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Marco Favretti
Contents
1 Preliminari Matematici 3
1
Contents
2
1 Preliminari Matematici
Riportiamo qui sotto tutti (o quasi) i risultati matematici che serviranno nelle pagine
seguenti. La forma è volutamente sintetica e le dimostrazioni sono omesse, in quanto
tali risultati dovrebbero essere stati presentati al lettore nei corsi del biennio. User-
emo i simboli seguenti:
a, b, c, ... vettori di R3
a · b oppure semplicemente a b; prodotto scalare di a, b
F , F T , F −1 matrice (di solito 3 × 3), trasposta di F , inversa di F
Lin, Lin+ , matrici invertibili, invertibili con determinante positivo
Sym, Sym+ , Skew, matrici simmetriche, simmetriche definite positive, antisim-
metriche
Orth+ , matrici tali che F T = F −1 e det F > 0 (rotazioni proprie)
Variazione di volume. Data F ∈ Lin+ , e a, b, c ∈ R3 non complanari, indichiamo
con vol(a, b, c) := a ∧ b · c il volume del parallelepipedo formato da a, b, c. Allora vale
che è vera.
Prodotto scalare tra matrici (tensori di secondo ordine). E’ definito come
3
X
T
S · T := tr(S T ) = Sij Tij ; (1.3)
i,j=1
vale
1
S ∈ Sym+ ⇒ S · T = S · T T = S · (T + T T )
2
1
W ∈ Skew ⇒ W · T = −W · T T = W · (T − T T )
2
S ∈ Sym, W ∈ Skew ⇒ S·W =0
3
1. Preliminari Matematici
R · ST = S T R · T = RT T · S
R · ST = tr(RT ST ) = S T R · T = tr(T RT S) = RT T · S.
In componenti:
3
X
(divS)h = Shk,k .
k=1
Au = ω ∧ u ∀u ∈ R3 .
4
(per integrali di volume)
Z Z
φ(y)dy v = φ(ϕ(x))|detF (x)|dx v
ϕ(B) B
ove n(y) e ν(x) indicano rispettivamente i versori normali esterni a ∂ϕ(B) e ∂B nel
generico punto y e x.
Esercizio. Confrontare le formule qui sopra con quelle del cambiamento di area
e volume.
Un teorema di iniettività globale
Per dimostrare la tesi basta far vedere che vale Φ(0) 6= Φ(1), da cui segue diretta-
0
mente f (a) 6= f (b). Calcolando Φ (t) si trova:
0 ∂
Φ (t) = fi (tb + (1 − t)a)(bi − ai )(bj − aj )
∂xj
Essendo dunque Φ(t) funzione strettamente crescente, vale Φ(0) < Φ(1).
Si può concludere quindi che Φ(0) 6= Φ(1), da cui segue f (a) 6= f (b).
5
2 Cinematica dei continui
x : B × [0, T ) → R3 , x = x(X, t)
ove t è la variabile temporale, tale che: per ogni t ∈ [0, T ), x(·, t) è deformazione e
per t = 0 x(·, 0) è l’identità.
Denotiamo con Bt = x(B, t) la configurazione attuale e con
7
2. Cinematica dei continui
∂ψ
ψ0 =
∂t
la derivata rispetto alla variabile temporale; dato un campo spaziale [materiale] ψ
indichiamo con grad ψ [Grad ψ] il gradiente rispetto alla variabile x [X]:
∂ψ(x) ∂ψ(X)
(grad ψ)i = , (Grad ψ)L = .
∂xi ∂XL
Alcuni oggetti di uso frequente hanno simboli propri:
1 1
L = D + W, ove D = (L + LT ) ∈ Sym, W = (L − LT ) ∈ Skew
2 2
8
e D e W sono le parti simmetrica ed emisimmetrica di L dette rispettivamente
velocità di deformazione locale (stretching) e vorticità (spin).
Definizione. Un moto x = x(X, t) è stazionario in [0, T ) se
9
2. Cinematica dei continui
qundi A(t) := ṘRT ∈ Skew(3) e quindi esiste unico ω(t) ∈ R3 tale che A(t)u =
ω(t) ∧ u. Allora il campo spaziale di velocità verifica
sia tutto contenuto all’interno della regione spaziale interessata dal moto all’istante
t. Allora si ha facilmente che
Z 1
d
(e(x2 , t) − e(x1 , t)) · (x2 − x1 ) = e(x(s)) · (x2 − x1 )ds
0 ds
pertanto
Z 1
(e(x2 , t) − e(x1 , t)) · (x2 − x1 ) = L(s)(x2 − x1 ) · (x2 − x1 )ds = 0
0
10
si ha che
Z 1p Z 1p Z 1q
lγ = (γ̇, γ̇)ds = (F γ̇ ∗ , F γ̇ ∗ )ds = (F T F γ̇ ∗ , γ̇ ∗ )ds = lγ ∗ .
0 0 0
Dico che questa condizione implica che il moto manda segmenti in segmenti, tetraedri
in tetraedri, ecc. Questo basta per dire che il moto è rigido.Supponiamo per assurdo
che l’immagine del segmento AB non sia un segmento, ma una curva ab, ˜ ovviamente
˜ = lAB . Indichiamo con ab il segmento di estremi a = x(A) e b = x(B). Per
con lab
definizione di segmento, deve essere
˜ = lAB .
lab < lab
L’immagine inversa del segmento ab non può essere il segmento AB, e quindi sarà
una curva (ab)∗ , di estremi A e B, con l(ab)∗ = lab > lAB , assurdo.
Esercizi.
1. Sia B = [0, 1] ⊂ R; verificare che x(X) = λX, λ > 0, fissato è deformazione
omogenea , mentre x(X) = eλX , λ > 0 non è omogenea.
2. Mostrare che, per F : B × [0, T ) → Lin+ , gradiente di deformazione (campo
materiale) vale
F 0 = (grad e)m F. (2.3)
Dim.
F 0 = (Grad x)0 = Grad v = Grad em = (grad e)m F
1
ė = e0 + grad (e · e) + 2W e (2.5)
2
1
ė = e0 + grad (e · e) + rot e ∧ e (2.6)
2
3. [Gurtin] Calcolare v, e, F per il moto di B = R3
2
x1 = X1 et , x2 = X2 et , x3 = X3
Mostrare che:
i) Grad ϕ è normale a S ,
ii) grad ψ(x, t) è normale a St ,
iii) Grad ϕ = F T (grad ψ)m e quindi grad ψ non è mai nullo su St .
11
2. Cinematica dei continui
D = Diag[−γ1 , −γ2 , γ1 + γ2 ].
