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I sistemi macroscopici sono descrivibili con modelli a pochi gradi di libertà, quando si
tratta di corpi solidi, assimilandoli al corpo rigido, ma per un fluido o un corpo deformabile
questa riduzione non è più lecita. La corda elastica, che costituisce il prototipo di un mezzo
continuo, è stata descritta come un insieme di N oscillatori nel limite N → ∞. Per un
fluido o un mezzo elastico si può formulare un modello microscopico in cui un numero
elevato di costituenti elementari (atomi, molecole o loro aggregati) interagiscono con un
potenziale di Van der Waals o di oscillatore anarmonico. La meccanica statistica permette
di calcolare la funzione di distribuzione di posizione e velocità per una particella e di
scrivere le equazioni cui soddisfano i valori medi. Per un sistema vicino alla configurazione
di equilibrio stabile l’ approssimazione delle piccole oscillazioni, determina il moto e lo
spettro di frequenze e conduce alla equazione delle onde nel limite del continuo.
È tuttavia possibile scrivere direttamente le equazioni del moto che determinano l’evoluzio-
ne di un mezzo continuo, introducendo in modo fenomenologico, le leggi che governano le
sue mutue interazioni. Queste leggi, dette costitutive, fanno intervenire variabili di natura
meccanica e termodinamica quale la temperatura. Vincoli sulle equazioni costitutive sono
posti dalle simmetrie e dalle leggi della termodinamica. In questo capitolo si analizza il
quadro matematico per la cinematica e la dinamica di un mezzo continuo.
532 28. Meccanica dei continui
c 88-08- 9820
28.1. CINEMATICA
Se è assegnato il campo di velocità del mezzo continuo v(x, t) la mappa M non è altro che
il flusso corrispondente a questo campo. La matrice jacobiana della trasformazione e la
sua inversa sono definite da
∂xi ∂Xi
Fij = , F−1
ij = (28.1.2)
∂Xj ∂xj
!!!
!!!
!!! !!!
x!!!
!!!
X
!!!!
!!! !!!
!!!!
!!! !!!
!!!
!!!! !!!
Figura 28.1.1. Trasformazione in un continuo.
Ogni funzione riferita al mezzo continuo può essere espressa come funzione delle coordinate
iniziali X, oppure delle coordinate istantanee x del punto. La prima formulazione è detta
lagrangiana la seconda euleriana e per ogni variabile g definita sul continuo si scrive
Nel seguito si userà la notazione g(x, t) e g(X, t) per la formulazione euleriana e lagrangiana
omettendo gli indici E ed L quando non vi sia possibilità di confusione. Il vettore sposta-
mento, vedi figura 28.1.2 è definito da
u=x−X (28.1.4)
dx ∂M
vL (X, t) = = (X, t) (28.1.5)
dt ∂t
c 88-08- 9820 28.2. Derivate temporali 533
P P ’
u
X x
O
Figura 28.1.2. Spostamento.
Data una variabile g definita sul continuo, che tipicamente è una densità, si considera il suo
integrale G su un dominio materiale finito. Dato un dominio iniziale D e la sua immagine
D(t) = M (D, t) al tempo t l’integrale
Z
G(t) = gE (x, t)dx (28.2.1)
D(t)
è costante, poiché viene valutato sugli evoluti degli stessi punti qualunque sia t. Se g
è una densità di massa G è la massa del massa del continuo contenuto in D all’istante
t = 0, che risulta uguale alla massa contenuta in D(t) all’istante t. Cambiando variabile
di integrazione da x a X si ha
Z Z
G(t) = gE (M (X, t), t) det F dX = gL (X, t) det F dX (28.2.2)
D D
534 28. Meccanica dei continui
c 88-08- 9820
d
det F = divv det F (28.2.5)
dt
e la dimostrazione è identica a quella fatta per il determinante jacobiano di un flusso
(15.3.3), ove a Φ, µ si sostituiscano v, det F. Il risultato è quindi
Z
dG ∂g ∂g ∂vj
= + vj + g det F dX (28.2.6)
dt D ∂t ∂xj ∂xj
Equazione di continuità
Dalla equazione che esprime la derivata temporale si ricava l’equazione di continuità, che
esprime una legge di conservazione locale. Poiché l’integrale (28.2.6) si annulla per un
dominio D arbitrario, l’integrando, che si suppone continuo, non può che essere nullo.
