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CAPITOLO 1

LA CITTA’, IL TERRITORIO, OGGI

1. LA CITTA’

-città’ è la casa di una società, di una comunità. E’ luogo che gli uomini hanno creato quando hanno dovuto vivere
insieme per svolgere un insieme di funzioni che non potevano svolgere da soli.

-è legata alla difesa e allo scambio: mura+ mercato sono primi elementi fondativi della città, le prime funzioni urbane.
Il luogo della città è scelto in funzione alle esigenze della difesa e del commercio.

- vi sono luoghi distinti dalla casa, dal luogo della famiglia, finalizzati a esprimere, rappresentare e servire non gli
interessi del singolo individuo, ma la comunità.

- la citta non è un ammasso di case, ma è la casa della società.

-la città è stata un organismo unitario, dotato di una sua identità e bellezza. La città di oggi è diversa rispetto alla città
antica, che si distingue attraverso i centri storici.

-oggi la città è in crisi profonda, non si riconosce come ‘casa della società’, ma si può definire come il luogo della
lacerazione della società, città che si consuma nella metropoli e che ha subito la crisi dell’identità personale. Ve ne è
una nodale e le altre si annodano attorno ad essa, ne sono conseguenze o riflessi.

- le città sono aumentate enormemente di dimensione., causate dallo sviluppo della produzione dei beni culturali e
della democrazia, entrambi provocati dal conflittuale processo di affermazione, evoluzione e trasformazione del
sistema capitalistico-borghese.

2 facciate: CRISI e SOCIALIZZAZIONE

- 1. in queste città i cittadini sono tutti egualmente portatori di diritti, esigenze che pretendono di essere soddisfatte.
si sono però affievoliti i valori, le ragioni, le regole della collettività, della comunità in quanto tale e hanno assunto
predominio le ragioni e le regole dell’individualismo.

- 2. Le città sono ancora luogo di socializzazione, luogo di scambio, cercare l’incontro, il comunicare. Inoltre nelle
città si sono conservate testimonianze e sono diventate patrimoni delle civiltà. E’ un valore come testimonianza del
passato e come fondamento del futuro, come fonte di insegnamento, cultura, godimento estetico.

2. IL TERRITORIO

-storicamente la città è nata in opposizione al territorio: città era il chiuso, il difeso, l’artificiale, il costruito, il denso,
mentre il territorio era il luogo aperto, dove dominava la natura e le trasformazioni erano lente come i ritmi della
natura.

-nel corso del processo di espansione della civiltà urbana il rapporto con il territorio si è modificato.
-fin dalla metà del corso del secolo si è accresciuta l’importanza dei trasporti, si sono collocate le zone industriali in
periferia , esportando ‘le parti scomode ai confini della città’

-nella seconda metà di questo secolo la mobilità sul territorio è aumentata , come la rete delle infrastrutture del
trasporto. Le infrastrutture hanno creato a loro volta nuove convenienze per l’insediamento per funzioni
specializzate.

-oggi il territorio non è più in opposizione alla città: la città comprende il territorio. E’ un territorio urbanizzato che
comprende insieme di città e il territorio. La città come ‘ casa della società’ si è estesa al territorio comprendendolo
all’interno della rete delle sue esigenze e della sua organizzazione. Fenomeno avvenuto dalla metà dell’Ottocento-
Novecento.

-fino a cento anni fa il territorio extraurbano era tutto curato , amministrato, gestito. Questo comprendeva anche il
territorio della pastorizia e la silvicoltura. Tutta la natura entrava nel ciclo economico della società. Tutta la natura era
‘casa dell’uomo’, della comunità.

-nell’ultimo secolo la città si è estesa, le campagne si sono ridotte, la popolazione ha abbandonato i paesini e si è
trasferita verso le grandi città. L’extraurbano è diventato terra di nessuno, luogo si attesa per l’ingresso, luogo di
discariche.

LE CITTA’ INVISIBILI, ITALO CALVINO: Nella città di Leonia la popolazione vive in modo tranquillo mentre i
residui del consumo si accumulano sui marciapiedi e vengono raccolti e non si sa dove vengono portati. Aumenta
cosi’ l’immondizia prodotta, abbandonata e raccolta, allontanata alla periferia della città.

Se non sappiamo prenderci cura del territorio, governarlo, se non sappiamo evitare che l’urbanizzazione diventi
degrado e distruzione della natura, il territorio si vendicherà nei confronti della città.

3. PROGETTARE OGGI LA CITTA’ E IL TERRITORIO

- La pianificazione nasce come tentativo di dare una risposta alla crisi della città dell’Ottocento. Occorreva
regolare lo sviluppo urbano con uno strumento che riuscisse a dare coerenza a cose che erano diventate
incoerenti e contradditorie. Nasce come un insieme di regole miranti a dare un ordine alla città. Ma bisogna
estendere la pianificazione all’interno del territorio. Nasce storicamente come estensione e proiezione della
pianificazione urbanistica, la pianificazione territoriale.
- Fino a qualche decennio fa l’esigenza primaria era l’espansione : la pianificazione era lo strumento per
governare la crescita.
- Oggi il problema centrale è diventato quello della riqualificazione delle immense periferie costruite negli
anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, per renderle umane, vivibili, abitabili per tutti.
- Nasce anche la volontà di porre al centro della pianificazione l’obiettivo della tutela e della valorizzazione
dell’ambiente naturale e storico.
- L’ambiente e la qualità della vita dovrebbero diventare elementi essenziali della pianificazione e
dell’amministrazione della città, sia nei confronti degli abitanti, sia per promuovere lo sviluppo economico.
- -il governo del territorio deve farsi carico di questa nuova realtà per raggiungere un sistema di obiettivi:
proteggere la qualità dell’ambiente, valorizzare le caratteristiche, conservare la sua bellezza, costruire bellezza
nuova.
- Sviluppo sostenibile: sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle
generazioni future di soddisfare i propri. Sostituire la parola ‘ senza compromettere’ con ‘migliorando’ per
due ragioni: 1. Rendere piu’ qualità; 2. Sostenibile anche per le generazioni future.
- Urbanista: addetto alla progettazione della città e del territorio, ‘ITALO CALVINO, METAFORA SU UN
BRANO CON MARCO POLO’, urbanista si occupa di arco e di definire le regole compositive pe
raggiungere armonia e funzionalità, architetto progetta singoli oggetti e ne definisce le regole secondo i quali
essi devono essere costruiti. Architetto progetta casa dell’uomo, urbanista progetta casa della società.

CAPITOLO 2
DALL’ESPERIENZA INDIVIDUALE ALL’ESPERIENZA STORICA

1. L’ESPERIENZA INDIVIDUALE

- A partire dalla nostra esperienza, i luoghi verso i quali ci siamo diretti erano luoghi che non servivano solo a
noi e alla nostra famiglia: erano luoghi che servivano anche ad altri, luoghi di interesse comune.
Conoscevamo luoghi che non erano organizzati per il consumo individuale di ciascuno di noi, ma erano
organizzati in funzione di consumi collettivi.
2. L’URBANISTICA

-Anche l’urbanistica inizia dal vicinato, come la nostra vita sociale: dall’organizzare nel modo piu’ efficace quegli
elementi funzionali e fisici che costituiscono il primo livello delle nostre necessità sociali. Poi si organizzano gli spazi
collettivi a livelli via via crescenti. Ad ogni livello corrisponde una diversa quantità di informazioni.

-rappresentazione cartografica del territorio: una simulazione della realtà fisica del territorio, caratterizzata da
differenti scale di riduzione, cui corrisponde una diversa ricchezza di dettagli e una diversa ampiezza di porzione
rappresentata.

3. DALLE SOCIETA’ PRIMITIVE ALLA SOCIETA’ COMPLESSA, DAL VILLAGGIO ALLE CITTA’

- L’urbanistica: la definizione ha a che fare con la città e con il territorio.

- il territorio può essere definito dal punto di vista scientifico, per descriverlo, per analizzarlo, per operare su di esso.

-l’urbanistica è una disciplina per operare sul territorio ed è una disciplina attiva: studiarla è finalizzata a sé stessa.
Vede il territorio per utilizzarlo come un insieme di risorse fisiche. Da questo punto di vista il territorio interessa per
l’utilizzazione della sua superficie, delle materie di cui è composto, per le ‘occasioni’ che offre. L’urbanistica vede il
territorio per utilizzarlo come recipiente. L’operazione di cui è finalizzata è la ricerca della coerenza dell’insieme delle
trasformazioni necessarie per utilizzare il territorio come insieme di risorse fisiche e come recipiente che richiedono
uno spazio.
-nella preistoria l’uomo si appropria direttamente delle risorse della terra: caccia, pesca, raccolta dei prodotti
utilizzabili, si muove nel territorio seguendo le occasioni, si raggruppa in famiglie o branchi, cerca dei rifugi per
abitare. L’unica forma sociale è la famiglia, costituita da genitori e figli. Da quella posizione originaria si modifica
gradualmente introducendo tre grandi innovazioni materiali: la coltivazione del terreno e degli animali che radica al
suolo, la stanzialità, cioè il fissarsi dell’uomo nel territorio con un insediamento non provvisorio, il costruirsi in tribù,
un gruppo più o meno vasto di persone che vive insieme assumendo via via regole sociali. La prima grande
trasformazione nel rapporto tra uomo-territorio avviene quando dalla produzione dell’agricoltore comincia a nascere
una eccedenza. Quando alla fine del ciclo produzione-consumo rimane un residuo. Da quel punto nascono una serie
di esigenze che impongono il formarsi di vincoli e funzioni sociali e non legate esclusivamente alla produzione.
Nasce in primo luogo la difesa del sovrappiu’, quindi di scambiare il sovrappiu’ in prodotto: nasce il commercio.
L’insediamento si trasforma in villaggio che comincia a munirsi di difese, di spazi comuni.

