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CAPITOLO 6
Cinetica chimica in presenza di reazioni multiple

6.1 Schemi di reazioni multiple

E’ frequente il caso che il sistema reagente sia sede di più reazioni simultanee. In
questi casi è possibile individuare i seguenti schemi elementari ai quali si
possono generalmente ricondurre i casi più complessi.

 Reazioni in parallelo
 Indipendenti
 In competizione
 Reazioni in serie

Le reazioni in parallelo indipendenti sono caratterizzate dalla presenza di


reagenti diversi che partecipano a due o più reazioni. Sono, ad esempio, reazioni
in parallelo indipendenti le seguenti:

A 1  P1
A 2  P2

oppure:

A1 + A2  P1
A3  P1 + P2

nelle quali si sono indicati con Ai i reagenti e Pi i prodotti delle reazioni.


Come si può osservare, nel primo schema A 1 partecipa solo alla prima reazione
mentre A2 è presente solo nella seconda reazione. Analogamente, nel secondo
schema, A1 ed A2 sono reagenti della prima reazione soltanto, mentre A 3
partecipa solo alla seconda reazione. In questo secondo schema, tuttavia, il
prodotto P1 si forma sia per effetto della prima che della seconda reazione. Di
questo fatto occorre tener conto se si vuole rappresentare la velocità di
formazione di P1.
Le reazioni in parallelo in competizione sono caratterizzate, invece, dalla
presenza di un reagente che può dare origine a prodotti diversi. Un esempio
semplice è il seguente:

A → P1
A → P2

Il reagente A può dar luogo alla formazione del prodotto P 1 secondo la prima
reazione e può formare il prodotto P2 in base alla seconda reazione.

Nelle reazioni in serie, invece, almeno un prodotto di una reazione costituisce il


reagente di una reazione successiva. Un esempio tipico di reazioni in serie è il
seguente:
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A1  P1  R1

che mostra come il composto P1 che si forma dalla prima reazione (prodotto)
rappresenti il reagente della seconda reazione con formazione del prodotto R1.
In questo schema, il reagente A1 ed il prodotto R1 partecipano ad una sola
reazione mentre P1 è presente in due reazioni.
Schemi di reazione più complessi si possono ricondurre a combinazioni degli
schemi precedenti.
Ad esempio, la clorurazione del benzene avviene secondo il seguente schema
che si può considerare in serie-parallelo:

C6H6 + Cl2  C6H5Cl + HCl


C6H5Cl + Cl2  C6H4Cl2 + HCl
C6H4Cl2 + Cl2  C6H3Cl3 + HCl
.......................................................
.......................................................

Come si può osservare le reazioni precedenti sono in parallelo in competizione


per quanto riguarda il reagente Cl2 mentre sono in serie per quanto riguarda i
vari composti clorurati del benzene: il monoclorobenzene è un prodotto della
prima reazione ed un reagente della seconda, il diclorobenzene è
rispettivamente un prodotto della seconda reazione ed un reagente della terza
ecc.

6.2 Espressioni cinetiche per reazioni multiple

Se il composto i partecipa a più reazioni simultanee, la sua velocità


netta di reazione si ottiene dalla combinazione delle velocità delle singole
reazioni alle quali i partecipa. Evidentemente, i può essere un reagente in
alcune reazioni ed un prodotto in altre. In questi casi, occorre tener conto
del segno delle velocità di reazione nel sommare i vari contributi.
Si prenda in considerazione, ad esempio, il seguente schema di
reazioni:

A1  2 A2
A2  A3
con le seguenti espressioni cinetiche:

(-rA1) = k1 CA12
(rA3) = k2 CA2

Queste due relazioni consentono di calcolare la velocità con cui


viene consumato il reagente A1 in base alla prima reazione e la velocità
con cui viene prodotto il composto A 3 in base alla terza reazione. Il
composto A2, tuttavia, è presente in entrambe le reazioni, come prodotto
della prima e come reagente della seconda reazione. Pertanto, la sua
velocità “netta” (di consumo o di formazione) è data dalla somma
algebrica della velocità con cui A2 si forma in base alla prima reazione e
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della velocità con cui A2 è consumato dalla seconda reazione. Tenendo


conto che la velocità di formazione di A 2 nella prima reazione è pari al
doppio della velocità con cui viene consumato A 1, la velocità netta di
produzione di A2 è:

rA2 = 2 k1 CA12 – k2 CA2

mentre, ovviamente, la velocità con cui A2 viene consumato è:

(-rA2) = k2 CA2 – 2 k1 CA12

Evidentemente, poiché nel caso concreto, A 2 verrà o prodotto o


consumato in determinate condizioni, se la prima delle precedenti
espressioni è positiva (produzione di A 2) l’altra sarà negativa o, viceversa,
se A2 viene consumato, la seconda espressione fornirà un valore positivo
mentre la prima sarà negativa.

6.3 Vincoli termodinamici

Le condizioni che la termodinamica impone alla forma delle


espressioni cinetiche sono:
- velocità di reazione positiva nel verso in cui l’energia libera del
sistema diminuisce (ΔGreaz < 0)
- velocità netta di reazione uguale a zero all’equilibrio.
Questi vincoli di carattere generale si traducono in alcune condizioni
sulle costanti cinetiche e sugli ordini di reazione nel caso in cui la velocità
netta di reazione si possa esprimere come somma algebrica della velocità
della così detta reazione diretta e di quella della reazione inversa.
Per una reazione omogenea generica:

1A1 + 2A2  3A3 + 4A4


l’esperienza mostra che la velocità netta con cui viene consumato, ad
esempio, il componente A1 , si può considerare come il risultato del
contributo della reazione che da sinistra procede verso destra (nella quale
A1 rappresenta un reagente) e del contributo della reazione da destra a
sinistra (nella quale A1 è un prodotto). Si tratta di un caso di reazioni
multiple per cui, molto spesso, si potrà porre :

