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Principi della Chimica Industriale

La chimica Industriale si procura le materie prime per farne prodotti semilavorati da fornire come materiali di base
ad ogni altro settore dell’Industria.
MATERIE PRIME NATURALI:
o Litosfera (crosta terrestre): metalli e non metalli, carboni, petroli, gas naturali, solfati (Ba, Ca), nitrati, fosfati,
carbonati (calcari, marne), silice, silicati,…
o Idrosfera: acqua, NaCl, iodio, bromo;
o Atmosfera: Aria, Azoto, ossigeno e gas nobili;
o Dal mondo vegetale la chimica industriale ricava materie prime importanti come essenze, cellulosa, grassi
vegetali;
o Dal mondo animale la chimica industriale ricava grassi animali e enzimi utili nel settore delle biotecnologie
(fermentazioni);

Materie prime riserve stimate:

Benzina e diesel insieme all’acido solforico sono i prodotti base e intermedi più prodotti su larga scala.

Esistono tre categorie di prodotti chimici e sono i Commodities, Fine and Speciality chemicals
I Commodities(Bulk chemicals) comprendono prodotti in grande quantità e vengono venduti sulla base della
purezza e del prezzo. I Fine
chemicals vengono prodotti in quantità limitata e venduti sulla base della composizione, purezza e prezzo.
Gli Speciality chemicals (functional chemicals) vengono prodotti in quantità generalmente limitata e venduti sulla
base della loro funzione.

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Sostenibilità- I 12 Principi della Green Chemistry
1) Prevenzione della formazione di sostanze indesiderate
2) Atom economy (A + B → C + D, se C è il prodotto desiderato), AE = PMC/(PMC + PMD)
3) Diminuzione dell’uso di sostanze pericolose e della loro generazione in reazioni di sintesi
4) Progettazione e sintesi di sostanze più sicure
5) Impiego di solventi e sostanze ausiliarie più sicure e in minor quantità
6) Miglioramento dell’efficienza energetica dei processi e preferenza di sintesi condotte a temperatura e pressione
ambiente
7) Uso di risorse rinnovabili
8) Riduzione dei derivati non necessari
9) Utilizzo di processi catalitici selettivi
10) Progettazione di sostanze facilmente degradabili alla fine della loro vita utile
11) Prevenzione della formazione di sostanze inquinanti e pericolose attraverso metodi analitici
di controllo continuo
12) Prevenzione degli incidenti attraverso la sicurezza intrinseca

Bisogna effettuare uno studio


termodinamico per rendersi conto che sia
fattibile e raggiungere la massima resa
termodinamica.
N.B.: Se il processo è possibile non è detto
che sia industrialmente realizzabile,
bisognerà fare uno studio cinetico della
reazione (per studiarne la velocità).

Il ΔG˚ di formazione dei composti degli elementi e dei ΔG˚ di reazione che indicano l’eventuale possibilità di
realizzazione di una reazione dal punto di vista termodinamico.
Es:

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Problemi termodinamici riguardanti la chimica industriale

ΔH < 0 : processo esotermico ΔH > 0 : processo endotermico

Entalpia standard (grandezza estensiva)


• Si e’ deciso di considerare una pressione
standard di 1 bar
• per la temperatura NON si è fissato uno
standard, ma convenzionalmente si usa 25
°C (298.15 K)
• • Lo stato standard di una sostanza ad una
certa temperatura, è la sua forma pura alla
pressione di 1 bar

Legge di Hess:
per una reazione suddivisa in più stadi, il H totale è la somma delle variazioni di entalpia dei singoli stadi.
La legge di Hess si basa sul fatto che l’Entalpia è una funzione di stato, è semplicemente una applicazione del primo
principio della termodinamica a processi a pressione costante.

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Entalpia Standard di Reazione:

Variazione del rH° con la Temperatura

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Energia di Gibbs e Spontaneità
In un sistema in equilibrio termico e meccanico, chiuso agli scambi di materia e lavoro con l’ambiente, una reazione
chimica avviene spontaneamente se ∆G è negativo.
• Poichè: G = H – TS
• La variazione finita di G è: ΔG = ΔH- Δ (TS)
• A T e P costante: ΔG = ΔH- TΔS
ΔG < 0 - processo spontaneo
ΔG > 0 - processo non spontaneo (spontaneo nella direzione opposta)
ΔG = 0 - sistema in equilibrio

Energia di Gibbs standard di Reazione: Le entalpie e le entropie molari standard si possono combinare
per ottenere le energie di Gibbs molari standard.

-G˚ si riferisce a condizioni standard (1 bar)

Energia di Gibbs standard di Reazione

esercizio:

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ΔṟG=0→ derivata prima=0

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Se approssimiamo le fugacità con le pressioni:

+++ESERCIZIO+++

Inizialmente abbiamo 0.060 mol di SO3 in 1L a 1000 K; all’equilibrio troviamo che il 36.7% della SO3 e’ dissociata.
Calcolare la Kc.

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Principio di Le Chatelier:
Supponiamo di avere un sistema all’equilibrio e lo perturbiamo:
➢ Aggiungendo o sottraendo reagenti e/o prodotti;
➢ Variando le dimensioni del contenitore;
➢ Variando la pressione;
➢ Variando la Temperatura;

L’applicazione di una pressione tot superiore tende a spostare verso destra la composizione, non l’equlibrio Kp.
Abbassando invece la pressione tot, il fattore 2 aumenta e il fattore 1 di conseguenza diminuiscee quindi si avrà uno
spostamento della reazione verso i reagenti.( Tutto questo avviene in una reazione che va verso una diminuzione di
numero di moli).
Se prendo invece una reazione che va verso un aumento il numero di moli il discorso è all’opposto, ovvero se
aumento la pressione, la composizione si sposata verso sinistra, invece se diminuisco la pressione totale, la reazione
si sposterà come composizione verso destra.
Se la reazione non avrà una variazione di numero di moli vuol dire che l’esponente della pressione totale è uguale a
0, la pressione totale si semplificherà al numeratore e denominatore e quindi l’effetto della pressione non ci sarà.
(Tutti i reagenti e prodotti sono in fase gassosa).

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Equazione di Van’t Hoff:
L’equazione di Van’t Hoff permette di calcolare la costante di equilibrio a diverse temperature. Assumendo che
l’Entalpia di reazione non vari con la temperatura, possiamo ricavare:

Questa reazione non ha alcun tipo di problema dal punto di vista termodinamico, ma dal punto di vista cinetico non
va, serve un catalizzatore adeguato per la sintesi dell’ammoniaca. Questo catalizzatore viene utilizzato a
temperature oltre i 500 ˚C, sfavorendo la termodinamica, allora si applica una pressione enorme( 200-300 atm),
arrivando ad una resa pari al 30%(resa di passaggio). Quello che non viene convertito viene rimmesso nella reazione
e si raggiunge cosi’ la resa del 90%. Si utilizzano anche inerti per aiutare la termodinamica.
Processo in condizione continua.

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Gas ideali e gas reali

Le molecole che compongono il gas ideale vengono considerate puntiformi e non interagiscono fra loro.

Miscele di Gas Ideali:

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I Gas Reali:
• I gas reali non sempre si comportano idealmente, specialmente a basse temperature e alte pressioni.
• Gli atomi e le molecole hanno un volume finito, anche allo zero assoluto, le molecole interagiscono fra loro.

Fattore di Compressione:
Possiamo definire una grandezza che misuri la deviazione di un gas dalle condizioni ideali:

Per un gas ideale, Z = 1 per ogni stato termodinamico

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PV
Z=
RT
PV
=1 è un gas in condizioni ideali, rimane costante al variare della pressione.
RT

A pressioni basse il gas si comporta idealmente.

Regola degli Stati corrispondenti


𝑧𝑖 = 𝑧𝑖 (T,P)
Se esprimiamo z in funzione di Tr e Pr :
Temperatura ridotta Pressione ridotta

Regione di coesistenza tra fase liquido e gas, alla quale corrisponde un punto critico, alla quale corrisponde una
isoterma, che è proprio il valore della Temperatura critica che si associa alla corrispondente pressione critica e
volume critico.
Al di sopra della temperatura critica non è possibile liquefare un sistema indipendente mente dalla pressione.
Ad esempio nel grafico in alto a dx è riportato l’isoterma sperimentale della CO₂, la T critica ha dei valori ben precisi,
31˚C e pressione corrispondente di 72,8 atm.

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Questa tabella mostra come i valori
di Zc siano tutti molto simili, con una
media di circa 0,27.Zc non è altro che
PV
lo Z=RT dove al posto di V, T e Psono
stati sostituiti con i corrispondenti
valori di Temperatura critica, Volume
critico e Pressione critica.

Vale per tutti i gas (Come per i gas


ideali!)

Questa relazione è applicabile a tutti i gas


Per T alte e P basse tende a seguire il comportsmento di gas ideale

Coefficienti di Fugacità per GAS REALI PURI

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Si può a andare a ricavare i valori di Tcritica per esempio dell’ azoto, dopodichè di volume e pressione ridotta(ad
esempio =3). Con il 3 partendo dall’ascissa ci fermeremo quando toccheremo l’isoterma corrispondente alla
temperatura ridotta del sistema, quindi Tr=2, si va in orizzontale fino ad arrivare al valore di Z’. Lo Z’ lo introdurrò in
questa relazione:
Poi lo Zc dell’azoto che è preso in tabella dei parametri critici(0,291) che andrà
inserito al posto della Zc.
Se Zc è maggiore di 0,27 prenderò il valore di Da(2 colonna) altrimenti quello di Db
che è la prima colonna in corrispondenza della pressione e temperatura ridotta che
ho.

Il valore di Z lo si utilizza qui, per calcolare il volume in quelle


circostanze al di fuori dalle condizioni di idealità.

Ognuno di questi metodi ha i suoi punti a favore e punti a sfavore, bisogna valutare composto per composto quale è
più costante nelle deviazioni, come
l’etilene(stati corrispondenti).

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La fugacità per i gas reali è uguale a 1.

Diagramma generalizzato, grafico che vale per tutti i gas = a 0,27, altrimenti si fa la correzione.

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Le molecole dei due diversi gas reagiscono in modo ideale, oppure la miscela di due gas non ideeali si comporta in
modo non ideale, la Kp oltre che dipendere da temperatura e pressione dipenderà anche dalla composizione del
sistema( il che lo rende un sistema molto complesso da srudiare).

La legge di Amagat sperimentalmente funziona bene

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𝑃𝑡𝑜𝑡
Si utilizza la tebella dei valori critici e per l’ammoniaca si utilizza la legge di amagat, Pr= .
𝑃𝑐

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Energia libera di Gibbs e Reazioni di Idrogenazione industriali

Un asse per ogni legame, la molecola


ruotando assume 3 posizioni.
L’etanolo non ha nessun tipo di
simmetria

Butadiene ha un solo asse con due


posizioni indistinguibili, rotazione 180

Benzene ha 3 assi(2 posizioni) e un
centro, quindi si hanno 6 rotazioni
possibili di 60 ᴼ che possono
sovrapporsi

A positivo →reazione endotermica


A negativo→ reazione esotermica

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I VALORI DI A E DI B SONO TABULATI

sommatoria dei contributi

Si annulla quando si pone il ΔGᴼ è


uguale a zero, la costante di equilibrio
assumerà un valore unitario, vuol
dire che ci sarà la copresenza di
reagenti e prodotti e si può
determianre una T min e max, quindi
imponendo ΔGᴼ= 0 potremo
determinare la T in questo caso è una
reazione endotermica, T superiore a
quella calcolata che la favorisce.
(trovare un compromesso per la T che
non può essere troppo elevata, per
costi e resistenza dei materiali a
elevate T.)
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L’aumento della pressione porta ad aumentare la % di reagenti a discapito dei prodotti

Note le ΔHfᴼ (entalpie standard di formazione) e le Sᴼ (entropie standard) di tutte le sostanze implicate in una data
reazione chimica, è facile calcolare ΔGᴼ .
→(resa termodinamica), la resa reale è più bassa
- della resa termodinamica

La T non deve superare la Tmax o la resa termodinamica


sarà bassa

La T deve superare la Tmin o la resa termodinamica sarà


bassa

Limiti nell’applicazione delle Pressioni di esercizio

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1) In generale se incontrerete un processo che lavora a P elevata significa: Che la T per cui ΔGᴼ = 0 sfavorisce il
processo termodinamicamente, quindi si aumenta P per spostare equilibrio a DX; ( P elevata oltre 100 atm)
2) Lo stesso vale per processi che lavorano a basse pressioni; (P=10 atm)
3) Si cerca solitamente di evitare di lavorare a limiti estremi di P (altissime P o sotto vuoto) per questioni
economiche principalmente;
4) Per abbassare le P parziali di reagenti e prodotti si può sfruttare l’effetto della presenza di gas inerti;

Caso ideale, in cui la quantità di prodotto all’equilibrio sarà quello che ci dice la costante di equilibrio, ma nel caso
reale potrebbero esserci prodotti intermedi che portano a reazioni consecutive.