-il territorio inizia ad avere tracce di organizzazione: non è più un insieme di selve, ma inizia ad essere abitato da
capanne collegate l’una all’altra da sentieri tracciati dagli uomini. Man mano che i villaggi si rafforzano gli itinerari
dei mercanti diventano strade. Nascono e si consolidano gli approdi: luoghi in cui la via di terra si prolunga nella via
di acqua. Luoghi collegati negli incroci diventano importanti come luogo di incontro delle merci, cioè come il
mercato. I luoghi dell’insediamento cominciano a specializzarsi, ad avere un ruolo, delle differenze di rango.

-dopo la prima grande trasformazione connessa all’ingresso dell’agricoltura nelle attività economiche, vi sarà una
seconda trasformazione collegata all’affermazione del modo di produzione capitalistico e della figura della sociale del
borghese. Nella fase primitiva la produzione è legata all’autoconsumo del produttore. Il sovrappiu’ è un termine che
deriva dal francese ed è il residuo che si forma alla conclusione del ciclo produzione-consumo e può essere la scorta
per i periodi di carestia. Può essere espresso nella formula: prodotto- (autoconsumo+ sementi + scorte)= sovrappiù.

1. il sovrappiu’ può essere sottratto al produttore da un uomo piu’ forte di lui, figura sociale esterna. Se questo avviene
si formano due figure: il signore padrone del tutto sovrappiù prodotto, il servo, la cui esistenza è ridotta alla
produzione di sovrappiù per il signore. Dove si afferma questa visione, nasce un insediamento, il castello, luogo di
residenza del signore, della sua corte, dei servi adibiti ad egli.

2. il sovrappiù può rimanere nelle mani del produttore, avvengono in questo caso due cose. Da una parte più aumenta
il sovrappiu’ e più aumentano nell’insediamento dell’uomo la presenza e l’importanza di quegli elementi finalizzati al
consumo dell’uomo quegli elementi finalizzati al consumo dell’uomo: magazzini, luoghi per riunioni, celebrazioni…
Dall’altra parte la presenza sul territorio del signore pone la nascente città nelle condizioni di doversi opporre o
competere. Così in opposizione al castello del signore nasce la città, consolidandosi, trovando forma e prestigio
attorno ai luoghi finalizzati alla necessità della società cittadina nel suo insieme: i luoghi del consumo comune.

4. DALL’ETA’ DEI MERCANTI A QUELLA DEI BORGHESI

-nasce la figura del mercante: l’addetto allo scambio della sovrappiù. In una prima fase si limita a gestire lo scambio ,
comprando e rivendendo. Carica il prezzo della merce di più di quanto serve per il suo consumo, di più a un prezzo
maggiore del costo. E’ il sovrappiù connesso alla produzione non di beni materiali, ma di beni immateriali, di servizi.
Questo particolare sovrappiù nel tempo cresce. Il mercante mette da parte oro, monete, gioielli. Su questo tesoro
nascono due attività del mercante: l’attività di gestione del patrimonio finanziario e quelle che si chiameranno attività
capitalistiche. Il primo il mercante, poiché non ha risorse per comprare le merci da scambiare, chiede a un altro di
fargli prestito. Il prestatore chiede la restituzione di una piccola somma in più: l’interesse sulla somma prestata. Le
attività capitalistiche invece consistono nel fatto che l’uomo compra alcune merci, le associa in un processo
produttivo e, dopo aver pagato le merci, trattiene per se il residuo ( compra prodotti, macchine, compra la capacità di
lavorare per un determinato tempo di certi uomini, gli operai). La forza lavoro degli operai consiste in: l’operaio
riceve dal gestore sociale del processo produttivo un compenso , un prezzo per la merce erogata, un salario, ma dal
punto di vista del diritto è libro al contrario del servo che la sua produzione non è essenziale per il signore. La
produzione dell’operaio è essenziale per il capitalista. Il servo lavora isolato, da solo, invece la forza lavoro degli operai
è concentrata in unità produttive.

-anche il borghese , il gestore del processo di produzione capitalistico è diverso dal signore, il signore è puro
consumatore e non ha alcun rapporto con il mondo della produzione mentre il borghese è interamente dedito alla
produzione , la sua funzione sociale sta nel produrre sovrappiù, è legato al fotto che deve riprodurre per accumulare,
per allargare la produzione, cioè deve reinvestire nel processo produttivo il sovrappiù che si è formato lungo il suo
corso.

- ma la città nasce in opposizione al castello e al signore, nasce come luogo di libertà, gli uomini che si sono liberati
dalla rete dei sistemi feudali sono diventati da servi a liberi e possono vendere la loro capacità di produrre. La città
diviene più complessa e si lega in sistemi ad altre città, agli altri luoghi rilevanti del territorio. Le unità produttive si
specializzano e si frammentano e si moltiplicano aumentando le relazioni nella città, aumentano traffici, gli scambi e
le comunicazioni e le reti infrastrutturali.

CAPITOLO 3
CRISI DELLA CITTA’ INDUSTRIALE E NASCITA DELL’URBANISTICA
MODERNA
LA CRISI DELLA CITTA’ INDUSTRIALE
-Uno dei punti nodali è la questione della rendita fondiaria urbana. Vi è una contraddizione tra la funzione sociale
della città e l’appropriazione privatistica della rendita fondiaria. Questa contraddizione determina una rottura tra
città dell’Ottocento e quella del Medioevo. La città nasce su un suolo indiviso. Dalla non divisione del suolo deriva la
possibilità di regolare e trasformare, di governare le trasformazioni della città in funzione di interessi comuni.
Quando prevale l’appropriazione privata sul suolo urbano cominciano a entrare gli elementi di crisi (teoria di HANS
BERNOUILLI). (1. Si riferisce al sistema feudale così come si manifesta e organizza la società, e illustra le ragioni per
cui le città che erano sorte nel XI e XII secolo erano sorte su terreno non frazionato e che neppure il signore poteva
considerare di sua esclusiva proprietà. 2. La città è anche i suoi abitanti e bisogna pensare ad abitarla. Il Locator
doveva pensare a popolarla e chiama gli abitanti locatari e gli dava il posto per le costruzioni, poi toccava agli artigiani
e infine ai contadini. Il signore delle nuove città cedeva ai cittadini la campagna perché fornisse loro nutrimento. 3.
Gli abitanti dovevano pagare al titolare del fondo un canone per il diritto di costruzione e di uso o anche una tassa
d’abitazione o di eredità. 4. Nell’ambito di determinare regole urbanistiche ogni abitante del borgo poteva disporre
del suo lotto di terreno. 5. Il signore della città era padrone del suolo urbano e ogni singolo abitante era padrone della
propria casa. 6. La città doveva sorgere sicura, doveva avere un mercato, una via principale larga e lunga, il suo
sistema stradale doveva essere comprensibile a prima vista, segnare comodi quartieri, distinzioni fra le vie.

- entra un nuovo soggetto: la speculazione fondiaria. Nel 1789 la nobiltà perde in Francia e subentra la borghesia
come classe egemone. Il regime fondiario dipendeva dal fatto che il suolo era del signore, adesso tutto cambia.
Secondo BERNOULLI: Dopo la notte del 1789 il suolo era divenuto libero, non era più proprietà della nobiltà o del
clero, ma dei borghesi o dei contadini ai quali era stato venduto. E così si sciolsero anche i diritti di proprietà del
comune.
-il suolo urbano non fu più la base della casa della società, il fondamento dell’ordine e della bellezza della città e
ognuno poteva vendere il proprio terreno al più alto prezzo raggiungibile sul mercato. Bernoulli prosegue la sua
analisi e descrive il modo in cui l’edilizia stessa dimostra come la città sia divenuta fortemente dominata dalla
speculazione fondiaria. Per concludere la grande maggioranza delle ragioni di crisi della città è riconducibile alla
contraddizione tra il carattere collettivo, comunitario e le caratteristiche di taluni fondamentali aspetti
dell’organizzazione e del consumo.

-L’ epoca del trionfo della borghesia è anche l’epoca della formazione di grandi stati nazionali. La crescita delle
fabbriche e della rete dei trasporti è la trasformazione territoriale più vistosa nel Settecento e nell’Ottocento. Le grandi
capitali degli Stati Nazionali (gran Bretagna, francia, germania e spagna) diventano città speciali per la
rappresentazione che in esse si svolge, per il potere che in esse deve esprimersi, per il prestigio che emanano.

-si afferma un nuovo disegno urbano i cui punti di forza non sono più solo i fuochi della città greco-romana, ma sono
prospettive, percorsi, viali che riprendono elementi dello stile signorile. Si sviluppano nelle città le zonizzazioni
funzionali , come gli assi e le zone della residenza alto-borghese, i quartieri di operai, le periferie del middle-class.

-ENGELS descrive il disegno, il piano che presiede alla costruzione della città per gli operai. Nelle parti più antiche
della città le case sono disposte casualmente, nei quartieri periferici invece troviamo un maggiore sforzo di
sistematicità. I quartieri operai non sono solo il luogo dove consentire ai produttori di rispostarsi delle loro fatiche,
ma anche dove alloggiare la famiglia e far crescere i bambini. Le case operaie non vengono più costruite
singolarmente, ma quasi sempre a dozzine, vengono disposte in questo modo: un lato è costituito dalle case in prima
fila, la via secondaria è costituita da costruzioni alle due estremità e nelle quali sbocca un vicolo o passaggio coperto.

GLI UTOPISTI E GLI INGEGNERI

-Nel corso del XIX secolo si inizia a delineare la crisi della città. Si cerca quindi di dare riparo con ipotesi e proposte
basate su differenti analisi. Esse sono raggruppabili in due linee: la linea degli utopisti, i quali cercano di costruire una
nuova città e una nuova società e la linea dei funzionalisti, che si propongono di aggiustare la città e migliorarla sul
piano dell’efficienza.

