni promessa d donazione la
forma dell’atto pubblico, fanno eccezione solo le donazioni manuali di modico valore perché
in tal caso è sufficiente sola la consegna materiale della cosa,
il common law e gli ordinamenti di base romanistica hanno prescritto requisiti generali anche
per le promesse al fine di distinguere le promesse giuridicamente rilevanti da quelle che non
lo sono.

2
Il Common law inglese e quello degli Usa considerano “seria” una promessa solo qualora
venga effettuata in vista di una sacrificio da parte del promissorio che funga da
corrispettivo,vale a dire , verso un “consideration”.
La presenza della consideration viene ad essere un requisito di efficacia per tutti i contratti
tranne che per quelli “under seal” e cioè in forma solenne.
La consideration è divenuta figura importante dai contorni complessi e poliedrici, tanto più è
difficile darne una definizione.
Una “nuance” della dottrina della consideration arriva ad affermare che la controprestazione
del promissorio non costituisce una sufficiente consideration qualora sia anteriore alla
promessa : una “past consideration” non è una “good consideration”.
Alcuni giudici hanno tentare questa past consideration per una good consideration nel caso in
cui si imponga al promettente un dovere morale di riconoscenza per un’azione svolta in
precedenza dal promissorio nonché nel caso in cui il significato dell’attuale promessa sia
proprio quello di tradurre tale impegno morale in un impegno giuridico ma tale tentativo non è
riuscito però ad imporsi.
Degna di attenzione risulta un’altra interessante dottrina elaborata dal diritto americano per
ovviare all’iniquità della dottrina della consideration:si tratta della dottrina del “promissori
estoppel”.
L’occasione per lo sviluppo di tale dottrina sono stati i cd. “subscription cases” relativi a
sottoscrizioni di oblazioni da parte dei singoli cittadini per fini di interesse comune, religiosi o
di beneficenza; in questi casi la promessa di effettuare un’ oblazione non era azionabile dal
momento che non le corrispondeva una consideration e ovviamente non era stata quasi mai
formulata in forma solenne.
La giurisprudenza americana ha tuttavia formulato nel corso del tempo una dottrina poi
trafusa nel Restatemene contracts, essa statuisce che anche una promessa gratuita priva di
forma è vincolante , qualora il promissorio,confidando in essa, abbia modificato
definitivamente la propria posizione e tale comportamento fosse per il promettente
prevedibile.

3
Nei sistemi romanistica una funzione analoga a quella della consideration è svolta dalla
dottrina della “cause” o “causa”.
Le “cause” nel diritto francese è una figura ibrida, ogni contratto contenente un impegno
richiede ai fini della sua validità una causa, la causa del diritto francese non è altro che il
motivo tipico sottostante ad una promessa contrattuale e la scuola francese degli anti-
causalisti non è lontana dal vero nel sostenere che l’intero concetto è ormai privo di
contenuto.

4
Riguardo il fenomeno degli “indizi da cui desumere la serietà dell’intento di vincolarsi” per ciò
che concerne la dottrina della “consideration” il sui principio fondamentale è in se corretto, in
questo modo una promessa che voglia definirsi seria viene emessa solo in relazione ad una
controprestazione.
In ogni caso però l’onerosità non è l’unico indizio dell’esistenza di una seria volontà di
impegnarsi, ciò significa che il common law, ponendosi sempre nell’ottica della
controprestazione si preclude la possibilità di dare soluzione a tutti i casi.
In francia e in altri paesi del diritto continentale è con la dottrina delle “cause” che si persegue
lo scopo di individuare un criterio che distingua i negozi giuridicamente vincolanti da quelli
che non lo sono, tale dottrina però è più flessibile di quella della consideration dal momento
che afferma che una promessa seria deve perseguire un fine economico-sociale ragionevole,
riconosciuto dalla comune e generale opinione.
Tanto il diritto svizzero quanto quello tedesco richiedono una forma particolare
esclusivamente quando venga promessa una donazione di cose, altre promesse gratuite
possono invece essere realizzate anche senza l’osservanza di forme particolari.
Nell’area giuridica tedesca,dunque, per quanto riguarda i negozi obbligatori, la causa non
svolge alcun ruolo significativo, essa è rilevante solo per i negozi con cui si realizza
un’attribuzione patrimoniale perché serve a verificare se colui che ha ricevuto alcunché possa
trattenere l’oggetto dell’attribuzione.
La distinzione tra promesse serie e non serie ha luogo di conseguenza,ne diritto tedesco e in
quello svizzero, non sulla base della causa ma utilizzando il metodo dell’interpretazione del
negozio, si tratta cioè di verificare se una promessa è stata intesa come giuridicamente
vincolante o se configuri un mero favore al di fuori dell’ambito giuridico.
Per ciò che riguarda il diritto tedesco la norma relativa alla promessa di donazione tiene conto
unicamente dell’interesse del promettente e non anche al fine della donazione, la soluzione
offerta dal diritto svizzero,invece , è più felice dal momento che stabilisce che la promessa
effettuata in adempimento di un dovere sociale non dev’essere considerata donazione e
quindi è valida anche se prova di forma, in virtù di tale disposizione è compito del giudice
decidere, in via di interpretazione, se nel caso concreto la promessa è stata effettuata in
adempimento di un dovere morale o no.
Considerando appropriato il principio del “promissory estoppel” in base ad esso si
considerano fondate le pretese scaturenti da promesse gratuite prive di forma , qualora il
destinatario abbia modificato la propria posizione patrimoniale in un modo che poteva essere
previsto dal promettente.

L’Interpretazione del contratto

1
Spesso il giudice deve accertare quale sia la posizione delle parti rispetto a dichiarazioni
oscure e lacunose, questa attività si chiama “interpretazione”.
L’interpretazione di un negozio giuridico può avere luogo da due punti di vista contrapposti,
una prima impostazione assegna la priorità alla volontà del dichiarante, giacchè in base al
principio dell’autonomia privata gli effetti giuridici sono principalmente originati dalla volontà
liberamente formata dal soggetto e dunque in tale volontà trovano il loro fondamento ultimo di
validità.
L’altra impostazione, al contrario, considera fondamentale l’elemento esteriore della
dichiarazione dal momento che l’ordinamento giuridico può prendere in considerazione la
volontà interiore del dichiarante solo nella misura in cui essa sia conforme al significato che
viene attribuito comunemente alla dichiarazione da parte di un soggetto ragionevole.

2
Soprattutto nei codici civili degli ordinamenti romanistica si può riscontrare una serie nutrita di
canoni interpretativi, nel Code civil francese si deve guardare più all’intenzione comune delle
parti che al significato letterale, nel dubbio si deve interpretare il contratto nel senso che
conservi la sua validità e qualora una dichiarazione risulti equivoca si farà riferimento
all’interpretazione.
È il contratto stesso che fornisce il criterio di interpretazione delle sue clausole.
Nel dubbio deve essere interpretato contro il creditore e nel senso più favorevole al debitore e
se si tratta di un contratto di compravendita si deve interpretare nel senso meno favorevole al
venditore.
L’art 1156 Code civil afferma che il compito principale del giudice è quello di procedere alla
ricerca della comune intenzione delle parti contraenti.
Anche in giurisprudenza si incontra spesso l’affermazione secondo cui il risultato da
acquistare attraverso l’interpretazione deve essere inteso come “la comune intenzione delle
parti”, è in particolare la giurisprudenza della cassazione che ha posto un freno alle tendenza
soggettivistiche dei tribunali di merito, statuendo che il giudice può ricercare la volontà
presunta o causale delle parti, solo qualora sia accertato che la lettera del contratto
interpretato oggettivamente contenga punti oscuri o contraddittori.

3
Per quanto riguarda invece l’area giuridica tedesca non vi è dubbio, con riguardo al Bgb, che
il contrasto tra il dogma della volontà e la teoria della dichiarazione resta insoluto.
Da una parte stabilisce che, nell’interpretazione deve essere ricercata l’effettiva volontà e ciò
non può significare altro se non che occorre avere riguardo all’intento empirico delle parti,
realmente esistente.
Dall’altra il Bgb stabilisce che l’interpretazione deve svolgersi secondo buona fede tenendo
presenti gli usi contrattuali e quindi secondo un paramentro oggettivo.
In germania nonostante le occasionali incertezze all’una e all’altra impostazione si concorda
sul fatto che non si deve guardare alla volontà empirica delle parti qualora il destinatario della
dichiarazione debba essere tutelato per il giustificato affidamento riposto nel significato della
dichiarazione conforme alle vedute correnti.
Questa impostazione induce a ritenere che il giudice debba indagare retrospettivamente il
contenuto contrattuale presuto utilizzando argomenti di tipo psicologico cosa che invece è
sicuramente errata.
Interpretando contratti oscuri e lacunosi è possibile ottenere il risultato che appaia adeguato
al caso concreto, secondo criteri obbiettivi di equità e opportunità.

4
l’affermazione che precede viene ora confermata nel contesto del common law, la
giurisprudenza non ha ancora abbandonato l’idea secondo cui nell’interpretazione del
contratto non bisogna riferirsi alla volontà delle parti bensì alla fattispecie esteriore della
dichiarazione.
A questa impostazione in base al common law è da ricondurre anche il fatto che i tribunali
americani nell’interpretazione dei contratti tentano di attenersi al testo oggettivo della
dichiarazione e fanno rientrare nel contratto anche elementi in essa non ricompresi solo nel
caso in cui non si possa altrimenti raggiungere una soluzione.

5
Alla problematica dell’interpretazione appartiene anche la questione circa lo spazio kasciato
alla prova di clausole accessorie stipulate solo verbalmente quando invece la dichiarazione
principale è stata fatta in forma scritta.
Il common law risolve il problema con il metodo dell’interpretazione oggettiva: “non è
ammessa la prova verbale di quanto è accaduto tra le parti, sia prima che venga redatto il
documento scritto che durante il periodo delle sua preparazione, così da aggiungere o
togliere o variare il significato del contratto scritto”.
Negli ordinamenti continentali la regola esclude la prova testimoniale che si presenta meno
rigorosa, in particolare in francia l’art 1341 Code civil dispone che la prova testimoniale non è
ammessa qualora con l’aiuto del testimone voglia dimostrarsi che prima, durante o dopo la
conclusione di un contratto in forma pubblica o con scrittura privata è stato convenuto
oralmente un patto modificativo.
Tale regola però subisce nell’applicazione molte eccezioni, innanzitutto non può essere
applicata quando si tratti di un contratto commerciale, non sarà applicata nemmeno qualora
chi adduce la prova testimoniale possa far riferimento ad un “commencement de preuve par
ecrit” ossia qualora sia in grado di produrre documenti scritti, provenienti dalla controparte
processuale e dai quali si possa desumere che un patto modificativo sia effettivamente
intercorso tra le parti.
Il tribunale potrà sempre ascoltare i testimoni qualora una parte voglia provare di essere stata
indotta a concludere un contratto scritto a causa di un comportamento doloso della
controparte o che si trattava, in realtà, di un contratto simulato.
In germania l’efficacia probatoria di accordi scritti è ancora più limitata qualora le parti
abbiano redatto in forma di scrittura privata le loro dichiarazioni negoziali, l’atto scritto si fonda
solo su una presunzione di giustizia e completezza. Clausole accessorie prive di forma sono
efficaci nella misura in cui possono essere provate dalla perte che le allega.
Nel common law la regola ha la portata più rigorosa di una finzione e la controprova è
considerata in linea di principio inammissibile, al contrario il problema della falsa demonstratio
viene trattato dappertutto allo stesso modo, in tal caso la volontà delle parti prevale sul
significato comunemente attribuito alla dichiarazione da loro emessa ma ciò accade solo
perché , in tale ipotesi, si tratta di tutelare non l’affidamento del destinatario della
dichiarazione bensì il preminente interesse di ambedue i contraenti interpretando il contratto
secondo il significato inteso da entrambe le parti.

Errore, dolo, violenza

1
In tutti gli ordinamenti si afferma che non ogni errore in cui il soggetto sia incorso
manifestando la propria volontà, gli consente di sottrarsi alle conseguenze della propria
dichiarazione.
In alcuni casi il soggetto in errore deve poter trasferire il rischio del suo errore sulla
controparte contrattuale, benché in tal modo venga deluso l’affidamento riposto da
quest’ultima nell’efficacia della dichiarazione.
La questione sulla linea di discrimine tra l’errore giuridicamente rilevante e quello che non è
tale è tanto antica quanto controversa.

2
Nell’area giuridica tedesca , il BGB fissa una distinzione: definisce rilevante l’errore sul
negozio e irrilevante l’errore sui motivi. Il discrimen tra questi due tipi di errori poggia su una
sottile valutazione psicologica: si è in presenza di un errore rilevante sul negozio qualora il
dichiarante abbia formato la sua volontà libera da errore ma la abbia poi per sbaglio
manifestata in forma errata, qualora invece la volontà stessa si sia formata sulla base di un
errore si tratterà di errore sul motivo.
Il codice civile austriaco prevede una soluzione assai originale, in principio è anche qui
rilevante l’errore sui motivi che hanno indotto a contrarre, come per il BGB rileva solo
quell’errore che riguarda l’oggetto principale o una sua caratteristica essenziale.
Tuttavia il soggetto in errore, pur in presenza di un errore sull’oggetto principale potrà
impugnare la sua dichiarazione solo qualora sia in grado di fornire l’ulteriore prova di uno di
questi tre elementi: che l’altro contraente ha provocato l’errore, che l’errore in base alle
circostanze poteva essere chiaramente riconosciuto dall’altro, che l’errore è stato rivelato
“ancora in tempo”.
Inoltre in caso di errore sull’oggetto principale, si ammette l’impugnazione, se è dimostrato
che la controparte contrattuale ha riconosciuto l’errore o avrebbe dovuto riconoscerlo se vi
avesse applicato l’attenzione che si richiede nei traffici giuridici; ed ancora, la parte in errore
può altresì dimostrare che l’errore è stato da lui rivelato “ancora in tempo” vale a dire è stato
portato a conoscenza della controparte.
Diversamente dalla disciplina tedesca quella austriaca non assegna al destinatario della
dichiarazione alcun diritto ad agire per il risarcimento dei danni derivati dall’aver confidato
nell’efficacia del contratto: le limitazioni all’impugnazione dell’errore stabilite dall’ordinamento
austriaco farebbero apparire ingiustificata tale pretesa in quanto il destinatario della
dichiarazione o non ha subito alcun danno rilevante o avendo potuto riconoscere o avendo
egli stesso provocato l’errore, non merita poi alcuna tutela del suo affidamento.
Anche il diritto svizzero si fonda sulla distinzione tra “errore sui motivi” e “errore negoziale”
definendo rilevante, nell’art 23 OR, solo l’errore essenziale invece irrilevante quello sui
motivi.
Il diritto svizzero elenca e descrive 4 casi in cui l’errore deve essere considerato essenziale:
l’errore sul tipo di contratto, sull’identità della controparte e dell’oggetto del contratto, l’errore
sulla quantità della prestazione promessa nonché quella sull’esistenza di una determinata
situazione di fatto.
In giurisprudenza rileva solo l’errore sul “fondamento del contratto” , il soggetto che impugna il
contratto per errore, è tenuto a risarcire il danno arrecato alla controparte solo nel caso in cui
l’errore derivi dalla sua negligenza.