(T min, la T deve essere superiore a questo valore purchè si aumenti la resa)


-Reazione di equilibrio

In pratica si opera ad una T di circa 700 °C (627 → 700°C), con un catalizzatore (Ni) per aumentare la velocità di reaz.
ed evitare la formazione di nerofumo e con eccesso di vapor d’acqua (costa nulla), si sposta la reazione verso dx
Si opera sotto Pressione a qualche decina di atm che è più conveniente per produttività (e non sotto vuoto):
1) Perchè CH4 + H2O sono disponibili sotto pressione
2) Perchè il CO + 3 H2 vengono usati sotto pressione

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Leggendo la tabella si avrà: (Tmin da raggiungere per avere resa di circa 50%) se più alta la resa aumenta e quindi si
favorisce la formazione dei prodotti:
-1400K per la deidrogenazione del metano;
-1060K per la deidrogenazione dell’etano;
-990K per la deidrogenazione del butene;
-565K per la deidrogenazione del cicloesano;

Queste considerazioni valgono solamente per reazione condotte in un solo passaggio, in ambito industriale si hanno
molti processi in continuo( ovvero reazioni dove viene aggiunto reagente e prelevato prodotto)
Non devono inoltre esserci assenza di ricicli, ovvero reagenti non reagiti rimmessi sul letto catalizzatore.

(Esempio: nella sintesi di ammoniaca la resa per passaggio(senza riciclo) la resa è del 20%, in presenza di riciclo si può
ottenere fino al 100%.)

La T alla quale si opera deve essere tenuta presente in base alla stabilità di reagenti e prodotti e di catalizzatori, ai
mezzi per fornire il calore e resistenza dei materiali.
Per reazioni di deidrogenazioni quindi le T devono essere elevate ma non elevatissime, e pressioni generalmente
basse.

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2

𝛥𝐺ᴼ
Rappresenta il rapporto in funzione della T.
𝑛ᴼ 𝑎𝑡𝑜𝑚𝑖 𝑑𝑖 𝐶 𝑡𝑟𝑎 𝑟𝑒𝑎𝑔𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑒 𝑝𝑟𝑜𝑑𝑜𝑡𝑡𝑖
Bisogna incrociare le curve.
E’ una curva di stabilità del metano in funzione della T, è il composto più stabile fino ad un certo valore, 800K sopra
gli 800K si decompone a C e H2 .
La curva dell’acetilene è molto instabile. Il metano è più instabile dell’acetilene a T sopra alla T di minimo, ovvero
sopra i circa 1440K.
La temperatura cambia la costante di equilibrio(K), e anche la composizione, se invece tengo fissa la T e cambio la
Pressione, la pressione poi cambierà la composizione. Quindi la composizione posso cambiarla variando la Pe la T.

Resa termodinamica è la resa che si raggiunge a tempo infinito.La resa reale può coincidere con la resa
termodinamica, ma molto spesso la resa reale è molto bassa.

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• In questo caso la resa termodinamica rispetto a acetilene è bassa
• Il grafico della resa di acetilene in funzione del tempo è a CAMPANA
• Tempi di contatto ( il tempo che la miscela sta a contatto con il catalizzatore) brevi (pochi ms) posso congelare
parzialmente la reazione successiva (raffreddamento immediato dopo la reazione)
• uso di catalizzatori selettivi
Reazioni di competizione che diminuiscono la resa reale
All’inizio la reazione principale sarà favorita, poi man mano che la reazione procede la concentrazione dei reagenti
diminuirà, quella dei prodotti aumenterà, avendo maggiore prodotto, sarà più facile che possa decomporsi, ovvero
nella seconda fase, a conversione più elevata più che limitata

Deidrogenazione dell’etilbenzene a stirene

Nella deidrogenazione che di solito ha luogo a temperature molto elevate gioca un ruolo fondamentale la scelta del
catalizzatore che deve dirigere selettivamente la reazione e, in particolar modo quando sono possibili da un punto di
vista termodinamico altre reazioni quali la pirolisi e la decomposizione. La deidrogenazione consiste
nell’eliminazione di idrogeno da un composto organico come, ad esempio, nella formazione di stirene da
etilbenzene, nella deidrociclizzazione degli idrocarburi alifatici ad aromatici e nella sintesi di aldeidi e chetoni da
alcoli.
La deidrogenazione dell’etilbenzene è il processo più importante per la produzione industriale di stirene, uno dei
monomeri di più larga applicazione nel campo delle materie plastiche.
Aspetti termodinamici della reazione. La formazione di stirene da etilbenzene è una reazione endotermica
reversibile:

I dati sperimentali rivelano che la reazione da sinistra verso destra è favorita alle alte temperature. Poiché la
reazione avviene con un aumento delle molecole essa sarà favorita, sulla base del principio dell’equilibrio mobile di
Le Chatelier, da una diminuzione di pressione. In pratica, per favorire la reazione da un punto di vista
termodinamico, anziché operare a pressione ridotta, si riduce la pressione parziale dei prodotti mediante una
diluizione con vapore surriscaldato, che ha anche lo scopo di fornire il calore occorrente per la reazione e aumenta la
concentrazione di reagenti e riduce una delle reazioni collaterali, ovvero la formazione di depositi carboniosi sulla
superficie de catalizzatore.
La deidrogenazione puramente termica(senza catalizzatore) dell’etilbenzene a temperature di 700-740 °C è molto
lenta e le selettività in stirene non sono superiori al 38-55%.

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Diluendo i gas con vapore acqueo o inerti come azoto, a 650 °C la selettività ha valori massimi del 71-75%. La
deidrogenazione termica è una reazione in fase omogenea, a catena per radicali liberi, complicata da reazioni di
dealchilazione, idrodealchilazione, cracking( Il cracking è la rottura di un legame C-C), e polimerizzazione. Si
verificano cioè, in modo massiccio, tutte le reazioni termodinamicamente possibili.

• Catalizzatori rigenerabili con aria;


• Catalizzatori rigenerabili con vapore d’acqua;
• Catalizzatori autorigeneranti;

I catalizzatori delle prime due classi sono stati completamente abbandonati in quanto la necessità di rigenerazione
provocava frequenti fermate degli impianti con relativa perdita di produzione. Alla terza classe di catalizzatori
appartengono gli ossidi di ferro con un sale di potassio in qualità di attivatore che favorisce, tra l’altro, anche
l’eliminazione dei composti carboniosi, mediante le reazioni del gas d’acqua.

REAZIONE DI WATER GAS SHIFT

Questi catalizzatori contengono anche quantità variabili di vari ossidi quali additivi come triossido di dicromo,
l’ossido di magnesio e di rame che hanno la funzione di allungarne la vita e ridurre la temperatura di reazione.

Le temperature di reazione sono tra 550 e 630 °C, perchè hanno effetto anche sul catalizzatore, e per catalizzatore
eterogeneo non si può andare oltre, e nemmeno più basso altrimenti la reazione non raggiunge il valore
termodinamico. A temperature inferiori le cinetiche sono troppo lente mentre a temperature troppo alte e sia
l’etilbenzene sia lo stirene subiscono rapidamente il cracking sopra 610-620 °C.

È necessario quindi un rapidissimo quench(bloccare la reazione) per raffreddamento dei prodotti effluenti dal letto
catalitico per ridurre al minimo le reazioni collaterali. La conversione per passaggio è generalmente del 60-70% con
selettività verso lo stirene superiori al 93-95%.

Si procede mantenendo bassa la conversione dei nostri reagenti per passaggio, per rimanere con la selettività più
elevata, a conversione di passaggio più elevata si avranno reazioni secondarie, quindi poi bisognerà separarli e
smaltire i prodotti non desiderati. La conversione per passaggio non deve nemmeno essere troppo bassa, ad esempio
del 10%, perchè poi andrebbero riciclati il 90% dei reagenti, quindi bisogna trovare un giusto compromesso.
Avviene in stato stazionario.
Lo stato stazionario in un processo continuo è la costanza di composizione nel tempo di reagenti e prodotti.

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Nella natura viene prodotta ammoniaca, ma non abbastanza per soddisfare l’uso umano, come fertlizzanti, e
sopperire alla mancanza di nitrati. Oggi viene usato principalmente per la produzione di urea, acido nitrico, nitrato
d’ammonio,esplosivi,plastica e di fibre, ecc.
Il processo Haber-Bosch nel 1913

E’ una reazione esotermica, quindi imponendo il ΔGr ᴼ =0 si trova la T max, ovvero la temperaatura sopra alla quale la
reazione sarà sfavorita termodinamicamente.

Più alta è la T e più l’equilibrio sarà spostato a destra, invece aumentando la P l’equilibrio si sposterà verso il
prodotto.

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Effetto di P e T sulla percentuale di NH3 all’equilibrio

Migliore

A Pressioni basse (10atm), da una resa di circa 65%, all’aumentare della T diminuirà, se si aumenta la pressione,
aumenterà la resa di ammoniaca.

Condizioni di reazione industriali


La reazione è favorita termodinamicamente a bassa T e la resa all’equilibrio è favorita sotto pressione (la reazione
avviene con diminuzione del numero di moli).

A basse temperature la cinetica è molto sfavorevole e soprattutto occorre impiegare un catalizzatore. I dati
termodinamici mostrano che per temperature di reazione di 350-400 °C, alle quali risultano sufficientemente attivi i
catalizzatori commerciali, keq < 1; per avere rese soddisfacenti occorre operare sotto pressione.

Dal momento che in queste condizioni la conversione per passaggio non è completa, è necessario riciclare i reagenti
dopo aver separato l’ammoniaca. Occorre inoltre limitare la percentuale di inerti presenti nel gas di alimentazione e
prevedere uno spurgo affinché gli inerti non si accumulino all’interno del ciclo.
Quanto maggiore sarà la pressione, migliore sarà la resa per passaggio e quindi minore quantità di reagenti da
riciclare.

Se abbiamo noto il valore della Ptot e della costante di equilibrio possiamo poi determinare la K dei coefficenti di
fugacità.

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Per l’ammoniaca ognuno delle componenti del sistema essendo una miscela non ideale è ancora più complesso, si
può utilizzare la legge di Amagat, ad esempio( nel grafico piccolo a destra) se lavorassimo a 300 atm e 500ᴼC
otterremmo un valore di coefficente di fugacità prossimo a 0,8 e poi si andrebbe ad usare questo valore per calcolare
la resa di passaggio per questo sistema.

Effetto della presenza di inerti

La % di inerti può arrivare anche al 10%, quindi una diminuzione di circa il 9% in meno di ammoniaca all’equilibrio.

EFFETTO NEGATIVO DEGLI INERTI SULLA RESA PER PASSAGGIO


Se sono presenti 10 bar di pressione parziale di inerti e si lavora ad una pressione di 100 bar, vuol dire che la
pressione parziale di N2,H2 e NH3 complessiva sarà 90 bar,che è questa (Ptot-²).
Di conseguenza in presenza di inerti la pressione totale di reagenti e prodotti andrà a diminuire, con conseguente
spostamento della reazione verso sinistra. Aggiungendo inerti, si abbassa la pressione parziale di reagenti. Maggiore
è la pressione parziale degli inerti, minore sarà la pressione parziale di reagenti e prodotti e quindi minore la
percentuale di ammoniaca all’equilibrio. La reazione va verso una diminuzione di numero di moli.