-utopisti: OWEN, commesso di negozio a Londra, che con i suoi risparmi mette su una piccola industria tessile e
comincia a riformare l’ambiente a NEW LANARK e i suoi primi obiettivi sono dare agli operai paghe migliori, orari
ridotti, case dignitose. Negli stessi anni mette a punto il suo programma di organizzazione dell’insediamento: ‘villaggi
di armonia e cooperazione’. Secondo l’autore l’insediamento ha la forma di un parallelogramma, i lati sono costituiti
dagli edifici, al centro vi sono gli edifici pubblici con la grande cucina pubblica, i servizi e la preparazione del cibo. Lo
spazio intorno è alberato e destinato allo sport. Gli edifici perimetrali sono destinati agli alloggi per le famiglie. Un
supporto singolare per Owen è l’apertura del territorio, fuori dalla fabbrica. Il ‘villaggio di armonia e cooperazione’ è
parte di una politica di sviluppo della produzione agricola dell’hinterland dell’insediamento.

FOURER: saggista e filosofo, parte sulla teoria dell’evoluzione dell’umanità, ovvero secondo cui l’armoni universale si
realizza secondo sette periodi storici. Egli descrive in primo luogo la città del VI periodo, cioè il modo in cui dovrà
razionalizzare la città esistente. La città dovrà essere distinta in tre zone concentriche: la cite, o zona centrale, i
sobborghi e le grandi fabbriche, infine i grandi viali e le periferie. Per ciascuna di queste zone egli descrive
attentamente le regole che l’edilizia dovrà seguire. Immagina che la città del VII periodo, quello dell’Armonia
universale è composta da varie persone accuratamente suddivise in base ai bambini, adulti, maschi, femmine…
l’insediamento è il Falansterio, un unico edificio regolare in cui al centro vi sono le funzioni pubbliche. Una grande
sala interna collegherà le varie strutture funzionali
-oltre a loro vi sono persone che lavorano sulla città e sul territorio per razionalizzare e far funzionare meglio la casa
della società. A partire dall’Inghilterra, Germania, Francia Europa, si coprono di una rete di percorsi. In Europa la
popolazione aumenta, dal 1800 al 1910. Dietro la crescita della produzione industriale vi era la crescita della classe
degli operai.

-negli anni dello sviluppo dell’industria le infrastrutture erano eseguite e gestite dai privati: lo stato si limitava alla
sorveglianza. In Inghilterra fino alla metà del settecento erano affidate alla parrocchia. Nella seconda metà del secolo
si sollecitano i privati a realizzare strade a pedaggio e si sviluppa la costruzione dei canali. Dal 1825 vi fu la prima
ferrovia a vapore, 1835 la demolizione delle corvée per la manutenzione delle strade . nel 1844 lo stato comincia a
subentrare ai privati nella gestione delle ferrovie, nel 1858 inizia l’abolizione dei pedaggi stradali.

-in Francia con la rivoluzione dei borghesi lo stato fino all’ultimo decennio del settecento si occupa direttamente della
gestione della rete stradale lasciata al sistema della monarchia feudale. Le guerre napoleoniche sollecitano alla
costruzione di strade d’interesse strategico, la prima ferrovia entra in funzione nel 1838 e nello stesso anno viene
affidato a un corpo tecnico dello stato il compito di redigere un piano generale delle ferrovie e si manifestano
modificazioni dell’assetto del territorio.

-nascono le prime leggi che regolamento la prassi delle espropriazioni, leggi necessarie nel nuovo regime delle
garanzie dei borghesi: il suolo non era più della collettività o delle signorie, ma di proprietà privata.

-verso la metà dell’Ottocento si comincia a prendere coscienza delle gravi condizioni igieniche sanitarie. Nel 1842
una relazione ufficiale sulle condizioni della povertà puntualizza l’analisi delle condizioni sanitarie: si scopre che le
cause erano legate all’ambiente edilizio. Si costruiscono in Inghilterra le nuove amministrazioni locali elettive. In
Francia nel 1849 viene emanata una legge che disciplina le caratteristiche degli alloggi e consente l’esproprio delle
cause malsane.

CAPITOLO 4
LE BASI DELL’URBANISTICA D’OGGI IN ITALIA
-nasce il piano regolatore. L’urbanistica moderna nasce come tentativo di dare una risposta alle esigenze formali e
funzionali, di organizzazione fisica. Da un lato c’è l’esigenza di evitare o ridurre il caos derivante dallo spontaneismo.
C’è la necessità di programmare gli usi del territorio. Questa necessità si lega in Italia al processo di unificazione
nazionale e all’esigenza di costruire spazi e forme adeguate alle nuove funzioni centrali. Si pone l’esigenza di regolare
le trasformazioni fisiche e funzionali e di valorizzare le proprietà fondiarie coinvolte nel processo di trasformazione.
Nasce così il piano regolatore generale comunale di regolazione a priori delle trasformazioni fisiche e funzionali.

-fisico= struttura di quell’oggetto, strada, casa, acqua, suolo; funzionale= riguarda il funzionamento di un
determinato oggetto e quindi anche gli usi che gli vengono affidati.

-un piano è la prima forma di genere che si è sviluppato, fisicamente è costituito da una serie di elementi grafici e da
una serie di elementi alfanumerici: disegni e testi. I disegni e le cartografie sono sempre essenziali: il piano si riferisce
a un determinato territorio e i testi sono importanti per essere descritto, raccontato, illustrato, trasmette ordini e
comandi, definisce norme che devono essere espresse nella lingua corrente.

-geneticamente il piano deve essere l’espressione, tecnicamente compiuta d’una volontà collettiva e quindi politica. Il
piano è il prodotto tra i saperi dei tecnici e i voleri del rappresentante politico della comunità il cui territorio il piano
regola. Istituzionalmente il piano deve essere efficace, la volontà in esso espresse devono essere tradotte in
trasformazioni fisiche e funzionali di una pluralità di operatori. La sostanza istituzionale del piano è trasmettere
ordini.

-operativamente il piano è un programma: è il programma degli interventi di trasformazione che l’operatore pubblico
si propone di compiere.

-dall’unità d’Italia alla seconda guerra mondiale i piani regolatori avevano una funzione di regolazione delle parti
costruite della grandi città e di definizione di un disegno di massima delle zone d’espansione. Dopo la Seconda guerra
mondiale e fino agli anni Settanta, ai piani regolatori viene assegnata una funzione dell’assetto delle vastissime zone
d’espansione e delle infrastrutture soprattutto quelle per la viabilità automobilistica.

-il linguaggio del piano regolatore è costituito da due elementi: il disegno di massima della rete delle infrastrutture per
il trasporto e la suddivisione del territorio dell’ambito interessato in ‘zone’ ciascuna caratterizzata da specifiche
caratteristiche funzionali e fisiche. Si tratta della procedura chiamata ‘zonizzazione’ al quale la pianificazione
urbanistica ha fatto ricorso. La procedura consiste nell’attribuire a ciascuna zona particolari destinazioni d’uso e
particolari quantità e tipologie di edificazione. L’attribuzione di destinazione d’uso consiste nell’individuare quel’è la
funzione prevalente cui quella parte del territorio deve essere adibita e nell’esprimere normative.

-le quantità e le tipologie di edificazione sono espresse nella pianificazione tradizionale, da indici e parametri di
carattere sintetico e analitico. Quelli sintetici consistono nell’attribuire densità diverse di utilizzazione o rapporti tra
superficie fondiari e superficie territoriale.. quelli analitici consistono nel definire le specifiche caratteristiche fisiche
dell’edificazione. Le grandezze che si adottano sono costituite prevalentemente da: dimensione minima e massima del
lotto edificabile, rapporto tra la superficie copribile con la costruzione totale o parziale del lotto, rapporto tra cubatura
o superficie utile edificabile e superficie del lotto.

LEGGE URBANISTICA DEL 1942

-PIANIFICAZIONE IN ITALIA PRIMA DEL 1942: fino alla Seconda guerra mondiale in Italia non c’era una legge
che definisse gli istituti, le procedure e i contenuti della pianificazione urbanistica. Ogni volta che si voleva formare
un piano urbanistico si procedeva secondo regole e norme stabilite caso per caso e ogni piano veniva approvato con la
legge dello Stato. Nel corso della metà dell’Ottocento e all’inizio del Novecento prevalevano i ‘piani d’ampliamento’
relativi a singole zone d’espansione. I piani riguardavano soprattutto le grandi città: Firenze, Roma, Milano, Torino,
Genova, Napoli. Tra il 1926 e la fine degli anni Trenta si sviluppa in Italia la grande impresa della bonifica della
Pianura Pontina, a sud di Roma. Il regime fascista promuove un programma per l’organizzazione ed esecuzione per la
trasformazione territoriale. Vengono bonificati e messi a coltura sessantamila ettari di terreno paludoso e si
costruiscono numerose città. Littoria, oggi latina, diviene il capoluogo di provincia e si affiancano Pomezia, Sabaudia,
Aprilia e vari borghi. L’operazione è gestita dall’Opera nazionale dei combattenti, organismo istituito nel dopoguerra
per l’assistenza di ex combattenti della guerra.

-nel gennaio del 1930 a conclusione del XII Congresso internazionale della Federation international pour l’habitation
du territoire viene fondato l’INU (ISTITUTO NAZIONALE DI URBANISTICA). I promotori avevano pensato di
costruire un istituto di cultura che proponesse i problemi relativi allo sviluppo dei centri urbani e le questioni legate
all’organizzazione dei servizi pubblici di carattere municipale. Era un organizzazione di elite in cui vi erano
professionisti e studiosi legati al regime fascista. Fu uno dei luoghi in cui si preparo’ il futuro democratico dell’Italia.

La prima fase della vita dell’INU si concluse nel 1942 con l’approvazione da parte della Camera dei fasci e delle
cooperazioni, della prima legge urbanistica italiana. E’ la legge che ancora oggi vige con alcune integrazioni e modifiche.
E’ stato il prodotto di uno scontro tra i difensori a oltranza della proprietà privata e quelli che volevano porre i limiti ai
diritti di utilizzazione fondiaria.

Quasi come contributo dell’Inu lo Stato lo riconobbe come ‘istituto di alta cultura’. Era un riconoscimento ,olto
significativo che faceva dell’INU l’espressione piu’ autorevole e ufficiale della cultura urbanistica in Italia.