3
Nel diritto francese la disciplina dell’ errore del code civil fornisce al giudice parametri ancora
meno saldi di quelli riscontrati nelle norme tedesche, austriache o svizzere.
Secondo la lettera della norma è rilevante solo l’errore che coinvolge “l’essenza dell’oggetto
del contratto”, un errore sulla persona è in genere irrilevante tranne nel caso in cui la
considerazione di quella persona sia stato il motivo principale che ha indotto alla conclusione
del contratto.
Un errore è rilevante solo nel caso in cui abbia costituito motivo determinante per la
conclusione del contratto e abbia riguardato le qualità essenziali.
La giurisprudenza francese postula come ulteriore requisito che l’errore abbia riguardato una
“qualità sostanziale”, in generale si afferma che un errore sui motivi è rilevante solo in casi
eccezionali.
Si conviene generalmente sul fatto che possa essere rilevante solo un errore scusabile, alla
categoria dell’errore scusabile appartengono i casi in cui una parte, prima di sottoscrivere,
non abbia letto attentamente il contratto, sebbene, in tale ipotesi non sarebbe prospettabile
neanche un’ipotesi di errore.
Il codice civile italiano contiene una disciplina evoluta, si abbandona il concetto di errore sui
motivi, gli errori sono rilevanti nella misura in cui sono essenziali nonché riconoscibili da parte
dell’altro contraente.
Anche l’errore di diritto può essere rilevante quando è stato l’unico o il principale motivo della
conclusione del contratto, si richiede inoltre che la controparte potesse riconoscere l’errore
applicando la diligenza che le circostanze richiedevano.

4
Il common law configura una particolare categoria per quei casi in cui l’errore sia stato
causato da un inesatta dichiarazione proveniente dalla controparte(misrepresentation); se poi
questi ha agito con un intento fraudolento o ingannatorio si configura una “fraudolent
misrepresentation” con la conseguenza che il soggetto incorso in errore potrà sciogliersi dal
contratto e pretendere un risarcimento dei danni.
Tuttavia, anche ove la controparte non abbia agito con dolo, il soggetto in errore potrà
comunque ottenere l’annullamento del contratto in breve tempo.
In passato era riconosciuta solo questa possibilità cioè non si poteva far valere alcuna
pretesa di risarcimento, ma in GB la disciplina ha subito una svolta grazie al
Misrepresentation Act: il soggetto può agire per il risarcimento del danno,anche ove la
controparte lo abbia indotto in errore anche senza avere l’intenzione di ingannarlo.
L’unica eccezione a tale regola si presenta qualora la controparte possa dimostrare che,al
momento della conclusione del contratto, abbia ritenuto e potesse ragionevolmente ritenere
esatte le dichiarazioni fatte.
Il common law definisce “mistake” solo quegli errori che non sono causati da una
dichiarazione inesatta della controparte. In ogni caso però la dottrina inglese presenta una
quadro assai complesso poiché nella giurisprudenza del common law e nei tribunali
dell’equity i casi di errore sono stati trattati differentemente, infatti nel common law è stata
elaborata la regola per cui i contratti il cui oggetto, al momento della conclusione, più non
esiste sono da considerare “void ab inizio”.
La giurisprudenza dell’equity ha ammesso lo scioglimento del vincolo contrattuale con effetto
ex nunc oppure la rettifica dei contratti viziati a causa di una disattenzione nel omento della
redazione scritta cioè tutti i casi in cui non era ammesso alcun rimedio.
Anche nel diritto americano si è radicata la tendenza a limitare i casi di impugnazione a causa
di errore pur facendo però a meno delle sottili distinzioni della giurisprudenza inglese.

5
Un distinzione corrente nelle codificazioni continentali è quella tra l’errore sui motivi,
irrilevante, e l’errore che determina la formazione della volontà negoziale (errore vizio),
rilevante. L’errore sui motivi è irrilevante perché concerne valutazione del dichiarante che
precedono il negozio, l’errore negoziale è invece rilevante perché la dichiarazione negoziale
non corrisponde alla interna volontà formatasi in modo esatto.
Ad un’analisi attenta risulterà che l’errore sul negozio è anche sempre errore sui motivi ed un
errore sui motivi può anche risultare così rilevante da dover essere collocato sullo stesso
piano dell’errore sul negozio ai fini dell’impugnabilità del contratto viziato.
La distinzione tra i due tipi di contratto però non è altro che una “invenzione”, bisognerà quindi
sostituire tale insoddisfacente distinzione con un metodo valido che consenta di poter stabilire
quando l’errore sia rilevante.
La tematica dell’errore pone il problema di decidere quale delle due parti contrattuali debba
sopportare il rischio dell’errore, l’errore dovrà ricadere nella sfera di rischio del soggetto che vi
è incorso, ciò significa che con una corretta ripartizione dei rischi l’impugnazione del contratto
per errore si verificherà solo in casi eccezionali.
Un’analisi comparatistica rileva l’esattezza della soluzione avanzata da Titze. “l’errore che
accompagna la manifestazione di una dichiarazione contrattuale è irrilevante”., tuttavia
l’impugnazione dovrebbe essere ammessa solo nel caso in cui siano provate altre ragioni
particolari e cioè: quando il soggetto convenuto in giudizio, al momento della conclusione del
contratto conosca l’errore della controparte, qualora il soggetto convenuto con l’impugnazione
abbia causato l’errore anche in buona fede, qualora l’errore si sia verificato con riferimento ad
un contratto a titolo gratuito, in tutti i casi deve però essere negata l’impugnabilità ove la
controparte sia disposta a dare esecuzione al contratto.

6
In tutti gli ordinamenti giuridici errore e inganno doloso vengono disciplinati contestualmente,
le leggi usate per descrivere il concetto di inganno, usate nei vari ordinamenti continentali
sono varie: nell’area giuridica tedesca si parla di inganno “doloso” o di un induzione all’errore
con l’astuzia, nell’area giuridica romanistica sono indicati come possibili strumenti per
l’induzione in errore ulteriori artifizi.
Nell’area giuridica romanistica il Code civil francese segue ancora un’antica differenziazione:
solo il dolus causam dans contractui, cioè l’inganno che abbia determinato il oggetto raggirato
a concludere il contratto, legittima lo scioglimento del contratto, viceversa nel caso del dolus
incidens in contractum il contratto sarebbe stato concluso anche in assenza dell’inganno,
quindi il soggetto leso potrà richiedere solo un risarcimento del danno.
Nel diritto anglo-americano l’inganno doloso è indicato con il termine “fraudolent
misrepresentation” o “fraud”, il presupposto è che un parte, compiendo la dichiarazione
negoziale abbia fatto nei contratti dell’altro contraente affermazioni che sapeva essere false.
La configurazione dei presupposti dell’inganno doloso viene risolta ovunque nello stesso
modo, la giurisprudenza tedesca parte dal presupposto che sussiste un inganno doloso solo
nel caso in cui sia previsto un preciso dovere di informazione infatti, al momento della
conclusione del contratto, le parti non possono far affidamento su un dovere reciproco di
informazione circa la generale situazione del mercato.
Il common law, d’altra parte sembra propensa a mantenere vincolata al contratto la parte che
abbia omesso di porre precise domande e abbia dedotto delle conclusioni inesatte dal
silenzio della controparte,
un altro problema concerne l’ipotesi in cui l’inganno non provenga dalla controparte del
soggetto in errore ma da un terzo estraneo al contratto, in tal caso il diritto tedesco ammette
l’impugnazione solo qualora l’affidamento riposto dalla controparte nella dichiarazione della
vittima del raggiro non meriti tutela o perché egli stesso era a conoscenza del raggiro, oppure
perché l’inganno proviene da un soggetto il cui comportamento egli debba in buona fede
imputare a se stesso.
La giurisprudenza francese al contrario insiste sul fatto che un contratto può essre annullato
solo nel caso in cui un soggetto, nei cui confronti venga impugnato e il soggetto che ha
realizzato l’inganno siano la stessa persona: “il dolo comporta la nullità del contratto solo nel
caso in cui provenga dall’altro contraente”.

7
Il terzo “vizio della volontà” è la minaccia( o violenza morale), nel concetto di minaccia non
rientra la costrizione fisica in quanto non si configura una dichiarazione di volontà in senso
giuridico.
Inoltre i diritti continentali distinguono nettamente la minaccia dell’abuso di uno stato di
necessità mentre invece tale differenziazione è del tutto sconosciuta nel diritto anglo-
americano ciò perché nel common law con il termine “duress” si intende originariamente
designare solo i casi in cui il soggetto è indotto ad emettere certe dichiarazioni di volontà
sotto la minaccia di una violenza fisica o di una privazione della libertà, perciò la figura della “
undue influence” è stata applicata anche a quei casi che, nei diritti continentali, vengono
ricondotti al concetto di minaccia.
Una parte può infatti essre liberata dagli impegni assunti contrattualmente ove sia stata
indotta a concludere il contratto sotto la minaccia di subire una violenza fisica o di incorrere in
altre conseguenze negative.
Riguardo il problema della minaccia effettuata tramite terzo, in Germania alla base del BGB
sta il principio secondo cui l’interesse del soggetto che ha subito la minaccia a svincolarsi dal
contratto è maggiore di quello che può avere il soggetto che ha invece subito l’inganno, si
afferma quindi che , ove si tratti di minaccia, il soggetto che l’ha subita può impugnare il
contratto per chiederne l’annullamento anche qualora la controparte sia in buona fede.
Al contrario in Autria e in Common law inganno e minaccia vengono trattati allo stesso modo
cioè la vittima della minaccia può chiedere l’annullamento del contratto solo nel caso in cui la
controparte fosse a conoscenza della minaccia.
Nel diritto scandinavo si rileva un ulteriore sfumatura, qui il consociato può chiedere
l’annullamento del contratto anche nei confronti di una controparte di buona fede qualora egli
sia stato oggetto di una minaccia particolarmente grave di un male immediatamente
incombente.
Nel caso in cui sia stata esercitata una violenza più blanda vale la regola anglo-americana e
cioè annullamento solo in caso di malafede della controparte.
Il diritto svizzero stabilisce invece che colui che sia stato minacciato da parte di un terzo può
impugnare il contratto, nonostante la buona fede della controparte, ma dovrà poi risarcirgli i
danni derivati dall’annullamento.

La rappresentanza

1
Un sistema evoluto non può prescindere dall’istituto della rappresentanza secondo il quale
alcuni soggetti incaricano altre persone che entrano in contatto con i terzi “per loro”, tale
attività consente dunque ad altre persone di prender aprte ai traffici giuridici.
Nel common law “l’agency” comprende anche i casi in cui il soggetto è ritenuto responsabile
per i fatti illeciti dei suoi ausiliari.
Il restatemene americano sulla disciplina dell’agency definisce l’agent in modo vago.

2
Nella dottrina tedesca troviamo un ‘importante teoria elaborata da Jhering e Laband con la
quale si afferma che il conferimento della procura e il rapporto giuridico sottostante non sono
solo concettualmente distinti tra loro ma devono anche essere configurati separatamente per
quanto riguarda la loro sorte giuridica.
Dopo il 1900 nessuna codificazione ha trascurato di distinguere tra di loro procura e
contratto di mandato, l’unica eccezione è l’ABGB austriaco che accomuna procura e mandato
in un “bevollmachtigungsvertrage” e non è ancora in grado di distinguere tra il rapporto
interno e quello esterno quando ad es. definisce “procura occulta” la limitazione contrattuale
dei poteri di rappresentanza.
Neanche il code civil contiene una disciplina generale della rappresentanza, parla del
“mandat” oggi però parte della dottrina fa riferimento al concetto di “representation” utilizzato
sia nel contesto della teoria dell’atto giuridico come anche in quello della disciplina del
contratto.
Il diritto anglo-americano ci presenta un quadro ancora diverso, si può notare che l’agency ha
una duplice naturacioè può essere presa in considerazione sia sotto l’aspetto del rapporto
obbligatorio come sotto l’aspetto del conferimento del potere rappresentativo.

3
Nel common law non si è a conoscenza del concetto di patria potestas, infatti nel diritto
americano e in quello inglese i genitori non hanno automaticamente la rappresentanza dei
propri figli minori né possono agire contro le corti così da acquisire diritti e obblighi per essi.
In Gran Bretagna il padre o la madre rimesta vedova assumono la posizione del “guardian”
con il potere di ricevere le rendite del patrimonio immobiliare del figlio ed amministrarle, però
sono più importanti varie persone che curano gli interessi del minore, il potere del “trustee” di
amministrare tali beni esclude il diritto di intervento di altre persone e i genitori possono essre
investiti di tale funzione solo se nominati fiduciari dal donante o dal testatore o, in casi
particolari, dal tribunale.
Non si conosce una regola generale che subordini l’efficacia dei contratti conclusi dal minore
al consenso dei genitori, tali contratti sono efficaci qualora riguardano “necessaries” o rapporti
di lavoro, di insegnamento o formazione che siano a vantaggio del minore.
Anche sul terreno processuale il common law fa a meno del rappresentante legale, gli atti
processuali, ove il minore sia attore, vengono compiuti per conto di lui da un “next friend”
nominato dal tribunale; ove invece il minore sia convenuto, vi è un “guardian ad litem”.
Il tribunale può anche dichiarare il minore “ward of court” in modo tale che è il tribunale stesso
ad assumere la rappresentanza.