Supponiamo per semplicità che γ1 , γ2 > 0. Allora le particelle del fluido tendono ad
avvicinarsi all’asse x3 e a scorrere con velocità crescente lungo di esso formando un
getto (jet flow) poichè
D = Diag[−γ, γ, 0]
Il flusso corrrispondente
12
2.1. Derivata temporale di quantità integrali
∂
det F (X, t) = det F (X, t)(div e)m (X, t).
∂t
Dimostrazione. Usiamo lo sviluppo per righe del determinante di una generica ma-
trice
3
X
δij det F = AiL FjL ,
L=1
13
2. Cinematica dei continui
Z Z
dφm
= [
det F + φm det F (div e)m ]dX v = [φ̇ + φ div e]dx v
P dt Pt
Z Z
0
= [φ + grad φ · e + φdiv e]dx v = [φ0 + div (φe)]dx v,
Pt Pt
da cui Z Z Z
d 0
φdx v = φ dx v + φe · n dx σ. (2.8)
dt Pt Pt ∂Pt
Dal principio di conservazione della massa segue che la densità di massa µ(x, t) da
associare a Bt lungo il moto x sarà in generale diversa da µ∗ . Deve valere pero’ che
Z Z Z
m(Pt ) = µdx v = µm det F dX v ≡ µ∗ dX v, ∀P ⊂ B, ∀t ∈ [0, T )
Pt P P
14
2.1. Derivata temporale di quantità integrali
d ∗ d dµm
0= µ (X) = (µm det F ) = det F + µm det F div em ⇔ µ̇ + µdiv e = 0.
dt dt dt
E’ facile vedere che il campo di velocità e è tangente alle ’pareti laterali’ del tubo
di flusso ∂Rδ . Sapendo che µ è indipendente da t, applichiamo la formula della
conservazione di massa per un volume di controllo. Si ha allora
Z Z Z
0=− µe · ndx σ ⇒ µe · ndx σ = µe · nδ dx σ
∂Rδ N Nδ
ovvero, il flusso di µ(x)e(x) è costante lungo una qualsiasi sezione di un tubo di flusso.
In altre parole, µ dx v, misura conservata dal flusso, induce su ogni superficie N , di
codimensione 1, trasversale al flusso una misura superficiale µe · ndx σ conservata dal
flusso.
Esercizio (utile per le equazioni di bilancio). Sia ψ campo spaziale esprimibile
come densità di massa di un’altro campo φ, cioè ψ = µφ. Allora, supponendo valida
l’equazione di continuità per µ, e usando il teorema del Trasporto si ha
Z Z Z Z
d ˙ + µφdiv e]dx v =
(µφ)dx v = [(µφ) [µ̇φ + µφ̇ + µφdiv e]dx v = µφ̇ dx v.
dt Pt Pt Pt Pt
15
2. Cinematica dei continui
Consideriamo ora, tenendo sempre a mente gli esempi visti, il caso più generale
di un volume Pt trasportato dal moto del continuo. Il valore complessivo della
grandezza scalare Ψ racchiusa in Pt puo’ variare per effetto di pozzi o sorgenti r
che si trovano costantemente all’interno di Pt o per l’apporto attraverso la frontiera
∂Pt . Quest’ultimo fenomeno puo’ essere descritto dal flusso di un campo vettoriale
Φnc detto flusso non convettivo per cui la relazione precedente diviene2
Z Z Z
d
Ψdx v = − Φnc · n dx σ + rdx v. (2.11)
dt Pt ∂Pt Pt
In forma puntuale
Ψ0 + div(Ψe + Φnc ) = r. (2.13)
Si noti che nell’uso corrente, la distinzione tra Ψe e Φ è spesso omessa, indicando
genericamente con Φ il campo (flusso o drift) che compare all’interno dell’operatore
div, ovvero
Ψ0 + div(Φ) = r.
A seconda delle scelte per Φ e r si possono costruire vari modelli adatti a descrivere
una vasta classe di fenomeni. Uno dei modelli più usati descrive l’ingresso o uscita di
materia attraverso la frontiera di Pt per effetto di una differenza di densità o gradi-
ente di concentrazione (le particelle diffondono dalle zone a più alta concentrazione
verso quelle a più bassa concentrazione). In generale possiamo supporre che il flusso
2
Il segno meno è dovuto al fatto che n indica la normale uscente di ∂Pt e che convenzionalmente,
la variazione della quantità scalare Ψ è positiva quando il campo Φ è entrante.
16
2.2. Leggi di Conservazione e di Bilancio
non sia esattamente opposto al gradiente di densità, ma che per effetti di anisotropia
del mezzo, si debba introdurre una matrice semidefinita positiva A(x, t) per cui
o, in forma puntuale,
Ψ0 + div(Ψe − Agrad Ψ) = r.
µ0 + div(µe) = 0.
Ψ0 = div(Agrad Ψ) + r.
θ0 = div(Agrad θ).
Ψ0 + div(ΨX) = k∆Ψ + r.
17
2. Cinematica dei continui
ut = D∆u (2.15)
s → ax, t → a2 t.
18
2.2. Leggi di Conservazione e di Bilancio
la condizione richiesta è
q y 1
0 = ut − uxx = − √ [ϕ00 (y) + ϕ0 (y) + ϕ(y)].
Dt 2 2
19
3 Dinamica dei continui
Prima di formulare l’analogo per un continuo delle equazioni di bilancio della quan-
tità di moto e del momento della quantità di moto per un sistema particellare,
dobbiamo operare una ricognizione delle forze agenti su di una parte P di un corpo
continuo B. Queste sono di due tipi:
a) forze esterne dovute all’azione a distanza di altri corpi (es. forze elettromag-
netiche o gravitazionali) e forze esterne di contatto attraverso la parte della frontiera
che P ha in comune con la frontiera di B. Supponiamo che le prime siano esprimibili
mediante una densità di volume di forze esterne a distanza b e le seconde mediante
una densità superficiale Σ di forze esterne di contatto;
b) forze interne di contatto dovute all’azione reciproca tra punti interni di P a
contatto tra loro.
Osservazione. Il modello di forze ipotizzato al punto b) non ha analogo nei sistemi
particellari, ove le forze sono tutte di azione a distanza; una sua ‘anticipazione’ si
ha nel modello del corpo rigido, ove si suppone che tra due punti qualsiasi del corpo
si esercitino delle forze (reazioni vincolari) che realizzano il vincolo di rigidità e che
soddisfano al principio di azione e reazione in forma forte. Tali forze si verificano
essere un sistema equilibrato, quindi con risultante e momento risultante nullo (tale
sistema di forze ha potenza nulla, ed il vincolo di rigidità è liscio). Nel caso generale
di un corpo deformabile, non possiamo più pensare che tali forze di contatto abbiano
potenza nulla (vedi oltre, il Teorema delle forze vive).