Ved leggi pag 74

CAPITOLO CINQUE

I SOGGETTI DELLA PIANIFICAZIONE

Nell’ambito della produzione di merci (beni prodotti per essere venduti) possiamo descrivere i diversi soggetti in
relazione alle due funzioni fondamentali che essi svolgono nel processo economico: come produttori, in cui vi
partecipano tre fondamentali tipi di soggetti che si possono distinguere a seconda delle caratteristiche della quota del
prodotto che lo trattengono e del ruolo che a tale quota corrisponde. Le fondamentali forme di reddito sono rendita,
profitto e salario.

Sul versante del consumo ritroviamo i soggetti come consumatori di beni necessari al processo produttivo:

-consumatori di beni necessari per la produzione della forza lavoro

- consumatori di materie prime

-consumatori di prodotti semi lavorati

I soggetti del processo di produzione della città si possono distinguere in: proprietà fondiaria, impresa di costruzione,
i lavoratori del settore delle costruzioni, la proprietà edilizia, il capitale finanziario, il decisore dei confini della città,
l’urbanizzatore, il gestore/ manutentore.

Dal punto di vista dell’uso si possono distinguere due grandi categorie di utilizzatori delle città: le imprese e le
famiglie. Le une e le altre chiedono alla città elementi che possiamo distinguere in materiali e immateriali.

Tra gli elementi materiali che le imprese chiedono alla città metterei in evidenza, in primo luogo, la grande categoria
di spazi: luoghi nei quali insediare le attività, spazi attrezzati, cioè dotati di vie d’accesso e dotati di un’urbanizzazione
generale, in piu’ anche le merci necessarie per il processo produttivo e la forza lavoro.

Tra gli elementi immateriali vi sono quell’insieme di informazioni che consentono di formare la forza lavoro per
renderla idonea alla produzione di informare le aziende che riguardano sia le tecniche e le tecnologie dei processi di
produzione sia le condizioni del mercato.

Le famiglie inoltre chiedono residenza e attrezzature, l’urbanizzazione generale, i servizi, occasioni di lavoro.

La rendita

Definizione dal dizionario di economia politica di Napoleoni: è il reddito che il proprietario di certi beni percepisce di
conseguenza al fatto che tali beni sono disponibili in quantità scarsa.
Poiché un bene produca rendita sono quindi necessarie due condizioni: che il bene sia disponibile in quantità
inferiore al fabbisogno oppure che per tale bene esista un proprietario capace di governare la scarsità di quel bene e di
percepire il reddito derivante dalla scarsità di quel bene.

-rendita fondiaria è la forma classica della rendita. E’ il reddito percepito dal proprietario fondiario in conseguenza
del fatto che egli è proprietario di un bene destinabile alla coltivazione o al pascolo. Esiste la rendita assoluta, rendita
che sorge nella misura in cui la terra disponibile nell’ambito di una determinata area economica è scarsa rispetto al
fabbisogno e la rendita differenziale che deriva dal fatto che se la terra è scarsa esistono differenze tra i vari tipi di terra
in relazione all’uso che se ne vuole fare e quindi c’è solo in corrispondenza di un sottoinsieme di beni.

Esiste anche la rendita fondiaria urbana, cioè il reddito che deriva dalla proprietà del terreno in relazione all’uso
edilizio urbano, cioè un terreno in cui sono avvenuti processi storici di urbanizzazione

Esiste la rendita immobiliare, ovvero l’insieme di rendita fondiaria urbana con la rendita edilizia.

I PIANI URBANISTICI ATTUATTIVI E LA RENDITA IMMOBILIARE

I piani urbanistici attuativi costituiscono sostanzialmente un approfondimento tecnico delle previsioni del prg ed
esistono vari livelli di dettaglio. Il piano è il tramite tra prg e progetto edilizio. Il piano attuativo distribuisce
determinati indici e parametri alle singole porzioni del territorio e definisce l’organizzazione morfologica della
porzione di città ‘disegnata’.

Il piano di lottizzazione era solo la suddivisione di un terreno in lotti predisposti alla vendita e alla successiva
edificazione. Con la legge del ponte del 1967 si cercò di porre riparo alle devastazioni del suolo italiano. E’ uno
strumento di valorizzazione della rendita fondiaria e suo trasferimento perequato alla rendita edilizia.

Il piano di recupero è stato introdotto con la legge del 1978. Co n questa legge si proponeva di la promozione degli
interventi finalizzati al recupero dell’edilizia esistente, assegnando a tali interventi finanziamenti per conservare il
patrimonio edilizio.

CAPITOLO 6
L’ITALIA DAL DOPOGUERRA ALLA VERTENZA PER LA RIFORMA
URBANISTICA
Il dopoguerra e la ricostruzione

Nel 1942 l’Italia ha la sua legge urbanistica. Giugno 1940 vi sono alleati di Hitler da una parte e dei giapponesi di
Hirohito. Dicembre 1941 gli Usa entrano in guerra alleati alla Gran Bretagna, alla Francia, all’Unione sovietica. 1942
l’esercito sovietico arresta l’avanzata dall’armata tedesca a Stalingrado. Settembre 1943 il governo italiano stipula
l’armistizio con gli Alleati: l’Italia è occupata dai nazisti, mentre l’esercito anglo-americano risale la penisola dopo
essere sbarcato in Sicilia e poi ad Anzio. Esplode la guerra partigiana. Nella primavera del 1945 la guerra finisce e
inizia il periodo della ricostruzione del paese. I danni sono enormi, sono colpiti i patrimoni abitativi, le infrastrutture,
un terzo della rete stradale e tre quarti di quella ferroviaria. Inizia l’ ‘emergenza’ in Italia per eludere le regole della
pianificazione e del territorio. Si inventano così i ‘piani di ricostruzione’ che avrebbero dovuto contemperare
l’esigenza di dar corso ai più urgenti lavori edilizi con quella di non compromettere il razionale sviluppo dei centri
abitati. Vengono stabilite leggi che contribuivano alla riparazione dei danni della guerra. La legge sui piani di
ricostruzione era funzionale alla scelta di fondo di assegnare all’edilizia un ruolo trainante allo sviluppo.

Edilizia e industria

Nella fase iniziale del processo del settore edilizio si è trovato in posizione di oggettiva alleanza con altri settori
industriali. Il settore delle costruzioni assolve anche al ruolo di drastico meccanismo di accumulazione a carico
soprattutto dei lavoratori e di coloro che devono risolvere i problemi. Il meccanismo agisce a favore di una classe
ristretta di imprenditori, proprietari edilizi, proprietari fondiari. Le migrazioni interne hanno favorito la speculazione
e quindi la lievitazione dei prezzi delle abitazioni.

L’edilizia servì davvero allo sviluppo del paese?

Lo sviluppo dell’edilizia richiede che non si semplifichi e per molto tempo la pianificazione viene trascurata. Dal 1945
al 1964 i comuni sono stati educati a non pianificare. Si rivela in questo periodo un contrasto d’interessi tra il settore
edilizio e immobiliare e il fatto che gli industriali del nord abbiano bisogno degli immigrati che costituiscono il
principale elemento di concorrenzialità sul piano internazionale.

Trasformazioni territoriali in Italia dal 1951 al 1971

- 1951 agricoltura assorbe 45% e le attività industriali 22% su di un totale di 19,6 milioni
- 1961 agricoltura scende al 30% e settori industriali 28% su di un totale di 20,4 milioni e settore delle
costruzioni raddoppia i loro addetti
- 1961-1971 gli addetti dell’industria meridionale crescono solo di 80 mila unità mentre il Nord cresce di 350
mila unità.

l’incremento della popolazione fra il 1951-61 è più accentuato nelle aree del nord e lo stesso fenomeno si riscontra
nel 19761-71. Il processo di abbandono delle zone montane-collinari e delle campagne trova ulteriore conferma
non solo nel decremento della popolazione rurale, ma anche nella modificazione della distribuzione della
popolazione per zone altimetriche. Un segno significativo del processo di trasformazione della struttura urbana è
dato anche dal confronto fra gli aumenti della popolazione delle varie regioni e quelli dei relativi capoluoghi. La
coesistenza di un accentuato processo di urbanizzazione e di un forte esodo determinano due fondamentali ordini
di problemi. Nelle zone di esodo la scarsità di popolazione in ampie zone del territorio nazionale dà luogo a
gravissimi danni economici e compromette l’equilibrio ecologico e ambientale. Nelle zone di concentrazione
all’opposto, l’eccessiva presenza di abitanti negli spazi urbani genera notevoli inconvenienti che si ripercuotono
sulle condizioni di vita nelle grandi città. Questi inconvenienti non dipendono dalle dimensioni delle maggiori
città italiane, quanto dal modo disordinato da cui tali dimensioni sono state raggiunte.

Gli anni del dibattito sulla forma urbanistica

Gli anni cinquanta sono gli anni d’oro della speculazione più sfrenata, gli anni delle ‘mani della città’. Il disinteresse
dell’opinione pubblica per le sorti della città è alimentato dall’impostazione privatistica e individualistica che si dà
agli interventi pubblici in materia di edilizia popolare e economica. Bisognava sostenere la proprietà privata a spese
del denaro pubblico: occorreva dare ‘a riscattò agli assegnatari le case costruite dallo stato. Con questo obiettivo
nel 1958 il Parlamento approva una legge-delega che demanda al governo la formulazione di forme di norme per
la cessione in proprietà a favore degli assegnatari degli alloggi di tipo popolare ed economico costruiti a totale
carico dello Stato di tutte le proprietà pubbliche. Il dibattito sulla distruzione della città è limitato a pochi e lo
descrive ‘il mondò. Nel 1955 nasce l’associazione Italia Nostra contro l’ennesimo tentavo di sventramento nel
centro storico di Roma. Tra le battaglie di ITALIA NOSTRA per la difesa del patrimonio culturale italiano vi sono
quelle per la salvaguardia di Agrigento, dei colli Euganei, della Costa Smeralda...