4
Si configura l’istituto della rappresentanza quando una persona agisca per conto di un
mandante per porre in essere rapporti giuridici con terzi consentendo in tal modo a
quest’ultimo di partecipare si traffici giuridici senza dover apparire personalmente.
Questa definizione non è però esauriente per il diritto tedesco dove bisogna differenziare
l’ipotesi in cui tale intermediario agisca di fronte al terzo in nome proprio da quella in cui lo fa
in nome altrui. Solo quando il rappresentante renda noto al terzo che il negozio dovrà ritenersi
concluso da altri, gli effetti di tale intermediazione si realizzeranno direttamente nella sfera
dell’altro, solo in tal caso il diritto tedesco parla di “rappresentanza”.
Se il soggetto invece abbia agito in nome proprio sarà esso solo legittimato ed obbligato in
base al negozio concluso anche qualora abbia agito nell’interesse del mandante e senza
avere alcun interesse economico personale.
In Francia il madatario deve agire in nome e per conto del mandante, si riconosce tuttavia che
si tratta di mandato nel senso inteso dal code civil anche qualora il mandatario abbia agito in
nome proprio come se fosse un commissionario.
In un caso del genere gli effetti giuridici si producono direttamente in capo al rappresentato
solo nel caso di mandato con rappresentanza.
Anche il codice civile italiano richiede che l’attività sia svolta in nome e per conto
dell’interessato anche nel caso in cui il terzo sia a conoscenza del fatto che l’incaricato ha
conclus il negozio in nome e per conto del mandante.
Il common law riconosce la distinzione che abbiamo descritta: se un soggetto conclude un
contratto con un terzo per conto del suo principal e nei limiti delle disposizioni di quest’ultimo
in base a tale contratto il principal viene ad essere legittimato e obbligato anche ove
l’incaricato abbia agito in qualità di “undisclosed agent” ossia abbia concluso il contratto in
nome proprio e non abbia reso nota al terzo l’esistenza del principal stesso.

5
Il Common law ha elaborato una serie di regole, che tolgono al principio, che riconosce il
diritto di agire al principal rimasto ignoto, gran parte della sua forza.
Mechem riconduce queste regole al principio guida per cui il terzo, a causa del diritto di agire
del mandante non può trovarsi in una situazione più sfavorevole di quella che si
configurerebbe ove il rapporto contrattuale si svolgesse nei confronti dell’agent.
Chi ha concluso un contratto con un agent senza che conoscesse l’esistenza di un mandante
può far valere nei confronti del mandante tutti i diritti che egli avrebbe potuto opporre all’agent
se questi avrebbe agito contro di lui.
Il diritto di agire, che il common law riconosce al mandante non dichiarato, nella sua
applicazione pratica non contrasta con il principio della tutela degli interessi della circolazione,
principio che negli ordinamenti continentali viene richiamato a sostegno della distinzione tra
rappresentanza “pura” e mera rappresentanza indiretta, ossia per sostenere il principio della
trasparenza.
Negli ordinamenti continentali si rinvengono regole che consentono al soggetto indirettamente
rappresentato di intervenire nel contratto concluso per suo conto dal rappresentante. La
famiglia giuridica romanistica dispone di mezzi come “l’action directe” ed altri istituti che
consentono al mandante di agire nei confronti del terzo che ha contratto con il mandatario.
In italia il mandante, sostituendosi al mandatario può esercitare i diritti di credito derivanti
dall’esecuzione del mandato, al contrario, il diritto tedesco è molto meno incline a consentire
interventi del soggetto indirettamente rappresentato nel contratto per esso concluso dal
mandatario.
Nel diritto tedesco risulta molto più evidenziata la separazione tra il mandato e il negozio del
rappresentante al punto che ogni interazione tra il rapporto interno(tra mandatario e
mandante) e il rapporto esterno(tra mandatario e terzo) sarebbe un’eresia contraria alla teoria
di Laband.
Si afferma che il contratto “per conto di chi spetta” consente di riferire gli effetti obbligatori di
un contratto al mandante interessato semprechè al terzo sia indifferente l’identità della
controparte contrattuale e non gli sia necessaria la tutela assicurata dal principio della
trasparenza.
Il soggetto indirettamente rappresentato può essere legittimato ad agire direttamente verso il
terzo se dalla fattispecie emerge che pur agendo in nome proprio, l’incaricato non in tendeva
acquisire i suoi diritti contrattuali per se stesso, ma per chi lo aveva incaricato.
Sia il code de commerc che l’HGB contengono inoltre norme che consentono al mandante di
intervenire nel contratto posto in essere dal mandatario, in caso di fallimento del mandatario o
esecuzione forzata ed attribuiscono al primo un privilegio sui crediti che l’altro vanta verso
terzi in base al contratto di esecuzione.
Il diritto scandinavo consente, per il contratto di commissione, un’azione diretta del
committente verso il terzo, nel caso in cui il commissionario non abbia ottemperato agli
obblighi nascenti dal contratto di commissione stesso.
6
Riguardo l’azione del terzo nei confronti del mandante non dichiarato in Common law è
opinione comune che il terzo possa agire contro il mandante dopo che questi ha manifestato
la propria identità e semprechè non si provi che il terzo, già al momento della conclusione del
contratto, avesse dimostrato di voler considerare in ogni caso come obbligato solo l’agent.
Non ricorrendo tale eventualità, si pone solo la questione dell’eventuale impossibilità del terzo
di agire verso il mandante, qualora, pur conoscendo l’esistenza del mandante, abbia in
precedenza citato solo l’agent e abbia ottenuto nei suo confronti una sentenza, oppure
indipendentemente da ciò, se mandante non dichiarato ed agent restino solidamente
responsabili nei confronti del terzo.
La prima impostazione ricorre in Gb e negli Usa, questa è del tutto sconosciuta al diritto
tedesco infatti il soggetto che conclude n contratto con un altro che abbia trattato in nome
proprio potrà agire solo verso la propria controparte contrattuale, sappia o no che il negozio è
stato concluso per una terza persona, per questo motivo il terzo non può far altro che
sottoporre a pignoramento il diritto che spetta al mandatario nei confronti del proprio
mandante ad essere rimborsato delle spese sostenute ed eventualmente anche a citarlo per
via di sostituzione.
Anche l’area giuridica romanistica e quella dei paesi nordici seguono tali criteri. In Francia, ad
es. il terzo non può vantare alcuna pretesa direttamente nei confronti del mandante, il codice
civile dispone espressamente che i terzi non hanno alcun rapporto con il mandante, lo stesso
vale per il diritto scandinavo.
In common law invece vige l’opinione contraria, si afferma infatti che il mandante, là dove
abbia autorizzato la conclusione del negozio gestorio e realizzato il tal modo le conclusioni
perché il mandatario si attivi, deve assumere coerentemente anche nei confronti dei terzi le
conseguenze di codesta azione.

Capitolo 2 L’esecuzione del contratto

Azione per l’adempimento ed esecuzione forzata

1
Colui che conclude un contratto confida che l’altra parte lo esegua tuttavia se ciò non avviene
il creditore non può intervenire direttamente ma dovrà far accertare dal tribunale le pretese
derivanti dalla mancata esecuzione del contratto prima di poterle attuare nei confronti del
debitore.
Alcuni debitori però non adempiono ancorché il diritto sia stato accertato sal tribunale o
perché non sono in grado di farlo o perché ritengono di non esserlo o ancora perché non
vogliono, in tal caso lo stato accorre in aiuto del creditore mettendogli a disposizione un
procedimento la cui pretesa viene realizzata con l’impiego di uno strumento di coercizione
senza che abbia alcun rilievo la volontà del debitore, oppure intervenendo su tale volontà con
la minaccia e l’applicazione di strumenti di coercizione.
I vari ordinamenti dispongono di diversi procedimenti a seconda del tipo di bene che deve
essere oggetto di esecuzione, ad es. in Inghilterra il creditore che vuole soddisfare il suo
credito patrimoniale su beni mobili deve ottenere dal tribunale un “writ of fieri facias” e
presentarlo allo “sheriff” che opera in qualità di ufficiale dell’esecuzione, in Germania e in
Francia l’ufficiale giudiziario esegue il pignoramento non appena il creditore abbia ottenuto
una sentenza munita di clausola esecutiva.

2
Nell’area giuridica tedesca il creditore può normalmente far valere dinnanzi al giudice il suo
credito alla prestazione ed ottenere una sentenza di condanna che ordini al debitore di
eseguire il contratto.
Una sentenza di adempimento del contratto in natura può essere pronunciata solo quando
l’adempimento sia ancora possibile per il debitore, al contrario il creditore dovrà accontentarsi
del risarcimento del danno.
Un caso di impossibilità si manifesta anche nell’ipotesi in cui una prestazione debba ,
secondo contratto, essere eseguita entro un certo termine ma il debitore non lo rispetti, alla
scadenza del termini,infatti, la prestazione diventa impossibile ed è da escludere che una
sentenza possa condannare all’adempimento.
Il diritto tedesco, nell’ambito delle diverse pretese derivanti da una sentenza di condanna
all’adempimento, distingue i diversi tipi e prevede per ciascuno di essi rimedi coercitivi
puntuali.
Ad es. riguardo l’esecuzione relativa alla consegna di cose, essa riguarda solo l’ipotesi in cui
l’ufficiale giudiziario sottragga al debitore la cosa mobile e la consegni al creditore, ove invece
la sentenza abbia ad oggetto la condanna ad un facere occorre distinguere: se ciò che il
debitore deve realizzare può essere ugualmente realizzato da un terzo, e cioè ove il
comportamento dovuto non sia strettamente legato alla persona del debitore, l’esecuzione
comporterà che il creditore, su sua domanda, sarà autorizzato dal tribunale a far eseguire la
prestazione e ciò a spese del debitore.
Qualora la prestazione non sia fungibile, perché la pretesa del creditore è realizzabile solo
attraverso un intervento personale del debitore, le misure di esecuzione forzata consistono
nel costringere la volontà del debitore con la minaccia di una sanzione pecuniaria o detentiva,
se ciò nonostante il debitore non adempia viene inflitta la pena detentiva fino a 6 mesi.
Tali misure coercitive non sono applicabili nelle ipotesi in cui il debitore possa eseguire la
prestazione cui è tenuto solo attraverso la collaborazione di un terzo sulla cui volontà egli
non abbia alcuna influenza diretta.
Misure coercitive non sono ammesse neanche nel caso in cui il comportamento del debitore,
oggetto della controversia, presupponga un particolare impegno artistico o scientifico.
Infine sentenze con cui un coniuge, su domanda dell’altro, venga condannato ad un
determinato comportamento al fine di ricostruire le condizione della vita matrimoniale, lo
stesso dicasi per le sentenze che condannano all’esecuzione di prestazioni di lavoro
subordinato.
Qualora il debitore sia stato condannato ad un non fare oppure ad un sopportare si applica il
ZPO e ove il debitore agisca in modo difforme da quanto egli è tenuto a fare, gli sarà irrogata
una sanzione detentiva o pecuniaria a favore dell’erario.

3
Anche nei sistemi romanistici è generalmente conosciuta l’azione per l’adempimento specifico
del contratto, in Francia l’art 1184 Code civil dispone che il creditore, nel caso in cui non
venga adempiuta la prestazione oggetto di un contratto a prestazioni corrispettive, è
autorizzato a chiedere la risoluzione del contratto ed il risarcimento dei danni oppure a
“costringere l’altro ad adempiere al contratto, qualora ciò sia ancora possibile”.
Per il contratto di compravendita troviamo all’art 1610 code civil una particolare disposizione:
il compratore, cui non venga consegnato il bene può agire affinché il venditore lo immetta nel
possesso della cosa.
Allo stesso modo il creditore può ottenere una sentenza che obblighi il debitore ad eseguire la
prestazione di lavoro concordata a produrre le scritture contabili a lasciare libero un alloggio a
nominare un arbitro.
Nel code civil francese si rinviene una disposizione che sembra escludere che il debitore
possa essere condannato ad un fare specifico, è l’art. 1142 code civil che si basa sul principio
per cui nessun soggetto può essere costretto dall’autorità a porre in essere un determinato
comportamento contro il suo volere.ulteriori limitazioni del principio di incoercibilità si trovano
agli artt. 1143 e 1144 code civil in base a quest’ultimo il creditore può far autorizzare dal
tribunale a far eseguire ad un terzo la prestazione dovuta dal debitore ed a spese di questi.
L’art 1143 code civil stabilisce invece che il creditore che vanta nei confronti del debitore una
pretesa ad un non fare può pretendere la rimozione di quanto fatto o prodotto in violazione
dell’obbligo di non fare, si può quindi dire che il diritto francese ammette la condanna
all’adempimento in natura ma l’esecuzione di tale condanna è garantita in forma avara e cioè
sono previste particolari regole per l’esecuzione solo per l’ipotesi di condanna alla consegna
di cose determinate per cui l’ufficiale dell’esecuzione può agire direttamente,non sono
previste disposizioni particolari invece per quanto riguarda condanne a comportamenti o
omission
I di altro genere.
Per eliminare tale insufficienza la giurisprudenza francese ha elaborato un particolare
strumento di coercizione, la cd. “astreinte” in base alla quale, il tribunale, ove condanni il
debitore ad adempiere in natura, può contemporaneamente disporre che esso debba
corrispondere al creditore, per ogni giorno di ritardo nell’adempimento, una determinata
somma di denaro a titolo di “astreinte”.
Si distinguono 2 forme di astreinte, in caso di “astreinte provisoire” il provvedimento ha solo
carattere provvisorio, perché il tribunale quando sia chiamato a determinare l’ammontare
dell’astreinte, non è vincolato alla decisione originaria e può stabilire anche una somma
inferiore a quella minacciata.
In caso di “astreinte definitive” l’originaria decisione giudiziale non è modificabile per ciò che
concerne l’ammontare dell’importo da versare per ogni giorno, il creditore in caso di
persistente inadempimento da parte del debitore può agire in giudizio per ottenere una nuova
astreinte per un ulteriore periodo.
Il significate dellastreinte sta nell’esecuzione di condanne per cui de lege data non esiste
alcun rimedio, inoltre questa trova applicazione anche nel caso di pretese aventi ad oggetto
un non fare ma in tal caso per determinare l’importo dovuto si dovrà far riferimento alla
frquenza con cui il debitore ha violato il proprio obbligo.
La lg 5/7/1972 ha disposta che l’astreinte vada a totale beneficio del creditore ma esclude
ogni dubbio sul fatto che il suo scopo non sia assicurare il risarcimento del danno ma quello
di piegare la volontà del debitore.
Ai sensi dell’art. 5 di detta lg. I tribunali sono autorizzati a comminare un astreinte “per
assicurare l’esecuzione delle loro sentenze2, all’art 6 si afferma che l’astreinte è indipendente
dal risarcimento dei danni.
4
Il Common law prevede in proposito che se non viene eseguita una prestazione dovuta ex
contractu la parte contrattuale delusa si deve limitare ad agire per il “beach of contract”,
quest’azione è diretta al mero risarcimento del danno in denaro.
L’affermazione che il common law non conosce la pratica dell’adempimento in natura vale
solo per il common law in senso stretto perché i giudici dell’equity nella pratica hanno
elaborato alcune regole che hanno attenuato il principio dell’esclusione dell’azione per
l’adempimento, nel caso in cui tale esclusione avrebbe indotto a risultati troppo severi.
In base a tali regole, un soggetto che fosse riuscito a convincere il tribunale dell’equity che lo
strumento giuridico di cui disponeva “at law” era insufficiente, poteva domandare
eccezionalmente l’adempimento del contratto(specific performance).
Condizione fondamentale della condanna alla “specific law” è che l’ordinario risarcimento del
danno si presenti “inadeguato” per il creditore, ma questo motivo non è l’unico per cui si
riconosce la specific law, un altro è che l’esecuzione di una condanna all’adempimento non
comporti maggiori inconvenienti.
La specific performance non è concessa nemmeno qualora il convenuto debba effettuare
prestazioni di lavoro subordinato perché in questo caso sarebbe ridotto ad una sorta di
schiavitù obbligata e le prestazioni imposte sarebbero di dubbia qualità.
Ove il convenuto sia stato condannato ad un determinato comportamento o ad un non fare il
giudice ha a disposizione una serie di strumenti per realizzare quanto disposto nella
sentenza.
In Inghilterra le regole in proposito non sono contenute in una specifica disciplina processuale
ma nelle Rules of the supreme Court, le quali sono state elaborate da un apposito comitato
composto da Lord chancellor, giudici e avvocati di prestigio.
I giudici inglesj si sono riservati il diritto di considerare la mancata ottemperanza ad una
sentenza come un caso di “contempt of court” e di applicare sanzioni detentive o pecuniarie
nei confronti del responsabile.
Il tribuale inoltre può con un “writ of sequestration” disporre che l’intero patrimonio mobiliare e
immobiliare del debitore sia pignorato dall’ufficiale giudiziario, ove al debitore sia stato
imposto di consegnare una cosa mobile il giudice potrà anche emanare un “writ of delivery”
con cui si incarica l’ufficiale giudiziario di sottrarre il bene al debitor e edi consegnarlo al
creditore, la stessa funzione è svolta dal “writ of possession” nel caso in cui il debitore debba
rilasciare un fondo, inoltre il giudice può anche autorizzare un terzo a far eseguire
l’obbligazione del debitore a spese di quest’ultimo.