Produttività degli impianti:


Attualmente gli impianti di sintesi dell’ammoniaca hanno una potenzialità per linea superiore a 1000 t/d.

A partire dagli anni ’70, a causa dell’aumento dei costi dell’energia, gli sviluppi maggiori hanno riguardato i
miglioramenti dell’efficienza energetica, con riduzione dei consumi specifici di energia.

Dagli inizi del 900 ad oggi l’ammoniaca si produce sempre nello stesso modo, ciò che cambia è la tecnologia.

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Aspetti cinetici:

E’ praticamente impossibile che la reazione di sintesi dell’ammoniaca decorra con velocità apprezzabile in assenza di
catalizzatore. Un urto tra una molecola di azoto con tre di idrogeno è statisticamente impossibile.
Infatti pensare che quattro molecole si incontrino con un’energia sufficiente perchè si combinino in due molecole di
ammoniaca senza catalizzatore diventa praticamente impossibile. L’urto bimolecolare tra una molecola di idrogeno e
una di azoto secondo la reazione seguente:

Con formazione di un intermedio reattivo (NH) che potrebbe idrogenarsi facilmente ad ammoniaca, richiede una
energia di attivazione di oltre 400 KJ. Nella pratica per avere una velocita di reazione appena percettibile occorre
arrivare a circa 1000 °C, temperatura alla quale la reazione è del tutto sfavorita termodinamicamente.
Sintesi termica impraticabile senza catalizzatore.

Il catalizzatore deve poter essere in grado di dissociare la molecola dell’azoto (entalpia di legame = 945 KJ/mole).
Il catalizzatore ideale deve essere in grado di adsorbire dissociativamente l’azoto, in modo tale da formare un nitruro
sufficientemente reattivo da reagire con l’H adsorbito per la sintesi di ammoniaca, che una volta formatasi, deve
poter desorbire facilmente dalla superficie del catalizzatore, lasciando libero il sito attivo.

Se andiamo ad aumentare la pressione parziale di H2 e N2 aumenteremo la velocità di formazione dell’ammoniaca,


mentre la velocità parziale dell’ ammoniaca andrà a ridurre la velocità di formazione dell’ammoniaca

Lo studio cinetico della sintesi dell’ammoniaca ha permesso di accertare che un passaggio decisivo del meccanismo
di reazione è costituito dalla rottura dei legami tra gli atomi nella molecola di azoto. (Rate determining step: stadio
di adsorbimento di N2 )

Il catalizzatore interviene proprio in questa fase: esso trattiene (o adsorbe) sulla sua superficie le molecole di N2 e
rende possibile la loro dissociazione in atomi, così come quella delle molecole di H2 . Gli atomi liberi possono reagire
così più rapidamente per formare le molecole di NH3 che non vengono trattenute dagli atomi di ferro e che si
allontanano dalla superficie.

I nitruri e idruri del Vanadio


sono molto più stabili dei
corrispettivi nitruri e idruri
di Ferro, e fa si che questi
intermedi impediscono il
successivo stadio di
reazione, perchè le energie
di attivazione che devono
essere superate diventano
troppo alta da superare per
quelli di Vanadio(stadio 2-
3= 53kcal), e questa
barriera energetica diventa
troppo dispendiosa da
superare confronto a
quella del Ferro, (ha
barriere di attivazione da
*=adsorbito superare molto più basse)
l= sito di adsorbimento sulla superficie del catalizzatore attivo (sito attivo)

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Il Catalizzatore
➢ Velocizzare il più possibile la reazione;
➢ operare alle più basse temperature possibili;
➢ conservare il più possibile a lungo le proprietà catalitiche; (molto importante)

Diversi sono i metalli che agiscono da catalizzatori nella sintesi dell'ammoniaca (Ni,W,Mo,Cr) ma quello che ha
trovato larga applicazione industriale è il Ferro. Il metallo comune presenta però un’attività catalitica pressoché
nulla, ma se viene ottenuto riducendo a bassa temperatura un ossido di ferro, esso allora presenta una notevole
attività, perchè assume cosi’una certa porosità che però diminuisce più o meno rapidamente.

Preparazione del catalizzatore


Nelle prime realizzazioni industriali di questa sintesi si è osservato che i risultati erano particolarmente buoni
partendo dalla magnetite (Fe3O4 cioè FeO.Fe2O3 ) ed i risultati erano ancor migliori partendo da magnetiti naturali,
per le piccole quantità di impurezze in esse presenti.

Le impurezze, che esaltano l'attività catalitica e ne prolungano la durata (attivatori), sono costituite da ossidi di
metalli ad alto punto di fusione, difficilmente riducibili, (MgO, ZrO2 , TiO2 , SiO2 , Al2O3 , Cr2O3 )

L'azione di questi attivatori è spiegata dal fatto che essi entrano, almeno in parte, in soluzione solida con la
magnetite e non vengono, successivamente, ridotti con idrogeno.

Il catalizzatore commerciale
Il precursore del catalizzatore attivo è a base di Fe ed è preparato a partire da magnetite (Fe3O4 ) addizionata con
promotori (Al2O3 , K2O, e CaO). Il catalizzatore attivo viene ottenuto attraverso un processo di riduzione(viene ridotto
solo il Ferro) mediante corrente di H2 e N2 , al fine di ottenere un materiale altamente poroso costituito da aggregati
microcristallini di ferro metallico (cristalliti).

La composizione in superficie è sensibilmente diversa da quella di


massa per il catalizzatore sia prima che dopo la riduzione;
si osserva un sensibile arricchimento superficiale dei
promotori (K, Al e Ca).

Per superficie si intende anche la superficie all’interno della


porosità della particella, solo lo strato più esterno potrà
coinvolgere i siti attivi.

Produzione del catalizzatore


Il catalizzatore è preparato a partire da ossidi per fusione in forno all’arco elettrico. Questo metodo preparativo
presenta i seguenti vantaggi:
- T >1000 °C la magnetite è la fase ossidica termodinamicamente stabile del Ferro;
-la magnetite è particolarmente adatta come precursore del catalizzatore;
-la sua conducibilità elettrica è elevata.

Il catalizzatore è raffreddato velocemente (la distribuzione dei promotori è idealmente congelata nella condizione di
alta temperatura), macinato in granuli e ridotto in corrente di H2 + N2 Il catalizzatore può essere caricato nel reattore
nella forma ossidata e ridotto nel reattore.
La riduzione deve essere effettuata mantenendo bassa la pressione parziale del vapor d’acqua ed evitando il
contatto tra vapor d’acqua e catalizzatore ridotto ad alta temperatura. (perchè il vapor d’acqua è un “veleno” per il
catalizzatore).

31
Pertanto la riduzione deve essere effettuata ad alte SV (5000-15000 h-1), a bassa temperatura e bassa pressione (7-
12 MPa e 25-30 MPa negli impianti operanti a bassa ed alta pressione).
La riduzione completa è raggiunta a temperature di 400 – 440 °C.

Operando in modo controllato (aumento progressivo della temperatura mantenendo sotto controllo la pressione
parziale-portata di acqua in uscita) si arriva alla capacità di produzione piena dell’impianto in 4 – 10 giorni.

I catalizzatori pre-ridotti stabilizzati (ossidati in superficie) hanno largamente rimpiazzato i catalizzatori ossidati.

Promotori:
Al2O3 , MgO, e CaO sono promotori protettori, in quanto proteggono il catalizzatore dall’invecchiamento.
In assenza di protettori l’attività decade rapidamente in quanto alle condizioni di reazione (150-200 bar e oltre 350
°C) si ha una rapida aggregazione dei cristalliti con accrescimento delle loro dimensioni e diminuzione dell’area
specifica e dei centri attivi. (servono quindi a mantenere l’attività, a preservarli)
I protettori non vengono ridotti e rimangono allo stato di ossidi nella struttura interponendosi tra i cristalliti di ferro
e impedendo la crescita dei cristalli con conseguente decadimento dell’attività.

Gli ossidi alcalini come K2O (e in una certa misura CaO) agiscono invece da promotori attivatori, in quanto
impartendo una certa alcalinità al catalizzatore, facilitano lo stadio di dessorbimento dell’ammoniaca( uno dei più
importanti) dalla superficie del catalizzatore.
( per aumentare la cinetica, si velocizza lo stadio di dessorbimento di ammoniaca).

Quando si parla di catalisi eterogenea si aggiungono altri stadi oltre a questi chimici:
Si aggiungono altri stadi fisici, che possono essere cineticamente determinanti:
▪ stadio di trasferimento delle molecole sulla superficie esterna del granulo del catalizzatore
▪ stadio di spostamento di questi reagenti dalla superficie esterna fino al sito attivo del catalizzatore che è un
trasferimento di massa ma che ha una certa velocità
▪ stadio di spostamernto dei prodotti dal sito attivo fino alla superficie esterna e
▪ stadio di allontanamento superficie esterna fino alla massa
ognuno di quesrti stadi ha la propria velocità di reazione, tra tutte queste velocità quella più lenta è lo stadio
determinante, che andrà a limitare il processo dal punto di vista della produttività, ovvero della cinetico).

Dimensione e forma del catalizzatore:


Dimensione e forma del catalizzatore influenzano:
- le prestazioni catalitiche;
- la perdita di carico nel reattore.

• Granuli con diametro maggiore diminuiscono la produzione di ammoniaca in quanto solo lo spessore di 1-2
mm in prossimità della superficie esterna della particella di catalizzatore partecipa alla reazione, quindi
particelle molto grandi avranno mediamente una minor area superficiale attiva e quindi un numero inferiore
di siti attivi. Se la dimensione dei granuli aumenta da 1 a 8 mm l’area superficiale diminuisce(che determina
l’attività del catalizzatore può diminuire) da 11- 16 a 3-8 m2 /g.

• Per quanto riguarda la perdita di carico (tanto maggiore quanto maggiore il flusso di reagenti incontra un
ostacolo, perdita di pressione) ,maggiore è la dimensione delle particelle minore è la perdita di carico
(abbassamento di pressione prima e dopo il letto di catalizzatore). Minore è la dimensione delle particelle
maggiore è la perdita di carico(perchè blocca di più. Mediamente si opera con granuli di 6-10 mm (da 2-4
mm fino a 14-20 mm).

Bisognerà trovare una dimensione ottimale di particelle nè troppo piccola nè troppo grande, per minimizzare le
perdite di carico ma non troppo grandi per diminuire le prestazioni catalitiche, bisognerà trovare una compensazione.

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Variabili operative del processo:

alta velocità spaziale determina


perdita di carico, →maggiori
reagenti da riciclare, conversione
per passaggio più bassa, e quindi
maggiore lavoro di compressione

Gli inerti abbassano la resa termodinamica e resa complessiva del processo lo spurgo però fa uscire anche reagenti e
prodotti, quindi abbassa la resa.

Rappresenta la % di ammoniaca all’equilibrio: ad una dimensione molto piccola(2mm) si ha un determinato valore di uscita di ammoniaca dal
reattore, se si va ad aumentare la dimensione di particelle si abbasserà l’attività del catalizzatore e quindi una % di ammoniaca sempre più bassa.

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in ordinata la perdita di carico, per particelle 8-12mm ad un aumento di velocità spaziale si avrà un aumento di perdita di carico(caduta di
pressione), al rimpicciolimento dei granuli avremo una perdita di carico a parità di velocità spaziale maggiore.
Perdita di carico è influenzata quindi dalla dimensione delle particelle e dalla velocità spaziale(doppio effeto negativo sulla perdita di carico).

I veleni possono legare i siti attivi del catalizzatore andando a diminuire


l’attività del catalizzatore. La velocità diminuisce all’aumentare della
quantità di acqua, e all’aumentare della T il catalizzatore non
manifesterà la presenza di veleni in termine di rendimento(ad esempio
lavorando a 500ᴼC, tuttavia la vita del catalizzatore andrà a diminuire
per via delle alte temperature.