(-rA1) = kd CA1ν1CA2ν2CA3ν3CA4ν4 – ki CA11CA22 CA33CA44 (6.1)

dove kd e ki sono le costanti cinetiche della reazione diretta ed inversa,


rispettivamente e νi, i indicano gli ordini di reazione. Molto spesso è 3 =
4 = 1 = 2 = 0, cioè i prodotti della reazione non contribuiscono alla
velocità della reazione diretta ed i reagenti non influenzano la velocità
della reazione inversa.
E’ bene sottolineare che la forma (6.1) non è imposta da vincoli
termodinamici ma va interpretata su basi puramente cinetiche (coerenza
con gran parte delle osservazioni sperimentali e con la teoria delle
collisioni).
112

Se l’espressione cinetica ha la forma riportata nell’eq. (6.1), la


termodinamica consente di ricavare condizioni sul rapporto k d/ki delle
costanti cinetiche e sugli esponenti νAi e Ai delle reazioni diretta ed
inversa.
Una prima conseguenza immediata deriva dall’osservazione che
all’equilibrio la velocità netta di reazione di qualunque componente
(reagente o prodotto) deve essere uguale a zero. Pertanto:

(6.2)

In questa relazione, le concentrazioni sono quelle di equilibrio.

Costanti di equilibrio

Com’è noto, le concentrazioni dei vari componenti, in condizioni di


equilibrio, sono legate dal vincolo termodinamico rappresentato dalla
costante di equilibrio K:

(6.3)

dove a sono le attività dei componenti nella miscela reagente definite


rispetto allo stato di riferimento considerato più conveniente in relazione
allo stato fisico ed alle condizioni del sistema.
Per sistemi gassosi e liquidi rispettivamente, le costanti di equilibrio
possono essere espresse come prodotto di vari termini corrispondenti alle
variabili necessarie per esprimere le attività.
In particolare, per reazioni in fase gassosa si può porre, generalmente:

K = K Kp = K Ky P (6.4)

dove:
113

Il termine K, che contiene i coefficienti di fugacità, corregge il termine K p


delle pressioni parziali nel caso di comportamento non ideale della
miscela gassosa (alta pressione). Tale termine si può assumere uguale ad 1
se la pressione del sistema non è molto alta.
Il termine Ky è il contributo delle frazioni molari y in fase gassosa se le
pressioni parziali vengono espresse come prodotto della frazione molare
per la pressione totale P.
Talvolta la composizione del sistema reagente viene assegnata
attraverso le concentrazioni molari invece che mediante le frazioni molari.
Se si tiene conto che:

l’eq.(6.4) diventa:

K = K KC (RT) (6.5)

Ovvero, a bassa pressione:

K = (RT) KC (6.6)

Poiché, com’è noto, la costante di equilibrio K dipende solo dalla


temperatura, in questo caso anche il termine KC è funzione solo della
temperatura.
Per reazioni in fase liquida la situazione è più complessa. Le attività
vengono generalmente espresse come prodotto delle frazioni molari x,
delle concentrazioni molari C o delle molalità m per i relativi coefficienti
di attività:

ai = γix xi
ai = γic Ci
ai = γim mi
Nelle relazioni precedenti, il simbolo  indica che i coefficienti di
attività devono essere valutati nello stesso stato di riferimento scelto per la
definizione di attività, Per esempio, si può assumere come stato di
riferimento quello del componente i puro, nello stato fisico, pressione e
temperatura del sistema (riferimento di Raoult); oppure si può considerare
il riferimento di Henry, ossia quello del componente i puro nello stato
fisico (liquido) ipotetico in cui i si troverebbe se la miscela seguisse la
legge di Henry (valida a diluizione infinita) in tutto il campo di
composizioni. Evidentemente, nel primo caso il coefficiente di attività
tende ad 1 quando la miscela è molto ricca nel componente i , nel secondo
caso i*  1 nelle condizioni di soluzioni molto diluite del componente i.
Da questi richiami di termodinamica delle soluzioni discende che le
attività si possono definire in vari modi, sia per quanto riguarda il
riferimento scelto sia per il modo di esprimere le concentrazioni. E’
114

evidente che la scelta del riferimento influisce sul valore della attività a i
mentre il modo di rappresentare la concentrazione non altera il valore di
ai.
Nel caso che si adotti il riferimento di Raoult e che la composizione
del sistema sia descritta tramite le concentrazioni molari C i , la costante di
equilibrio assume la forma seguente:

K = K KC (6.7)

dove K e KC rappresentano grandezze formalmente analoghe al K e Kp


Se sono unitari tutti i coefficienti di attività (ciascuno nello stato di
riferimento prescelto per la specie considerata), allora risulta K = K C e
quindi il KC dipende unicamente dalla temperatura. In caso contrario,
essendo i , e quindi il K, dipendenti dalla composizione del sistema, il
termine KC viene a dipendere dalla composizione oltre che dalla
temperatura.