Essendo det F 6= 0 segue l’equazione di continuità
∂ρ
+ div (ρv) = 0 (28.2.7)
∂t
dove si è scritto ρ al posto di g come di solito si conviene per indicare la densità di massa.
Un fluido il cui campo di velocità abbia divergenza nulla si dice incompressibile e per
esso risulta che ρ si mantiene costante lungo ogni traiettoria. Per interpretare fisicamente
l’equazione di continuità è sufficiente integrare la (28.2.7) su un dominio chiuso D indipen-
dente da t; applicando il teorema di Gauss e detta Σ la frontiera di D ha
∂
Z Z
ρ(x, t)dx = − ρ n · vdσ (28.2.8)
∂t D Σ
Nei fluidi si studia il campo euleriano delle velocità, nei solidi il campo lagrangiano delle
deformazioni. Supponendo che le deformazioni siano piccole è lecito linearizzare la trasfor-
mazione. Se X, X + dX sono due punti iniziali e x, x + dx i loro trasformati all’istante t
si ha
dx = F dX + O(kdXk2 ) (28.3.1)
Il rapporto dei volumi dei parallelepipedi infinitesimi che hanno per spigoli dxi e dXi
rispettivamente è dato da det F e gli elementi di linea sono dS = kdXk e ds = kdxk =
kF dXk. Notiamo che ds2 è una forma quadratica in dXi i cui coefficienti definiscono la
matrice positiva U2 = F̃F.
X+d X
x+ d x
dX
dx
X u
x
x + dx = X + u + FdX (28.3.2)
Nel caso generale allorché U non è l’identità, il corpo il corpo si deforma, vedi figura 28.3.1.
Proposizione. Ad ogni istante la trasformazione di un intorno infinitesimo di un mezzo
continuo è data da una traslazione, una rotazione ed una dilatazione lungo tre assi princi-
pali.
La dimostrazione si basa sulla rappresentazione polare di una matrice reale F data dal
prodotto di una matrice simmetrica positiva per una matrice ortogonale
F = RU U2 = F̃F (28.3.3)
dove R è ortogonale. Questa rappresentazione è l’analogo per le matrici reali della rappre-
sentazione polare di un numero complesso. Per provare questo risultato basta osservare
536 28. Meccanica dei continui
c 88-08- 9820
che che moltiplicando U2 = F̃F a destra e a sinistra per U−1 si ha (FU ^ −1 )FU−1 = I che
Il rapporto tra i volumi è espresso allora da det F = λ1 λ2 λ3 mentre le distanze sono date da
2 2 2 L
ds2 = λ21 dX1′ + λ22 dX2′ + λ23 dX3′ Le matrici di deformazione lagrangiana E ed euleriana
E L E
E definite da F̃F = I + 2E , (FF̃)−1 = I − 2E sono espresse in forma esplicita da
Per piccole deformazioni che consentono di trascurare i termini quadratici nel gradiente
dello spostamento le due matrici di deformazione sono uguali.
Piccole deformazioni
Nei mezzi continui elastici le deformazioni sono piccole ed è lecito tenere solo il primo ordine
nella deformazione u. Decomponendo F nella sua parte simmetrica E ed antisimmetrica Ω
scriviamo F = E + Ω dove
Nel caso di piccole deformazioni, trascurando i termini quadratici nel gradiente della defor-
mazione si può scrivere F = (I + Ω)(I + E) e quindi le matrici di rotazione R e di dilatazione
U sono date da
R=I+Ω U=I+E (28.3.8)
Alla matrice Ω si associa il vettore ω = nα, scrivendo Ωij = ǫikj ωk . Detta S la matrice
ortogonale che diagonalizza E, nel sistema di assi principali x′ = S̃x le matrici Ω ed S si
trasformano in a Ω′ = SΩS̃ = ǫijk ωk′ , ed E ′ = SE S̃ = ǫi δij dove λi = 1 + ǫi . A titolo di
esempio consideriamo una trasformazione nel piano x, y già riferita agli assi principali
x x
2 2
x x
1 1
Un rettangolo coi lati paralleli agli assi principali viene dilatato e ruotato ma rimane
un rettangolo; invece un rettangolo coi lati non paralleli agli assi principali diventa un
parallelogramma, come mostra la figura 28.3.2. Il rapporto tra un elemento di volume ed
il suo trasformato diventa det F ≃ 1 + ǫ1 + ǫ2 + ǫ3 .