Effetto dell’Ossigeno, all’aumentare di ppm di O2 e minore sarà l’attività del


catalizzatore, in quanto si avrà meno ammoniaca in uscita dal reattore

34
Veleni per il catalizzatore:
L’esposizione continuata a sostanze contenenti ossigeno e ad alta temperatura comporta disattivazione irreversibile
per sinterizzazione dei cristalliti di Fe. H2S e COS sono dei veleni potenti per il catalizzatore.
L’olio del compressori alternativi deve essere a basso contenuto di zolfo; se inquina il gas di sintesi si trasforma in
H2S.
Negli impianti moderni con compressori centrifughi e dove il contenuto di zolfo nel syngas è molto basso (0.5-1 μg
S/m3) l’avvelenamento da S è meno importante di quello da CO e cloro.
Il contenuto di composti clorurati non deve superare 0.1 ppm: l’avvelenamento è dovuto a formazione di KCl
volatile.(disattiva il catalizzatore)
Negli impianti moderni con syngas purificato (CO < 5 ppm grazie alla reazione di metanazione) la vita del
catalizzatore è superiore a 14 anni.

L’aumento di velocità spaziale a parità di pressione avremo una diminuzione di ammoniaca nei gas uscenti dal reattore,
perchè con una maggiore velocità spaziale llavoreremo in condizioni più lontane dall’equilibrio termodinamico, con rese di
passaggio più basse, ma produttività più elevate.(effetto positivo o negativo).

All’aumentare della % di gas inerte, diminuisce la resa termodinamica. Se si aumenta la velocità spaziale si ha una confrontabile
diminuzione di ammoniaca ottenuta, si lavora a percentuali del 10%.

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Se si aumenta la velocità spaziale, bisogna tenere conto della corrispondenza diminuizione di ammoniaca

Grafico per reazioni


esotermiche

L’influenza della temperatura ha un doppio effetto sulla resa termodinamica, a T bassa effetto positivo per la
termodinamica, ma si dovrà lavora a T elevate per favorire la cinetica.
A 322 ᴼC (T bassa) la conversione tenderà ad aumentare fino al valore massimo corrispondente al valore che si
potrà ottenere a livello di resa termodinamica per quella specifica T.
Se andiamo ad aumentare la T a 334ᴼC avremo una tangente all’inizio della curva con pendenza maggiore, la
tangente è la pendenza che corrisponde alla velocità iniziale del processo, avremo una velocità iniziale più elevata
ma avremo una resa termodinamica più bassa, che qui non è indicata perchè bisognerà estrapolare il valore della
curva all’equilibrio.
A valori di T più alti, 397ᴼC si avrà una pendenza all’inizio molto più elevata, che corrisponde ad una velocità più
elevata,(cinetica più veloce)tuttavia si raggiungerà prima la resa termodinamica ma che avrà una resa
termodinamica finale più bassa rispetto a quella che si otterrebbe a temperature più basse .

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La curva più alta corrisponde ad un valore di conversione più basso. (Questo grafico fa riferimento a quello precedente), si riporta
la tangente alla curva a diversi valori di T ma a diversi valori di conversione costanti.
Ognuna di queste curve ha un massimo di velocità di reazione ad un ben preciso valore di T, a conversione Z al 2% conviene
rimanere ad una T di 480ᴼ C circa per avere la velocità massima di reazione(linea tratteggiata è il profilo ottimale di temperatura
che si deve seguire per poter avere la produttività massima).

Si utilizzano 6 letti catalizzatori fissi, si passa da un letto fisso ad un altro per raffreddamento, tra un letto e laltro c’è un sistema
di raffreddamento di gas, è un andamento a zig zag, sono le linee trasversali ai grafici che “passano”da un livello ad un altro.

Primo scambio di calore tra miscela entrante con miscela uscente che si raffredda, i gas passano attraverso un intercapedine
e arrivano a 450ᴼ C . Entrano nel primo letto fisso che produce un primo repentino aumento di T con relativo raffreddamento
sul passaggio del successivo letto catalitico, il raffreddamento è realizzato tramite immissione di gas reagenti a T più basse o
abbassato per raffreddamento tramite miscela entrante in contatto con quella uscente.
L’aumento di T è sempre inferiore, massima nel 1ᴼ e inferiore nell’ultimo, il 6ᴼ, dovuta alla diminuzione parziale dei reagenti e
aumento della pressione parziale dei prodotti con relativa diminuzione di velocità.

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Uno dei problemi del letto fisso è lo smaltimento di calore e quello della perdita di carico, diminuzione di pressione a fine
del letto rispetto quella iniziale, la perdita di carico è proporzionale alla dimensione delle particelle(che non devono
essere nè troppo piccole nè troppo grandi).
Il flusso del gas è di tipo assiale, passa sul catalizzatore dall’alto verso il basso.
Il letto del catalizzatore viene attraversato in maniera radiale, il gas entra dal basso(pre-riscaldamento) in questo si
riesce a ridurre la perdita di carico che si avrebbe.

Per un motivo di velocità di reazione la resa termodinamica non raggiunge la resa termodinamica ideale (grafico in alto).

mmnmn

Due stadi di condensazione dell’ NH3 per abbassamento di T di 0ᴼC , e una ulteriore condensazione di ammoniaca a -20ᴼC,
quello che non viene separato procede verso l’alto e procede ad essere riciclato, prima dell’immissione di azoto idrogeno e
inerti si da passare attraverso una Corrente di spurgo, all’inizio del “riciclo”, non c’è nessun tipo di separazione, e si mantiene lo
stesso rapporto di miscela che è necessario far uscire perchè gli inerti non escono con l’ammoniaca allo stato liquido, altrimenti
si accumulerebbero andando a variare lo stato stazionario.

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La condensazione è tanto più efficiente quanto più si scende di T e tanto più è maggiore la pressione.

Probabile domanda
disegnare schema a
blocchi

La configurazione A- il gas di make up(miscela mai stata riciclata) si ha un primo stadio di decompressione(d) in unione con la
corrente di riciclo(e), una ulteriore compressione e poi viene mandata al reattore(a), poi si ha il condensatore(b) che permette la
separazione dell’ammoniaca e successivamente riciclo e spurgo(e).

B- Si separa l’ammoniaca poi si ricicla e si spurga, l’ammoniaca anzichè essere condensata dopo si condensa prima del’entrata
del reattore. L’ammoniaca non viene subito separata, quindi la ricompressione deve prevedere anche la separazione
dell’ammoniaca, ma i gas di make up vengono purificati maggiormente(CO2 e H2O).

C- viene fatta una compressione all’inizio, la seconda compressione dopo aver separato l’ammoniaca
Minimizzazione dei costi di compressione rispetto B, garantendo pure la condensazione di acqua e anidride carbonica.

D- due diversi stadi di separazione dell’ammoniaca, uno prima e l’altro dopo il reattore.

Il vantaggio dell configurazione B rispetto l’A è che il gas di make up vengono purificati maggiormente insieme all’ammoniaca, e
si porterà via anche inerti(CO2 e H2O) ma svantaggiodi B per la ricompressione che prevede un costo maggiore di energia
La C permette di condensare l’ammoniaca tra due diversi stadi di compressione, minimizzando il costo di compressione rispetto la
configurazione B, garantendo comunque la purificazione da CO 2 e H2O.
D prevede 2 stadi di condensazione,all’ingresso e in uscita,idealmente sarebbe la configurazione preferita. (rimozione di
ammoniaca prima dello spurgo avendo una minima quantità di ammoniaca e possibilità di effettuare una condensazione prima
dell’entrata del reattore, questo però implica dei costi aggiuntivi).

LEGENDAIl rettangolo chiamato (a) (rettangolo presente in tutte e 4 le configurazioni) è il convertitore catalitico(reattore), dove
avviene la reazione chimica. I Rettangoli (b-c) corrispondono al condensatore, (d) compressore e il blocco e lo spurgo.

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Diverse configurazioni:
Configurazione A Il gas di sintesi è alimentato immediatamente a monte del reattore catalitico. Il gas di make up
deve essere esente da veleni del catalizzatore come H2O e CO2 (e.g. per adsorbimento su setacci molecolari o
lavaggio con azoto liquido). La maggior parte dell’ammoniaca è già stata separata.
Configurazione B Se il gas di make up contiene H2O e CO2 si sfrutta il fatto che queste sostanze vengono assorbite
completamente nell’ammoniaca condensata.
Lo stadio di assorbimento deve essere disposto tra il punto dove viene introdotto il gas fresco ed il convertitore
catalitico.
Questa soluzione presenta i seguenti svantaggi:
1- la concentrazione di ammoniaca nel condensatore è ridotta per la diluizione del gas fresco;
2- la concentrazione di ammoniaca in entrata al reattore è maggiore (stessa Tcond);
3- l’ammoniaca gassosa è compressa nel compressore di riciclo.

Configurazione C La compressione del gas di riciclo è effettuata dopo aver condensato e separato l’ammoniaca.
Configurazione D La condensazione dell’ammoniaca è realizzata in due stadi:
a) nel primo stadio utilizzando acqua come refrigerante viene condensata la gran parte dell’ammoniaca;
b) nel secondo stadio utilizzando ammoniaca condensata espansa come refrigerante si completa la condensazione
dell’ammoniaca residua. Il gas di riciclo è compresso insieme con il gas di make up. La soluzione è particolarmente
efficiente per pressioni di sintesi > 250 bar.

Ciclo di sintesi- la tabella indica le correnti di ogni passaggio e informazioni minime di un diagramma a blocchi.
Ognuna delle correnti presenti viene indicata con un numero, si ha la corrente di alimentazione(12), subisce diversi stadi
compressione, immissione della corrente di riciclo, previo spurgo(e)(7), successivamente allo scambio di calore(b) e alla
condensazione(f)separatore dell’ammoniaca(g) si passa all’ingresso attraverso il reattore(h).
Una parte della materia prima non viene immediatamente inserita all’interno del reattore ma viene inserito come gas di quench
che permette di raffreddare di far entrare il gas a più bassa temperatura.
All’uscita del reattore si passa quindi al secondo stadio di condensazione(d), poi spurgo(e) e riciclo.

Nella tabella,la corrente 12(make up) ad esempio avrà T bassa e P bassa, mentre il rapporto dei reagenti I:3(N 2,H2) e inerti.
Lo spurgo(7) ci si arriva dalla corrente di riciclo(6) la quale si suddivide nella(8).
La corrente (6) è la somma di (7)+(8), stessa composizione per le correnti 6,7,8(inerti presenti in % elevata per via delle
concentrazio i di inerti che si stabilizzano lungo il ciclo iniziando con l’ 1% di inerti nella miscela di partenza chiamata make up,
arrivando fino al 10% del totale in quel momento).

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Impianti di sintesi dell’ammoniaca
Il primo processo industriale di sintesi fu messo a punto da Haber e Bosch a Oppau, in Germania, per conto della
BASF. Tutti i successivi impianti di ammoniaca sintetica possono considerarsi derivati da quello, che segnò una svolta
nella storia della chimica industriale. Successivamente anche in Francia (1919) e in Italia (1920-22) ad opera di
Claude, Casale e Fauser furono sviluppati altri processi che, perfezionati nel tempo, sono ancora oggi del tutto
attuali. Nella tabella sopra riportata sono illustrati i principali processi esistenti. Tali processi vengono solitamente
classificati in base alla pressione di esercizio, per cui si suole distinguere tra:
a) processi a bassa pressione, quando P varia tra 100 e 300 atm (Haber-Bosch, Fauser, Kellogg, Uhde)
b) processi a media pressione, quando P varia tra 300 e 700 atm (Casale)
c) processi ad alta pressione, oltre le 700 atm (Claude).

Potenzialità degli impianti


Per molto tempo, quando le potenzialità degli impianti non avevano raggiunto i limiti odierni, c’è stata la tendenza
ad aumentare le pressioni di sintesi. Ciò consentiva una maggiore sicurezza nel dimensionamento delle pareti di
forza dei 47 convertitori ed era facilmente realizzabile con l’uso dei compressori alternativi.
Ma da quando le dimensioni degli impianti si sono ingigantite fino ad arrivare a capacità dell’ordine di 1000÷2000
ton/giorno di NH3 c’è stata una inversione in tale tendenza, favorita dalla diffusione dei compressori centrifughi che
consentono di smaltire facilmente grandi portate, danno migliori rendimenti e hanno minori costi di manutenzione.
Perciò si è assistito, nel tempo, alla crescente diffusione di impianti funzionanti a 150÷200 atm pressione che si deve
ritenere la più economica per le citate potenzialità, mentre per capacità minori (500÷1000 ton/giorno) la pressione
ottima si aggira intorno alle 250÷350 atm.