Dibattito sulla riforma urbanista: il codice dell’urbanistica dell’ INU

All’inizio degli anni Sessanta lo sviluppo industriale del paese si consolida. I settori produttivi raggiungono elevati
livelli di concorrenzialità sul piano internazionale e si svincolano dalla subordinazione al meccanismo di
accumulazione assicurato dalla speculazione fondiaria. All’VII Congresso, nel dicembre del 1960 viene presentata
una proposta di riforma: il cosiddetto CODICE DELL’URBANISTICA. L’INU auspica l’istituzione delle regioni e
tenta di integrare la pianificazione urbanistica con la programmazione economica attraverso l’istituzione di un
Comitato nazionale di pianificazione e di un consiglio tecnico centrale. La proposta dell’Inu riceve l’adesione dei
partiti di sinistra e degli ambienti progressisti. La programmazione economica, la nazionalizzazione dell’energia
elettrica, la riforma urbanistica sono alcuni temi che affrontano.

Autore della proposta che risolve alla radice il problema della rendita fondiaria urbana è Fiorentino Sullo, ministro
democristiano dei Lavori pubblici dal febbraio del 1962. La riforma è impostata su basi nuove e originali. Il progetto
stabilisce che l’indirizzo e il coordinamento della pianificazione urbanistica debbono attuarsi nel quadro della
programmazione economica nazionale e in riferimento agli obiettivi fissati da essa. Lo schema SULLO modifica il
regime proprietario delle aree: proprietà privata resta soltanto una parte delle aree edificate, le altre aree passano
gradualmente in proprietà dei comuni che cedono ai privati il diritto di superficie per le utilizzazioni previste dai
piani.

Il 14 Luglio del 1962 la presidenza del Consiglio dei ministri comunica di condividere in linea massima i criteri
informatori della nuova disciplina urbanistica e muove solo osservazioni di natura tecnica. In attesa del parere del
Consiglio nazionale dei lavoratori e dell’economia, Il Consiglio dei Ministri, rinvia l’esame del provvedimento. Ci
si avvicina alla scadenza della legislatura e alle elezioni politiche della primavera del 1963.

La sconfitta del 1963

Nell’aprile del 1963 si scatena lo scandalo urbanistico, una campagna di stampa contro il ministro dei Lavori
pubblici accusato di voler togliere la casa agli italiani. Con una dolorosa nota del 13 aprile ‘il popolò comunica che
la DC dissocia la propria responsabilità dell’operato del ministro Sullo. Sullo resta ministro dei lavori pubblici nel
governo ponte presieduto da Leone nell’estate del 1963, ma alla costruzione del promo governo organico di centro-
sinistra viene sostenuto dal socialista Pieracci, negli accordi tra i partiti per la formazione del governo Moro, viene
concordato che la riforma urbanistica deve assicurare la preminenza dell’interesse pubblico, attraverso
l’acquisizione della collettività delle plusvalenze fondiarie. Su queste basi viene elaborato il disegno Pieraccini: si
conserva il principio dell’esproprio generalizzato, l’indennizzo non è pari al prezzo agricolo ma è approvato al
valore di mercato del 1958.

A Fiorentino Sullo si deve l’approvazione della legge 167 del 1962 per favorire l’acquisizione di aree prefabbricabili
per l’edilizia economica e popolare. I contenuti informatori della legge possono sintetizzarsi in:

- Inquadramento dell’edilizia economica e popolare


- Facoltà ai comuni di costruirsi un patrimonio di aree da urbanizzare e rivendere ai privati
- Possibilità di acquisizione delle aree mediante esproprio
- Coordinamento e integrazione degli interventi realizzati dagli enti operanti nel settore dell’edilizia economica
e popolare.

Il meccanismo previsto per l’acquisizione delle aree veniva però dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale. In
sostituzione degli articoli dichiarati illegittimi fu promulgata una legge con la quale si fa ricordo alla legge di Napoli del
1885.

Gli scandali edilizi si susseguono a ritmo serrato. La speculazione edilizia in tutto il paese riesce ad alimentare una rete
di collusioni sempre più fitta e sedimentata: la cultura urbanistica si disimpegna, l’INU e gli urbanisti più noti
abbandonano il campo dell’impegno civile e si rifugiano nel campo delle ricerche morfologiche.

Vi fu pero un avvenimento che ripropone l’intera questione urbanistica. Il 19 luglio del 1966 una frana di enormi
dimensioni ha buttato fuori casa migliaia di abitanti ponendo Agrigento sotto una nuova luce e dimensione. La frana è
stata causata dal sovraccarico edilizio e Mancini, ministro dei Lavori pubblici nomina una commissione e la relazione
verrà resa pubblica nel settembre. Sotto accusa è la DC che amministra la città da vent’anni e si accende un grande
dibattito nel Parlamento e nel paese. Il 1° settembre del 1967 viene emanata la legge ponte, un’integrazione della legge
del 1967 numero 765 che cerca di portare ordine nell’attività edilizia e urbanistica. La legge limita le possibilità di
edificare nei comuni sopravvisti di strumenti urbanistici cerca quindi di incentivare la formazione dei piani. Sono
proibite lottizzazioni nei comuni sopravvisti di un piano regolatore o di programma di fabbricazione. L’innovazione
fondamentale riguarda gli standard urbanistici, cioè le quantità minime di spazio che ogni piano deve riservare all’uso
pubblico e le distanze minime nell’edificazione ai lati delle strade. Per costruire di più è necessario fornirsi di un prg o
del programma di fabbricazione.

I centri storici

Negli anni del fascismo ragioni di traffico e d’igiene erano la copertura degli interessi della speculazione e a questi si
allevano per distruggere interi quartieri e condannare all’isolamento i residui dei monumenti. Nel dopoguerra nasce
una reazione e nel 1955 nasce l’associazione Italia Nostra.

Un ruolo di punta lo svolge Antonio Cederna, un archeologo diventato giornalista e urbanista militante quando si
accorge che la distruzione della storia dal paesaggio italiano può essere arrestata solo mediante la pianificazione.
L’urbanistica per Cederna offre tutti i mezzi sociali, tecnici, economici, atti a fare di una città un organismo vitale e
moderno.

Il dibattito culturale e la maturazione teorica dei centri storici hanno una tappa di grande rilievo NEL Convegno di
Gubbio indetto nel 1960 dall’Associazione italiana centri artistici. In essa si ponevano alcuni principi che costituivano
una svolta radicale rispetto alla cultura precedente basata sull’attenzione esclusiva al monumento. Si afferma che il
monumento da rispettare e tutelare è tutta la città, tutto l’insieme della sua struttura urbanistica. Quindi i centri antichi
vanno tenuti in vita allontanando tutte le attività incompatibili di alterare l’antica struttura urbana e controllando i
fenomeni di crescita e di trasformazione mediante un piano regolatorio. A conclusione del convegno viene approvata
una nozione conclusiva nota come ‘CARTA DI GUBBIO’. Si afferma la necessità di un’urgente ricognizione e
classificazione preliminare dei centri storici con l’individualizzazione delle zone da salvaguardare e bisogna intervenire
fin da subito con piani particolareggianti di iniziativa comunale. Oltre a ciò il documento dichiara ciò che si deve
compiere e fare per conservare il patrimonio edilizio. La carta oltre alle specifiche tecniche e culturali afferma che
occorre difendere anche la società che vi abita. Nei progetti di risanamento una particolare cura deve essere posta
all’individualizzazione della struttura che caratterizza il quartiere. Il documento si conclude auspicando una legge che
introduca i suoi principi e criteri nei prassi pianificatori e amministrativi.

La legge speciale per Venezia

Dopo l’alta mera del 1966 che travolse Venezia si decise di affrontare la questione da parte die governi e dei Parlamenti.
Viene introdotta una legge speciale, cioè fatta ad hoc per la città lagunare. fu prolungata nel 1973. Per il risanamento
conservativo dell’edilizia storica si assumevano i principi della carta di GUBBIO: interventi organici per comparto,
eliminazione delle superfetazioni, attenzione al rialloggiamento in sito degli abitanti, individuazione di un organismo
speciale. Il risanamento della città era inqaudrato in un piano comprensoriale, che avrebbe dovuto fornire il quadro
della cornice della laguna. La legge speciale pero’ non diede grandi risultati. Devolezze dell’impianto normativo,
conflitti politici e d’interesse insabbiarono il piano comprensoriale.

Oltre al piamo bisognava approfondire e affinare un metodo di analisi dell’edilizia storica che consentirà di approdare
a metodi e strumenti d’intervento piu’ efficaci dei piani particolareggianti. Si tratta dell’analisi tipologica dell’edilizia
che ha consentito di stabilire che le costruzioni sono state realizzate non inventando ogni volta un oggetto nuovo, ma
seguendo determinate regole concernenti la collocazione del lotto rispetto ai diversi tipi di strada e di confine.
Applicando questo metodo si arriva a concludere che ogni edificio storico è attribuibile a un numero limitato di
categorie.

Piano del centro storico di bologna

Nel 1969 il comune di bologna adotta un piano per il centro storico come variante del prg approvato nel 1958 esso
riguardava tutta l’area compresa nei viali di circonvallazione. Il piano fu redatto all’interno degli uffici comunali. Nel
1971 viene emanata la nuova legge per la casa che rilancia l’intervento pubblico dell’edilizia e dà ossigeno ai piani per
l’edilizia economica e popolare. Intanto viene approvato il peep-centro-storico: un programma caratterizzato dalla
convenzione che l’età dell’espansione è terminata e che occorre dirigere energie e risorse nel recupero dell’edilizia
esistente ù. Il piano riesce a decollare utilizzando sia lo strumento del convenzionamento con i proprietari sia quelli
dell’acquisto da parte del comune.

GLI STANDARD URBANISTICI

-servizi e attrezzature: i servizi sono l’insieme degli elementi che servono a garantire una determinata prestazione; le
attrezzature sono le strutture fisiche nelle quali il servizio si svolge.

-infrastrutture: strutture fisiche ‘a rete’ necessarie per trasmettere flussi di traffico, d’acqua, d’energia.

-urbanizzazione: l’insieme di strutture fisiche necessarie per rendere utilizzabile un sito secondo un modulo di vita e di
attività urbano.

-pubblico: cio’ che è di proprietà, o è affidato alla gestione della pubblica amministrazione.

-privato: cio’ che è di proprietà di soggetti privati.