dove ρ è la densità di massa. Sul continuo contenuto nel dominio chiuso D(t), avente per
bordo la superficie Σ(t) agiscono sia forze di volume dovute a campi esterni sia forze di
superficie, dovute alla interazione con il mezzo continuo che circonda il dominio in esame.
Il risultante delle forze agenti su D(t) è
Z Z
Fi = fi (x, t)dx + τi (x, n, t)dσ (28.4.2)
D(t) Σ(t)
ed il momento risultante
Z Z
Ωi = ǫijk xj fk dx + ǫijk xj τk dσ (28.4.3)
D(t) Σ(t)
Si assumono come equazioni del moto quelle valide per un sistema di punti materiali cioè
dPi dLi
= Fi , = Ωi (28.4.4)
dt dt
538 28. Meccanica dei continui
c 88-08- 9820
Per esprimere in forma locale le equazioni della quantità di moto e del momento della
quantità di moto occorre introdurre la matrice degli sforzi interni τij . Lo sforzo τ su un
elemento di superficie dipende dall’orientamento della superficie stessa: se n è la normale
esterna si scriverà
τ = τ (x, n, t) (28.4.6)
33333333333333333
33333333333333333
n
33333333333333333
33333333333333333 τ
333333333 33333333333333333
!!!!!!!!!
333333333 33333333333333333
!!!!!!!!!
333333333 33333333333333333
!!!!!!!!!
333333333 33333333333333333
!!!!!!!!!
333333333
τ 33333333333333333
!!!!!!!!! n
333333333 33333333333333333
!!!!!!!!!
333333333 33333333333333333
!!!!!!!!!
33333333333333333
333333333 !!!!!!!!!
33333333333333333
333333333 !!!!!!!!!
33333333333333333
33333333333333333
33333333333333333
33333333333333333
Figura 28.4.1. Sforzo sulla superficie di un elemento D del continuo.
Siano τ1 , τ2 , τ3 gli sforzi che si esercitano sui piani coordinati le cui normali sono i versori
degli assi x1 , x2 , x3 . Se si isola una porzione D del mezzo continuo, è solo applicando una
forza τ dσ su ogni elemento di area dσ della frontiera di D che il suo stato resta inal-
terato, vedi figura 28.4.1. Se invece si crea un vuoto in corrispondenza al dominio D è
l’applicazione delle forze −τ dσ alla sua frontiera che lascia lo stato inalterato. Ripristi-
nando lo stato originale del continuo i due sistemi di forze si compensano esattamente. Gli
sforzi interni dipendono dalla configurazione istantanea del continuo ed in particolare, nel
caso di un solido, dal suo stato di deformazione. Per ricavare la dipendenza di τ da n in un
punto x, si sceglie in esso l’origine di una terna cartesiana con assi paralleli al riferimento.
Se x′ è un punto prossimo a x si pone
x′i = xi + ξi (28.4.7)
Si consideri un piano con normale n distante h dall’origine, che taglia gli assi coordinati in
tre punti che con l’origine formano i vertici di un tetraedro, come indicato in figura 28.4.2.