La violazione del contratto

1
Con l’espressione “violazione contrattuale” si intende far riferimento ad ogni ipotesi in cui la
prestazione effettivamente realizzata non coincide con quella oggetto del contratto.

2
Il codice tedesco no n si basa su un concetto unitario di violazione del contratto ma si
interroga sulle ragioni per cui la prestazione è venuta meno prevedendone 2 : l’impossibilità e
il ritardo.
Impossibilità
Il BGB ha adottato la dottrina dell’ impossibilità elaborata da Mommsen nell’ambito del diritto
comune, in base alla quale un contratto è sempre nullo se, già al momneto della sua
conclusione la prestazione promessa non può essere eseguita da alcuno.
È stata necessaria un’ulteriore distinzione nell’ambito della dottrina dell’impossibilità, così
l’impossibilità iniziale assoluta deve essere distinta dall’impossibilità iniziale soggettiva ove la
realizzazione della prestazione promessa non sia impossibile in assoluto ma lo sia solo per il
promittente.
Fra gli impedimenti che rendono impossibile l’adempimento il BGB distingue quelli “iniziali” da
quelli solo successivamente sopravvenuti, per quanto riguarda l’impossibilità oggettiva
sopravvenuta ciò che rileva è chi debba rispondere di tale impedimento, se responsabile è il
debitore, questi sarà tenuto al risarcimento del danno, se viceversa è il creditore, il debitore,
oltre che essere liberto dal proprio obbligo potrà addirittura pretendere la controprestazione,
se l’impedimento non è da attribuire a nessuna delle parti ambedue saranno liberate.
In questi casi vale il principio per cui il debitore che non adempie alla prestazione contrattuale
risponde qualora non provi che l’inadempimento alla prestazione non dipende dalla sua
responsabilità.
Il principio per cui il debitore deve rispondere solo di quegli impedimenti imputabili a sua colpa
è limitato dal BGB, qualora l’oggetto dell’obbligazione sia determinato solo nel genere il
debitore deve rispondere dell’impossibilità soggettiva anche qualora non possa essere mosso
alcun rimprovero né a lui né ai suoi ausiliari.
La giurisprudenza tedesca ha elaborato una teoria in base alla quale anche nell’ambito del
BGB il debitore può essere eccezionalmente liberato dall’obbligo di effettuare la propria
prestazione qualora l’adempimento, anche se non impossibile, sia realizzabile solo a prezzo
del superamento di difficoltà che vanno oltre il limite dell’impegno insito nell’assunta
obbligazione.
Ritardo nell’adempimento
Quando la prestazione può di per se essere eseguita ma il debitore lascia decorrere il
termine previsto ci si chiede a quali condizioni il creditore possa pretendere il risarcimento del
danno derivato da tale ritardo o possa recedere dal contratto a causa dell’inadempimento e
quindi rifiutare di ricevere la prestazione eventualmente offerta in ritardo.
L’azione per il risarcimento del danno derivante dal ritardo presuppone in Germania che il
debitore versi in mora, perché ciò si realizzi, si richiede che il creditore,dopo la scadenza del
termine, indirizzi al debitore una diffida; solo da questo momento il ritardo diviene rilevante
salvo che il debitore possa provare che esso è stato determinato da una circostanza di cui
egli non debba rispondere.
Anche in Svizzera il ritardo del debitore diviene rilevante solo dopo la costituzione in mora,
indipendentemente dalla colpa del debitore stesso, questi tuttavia non sarà responsabile di
ulteriori danni, non è richiesta costituzione in mora qualora il termine per adempiere la
prestazione sia determinato o determinabile.
La mora del debitore non lo libera dall’obbligo di ricevere la prestazione tardiva, il creditore
può recedere dal contratto o pretendere il risarcimento solo quando abbia invano intimato al
debitore in mora di adempiere entro un congruo termine dichiarando,altresì che una volta
trascorso tale termine, si rifiuterà di ricevere la prestazione.
Il creditore gode di tali diritti solo qualora il debitore sia in ritardo nell’adempimento della
prestazione principale e perciò per distinguere tra prestazione principale e secondarie sarà
necessario avere riguardo dell’interpretazione del contratto.
Qualora il debitore abbia manifestato inequivocabilmente al creditore l’intenzione di non
adempiere il contratto questi potrà far valere i diritti immediatamente, anche prima della
scadenza, indipendentemente da una particolare diffida o intimazione di un termine ulteriore.
Lesione positiva del diritto di credito
Il BGB parte dal presupposto che il giudice in caso di violazione di obbligazioni derivanti da
un rapporto obbligatorio può formulare solo 2 tipi di diagnosi: o si tratta di impossibilità della
prestazione o di ritardo; il debitore in realtà non è solamente tenuto ad adempiere comunque
ne è sufficiente che adempia tempestivamente, il rapporto obbligatorio al contrario fa sorgere
in capo al debitore ulteriori obbligazioni il cui adempimento non può essere ridotto né
all’impossibilità della prestazione, né al ritardo, tali obbligazioni sono pertanto a suo carico
nell’ottica di quella che viene definita come “violazione positiva del diritto di credito”.
Essa è utilizzata anche nei casi in cui , a seguito di una violazione colpevole dei doveri di
protezione scaturenti dal contratto, un contraente abbia subito danni alla persona o alle cose.
Non configura mai inadempimento l’ipotesi in cui il venditore, nell’ambito della vendita di
species consegni una cosa difettosa, in tale ipotesi la dottrina dominante in germania afferma
che anche la prestazione di una cosa difettosa costituisce adempimento del contratto, in
questo caso l’acquirente sarà legittimato a far valere le azioni di garanzia che non
presuppongono una colpa dell’alienante,

3
Le codificazioni romanistiche presentano l’inadempimento di contratti bilaterali come una
fattispecie unitaria, se una parte non adempie alle obbligazioni che ad essa derivano da un
contratto a prestazioni corrispettive, la controparte è autorizzata ad agire affinché il contratto
venga risolto con sentenza.
Il code civil francese presenta una soluzione che risente ancora dell’antica impostazione
secondo cui ogni contratto è concluso sotto la tacita condizione risolutiva del corretto
adempimento delle obbligazioni di ciascuno dei contraenti.
Ciascuna parte contrattuale può dunque scegliere tra due alternative: di far valere la pretesa
all’adempimento o di agire per la risoluzione, salva l’azione per il risarcimento del danno.
Qualora l’attore abbia promosso il giudizio per ottenere l’adempimento potrà chiedere la
risoluzione e il risarcimento del danno ma una volta domandata la risoluzione non può più
chiedere l’adempimento.
L’azione per la risoluzione presuppone che il convenuto non adempia la prestazione posta a
suo carico, a ciò si riconduce non solo il caso in cui il debitore non esegua la prestazione
perché non gli è più possibile, si considera infatti inadempimento anche il ritardo nonché
l’adempimento parziale della prestazione e il fatto che il convenuto non abbia osservato le
obbligazioni contrattuali accessorie.
Il giudice in ogni caso valuta se l’inadempimento sia tanto rilevante da giustificare
l’immediata risoluzione, ciò dipenderà dalle circostanze del caso.
Secondo il diritto francese il giudice ha inoltre la possibilità di assegnare al convenuto un
termine ulteriore per porre in essere la prestazione dovuta, se il convenuto, nel corso del
procedimento, offre ancora di adempiere la prestazione il giudice dovrà verificare se l’attore
preferisca,nonostante tale offerta ottenere la risoluzione.
In linea di principio la risoluzione del contratto presuppone che l’attore abbia diffidato il
convenuto, tale diffida deve avvenire per iscritto e deve essere notificata da un ufficiale
giudiziario.
Il legislatore italiano, nella redazione del codice civile, ha dimostrato di rendersi conto del fatto
che la risoluzione giudiziale è poco utile ed ha quindi previsto che le parti possono convenire
di risolvere il contratto in virtù di una semplice dichiarazione senza chiamare in causa
l’apparato giudiziario.
Inoltre se una parte si è impegnata ad adempiere entro un certo termine la risoluzione del
contratto si verifica in virtù del mero decorso del termine , salvo che la parte interessata abbia
comunicato entro tre giorni alla controparte inadempiente di voler accettare ugualmente
l’adempimento tardivo.
Se una parte non ha affatto adempiuto il contratto o non lo ha adempiuto tempestivamente,
l’interesse della parte a adempiente sarà, rivolto non tanto alla risoluzione quanto soprattutto
al risarcimento del danno.
Si tratta qui di distinguere: la parte adempiente , qualora l’adempimento le appaia ancora
possibile, può considerare la parte ancora vincolata al contratto ed agire per l’adempimento e
per il risarcimento del danno derivante dal ritardo. Se invece dall’insieme delle circostanze
risulta che la controparte non vuole o non può adempiere , viene in considerazione l’azione
per il risarcimento del danno derivante dall’inadempimento che, di regola, è contestuale
all’azione per la risoluzione.
La possibilità di operare tale cumulo dell’azione di risoluzione e di quella per il risarcimento,
risulta direttamente dal code civil che all’art. 1184 riconosce al creditore il diritto a domandare
l’adempimento del contratto.
Viceversa i padri del BGB esclusero la possibilità di cumulare recesso e risarcimento del
danno, affermando che non si poteva pretendere il risarcimento, facendo, allo stesso tempo
venir meno il fondamento di esso cioè il contratto.
L’azione per il risarcimento del danno presuppone che il debitore sia stato messo in mora con
una formale diffida, ulteriore presupposto per l’azione di risarcimento dei danni è che la
circostanza che ha impedito il corretto adempimento possa essere imputata al debitore.
Tutte le regole relative agli impedimenti con effetto liberatorio non valgono per i contratti
aventi ad oggetto una prestazione che risulti impossibile. In quest’ ipotesi gli ordinamenti
romanistici dispongono la nullità di tali contratti.
Negli ordinamenti romanistici assumono grande rilievo pratico le azioni per il risarcimento del
danno che si fondano su un adempimento inesatto delle obbligazioni contrattuali .
Appartengono a questa categoria le fattispecie in cui vengono procurati danni in seguito ad
un trattamento medico sbagliato a tal proposito la giurisprudenza francese ha sviluppato
un’interessante teoria in base alla quale si opera un distinzione a seconda che l’obbligazione
contrattuale violata configuri una “obligation de resultat” o una “obligation de moyens”, nel
primo caso, la parte ha il dovere di realizzare un determinato risultato e se non lo realizza è
tenuta al risarcimento, qualora non sia in grado di provare che il mancato risultato deve
essere attribuito ad una causa ad essa non imputabile, la quale, può derivare a sua volta da
una caso fortuito o dalla colpa della stessa vittima o ancora dal fatto di un terzo.
Qualora invece si tratti di un “obligation de moyens” spetterà al danneggiato provare che il
danno è derivato da un comportamento colpevole dell’altra parte contrattuale.

4
Il common law adotta un’impostazione opposta, configura infatti il contratto obbligatorio come
una promessa di garanzia, riconosce quindi al creditore solo un’azione per il risarcimento del
danno a causa di “beach of contract” ossia per la mancata osservanza della garanzia
contrattualmente assunta.
Nel common law non rileva quindi che il debitore sia del tutto inadempiente o adempia con
ritardo o in modo inesatto, rileva che egli non realizzi il risultato convenuto, che la garanzia
assunta non sia rispettata e si realizzi la fattispecie del “beach of contract”.
Se un parte non adempie agli obblighi che le derivano dal contratto la parte adempiente ha
diritto al risarcimento per “beach of contract” in particolare quando la clausola contrattuale sia
essenziale.
La questione se una disposizione contrattuale sia “essenziale” viene trattata nella
giurisprudenza inglese con riferimento ai concetti di “warranty” e “condition”, ogni promessa
contrattuale configura infatti un “warranty”, se poi tale promessa non viene mantenuta la
controparte è autorizzata a chiedere il risarcimento del danno per “beach of contract” ma
deve effettuare l’adempimento della prestazione a suo carico.
La parte adempiente potrà invece sciogliersi dal vincolo contrattuale solo qualora la promessa
non mantenuta dall controparte si configuri come “condition” anche quando, in base alle
circostanze, tale promessa risulti particolarmente importante per l’esecuzione del contratto.
Negli usa il Restatement Contracts riconosce alla parte contrattuale un azione per il
risarcimento dei danni a causa dell’inadempimento dell’intero contratto(total beach) nella
misura in cui essa sia autorizzata a considerare rivolte le sue prestazioni ancora dovute, tale
ipotesi si verifica ove l’indempimento contrattuale ad opera della controparte configuri una
“material failure of performance”.
Nella prassi accanto ai casi di parziale e inesatto adempimento sono particolarmente
significativi i casi in cui una parte contrattuale non esegue nella sua totalità la prestazione
dovuta o non la esegue nel termine, in tal caso il common law non fa alcuna distinzione tra
“impossibilità” e “ritardo”, considera,piuttosto, la determinazione del tempo come una clausola
contrattuale identica a tutte le altre la cui violazione conferisce alla parte adempiente la
legittimazione ad agire per il risarcimento del danno e il diritto a recedere dal contratto
stesso.
I tribunali dell’equity hanno elaborato una norma meno severa in base alla quale , anche in
tali casi, il giudice può verificare se le parti abbiano effettivamente attribuito un significato così
decisivo alla determinazione del momento dell’adempimento.
Qualora non si possa evincere dal contratto che il termine sia essenziale, il debitore avrà
l’obbligo di adempiere la propria prestazione in un termine ragionevole , in realtà anche in
questo caso il creditore è legittimato a recedere dal contratto senza dover attendere il
momento in cui abbia intimato al debitore di adempiere e abbia stabilito un termine a tale
scopo.
Qualora in un contratto non sia previsto un termine essenziale per adempiere la parte è
legittimata ad indicare al debitore il termine per l’adempimento, se il tribunale considera
ragionevole tale termine la scadenza di esso viene intesa come “of the essence of the
contract” con la conseguenza che una volta decorso invanoil creditore può considerare il
contratto risolto.
Il common law prevede una particolare categoria di casi di “violazione contrattuale anticipata”,
di regola,in caso di inadempimento di una promessa contrattuale, solo ove sia decorso il
termine stabilito per nel contratto per l’esecuzione della prestazione, una parte può far
valere i propri diritti, se però la controparte, già prima del decorso di tale termine lascia
intendere che non intende adempiere il contratto, la parte può inchiodarla a tale
comportamento considerandolo come “beach of contract” cioè può considerare risolto il
contratto ed agire per il risarcimento dei danni.
La parte non è tuttavia obbligata ad agire in tal modo, essa può anche tenere fermo il
contratto, attendere il termine per l’adempimento della prestazione e agire per il risarcimento
del danno.
In presenza di determinate condizioni, tuttavia, il debitore può ritenersi libero dalla propria
responsabilità a titolo di garanzia anche nel caso di impedimenti sopravvenuti alla
conclusione del contratto.
Ciò ha luogo qualora l’adempimento del contratto presupponga che la cosa specifica oggetto
del contratto continui ad esistere fino all’adempimento, ma essa sia perita per caso fortuito
prima del momento per esso stabilito; in queste fattispecie il giurista tedesco parla di
“impossibilità sopravvenuta”.

