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Conservatorio Statale di Musica “Girolamo Frescobaldi” Ferrara

Ministero dell’Università e della Ricerca

Alta Formazione Artistica e Musicale

Diploma accademico di II livello in discipline musicali


Indirizzo compositivo – interpretativo
Corso: Clavicembalo

NUOVE PROSPETTIVE
DI ANALISI DEL REPERTORIO
CLAVICEMBALISTICO GALANTE

Relatore Presentata da
Prof.ssa Marina Scaioli Alessandro Casali

Sessione invernale
Anno accademico 2017-2018
“Si po dir quella esser vera arte
che non pare esser arte;
né più in altro si ha da poner studio,
che nel nasconderla.“

Baldassarre Castiglione
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INDICE

1. INTRODUZIONE .............................................................................................................. 3
2. CADENZE ........................................................................................................................... 7
2.1 – Le cadenze secondo Gasparini .................................................................................. 7
2.2 – Le cadenze secondo Fenaroli .................................................................................. 11
2.3 – Le cadenze secondo Pollini ..................................................................................... 20
3. GALANTERIE .................................................................................................................. 23
3.1 - Alcune premesse ....................................................................................................... 23
3.2 - Schemi galanti ........................................................................................................... 24
4. ANALISI E SINTESI ....................................................................................................... 57
4.1 - Wolfgang Amadeus Mozart ..................................................................................... 57
4.3 – Fortunato Chelleri .................................................................................................... 68
4.5 – Lodovico Giustini ..................................................................................................... 77
4.6 – Fedele Fenaroli ......................................................................................................... 79
4.7 – Altri partimenti ........................................................................................................ 94
5. CONCLUSIONI ............................................................................................................. 109
5.1 – Contro e pro del “Metodo Gjerdingen” ............................................................... 109
5.2 – Alcune prospettive future ..................................................................................... 110
6. APPENDICE ................................................................................................................... 113
6.1 – Francesco Pollini e il Metodo pel clavicembalo ....................................................... 113
6.2 – Carl Czerny ............................................................................................................. 119
7. BIBLIOGRAFIA ............................................................................................................. 139
7.1 – Bibliografia essenziale ........................................................................................... 139
7.2 – Metodi e trattati storici .......................................................................................... 139
7.3 – Bibliografia storiografica ....................................................................................... 140
7.4 – Armonia e analisi ................................................................................................... 141
8. PROGRAMMA E SPARTITI ........................................................................................ 143
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1. INTRODUZIONE

Il secolo XVIII è stato uno dei più intensi per la storia europea e non solo. Dal punto di
vista musicale, esso ha respirato inevitabilmente i cambiamenti in fatto di politica, arte
e società e dunque la musica stessa è stata, oltre che testimone oculare, anche
protagonista.
Il periodo galante, che possiamo contestualizzare come il passaggio dal periodo barocco
a quello classico, è notevolmente fertile dal punto di vista musicale in quanto vede
l’affermarsi di nuove forme, il perfezionamento degli strumenti musicali e la nascita di
nuovi strumenti, come il pianoforte.
Il superamento del barocco può essere tranquillamente sintetizzato come il
traghettamento dal rigido e severo contrappunto verso una chiara distinzione tra
armonia e melodia, prediligendo quindi tessuti musicali più snelli in cui i ruoli tra le
varie componenti della musica risultano chiari e distinti.
In questa tesi affronteremo uno spaccato di secolo che consiste nel cinquantennio che
va dagli anni 20-30 sino agli anni 70 del secolo XVIII, ricorrendo ai seguenti strumenti
metodologici:

1) lettura critica di trattati d’epoca e nuovi;

2) analisi di brani del repertorio clavicembalistico;

3) sintesi in stile di partimenti d’epoca.