Problematiche ambientali e di sicurezza:


La produzione dell’ammoniaca non pone particolari problematiche ambientali, specie se comparata ad altre
lavorazioni chimiche. Le emissioni riguardano principalmente la produzione del gas di sintesi.
Nel ciclo di sintesi i maggiori rischi provengono dallo stoccaggio in relazione alla quantità, tenendo presente l’elevata
volatilità e la minor densità rispetto all’aria dell’ammoniaca. Per cui, in caso di fuoriuscita, si ha sì una rapida
evaporazione, ma fortunatamente i vapori non stagnano al suolo. Un altro rischio è dato dalla presenza di
apparecchiature in pressione, connesso anche alla infiammabilità del gas di sintesi, mentre lo spurgo degli inerti non
presenta problemi perché non vengono rilasciati nell’ambiente in questa parte dell’impianto.
Lo spurgo è costituito da gas di sintesi (H2,N2,CH4,Ar) con tracce di NH3 che viene utilizzato come combustibile nei
forni di reforming.

Infine, quando si deve scaricare il catalizzatore dal reattore, perché è esausto o per qualsiasi altro motivo, bisogna
tener presente che il ferro finemente suddiviso è piroforico e si incendia facilmente in aria, per cui è necessario
passivarlo a bassa temperatura con azoto contenente piccole quantità di ossigeno prima di poterlo scaricare. In ogni
caso l’ammoniaca è un gas soffocante che oltre una certa concentrazione irrita fortemente le mucose e i tessuti
biologici con cui viene in contatto. Il valore limite per l’esposizione continuata negli ambienti di lavoro (TLV,
threshold limit value) è di 25 ppm. Nel maneggiare l’ammoniaca è consigliabile utilizzare la maschera ed indumenti
protettivi. Per il suo odore acuto, l’ammoniaca è percettibile anche a concentrazioni di pochi ppm.
L’ammoniaca non presenta particolari rischi di incendio o di esplosione e non produce prodotti di decomposizione
instabili o pericolosi, mentre tra i prodotti di combustione, gli ossidi d’azoto sono nocivi. Su molti materiali ha
un’azione corrosiva: sono da evitare le leghe di rame e zinco, in pratica l’unico materiale utilizzato per le
apparecchiature è l’acciaio.

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Diagrammi di Processo
Tre sono i principali diagrammi utilizzati dagli ingegneri chimici per progettare e descrivere i processi:

• Block Flow Diagram (BFD) − Partendo da un diagramma input-output del processo lo si suddivide nei suoi
blocchi funzionali principali quali: la sezione di reazione, quella di separazione, ecc. Si aggiungono poi le
correnti di riciclo ed i bilanci materiali preliminari.
• Process Flow Diagram (PFD) − Il passo successivo è quello di valutare e quantificare in modo esaustivo i
bilanci materiali ed energetici per tutte le correnti del processo. Si aggiungono poi le specifiche dimensionali
preliminari delle apparecchiature.
• Piping and Instrumentation Diagram (P&ID) − Si introducono le specifiche descriventi i dettagli meccanici e
della strumentazione di processo

Block Flow Diagram (BFD) • Convenzioni e formati raccomandati per la realizzazione di BFDs
1. Le operazioni sono indicate tramite blocchi
2. Le correnti principali sono individuate da linee con frecce indicanti il verso del
flusso
3. Il flusso delle correnti va da sinistra a destra, qualora possibile
4. Correnti leggere (gas) verso l’alto, correnti pesanti (liquidi e solidi) verso il
basso dei blocchi rappresentanti le singole porzioni dell’impianto
5. Fornire le informazioni principali e basilari per il processo
6. Se le linee di processo si incrociano vengono tenute continue quelle
orizzontali mentre si spezza quelle verticali
7. Si forniscono bilanci materiali semplificati e le reazioni principali.

In ngresso si hanno le correnti del toluene e di idrogeno, gli effluenti escono dal reattore(prodotti e reagenti non convertiti) e si passa al blocco
della separazione in fase gassosa dai liquidi. Si arriva poi alla distillazione(still), il toluene viene riciclato poi e riportato al reattore iniziale

*Il diagramma a blocchi del primo è da sapere

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Process Flow Diagram (PFD) • Il PFD rappresenta un salto notevole rispetto al BFD.
È certamente il diagramma più importante e più utilizzato per descrivere con un adeguato livello di dettaglio la
struttura del processo investigato.
• Non esiste una nomenclatura definita ed universalmente accettata. In generale comunque, un PFD contiene le
seguenti informazioni:
1. Tutte le apparecchiature più importanti vengono mostrate insieme con una breve descrizione. Ogni
apparecchiatura è individuata da un codice.
2. Tutte le correnti di processo vengono mostrate ed identificate con un numero. Ogni corrente riporta le condizioni
di processo e la composizione. Questi dati possono essere riportati direttamente sul PFD oppure in una tabella
riassuntiva allegata.
• Le informazioni riportate da un PFD possono essere così riassunte:
1. Topologia del processo
2. Informazioni relative alle correnti
3. Informazioni relative alle apparecchiature

La pompa del toluene P101 A/B – pompa nell’area 100, tra cui 01 che è la prima, e A/B

Topologia del processo

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Piping & Instrumentation Diagram (P&ID)

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Idrogeno
Usi
1)Settore petrolifero, raffinerie
2) Sintesi Metanolo (formaldeide, resine fenolo-formaldeide)
3) Sintesi Ammoniaca (fertilizzanti)

Costi in ordinata- l’elettrolisi è quella più costosa ma la più pulita

Produzione di H2:
• Combustibili fossili (petrolio, carbone, gas naturale);
• Fonti rinnovabili (energia idroelettrica, eolica, solare,fotovoltaico, biomasse);
• Protocollo di Kyoto per la riduzione dei gas serra (CO2);
• L’idrogeno che per combustione produce solo H2O, può essereconsiderato un combustibile pulito, al netto però
dei metodi diproduzione che attualmente si basano principalmente su centralitermoelettriche per la produzione di
energia elettrica;
• Idrogeno da fonti rinnovabili (energia elettrica o biomasse);

Chimica dei processi di produzione dell’H2:

sfavorita fino a 4000ᴼC

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Se molto sfavorita può essere combinata con reazioni favorite termodinamicamente, complessivamente ha un ΔGᴼ
alto, ma oltre i 700ᴼC va quella con il carbone.
L’ultima reazione invece è favorita a tutte le T con ΔGᴼ già favorita a T ambiente.

Lo zolfo è presente nel carbone(nella materia prima), vapore e ossigeno si aggiungono in difetto per compensare
l’energia di reazione.

46
La % di idrogeno all’equilibrio aumenta finoa 1000 ᴼC, sarebbe ideale che la gassificazione venga condotaa aT superiori a 1000K. A parità di T a
pressioni elevate si ha % di H all’equilibrio più bassa il CO e H2 aumentano all’aumentare della T, all’aumentare della pressione diminuiscono. La
CO2 e CH4 diminuiscono all’aumentare della T. Giustifica la conduzione del processo a T molto elevate.

I granuli vanno verso il basso, e c’è lo sviluppo di CO e H2 e ceneri che cadono verso il basso( gas con impurezze).

Il carbone viene triturato più fine e il flusso di O2 e vapore tengdono a manternere in sospensione le particelle, si abbassano anche leggermente
le temperarure, si ottiene una miscela con purezza superiore.(più idrogeno che CO si ottiene)

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Flusso combinato di vapore e ossigeno, o lavorare solamente con ossigeno puro, per non avere poi azoto, successivamente si ha la macinazione
del carbone ancora più fine e introdotto come polvere nel reattore a T molto alte e a basse pressioni, si ottiene una miscela molto più pura.

Processo Ferro-vapore:

Il coprodotto che si forma bisogna ridurlo a Fe(II), per farlo bisogna sacrificare parte di H prodotto. Il secondo stadio la rende svantaggiosa.

*Poco utilizzate queste

48
Materie prime ad alto peso molecolare avvicinano il rapporto CO/H2 vicino ad 1. Con la presenza di composti solforati bisogna
fare attenzione ad utilizzare i catalizzatori

La miscela che si ottiene in rapporto 1:3 costituisce già un primo vantaggio(partendo da metano). La reazione è endotermica
favorita sopra i 600ᴼC ed è possbile partire da idrocarburi superiori, tuttavia si formano depositi carboniosi che vanno a
disturbare il catalizzatore e diminuisce anche il rapporto molare, quindi si lavora con idrocarburi leggeri (metano).

Vantaggioso perchè sfrutta materia prima a basso costo e deve essere consumata, lo rende adatto anche per fischer-Crops.
Serve un catalizzatore adeguato per la formazione di depositi carboniosi durante il processo.

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Steam reforming
Lo steam reforming di gas naturale e di idrocarburi leggeri è il processo più diffuso per produrre idrogeno e gas di
sintesi poiché attualmente risulta il più conveniente. Solo se ricorrono particolari condizioni, che rendono diverse
materie prime disponibili a basso costo, gli altri processi diventano più competitivi.
Nella figura successiva è riportato uno schema a blocchi del processo che si articola in diversi stadi. Anche se la
pressione sfavorisce termodinamicamente le reazioni coinvolte,

visto che decorrono con aumento del numero di moli, nei moderni impianti si preferisce operare sotto moderata
pressione di circa 28 ÷ 40 bar per contenere le dimensioni delle apparecchiature, date le capacità sempre più elevate
degli impianti, per favorire l’assorbimento della CO2 e per ridurre il rapporto di compressione richiesto ai
compressori del ciclo di sintesi dell’ammoniaca, visto che sono centrifughi.

Steam reforming: desolforazione :


Dopo la compressione segue la desolforazione, in quanto i composti solforati, anche a livello di qualche decina di
ppm, costituiscono un veleno per i catalizzatori usati nel processo. La depurazione può essere condotta in vari modi
in relazione al tipo e alla concentrazione dei composti solforati presenti.
Se si tratta di composti solforati neutri come disolfuri, tiofeni, solfuro di carbonile (COS) è necessario ricorrere
all’idrodesolforazione su catalizzatori a base di ossidi di cobalto e molibdeno, con trasformazione di tutto lo zolfo
presente in H2S.
A sua volta, l’idrogeno solforato, se presente in alte concentrazioni (> 10%), viene separato per assorbimento con
soluzioni alcaline, generalmente a base di etanolammine.
Per concentrazioni inferiori o anche per un’ulteriore purificazione si ricorre all’adsorbimento su carbone attivo od
ossido di zinco, con quest’ultimo si ha la reazione
ZnO + H2S → ZnS + H2O
Se la depurazione con ZnO viene condotta a caldo (350 ÷ 400 °C) si elimina anche lo zolfo degli eventuali mercaptani
presenti, in quanto si decompongono in idrocarburi e H2S. La reazione di formazione di ZnS è irreversibile e il solfuro
risultante deve essere smaltito.

50
reforming primario:
La carica desolforata passa al reforming primario, dove, previa addizione di vapore, avviene la reazione:

su catalizzatori a base di nichel, generalmente supportato su allumina(è una catalisi eterogenea, in fase solida, che è
in fase diversa rispetto reagenti e prodotti che sono in stato gassoso). Si opera a 700 ÷ 900 °C e sotto moderata
pressione in reattori costituiti da tubi riempiti di catalizzatore posti all’interno di forni che con i loro bruciatori
forniscono il calore richiesto dalla reazione. La conversione è limitata a circa il 70%.
Il vapore ha anche la funzione di inibire la formazione di depositi carboniosi sul catalizzatore per le seguenti reazioni:

reforming secondario:
Segue il reforming secondario in cui si completa la conversione con l’aggiunta di aria, per cui si ha un’ossidazione
parziale del gas ancora non convertito.