Intanto enunciamo un’ipotesi semplificativa. Dato x tale che (x, t) ∈ Γ per
qualche t, e n(x) versore, n(x) individua una classe Λ di superficie orientate che
hanno appunto n come versore normale esterno in x.
Postulato di Cauchy. La densità superficiale dR/dσ delle forze di contatto
esercitate dai punti esterni a contatto sui punti di un’area infinitesima dσ di Λ
21
3. Dinamica dei continui
Teorema 3.1.1 (del tetraedro di Cauchy) Sia (b, s) sollecitazione lungo il moto
x di B. Le equazioni di bilancio (3.1), (3.2) sono soddisfatte lungo il moto di B se
e solo se esiste un campo tensoriale liscio T : Γ → Lin detto tensore degli sforzi di
Cauchy tale che, per ogni (x, t) ∈ Γ si abbia
c) T (x, t) ∈ Sym.
22
3.1. Il teorema del tetraedro di Cauchy
tetraedro è tutto interno a Bt , inoltre vale la seguente relazione tra l’area Ai delle
facce Si e l’area A di S:
Ai = (k · ei )A
Scriviamo la prima equazione di bilancio per la parte P di B tale che Pt = Π
Z Z
(µė − b) dx v = s dx σ.
Π ∂Π
Poichè µ, b (e quindi ė) sono funzioni continue, esse sono limitate in Π. Si deduce
che
Z Z Z
| s dx σ| = | (µė − b) dx v| ≤ |µė − b| dx v ≤ cost · vol(Π(δ) = cost · δ 3 .
∂Π Π Π
D’altra parte, detta A = A(δ) = cost · δ 2 l’area della base del tetraedro, la disugua-
glianza precedente assicura che
cost · δ 3
Z
1
0 ≤ lim | s dx σ| ≤ lim =0
δ→0+ A(δ) ∂Π(δ) δ→0+ cost · δ 2
pertanto
Z Z 3 Z
1 1 X
lim s dx σ = lim [ s(x, t, k) dx σ + s(x, t, −ei ) dx σ] = 0
δ→0+ A(δ) ∂Π(δ) δ→0+ A(δ) S Si i=1
k · ei
Z
lim s(x, t, −ei ) dx σ = (k · ei )s(x̂, t, −ei ), i = 1, 2, 3,
δ→0+ Ai (δ) Si
23
3. Dinamica dei continui
3
X
s(x̂, t, k) = (k · ei )s(x̂, t, ei ) (3.4)
i=1
Posto (a ⊗ b)u = a(b · u), prodotto tensore dei vettori a e b, la relazione precedente
si scrive
s(x̂, t, k) = T (x̂, t)k
ove
3
X
T (x̂, t) = s(x̂, t, ei ) ⊗ ei
i=1
è il tensore degli sforzi di Cauchy. Questo conclude la dimostrazione del punto a).
Per mostrare b) abbiamo bisogno solo della prima equazione di bilancio e del
teorema della divergenza
Z Z Z Z
(µė − b) dx v = s(x, t, n) dx σ = T (x, t)n dx σ = div T dx v
Pt ∂Pt ∂Pt Pt
24
3.1. Il teorema del tetraedro di Cauchy
ma = F + Φ
ed ottenere cosı̀ le equazioni del moto pure, prive cioè delle reazioni vincolari inco-
gnite (equazioni di Lagrange).
In Meccanica dei Continui il problema, corrispondente a quello della descrizione
del vincolo, è di definire il modello che ben descrive gli sforzi che si esercitano tra
particelle a contatto del continuo. Il modello che presentiamo caratterizza lo sforzo
interno in maniera equivalente al Postulato di Cauchy.
Postulato sugli sforzi interni. Esistono un campo vettoriale di sforzo γ e un
campo tensoriale di sforzo T entrambi definiti sulla configurazione attuale tali che:
1) per ogni parte Pt e per ogni campo vettoriale w(x, t) (spostamento virtuale),
il lavoro degli sforzi interni sui punti di Pt è dato dall’espressione (si dice anche
potenza di primo gradiente)
Z
Lint = − (γ · w + T · grad w )dx v;
Pt
T = TT
Rimane ora da definire, per un generico spostamento virtuale, il lavoro delle forze
d’inerzia Z
Lin = − µė · wdx v,
Pt
e il lavoro delle forze esterne: sia data, come sopra, b densità di volume di forze
esterne a distanza e s densità superficiale di forze esterne di contatto, esercitate dai
25
3. Dinamica dei continui
punti esterni a ∂Pt sui punti di Pt a contatto, sulla quale ora non facciamo alcuna
ipotesi, a parte l’integrabilità come densità superficiale di forze. Allora
Z Z
Lext = b · wdx v + s · wdx σ.
Pt ∂Pt
Teorema 3.1.2 (Principio dei Lavori Virtuali) Siano (b, s),rispettivamente den-
sità di forza esterna di azione a distanza e densità di forza esterne di contatto lungo
il moto x di B, e valga il postulato degli sforzi interni. Allora valgono le a) b) c) del
Teorema del Tetraedro di Cauchy (equivalenti alla validità delle equazioni di bilan-
cio (3.1), (3.2) lungo il moto x) se e solo se il lavoro delle forze interne, esterne e
d’inerzia è nullo per ogni spostamento virtuale per ogni t lungo il moto
La necessità è quindi ovvia. Osserviamo che nel caso particolare di uno spostamento
virtuale rigido si ha Lint = 0; i termini rimanenti si possono riscrivere come u · w =
u · (w0 + ω ∧ x) = u · w0 + ω · x ∧ u ove u = s oppure u = b − µė. Pertanto
Z Z Z Z
Lext +Lin = w0 ·[ s dx σ+ (b−µė) dx v]+ω·[ x∧s dx σ+ x∧(b−µė) dx v] = 0
∂Pt Pt ∂Pt Pt
che porge una condizione equivalente alla validità delle equazioni di bilancio. Questo
conclude la dimostrazione.
Le equazioni della dinamica dei continui si possono dunque porre nella forma
integrale (3.6) che esprime il Principio dei Lavori Virtuali. Tale formulazione dal
punto di vista dell’Analisi Matematica, corrisponde a introdurre la forma debole
della soluzione di un’equazione
Z
f (u) = 0 ⇔ f (u) · w = 0 ∀w ∈ V
P
26
3.1. Il teorema del tetraedro di Cauchy
27
3. Dinamica dei continui
Z Z Z
x ∧ µ∗ x00 (X, t) dX v = X ∧ S(X, t)ν dX σ + X ∧ b0 dX v.
