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SCUOLA
SICILIANA
Durante la prima metà del sec. XIII il regno di Sicilia comprendeva tutta l'Italia
meridionale e godeva di un periodo di particolare equilibrio politico-amministrativo e
prosperità economica per merito di Federico II. Iniziative politiche e culturali
significative furono la fondazione dell'università di Napoli (1224) e le Costituzioni
Melfitane (1231), in cui veniva ribadita l'autorità del sovrano rispetto ai potentati
feudali. Nella sua corte a Palermo si raccolsero le figure più rappresentative dell'epoca e
si svilupparono numerosi interessi culturali: venne dato un notevole impulso alle
conoscenze tecnico-scientifiche e agli studi di magia (per opera principalmente di
Michele Scoto), alla letteratura filosofica araba, alla letteratura greco-bizantina, alla
poesia tedesca (soprattutto alla lirica cortese d'amore del Minnesang) e alla poesia
provenzale in lingua d'oc. Proprio da questa tradizione ebbe origine la "scuola
siciliana", come fu definita da Dante nel De vulgari eloquentia.
Tematiche
Forme poetiche
• Dominante in assoluto nei poeti siciliani la tematica d'amore (cos'è amore,
come si manifesta, quali sono i suoi effetti), come omaggio "feudale" verso la
donna amata, con la quale il poeta cerca di stabilire una comunicazione
attraverso immagini e segnali che essa sola sa cogliere.
• Le forme tipiche di questa poesia sono la canzone, modellata sulla canso
provenzale: la canzonetta, costituita da strofe di versi brevi, viene impiegata
per testi più narrativi, come invocazioni d'amore, lamenti per l'amata lontana,
manifestazioni della propria gioia e del proprio dolore; il sonetto è creazione
autonoma e specifica della scuola ed è diventato il componimento lirico breve
per eccellenza della poesia italiana.
• La produzione poetica della scuola siciliana è pervenuta attraverso codici del
Quattrocento e del Cinquecento, non riproduceva la lingua popolare, ma si
basava su un lessico che si ispira ai modelli latini e provenzali.
FEDERICO II di Svevia
Noto in Toscana come il notaro, tanto da figurare con questo nome anche nella Divina Commedia
di Dante, Jacopo Da Lentini (detto anche Giacomo) fu funzionario imperiale fra il 1233 e il 1241. A
questo periodo risale anche la sua produzione poetica, di cui sono giunti fino a noi 38
componimenti tra canzoni, canzonette e sonetti. Proprio del sonetto egli fu l’inventore, oltre a
essere considerato il caposcuola dei Siciliani.
Le sue liriche, soprattutto sul piano delle immagini, si distinguono per la presenza di analogie che
rimandando al mondo sociale, naturale e vegetale e che rispecchiano perfettamente l’interesse della
Scuola siciliana, e della corte di Federico II, nei confronti degli aspetti scientifici e naturalistici
attraverso i quali è possibile leggere la realtà. Il tema principale è quello della meditazione
amorosa, di elevato contenuto spirituale, teorico e, come vedremo tra poco, religioso.
Jacopo Da Lentini ha lasciato il più ricco
Canzoniere che si conosca tra quelli dei
JACOPO DA LENTINI poeti della corte sveva. Le sue rime rivelano
un gusto artificiosamente letterario,
modellato sullo stile provenzale. Diede
dunque il via a una poesia in siciliano colto.
La lirica che narra le gesta amorose dei
cavalieri, tipiche della canzon cortese, venne
IL analizzata da Jacopo secondo un punto di
CANZONIERE vista totalmente nuovo, moderno:
psicologico e sentimentale. Il linguaggio
utilizzato era una sorta di provenzale misto a
latino e volgare, epurato dei termini meno
aulici.
Amore è uno desio che ven da’
Jacopo da Lentini core
Questo sonetto fa parte di una tenzone (una discussione in versi: scambio di poesie
o di strofe alternate, tra due o più poeti, per confrontarsi su un argomento specifico)
con Jacopo Mostacci (con il sonetto Solicitando un poco meo savere) e Pier della
Vigna (il suo sonetto s’intitola Però ch’amore non si pò vedere).
Il tema affrontato è la natura dell’amore. L’amore per Jacopo da Lentini nasce dal
cuore, il quale riceve però lo stimolo dagli occhi che gli inviano l’immagine di ciò
che vedono. Quindi il sentimento amoroso è, in base alla filosofia aristotelica, un
fatto accidentale provocato dalla vista della bellezza della donna. L’ipotesi che si
possa provare amore senza aver visto l’oggetto che lo suscita, tipica della poesia
occitanica e sostenuta dal trovatore Jaufrè Rudel, seppure sia possibile, non porta
secondo il poeta ad un vero e forte sentimento amoroso.
I contenuti del sonetto celebrano l’amore in generale, non legato alla propria
esperienza personale, con argomenti perfettamente in linea con le teorie della lirica
cortese dei poeti provenzali, precursori della Scuola Siciliana.