Si opera a circa 1000 °C in un reattore adiabatico a letto fisso con un catalizzatore simile a quello del reforming
primario. Con l’aria si aggiunge l’azoto (presenza di inerte elevata che favorisce la reazione a destra e abbassa le
pressioni parziali di reagenti e prodotti) necessario alla sintesi dell’ammoniaca nell’opportuno rapporto
stechiometrico. Negli impianti per la sintesi del metanolo, invece, si spinge la reazione di steam reforming fino a
conversione completa e mancano, ovviamente, gli stadi successivi di conversione del CO.

conversione del CO:


Tutto il carbonio presente nella carica ora è sotto forma di CO che, nel caso della sintesi dell’ammoniaca, deve essere
allontanato. Per farlo lo si converte in CO2 sfruttando anche il vapore ancora presente nel gas e ottenendo così altro
idrogeno, secondo la reazione:

Essendo la reazione esotermica e quindi favorita alle basse temperature, si opera inizialmente a temperature
moderatamente elevate (350 ÷ 450 °C)per sfruttare la maggior velocità di reazione su catalizzatori a base di ossidi di
ferro e cromo, poi a temperature più basse (200 ÷ 250 °C), in un secondo stadio su catalizzatori a base di Cr2O3 , ZnO
e Al2O3 , per sfruttare l’equilibrio più favorevole. In questo stadio si aggiunge ulteriore vapore d’acqua, in eccesso
sullo stechiometrico, per portare a completezza la reazione. Segue la condensazione dell’eccesso rimasto. Segue la
rimozione della CO2 , generalmente per assorbimento con soluzioni alcaline, senza bisogno di ulteriore compressione
poiché il gas è già sotto pressione.

51
conversione del CO
L’andamento della composizione in funzione della T.
A Temperature basse(la reazione è favorita) si ha elevata quantità di CO2 e H2 ,mentre
a T elevata si ha quantità maggiore di H2O e CO.
Si lavora ad una temperatura fra 200-450ᴼC, e le frecce che si vedono riguardano
l’andamento della T all’interno dei due stadi catalitici.
Il primo stadio catalitico prevede uno stadio di raffreddamento della miscela per
portarlo a 350ᴼC , quindi un primo passaggio sul letto catalitico che produce il grosso
della conversione del CO a CO2 e quindi ha un letto fisso del catalizzatore(adiabatico, e
quindi rimozione del calore chenon avviene in questa fase) e si avrà un aumento della
T fino a 400ᴼC .
All’uscita del 1ᴼ letto catalitico si avà un ulteriore raffreddamento della miscela sui
200ᴼC e successivo passaggio della miscela su un 2ᴼ letto catalitico con piccolo
aumento della conversione ma in condizioni termodinamiche più favorevoli.

*La CO2 si può rimuovere con lavaggi alcalini oppure con lavaggio ad azoto liquido(sfruttando le caratteristiche del
punto di fusione) per condensare o solidificare la CO2 senza l’introduzione di ulteriore solvente.
L’azoto liquido viene utilizzato anche per aggiustare il rapporto H2 N2 con rapporto ideale (1:3).

Metanazione:
Il gas di sintesi è costituito ora solo da idrogeno e azoto, oltre a impurezze costituite da CO e CO2 residui e da gas
inerti, principalmente argo. La purificazione viene effettuata per metanazione, cioè trasformando CO e CO2 residui in
metano che si comporta da inerte nella sintesi dell’amm
oniaca, secondo le reazioni seguenti:

eccesso di H2 rispetto CO, e si convertono in CH4 e H20.

Per Le Chatelier si sposta quasi tutto a dx nella 1ᴼ e 2ᴼ reazione

Si opera su catalizzatori a base di ferro o di nichel supportato in reattori adiabatici a letto fisso a 300 ÷ 400 °C. Segue
un raffreddamento per condensare l’acqua formatasi, a sua volta eventualmente seguito da disidratazione su setacci
molecolari con cui l’umidità residua scende al di sotto di 1 ppm.
Gli inerti diventano Argon e metano.

52
Dal reforming primario la carica passa al secondario (7) dove arriva anche l’aria preriscaldata. Il gas di sintesi passa
alla conversione del CO a CO2 (8), prima ad alta poi a bassa temperatura. Dopo opportuni recuperi termici il gas viene
raffreddato in modo da condensare e separare (9) il vapor d’acqua ancora presente. Il gas passa, quindi,
all’assorbimento della CO2 (10), che viene allontanata per desorbimento a caldo a bassa pressione (11), rigenerando
così la soluzione alcalina che viene riciclata all’assorbimento. Segue la metanazione (12), poi il gas viene raffreddato,
così da poter separare il vapor d’acqua ancora presente che condensa (13), e inviato al ciclo di sintesi.

53
Problematiche ambientali nella produzione di H2
Le problematiche ambientali sono diverse a secondo della materia prima, come pure gli investimenti necessari per
ridurre le emissioni ai valori richiesti dalle norme.
Gli impianti che utilizzano carbone richiedono particolari trattamenti perché nella gassificazione si producono ceneri
e polveri, in alcuni casi si ha anche la formazione di sottoprodotti liquidi come catrame e fenoli.
Il contenuto di zolfo di alcuni carboni può essere alquanto elevato e di conseguenza ciò incide sugli impianti di
depurazione del gas di sintesi in cui si ritrova tutto lo zolfo trasformato in H2S e COS. Le condense possono contenere
cianuri di metalli pesanti e ammoniaca che ne complicano lo smaltimento.
L’ossidazione parziale di oli pesanti ha problemi simili all’impiego del carbone ma la quantità degli inquinanti è
notevolmente minore. Il particolato e la fuliggine, separati dal gas di sintesi, vengono riciclati alla gassificazione.
Lo steam reforming di gas naturale o di idrocarburi leggeri è decisamente il più pulito sistema di produzione di
idrogeno e gas di sintesi, se si esclude l’elettrolisi. Spesso il contenuto di zolfo del gas naturale è così basso che basta
l’adsorbimento su ZnO per la depurazione, senza la produzione di effluenti gassosi.

Oltre le emissioni direttamente imputabili alle materie prime, bisogna considerare quelle di tutti i processi di
combustione associati, come forni, caldaie, ecc. Anche in questo caso, a seconda del combustibile impiegato, si
potranno avere, ceneri, particolato, SO2 , NOx. Per quanto riguarda la depurazione dai composti solforati e dagli
ossidi d’azoto si possono utilizzare diversi trattamenti, sia termici che catalitici.
In particolare gli ossidi d’azoto vengono ridotti a N2 con processi termici o catalitici, come riducente si usa metano
ma più spesso ammoniaca, in quest’ultimo caso le reazioni sono:

Per i composti solforati sono possibili diversi trattamenti. I piu usati si basano sul processo Claus, in cui SO2 e H2S si
disproporzionano a zolfo elemento, secondo la reazione:

che viene condotta in due fasi: una prima termica ad alta temperatura e una seconda catalitica a bassa temperatura.

Per quanto riguarda la sicurezza, il maggior rischio specifico del processo è indubbiamente collegato agli ampi
intervalli di esplosività e infiammabilità delle miscele idrogeno-aria. Fortunatamente la temperatura di
autoaccensione non è bassa, basta però il minimo innesco per il verificarsi di un incidente.
Anche il CO presente nel gas di sintesi è altamente infiammabile.
Per quanto riguarda la tossicità, l’idrogeno non è tossico, ma elevate concentrazioni abbassano quella dell’ossigeno
per cui c’è il pericolo di asfissia. Invece, il monossido di carbonio è estremamente pericoloso poiché è un gas
inodore, incolore, insapore ed altamente tossico. I sintomi dell’avvelenamento sono mal di testa, vertigini, nausea,
vomito. Poiché il CO trasforma l’emoglobina del sangue in carbossiemoglobina, incapace di trasportare l’ossigeno del
sangue, l’unico antidoto consiste nel far respirare aria arricchita con ossigeno. Durante le fermate per manutenzione
s’impone la bonifica delle apparecchiature, sia per la tossicità del CO, sia per la facile infiammabilità del gas di sintesi.

54
Aria

Usi dell’azoto
➢ per creare atmosfere inerti (nelle industrie chimica, alimentare, farmaceutica,
➢ elettronica, elettrica, metallurgica etc.);
➢ in bonifiche di serbatoi e cisterne,
➢ nel recupero terziario del petrolio;
➢ come azoto liquido in varie industrie (alimentare, metallurgica, chimica,
➢ aerospaziale, etc.);
➢ in criochirurgia, per l’infragilimento dei materiali, etc.

Usi dell’ossigeno:
➢ siderurgia (produzione dell’acciaio);
➢ industria chimica produzione di gas di sintesi per ossidazione parziale di
➢ idrocarburi, ossidazioni organiche, gassificazione del carbone);
➢ saldatura e taglio dei metalli;
➢ industria della carta;
➢ industria del vetro;
➢ industria di propellenti ed esplosivi;
➢ medicina.

Usi dei gas nobili:


➢ grande inerzia chimica (atmosfere inerti a diversa densità)
➢ saldatura
➢ lavorazioni metallurgiche
➢ lavorazioni chimiche
➢ lampade luminose/tubi luminosi
➢ tecnologie elettrotecniche ed elettroniche

55
Il punto critico della miscela è -140,8 ᴼC

Quando un gas reale (in contrapposizione a quanto avviene per un gas ideale) si espande (P diminuisce) liberamente
a entalpia costante, la temperatura può sia aumentare che diminuire, in modo dipendente dalle condizioni iniziali di
pressione e temperatura.

Per una data pressione, un gas reale ha una temperatura di inversione Joule-Thomson (Kelvin).

Se l'espansione ad entalpia costante avviene ad una temperatura maggiore a quella di inversione si ha un aumento
di temperatura, ad una temperatura minore a quella di inversione, al contrario, la stessa espansione provoca un
raffreddamento. Per la maggior parte dei gas a P atmosferica, la temperatura di inversione è abbastanza elevata (più
alta della temperatura ambiente), quindi la maggior parte dei gas in tali condizioni di temperatura e pressione
vengono raffreddati attraverso una espansione isoentalpica.

All’aumentare tende a diminuire, la temperatura di inversione è quando il coefficente di J-T passa da un valore positivo ad uno negativo.A
temperatura ambiente sarà negativo per Idrogeno e Helio.

56
Coefficiente Joule-Thompson
µ J-T = (gas, P, T) il suo valore dipende dal gas preso in esame, dalla T e dalla P del gas prima dell'espansione.
Per tutti i gas reali questo valore è uguale a 0 nel punto chiamato punto di inversione e, come spiegato sopra, la
temperatura di inversione Joule-Thomson (Kelvin) è la temperatura alla quale il coefficiente cambia di segno.

L'elio, l'idrogeno e il neon sono dei gas per cui le temperature di inversione Joule-Thomson ad 1 atm sono molto
basse (per l'elio ad esempio è circa -222 °C).
Quindi questi gas si riscalderanno se fatti espandere a entalpia costante a temperatura ambiente.
È da notare come sia sempre nullo nel caso di gas ideali (di gas cioè che non si scaldano né raffreddano se espansi ad
entalpia costante).

Resa di compressione:
I metodi Linde portano a condensare l’aria attraverso ripetuti processi di compressione, sottrazione del calore di
compressione e successiva espansione.
Resa di compressione è data dal salto termico ΔT che si provoca lasciando espandere in determinate condizioni il gas
e può essere calcolata mediante la formula empirica di Joule-Thompson:

Lavoro di compressione:
Lavoro di compressione è la spesa di energia che serve per portare una certa quantità di gas con temperatura iniziale
T da P1 a P2 (P2 > P1 ), ed è proporzionale al logaritmo del rapporto tra le pressioni estreme di esercizio:

Il coefficiente di proporzionalità β, a parità di T e quantità di gas, e sempre uguale per un certo tipo di gas.