P ∂P P
Esercizio. Mostrare che le condizioni b) e c) del Teorema del Tetraedro di Cauchy
si scrivono in forma materiale rispettivamente come
SF T = F S T (3.9)
28
3.2. Teorema delle forze vive
Calcoliamo separatamente i due contributi della potenza delle forze esterne; il con-
tributo delle forze di volume vale
Z Z Z
b · e dx v = b detF · em dX v = b0 · x0 dX v
Pt P P
= v · SνdX σ.
∂P
e quindi Z Z Z
0 0
K̇ = b0 · x dX v + Σ0 · x dX σ − S · F 0 dX v
P ∂P P
ove b0 = detF b e Σ0 sono le assegnate forze esterne di superficie nella configurazione
di riferimento.
Osservazione. Dalla formulazione materiale del Teorema delle forze vive si vede
facilmente che W è nulla per i moti aventi gradiente di deformazione costante F 0 =
∂ ∂x
∂t ( ∂X ) = 0. Intuitivamente, possiamo pensare che, se F non è costante nel tempo,
alcune particelle del continuo devono agire sulle altre per fare variare la loro velocità
e realizzare la deformazione complessiva durante il moto. Poichè il sistema non è
isolato, tali forze di contatto tra punti contigui non sono bilanciate (non verificano
il principio di azione e reazione). In qualche modo, W misura la potenza delle forze
di contatto impiegata per ‘coordinare’ il moto di tutte le particelle. Tale potenza è
nulla per esempio nel caso di un corpo rigido, ove D = 0. Ne risulta che W = K̇ −P ,
differenza tra la variazione di energia cinetica e la potenza delle forze esterne, puo’
essere pensato come la potenza delle forze interne che non è usata per produrre moto
(variare l’energia cinetica totale).
Esercizio 1. A titolo di esempio, calcoliamo la variazione dell’energia cinetica
per un fluido di Navier–Stokes (viscoso, incomprimibile) in assenza di forze esterne.
Si ha allora
Z Z
dK
= − T · Ddx v = − (−πI + 2νD) · Ddx v
dt Pt Pt
29
3. Dinamica dei continui
Z Z
= πtr Ddx v − 2ν tr(DT D)dx v
ZPt ZPt Z
2
= πdiv e dx v − 2ν |D| dx v = −2ν |D|2 dx v < 0
Pt Pt Pt
Esercizio 3. Riscriviamo il contenuto del Teorema delle forze vive sotto forma di
legge di bilancio per la densità di energia cinetica. Questo bilancio si estenderà
all’energia cinetica più energia interna nella Termomeccanica dei continui attraverso
il Primo principio della Termodinamica. Applichiamo il teorema del Trasporto:
e2 e2 e2
Z Z
dK d
= µ dx v = [(µ )0 + div (µ e)]dx v =
dt dt 2 2 2
Z Pt Pt
= [b · e + div (T e) − D · T ]dx v
Pt
da cui
∂ e2 e2
(µ ) + div (µ e − T e) = b · e − T · D.
∂t 2 2
30
3.4. Fluidi
Definizione 3.3.1 Un’assegnazione delle funzioni (e(x, t), µ(x, t), T (x, t)) soddis-
facenti all’equazione di continuità e alla equazione di Cauchy (eq. c del Teorema
del Tetraedro di Cauchy) si dice flusso. Un flusso è stazionario se (e, µ, T ) non
dipendono dal tempo.
3.4 Fluidi
Un fluido è un continuo per il quale lo sforzo attraverso una qualsiasi superficie è
perpendicolare alla superficie stessa, ovvero
31
3. Dinamica dei continui
Per esse sono possibili soluzioni nelle quali la velocità presenta un fronte di discon-
tinuità che si propaga (le cosiddette onde d’urto o shock waves).
Il moto del fluido di Eulero ha anche un’altra proprietà interessante: esso con-
serva il valore della circolazione del campo di velocità lungo una curva materiale
orientata chiusa trasportata dal moto. La dimostrazione fa uso di un risultato molto
più generale, valido per il flusso di un generico un generico campo vettoriale X(t, x)
Dimostrazione
d 1
Z Z
d d
X · dx = X(t, x(t, γ(s))) · x(t, γ(s))ds
dt γt dt 0 ds
Z 1 Z 1
d d
= Ẋ · dx + X· x(t, γ(s))ds
0 0 dt ds
Z 1 Z 1
d
= Ẋ · dx + X · X(t, γ(s))ds
0 0 ds
Z 1 Z 1 Z 1
d X2
= Ẋ · dx + ( )= Ẋ · dx.
0 0 ds 2 0
Corollario
32
3.4. Fluidi
µ∗ ė = b − grad π + ν∆e,
0 = div e.
Osservazione 1. Se le forze esterne sono indipendenti dal tempo, si vede subito che
le equazioni dei fluidi ideali o elastici sono invarianti per inversione temporale (infatti
ė(x(−t), −t) = −ė(x(t), t)), mentre le equazioni dei fluidi di Navier–Stokes non lo
sono a causa del termine di dissipazione ν∆e (infatti ∆e(x(−t), −t) = ∆e(x(t), t)).
Pertanto le equazioni di Navier–Stokes descrivono l’evoluzione irreversibile di un
fluido. L’irreversibilità delle equazioni ben si accorda col fatto (confermato dalle
osservazioni sperimentali) che le equazioni di N-S hanno per certi valori dei parametri
(numero di Reynolds, vedi sotto) soluzioni ’semplici’ (moto laminare) e per altri un
comportamento caotico (moto turbolento). Tali equazioni che trovano applicazione
in moltissimi ambiti tecnologici, sono tuttavia un campo di indagine matematico
ancora aperto.1
Osservazione 2. Le equazioni di N-S sono un sistema di quattro equazioni per le
quattro incognite e, π. Dal momento che la pressione non compare nelle equazioni
attraverso le sue derivate, possiamo cercare di esprimerla in funzione di e e delle sue
derivate. Prendendo il gradiente della (3.17)1 si ha, ponendo per semplicità µ∗ = 1
Ora prendiamo la traccia dell’equazione matriciale appena scritta sapendo che tr grad e =
tr D = div e ottenendo
Si noti che la relazione trovata vale anche per fluidi di Eulero (incomprimibili omo-
genei, non viscosi).
1
Manca un teorema di esistenza e regolarità della soluzione in 3D, è uno dei sette Millenium
Problems del Clay Mathematics Institute.
33
3. Dinamica dei continui
λ τ
x = x(λ) = , t = t(τ ) =
L T
e vediamo quale forma assumono le equazioni di N-S nelle coordinate adimensionali.