Lo scioglimento del contratto per il mutamento di circostanze rilevanti

1
Ogni genere di inadempimento del contratto configura una violazione contrattuale di cui il
debitore deve rispondere.
Tale regola non vale qualora per il debitore sia stato impossibile adempiere alle obbligazioni a
suo carico a causa del verificarsi di circostanze la cui sopravvenienza non ricade nella sua
sfera di responsabilità.

2
Da secoli la dottrina giuridica continentale conosce il problema del possibile venir meno del
vincolo contrattuale in virtù di una modificazione successiva delle circostanze, esso in dottrina
ha trovato espressione nella cd. Clausula rebus sic stantibus secondo cui il mantenimento
del contratto in relazione al suo scopo dovrebbe dipendere dal perdurare delle circostanze
che ne avevano accompagnato la conclusione.
Essa è stata poi trafusa nel Codex Maximilianeus Bavaricus Civilis e soprattutto
nell’Allbemeine preubische Landrecht del 1794, nella dottrina del diritto comune la clausola
rebus sic stantibus non si è però imposta, solo circa a metà del XIX sec. Windscheid elaborò
la sua “teoria della presupposizione” con cui le ipotesi di modificazione delle circostanze
tornavano ad essere prese in considerazione.
Un soggetto conclude un contratto nel presupposto “che l’effetto giuridico desiderato debba
permanere solo in presenza di un certo stato dei loro rapporti”.
Bisogna rilevare come il permanere degli effetti contrattuali , se giustificato formalmente non
lo sia dal punto di vista sostanziale, il contraente interessato qualora il presupposto venga a
mancare potrà pretendere l’annullamento del contratto.
Non tutte le idee di Windscheid hanno lasciato un’impronta nel BGB così appunto la teoria
della presupposizione si scontrò con la critica di Lenel, il quale obbiettò che la
presupposizione non costituiva altro che una via di mezzo tra il motivo di una sola parte non
manifestato e la condizione reciprocamente convenuta, di conseguenza non poteva essere
accettata.
Le idee di questo autore sono state seguite dalla commissione per la revisione del progetto
del BGB che dichiarò che la teoria pregiudicava la sicurezza dei negozi e lasciava temere una
confusione tra presupposizione e motivo.
Quando però la giurisprudenza tedesca si venne trovare sempre più spesso difronte a casi di
sopravvenuto mutamento delle circostanze, dovette rinvenire da se soluzioni eque che non le
erano fornite dal legislatore, essa si fondò in primo luogo sulla lettera stessa del BGB
definendo “impossibile” anche la prestazione rispetto a cui si fosse manifestata una mera
impossibilità economica.
A tale proposito si possono riscontrare due gruppi di decisioni: nel primo il Reichsgericht ha
definito “economicamente impossibile” quella prestazione che, a seguito di vicende belliche, o
altre difficoltà, finirebbe con l’avere un contenuto diverso da quello che aveva inizialmente.
In un'altra serie di decisioni il Reichsgericht ha ritenuto sciolto il venditore dalle sue
obbligazioni contrattuali, a causa dell’impossibilità economica della prestazione perché non si
poteva pretendere da esso il rifornimento della merce.
La dottrina tedesca già in passato aveva tentato di elaborare una teoria generale in grado di
servire alla giurisprudenza come riferimento per le sentenze che si sono confrontate con il
problema della modifica delle circostanze, il più importante di questi tentativi si riscontra nella
teoria di Oertmann sul “fondamento negoziale” tale teoria prevede che il vincolo contrattuale
può venir meno qualora le aspettative , i progetti o le supposizioni delle parti vengano frustrati
a seguito della successiva evoluzione delle circostanze.
Oertmann esige però che l’aspettativa (successivamente delusa) nell’ulteriore evoluzione
delle circostanza sia propria non solo del soggetto che più tardi vorrà liberarsi dal vincolo
contrattuale ma che essa sia comune ad ambedue le parti o che, pur essendo propria di una
sola sia stata manifestata al momento della conclusione del contratto ed il suo significato sia
riconosciuto e non contestato dall’altro contraente.
È evidente che la teoria di Oertmann è inutilizzabile nei casi di sopravvenuto mutamento delle
circostanze ossia quelli in cui il mutamento non poteva essere previsto dalle parti al
momento della conclusione del contratto.

3
La dottrina francese ha effettuato vari tentativi nel senso di attribuire rilevanza giuridica alle
circostanze sopravvenute,un ulteriore tentativo di introdurre nel diritto francese il principio del
mutamento delle circostanze venne effettuato dalla corte d’appello di Aix che dichiarò
ammissibile la modifica dei contratti in considerazione del mutamento delle circostanze.
Dopo la prima guerra mondiale la legge Faillot consentì ai giudici di risolvere i contratti di
fornitura stipulati prima della guerra e di riconoscere il diritto al risarcimento del danno, gli altri
paesi di diritto romanistica hanno rifiutato di seguire l’esempio francese ad es. l’italia nel
codice civile prevede un’espressa disposizione in ordine agli effetti della modificazione delle
circostanze, in base a tali norme un contratto, la cui esecuzione è differita o continuata o
periodica può essere risolto dal giudice su istanza della parte qualora l’adempimento risulti
per la parte stessa eccessivamente oneroso a causa del verificarsi di avvenimenti
straordinari e imprevedibili.
Questa regola generale subisce 2 ordini di deroghe: non è data risoluzione qualora
l’aggravamento sopravvenuto si mantenga nell’ambito dell’alea normale del contratto, inoltre
l’altra parte può evitare la risoluzione del contratto offrendo un’equa modificazione delle
condizioni contrattuali.

4
La dottrina inglese in tema di effetti del mutamento delle circostanze sul contratto ha distinte
origini, permane qui un contrasto di opinioni sul fatto se il giudice debba decidere tali
questioni attraverso l’interpretazione del contratto o disponendo di ciò che ad esso appaia più
ragionevole ed equo a seconda delle circostanze del caso.in base alla prima impostazione il
giudice deve verificare quale accordo le parti avrebbe aggiunto qualora avessero potuto
prevedere e inserire nel loro contratto la circostanza realizzatasi successivamente.
L’altra impostazione consente al giudice di modificare o risolvere il contratto secondo equità,
in concreto però non rileva quale tra queste 2 formule vada applicata nel caso specifico.
Negli Usa si distingue a seconda che le circostanze sopravvenute rendano la prestazione
impossibile o più difficile oppure facciano apparire l’adempimento della prestazione privo di
scopo.
Al primo gruppo di casi tipici appartengono non solo le situazioni in cui la prestazione
diventa impossibile del tutto per il debitore ma anche quelli in cui il debitore può in effetti
ancora adempiere ma la prestazione risulta eccezionalmente difficile o costosa.
Si riconosce che la maggior onerosità della prestazione non costituisca “impracticability”,
dipenderà piuttosto dalle circostanze concrete che hanno provocato detta maggior onerosità.
Diversamente da quanto accade in Inghilterra il contratto di “frustration” viene limitato negli
Usa ai casi in cui la parte possa ancora ricevere la prestazione dovutale ma questa è ormai
divenuta per esse priva di valore.

L’arricchimento senza causa

2
Riguardo le azioni derivanti dall’ingiustificato arricchimento, il BGB tedesco e l’Or svizzero ne
trattano la disciplina in una sezione particolare che sia apre con una norma generale: “chi
ottiene qualcosa senza un fondamento giuridico per mezzo della prestazione di un altro o in
altro modo è tenuto alla restituzione”.
Il Bgb distingue a seconda che il trasferimento patrimoniale privo di causa sia avvenuto “per
mezzo della prestazione altrui” o “in altro modo”.
Si ci chiede altresì se il trasferimento patrimoniale sia avvenuto “senza causa” cioè se
l’accipiens possa far valere, nei confronti di chi effettua la prestazione, un valido rapporto
obbligatorio o una qualche pattuizione che lo autorizzino a trattenere quanto ricevuto.
Secondo il BGB la restituzione di una prestazione effettuata sine causa non è ammessa
qualora l’autore sapesse di non esservi tenuto, il diritto svizzero e quello austriaco invece
dispongono che il soggetto che ha effettuato una prestazione indebita ha diritto di richiedere
la restituzione solo nel caso in cui versasse in errore circa il suo dovere di adempiere.
È inoltre esclusa la restituzione ove la prestazione sia avvenuta in adempimento di un dovere
morale o di un debito prescritto o di un debito a fronte del quale può farsi valere un
eccezione. Il debitore convenuto per l’adempimento della prestazione avrebbe potuto
opporvisi con successo ma nel caso in cui abbia volontariamente adempiuto non potrà più in
seguito pretendere la restituzione.
Solo in Germania si possono riscontrare dei casi che vengono risolti con l’azione di
giustificato arricchimento, sono le ipotesi in cui il principio dell’astrazione consente che un
soggetto diventi proprietario di un bene o titolare di un credito ancorché il contratto
obbligatorio in virtù del quale quel bene gli era stato trasferito o il credito gli era stato ceduto,
fosse efficace.
La “leistungskondiktion” è diretta verso il soggetto cui l’attore ha effettuato la prestazione
senza causa, il fatto che il solvens possa agire solo nei confronti del suo avente causa si
fonda su un principio di equità: egli, al momento della conclusione del contratto, ha confidato
esclusivamente nella capacità di adempimento di quest’ultimo, se questa fiducia viene meno
sarà colui che ha effettuato la prestazione a dover sopportare le conseguenze risultando poi
indifferente se colui che ha ricevuto la prestazione non possa corrispondere il corrispettivo
convenuto oppure non possa restituire il valore dell’arricchimento.
Presupposto dell “leistungskondiktion” è sempre la prestazione ossia lo spostamento
patrimoniale voluto da chi l’ha effettuata, spostamento che ,di conseguenza, dovrà essere
rimosso in quanto il rapporto contrattuale che ne era alla base si era rivelato ab initio invalido
o sia successivamente venuto meno.
Vi è infine il caso dell’arricchimento che si verifica non attraverso la prestazione altrui ma “in
altro modo” cioè quando un soggetto fa uso di cose o diritti altrui, li mette a profitto o li
consuma, senza averne titolo nei confronti del proprietario o del titolare del diritto.
Qualora l’intrusione nel diritto altrui sia avvenuta con colpa, il titolare ha azione per il
risarcimento del danno illecito, anche nel caso in cui questa intrusione nel diritto altrui sia
avvenuta senza colpa colui che l’ha realizzata è tenuto a rivalere il titolare del diritto del
valore economico corrispondente all’uso effettuato del diritto altrui, si parla in germania di
“eingriffskondiktion”.
Un caso di tal genere si verifica anche qualora un soggetto alieni una cosa altrui in modo tale
che l’acquirente ne diventi proprietario, in questo caso colui che ha perso la proprietà a
seguito dell’alienazione può pretendere dall’alienante quanto quest’ultimo abbia ottenuto dal
terzo a titolo di corrispettivo.

3
Il Code civil francese non contiene alcuna disposizione generale circa il rimedio contro un
arricchimento ingiustificato, ciò viene ricondotto al fatto che il Pothier , le cui opere hanno
influenzato la disciplina delle obbligazioni contenuta nel code civil, non tratta unitariamente
l’azione di arricchimento, ma si occupa più dettagliatamente della sola condicio indebiti.
Nella seconda metà del XIX sec. La giurisprudenza francese divenne sempre più
consapevole che le regole contenute nel code civil non erano sufficienti per risolvere i casi di
ingiustificato arricchimento.
Disposizioni più specifiche sull’azione per la restituzione si trovano agli artt. 1376 ss. Code
civil inserite nella disciplina del quasi - contratto.
In base a queste norme è necessario innanzitutto che per mezzo del “pagamento” si sia
verificato un arricchimento dell’accipiens, si richiede inoltre che la prestazione sia avvenuta
in esecuzione di un’ obbligazione che in realtà non esiste o non esiste più, infine si richiede
che la prestazione sia avvenuta da parte di chi ritenesse erroneamente di esservi obbligato
ma nel caso in cui l’errore sia dipeso dalla colpa del soggetto stesso, la restituzione è esclusa
quando chi ha ricevuto il pagamento ha ottenuto esattamente quanto dovutogli dal suo vero
debitore.
Diverso è invece il caso in cui la prestazione non fosse dovuta da alcuno: qualora ad es. un
soggetto abbia ricevuto dalla cassa di previdenza un pagamento non dovuto, egli dovrà
restituirlo anche nel caso in cui l’accettazione dell’obbligo di pagamento non dipendesse da
una colpa della cassa stessa; nel caso in cui però l’obbligo di restituzione comporti un danno
all’assicurato, l’importo da restituire dovrà essere diminuito.
La restituzione è anche ammessa nel caso di prestazioni per cui il soggetto che le ha
effettuate sapesse di non esservi tenuto ma abbia pagato perché costrettovi dalle circostanze
cioè non spontaneamente.
La restituzione di prestazioni effettuate spontaneamente è esclusa tanto dal diritto francese
che da quello italiano, il diritto francese risolve un gran numero di casi con la “repetition de
l’indu” casi in cui il diritto tedesco riconoscerebbe una “leistungskondiktion”, sono però da
rinvenire alcune fattispecie che non possono essere risolte con il rimedio del pagamento
dell’indebito, si segnalano i casi della ripetizione di quanto ottenuto a seguito di un servizio
prestato senza causa oppure l’ipotesi in cui lo scopo contrattuale non si è realizzato o i casi di
“acquisto per l’intrusione del diritto altrui” e soprattutto i casi di “actio de in rem verso” in cui la
prestazione di cui si chiede la ripetizione è stata prima indirizzata ad una persona intermedia
e da questa è pervenuta al convenuto, qui interviene l’azione generale di arricchimento.
Per accogliere l’azione gene rale di arricchimento è necessario che sia avvenuto uno
spostamento patrimoniale, un ulteriore requisito è che lo spostamento patrimoniale sia
avvenuto “senza causa legittima” ciò avviene quando lo spostamento non si fondi su un
contratto valido.
La giurisprudenza francese ha poi elaborato una serie di presupposti ulteriori che limitano
l’ambito di applicazione dell’azione generale di arricchimento, la dottrina riconduce tali
presupposti al concetto di “subsidiaritè de l’action de in rem verso” , si afferma così che
l’azione di arricchimento ha carattere sussidiario rispetto ad altri rimedi che il soggetto può
esercitare.