-collettivo: cio’ che è gestito, predisposto, organizzato in relazione a una utilizzazione da parte di un insieme di cittadini.

-individuale: cio’ che è riferito a una utilizzazione di una singola persona o famiglia.

LEGGE 1150 DEL 1942


E’ la madre di tutte le leggi urbanistiche in Italia. L’articolo 7 definisce il contenuto del piano generale e si riferisce alle
aree destinate a formare spazi di uso pubblico e ad operare impianti d’interesse generale.

Il piano regolatore generale deve considerare la totalità del territorio comunale e deve essenzialmente indicare:

1. La rete delle principali vie di comunicazioni stradali per la sistemazione e lo sviluppo dell’abitazione in modo
tale da soddisfare le esigenze del traffico
2. La divisione in zone del territorio e in quelle destinate all’espansione dell’aggregato urbano
3. Le aree destinate formare spazi di uso pubblico o sottoposte a speciale servitù
4. Le aree da riservare a sede della casa comunale e della casa del Fascio, alla costruzione di case e chiese e ad
opere d’interesse pubblico.

Fino al 1967 gli spazi pubblici sono considerati dei residui, scampoli di terra poco utilizzabili per altri usi, localizzazioni
spesso marginali. Nei casi migliori si tratta di lotti della lottizzazione edilizia, uguali a tutti gli altri.

NUOVE ESIGENZE SOCIALI NELL’ITALIA DELLA RESISTENZA E DEL DOPOGUERRA

In quegli stessi anni c’erano state in Italia altre rilevanti trasformazioni, nella società e nella cultura.

-affermazione regime democratico di massa

-suffragio universale e il voto delle donne

-la centralità assunta da due forze politiche antagoniste e concorrenti , solidamente radicate alle masse popolari

-le lotte sociali e il ruolo protagonista assunto dalle organizzazioni sindacali di massa che esprimono l’insieme dei ceti
dei lavoratori

A partire dal dopoguerra si era sviluppata una fase di crescita dei redditi e di uscita generalizzata dalla miseria e dalla
povertà. Nascono nuove esigenze e nuove possibilità di soddisfarle. In alcune zone del paese si afferma in aumento della
democrazia una maggiore attenzione alla qualità e quantità delle urbanizzazioni.

In Emilia Romagna i partiti promuovono la formazione di un organismo volontario, formato dai rappresentati comuni:
LA CONSULTA urbanistica. Il ruolo di questo organismo è far si che i comuni ispirano la loro politica urbanistica a
principi, metodi e regole comuni. La Consulta è un organismo volontario, politico, non istituzionale il quale ha un
grandissimo peso nelle concrete decisioni comuni .

-standard urbanistici: la determinazione delle quantità minime nello spazio pubblico. Nel nostro paese lo standard è
un valore definito, minimo considerato come livello di dotazione obbligatorio e come soglia minima al di sotto della
quale non si può considerare soddisfatto il disposto normativo. In Italia gli standard urbanistici erano noti alla cultura
specializzata. Ad essi facevano riferimento IL MANUALE DELL’ARCHITETTO, strumento di lavoro razionalista di
generazioni di architetti, urbanisti, ingegneri, prodotto per la prima volta da un ufficio di promozione culturale
statunitense.

LA LEGGE ‘PONTE’ E IL DECRETO DEGLI STANDARD

I disastri del 1966 portano di nuovo alla ribalta la questione urbanistica e viene emanata con grande urgenza la ‘legge
ponte’, che in Italia si vara una normativa nazionale sugli standard urbanistici. Questa normativa viene definita in un
decreto ministeriale emanato nel 1968: DECRETO N° 1444. La sua formulazione viene definita utilizzando sia
elaborazioni teoriche degli urbanisti sia l’esperienza di pianificazione dei comuni più avanzati. Il decreto prevedeva
standard riferiti a diversi tipi di attrezzature. Il decreto sugli standard è stato successivamente accusato di una certa
rozzezza; non tiene conto dei tempi e dei modi dell’accessibilità, del rapporto tra sito e attrezzatura, delle dimensioni
conformi di ogni mezzo. Si deve criticare inoltre la superficialità della sua applicazione e nella legislazione regionale di
applicazione di quel decreto. Il decreto prevede diverse zone e per ciascuna di queste zone prevede norme diverse in
relazione al conteggio degli standard e ad altre prescrizioni della legge. Le zone omogenee sono uno strumento di
verifica nell’applicazione degli standard. Inoltre la legislazione regionale che subentrerà negli anni Sessanta, si limiterà
a ritoccare le quantità degli standard fissati nel 1968 .

LE SENTENZE DELLA CORTE COSTITUZIONALE

Sentenza n° 55 del 1968

Alcuni privati riescono a portare davanti alla Corte costituzionale ed a far dichiarare illegittimi parte dell’articolo 7 e
l’articolo 40 della legge urbanistica del 1942. La corte riconosce che il principio della necessità dell’indennizzo non
opera nel caso di disposizioni le quali si riferiscano a intere categorie di beni. La corte afferma che il legislatore potrebbe
anche porre limitazioni pesantissime alla proprietà a tre condizioni: che la norma sia stabilita in relazione a tute le
proprietà appartenenti a una determinata ‘categoria di beni’; che questo derivi da un’esigenza d’interesse generale; che
la limitazione non annulli il valore economico del bene. La sentenza della corte fu decisa nell’adunanza del 9 maggio
del 1968.

LA SENTENZA DI BOLZANO

Il 29 maggio vemiva depositata insieme alla legge urbanistica la sentenza n° 56relativa alla legge della provinica
autonoma di Bolzano sulla tutela del paesaggio. La legge era ‘sospettata’ di illegittimità costituzionale perché stabiliva
che puo’ essere concesso uno speciale contributo, nei limiti delle somme da stanziarsi nel bilancio provinciale. La corte
costituzionale in conclusione dichiara non fondata la questione di legittimità promossa dal Consiglio di Stato. Per la
corte costituzionale mentre solo legittimi i vincoli di inedificabilità per la tutela del paesaggio sono invece di natura
espropriativa quie vincoli che individuano gli spazi da destinare a impianti pubblici e di uso pubblico.

IL DIBATTITO DELLE SENTENZE

La pubblicazione delle due sentenze suscita enorme scalpore in tutti gli ambienti anche politici e amministrativi. La
corte ha affermato che il legislatore è libero di stabilire per categorie quali cose possono essere di proprietà privata e
quali no.

LE PROPOSTE DELLA CULTURA URBANISTICA

L’Inu organizza un’assemblea straordinaria a Roma, al teatro Eliseo. Il convegno si conclude con l’approvazione di una
mozione in cui si invita il Parlamento e il governo a promuovere nel piu’ sollecito dei modi l’adozione di un
provvedimento legislativo che si ispiri ai seguenti principi:

1. La proprietà del suolo non deve piu’ compromettere il diritto di edificare;


2. Il diritto di edificare appartiene ai comuni
3. L’edificazione è regolata unicamente dai piani regolatori
4. I comuni hanno facoltà di espropriare tutti i terreni compresi nei piani con un indennizzo compensativo
derivanti dall’opera dell’uomo con esclusione dei valori provenienti dall’opera della collettività.

nasce il problema di individuare una categoria di beni ‘a confine certo’ alla quale sia possibile imporre quelle
‘limitazioni in via generale’ del diritto di proprietà le cui necessità e possibilità derivano dal fatto che un particolare uso
di beni di quella categoria ha preminenti caratteristiche di interesse sociale.
Viene approvata, in seguito a varie proposte di riforma urbanistica come quelle elaborata dal gruppo di lavoro e dalla
direzione del PCI (si basa sul principio che la facoltà di edificare è concessa esclusivamente dai comuni in conformità
alle prescrizioni dei piani settoriali o urbanistici), la legge 1968 con la quale si stabilisce che le previsioni di piano
regolatore generale cessano di avere vigore qualora entro cinque anni dall’approvazione del piano regolatore medesimo
non siano approvati i relativi piani particolareggianti o autorizzati i piani di lottizzazione convenzionata.

CAPITOLO SETTIMO

TRA RIFORMA E CONTRORIFORMA

-dal 1955-70 cambiano residenza 17 milioni di italiani. Lo sviluppo dei fenomeni migratori è ‘spontaneo’ e contrasta
con gli obiettivi posti dai tentativi di programmazione economica che si susseguono e che la componente riformista del
centro-sinistra cerca di difendere.

L’impegno dello Stato è gigantesco: dal 1960 si sono avute in Italia enormi costruzioni e di conseguenza gli investimenti
a favore dei trasporti collettivi su rotaie sono rimasti strozzati dall’impegno autostradale. Nel marzo del 1969 la Fiat
pubblica un bando per assumere negli stabilimenti di Torino nuovi addetti, reclutandoli nel Mezzogiorno. Le
organizzazioni sindacali rilevano subito che i programmi di espansioni degli impianti e dell’occupazione della Fiat
aggraverebbero la tendenza in atto all’emigrazione delle regioni meridionali. A torino si manifesta una decisa
opposizione contro ogni indiscriminato aumento della popolazione. La protesta sbocca nello sciopero generale
provinciale il 3 luglio del 1969. Secondo i sindacati i nuovi interventi di edilizia pubblica vanno realizzati nell’ambito
di una nuova legislazione urbanistica che deve regolare il regime delle aree urbane attraverso il diritto di superficie e
l’esproprio generalizzato. Arriva così il grande sciopero nazionale del 19 novembre del 1969 indetto alle tre
confederazioni sindacali nonostante i ripetuti tentativi del governo per evitarlo. Prima conseguenza è la decisione
governativa di accantonare due disegni di legge. Nel marzo del 1971 il ministro dei Lavori Lauricella presenta alla
Camera il disegno di legge contenente norme sull’espropriazione per pubblica utilità, modifiche e integrazioni alla legge
numero 167 e ad autorizzare la spesa per interventi straordinari nel settore dell’edilizia residenziale.