Uno di questi strumenti, costituisce anche il motore e la causa di questo lavoro: il


corposo saggio Music in the Galant Style 1, nella sua edizione italiana 2 curata da Giorgio
Sanguinetti, è stato scritto dalla studioso americano Robert O. Gjerdingen 3 e offre un
innovativo sguardo all’analisi formale musicale del diciottesimo secolo. La lettura e lo
studio approfondito di tale saggio, è stato il punto di partenza di un discorso che si è
cercato di personalizzare ed incentrare ad un settore ben specifico, ossia la musica per
tastiera.
Oggigiorno si fa ricorso a categorie statiche elaborate a posteriori e adatte solo in parte
a racchiudere l’essenza di una corrente o di un periodo storico e artistico: Mozart
avrebbe certamente sorriso sentendosi appellare come “classico” e magari Bach si
sarebbe risentito qualora etichettato come “barocco”. Tali termini sono entrati nella
musica solo nei due secoli successivi e come sostiene Gjerdingen essi oscurano la musica
del diciottesimo secolo piuttosto che illuminarla. Concentrare l’attenzione su ciò che accade
tra questi due periodi, consente di fare piena luce su di essi, mettendoli in connessione
stretta ed evidenziando i punti di contatto, piuttosto che quelli discordanti.

1 Oxford University Press, Oxford, New York (2007).


2 Casa Editrice Astrolabio – Ubaldini Editore, Roma (2017).
3 Robert O. Gjerdingen insegna Teoria e percezione musicale presso la Northwestern University (USA).

Autore di numerosi articoli e saggi, ha curato l’edizione inglese delle Untersuchungen über die Entstehung
der harmonisches Tonalit t di Carl Dalhaus.
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Incasellare un periodo come quello galante ascrivendolo ad un repertorio precostituito


di formule e schemi si rivela quindi non riduttivo ma fortemente stimolante ed
arricchente, nella misura in cui non si cade nella rigida categorizzazione. Gli schemi
presentati, si mostreranno molto flessibili e in quanto tali, molto agili se asservite agli
scopi dell’analisi musicale.
Diversamente dagli scopi di Gjerdingen, si è scelto di concentrare il discorso
principalmente su un solo tipo di musica, ossia i brani italiani composti per una platea
di musicisti dilettanti. Riteniamo infatti, diversamente dall’autore, che essi contengano
pienamente tutte le caratteristiche del periodo e che offrano uno spaccato esauriente
delle trame, delle atmosfere tipiche di quel cinquantennio.
Il lavoro si svolgerà secondo il seguente piano:

• presentazione degli schemi cadenzali e della loro trattazione nei secoli XVII,
XVIII e XIX;

• esposizione dei principali schemi introdotti da Gjerdingen e loro applicazione a


passi significativi del repertorio, soprattutto quello tastieristico italiano;

• analisi di pagine più ampie del repertorio, allargando lo sguardo al primo Mozart
e al repertorio oggetto dell’esecuzione;

• sintesi di alcuni partimenti d’autore (Cimarosa e Fenaroli), partendo dall’anali si


condotta secondo i metodi del punto precedente;

• conclusioni emerse dal lavoro di analisi e sintesi e eventuali prospettive future


per ulteriori approfondimenti;

• appendice contenente alcuni “echi galanti” nella didattica pianistica di inizio


ottocento.
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Non ci soffermeremo su aspetti stilistici e strumentali (il passaggio dal clavicembalo al


pianoforte sarà secondario), né su aspetti storici e storiografici, ma cercheremo una
trattazione analitica semplice che metta in risalto la persistenza nel XVIII secolo (e anche
dopo) di schemi, stilemi e formule ricorrenti. Riteniamo infatti che tali schemi dipingano
e tratteggino in maniera soddisfacente il periodo di interesse e che ci siano gli strumenti
di base per condurre poi un’analisi sempre più esauriente ed esaustiva sui periodi
precedenti e successivi.
Lo stile galante, convitato di pietra del nostro lavoro, si rivelerà anello di congiunzione
tra musiche solo apparentemente diverse e lontane, geograficamente e storicamente.
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2. CADENZE