4
In Inghilterra al contrario di ciò che avviene negli ordinamenti dell’Europa continentale, né il
legislatore né la giurisprudenza hanno elaborato un’azione generale di ingiustificato
arricchimento.
Il diritto inglese non individua gli elementi di una fattispecie generale ed onnicomprensiva di
arricchimento senza causa, bensì verifica se il caso concreto non rientri in una delle molte
azioni in minor parte riconducibili alla giurisprudenza dell’equity ed in maggior parte elaborate
“at law”: azioni che, in Inghilterra, vengono abitualmente ricondotte alla categoria dei “quasi –
contracts”.
In Inghilterra non è finora dato riscontrare alcun tentativo diretto a ricondurre i diversi casi
tipici ad un fondamento giuridico unitario.
Volendo esaminare i più importanti tipi di casi in cui il diritto anglo – americano riconosce i
diritti derivanti dall’arricchimento si po’ costatare che la distinzione tra “leistungskondiktion” e
“einggriffskondiktion” si adatta anche alla configurazione del common law, così infatti anche
Goff / Jones distinguono i diversi gruppi di casi a seconda che il convenuto abbia conseguito
l’arricchimento “dell’attore o a causa di un azione di questi” il che corrisponde alla
“leistungskondiktion” tedesca oppure l’abbia conseguito “ a causa della sua propria errata
condotta” cosa che corrisponde alla “eingriffskondiktion”.
Riguardo i casi in cui l’attore agisce per la restituzione di quei vantaggi patrimoniali che il
convenuto ha ricevuto “dall’attore stesso o a causa di un atto da lui compiuto”, un primo
gruppo è costituito da quelle fattispecie in cui la prestazione è stata effettuata nell’erronea
considerazione della sussistenza di un debito, un secondo gruppo è costituito da quelle
prestazioni che sono state effettuate a seguito di una coercizione.
Un ulteriore gruppo è costituito dai casi in cui l’attore ha effettuato la prestazione in base ad
un contratto che però a causa di errore , difetto di capacità di agire, mutamento delle
circostanze di fatto, inadempimento o contrarietà alla legge o al buon costume, o per diverso
motivo, non è validamente sorto o è successivamente venuto meno.
In Common law hanno poi acquistato un grande rilievo pratico quei casi in cui il convenuto ha
ottenuto il vantaggio patrimoniale a seguito di un’erronea condotta da lui stesso posta in
essere, in questi casi il common law consente al titolare del diritto di prescindere dall’azione
per il risarcimento del danno che di per se gli spetterebbe e chiamare in giudizio il
danneggiante per la restituzione di quei vantaggi patrimoniali conseguiti attraverso l’illecito.
Le regole del diritto anglo – americano circa la restituzione dell’arricchimento ingiustificato
sono state elaborate dalla giurisprudenza delle Corti di Common law, però anche i tribunali
dell’equity hanno elaborato istituti giuridici che svolgono funzioni analoghe e di conseguenze
sono stati presi in considerazione sia nel Restatement che nel manuale di Goff – Jones,
fanno parte di questa serie di istituti il “constructive trust” e “l’equitable lien”.
Il trust configura un rapporto giuridico in cui il soggetto è titolare di un diritto ma è tenuto ad
amministrarlo come fiduciario a favore di soggetti beneficiari, di solito un trust di tal genere
sorge per accordi negoziali tra le parti, al contrario il “constructive trust” sorge in quanto la
legge stessa configura un soggetto come trustee nell’interesse di un altro soggetto.
Tanto rispetto al trust che al “constructive trust” spetta ai soggetti beneficiari un diritto quasi
reale sull’oggetto del trust, tale diritto è tale che in caso di fallimento del trustee possono
chiedere la separazione del bene o quanto ricavato dalla vendita a titolo di surrogato.
In Inghilterra si insiste che un constructive trust si configura solo qualora un soggetto si trovi
nei confronti dell’altro in una relazione di fiducia mentre negli Usa è il contrario, infatti qui il
constructive trust è utilizzato come strumento da applicarsi in tutti casi in cui il convenuto sia
titolare di un bene, convenuto sì nel suo patrimonio, ma da questo distinguibile, oggetto che ,
se da lui trattenuto determinerebbe a suo vantaggio un ingiustificato arricchimento in danno
all’attore e che perciò è tenuto a restituire.

Il fatto illecito

Principi generali

1
Tanto il diritto dei contratti come quello dell’atto illecito si occupano della questione riguardanti
i presupposti in base ai quali un soggetto potrà chiedere il risarcimento del danno consistente
nel pregiudizio arrecato ai suoi interessi.
La disciplina contrattuale è operativa per un settore limitato, consentendo un risarcimento
dell’attore solo ove questi siai stato deluso nella sua legittima aspettativa relativa
all’adempimento della controparte.
Al contrario la disciplina dell’illecito extracontrattuale si occupa di casi in cui il pregiudizio
dell’attore non consiste nella delusione subita ma nella lesione di uno dei suoi molteplici
interessi, funzione della disciplina dell’illecito extracontrattuale è di individuare, nella massa
degli avvenimenti che si risolvono in fatti dannosi, quelli per cui il danneggiato è legittimato ad
addossare ad un altro soggetto il pregiudizio subito.
2
Prima dell’entrata in vigore del Burgerliches Gesetzbuch il diritto tedesco presentava un
panorama molto vario in tema di responsabilità per fatto illecito, ma non si rinunciò mai al
requisito per cui oggetto del danno doveva essere un bene corporale, un più generale danno
patrimoniale poteva essere risarcito solo attraverso l’actio doli che presupponeva il dolo da
parte del danneggiante.
L’attuale BGB non prevede alcuna norma generale circa l’obbligo di risarcimento del danno
derivante da illecito, il legislatore ha invece optato per un’impostazione tripartita delle
fattispecie di atto illecito cho oggi sono configurate nei 2 commi del 823 – 826 BGB.
L’art 823 I comma BGB ha per oggetto l’ipotesi in cui un soggetto abbiia illecitamente e con
colpa danneggiato determinati beni giuridici altrui, secondo l’opinione dominante è
antigiuridica ogni intrusione di ciascuno nei beni giuridici indicati all’art 823 co.I semprechè
l’azione dell’autore non sia eccezionalmente giustificata da una particolare causa .
L’azione colpevole sussiste invece quando il soggetto abbia agito intenzionalmente o con
negligenza.
In sintesi quando un soggetto viola illecitamente e con colpa uno dei beni giuridici indi all’art
823 co. I BGB deve risarcire tutti i danni derivanti alla vittima come ulteriore conseguenza
della sua azione.
La responsabilità ex art. 823 co.II BGB sorge in virtù della violazione colpevole di una “norma
che mira alla tutela dell’interesse di un soggetto”, norme di protezione sono tutte quelle del
diritto privato e pubblico che secondo il loro contenuto e scopo mirano alla tutela del singolo o
di una determinata categoria di persone e non solo di un interesse generale.
L’art 826 BGB definisce la terza fattispecie tipica di illecito civile prevista dal BGB, in base a
questa norma è tenuto al risarcimento del danno quel soggetto che “agendo in modo non
conforme al buon costume, provoca intenzionalmente un danno ad altri”
È tenuto al risarcimento colui che convince dolosamente l’alienante a trasferire a lui il bene
già alienato ad un altro soggetto ma a questi non ancora consegnato; il socio che, alle spalle
degli altri soci, concluda privatamente negozi riservati alla società; anche colui che imita
servilmente il prodotto altrui non tutelato secondo la disciplina delle invenzioni ecc.

3
Nel Common law la disciplina dell’illecito extracontrattuale ha preso l’avvio da alcune
fattispecie tipiche anche se il tribunale ha adattato la disciplina dell’illecito alle mutate
condizioni economiche, statuendo così l’obbligo di risarcire un danno anche lì dove fino a
quel momento non vi era.
Nella disciplina attuale le fattispecie tipiche di atto illecito, consolidatesi nell’azione di trepass
to the person (l’assault, il battery e il false imprisonment) sono collegate esclusivamente ad
un atto doloso del danneggiante.
Non è diversa la soluzione se si prendono in considerazione i rimedi forniti dalla disciplina
dell’illecito extracontrattuale per la tutela contro il pregiudizio arrecato ai diritti dell’attore sulle
cose mobili, a tale fine il Common law mette a disposizione tre fattispecie di illecito, si tratta
del trepass to chattels, del detinue e del conversion.
La fattispecie più importante è quella del conversion, essa si applica quando il convenuto
abbia intrapreso, in relazione ai beni mobili dell’attore, azioni non compatibili con il di diritto di
proprietà di quest’ultimo.
Presupposto per la responsabilità a titolo di conversion è il fatto che il danneggiante abbia
compiuto il suo atto sul bene altrui consapevolmente e volontariamente.
Il tipo di illecito che invece ricorre più frequentemente nella prassi è la fattispecie del
negligence, il tipo di responsabilità definito negligence è stato riconosciuto solo nel XIX sec.
Come titolo autonomo per il risarcimento del danno aquiliano.
“Negligence” indica la mancanza di diligenza, trascuratezza o disattenzione, il termine
“negligence” utilizzato utilizzato per definire la fattispecie di illecito recante lo stesso nome,
vuole indicare un insieme di requisiti in virtù dei quali un soggetto può essere chiamato a
rispondere di un danno da lui non intenzionalmente provocato.
Appartiene a questi requisitiquello per cui al danneggiante è imposto il dovere di adottare un
comportamento diligente (duty of care) e ciò nell’interesse di quella cerchia di persone a cui
appartiene il danneggiato.
Si richiede inoltre che possa essere imputata al danneggiante una violazione (breach) di
questo dovere di diligenza, infine il danno per cui si richiede il risarcimento (damage o injury)
deve configurarsi come una conseguenza ragionevolmente attribuibile al comportamento
imprudente del danneggiante.
I tre più importanti requisiti della responsabilità per negligence sono duty, beach e damage.
Negli Usa non si è formato un indirizzo unitario su questo problema, la giurisprudenza, per
caratterizzare le conseguenze dannose attribuibili al danneggiante si serve delle espressioni
più diverse: tali conseguenze debbon0o poter essere considerate “direct” o “foreseeable” o
ancora come “the natural and probabile conseguence”.
Non si sono imposte teorie che presentino una valenza generale.
Il Common law per fondare la responsabilità per danni non intenzionalmente provocati, non
esige solo il requisito della colpa ma altresì che il responsabile abbia violato un preciso
dovere di diligenza (duty of care)su di esso incombente.
L’azione di risarcimento per negligence viene fatta velere in casi in cui l’attore è stato ferito
nella sua persona o ha subito danni alla sua proprietà, tuttavia si ignora in Common law un
principio generale tale da escludere la responsabilità per negligence in caso di mero danno
economico.

4
La disciplina che il diritto francese riserva all’illecito è descritta in soli 5 articoli del code civil
che sono in vigore da ben 160 anni, al vertice di tali di disposizioni troviamo la clausola
generale dell’ art. 1382 : “un uomo è obbligato a riparare tutto quello che fa e che provochi
un danno ad altri.”il Code civil non si esprime minimamente sul significato di “dommage”
(danno) di cui all’art. 1382, non stupisce quindi che la disciplina francese moderna sul fatto
illecito sia opera dei giudici.
Il primo presupposto della responsabilità civile per fatto illecito sta nel danno che un soggetto
abbia subito.
Non rileva nemmeno rispetto a quale bene giuridico sia stato cagionato il danno , anche colui
che con semplice colpa provochi un mero danno economico è in principio responsabile.
A norma dell’ art 1382 del Code civil, un ulteriore requisito per il risarcimento del danno
aquiliano consiste nel fatto che il danno deve poter essere ricondotto ad un comportamento
scorretto “una faute” del convenuto.
Il code civil non contiene però una definizione di tale concetto, in dottrina sono state elaborate
diverse teorie a tal scopo ma la dottrina più fedele alla posizione della giurisprudenza è quella
portata avanti da Mazeaud /Tunc i quali distinguono “faute delictuelle” e “faute quasi –
delictuelle”, la prima sarebbe caratterizzata dalla volontà dell’autore di causare un danno, a
seconda invece consiste in “un errore di comportamento tale che non sarebbe stato
commesso da una persona accorta, posta nella stessa situazione oggettiva in cui si trova
l’autore del danno”.
i giuristi francesi non distinguono però tra antigiuridicità e colpevolezza perché ambedue
sfociano nel termine “faute”.
Meritano però particolare attenzione quelle fattispecie in cui la giurisprudenza francese
individua il comportamento scorretto dell’autore del danno nel fatto che ad esso possa essere
rimproverato un abuso di diritto(abus d’un droit), appartengono a tale categoria i casi in cui un
soggetto eserciti un diritto che di per se gli spetta ma con l’intenzione di cagionare ad altri un
danno.
Terzo requisito della responsabilità per fatto illecito accanto al “dommage” e alla “faute” è la
presenza di un “lien de causalità” (nesso causale). Tra il comportamento viziato del
convenuto e il danno subito dall’attore deve sussistere un collegamento di causa ed effetto.
Tale collegamento manca qualora il danno non sia da ricondurre al comportamento
dell’autore ma ad una “cause etrangerè” (forza maggiore), anche la colpa del danneggiato
stesso nonché l’intervento di un terzo sono considerati “cause etrangerè” quando il
danneggiante non potesse prevederli, qualora però il giudice non ritenga che la forza
maggiore, la colpa propria del danneggiato, o il comportamento del terzo non siano tali da
interrompere il nesso causale, ma abbiano cmq contribuito alla produzione del danno, ha
luogo una riduzione del risarcimento.