LEGGE PER LA ASA DEL 1971

Il dibattito del Parlamento si conclude nel 1971 con la definitiva legge che affronta i nodi del problema della casa in
Italia. Il primo titolo riguarda il coordinamento e la programmazione dell’intervento pubblico. Il secondo riguarda
l’espropriazione per pubblica utilità. Il terzo titolo della legge raccoglie i perfezionamenti richiesti da quasi un decennio
di esperienze in materia di piani di zona. Si stabilisce in particolare che l’estensione delle aree destinate all’edilizia
economica e popolare non possa superare il 60% del fabbisogno complessivo di edilizia abitativa prevista per un
decennio. Il quarto e il quinto titolo della legge riguardano aspetti finanziari dell’intervento pubblico in edilizia e
tradizionali agevolazioni per l’edilizia privata.

L’ATTUAZIONE DELLE REGIONI A STATUTO ORDINARIO

La Costituzione della Repubblica italiana era stata approvata il 27 dicembre del 1947 e promulgata il 1° gennaio. Essa
prevedeva l’istituzione delle regioni come enti autonomi con propri poteri e funzioni e attribuiva loro rilevanti
competenze. I quindici consigli regionali a statuto ordinario sono eletti per la prima volta nella primavera del 1970. Per
quanto riguarda l’urbanistica, accanto al potere di legiferare già attribuito dalla Costituzione, alle regioni vengono
trasferite tutte le funzioni amministrative che la legge del 1942 e le successive leggi di modifica, affidavano agli organi
centrali e periferici del ministero dei Lavori pubblici: l’approvazione degli strumenti urbanistici e dei piani per l’edilizia
economica e popolare; il controllo sull’attività edilizia e urbanistica degli enti locali.

L’approvazione per la legge della casa avrebbe dovuto rappresentare l’avvio di un profondo rinnovamento
nell’organizzazione pubblica edilizia. Il governo centro-destra che si costituisce nel giugno del 1972 insedia invece una
commissione con il dichiarato intento di fare marcia indietro rispetto alla legge di riforma approvata nel novembre
precedente. Una prima manifestazione della linea dei sistemi urbani si era avuta nella primavera del 1969 con
l’iniziativa di un consorzio il quale proponeva di costruire ‘la nuova città nolana’: un insediamento di 100 mila abitanti
alle porte di Napoli. Da allora si susseguono le proposte di affidare alle imprese a partecipazione statale funzioni che
finora erano state di stretta ed esclusiva competenza dello Stato. Il riconoscimento dell’interesse delle aziende del
sistema delle partecipazioni statali a gestire in prima persona il settore dell’edilizia e dell’urbanistica appare durante
l’iter di formazione della legge sulla casa. Nella denuncia dei rischi insiti nelle manovre del governo e delle
partecipazioni statali è l’INU. Già sul finire del 1971 la fondazione Agnelli propone un modello di programmazione
dell’edilizia sul quale tenta a muoversi sulla stessa strada e con proposte quasi identiche. Si riuscirà, dopo aver superato
la stagione delle risorse scarse, ad ottenere l’approvazione di tre leggi importanti: quella sul regime dei suoli, quella per
le procedure e il finanziamento pluriennale dell’edilizia pubblica.

SPEZZONI DI RIFORMA

LA LEGGE BUCALOSSI SUL REGIME DEI SUOLI

Dopo la sentenza della corte costituzionale n° 55 era stata approvata la legge tappo del novembre del 1968, che
propagava per cinque anni la validità delle previsioni degli strumenti urbanistici comportanti vincoli nei confronti dei
diritti legali. Alla base della legge c’è la scelta a favore della jus aedificandi dal diritto di proprietà. Il disegno della legge
è approvato dal consiglio dei minstri nel 1975. Gli elementi portanti della riforma sono l’istituto della concessione
onerosa, il programma di attuazione dei piani rubanistici e la normativa contro gli abusi. Il regime concessione onerosa
ha come principio la riserva pubblica del diritto di edificare.

-regime di concessione onerosa: ha come presupposto la riserva pubblica del diritto di edificare. L’ente pubblico assente
la concessione di questo diritto al proprietario dell’area, ovvero a chi ne ha la legittima disponibilità per l’edificazione
di opere conformi agli strumenti urbanistici.

- il convenzionamento dell’edilizia abitativa dovrebbe essere uno dei punti qualificanti della legge

-il programma poliennale di attuaizione degli strumenti urbanistici serve ad evitare una delle piu0’ micoscopiche
distorsioni che hanno accompagnato la crescita delle città, cioè la contemporanea diffusione dell’attività edilizia in tutte
le direzioni possibili e senza alcuna correlaizone con gli interventi volti alla realizzazione delle infrastrutture e
attrezzature.

-la nuova normativa contro l’abusivismo prevede l’acquisizione gratuita al patrimonio culturale dell’opera abusiva. La
demolizione resta l’unica sanzione quando l’abuso contrata con rilevanti interessi urbanistici e ambientali.

Il dibattito in parlamento rinfocola i contrasti. Il disegno di legge è in parte migliorato e nel gennaio del 1980 la Corte
costituzionale si pronuncerà sulla incostituzionalità della legge urbanistica. Dal punto di vista degli utenti si potevano
distinguere cinque grandi segmenti dello stock di abitazioni:

1. Gli alloggi abitati direttamente dai proprietari


2. Gli alloggi privati condotti in affitto libero
3. Gli alloggi privati condotti a fitto ‘bloccato’, cioè ancorato al valore originario senza tener conto dell’aumento
dell’inflazione . il blocco dei fitti era nato nel 1920 quando nei maggiori comuni erano istituiti commissari del
governo per alloggi con il compito di regolare in via provvisoria gli aumenti connessi alla prologa del blocco
dei fitti e di determinare il canone piu’ giusto nei casi di controversi.
4. Gli alloggi privati realizzati in aree peep
5. Gli alloggi di proprietà pubblica , assegnati con canone ‘sociale’.

Le leggi per la casa avevano affrontato solo episodicamente il problema del finanziamento dell’intervento pubblico
nell’edilizia abitativa. Non era stata affrontata la questione di un intervento volto al recupero dell’edilizia esistente. A
entrambe queste carenze vuole provvedere la legge 5 agosto del 1978. Essa avrebbe dovuto concludere il tempo delle
riforme e consentire finalmente quella comunità dell’azione pubblica che è stata auspicata da decenni di dibattiti,
ricerche e vertenze di massa.

CAPITOLO OTTAVO

GLI ANNI DI TANGENTOPOLI

1978: viene emanata una legge per l’accelerazione delle opere pubbliche. Una legge transitoria che consente che le opere
pubbliche siano eseguite anche se in contrasto con gli strumenti urbanistici. Si diffondono le ‘emergenze naturali’ che
a prima vista sembrano causate dalla forza cieca della natura, ma in realtà sono dovute all’imprevidenza dell’uomo.
Viene fondata la ‘conferenza’, una riunione di rappresentanti di tutti gli enti interessati che esamina i progetti delle
opere e li approva e che il rappresentante scavalca la discussione del Consiglio comunale. Si tratta di opere che incidono
sull’assetto della città e del territorio.

Negli stessi anni inizia la prassi della deregolamentazione e dell’emergenza che si colloca anche il piu’ disimpiegato
contributo alla delegittimazione della pianificazione urbanistica: il condono dell’abusivismo edilizio e urbanistico. Nel
1980 era iniziata la discussione per la legge dell’abusivismo e nell’estate del 1982 il governo decide di utilizzare
l’abusivismo per ridurre il disavanzo pubblico.

In quegli anni agli urbanisti gli viene affidata l’espressione ‘giacobini’, termine che vuole suonare ingiurioso.
Tangentopoli inventerà gli strumenti piu’ appropriati per consolidare l’intreccio tra affari, politica e trasformazione
del territorio.

L’urbanistica contratta è la sostituzione a un sistema di regole valide erga omnes, definita dagli strumenti della
pianificazione urbanistica, della contrattazione diretta delle operazioni di trasformazione urbana tra i soggetti che
hanno il potere di decidere. Essa si manifesta ogni volta che l’iniziativa delle decisioni sull’assetto del territorio non
viene presa per l’autonoma determinazione degli enti che istituzionalmente esprimono gli interessi della collettività.

CAPITOLO NONO

Il territorio come luogo delle qualità

L’ambiente è l’insieme dei fattori abiotici e biotici in cui vivono i diversi organismi ed in particolare l’uomo. L’ambiente
ha assunto un significato piu’ ampio: esso è tutto cio’ che riguarda l’uomo e puo’ esserne influenzato.
Esso è qualcosa dal quale da qualche tempo ne riconosciamo il valore. Viviamo in un sistema sociale in cui l’economia
è divenuta la dimensione essenziale. Il pensiero economico ha considerato privi di valore socialmente riconosciuto i
beni che non diventano merci. Da qualche tempo invece si è comiciato a comprendere che tutte le risorse sono limitate.
Si è compreso che non solo la loro quantità, ma anche la loro qualità tende a ridursi. L’impoverimento delle risorse
aumenta senza tregua. Il territorio è un componente importante dell’ambiente. Le trasformazioni e le utilizzazioni in
cui è soggetto modificano incessantemente le sue caratteristiche. La pianificazione del territorio è una componente
centrale dell’azione per tentare di ridurre l’impoverimento dell’ambiente; per tutelare e ricostruire la sua integrità.

-cio’ che ci interessa è il paesaggio, la sua morfologia e la forma del territorio. Si analizza il paesaggio secondo tre punti
di vista: quello estetico, quello storico e quello ecologico. Il punto di vista piu’ antico è quello estetico: paesaggio come
bellezza, quello costruito da cio’ che l’occhio puo’ abbracciare in un giro d’orizzonte, un paesaggio che puo’ essere
riprodotto in una fotografia o dal quadro di un pittore. In Italia nasce l’esigenza della tutela e la sua interpretazione in
funzione dell’identità nazionale. Un’ulteriore linea di ricerca è quella che sta sotto l’etichetta di ecologia del paesaggio.
Il paesaggio in questo contesto è classificabile in unità naturali, che presentano particolari associazioni di caratteri.
L’approccio nasce in Francia e in Europa centrale nella seconda metà degli anni Sessanta. Il progresso culturale, l’aprirsi
di nuovi punti di vista e orizzonti, tende a rilevare la complessità del territori.