La condizione di equilibrio tra forze interne e di superficie si scrive
Z Z
f dξ + τ dσ = 0 (28.4.8)
T Σ
c 88-08- 9820 28.4. Dinamica dei continui 539
ξ3
7777777777777777
7777777777777777
7777777777777777
n
7777777777777777
7777777777777777
7777777777777777
7777777777777777
τ
7777777777777777
7777777777777777
7777777777777777
7777777777777777
ξ
2
7777777777777777
7777777777777777
7777777777777777
7777777777777777
ξ1
h
Z
∆V = dξ = ∆σ, δσi = ni ∆σ (28.4.9)
T 3
dove tutti i termini sono valutati in x. Le normali alle facce del tetraedro sono n, −ej e
su queste ultime gli sforzi sono τ (x, −ej ) = −τ (x, ej ) ≡ −τj . Nel limite h → 0 si ha
Introducendo la matrice degli sforzi τ = (τ1 , τ2 , τ3 ) formata dai tre vettori degli sforzi sui
piani coordinati, ossia
τij = (τj )i (28.4.12)
il teorema di Gauss permette di ricondurre gli sforzi superficiali a forze di volume; infatti
per la i-esima componente degli sforzi superficiali si ha
∂τij
Z Z Z
τi (x + ξ, n)dσ = τij (x + ξ)nj dσ = (x + ξ) dξ (28.4.13)
Σ Σ T ∂xj
540 28. Meccanica dei continui
c 88-08- 9820
La equazione (28.4.4) per la quantità di moto, tenendo conto di (28.4.1), (28.4.2), (28.4.13)
si scrive
dPi d ∂vj ∂τij
Z Z
= (ρvi ) + ρvi dx = fi + dx (28.5.1)
dt D(t) dt ∂xj D(t) ∂xj
Usando la equazione di continuità (28.2.7) e tenendo conto della arbitrarietà del dominio
D si ottiene la forma locale per l’equazione del moto
dvi ∂τij
ρ = fi + (28.5.2)
dt ∂xj
tenuto conto della equazione di continuità, della (28.5.2) e del fatto che ǫijk vj vk = 0. Il
momento delle forze (28.4.3) tenendo conto di (28.4.11) ed usando il teorema di Gauss si
scrive
∂
Z Z Z
Ωi = ǫijk xj fk dx + ǫijk xj τkℓ nℓ dσ = ǫijk xj fk + (xj τkℓ ) dx (28.5.4)
D(t) Σ(t) D(t) ∂xℓ
La equazione del momento della quantità di moto dLi /dt = Ωi , dopo aver sostituito in
(22.5.3) ρdvk /dt con fk + ∂τkℓ /∂xℓ , è soddisfatta se vale
Da (28.5.5) segue ǫijk τkj = 0, che esprime la simmetria della matrice degli sforzi τkj = τjk ,
nota come teorema di Cauchy.
c 88-08- 9820 28.5. Equazioni di bilancio 541
Energia e potenza
Per completare le equazioni del moto non è sufficiente l’equazione di continuità ma oc-
corre specificare la dipendenza degli sforzi da variabili cinematiche come la matrice F e
termodinamiche come la temperatura. Per ricavare l’analogo del teorema delle forze vive
si valuta
dT 1 d 1 d ∂vk dvi
Z Z Z
= ρvi vi dx = (ρvi vi ) + ρvi vi dx = ρvi dx (28.5.6)
dt 2 dt D(t) 2 D(t) dt ∂xk D(t) dt
usando l’equazione di continuità. Il calcolo della potenza delle forze tenendo conto della
(28.4.11) ed usando il teorema di Gauss dà
dW ∂
Z Z Z
= vi fi dx + vi τij nj dσ = vi fi + (vi τij ) dx (28.5.7)
dt D(t) Σ(t) D(t) ∂xj
Tenendo conto di (28.5.2) si trova che la differenza tra la derivata dell’energia cinetica e la
potenza delle forze non è nulla ma vale
dW dT ∂vi
Z Z
− = τij dx = τij ηij dx (28.5.8)
dt dt D(t) ∂xj D(t)
Considerazioni termodinamiche
Se le deformazioni del mezzo sono piccole (si ritorna allo stato iniziale quando si rimuovono
le forze esterne) e cosı̀ lente da poter considerare ogni stato in equilibrio termodinamico
dalla prima legge della termodinamica si ha
dW = dT + dU − dQ (28.5.10)
Derivando rispetto a t si ha
dW dT d ∂U dFik ∂U dFik 1
Z Z
− = (U − Q) = dX = dx (28.5.12)
dt dt dt D(0) ∂Fik dt D(t) ∂Fik dt det F