Caso delle miscele reagenti ideali1

Se si può fare l’assunzione di idealità della soluzione, e si può quindi


considerare KC funzione unicamente della T, poiché anche le costanti
cinetiche kd e ki dipendono solo dalla temperatura, si può porre:

(6.8)

Se al rapporto che appare al primo membro si sostituisce l’eq. (6.2) ed


al secondo membro si sostituisce l’espressione del K C, si ricava:

(6.9)

dove i coefficienti stechiometrici i devono essere considerati in senso


algebrico (positivi per i prodotti A3 ed A4 e negativi per i reagenti A 1 ed
A2).
In questa relazione le concentrazioni Ci sono i valori di equilibrio in
ragione dell’eq. (6.2) (termine di sinistra della 6.9) e dell’eq. (6.6) o (6.7)
(termine di destra della 6.9) che valgono all’equilibrio. Evidentemente,
possono aversi infiniti set di concentrazioni che soddisfano la (6.2) e la
(6.6) o (6.7) in ragione delle concentrazioni iniziali nell’ambiente di
reazione. Pertanto, affinché la relazione (6.9) sia sempre soddisfatta, la
funzione f[KC(T)] deve assumere la forma [KC(T)]n :

(6.10)

1
Per questa trattazione si può consultare K.Denbigh, I Principi dell’Equilibrio Chimico” Ed.Ambrosiana,
cap.15
115

e, inoltre, deve risultare per ciascun componente i - i = n i, ovvero:

(6.11)

Le differenze fra gli ordini della reazione diretta e di quella inversa sono,
quindi, per tutti i componenti lo stesso multiplo n dei corrispondenti
coefficienti stechiometrici.
Il numero n può assumere un qualunque valore reale purchè maggiore di
zero poiché un valore negativo di n comporterebbe l’evoluzione del
sistema nel verso dell’energia libera crescente, che com’è noto, non è
termodinamicamente possibile.
Evidentemente, l’equazione stechiometrica può sempre essere scritta con
coefficienti stechiometrici tali che il valore n = 1 soddisfi la (6.11).

Esempio 6.1
Le reazioni :

A1 + ½ A2 ⇄ A3

hanno le seguenti espressioni cinetiche:

(- rA1)d = kd CA1 CA2 (-rA1)i = ki C1/2A1 C3/4A2 C1/2A3

I coefficienti stechiometrici sono, quindi:

1 = -1 2 = -1/2 3 = +1

mentre gli ordini di reazione sono:

1 = 1 2 =1 3 = 0
1 = 1/2 2 = 3/4 3 = 1/2

Come si può facilmente verificare, la condizione (6.11) è soddisfatta in questo


caso per n = ½:

Ma se l’equazione stechiometrica della stessa reazione viene scritta nella forma


equivalente seguente, nella quale tutti i coefficienti sono divisi per 2:

½ A1 + 1/4 A2  1/2 A3
116

con 1 = -1/2 2 =-1/4 3 = +1/2


l’eq. (6.11) è soddisfatta per n = 1:

La condizione (6.11) può essere utilizzata per ricavare, ad esempio, i


possibili ordini di reazione per la reazione inversa qualora siano noti
quelli della reazione diretta o viceversa:

i=1…c (6.12)

Un secondo importante vincolo che la termodinamica impone deriva


dall’eq.(6.8). Le due costanti cinetiche, della reazione diretta e di quella
inversa, non sono indipendenti fra di loro ma, a ciascuna temperatura
sono legate fra loro dalla condizione:

In particolare, se l’equazione stechiometrica è scritta in forma tale che si


può porre n = 1, risulta:

cioè, la costante cinetica della reazione inversa si può ricavare dalla


conoscenza della costante cinetica della reazione diretta e della costante di
equilibrio della reazione.
Il caso delle miscele reagenti non ideali è più complesso e non sarà trattato
in questo libro.

6.4 Reazioni reversibili

La velocità netta con cui un sistema reagente evolve è il risultato di due


contributi: quello dovuto alla reazione diretta e quello dovuto alla reazione
inversa. All’equilibrio, come si è visto nel par. 6.3, le velocità di queste due
reazioni sono uguali ed il G della reazione è nullo. Se, invece, la composizione
117

del sistema reagente non soddisfa le condizioni di equilibrio alla temperatura


del sistema, possono verificarsi due situazioni diverse:

- la velocità della reazione diretta (da sinistra verso destra, nell’espressione


stechiometrica) è maggiore di quella inversa;
- la velocità della reazione inversa è più grande di quella della reazione
diretta.

Nel primo caso il sistema evolve dai così detti “reagenti” verso i “prodotti” ed il
segno del G = Gprodotti – Greagenti è negativo; nel secondo caso la trasformazione
avviene in verso opposto ed il G è positivo. Il verificarsi dell’una o dell’altra
situazione dipende, a ciascuna temperatura, dalla composizione del sistema.
La velocità netta con cui un componente generico della reazione si trasforma è la
differenza fra le due velocità di trasformazione di quel componente (nelle due
reazioni diretta ed inversa) ed il verso (segno) di tale velocità dipende dalla
natura convenzionale del componente (reagente o prodotto) e dalla
composizione del sistema rispetto allo stato di equilibrio. Evidentemente,
quanto più la composizione è prossima a quella di equilibrio tanto più risulta
bassa la velocità netta di trasformazione.
Se il sistema contiene solo reagenti, e tutt’al più quantità trascurabili dei
prodotti, la velocità netta con cui un reagente viene consumato è data
praticamente dalla velocità della reazione diretta:

1A1 + 2A2 → 3A3 + 4A4

(-rA1) = kd CA11 CA22 – ki CA33 CA44  kd CA11 CA22 (6.13)2

Viceversa avviene se nel sistema sono presenti solo prodotti (ed eventualmente
tracce dei reagenti).
Un problema che si pone è quello di stabilire entro che limiti si può effettuare la
semplificazione indicata sopra; ovvero, quanto elevata può essere la
concentrazione dei prodotti per poter trascurare la velocità della reazione
inversa (ed, analogamente, per quanto riguarda il caso opposto).
La risposta a questo quesito dipende dal valore che, alla temperatura del
sistema, assume la costante cinetica della reazione inversa k i. Se tale grandezza
ha un valore relativamente elevato rispetto a quello di k d , saranno sufficienti
basse concentrazioni dei prodotti per ottenere una velocità della reazione
inversa non trascurabile rispetto a quella della reazione diretta. Viceversa, se k i è
piccolo, anche con concentrazioni dei prodotti relativamente elevate si potrà
trascurare la velocità della reazione inversa nel calcolo della velocità netta di
trasformazione.
Le due costanti cinetiche kd e ki non sono, però, indipendenti l’una dall’altra,
come si è mostrato nel par. 6.3. Il valore di k i è automaticamente determinato
una volta che sia noto kd è la costante di equilibrio Kc della reazione:

2
Nell’espressione cinetica scritta, le velocità di reazione diretta ed inversa dipendono unicamente dalle
concentrazioni dei reagenti e dei prodotti, rispettivamente.
118

Pertanto, tanto maggiore è Kc(T) tanto più piccolo sarà ki(T) rispetto a kd(T).
Un valore elevato della costante di equilibrio Kc(T) significa che l’equilibrio si
raggiunge quando le concentrazioni dei prodotti sono relativamente grandi
rispetto a quelle dei reagenti. Pertanto, in questa eventualità, anche a
concentrazioni significative dei prodotti si può considerare il sistema
sostanzialmente lontano dall’equilibrio e trascurare il contributo della velocità
inversa sulla velocità netta di reazione.
Considerazioni analoghe si possono ripetere nel caso di K c(T) basso per quanto
riguarda il contributo della reazione diretta sulla velocità netta di reazione.
Poiché una trasformazione di un sistema lontano dall’equilibrio è irreversibile,
le reazioni caratterizzate da valori alti (o bassi) di Kc sono dette reazioni
irreversibili e le velocità nette di reazione si possono approssimare con quelle
della reazione diretta (o inversa) entro campi sufficientemente ampi delle
concentrazioni dei prodotti (o dei reagenti).

Interpretazione di dati cinetici per reazioni reversibili


Si mostrerà, ora, un esempio di applicazione del metodo integrale nel caso che
nel BSTR avvenga una reazione reversibile. Poiché, come si è visto sopra, la
velocità netta con cui viene consumato un reagente, o generato un prodotto, è la
differenza fra la velocità della reazione diretta e quella della reazione inversa, le
reazioni reversibili rappresentano un esempio semplice di reazioni multiple.
Per illustrare il metodo si considera il caso più semplice di reazione reversibile:

A1 ⇄ A2

e si vuole testare l’ipotesi che entrambe le reazioni, diretta ed inversa, siano del I
ordine, cioè che la velocità con cui viene consumato il reagente A 1 abbia la forma
seguente:

(-r1) = kd C1 – ki C2 (6.14)

dove si è indicato con kd e ki la costante cinetica della reazione diretta e di quella


inversa, rispettivamente.
Come nei casi precedenti, la particolare stechiometria della reazione impone che
la concentrazione molare totale rimanga costante nel corso della reazione,
ovvero che C1 + C2 = C°1 + C°2 = C°; di conseguenza C 2 = C° - C1. Inoltre, le due
costanti cinetiche non sono indipendenti fra loro ma devono rispettare la
seguente condizione termodinamica (v. par.6.3):

(6.15)

Pertanto, l’espressione cinetica (6.14) assume la forma seguente:


119

(6.16)

La sostituzione di questa espressione nel bilancio di materia e la separazione


delle variabili fornisce il seguente risultato:

L’integrazione del I e II membro, con la condizione iniziale t=0 C1=C°1, dà luogo


alla seguente espressione:

(6.17)

L’eq.(6.17) indica chiaramente quali sono le variabili nelle quali trasformare le


misure per ottenere eventualmente l’andamento lineare. Poiché la costante di
equilibrio Kc si può ricavare per via termodinamica, la pendenza della retta
passante per l’origine che interpola i dati nelle nuove variabili consente di
ricavare la costante cinetica kd alla temperatura delle misure.
Un’osservazione interessante deriva dalla forma che assume l’argomento del
logaritmo se si tiene conto che Kc = C2eq/C1eq e che anche C1eq + C2eq = C°. Con
alcuni passaggi, dall’eq.(6.17), si ricava:

(6.18)

La forma dell’eq.(6.18) è simile a quella ottenuta nell’ipotesi di reazioni


irreversibili del I ordine (v. par.5.5.1.b) con la differenza che, nel caso di reazioni
reversibili, le concentrazioni vengono valutate con riferimento al valore di
equilibrio. In particolare, le reazioni irreversibili si possono considerare un caso
estremo di quelle reversibili che si manifesta quando il valore di K c diventa
molto grande. In questo caso, dalla definizione di K c, si deduce C1eq  0 e, quindi,
C2eq  C° e l’eq.(6.18) diventa identica a quella ottenuta per reazioni irreversibili
del I ordine.

6.5 Resa e selettività

Se un determinato reagente A partecipa a più di una reazione con formazione di


prodotti diversi, si dice resa  di A nel prodotto P il rapporto fra la velocità di
formazione di P e la velocità netta con cui il reagente A viene consumato. Se, ad
esempio, A è il reagente delle seguenti due reazioni in parallelo in competizione:

A  2 P1 (-rA)1 = k1 CA
120

A  P2 (-rA)2 = k2 CA2

la resa nel prodotto P1 è:

(6.19)3

mentre quella di A nel prodotto P2 è:

(6.20)

Analogamente, si può definire la selettività 1/2 di P1 rispetto a P2 il rapporto fra la


velocità di formazione di P1 e quella di formazione di P2. Con riferimento
all’esempio precedente si ha:

(6.21)

Nel caso di reazioni in serie, la grandezza che ha interesse è la selettività 4. Ad


esempio, con riferimento allo schema seguente:

AP (-rA) = k1 CA
PR (rR) = k2 CP

la selettività di P rispetto ad R è:

(6.22)5

Resa e selettività hanno un ruolo chiave specialmente se uno dei prodotti è il


composto che si vuole ottenere mentre gli altri sono prodotti indesiderati. In
questi casi l’obiettivo è quello di ridurre lo spreco del reagente principale per
effetto delle reazioni secondarie (reazioni in parallelo) massimizzando la resa
nel prodotto desiderato ovvero di ottenere elevate selettività a favore dello
stesso prodotto desiderato (reazioni in serie),
Le definizioni di resa e selettività date sopra fanno riferimento alle velocità delle
reazioni che, com’è noto, dipendono dalle condizioni locali di composizione e
temperatura. Queste condizioni, e quindi anche  e , variano nel tempo nei
3
In questa espressione si tiene conto che la velocità di formazione di P1 è il doppio della velocità con cui
A viene consumato in questa reazione.
4
Non ha senso, evidentemente, definire una resa rispetto ad A poiché questo reagente partecipa ad una
sola reazione.
5
In questo caso, un valore negativo della selettività corrisponde a condizioni tali che P non ha una velocità
netta di formazione positiva, cioè non è un prodotto delle due reazioni alle quali partecipa ma si comporta
come un reagente.
121

reattori discontinui ed in quelli a funzionamento continuo in condizioni non


stazionarie e cambiano con la posizione nei reattori con flusso a pistone o in
quelli agitati in condizioni di mescolamento non perfetto. Pertanto, la resa e la
selettività definite come sopra vengono anche dette resa istantanea e selettività
istantanea o resa locale e selettività locale.
Nei capitoli seguenti si vedrà come definire resa e selettività con riferimento ad
un intero reattore e si valuteranno i criteri di scelta del tipo di reattore e delle
condizioni operative per massimizzare la resa o la selettività.

6.6 Interpretazione di dati cinetici per reazioni in parallelo in competizione

Si illustra un’ulteriore applicazione del metodo integrale nel caso che nel
reattore da laboratorio (BSTR) utilizzato per la sperimentazione avvengano due
reazioni in parallelo con lo stesso reagente A:

A  P1
A  P2

Il procedimento consiste, come visto in precedenza, nell’assumere


un’espressione cinetica per la prima reazione ed un’espressione cinetica per la
seconda reazione e calcolare, dai bilanci di materia nel BSTR, l’andamento
previsto delle concentrazioni dei vari componenti. Il confronto con i dati
sperimentali consente di stabilire se le espressioni cinetiche assunte sono
accettabili e di valutare le costanti cinetiche. Questo procedimento può
presentare notevoli difficoltà e diventare pressocchè impraticabile se le velocità
di reazione hanno espressioni complesse.
Limitando la trattazione a casi semplici, si assumano entrambe le reazioni del I
ordine:

(-rA)1 = k1 CA (6.23)
(-rA)2 = k2 CA (6.24)

Queste due espressioni cinetiche rappresentano anche le velocità di formazione


dei prodotti P1 e P2, rispettivamente, mentre la velocità netta con cui viene
consumato A è:

(-rA) = k1 CA + k2 CA = (k1 + k2) CA (6.25)


Pertanto, i bilanci di materia dei tre composti A, P 1 e P2 nel BSTR assumono la
forma seguente:

(6.26)

(6.27)
122

(6.28)

L’integrazione della (6.26) fornisce il seguente andamento lineare nel tempo

della variabile

(6.29)

Pertanto, una prima verifica circa la validità delle espressioni cinetiche (6.23) e
(6.24) si ottiene dall’esame dei dati sperimentali trasformati nelle nuove
variabili. Se l’andamento ottenuto è quello di una retta passante per l’origine, la
pendenza della retta fornisce la somma (k1+k2) delle costanti cinetiche.
Per determinare il valore di ciascuna di esse si può far uso degli altri due bilanci
di materia. Dividendo, infatti, membro a membro le eqs.(6.27) e (6.28) si ottiene
la selettività istantanea di P1 rispetto a P2:

(6.30)

L’integrazione di questa equazione differenziale fornisce il seguente andamento


lineare delle variazioni di concentrazione del prodotto P 1 in funzione delle
corrispondenti variazioni di concentrazione di P2:

(6.31)

Se la trasformazione dei dati sperimentali C P1 e CP2 nelle nuove variabili da


luogo ad una retta passante per l’origine, dalla pendenza si può determinare il
rapporto k1/k2.
Una volta noto il rapporto e la somma delle costanti cinetiche, queste possono
essere calcolate individualmente.

Altrettanto semplice è l’applicazione del metodo integrale all’interpretazione dei


dati cinetici per reazioni irreversibili entrambe di ordine n  1.
In questo caso, le espressioni cinetiche diventano:

(-rA1) = k1 CAn (6.23 a)


(-rA2) = k2 CAn (6.24 a)

Seguendo lo stesso procedimento illustrato sopra per n = 1 si ricavano i seguenti


andamenti lineari:

(6.29 a)
123

(6.31)

Fissato, quindi, l’ordine di reazione n si verifica l’andamento lineare dei dati


sperimentali nelle variabili indicate dalle eqs.(6.29 a) e (6.31) e dalle pendenze
delle rette passanti per l’origine si determina la somma ed il rapporto delle
costanti cinetiche.
Il problema può diventare molto più complesso e l’analisi integrale inapplicabile
se le reazioni in competizione sono di ordine diverso.

6.7 Reazioni in serie

L’interpretazione di dati cinetici misurati in un reattore BSTR nel quale


avvengano reazioni in serie è basato su considerazioni un po’ diverse da quelle
fatte nei casi precedenti e risulta, in un certo senso, meno determinata.
Per illustrare questi aspetti si farà riferimento al caso semplice di due reazioni in
serie irreversibili del I ordine:

APR

Indicando con k1 e k2 le costanti cinetiche delle due reazioni, il bilancio di


materia del reagente A, che partecipa solo alla prima reazione, fornisce il
seguente andamento nel tempo della concentrazione di A:

(6.32)

Il composto P, viceversa, partecipa ad entrambe le reazioni. In particolare è un


prodotto della prima reazione ed un reagente della seconda. Pertanto, il bilancio
differenziale di P nel BSTR è:

(6.33)

che, per sostituzione del risultato (6.32), diventa:

(6.34)

La (6.34) è un’equazione differenziale lineare del primo ordine che ha la forma


seguente:

e può essere risolta con il metodo del fattore integrante. Com’è noto la soluzione
è:
124

(6.35)

dove il fattore integrante è exp(z) con .