-il paesaggio è il prodotto della storia e del suo rapporto con la natura, storia intesa come sintesi tra lavoro e cultura,
come applicazione della fatica materiale, muscolare dell’uomo, guidata dall’intelligenza e dal sapere. Di segni impressi
al territorio in modo contrastante con la sua storia e con le sue regole i nostri paesaggi sono pieni. Per continaure ad
avere la forza e la volontà di reagire al brutto puo’ aiutare fare qualche confronto. Per esempio nella pianta della laguna
di Venezia confrontiamo la rete sinuosa dei canali ‘naturali’, prodotti dal plurisecolare lavoro di manutenzione e
riordino del sistema delle acque e i ritmi della natura ripetendone le forme.

L’urbanistica moderna si è foggiata in relazione alle esigenze di razionalizzazione in una fase di espansione. Ha avuto
qualche difficoltà di riconvertire la propria ideologia e i propri attrezzi in una fase in cui l’esigenza dominante none ra
piu’ quella della crescita delle grandezze fisiche ma quella della tutela dell’ambiente. Dall’altra parte l’ambientalismo
ha oscillato tra due tensioni estreme: da un lato l’aspirazione a disegnare un sistema di valori radicalmente diverso da
quelli precedenti, a partire dall’interpretazione del rapporto tra uomo e natura; dall’altro la difesa della singola realtà
naturalistica.

-la cultura urbanistica italiana, fin dal primo dopoguerra, ha perseguito un obiettivo, conferire razionalità alle
trasformazioni del territorio mediante la pianificazione territoriale e urbana.

NEW YORK, UN SECOLO E MEZZO FA

E’ un esempio di anticipazioni di un rapporto corretto con la natura che si è manifestato nell’ambito delle espressioni
urbanistiche.

New York era nata nel 1600 da un insediamento di coloni olandesi sulla punta estrema della penisola di Manhattan. Si
era espansa molto rapidamente che all’inizio dell’Ottocento, lo Stato decise di fare un piano regolatore. I progettisti
così disegnano lo schema a scacchiera che si incrociano formando isolati regolarissimi, a loro volta divisi in lotti. Gli
urbanisti cominciano a criticare lo sviluppo del piano: troppo meccanico, non tiene conto dei connotati morfologici
dell’area, impedisce agli abitanti qualsiasi contatto con il verde e con la natura. Viene realizzato un parco per la
ricreazione di milioni newyorkesi: IL CENTRAL PARK che testimonia il primo parco urbano democratico. Il parco
viene istituito per essere sottratto alle trasformazioni finalizzate alla produzione e alla vita di ogni giorno: un’isola felice
diversa dal resto del territorio regolate da un piano e gestite da autorità speciali i cui compiti esclusivi sono proteggere
la natura e consentire una fruizione controllata. La difesa della natura diventa un’esigenza generale causata da ragioni
di sopravvivenza del genere umano

IL PAESAGGIO NELLA PIANIFICAZIONE

La prima normativa che concepisce il paesaggio come bene culturale è la legge del 19 giugno 1939. Per l alegge sono
protette:

1. Le cose immobili che hanno caratteri di bellezza naturale


2. Le ville, i giardini d’interesse storico o artistico
3. I complessi di cose immobili di valore estetico e tradizionale
4. Le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali

La legge distingue due categorie di beni: bellezze singole o individuali e bellezze d’insieme, entrambi tutelati dallo stato
quando rivestono un notevole interesse pubblico per il loro carattere di bellezza naturale. I nemi vemgolo tutelati in
due modi: si puo’ inserire il bene che si vogliono tutelare in un apposito elenco oppure si puo’ formare un piano
‘territoriale paesistico’.

-dopo varie discussioni l’Assemblea costituente decise di inserire nella costituzione italiana la tutela del paesaggio e del
patrimonio storico e artistico della Nazione.

DAL DECRETO ‘GALASSO’ ALLA LEGGE 431 DEL 1985

Il decreto, nominato dal nome del sottosegretario al ministero ei Beni culturali e ambientali che lo firmo’, si richiamava
alla normativa del 1939.

1. Vincolava come bellezze naturali vaste zone del territorio nazionale


2. Riservava l’individualizzazione di vaste aree

La legge di conversione dell’8 agosto del 1985, ‘disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse
ambientale’, recepisce l’impostazione del vincolo paesaggistico su aree individuate attraverso la definizione di categorie
di beni in regione della loro singolarità geologica oppure in virtu’ della loro capacità di testimoniare le tradformazioni
dell’ambiente ad opera d’uomo. Si tratta di una tutela del paesaggio che costituiscono elementi caratterizzanti la
struttura morfologica del territorio nazionale. La tutela dell’ambiente come patrimonio collettivo come segno e
testimonianza della nostra cultura. Non si parla piu’ di bellezze anturali intese come dimensione estetica del territorio,
ma di zone di particolare interesse ambientale.

Nell’ordinamento italiano le diverse componenti abiotiche del territorio sono disciplinate con provvedimenti e
politiche che riguardano separatamente le diverse componenti: l’acqua, l’aria, il rumore, il suolo, l’energia, i rifiuti..

Ciascun settore è separato dagli altri ed è regolamentato da piu’ provvedimento, emanati in periodi diversi. Inoltre
all’interno di ciascun settore si deve sottolineare la scarsità e arretratezza delle leggi cornice a cui fa da contrappunto
una produzione di provvedimenti di carattere parziale. Le tipologie di prescrizioni delle leggi settoriali sono di due tipi:
da un lato vengono imposti alcuni standard di qualità da rispettare, dall’altro vengono previsti piani settoriali.
Per il respiro dei contenuti e per le importanti ricadute nel campo della pianificazione urbanistica vi è la legge del 18
maggio del 1989: norme per il riassetto riorganizzativo e funzionale della difesa del suolo, poiché attraverso questo
provvedimento si introduce il problema della ricomposizione della tutela dell’integrità fisica del territorio. La legge ja
come finalità quella di assicurare la difesa del suolo, il risanamento delle acque, la fruizione e la gestione del patrimonio
idrico per gli usi di razionale sviluppo economico e sociale. La legge individua il bacino idrografico, cioè quel territorio
dal quale le acque pluviali o di fusione delle neve e dei ghiacciai si raccolgono in un determinato corsi d’acqua. Per
ciascuno dei bacini di livello nazionale e interregionale si prevede l’istituzione di un ente a cui vengono affidate le
competenze di conoscenza, pianificazione e gestione dei territori ricadenti nei bacini idrografici.

Anche ,a tutela della ‘natura’ con riferimento alla fauna e alla vegetazione è attualmente garantita da una legge organica
dello Stato: legge del 1992, ‘legge quadro sulle aree protette’. Inoltre per ogni parco nazionale e regionale deve essere
istituito un ente parco, a cui è affidata la pianificazione e la gestione dei territori del parco; per le riserve naturali statali
la gestione è definito dal MINISTERO DELL’AMBIENTE all’atto dell’istituzione di ciascuna riserva, mentre la gestione
delle aree protette marine è affidata all’amministrazione statale che si avvale delle capitanerie di porto.

CAPITOLO DECIMO

Con Tangentopoli e Mani pulite da un lato, con le leggi per la protezione dell’ambiente dall’altro, siamo arrivati alla
conclusione del XX secolo. Oggi la società è diversa rispetto al dopoguerra, è una società piu’ matura, piu’ ricca. La città
continua a invadere il territorio con le sue parti piu’ fastidiose, ingombranti, sporche. Prima la produzione, poi i
cimiteri, le carceri, le caserme, gli ospedali. La città ha invaso il territorio con i suoi scarti, i cumuli di immondizia, le
discariche costellano il territorio per chilometri di raggio. LEONIA, la città invisibile di Italo Calvino, che allegramente
consuma per finire sepolta sotto i cumuli di immondizie è a metà tra una metafora e una descrizione.

-la città ha invaso il territorio con la sua tecnologia e la cultura della fase piu’ critica: quella che affidava lo sviluppo
della civiltà alle magnifiche sorti e progressive dell’industrialesimo.

I cambiamenti avvenuti, le tradformazioni in atto non significano che il territorio non abbia piu’ bisogno di
pianificazione, piu’ che mai la società di oggi ha bisogno di regole scritte, definite, cogenti per governare il proprio
rapporto con il territorio. La tendenza dominante è da un lato quella di trasferimento dei poteri delle istituzioni elettive
ai centri privati del potere economico e dall’altro lato dal livello nazionale ai livelli locali. Oggi la maggioranza di centro
di destra prosegue con maggiore foga e disordine con una tendenza a passare dal regionalismo della carta costituzionale,
e dal federalismo demagogicamente invocato dai due decenni trascorsi fino all’autonomismo esasoerato di ogni istanza
del governo. Dopo una dozzina di anni di pratica, le prime valutazioni sugli esiti degli strumenti di pianificazione
integrata dimostrano l’inconsistenza da un lato, la negatività dall’altro dei risultati raggiunti. Hanno rivisitato la loro
vera natura: strumenti per restituire alla valorizzazione privata aree destinate dai piani urbanistici a funzioni pubbliche.

Dal 1998, con la legge del 1993 (per ripianare i debiti degli IACP si vedono alloggi a prezzi irrisori), lo Stato si libera
dalla politica abitativa. Cio’ che viene minacciato è l’insieme del patrimonio comune e degli strumenti attraverso i quali
lo Stato ne puo’ assicurare la conservazione e l’uso da parte di tutti.

La pianificazione serve:
-a regolare le realtà complesse e realtà dove si manifestano conflitti nell’impiego di risorse

- la perenne rincorsa dell’emergenza è stata la ragione principale della devastazione del territorio e della profonda
inefficienza dell’organizzazione della città e del territorio

- necessità di colmare la distanza con il resto d’Europa

- una quarta ragione viene evocata ogni volta che un po’ d’acqua cade dal cielo o che gli eventi meteorologici presentino
qualche anomalia.

E’ tutto basato su un sistema di due principi: il principio della coerenza territoriale e quello della trasparenza
istituzionale .

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