57
Processi Linde per liquefare l’aria:
Il primo processo Linde comportava compressione, refrigerazione con acqua e riespansione a P atmosferica del gas
compresso
Il secondo processo Linde comportava compressione , refrigerazione con ammoniaca liquida e riespansione a P
intermedie (30-50 atm) del gas compresso

Primo metodo Linde:


Portando a 200 atm l’aria depurata, privata di CO2 ed essiccata, riportandola a 12 °C per refrigerazione a pioggia
d’acqua, e lasciandola espandere a P atmosferica si realizza un abbassamento termico calcolabile:

In conseguenza di questo trattamento la T scende da 12 a – 19 °C. L’aria raffreddata a -19 °C ricicla e raffredda nuova
aria compressa a 12 °C. Nell’ipotesi che lo scarto di scambio sia di 8 °C (differenza tra valore effettivo di uscita
dell’aria (-11 °C) e valore teorico (-19 C°)), l’aria compressa in arrivo si porta da 12 °C a -11°C (-19+8). Quindi in
seguito ad espansione si porterà a

A seguito dell’espansione che ne fa abbassare la temperatura di 43 °C, l’aria avrà dunque una temperatura di -54 °C
(-11-43) e potrà perciò raffreddare a -46 °C (ipotizzando uno scarto termico di 8 °C) la nuova aria in arrivo dallo
stadio di raffreddamento a pioggia. ∆𝑇 = 0.25 ∙ 273 227 2 ∙ 200 − 1 ≅ 71 °𝐶.
Espandendosi, l’aria che arriva a -46 °C abbasserà la propria T di circa 71 °C, arrivando a -117 °C (-46 -71):

Continuando in tal modo, l’aria arriverà al di sotto della sua T critica e comincerà a condensare.

Qui non ha ancora subito


espansione

all’uscita di E3 non è ancora in


grado di condensare

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Aria atmosferica filtrata e compressa fino a 30-40 batm(metodo Linde), poi raffreddamento ad acqua, con prima condensazione(E1), e una serie
di trattamenti che sono di purificazione(trattamenti alcalini per rimuovere CO2 e umidità), viene compressa poi a 200 atm e primo stadio “vero “
di raffreddamento ad acqua che produce una T di + 12ᴼC, infine uno scambiatore di calore(il più efficientemente possibile) e si minimizza lo
scarto di scambio(minore lo scarto e più è efficiente), dopo il raffreddamento si hal’espansione che produce ulteriore diminuzione di T.
In condizioni di regime si ha parziale condensazione di aria che viene mandata a frazionamento e quella che non condensa riciclata

DEPURAZIONE ARIA:
L’aria viene prima depurata dal pulviscolo con due filtri in serie (PF1 e PF2). L’aria viene compressa a 30-40 atm
(PC1), refrigerata ad acqua (E1) per far condensare l’acqua contenuta.
Poi passa in tre successive colonne con soda/potassa caustica (C1, C2, C3), che disidratano, assorbono CO2 e altri
acidi (H2 S, NO2 ). Una successiva colonna a gel di silice (C4) toglie gli idrocarburi presenti.
Negli impianti più moderni il tutto è molto più semplificato, e consiste in depulviscolatori e in setacci molecolari che
assorbono ogni componente diverso da azoto, ossigeno e gas nobili.
Dopo depurazione dell’aria, viene compressa a 200 atm (PC3), raffreddata ad acqua (E2) e mediante scambio
termico con aria riciclata (E3), e mandata allo stadio di espansione (D) in cui una parte condensa e una parte viene
riciclata in E3 e rilasciata in atmosfera. La parte che condensa viene mandata alla sezione di frazionamento.

L’aria viene depurata viene aggiunta con aria di riciclo già depurata subisce un 1 stadio di compressione e raffredamento ad H20, ulteriore
stadio di raffreddamento in ammoniaca liquida: passa in scambiatori di calore(E) poi passa negli stadi di espansione D1( da 200 fino a 40atm)
D2 (da 40 a 1 atm). In parte la nuova aria viene mandata in atmosfera e in parte riciclata.

Il secondo metodo Linde prevede un preraffreddamento dell’aria ad ammoniaca liquida (E2), invece che a sola acqua
(E1). Inoltre, l’espansione dell’aria compressa non si fa più avvenire da 200 a 1 atm, ma da 200 a 40 atm.
Così facendo, la Resa di compressione risulta maggiore: sia perché il coefficiente JouleThompson (α) alla
temperatura alla quale inizia l’espansione è maggiore, sia perché la T alla quale inizia l’espansione è minore.
Anche il Lavoro di compressione è più conveniente (inferiore) in quanto il rapporto P2/P1 risulta ridotto.
Per contro, occorre una maggiore spesa per l’impianto di raffreddamento ad ammoniaca, e un effetto frigorifero (ΔT,
resa di compressione) ridotto del 25%, in quanto il termine P2-P1 è inferiore.

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Metodo Claude: Se un gas viene fatto espandere adiabaticamente (senza scambiare calore con l’esterno), in una
macchina, esso compie lavoro e si raffredda molto. L’abbassamento termico che si verifica può essere calcolato con
la relazione:

T1 e P1 , T2 e P2 le temperature e le pressioni del gas prima e dopo l’espansione.


γ pari al rapporto tra calori molari del gas (Cp /Cv ).
Tale relazione vale per un gas ideale e per un gas reale lontano dalla sua T di condensazione. In buona
approssimazione consente di stimare l’effetto frigorifero di un gas all’interno di una macchina.
Ad esempio, un’espansione adiabatica in macchina, che perciò compie lavoro, dell’aria da 30 a 1 atm, può portare il
gas da 0 °C a -170 °C.

Con questo motodo in seguito a raffreddamento il gas non viene solo fatto espandere, ma viene anche mandato in parte ad una
macchina (raffreddamento più elevato), per fargli fare lavoro, cosi’ diminuisce ulteriormente temperatura oltre che al fattore di
variazione di volume anche utilizzando la sua energia interna.

60
I liquidi che ricadono dai piatti della colonna verso il ribollitore di base (L2 , l, l1 ) sono sempre più ricchi nel
componente più altobollente.
I vapori che salgono verso la testa della colonna ( V1 , V, V2 ) sono gradualmente più ricchi del componente più
bassobollente.

Frazionamento dell’aria:
In una colonna di distillazione si richiede:
1) l’introduzione in colonna del liquido da separare avvenga sul piatto che ospita un liquido di composizione uguale a
quella del liquido di alimentazione
2) Parte del distillato in testa alla colonna deve essere riciclato in forma di riflusso, con lo scopo di stabilire su tutti i
piatti medesime condizioni di lavaggio raffinante dei vapori diretti in testa alla colonna. Essendo sempre meno
abbondante il componente più altobollente in testa alla colonna, viene progressivamente a mancare il liquido che
garantisce la condensazione raffinante dei vapori in risalita (condizione che garantisce un progressivo arricchimento
dei vapori nel componente più volatile).
Se è facile creare un riflusso in rettifiche condotte a T superiori a temperatura ambiente (usando per esempio
l’acqua come mezzo di condensazione), risulta complesso farlo quando si parla di rettifica dell’aria. Questo perché,
essendo richieste temperature di condensazione dell’ordine di -200 °C, i mezzi di condensazione del riflusso
potrebbero essere solo elio o idrogeno liquidi, il che risulta altamente antieconomico.

Il problema del riflusso è stato risolto in questo modo. L’aria liquida si mette ad un livello basso della colonna, si ha un primo
frazionamento, arrichimento dell’aria in ossigeno nella parte bassa, e arricchimento in azoto nella parte alta(99%), dopodichè
verranno immessi prevvia ulteriore espansione(perchè non arriva aria ad 1 atm ma 5-6). A questo punto l’aria dal basso entra nella
colonna superiore, mentre la parte ricca di azoto viene prelevata e portata al giusto grado nella colonna superiore e si avrà una
ulteriore separazione che permetterà di avere azoto puro al 99.9% in testa alla colonna e ulteriore arricchimento di ossigeno nella
parte inferiore.
Il riflusso per la colonna inferiore è realizzato con scambio termica tra colonna inferiore e testa della colonna superiore(Azoto a 5
atm in fondo alla colonna bolle a 94K, una temperatura superiore rispetto alla T cui bolle ad 1 atm la miscela parricchita in
ossigeno della colonna superiore) che sarà in grado di condensare i vapori della miscela della colonna superiore, e si realizza il
riflusso per rendere più efficente la parte elevata della colonna inferiore. il prelievo di Argon in maggiore % in miscela si trova circa
sopra la metà della colonna.

RICAPITOLANDO:Ogni corrente deve essere inserita nella posizione giusta, dalla colonna superiore si ha il prelievo di ossigeno puro
dal basso, mentre azoto puro dall’alto. Il riflusso nella colonna inferiore viene realizzato grazie alla condensazione dei vapori
mediante la colonna a pressione più bassa

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Metodi alternativi per ottenere N2
N2 DA ARIA MEDIANTE SISTEMI PSA
E’ possibile separare N2 / O2 non per via criogenica sfruttando il principio dell’adsorbimento selettivo e reversibile
dell’ossigeno presente nell’aria ambiente su setacci molecolari a base di Carbone (Carbon Molecular Sieve).
L’ossigeno, l’acqua e l’anidride carbonica sono adsorbiti selettivamente sulla matrice di CMS.
In fase di rigenerazione il letto viene depressurizzato all’atmosfera cosicchè i gas adsorbiti nella fase precedente
vengono rilasciati ed il processo viene ripetuto. Sistemi PSA per produrre azoto sono convenienti economicamente
per portate comprese tra 25 e 800 m3 /h e forniscono azoto con purezze fino a 99.8% (0.2 % ossigeno residuo).

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Metodi alternativi per ottenere O2:
O2 MEDIANTE SEPARAZIONE DELL’ARIA PER ADSORBIMENTO
Il processo non criogenico sfrutta la capacità dell’azoto di adsorbirsi selettivamente su zeoliti. Il processo, noto come
Vacuum Swing Adsorption (VSA) utilizza due letti di materiale adsorbente, ciascuno dei quali contiene due strati. Nel
primo strato si adsorbono preferenzialmente acqua e CO2 ; il secondo strato adsorbe l’azoto presente nell’aria
ambiente.
Mentre un letto opera nella fase di adsorbimento, l’altro viene evacuato (sotto vuoto) per rimuovere l’azoto
precedentemente adsorbito.
Il prodotto può raggiungere un titolo in ossigeno di circa 93% in volume, la frazione rimanente essendo costituita da
azoto ed argon.
Gli impianti VSA hanno una potenzialità fino a 1,000 m3 /h e l’ossigeno al 90-93% così prodotto viene spesso
utilizzato come ossigeno arricchito in processi di combustione.

*La parte più “ingegneristica” non la chiede(disegno di impianti), chiede processo Joule Thompson,raffreddamento
dei gas, stadi di purificazione raffreddamento e condensazione, colonna di distillazione(riflusso).

63
urea

64
Acido nitrico
Storia:
Chiamato aqua fortis dagli alchimisti medievali, veniva ottenuto per reazione tra l’acido solforico e il salnitro (nitrato
di potassio). Con lo sviluppo dell’industria dei fertilizzanti si sostituì al salnitro il nitrato del Cile (nitrato di sodio). Solo
all’inizio del XX secolo si cambiò tecnologia. Inizialmente fu prodotto per reazione all’arco elettrico dall’aria con
Produzione di NO.
Nello stesso periodo Ostwald studiava l’ossidazione catalitica dell’ammoniaca e nel 1908 avviò in Germania il primo
impianto pilota che produceva 3 t/d di acido nitrico. Con lo sviluppo della sintesi dell’ammoniaca il processo Ostwald
si affermò definitivamente come l’unico metodo di produzione industriale.

Proprietà dell’acido nitrico:


L’acido nitrico puro e alquanto stabile solo allo stato solido. Fondendo, forma un liquido incolore che si decompone
più meno rapidamente con l’aumentare della temperatura e l’esposizione alla luce, con formazione di ossidi d’azoto
secondo le reazioni:

La presenza di NO2 impartisce all’acido una colorazione che va dal giallo al rosso bruno a seconda della sua
concentrazione. La decomposizione dell’acido nitrico e influenzata notevolmente dalla temperatura: a 200 °C e 1 bar
l’equilibrio è praticamente spostato tutto a destra.
L’acido nitrico è un acido forte e un potente ossidante, nitra molti composti organici e attacca tutti i metalli, eccetto
l’oro e il platino. Alcuni metalli, come l’alluminio e il cromo, vengono passivati con formazione di un sottile strato di
ossido superficiale che li preserva da un ulteriore attacco. Così, per effetto della passivazione, gli acciai legati
possono essere usati negli impianti di produzione. L’acido nitrico è miscibile in qualsiasi rapporto con l’acqua ed è
praticamente del tutto dissociato nelle soluzioni diluite. Le sue soluzioni acquose a pressione ambiente presentano
un azeotropo di massimo, per cui distillando una soluzione acquosa di acido nitrico non si possono ottenere i due
componenti puri, ma si otterrà come prodotto di coda l’azeotropo (HNO3 al 69% a 122 °C circa a pressione
ambiente), mentre come prodotto di testa si otterrà il componente puro in eccesso rispetto alla composizione
azeotropica.