Nel caso dell’eq.(6.34), la funzione f(t) è una costante pari a k 2. Quindi z = k2 t e
la (6.35) assume la forma seguente:

(6.36)

Il valore della costante di integrazione si ricava dalla condizione iniziale:

t=0 CP(0) = C°P. Se si considera il caso C°P = 0, si ha: .

Sostituendo questo valore nell’eq.(6.36), con alcuni passaggi si ricava il seguente


andamento della concentrazione di P:

(6.37)

Anche per determinare l’andamento nel tempo della concentrazione del


prodotto R si può procedere in modo analogo a quanto fatto per A e per P. Il
bilancio differenziale di R nel BSTR:

(6.38)

può essere, infatti, integrato per separazione di variabili una volta che
l’espressione (6.37) di CP(t) venga sostituita nella (6.38) e venga utilizzata, per
esempio, la condizione iniziale: t = 0; CR = 0.
Tuttavia, nel caso della stechiometria considerata per le reazioni in serie, un
metodo più semplice di procedere discende dall’osservazione che il numero
totale di moli, e quindi la concentrazione molare totale (a volume costante),
rimane costante nel corso della reazione:

CA + CP + CR = C°A + C°P + C°R = C°

Nel caso in esame, in cui si è considerato solo A presente all’inizio della reazione
(v. condizioni iniziali per P e per R), C°  C°A. Pertanto, la concentrazione di R si
può ricavare immediatamente come differenza fra C° A e le concentrazioni di A e
di P delle eqs. (6.32) e (6.37), rispettivamente. Con alcune semplificazioni si
ricava:
125

(6.39)

Nella Fig.6.1 sono riportati gli andamenti nel tempo delle concentrazioni
adimensionalizzate i(t) = Ci(t)/C°A.

Fig.6.1 – Andamento nel BSTR delle concentrazioni


di A, di P e di R per k1 = 2, k2 = 1 [tempo]-1

Si può osservare che la concentrazione del composto intermedio P presenta un


massimo e che, allo stesso istante di tempo, la curva C R(t) è caratterizzata da un
flesso che è facilmente interpretabile in base all’eq.(6.38). La pendenza della
curva CR(t), infatti, aumenta con il crescere di C P, raggiunge il valor massimo
(flesso) là dove CP è massimo per poi decrescere gradualmente al diminuire
della concentrazione di P per tempi più lunghi.
La presenza del massimo nella concentrazione del prodotto intermedio P è di
notevole importanza qualora P sia il prodotto che si desidera ottenere, mentre R
è un sottoprodotto indesiderato della reazione secondaria. In questi casi,
l’obiettivo ottimale consiste nel determinare le condizioni che danno luogo, nel
più breve tempo, al valore più alto possibile del massimo di C P. Nell’eventualità
che la reazione venga condotta in un reattore discontinuo, come nel caso qui
trattato, conviene arrestare la reazione al tempo corrispondente a quello
caratteristico del CP,max. Vale la pena, pertanto, determinare tale tempo ottimale
ed il corrispondente valore di CP,max.
Il tempo cui corrisponde il massimo della funzione C P si ricava, com’è noto,
imponendo uguale a zero la derivata della funzione C P(t) (Eq. 6.37). Effettuando
il calcolo si ottiene:

(6.40)

Questo risultato, valido per reazioni irreversibili del I ordine, mostra che t opt
dipende soltanto dalle costanti cinetiche delle due reazioni in serie ed, in
particolare, è pari all’inverso della media logaritmica delle suddette costanti
cinetiche.
126

Il valore massimo della concentrazione di P si trova per semplice sostituzione di


topt nell’eq.(6.37). Effettuando i calcoli si perviene al seguente risultato, valido nel
caso che entrambe le reazioni in serie siano del I ordine:

(6.41)

Anche il valore massimo di CP, riferito alla concentrazione iniziale del reagente
A, dipende soltanto dalle costanti cinetiche.
Se le reazioni in serie sono più di due, come nel caso:

APRS…

l’andamento nel tempo delle concentrazioni delle varie specie presenti può
essere ricavato seguendo lo stesso procedimento illustrato sopra per il caso di
due reazioni, cioè sostituendo progressivamente, nel bilancio differenziale del
componente imo, la concentrazione del componente (i-1) che si ottiene dal
bilancio della specie precedente. E’ facile intuire che l’intero procedimento può
essere molto lungo e tedioso.
Trattazioni simili a quella presentata sopra per reazioni del I ordine, possono
essere sviluppate nel caso di due reazioni in serie con ordini di reazione diversi,
ma gli sviluppi matematici sono notevolmente più complessi.
Un caso particolare sul quale vale la pena di riflettere si verifica se le due
reazioni sono entrambe di ordine zero, cioè con velocità di reazione
indipendenti dalla composizione. In questo caso, i bilanci di materia dei tre
componenti sono:

CA(t) = C°A – k1 t (6.42)

CP(t) = C°P + (k1 – k2) t (6.43)

CR = C°R + k2 t (6.44)

cioè le concentrazioni dei tre componenti variano linearmente nel tempo. In


particolare, la concentrazione di A decresce con pendenza – k 1, quella di R
aumenta sempre con pendenza k2, mentre la concentrazione del composto
intermedio P aumenta se è (k 1 – k2) > 0, mentre decresce se risulta (k 1 – k2) < 0; in
questa seconda eventualità deve necessariamente essere C° P > 0.
I bilanci di materia scritti sopra, tuttavia, sono validi solo in intervalli di tempo
limitati. Come si può osservare dall’eq.(6.42), il reagente A, a differenza di
quanto avviene per reazioni del I ordine, si esaurisce in un tempo finito pari a