Dall’identità
x(t) = x(λ(τ (t)))
dx dx dλ dτ T
e(x, t) = = = u(tT, xL)
dt dλ dτ dt L
Analogamente, troviamo che
L 1 1 1
uτ = , gradλ U = gradx e, ∆u = ∆e, gradλ π = gradx π.
T2 T LT L
Ora supponendo che la velocità u(λ, τ ) soddisfi le equazioni di Navier - Stokes (3.17),
e sostituendo le grandezze sopra introdotte, si vede che la velocità adimensionale
e(x, t) soddisfa all’equazione
T2 T2
ė = µνT
1
∗ L2 ∆e + µ∗ L b − L2 µ∗ gradx π = Re ∆e + f,
(3.15)
0 = T div e.
34
3.4. Fluidi
Fin µ∗ LT −2 L2
= = = Re
Fvisc νL−1 T −1 ηT
Pertanto, a Re basso dominano le forze viscose, mentre a Re elevato, il moto è
determinato dalle forze esterne ed inerziali. Sapendo che η = 10−2 cmsec−1 per
l’acqua ed esprimendo la scala delle lunghezze L in cm e la scala delle velocità v in
cmsec−1 , diamo qualche esempio di Re per il moto a velocità costante di corpi nel
fluido a riposo (è lo stesso che considerare il corpo fermo e il fluido in movimento):
Sistema scale Re
Balena L= 103 , v = 103 ∼ 108
Sub L = 102 , v = 102 ∼ 106
Pesce rosso L = 1, v =1 ∼ 102
Batterio L = 10−4 , v = 10−2 ∼ 10−4
Vorticità
Le equazioni del moto dei fluidi ideali e di quelli di Navier-Stokes, per i quali si
aggiunge il termine di attrito viscoso ν∆e, ammettono una riscrittura equivalente
molto interessante in termini del campo vettoriale di vorticità ω = rot e. Siccome
abbiamo a che fare con fluidi omogenei incomprimibili, la densità di massa, costante,
puo’ essere posta uguale a uno. Usiamo ancora la decomposizione (2.6) della velocità
nell’equazione di Navier-Stokes scrivendo
e2
ė = e0 + grad( ) + ω ∧ e = −grad π + ν∆e.
2
Ora prendiamo il rotore di entrambi i membri, usando il fatto che rot(gradϕ) = 0,
div(rot w) = 0, facendo uso dell’identità vettoriale
35
3. Dinamica dei continui
Proposizione 3.4.3 Sia D(t) una possibile matrice di velocità di deformazione lo-
cale, ovvero D(t) ∈ Sym, tr D(t) = 0. Sia ω(t) soluzione dell’equazione vettoriale
ω 0 = D(t)ω, ω(0) = ω0 .
1
e(x, t) = ω(t) ∧ x + D(t)x = (W (t) + D(t))x
2
soddisfa l’equazione di Navier-Stokes (3.17).
− 21 ω3 (t)
−γ1 0
1 1
e(x, t) = ω(t) ∧ x + D(t)x = 2 ω3 (t)
−γ2 0 x
2
0 0 γ1 + γ2
36
3.4. Fluidi
di una particella, ottenuta risolvendo l’equazione dx/dt = e(x, t). Allora, detta
A(x, t) la sottomatrice di ordine due della matrice scritta sopra, si ha
1d ⊥ 2
(x ) = (x⊥ , ẋ⊥ ) = (x⊥ , A(x, t)x⊥ ) = −(γ1 x21 + γ2 x22 )
2 dt
quindi
1d ⊥ 2
−max(γ1 , γ2 )(x⊥ )2 ≤ (x ) ≤ −min(γ1 , γ2 )(x⊥ )2 .
2 dt
Qualitativamente, si vede che tale soluzione rappresenta un vortice che si ’allunga’
disponendosi lungo l’asse x3 e aumentando la sua vorticità. Quest’ultimo fatto si
verifica sempre quando la vorticità iniziale è un autovettore di D.
37
3. Dinamica dei continui
e poichè il termine grad e·ω è nullo in questo caso, l’equazione (3.16) per la vorticità
si riduce all’equazione scalare seguente
ω̇ = ω 0 + grad ω · e = ν∆ω.
Otteniamo quindi, che per un fluido di Eulero, la vorticità è costante lungo le trai-
ettorie delle particelle. Usando l’identità vettoriale div(ωe) = grad ω · e + ωdiv e e
il fatto che div e = 0, possiamo inoltre riscrivere l’equazione scalare per la vorticità
sotto forma di legge di bilancio
ω 0 + div(ωe) = ν∆ω.
Vediamo ora un’altra formulazione delle equazioni del moto piano di un fluido di
Navier–Stokes, detta di vorticità – corrente. La condizione di incomprimibilità
div e = 0 permette di dire che la uno–forma differenziale
w = −ey dx + ex dy
38
3.4. Fluidi
Il sistema di equazioni nelle due incognite scalari vorticità – corrente si scrive quindi
∆ψ = −ω
Si noti che, nel caso di un fluido di Eulero, il sistema ammette soluzioni stazionarie
se e solo se ω e ψ hanno gli stessi insiemi di livello, ovvero sono funzionalmente
dipendenti. Quest’ultima condizione si scrive anche come
grad ψ
grad ω ∧ grad ψ · ẑ = det =0 (3.20)
grad(∆ψ)
∆ψ = F(ψ).
verificano tale condizione con F(ψk ) = −4π 2 |k|2 ψk lineare. Pertanto, per ogni l
intero positivo, la funzione di corrente data da
X X
ψl (x) = ψk = ak cos(2πk · x) + bk sin(2πk · x)
|k|2 =l |k|2 =l
definisce una soluzione stazionaria delle equazioni di Eulero sul toro bidimensionale.
39
3. Dinamica dei continui
40
3.4. Fluidi
la densità di forze esterne di azione a distanza ammette (densità di massa di) poten-
ziale se
b(x, t) = −µ(x, t)grad β(x, t), β : Γ → R.
P3
( es. β(x) = g i=1 δi3 x3 , potenziale gravitazionale). Si noti che se il flusso è
stazionario (e0 = 0), dalla equazione di Cauchy segue b0 = 0 e quindi necessariamente
β 0 = 0 per un flusso stazionario.
Teorema 3.4.2 (di Bernoulli) Per il moto di un fluido valgono le relazioni seguenti:
a) se la velocità euleriana ammette potenziale (e = grad φ) allora
e2 1
grad (φ0 + + β) + grad π = 0,
2 µ
b) se il moto è stazionario (e0 = 0), allora
e2 1
e · grad( + β) + e · grad π = 0,
2 µ
c) se il moto è stazionario e irrotazionale (rot e = 0), allora
e2 1
grad( + β) + grad π = 0.