Finire*

Figura 1

65
Ossidi di azoto:
Gli ossidi d’azoto costituiscono i prodotti dell’ossidazione dell’ammoniaca e sono gli intermedi per la preparazione
dell’acido nitrico. Inoltre, rivestono particolare importanza poiché costituiscono i principali inquinanti nelle emissioni
di molti processi di combustione oltre che nella produzione dell’acido nitrico. Poiché possono trasformarsi l’uno
nell’altro, vengono spesso considerati come una classe e indicati come Nox.
Quelli più stabili sono il monossido di diazoto (N2O, protossido d’azoto), il monossido (NO, ossido nitroso) e il
diossido (NO2 , ipoazotide).
Sono praticamente tutti dei gas a temperatura ambiente: N2O e NO sono incolori, NO2 e rosso brunastro. NO e NO2
dimerizzano facilmente allo stato liquido e a bassa temperatura.

Produzione e utilizzi dell’acido nitrico:


Circa il 65% dell’acido nitrico prodotto è utilizzato dall’industria dei fertilizzanti, per cui il suo consumo risente molto
dell’andamento del mercato agricolo. Il principale prodotto, che assorbe circa l’80% della produzione dell’acido, è
NH4NO3 , che, a sua volta, per tre quarti trova impiego come fertilizzante, per il resto nel settore degli esplosivi.
Negli altri campi l’acido è utilizzato soprattutto come agente nitrante. Serve per produrre esplosivi e propellenti
(trinitrotoluene, nitroglicerina, nitrocellulosa), fibre e materie plastiche (nylon 6,6, poliuretani) e inoltre coloranti,
prodotti farmaceutici, insetticidi e fungicidi. Negli ultimi anni, l’impiego dei nitrati in agricoltura è sempre più limitato
dal problema del loro dilavamento dai terreni agricoli, per cui sono stati sostituiti da altri fertilizzanti azotati come
l’urea. La maggior parte dell’acido nitrico e prodotta come soluzione al 50-65% (acido diluito), adatta alla produzione
di fertilizzanti, mentre per le nitrazioni sono richieste concentrazioni più elevate, fino al 99% (acido concentrato,
acido fumante).

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Ossidazione catalitica dell’ammoniaca:
L’ossidazione dell’ammoniaca viene condotta a temperature di 800-950 °C e a pressioni di 1÷15 bar su catalizzatori a
base di platino. La reazione principale è la seguente:

reazione 12,25
La reazione è molto favorita in un ampio intervallo di temperature. La conversione aumenta al diminuire della
pressione. I vantaggi dell’operare a bassa pressione sono pero annullati dai più elevati investimenti per la maggiore
capacita delle apparecchiature, anche in relazione alla necessita di ricorrere ampiamente a materiali resistenti alla
corrosione. Nelle usuali condizioni le possibili reazioni tra ammoniaca e ossigeno sono più d’una. Con un
catalizzatore adatto e con un’opportuna scelta delle variabili operative, circa il 93-98% dell’ammoniaca viene
convertita secondo la precedente reazione.
Reazione esotermica favorita da T alte, e minima variazione di numero di moli che con un piccolo aumento di
pressione favorisce i prodotti. La presenza di un inerte favorisce la reazione in minima quantità a livello
termodinamico, la scelta della T che è anche mediato dalla T migliore per il catalizzatore combinata alla sua
maggiore durata(determinante per selettivare la reazione desiderata, in quanto si formano reazioni secondarie.

Reazioni secondarie:

(12,26)
le prime due sono reazioni parallele, le ultime due
consecutive (12,27)
(12,28)
(12,29)

(12,30)

La reazione voluta, 12,25 non è quella più favorita termodinamicamente, per far si che la cinetica venga
aumentata è determinante il catalizzatore selettivo per la 12,25

67
Terminare la reazione il prima possibile minimizzando il più possibile il tempo di contatto dopo la formazione di ossido d’azoto

Reazioni secondarie: termodinamica:


A basse temperature (500 °C) diventa sensibilmente favorita la (12.27) con formazione di N2O.
Essendo praticamente tutte le reazioni implicate lontane dall’equilibrio, l’influenza della pressione sulla
termodinamica è piccola, comunque è in relazione alla variazione del numero delle moli nelle varie reazioni. In ogni
caso la reazione che porta a NO (12.25) decorre con aumento del numero delle moli, per cui è sfavorita dalle alte
pressioni.
Quindi al contrario della sintesi dell’ammoniaca, che è una reazione singola interessata da equilibrio, la sua
ossidazione con ossigeno può decorrere secondo diverse reazioni non affette da equilibrio, prevalentemente in
parallelo ma anche in serie, per cui la scelta dei parametri che influenzano la cinetica riveste particolare importanza
per massimizzare la resa nel prodotto voluto.

68
Il catalizzatore di ossidazione dell’ammoniaca:
Molte sostanze, specialmente ossidi metallici, sono state provate come catalizzatori per l’ossidazione
dell’ammoniaca. Gli sforzi per trovare un catalizzatore meno pregiato del platino si sono focalizzati negli anni ’90 del
secolo scorso sul cobalto, ma i catalizzatori al platino restano ancora gli unici a livello industriale.
In pratica il catalizzatore e costituito da una lega di platino al 5 ÷ 10% di rodio in forma di fili sottili (60 o 76 μm di
diametro), tessuti in reti da 1024 maglie/cm2 assemblate in strati multipli. L’aggiunta fino al 5% di palladio riduce
complessivamente i costi.
L’attività del catalizzatore varia con l’invecchiamento. Inizialmente l’attività aumenta man mano che la superficie
diventa rugosa e che su di essa si verificano fenomeni di migrazione e di ricristallizzazione del metallo con crescita di
formazioni microcristalline. Ciò comporta un notevole aumento nella superficie specifica e quindi nell’attività.

A sx nuovo- dx vecchio

Volatilizzazione e veleni:
Con l’uso, però, le reti si indeboliscono e perdono platino per volatilizzazione, per cui la superficie si arricchisce
dell’inattivo Rh2O3 e l’attività del catalizzatore declina. La volatilizzazione del platino e fortemente influenzata dalla
temperatura: passando da 820 a 920 °C aumenta di 10 volte (vedi figura). Il platino si volatilizza come ossido (PtO2 ),
per poi decomporsi a platino metallico nelle zone fredde. A seconda delle condizioni operative, le reti vengono
rimpiazzate ogni 2-12 mesi. Ovviamente i metalli preziosi che costituiscono il catalizzatore vengono recuperati con
vari sistemi.
I principali veleni del catalizzatore sono le polveri, in particolare quelle di ossido ferrico (ruggine), che può essere
rilasciato da diverse apparecchiature. Agiscono principalmente abradendo le reti catalitiche e aumentando le perdite
di catalizzatore, inoltre l’ossido ferrico catalizza la reazione parassita (12.26). Qualsiasi materiale che si deposita sul
catalizzatore agisce da veleno. Un’accurata filtrazione dei reagenti previene questo inconveniente.

Il rodio limita la volatilizzazione del platino

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Meccanismo
Nonostante i numerosi studi, il meccanismo della reazione non è completamente chiarito. Ciò e dovuto anche alla
difficoltà nell’individuare gli intermedi di una reazione molto veloce che decorre in tempi brevissimi (tempi di
contatto col catalizzatore di 10-3÷10-4 s). Secondo studi recenti la reazione superficiale coinvolge l’ossigeno,
adsorbito sia associativamente che dissociativamente, e l’ammoniaca, secondo le reazioni:

Limite inferiore dove non c’è esplosività, e limite superiore al di sopra nel campo di esplosività all’aumentare della finire
T, siamo costretti a lavorare a T al di sotto del campo di esplosività o al di sopra, lavorare sopra 14% la resa di NO
diminuisce.La presenza di inerti(acqua) tende a limitare l’esplosività.

Più si aumenta la velocità del gas e più si


riduce il campo di esplosività

Variabili operative: % NH3 /aria


Poiché nella pratica industriale la miscelazione dei reagenti non è mai perfetta e quindi localmente si può avere una
concentrazione eccessiva di ammoniaca, si opera in modo da mantenere un certo margine di sicurezza e talvolta si
diluisce la miscela con vapor d’acqua(garantisce la riduzione del campo di esplosività).
In pratica si arriva fino al 13,5% negli impianti a bassa pressione e fino all’11% in quelli ad alta pressione.
Il rapporto ammoniaca-aria influenza anche la temperatura di reazione: dato che si opera in eccesso d’aria,
l’incremento dell’1% nella concentrazione dell’ammoniaca fa aumentare la temperatura di quasi 70 °C.
Rispetto al rapporto 4:5 si lavora con leggero eccesso di Ossigeno

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Variabili operative: velocità spaziale
Poiché nelle usuali condizioni operative la cinetica del processo e controllata dagli stadi diffusivi, la velocità lineare
dei gas riveste particolare importanza. I valori ottimali sono legati alle altre variabili operative e al numero delle reti
di catalizzatore. Se la velocità è elevata e le reti sono poche, parte dell’ammoniaca sfugge e si decompone secondo la
(12.26);
al contrario, se la velocità è bassa e le reti sono tante, si favorisce la decomposizione di NO secondo la (12.29).
In Tab. 12.12 si riportano le tipiche condizioni operative dei bruciatori.

A seconda delle velocità spaziali che vengono scelte vengono poi a cambiare tutti gli altri fattori del processo, si devono adattare a questo
parametro).

Finire

Se si lavora ad una pressione superiore il massimo di resa si sposta, si abbassa, perchè pressioni elevate diminuiscono la resa, ma il valore
massimo di resa si sposta a T più elevate

Reattore catalitico:
La reazione di combustione e molto veloce e decorre in modo praticamente adiabatico, per cui la temperatura
raggiunta dipende dal contenuto termico dei reagenti e dal calore svolto durante la reazione. Il contenuto termico
dipende dalla temperatura dell’alimentazione che, a secondo che si operi a bassa o alta pressione, entra
preriscaldata a 120 ÷ 280 °C. Il calore svolto, come si e gia accennato, dipende dal rapporto ammoniaca-aria.
I bruciatori per l’ossidazione dell’ammoniaca sono costituiti da un corpo cilindrico o troncoconico che può arrivare
fino a 6 ÷ 7 m di diametro e possono avere capacità di oltre 1000 t/d di HNO3 . Negli impianti di elevate capacità si
ricorre a più bruciatori. Si impiegano 1,5 ÷ 1,9 kg di catalizzatore per t/h di HNO3 prodotto, utilizzando da 4 strati di
reti per i bruciatori che operano a pressione atmosferica, fino a 24 ÷ 45 strati per quelli che operano sotto pression

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Temperatura reti controllata

Tutti i bruciatori utilizzano sistemi per recuperare il platino volatilizzato durante la reazione. Molto usate sono delle
reti in palladio, irrobustito con ∼ 5% di nichel, per la facilità con cui il platino si alliga con esse. Alcuni strati di queste
reti vengono poste subito sotto le reti catalitiche (v. Fig. 12.21).
Subito dopo c’è un sistema di scambio termico per raffreddare i gas reagiti, solitamente a fascio tubiero (v. Fig.
12.21). La superficie di scambio presente all’interno del bruciatore può essere più o meno estesa, ovviamente
all’uscita del bruciatore ci sono altri scambiatori che completano il raffreddamento. Il calore di reazione viene
solitamente recuperato con produzione di vapore ad alta pressione.
La temperatura delle reti viene seguita con cura. Sono presenti pozzetti termometrici e spie ottiche per poter
osservare le reti, dato che durante la normale catalisi assumono tipicamente un colore rosso brillante.

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