. Al di là di questo tempo, in assenza del reagente, il composto

intermedio P non può più essere prodotto, mentre continua ad essere


127

consumato per effetto della seconda reazione che dà luogo alla formazione di R.
Il valore massimo che raggiunge C P è quindi quello corrispondente al tempo t Afin
e vale, evidentemente:

(6.45)

Dopo il tempo tAfin, il bilancio di P diventa:

CP(t) = CP,max – k2 t per t > (6.46)

Seguendo la legge lineare (6.46) CP(t) raggiungerà il valore nullo quando la


massima quantità di P raggiunta nel BSTR sarà stata consumata per la
formazione di R. Questo evento si verifica al tempo:

(6.47)

Il bilancio del prodotto R resta inalterato (eq.6.44) fino all’esaurimento di P; di


conseguenza la sua concentrazione continuerà ad aumentare fino al tempo dato
dall’eq.(6.47). Al di là di questo tempo la sua concentrazione resterà costante nel
tempo.
Nelle Figs.6.2-6.4 sono riportati gli andamenti nel tempo dei tre componenti,
rispettivamente, avendo assunto:

C°A = 1 M C°P = 0 C°R = 0


k1 = 3 [tempo] -1
k2 = 2 [tempo]-1

In queste condizioni, il tempo richiesto per l’esaurimento del reagente A vale


0.333 e quello richiesto per l’esaurimento di P è pari a 0.167. La massima
concentrazione di P raggiunta è 0.333 M.

Fig. 6.2 – Andamento della concentrazione di A nelle tre fasi della reazione
128

Fig. 6.3 – Andamento della concentrazione di P nelle tre fasi della reazione

Fig. 6.4 – Andamento della concentrazione di R nelle tre fasi della reazione

Le Figs. 6.5-6.7 si riferiscono a condizioni iniziali caratterizzate da C° A = 2 M; C°P


= 0.5 M; C°R = 0.1 M.

Fig. 6.5 – Andamento nel tempo della concentrazione di A


con C°A = 2 M
129

Fig. 6.6 – Andamento nel tempo della concentrazione di P


con C°A = 2 M e C°P = 0.5 M

Fig. 6.7 – Andamento nel tempo della concentrazione di R


con C°A = 2 M, C°P = 0.5 M e C°R = 0.1 M

Il diverso comportamento delle reazioni in serie del I ordine e di quelle di


ordine 0 fornisce una possibile strategia per l’interpretazione di dati cinetici. Un
primo esame può riguardare l’andamento nel tempo della concentrazione del
reagente A. Poiché questo componente partecipa ad una sola reazione, la
trattazione non differisce da quella esemplificata al par. 5.5.1.b nel caso di
reazioni irreversibili.6 Pertanto l’andamento lineare con il tempo di C A o della

variabile consente di stabilire se la reazione A  P è di ordine zero o

del I ordine, rispettivamente (v. eq. 6.42 e 6.32).


Altre informazioni derivano dall’andamento nel tempo della concentrazione del
prodotto intermedio P: per reazioni di ordine zero tale andamento è lineare,
mentre per reazioni di ordine diverso da zero si osservano andamenti non
lineari.
Infine, ulteriori elementi derivano dall’effetto che la concentrazione iniziale del
reagente A ha sul valor massimo di C P(t). Sia per reazioni di ordine zero che del
I ordine tale massimo cresce linearmente con C° A (v. eqs. 6.41 e 6.45), o anche il
rapporto CP,max/C°A è indipendente da C°A. In queste condizioni non è possibile
discernere, con questo esame, fra ordine di reazione 0 ed 1. Ma se C P,max/C°A
varia con C°A si possono avere indicazioni sul rapporto fra l’ordine della I
6
Nel caso che la prima reazione sia reversibile, il problema risulta molto più complesso per la presenza del composto P
che interviene in due reazioni: quella inversa P A e la seconda reazione della serie: P  R.
130

reazione e quello della II reazione. In particolare, se C P,max/C°A aumenta con C°A


la formazione di P da A è cineticamente favorita dalla concentrazione di A e,
quindi, la I reazione è di ordine maggiore della seconda. Viceversa, se C P,max/C°A
decresce con C°A, è la reazione P  R ad essere di ordine superiore alla reazione
A  P.

6.8 Il concetto di stadio controllante

Una trasformazione che avvenga attraverso più stadi successivi in serie può
essere descritta, in particolari condizioni, da equazioni semplificate che
evidenziano una proprietà fondamentale detta dello stadio controllante (o
limitante).
Questo concetto può essere illustrato con riferimento alle reazioni in serie
trattate nel par. 6.7.
Se la costante cinetica k2 della reazione P  R è molto maggiore di k1 ( k2 >> k1),
l’andamento nel tempo della concentrazione di R (eq. 6.39) assume la forma
approssimata seguente:

(6.48)

L’eq.(6.48) indica che CR(t) è determinato, sostanzialmente, dalla cinetica della I


reazione (A  P), cioè dalla reazione che ha la costante cinetica più bassa.
Analogamente, nel caso opposto che sia k1 >> k2, l’eq.4.39 diventa:

(6.49)

e l’andamento CR(t) è determinato dalla II reazione, cioè anche questa volta dalla
reazione che ha la costante cinetica più bassa.
Nel caso dell’eq.(6.48) la prima reazione rappresenta lo stadio controllante, mentre
nel caso dell’eq.(6.49) lo stadio controllante è costituito dalla seconda reazione.
Se l’inverso della costante cinetica viene considerata come una resistenza alla
trasformazione (o tempo caratteristico), si può affermare che lo stadio controllante
è quello caratterizzato da una resistenza (o da un tempo caratteristico) molto
maggiore delle altre in serie.
Evidentemente, se le resistenze sono dello stesso ordine di grandezza, non esiste
uno stadio controllante.
Un altro esempio di resistenze in serie tipico della cinetica chimica può essere
tratto dal meccanismo delle reazioni eterogenee fluido-solido, che sarà
sviluppato più a fondo successivamente:

Af + Bs  Pf (6.50)

In questi casi, il reagente A si trova allo stato fluido (gas o liquido) mentre il
reagente B è, invece, presente come solido. La reazione può dar luogo a prodotti
solido o fluidi: nello schema dell’eq.(6.50) si è considerata la formazione di un
unico prodotto fluido. Se si assume che B sia praticamente insolubile nella fase
131

fluida e che A non si solubilizzi nel solido, la reazione fra A e B avviene sulla
superficie di contatto fluido/solido.
Perché la reazione decorra è necessario, quindi, che ci sia un flusso di A dalla
massa del fluido verso l’interfaccia fluido/solido. Com’è noto, tale flusso di
materia JA può essere rappresentato, mediante la così detta teoria del film, come
prodotto di un coefficiente di trasporto kAC per il salto motore delle
concentrazioni che si immagina localizzato nel film fluido (v. Fig. 6.8):

(6.51)

CAf

CAs

Fig.6.8 – Flusso di A verso una particella sferica di B

Si supponga ora di poter descrivere la velocità di reazione istantanea mediante


una cinetica del I ordine:

(6.52)

dove l’apice s in (-rAs) e l’indice s della costante cinetica indicano che la velocità
di reazione è riferita all’unità di area di interfaccia (moli [tempo] -1 [L]-2) (v.
Eq.5.5) anziché all’unità di volume di fluido come fatto finora nel caso delle
reazioni omogenee. Questa scelta rende dimensionalmente omogenei il flusso di
materia e la velocità di reazione.
L’eq.(6.52) mostra chiaramente che la velocità di reazione è determinata dalla
concentrazione CAs di A sulla superficie in corrispondenza alla quale avviene la
reazione e non da quella caratteristica della massa del fluido.
Il valore di CAs, tuttavia, non è immediatamente noto dalle condizioni operative
nelle quali avviene la reazione. Esso può essere determinato imponendo, in
condizioni stazionarie, l’uguaglianza fra la portata di A ([moli]/[tempo]) che
arriva per trasporto di materia sulla superficie del solido e la quantità di A che
su tale superficie è consumata dalla reazione nell’unità di tempo:

(6.53)

dove S indica l’area della superficie di interfaccia fluido/solido.


Dalla (6.53) si ricava facilmente:

(6.54)
132

Se questa espressione viene sostituita nell’eq.(6.52) si ottiene la velocità di


reazione in termini della variabile operativa CAf:

(6.55)

Nella relazione precedente sono evidenziate le resistenze offerte dal film fluido
al trasporto di materia (Rfilm) e dalla reazione chimica superficiale (Rreaz). Come si
può osservare, trattandosi di resistenze in serie, la resistenza totale è data dalla
somma delle singole resistenze (così come avviene per le resistenze elettriche).
In taluni casi, una delle due resistenze può essere notevolmente maggiore
dell’altra. In queste condizioni, il fenomeno caratterizzato dalla resistenza
maggiore costituisce lo step controllante.
Se, ad esempio, è controllante il trasporto di materia nel film fluido (Rfilm >>
Rreaz), si ha:

(6.56)

mentre nel caso di controllo della reazione chimica:

(6.57)

Per quanto riguarda i salti motori (Fig.6.8) in queste due condizioni estreme,
dall’eq.(6.54) si può osservare che:

1. Controllo del trasporto di materia:

CAs << CAf (CAf – CAs)  CAf


2. Controllo della reazione chimica :

CAs  CAf

Le due situazioni sono illustrate nelle figure seguenti:

CAf

CAs<<CAf
133

Fig.6.9 – Controllo del film fluido

CAf

CAs CAf

Fig.6.10 – Controllo della reazione chimica

A conclusione di queste considerazioni sullo step controllante di fenomeni in


serie è bene osservare che, paradossalmente, tutte le trasformazioni che
caratterizzano i vari stadi del processo possono avvenire alla stessa velocità 7.
Pertanto, espressioni come “stadio lento” di un processo, utilizzate anche
diffusamente per denominare lo stadio controllante, non sono strettamente
corrette. Ciò che caratterizza realmente lo step controllante è il valore elevato
della sua resistenza caratteristica in base alla quale si stabiliscono forze motrici
tali da garantire, in condizioni stazionarie, l’uguaglianza delle velocità.

Il comportamento del sistema è radicalmente diverso in presenza di


trasformazioni in parallelo. In questo caso, se uno dei cammini in parallelo è
caratterizzato da un’elevata resistenza, la trasformazione può essere descritta
unicamente in base al fenomeno che offre minor resistenza.
Questa osservazione risulta immediatamente chiara se si fa riferimento
all’analogia idraulica rappresentata nella Figura seguente.
Se la resistenza offerta dalla valvola V1 è molto maggiore di quella offerta dalla
valvola V2, la portata di fluido che scorre nella tubazione a valle è
sostanzialmente uguale a quella che passa attraverso la valvola V2, mentre la
tubazione che contiene V1 contribuisce in maniera trascurabile.

V1

7
Si consideri, ad esempio, la condizione V2
(6.53)
134

D’altronde è immediato osservare che, se nell’eq.(6.36) che caratterizza la


velocità di consumo del reagente A per reazioni in parallelo in competizione,
una delle due reazioni ha una costante cinetica molto più bassa dell’altra (per
esempio k1 << k2) e quindi una resistenza molto più elevata, nel bilancio di
materia di A si può trascurare il contributo di questa reazione.

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