In questo capitolo ci soffermeremo ad esaminare tre possibili trattazioni di una delle più
importanti strutture musicali, oggetto di studio da sempre nella musica, ossia le Cadenz e.
Charles Rosen, nel suo saggio “Le forme sonata”, osserva infatti che le cadenze costituiscono un
importante problema teorico: il compositore deve scegliere sempre dove collocarle e come
prepararle, poiché il loro impiego è molteplice e va dal condurre a momenti di riposo, creare
discontinuità nel tessuto musicale sino a provocare “fiammate virtuosistiche”.
Presenteremo quindi alcune possibili trattazioni del medesimo argomento, entrambe figlie del
loro tempo: oltre a essere testimoni del particolare periodo e contesto storico, si pongono in una
successione temporale importante dal punto di vista didattico e storiografico.
A corollario delle due trattazioni, verranno infine presentati alcuni schemi cadenzali contenuti
in un metodo pianistico di inizio ottocento, opera di Francesco Pollini: in tale opera noteremo
un approccio ancora più pratico e “manuale”, utile ad una maggiore consapevolezza armonica
nel muoversi alla tastiera, piuttosto che ad una conoscenza teorica dell’armonia.

2.1 – Le cadenze secondo Gasparini


In fase preliminare, riteniamo sia utile presentare un precedente storico illustre
ricorrendo alla disamina delle cadenze operata da Francesco Gasparini1 ne L’Armonico
Pratico al cimbalo, nell’edizione del 1729 data alle stampe presso Antonio Bortoli.

1Francesco Gasperini (Camaiore, 1661 – Roma 1727) fu un compositore italiano. Nonostante la copiosa
produzione operistica, fu rinomato insegnante ed ebbe come alunni Benede tto Marcello e Johann
Joachim Quantz.
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L’esame analitico delle cadenze si trova nel cap. VI Per far le Cadenze d’ogni specie1, ma
qui ci limiteremo soltanto a presentarle senza specificare la formazione dei singoli
accordi, che nel testo avviene in maniera precisa e puntuale. L’autore distingue due
tipologie fondamentali di cadenze:

1) Cadenze Semplici le quali si formano in due modi; una con la Terza maggiore
descendendo di salto di Quinta; l’altra con la Sesta maggiore descendendo di grado.

2) Cadenze Composte le quali sono di quattro sorte, maggiori, minori, diminuite, e finte.
Tale distinzione dipende dal metro particolare usato e quindi da perfezione e
prolazione del tempo stesso.

o Cadenze composte maggiori che si formano in tempo perfetto di quattro


tempi.

Esse possono presentare talvolta un’anticipazione con legatura di Settima.

Nei tempi di Tripla non si può formar la Cadenza maggiore se non in due
battute.

1 L’Armonico Pratico al cimbalo, Cap. VI., Per far le Cadenze d’ogni specie, pag. 24-30.
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o Cadenze minori intese come minori di tempo.

o Cadenze diminuite che hanno la particolarità di derivare dalle sopracitate


maggiori, e minori, poiché la nota, che forma la Cadenza sarà divisa in due, o sia
in quattro, o più note. Dunque si avranno:

▪ Cadenze diminuite maggiori

▪ Cadenze diminuite minori differiscono dalle diminuite maggiori


per il fatto che queste consistono solo in mezza battuta.

Questi due ultimi esempi, sembrano quasi costituire un esempio di


partimento, inteso nel senso didattico e con l’accezione a cui vi
ricorre Fenaroli, il quale occuperà il successivo paragrafo di questo
capitolo dedicato all’analisi delle cadenze.
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Le cadenze diminuite presentano una trattazione ulteriore, con interessanti


osservazioni sulla realizzazione delle cadenze sia all’organo che al
cembalo, di importanza anche stilistica, oltre che formale. Daremo
esemplificazione di una possibile diminuzione della Cadenza semplice di
grado in una versione diminuita.

o Cadenze finte le quali non comportano una risoluzione nelle corde solite ma
“ingannano”, portandosi in altra corda, o nota inaspettata. L’autore considera
inoltre cadenze finte anche quello che in vece di maggiore si fa minore.

Anche quest’ultimo esempio, può essere approcciato come un partimento


e una sua possibile realizzazione è posta in appendice alla presente tesi,
insieme ad altre elaborazioni originali.