La responsabilità per fatto altrui

1
Il principio di colpevolezza si basa sull’idea che sussiste un motivo sufficiente per porre il
danno a carico dell’autore stesso, il comportamento colpevole deve provenire personalmente
dal convenuto.
Il convenuto è inoltre tenuto a rispondere nei riguardi dell’attore anche per il comportamento
di un terzo, nella misura in cui tale comportamento debba essergli impugnato, dal momento
che egli si è servito per eseguire una determinata attività nel corso della quale l’attore è stato
danneggiato da un’azione, intenzionale o negligente, di un terzo.

2
Nell’area giuridica tedesca la responsabilità del padrone o del committente per i danni causati
dai propri dipendenti è da porre in relazione col fatto che il dipendente stesso sia in colpa nell
produzione del danno.
Tale impostazione non è rimasta intatta, infatti si sono avute limitazioni; ad es.la lg. Imperiale
del 1871 sulla responsabilità civile ha introdotto la responsabilità aoogettiva del gestore di
una ferrovia ma ha disposto snche che colui che gestisce una miniera , una cava o una
fabbrica risponde anche senza colpa per il danno colposamente arrecato alle persone dai
propri dirigenti nell’esercizio dell’attività d’impresa.
Tra gli autori del BGB si è imposta la soluzione secondo cui la responsabilità per gli ausiliari
dipende dall’esistenza di una colpa in capo allo stesso mandante.
Il diritto austriaco si discosta su punti importanti da quello tedesco e svizzero, in linea di
principio, anche nel diritto austriaco è necessaria la colpa personale del mandante;
diversamente tuttavia da quanto disposto dal BGB si addossa l’onere della prova sul soggetto
che ha subito il danno.
Solo nel caso in cui l’ausiliario sia “untuchtig” il mandante risponde anche senza che ne
venga accertata la colpa.
Ai sensi del BGB la responsabilità del preponente sta nel fatto che l’ausiliario deve aver
provocato il danno “nell’esercizio della missione affidatagli”, a tal fine è sufficienteche questo
atto rientri nel complesso delle attività che l’esercizio di quelle funzioni conporta.
Qualora risulti che l’ausiliario abbia provocato il danno nell’esercizio della funzione affidatagli,
il datore di lavoro, convenuto in giudizio, sarà responsabile nella misura in cui non sia in
grado di fornire la prove liberatoria di aver osservato la diligenza richiesta nel momento della
scelta, dell’addestramento e della supervisione dell’ausiliario.
Il fatto che l’ausiliario abbia agito o meno con colpa non riveste alcuna importanza anche nel
caso in cui all’ausiliario non possa essere mosso alcun rimprovero di negligenza, il
proponente dovrà cmq fornire la prova liberatoria a suo favore.
Qualora l’ausiliario abbia agito con colpa o la colpa del proponente non possa essere esclusa
dall’inizio tutto dipenderà dal fatto se il proponente possa fornire la prova liberatoria.

3
L’art 1384 co. I code civil francese dispone che si è tenuti a risarcire il danno “ che è causato
dalle persone”,tra essi rientra anche il soggetto incaricato di funzioni(preposè) qualora questi
abbia danneggiato un terzo nell’esecuzione delle funzioni assegnategli, il proponente è tenuto
a risarcire il danno provocato al terzo.
Sin dall’entrata in vigore del code civil questa disposizione è stata intesa nel senso che essa
pone a carico del proponente un obbligo assoluto di rispondere del danno cagionato dal
preposto. Presupposto esclusivo della responsabilità del proponente è che il danneggiante
sia un suo ausiliario che abbia causato il danno nell’esercizio delle sue funzioni e che sia
responsabile nei confronti del danneggiato per l’atto illecito.
Non è invece ammessa la prova liberatoria di aver scelto con cura l’ausiliario e di averlo
sorvegliato.
Il danneggiante potrà considerarsi “incaricato delle funzioni” del proponente convenuto se si
trovi in un rapporto di subordinazione e segua le istruzioni da questo impartitegli in relazione
all’incarico affidatogli.
Una volta accertato che il danneggiante sia preposè del soggetto convenuto in giudizio si
pone l’ulteriore questione se esso abbia cagionato il danno nell’esercizio delle funzioni
assegnategli.
I preponenti sono infatti responsabili non solo nel caso in cui l’ausiliario abbia dato origine al
danno svolgendo il compito assegnatogli ma anche quando egli si sia servito degli strumenti
messi a disposizione per scopi estranei alle sue mansioni e in tal modo abbia provocato il
danno.
Anche se non espressamente menzionato dal code civil un ulteriore presupposto della
responsabilità del preponente sta nel fatto che l’ausiliario abbia realizzato tutti gli elementi
della fattispecie dell’illecito, qualora invece l’ausiliario non sia imputabile, il preponente sarà
responsabile solo se già all’atto dell’assunzione o successivamente, sorvegliandolo, avesse
riconosciuto tale incapacità; la prova della colpa dell’ausiliario deve essere fornita dal
danneggiato.
Ci si chiede poi se il proponente dopo essere stato chiamato a risarcire il danno possa
rivolgersi al suo ausiliario per essere tenuto indenne, la risposta è affermativa.

4
Nel Common law la responsabilità per le persone è disciplinata secondo gli stessi principi
dettati dal diritto francese, in ambedue i casi due sono essenzialmente i presupposti in base a
cui il danneggiato può pretendere il risarcimento del danno arrecatogli da un atto illecito
compiuto da un altro soggetto : quest’ultimo dev’essere un ausiliario (servant) del convenuto
o “imprenditore indipendente” (independent contractor).
Ove un soggetto sia stato ferito a causa dell’etto illecito del servant la responsabilità del
preponente dipende dal fatto se il servant abbia realizzato l’atto in esecuzione di una funzione
affidatagli; è necessario poi anche un “nesso causale interno” tra la funzione affidata al
servant e l’atto che cagiona il danno.
Ulteriore presupposto della responsabilità del preponente sta nel fatto che l’ausiliario abbia
compiuto il danno attraverso un atto illecito, si parla dunque di “liability for the torts of his
servant”cioè “essere responsabili degli illeciti dei propri ausiliari”.
Quando un soggetto ha agito non già in qualità di “servant” ma come “inependent contractor”
e , in tale occasione ha con colpa ferito un terzo, quest’ultimo potrà di regola, agire nei
confronti del mandante.
Nel common law però questo principio subisce alcuni importanti eccezioni, si afferma spesso
che l’obbligo di diligenza cui è tenuto il mandante nei confronti della generalità delle persone
sia “non – delegable” nel senso che esso non può essere trasferito su di un “indipendent
contractor” in modo tale che solo quest’ ultimo e non più il mandante debba risarcire il danno
al terzo infortunato.
La responsabilità per colpa di un independent contractor” è stata estesa anche ai casi in cui
tra le parti non sussistano rapporti né di tipo contrattualeo qualsi – contrattuale né di
vicinato.ù
A queste ipotesi si sovrappone un’ altro gruppo di casi sintomaticiin cui si addossa al
convenuto la colpa di indeoendent contractor per il fatto di aver a fidato a questi lavori
particolarmente pericolosi che necessitano l’applicazione di particolari misure di sicurezza,
anche in questo caso l’obbligo di adottare tali misure è considerato “non - delegable”.

La responsabilità oggettiva

1
Le discipline sulla responsabilità per fatto illecito poggiano tutte sul principio per cui il motivo
sufficiente per trasferire le conseguenze del danno dal soggetto che lo ha subito a quello che
lo ha procurato sussiste solo ove all’autore del danno si possa muovere un rimprovero per un
comportamento contrario alla diligenza, tale principio è denominato “principio di
colpevolezza”.
Un’attenuazione di tale principio sta nel fatto che, in tutte le discipline sulla responsabilità
extracontrattuale, la giurisprudenza esige dal danneggiante non solo la cura e la diligenza
che si presume possa rientrare nella sua capacità ma si riferisce alle tipiche capacità che
sono proprie della categoria professionale a cui il danneggiante appartiene.
Nella stessa direzione si muove la giurisprudenza quando richiede un grado di diligenza in
misura crescente a seconda del pericolo che si corre, in alcuni casi poi la giurisprudenza ha
preteso una diligenza così elevata che risulta difficile identificare una differenza rispetto alla
responsabilità senza colpa.
Uno strumento importante per realizzare un’attenuazione del principio di colpevolezza è
costituito dalle regole sulla ripartizione dell’onere della prova, si afferma ovunque che spetta
al danneggiato la prova delle circostanze che fondano la colpa del danneggiante.
Anche nei casi in cui l’onere della prova resta a carico della vittima dell’illecito ci sono modi
per rendere tale onere meno gravoso, ad es. “l’ansheinbeweis” in germania che si ha quando
l’attore non è in grado di fornire la prova di fatti da cui si desume immediatamente la colpa del
convenuto, è sufficiente in questo caso fornire, al posto di questa, la prova di altre
circostanze, da cui si può dedurre che il convenuto non ha osservato la diligenza richiesta
dalle circostanze.
Negli stati uniti si rileva un fattore che avvicina la responsabilità per negligence alla
responsabilità senza colpa: i processi su questioni di responsabilità derivante da atto illecito si
svolgono davanti ad un tribunale di giurati, in tal sede , il compito del giudice consiste
esclusivamente nel dirigere lo svolgimento del dibattimento orale, solo eccezionalmente è
autorizzato a costringere i giurati a emettere una sentenza, ed è autorizzato a ciò qualora le
prove fornite dalle parti non siano sufficienti a sostenere l’azione o a fondare una difesa.

2
La responsabilità per colpa può essere avvicinata ad una forma di responsabilità
oggettiva(senza colpa) attraverso l’oggettivizzazione del concetto di negligenza,l’imposizione
di obblighi di diligenza severi, l’inversione dell’onere della prova e ancora applicando la prova
prima facie.
Nel diritto tedesco forme di responsabilità oggettiva sono state introdotte esclusivamente
attraverso norme di legge che si trovano nella legislazione speciale, in base ad esse la
responsabilità sarà esclusa solo quando si verifichino gli estremi della forza maggiore, inoltre
è del tutto escluso il risarcimento dei danni morali mentre l’imprenditore o il possessore del
bene che ha causato il danno sarà tenuto al risarcimento del danno solo per un determinato
importo.
Un ipotesi di responsabilità oggettiva è prevista anche dalla Legge sull’Energia Nucleare del
!959, in base a tale normativa si deve distinguere tra la responsabilità del titolare di un
impianto per la produzione o fissione di materiale nucleare e la responsabilità di altri evenutali
possessori di materiali radioattivi: il primo risponde per i danni alle persone e alle cose causati
dagli effetti delle operazioni nucleari, il possessore di materiali risponde più lievemente ma
egli si può liberare fornendo la prova di aver osservato tutta la cura richiesta dalle circostanze
ciò però non vale quando il danno deriva da un guasto ai dispositivi di protezione.
È importante infine la responsabilità prevista per l’inquinamento delle acque, in base ad essa
colui che versa nelle acque materie che alternao la qualità dell’acqua è tenuto al risarcimento
del danno a chi ha subito il danno, intendendosi per danno il solo danno economico.
Il diritto austriaco conosce fattispecie di responsabilità extracontrattuale simili a quelle del
diritto tedesco con la particolarità che le responsabilità è in generale esclusa quando
l’incidente è stato causato da un “evento inevitabile”.
Il diritto austriaco ha però applicato le disposizioni delle leggi che disciplinano la
responsabilità civile anche ad altre fattispecie pericolose, è stata considerata attività
pericolosa anche l’utilizzazione di un cavo ad alta tensione, l’esercizio di un’industria chimica
ecc.
Anche la svizzera rende omaggio al principio della legislazione speciale, qui tuttavia si è
giunti a configurare altri titoli di responsabilità, cioè gli elementi del fortuito e dell’arbitrio sono
messi in evidenza,incontriamo così fattispecie di responsabilità diverse o definite in modo
differente.