2 µ
Dimostrazione. L’equazione di Cauchy per un fluido si scrive
ovvero, da h.2),
1
ė + grad β + grad π = 0.
µ
Usiamo la decomposizione (2.6) per la derivata molecolare di e
e2
ė = e0 + grad( ) + rot e ∧ e,
2
e notiamo che se e ammette potenziale, allora e è irrotazionale, infatti
41
3. Dinamica dei continui
e2 π d e2 π
e · grad( + β + ) = ( + β + ) = 0,
2 µ0 dt 2 µ0
e2 π
ovvero 2 +β+ µ0 è costante lungo le linee di flusso,
e2 π
grad( + β + ) = 0.
2 µ0
Esercizi
Un gas ideale è un fluido elastico (quindi compressibile) retto dall’equazione costi-
tutiva
π = π̂(µ) = λµν , λ > 0, ν > 1.
dπ π 1
= gµ = g( ) ν
dz λ
d e2
b00 ) ( + β + ε(µ)) = 0,
dt 2
e2
c00 ) + β + ε(µ) = cost.
2
42
3.4. Fluidi
ove µ0 è una densità di riferimento arbitraria. La funzione k(µ) è detta velocità del
suono (vedi sotto). Vale
k 2 (µ) 1 dπ̂(µ) 1
grad ε(µ) = grad µ = grad µ = grad π̂(µ).
µ µ dµ µ
∂e b 1 b k 2 (µ)
ė = + grad ee = − grad π̂ = − grad µ;
∂t µ µ µ µ
∂2µ
= −k 2 (µ0 )∆µ
∂t2
ove k(µ0 ) è la velocità di propagazione dell’onda sonora. In tale approssimazione
lineare, si introduce il rapporto
|e(x, t)|
m(x, t) =
k(µ(x, t))
detto numero di Mach in (x, t)del moto che esprime il rapporto tra la velocità del
fluido e la velocità dell’onda sonora in un punto; il moto si classifica come subsonico,
sonico, supersonico a seconda che m < 1, m = 1, m > 1.
43
3. Dinamica dei continui
k 2 (µ) k 2 (µ)
ė · e = − grad µe = − µ̇
µ µ
e inoltre
d
e· (µe) = e · (µė + µ̇e) = µ(e · ė)(1 − m2 )
dt
da cui, essendo
d d d
e · ė = |e|
|e|, e · (µe) = |e| (µ|e|),
dt dt dt
si ha il seguente risultato che caratterizza dal punto di vista fisico il regime sub/super
sonico del moto:
Proposizione 3.4.6 Nel moto linearizzato attorno ad uno stato di equilibrio con
densità costante di un fluido elastico non soggetto a forze esterne, vale, ove e 6= 0,
la relazione
d d
(µ|e|) = µ(1 − m2 ) |e|.
dt dt
Il termine µ|e|(x) rappresenta il flusso di massa per unità di area attraverso la super-
ficie normale Σ alla linea di flusso per x. Nel moto subsonico (m < 1), un aumento
di |e| provoca un aumento di flusso di massa attraverso Σ, viceversa nel moto su-
personico (m > 1) un aumento della velocità del fluido determina una diminuzione
del flusso di massa. Tale rarefazione del fluido (aria) trasportato dal moto dell’aereo
determina il cosiddetto bang supersonico.
e inoltre µ∗ è costante.
Il materiale elastico e omogeneo è isotropo 3 se
Per un materiale elastico omogeneo isotropo, lo stress residuo (sforzo nella configu-
razione indeformata di riferimento) è TR = T̂ (I).
Ricordando la (3.8), per un materiale elastico lo stress di Piola è
44
3.4. Fluidi
da sostituirle con il primo termine del loro sviluppo di Taylor. Iniziamo allora ad
introdurre lo spostamento u
x(X, t) = X + u(X, t)
e il relativo gradiente
∂x
F (X, t) = = I + H(X, t).
∂X
Equazioni linearizzate. Supponiamo che per un materiale elastico omogeneo
isotropo lo stress residuo Ŝ(I) sia nullo. Scriviamo lo sviluppo di Taylor di S
ove DŜ(I) : Lin → Lin è il tensore (del quarto ordine) elastico (derivata del tensore
di Piola nell’identità).
Osservazione tecnica. Non è difficile mostrare (vedi Gurtin) che DŜ(I) dipende
solo dalla parte simmetrica di H, ovvero
1
DŜ(I)[H] = DŜ(I)[ (H + H T )] = DŜ(I)[E]
2
1
Ŝ(F ) ≈ DŜ(I)[E] ove E = (Grad u + Grad uT )
2
e dalla (3.22) si ha
Essendo
µ∗ x00 = b0 + Div S
si scrive
µ∗ u00 = τ ∆u + (λ + τ )Grad(Div u) + b0 . (3.23)
45
3. Dinamica dei continui
Onde elastiche
Mostriamo che la (3.23) con b0 = 0 ammette come soluzioni le onde elastiche pro-
gressive
u(X, t) = a f (X · m − ct) (3.24)
Grad(Div(u)) = m ⊗ maf 00
ovvero
c2 a = (µ∗ )−1 [τ I + (λ + τ )m ⊗ m]a = A(m)a
i.e. a è autovettore di
(2τ + λ)
c2 = se a = e1 km (l’onda è longitudinale),
µ∗
τ
c2 = se a = e1 , e2 ⊥ m (l’onda è trasversale).
µ∗
µ∗ u00 = τ ∆u.
46
3.5. Formulazione variazionale delle equazioni indefinite
L : Ω × RN × M at(N, n) → R
Dimostrazione. Per definizione, u rende stazionario F se e solo se, per ogni vettore
tangente a Γ in u si ha che
d
F(u(·) + sh(·))|s=0 = 0.
ds
Calcoliamo esplicitamente questa derivata
Z
d d ∂u ∂h
F(u + sh)|s=0 = L(X, u + sh, +s ) dX v =
ds ds Ω ∂X ∂X |s=0
∂L i X ∂L ∂hi
Z X
= [ h + ]dX v
Ω ∂ui
i
∂piL ∂XL
i,L
47
3. Dinamica dei continui
∂L ∂hi ∂ ∂L ∂ ∂L
i
= ( i hi ) − ( i )hi
∂pL ∂XL ∂XL ∂pL ∂XL ∂pL
ove l’integrale sul bordo di Ω è nullo per la condizione (3.25) su h. La tesi segue
quindi dal Lemma fondamentale del calcolo delle variazioni.
