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Le origini della letteratura

italiana

La scuola siciliana
Nella Sicilia del primo Duecento alla corte di Federico II si forma un gruppo di autori, che dà vita alla
Scuola poetica siciliana; di questa scuola ci sono rimasti circa 150 componimenti (una trentina
anonimi, gli altri suddivisi tra venticinque rimatori)

Gli autori sono funzionari di corte, notai e uomini di legge, che compongono per diletto:

• Stefano Protonotaro

• Giacomo da Lentini

• Cielo d’Alcamo

*Federico II di Svevia è un uomo di grande cultura, legato sia alla Francia (la madre era Costanza
d’Altavilla, normanna) sia alla Germania (il padre era l’imperatore Enrico VI), parla francese, tedesco,
il volgare italiano-siciliano e studia il latino e dà impulso agli studi, fondando l’Università di Napoli.*

Tematiche della Scuola siciliana


Sono presenti soprattutto tematiche amorose, come da tradizione provenzale; es. la fedeltà
alla donna amata, la segretezza del sentimento, la speranza di una ricompensa
Rispetto ai trovatori provenzali, però, i poeti siciliani si distinguono per la loro maggiore
capacità di analisi e di introspezione psicologica senza notazione musicale (quindi si suppone
create per essere non cantate ma recitate)
Lingua
“Siciliano illustre”, ovvero volgare siciliano mescolato al provenzale e a reminiscenze latine;
essa è la lingua parlata dai funzionari di corte (Magna Curia).
I testi ci sono giunti rimaneggiati dai copisti toscani e tradotti dal siciliano in toscano, tranne
Pir meu cori alligrari.
Gli autori
Essi sono funzionari di corte, notai e uomini di legge, che compongono per diletto.

• Stefano Protonotaro; è un personaggio misterioso, del quale non si è sicuri neanche


del nome. Tre notevoli canzoni sono: Assai cretti celare, Assai mi placeria e Pir meu
cori allegrari. Quest’ultimo importante perché è l’unico testo della Scuola
pervenutoci nella sua veste linguistica originale.
• Giacomo da Lentini; “notaio fedele”, al seguito della corte itinerante del re-
imperatore anche fuori della Sicilia. Gli si attribuisce l’invenzione del sonetto,
meravigliosamente.
La parodia dell’amor cortese
Cielo d’Alcamo rappresenta un’eccezione: è probabilmente un giullare di professione.
La sua presenza è preziosa come indizio di una complessità e varietà della lirica delle origini
di cui oggi noi non abbiamo, probabilmente, che una pallida nozione.
Rosa fresca aulentissima si tratta di un rovesciamento parodistico dell’amor cortese, nel
quale il poeta tenta di sedurre la donna, che dopo una iniziale ritrosia decide di concedersi;
mescola il registro aulico-cortese con quello vernacolare per abbassare la dignità del volgare
illustre dei poeti di corte.
Essa dimostra che l’autore conosce molto bene la tematica amorosa, e che la parodia è
condotta con grande perizia.

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