3
Fino alla fine del XIX sec. circa nella giurisprudenza e nella dottrina francesi si riconosceva
unanimemente che le disposizioni del Code civil sulla responsabilità per fatto illecito si
fondavano sulla colpa, si riteneva infatti che gli artt. 1382, 1383 e 1384 nella parte in cui
prevedevano una responsabilità per fatto altrui intendessero una responsabilità per colpa
presunta nella scelta o nella sorveglianza degli ausiliari.
Nella parte in cui prevede una responsabilità per i danni cagionati alle cose, l’art 1384 veniva
inteso solo come un rinvio alla responsabilità poi diffusamente disciplinata dagli artt.1385 e
1386 in relazione ai possessori di animali e ai proprietari di edifici, anche questi soggetti
possono liberarsi da responsabilità fornendo la prova dell’assenza di una colpa nella custodia
dell’animale o la prova della corretta costruzione e dell’adeguata manutenzione dell’edificio
rovinato.
Nel diritto francese, in virtù dell’interpretazione estensiva dell’art 1384 risulta solo
minimamente necessario introdurre attraverso la legislazione speciale fattispecie tipiche di
responsabilità da attività pericolosa.
Il primo presupposto della responsabilità ex art. 1384 consiste nel fatto che il danno sia
cagionato da una cosa, per “cosa” si intende ogni oggetto corporale, non rileva che la cosa
abbia cagionato il danno in seguito o meno ad un movimento cui è stata sottoposta.
Con una legge dal 1922 che ha introdotto nel code civil il secondo comma dell’art 1384, è
stata nuovamente c configurata una responsabilità per colpa in relazione al danno, alle
persone e alle cose cagionato dal fuoco, in base a tale disposizione, il danneggiato è tenuto a
provare che il fuoco scoppiato sul fondo o sulle cose mobili del convenuto deve essere
attribuito a colpa di questi.
Un ulteriore presupposto per la responsabilità ex art. 1384 primo comma è che il convenuto,
citato in giudizio per il risarcimento sia “gardien”(custode) della cosa che ha cagionato, è
gardien di una cosa colui che esercita nei confronti di essa uso,direzione e controllo cioè è
titolare dell’effettivo potere di disporre della cosa.
Problematico invece è il caso in cui una cosa provochi danni mentre viene trasportata, in
questi casi si sostiene che si debba distinguere tra “la garde du comportement de la chose” e
la “garde de la srtucture de la chose”: la prima ricadrebbe sul vettore, la seconda sul
proprietario della cosa, nel caso concreto il giudice dovrebbe quindi decidere se il danno sia
da attribuire all’utilizzazione o ad un vizio intrinseco nella struttura della cosa.
La responsabilità ex art. 1384 primo comma è invece esclusa quando il detentore della cosa
provi che il verificarsi del danno sia dipeso da un caso fortuito o dalla forza maggiore, per
caso fortuito o forza maggiore la giurisprudenza intende un evento che trova la sua causa al
di fuori della cosa che provoca il danno ed è imprevedibile e inevitabile nelle sue
conseguenze.
Il requisito per cui la causa debba essere collocata al di fuori della cosa che cagiona il danno
o deve esserle estranea significa che un vizio ocuulto della cosa non consente la liberazione
della responsabilità, nemmeno nel caso in cui si provi che la scoperta e l’eliminazione del
vizio sarebbero stati oggettivamente impossibili per il gardien.
Qualora la causa del danno si trovo si trovi al di fuori della cosa nel senso indicato, si richiede
inoltre che essa fosse per il gardien imprevedibile nonostante l’uso della diligenza richiesta.
Gli eventi naturali vengono considerati forza maggiore solo quando si siano verificati con
imprevedibile ed irresistibile veemenza e non sia stato possibile o non si potesse comunque
pretendere da parte del detentore della cosa, l’adozione delle misure necessarie per
impedire nelle circostanze concrete il danno.
La responsabilità ex art. 1384 primo comma è invece esclusa quando l’evento dannoso
deriva dal comportamento colposo del danneggiato, ciò vale anche quando la colpa sia tale
che l’incidente configuri una forza maggiore e sia per questi imprevedibile e irresistibile.
Ancora oggi è controverso nella dottrina francese se l’obbligo di risarcimento ex art. 1384
configuri sempre una responsabilità per colpa, una serie di autori sono sostenitori della tesi
negativa essendo convinti che il motivo decisivo per trasferire il danno sull’autore dello stesso
non stia nella colpa di questi, bensì nel fatto che, nel caso concreto, si impone una
riparazione,gli autori moderni sostengono invece che la disciplina francese sulla
responsabilità civile si fonda sul principio della “faute”.
Indipendentemente da tali controversie, nel diritto francese la responsabilità ex art. 1384 è
una vera e propria responsabilità senza colpa, nella misura in cui il danno sia stato
determinato da un vizio della struttura della cosa o da un guasto dei suoi dispositivi, qualora
invece rilevi che la cosa ha funzionato in modo impeccabile e non si è verificato alcun guasto
il detentore risponderà solo per colpa presunta.
Tra gli ordinamenti che hanno subito l’influsso del code civil vi è quello italiano, il codice civile
conosce una responsabilità oggettiva a carico del conducente e del proprietario dei veicoli a
motore che esclude del tutto la prova liberatoria in caso di incidente cagionato da un vizio
nella costruzione o da un difetto di manutenzione e la fa dipendere dalla prova di aver fatto
tutto il possibile per evitare il danno.
Il codice civile all’art. 2051 stabilisce che in caso di danno cagionato da una cosa è chiamato
al risarcimento il soggetto che la abbia avuta in custodia, inoltre il codice introduce soluzioni
autonome nell’art 2050 ponendo una responsabilità particolare a carico di colui che esercita
un’attività che risulti pericolosa.

4
Il diritto inglese conosce solo pochi casi in cui il danneggiato può pretendere il risarcimento
del danno procurato alla sua persona o alle sue cose, indipendentemente dalla prova della
violazione di un obbligo di diligenza.
Tra questi, le ipotesi di responsabilità oggettiva introdotte dal legislatore per il possessore di
aeromobile con riguardo ai danni cagionati a terra, del produttore o dell’utilizzatore di energia
nucleare, nonché di colui che immagazzina gas in un deposito collocato nel sottosuolo.
Neanche in Gran Bretagna esiste una legge apposita che ponga a carico del detentore di
veicolo a motore una responsabilità oggettiva.
In Inghilterra ancora oggi si fa esclusivo riferimento alle regole generali sulla responsabilità
per negligence, la giurisprudenza inglese ha elaborato una sola fattispecie di responsabilità
oggettiva.
Essa risale alla famosa sentenza nel caso Rylands v. Flecher del 1868, in questa fattispecie il
convenuto aveva fatto costruire sul suo fondo un serbatoio per l’acqua con cui intendeva far
funzionare il proprio mulino.
Nel luogo scelto a tal fine si trovavano dei pozzi di miniere di carbone, abbandonati e riempiti
di terra, il convenuto non poteva sapere che essi erano collegati per via sotterranea con la
miniera di carbone dell’attore.
Quando il serbatoio venne riempito, l’acqua filtrò attraverso i pozzi nella miniera attigua e
l’inondò, ancorché non fosse possibile provarne la colpa, il convenuto fu condannato a
risarcire il danno.
L’house of lords confermò poi questa sentenza ma aggiunse come ulteriore presupposto il
fatto che l’immagazzinare qualcosa nel proprio fondo potesse essere considerato come
“utilizzazione non normale” di esso.
Il principio elaborato in Rylands v. Fletcher non è stato applicato solo alla perdita d’acqua,
anche nel caso in cui si trasportino su un fondo grandi quantitativi di gas o elettricità e si
verifichino delle perdite viene in evidenza un obbligo risarcitorio del genere definito in Rylands
v. Fletcher.
Presupposto per l’obbligo del risarcimento è che il trasporto della cosa che cagiona il danno
sul fondo del danneggiante configuri “utilizzazione non normale del fondo”.
Ulteriore presupposto dell’azione fondata sul caso Rylands v. Fletcher è che il danno sia stato
provocato da una fuga della cosa, ciò significa che la sostanza che danneggia deve aver
abbandonato il fondo di proprietà del danneggiante ed aver provocato il danno al di fuori di
esso.
Non sussiste inoltre azione ex Rylands v. Fletcher qualora il danno sia stato determinato da
forza maggiore cioè un evento straordinario provocato dalle forze naturali, del tutto
imprevedibile e tale da non potersene impedire le conseguenze dannose.
Anche negli Usa si è imposto il generale principio su cui poggi la responsabilità ex Rylands v.
Fletcher, in alcuni stati però si ci è serviti della fattispecie di responsabilità che va sotto il
nome di “nuisance” e che dovrebbe di per sé essere applicata solo agli effetti dannosi di
lunga durata provocai da gas, vapori, odori e cc. Ma che occasionalmente viene applicata ad
ipotesi di danneggiamento cagionato da eventi improvvisi come esplosioni o scoppi, infine i
tribunali si sono occasionalmente richiamati al Restament of the law of torts che contiene una
regola generale sulla responsabilità oggettiva del soggetto che ha cagionato dei danni con un’
attività eccezionalmente pericolosa.
Si deve in ogni caso osservare che la giurisprudenza americana, quando si tratta di
addossare una responsabilità oggettiva controlla sempre se l’attività, l’esercizio o la
situazione che hanno determinato il danno, debbano essere considerati particolarmente
pericolosi in relazione alle specifiche caratteristiche della località.
La responsabilità oggettiva non è configurabile ove il verificarsi del danno dipenda da una
causa di forza maggiore o quando il danno è prodotto a causa di un imprevedibile intervento
di un terzo di cui l’imprenditore non è tenuto a rispondere.
La responsabilità per le violazioni dei diritti della personalità

1
Ogni ordinamento deve porsi il problema di definire in quale forma e in quale misura intenda
proteggere il cittadino anche contro i danni indirizzati contro la sua personalità, infatti il diritto
civile deve apprestare regole con cui l’individuo possa difendersi contro questo genere di
intrusioni nella sua sfera privata e opporsi alla degradazione della sua dignità di uomo.

2
Il BGB tedesco non contiene alcuna norma a tutela della personalità dell’uomo, il BGB infatti
riconosce l’azione per il risarcimento dei danni il caso di lesioni fisiche, colpose della persona,
della salute,della vita e della libertà proteggendo così solo gli aspetti fisici dell’uomo.
Ha previsto esclusivamente che il soggetto del cui nome un altro faccia uso senza
autorizzazione, può pretendere da questi la cessazione del comportamento lesivo, tale diritto
viene considerato come “ulteriore diritto” in modo tale che il soggetto che porta il nome , ove
l’altro abbia agito con colpa possa chiedere anche il risarcimento del danno subito.
Nel 1907 vi è stata poi l’emanazione di un Legge sul diritto d’autore che ha disposto che le
“immagini” di une persona possono essere diffuse ed esposte pubblicamente solo con il
consenso del soggetto raffigurato, riguardo invece la pubblicazione di lettere private non
autorizzata la giurisprudenza ha accordato una tutela solo nel caso in cui la lettera in
questione si configurasse come “originale creazione dello spirito” e potesse essere ricondotta
al concetto di opera letteraria.
La giurisprudenza però ha avuto a disposizione ulteriori strumenti per soddisfare l’esigenza di
tutela della personalità, ad es. colui che fosse stato danneggiato nell’onore e nella
reputazione, poteva far valere pretese dirette al risarcimento dei danni qualora fosse in grado
di provare che l’altro, con il suo comportamento, aveva integrato la fattispecie penale della
“beleidigung” e aveva in tal modo violato una norma di protezione.
In Svizzera, già molti anni prima che in germania, era stata introdotta una regolamentazione
in base a cui chiunqu fosse stato leso nei suoi rapporti personali poteva chiedere all’autore la
cessazione del fatto lesivo e anche il risarcimento del danno subito.
Il diritto tedesco prevede che l’attore qualora si sia realizzata un violazione del diritto di
personalità può pretendere la rimozione della turbativa realizzatasi e la condanna ad
astenersi da future turbative, nel caso in cui sussista colpa del convenuto, l’attore potrà altresì
agire per il risarcimento del danno patrimoniale subito in seguito alla violazione del diritto
della personalità.
Secondo la giurisprudenza precedente l’attore non poteva pretendere alcuna soddisfazione
del danno morale, ora invece il BGB riconosce l’azione per il risarcimento del danno morale
nella misura in cui l’intrusione nella sfera personale sia “grave”.

3
Nel 1970 venne inserita nel code civil francese una norma che prevedeva che chiunque
avesse provocato ad altri un danno, attraverso un comportamento antigiuridico e
colpevole(faute) è tenuto a risarcirlo, il testo di legge non contiene alcuna distinzione tra
danno patrimoniale e danno morale.
Tale ordinamento ha quindi un approccio molto flessibile con il problema della tutela della
personalità dal momento che non circoscrive la tutela aquiliana a determinati beni e ammette
anche il risarcimento dei danni morali.
Riguardo invece le forme classiche di tutela della personalità la giurisprudenza francese si è
avvicinata a quella tedesca, si riconosce quindi che i ritratti non possono essere pubblicati
senza il consenso del soggetto ritratto.
A partire degli anni 80 si è accordata in francia un’ampia tutela contro la pubblicazione di
lettere riservate, il principio guida è che il destinatario non possa pubblicarle senza il
consenso dell’autore ma mentre prima questo principio si fondava su un “contratto tacito” oggi
si riconosce che il diritto alla segretezza delle lettere riservate sia un vero diritto della
personalità.
La tutela civile contro le offese dell’onore e della reputazione si fonda sull’art. 1382 code civil,
vengono sanzionate “l’injure” e la “diffamation”, le azioni per il risarcimento del danno contro
l’autore dell’offesa vengono fatte valere daventi al giudice penale con la costituzione di parte
civile.
Non c’è però condanna per diffamation quando l’imputato provi la veridicità delle sue
affermazioni, questa prova non è consentita qualora l’asserzione del fatto concreto lesivo
dell’onore riguardi la vita privata dell’offeso.

4
All’interno del Common law vige una distinzione tra le violazioni dell’onore e le altre forme di
aggressione alla personalità, tanto il diritto inglese quanto quello degli Usa perseguono la
protezione contro le offese dell’onore attraverso gli illeciti civili che vanno sotto il nome di libel
e slander, nel caso invece delle altre offese alla personalità il diritto degli Usa accorda
l’azione per la lesione di un right of privacy.
La giurisprudenza inglese fino ad ora non ha riconosciuto un generale diritto alla protezione
della sfera privata, in questi casi essa interpreta estensivamente la fattispecie del label o dello
slander o riconosce un’azione per la violazione di un copyright o di un passing off o ancora
altri tipi di azione.
L’illecito di defamation presuppone che sia stato pregiudicato l’onore, la reputazione o la
considerazione in cui un soggetto viene di solito tenuto, si accorda una tutela solo nel caso in
cui venga screditata la reputazione di cui un soggetto gode nella collettività.
Se l’affermazione diffamatoria è espressa in forma permanente si realizza la fattispecie di
libel, si configura invece la fattispecie di slander ove l’onore di una persona venga
pregiudicato attraverso dichiarazioni verbali o attraverso una smorfia o gesti offensivi.
Il significato della distinzione tra libel e slander sta nel fatto che, per fondare adeguatamente
un’azione di libel non è necessario lamentare un danno patrimoniale, diverso è invece la
fattispecie di slander, qui l’attore deve di regola provare di avere subito un danno patrimoniale
in seguito all’affermazione offensiva.
La responsabilità per libel e slander si configura anche nel caso in cui il convenuto non abbia
alcuna colpa nella pubblicazione o nella trasmissione a terzi della dichiarazione offensiva; da
queste regole deriva che il rischio del risarcimento del danno può colpire anche il soggetto
che, senza colpa, non sia stato in grado di riconoscere che la dichiarazione da lui effettuata
avrebbe potuto ledere l’onore di un terzo.
La personalità di un uomo può venire anche offesa in modo diverso dal pregiudizio arrecato
alla sua reputazione o al suo onore; Prosser ha tentato di elaborare diverse categorie di
fattispecie concrete, questo autore distingue, nell’ambito del law of privacy, quattro diversi
gruppi di casi in cui viene,di volta in volta tutelato un particolare interesse nei confronti di un
certo tipo di violazione.
Nel primo gruppo rientrano quelli in cui si verifica un’intrusione nell’intimità spaziale dell’attore
o qualcuno curiosa nei suoi affari privati.
Il secondo gruppo di casi riguarda la pubblicazione, non autorizzata di fatti penosi o
sconvenienti della vita privata di una persona.
Prosser riconduce poi ad un terzo gruppo i casi in cui il convenuto ponga l’attore in cattiva
luce nei confronti dei terzi, infine Prosser riconduce ad un quarto gruppo i casi in cui un
soggetto inserisce il nome o la foto dell’attore, senza il consenso di questi, in un annuncio o
filmato pubblicitario, o nel nome di una ditta o in un marchio o in un contesto analogo.
Nella giurisprudenza inglese la violazione del “right of privacy” non è ancora stata
riconosciuta come fattispecie autonoma di illecito extracontrattuale.

Potrebbero piacerti anche