Applicazione. Mostriamo che le equazioni del moto in forma materiale per un
continuo si possono far discendere dal principio variazionale appena visto sotto op-
portune ipotesi. Con qualche leggera differenza rispetto alla notazione finora imp-
iegata, possiamo fare le identificazioni seguenti
Ω ≡ [0, T ) × B ⊂ R4
X ≡ (t, X) ∈ R4 , n=4
3
u(X) ≡ x(t, X) ∈ R , N =3
∂u i
∂x ∂x i
≡ ( , ) = (v i , FiL ) = p.
∂X ∂t ∂XL
x(T, X) = fT (X), ∀ X ∈ B,
Supponiamo inoltre che per il continuo in esame (iperelastico) esista una funzione
reale, detta densità di energia interna
σ : Lin+ → R, σ = σ(F ),
48
3.5. Formulazione variazionale delle equazioni indefinite
∂U (x)
b(x) = − .
∂x
Introduciamo allora la funzione (densità di lagrangiana)
1
L(X, u, p) = L((t, X); x; (v, F )) = µ∗ (X)v 2 − σ(F ) − U (x)
2
di ([0, T ) × B) × R3 × (R3 × M at(3, 3)) in R. Possiamo allora trarre la seguente
conclusione
∂2x
µ∗ (t, X) = Div S(t, X) + b0 (X)
∂2t
se e solo se u rende stazionario il funzionale
Z T Z
∂x ∂x
F(x(·)) = dt L(t, X; x(t, X); (t, X), (t, X))dX v.
0 B ∂t ∂X
da cui
∂
(µv) − Div S − b0 = 0.
∂t
49
4 Termomeccanica dei Continui
Una strategia per ottenere delle equazioni costitutive in numero sufficiente a scrivere
un sistema chiuso di equazioni di evoluzione è quella di fare ricorso ad altre Teorie
fisiche (per esempio la Termodinamica) che permettono di fare previsioni (e misure)
sul comportamento del continuo. In questo modo aumentiamo il numero di variabili
che descrivono il continuo (teoria termomeccanica) introducendo i campi scalari
della temperatura θ, dell’energia interna ε, dell’entropia η, ma possiamo disporre di
altre leggi fisiche (il primo e secondo principio della Termodinamica) che forniscono
equazioni e disequazioni che devono essere soddisfatte lungo il moto.
Primo principio della termodinamica per i continui. L’energia totale di un
continuo è la somma del contributo dovuto al moto macroscopico ‘visibile’ K e quella
(interna) dovuta al moto di agitazione microscopica E. Si postula che: la variazione
dell’energia totale è pari alla potenza delle forze esterne di azione a distanza (o
esterne di contatto) che fanno variare l’energia cinetica del moto macroscopico K
sommata al flusso di calore Q̇ che fa variare l’energia di agitazione microscopica.
Pertanto
d
(K + E) ≡ P + Q̇.
dt
Usando il Teorema delle forze vive (3.11), possiamo depurare tale bilancio del con-
tributo dovuto al moto macroscopico:
K̇ + Ė = P + W + Ė ≡ P + Q̇ ⇒
Ė = Q̇ − W.
L’ultima relazione costituisce il Primo principio della termodinamica per i continui.
Vediamo la forma indefinita del primo principio. Si suppone che:
1. Il corpo puo’ acquisire energia interna per contatto termico con altri corpi
attraverso la sua frontiera o per irraggiamento r da sorgenti esterne o interne. Cor-
rispondentemente, il flusso di calore per unità di tempo ha due termini1 :
Z Z
Q̇ = − q · n dx σ + r dx v
∂Pt Pt
51
4. Termomeccanica dei Continui
52
4.1. Il secondo principio nella forma di Clausius–Duhem
Nell’ipotesi che l’energia interna sia funzione della sola temperatura ε = cv θ, abbi-
amo un sistema di tre equazioni nelle incognite scalari µ, e, θ. Mettiamo le equazioni
nella forma di sistema di leggi di bilancio. L’equazione di continuità si riscrive
∂µ ∂µ ∂
+ div(µe) = + (µe) = 0.
∂t ∂t ∂x
d e2 d e2 e2 ∂(πe) ∂q
µ (ε + ) = [µ(ε + )] − µ̇(ε + ) = − − .
dt 2 dt 2 2 ∂x ∂x
Ricordando la definizione della derivata molecolare
d ∂ ∂
[ ]= [ ]+ [ ]e
dt ∂t ∂x
e usando ancora l’equazione di continuità si ha infine che
∂ e2 ∂ e2
[µ(ε + )] = − [πe + µe(ε + ) + q].
∂t 2 ∂x 2
53
4. Termomeccanica dei Continui
ove η = η(x, t) e θ = θ(x, t) sono i campi2 sulla configurazione attuale della densità
di entropia e della temperatura assoluta. Il primo integrale al secondo membro
rappresenta il flusso di calore e il secondo integrale descrive la produzione di calore
dovuta a sorgenti interne di calore o a irraggiamento. Se le funzioni integrali sono
sufficientemente regolari, applicando il Teorema della Divergenza e di Localizzazione
si ottiene la forma puntuale del secondo principio
q r
µη̇ ≥ −div( ) + . (4.5)
θ θ
Introducendo l’energia libera
ψ =ε−η θ
e usando il Primo principio nella forma spaziale (4.1), il secondo principio assume
la forma della disuguaglianza di Clausius–Duhem
q
µψ̇ + µη θ̇ − T · D + · grad θ ≤ 0 (4.6)
θ
ove abbiamo fatto uso dell’identità di facile verifica
q q
θdiv( ) = div q − · grad θ.
θ θ
54
4.1. Il secondo principio nella forma di Clausius–Duhem
x, µ, θ, S, q, η, ε. (4.8)
∂ ψ̂ ∂ ψ̂
Ŝ = µ∗ η̂ = − ,
∂F ∂θ
G · q̂ ≤ 0.
55
4. Termomeccanica dei Continui
∂ ψ̂ ∂ ψ̂ ∂ ψ̂ 0 q
(µ∗ − S)F 0 + µ∗ ( + η)θ0 + µ∗ G + · G ≤ 0.
∂F ∂θ ∂G θ
Pertanto, se valgono i), ii), iii), la disuguaglianza qui sopra è soddisfatta. Viceversa,
(necessità), la disuguaglianza di Clausius–Duhem valga per un arbitrario processo
costitutivo. In particolare, possiamo considerare una coppia ammissibile del tipo
e
θ(X, t) = θ0 + αt + (G0 + ta) · (X − X0 )
con A ∈ Lin, α ∈ R, a ∈ R3 arbitrari. Allora F 0 = A, G0 = a e θ0 = α + a ·
(X − X0 ) (eventualmente possiamo porre a = 0 per qualche processo) e quindi la
disuguaglianza qui sopra implica i), ii), iii).
∂ε
cv (θ) = (θ).
∂θ
∂ ψ̂ ∂ ε̂ ∂ η̂ ∂ η̂
= − η̂ − θ = cv (θ) − η̂ − θ = −η̂
∂θ ∂θ ∂θ ∂θ
da cui
cv (θ) ∂ η̂ ∂ 2 ψ̂
= =− 2, (4.9)
θ ∂θ ∂θ
ovvero:
Poichè ψ̂(θ) è funzione strettamente concava di θ (cfr. Trasformata di Legendre),
si ha cv (θ) > 0.
Supponiamo ora che la capacità termica del corpo sia costante, un’ipotesi spesso
verificata nelle applicazioni. Dalla sua definizione, segue subito che l’energia interna
specifica è proporzionale alla temperatura
ε̂(θ) = cv θ + cost.
∂ η̂ cv
= ⇒ η̂(θ) = cv ln θ.
∂θ θ
56
4.1. Il secondo principio nella forma di Clausius–Duhem
1. Per la presenza del Laplaciano (derivata del secondo ordine spaziale) associata
alla derivata del primo ordine nel tempo, l’equazione del calore non è invariante per
inversione temporale. La dimostrazione è la stessa di quella svolta per l’equazione
dei fluidi di Navier–Stokes.
2. Unicita’ della soluzione dell’equazione del calore (richiede cv = cost.) Dato un
volume di controllo Ω ⊂ B, consideriamo la quantità integrale
Z Z
2 2
Q(t) := ε dX v = cv θ(X, t)2 dX v
Ω Ω
e valutiamone la sua variazione nel tempo lungo la soluzione dell’equazione della
diffusione per fissate condizioni iniziali. Si ha allora
Z Z
2 d 2
Q̇ = cv θ dX v = 2cv θ(k∆θ + r)dX v =
dt Ω Ω
Z
2cv [k(Div(θGradθ) − (Gradθ)2 ) + θr]dX v =
Ω
q2
Z Z
2cv [− θq · νdX σ + (θr − )dX v]
∂Ω Ω k
57
4. Termomeccanica dei Continui
q · ν = 0, ∀x ∈ ∂Ω, ∀t > 0
pertanto, la quantità Q, legata al valore globale della temperatura, non puo’ au-
mentare nel tempo. Tale proprietà si usa per mostrare l’unicità della soluzione
dell’equazione del calore. Consideriamo il problema di Cauchy per l’equazione del
calore in un dominio spazio-temporale Ω × [0, T ]
∂θ
cv ∂t = k∆θ,
θ(X, 0) = θ0 (X) ∀X ∈ Ω,
θ(X, t) = θ1 (X, t) ∀(X, t) ∈ ∂Ω × [0, T ],
−kGradθ · ν = q · ν = h(X, t) ∀(X, t) ∈ ∂Ω × [0, T ]
e supponiamo che esistano due distinte soluzioni θa (X, t) e θb (X, t). Ma allora, la
loro differenza θ̃ = θa − θb risolve il problema di Cauchy precedente per condizioni
iniziali e al bordo nulle e condizioni di Newmann omogenee, ovvero θ0 = θ1 = h ≡ 0.
Vale allora la disuguaglianza differenziale (4.13) lungo la soluzione θ̃. Ma essendo
contemporaneamente
Q(0) = 0, Q ≥ 0, Q̇ ≤ 0
1
R
• FP (t) = − ∂P θ(x,t) q · νdσ flusso non convettivo di entropia attraverso ∂P
1
R R
• GP (t) = P γdv x = − P θ2 q · Grad θ ≥ 0 generazione di entropia di P
dSP
(t) = RP (t) + GP (t) − FP (t).
dt
58
4.1. Il secondo principio nella forma di Clausius–Duhem
r 1 r q q · Grad θ
0 = η̇ − + Div q = η̇ − + Div( ) +
θ θ θ θ θ2
e integriamo su P usando il teorema della divergenza.
Come conseguenza abbiamo la seguente caratterizzazione delle soluzioni dell’equazione
della diffusione
dSB
(t) = RP (t) + GP (t) ≥ 0 ∀t > 0 (4.14)
dt
lungo le soluzioni del’equazione della diffusione.
Coerentemente quindi con l’irreversibilità del fenomeno in esame, abbiamo una gen-
erazione positiva di entropia.
θt − ∆θ = 0
∂θ
+ div(θ e) = 0.
∂t
59
4. Termomeccanica dei Continui
div(grad θ + θe) = 0
Note bibliografiche
Per la parte generale di meccanica dei continui si è seguito essenzialmente il testo
M.E. Gurtin An Introduction to Continuum Mechanics Academic Press 1981; per al-
cuni argomenti (teorema delle forze vive, tensore di Piola–Kirkhhoff, disuguaglianza
di Clausius–Duhem) si è seguito in parte il testo T. Manacorda Introduzione alla ter-
momeccanica dei continui Quaderni dell’Unione Matematica Italiana Ed. Pitagora,
Bologna 1979. Infine, una esposizione rigorosa e raffinata delle basi della Meccanica
dei Continui è contenuta negli Appunti di Istituzioni di Fisica matematica 1 di A.
Marzocchi, Università cattolica del S. Cuore, Brescia, disponibili sulla homepage di
A. Marzocchi.
Per il cenno del secondo principio della termodinamica si è seguito l’articolo E.T.
Jaynes The evolution of Carnots’s Principle (vedi http://bayes.wustl.edu/), mentre
Per la parte sul PME si sono utilizzati gli scritti di E.T. Jaynes, per esempio l’articolo
(vedi http://bayes.wustl.edu/) E.T.Jaynes Information Theory and Statistical Me-
chanics I, Physical Review 106 (1957), p.620-630, contenuto nel bel volume E.T.
Jaynes Papers on Probability, Statistics and Statistical Physics, Kluwer, e inoltre il
testo classico di E. Schrödinger Termodinamica Statistica.
Le considerazioni sull’uso dell’entropia nello studio delle P.D.E. sono tratte da L.C.
Evans Entropy and Partial Differential Equations disponibile sulla home page di
L.C. Evans.
Nota. Queste dispense sono ancora in una forma provvisoria, che deve essere
sperimentata a lezione. Probabilmente, non tutto quanto in esse è contenuto verrà
presentato, mentre sicuramente alcune parti potranno essere ulteriormente appro-
fondite, a seconda dell’interesse degli studenti. Ringrazio fin d’ora quanti vorranno
segnalarmi errori e incongruenze in quanto scritto.
M.F.
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