Nel prosieguo della trattazione, non prenderemo in considerazione tale modellistica, in


quanto non utile per gli scopi che ci siamo proposti. Ci sembrava però oltremodo
necessario, fornire una panoramica della situazione precedente allo sviluppo della
musica cosiddetta galante, la quale si è comunque formata alla scuola di Gasperini.
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2.2 – Le cadenze secondo Fenaroli


Per operare una completa ed esaustiva caratterizzazione dell’impianto formale delle
cadenze, si è deciso di demandare il compito a Fedele Fenaroli1 (1730 – 1817), facendo
riferimento al volume Cours complet d’Harmonie et de Haute Composition, stampato a
Parigi nel 1814 con una prefazione di Emanuele Imbimbo (1757 – 1839).

La scelta di basare la trattazione su un testo del XIX secolo, sebbene già distante
temporalmente da alcune composizioni che sono state esaminate, permette di rendere
conto in maniera esaustiva della categorizzazione delle cadenze sino a quel momento.
La trattatistica del primo ottocento inoltre non può che essere il frutto delle maggiori
esperienze del secolo precedente.
Tale opera si apre con un Ristretto De’ Principj Musicali per servire d’introduzione a’
Partimenti (che in seguito chiameremo Ristretto) che funge da introduzione per i 6 libri
dei Partimenti ossia Basso numerato Secondo la scuola de’ Conservatorj di Napoli, a cui ci si
riferirà citando i vari libri.

1Fedele Fenaroli (Lanciano, 1730 – Napoli, 1818) fu compositore e didatta italiano. Allievo di Francesco
Durante e Pietro Antonio Gallo, diresse diversi conservatori partenopei, e colla borò alla fusione di
diversi istituti, portando alla creazione del Reale Collegio della Musica (l'attuale Conservatorio di
Musica San Pietro a Majella). Sotto la direzione di Fenaroli, vi lavorarono come insegnanti Giovanni
Paisiello e Giacomo Tritto, con i quali delineò i piani di studio. Successore di Fenaroli, fu il suo allievo
Nicola Antonio Zingarelli.
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Una prima esposizione delle cadenze avviene nel libro primo (Delle Scale in tutti i tuoni
maggiori, minori, e cromatici, e delle Cadenze)1 in cui vengono distinte:

a) Cadenze semplici

b) Cadenze semplici con la settima di dominante sul V grado

c) Cadenze composte

1 Cours Complet d’Harmonie et de Haute Composition, Libro III, pag. 26-32.


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d) Cadenze doppie

È però nel capitolo IV del “Ristretto” che viene operata una suddivisione più articolata
e definita, scolasticamente esauriente. Sebbene non in maniera esplicita, si distingue tra
due tipologie fondamentali di cadenze:

1) Cadenze principali

2) Cadenze secondarie

Verranno qui di seguito presentate seguendo lo schema originale:

1) Cadenze principali
Le Cadenze principali sono punti di riposo che nelle composizioni musicali fanno le
voci, o gl’istrumenti e risultano determinati dal movimento del basso. Tra esse si
annoverano:

1.1) Cadenza perfetta


Essa consiste di due accordi perfetti, l’uno sulla Dominante l’altro sulla
Tonica.
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1.2) Cadenza imperfetta


Con essa dalla Sesta del tuono coll’accordo di 3° minore e 6° maggiore si
fa riposo sulla Quinta coll’accordo perfetto, considerandosi la Sesta come
Seconda, e la quinta come Prima di tuono.

1.3) Cadenza semplice


Con essa dalla Dominante coll’accordo di 4° e 6°, e poi di 3° e 5°, si fa
riposo sulla Tonica.

1.4) Cadenza composta


Mediante due accordi, il primo dissonante di 4° e 5°, il secondo
consonante di 3° e 5° che si fanno sulla Dominante, si ritorna sulla tonica.

1.5) Cadenza doppia e Cadenza doppia diminuita


Essa è il seguito di quattro accordi sulla Dominante, il primo di 3° e 5°, il
secondo di 4° e 6°, il terzo di 4° e 5°, l’ultimo di 3° e 5°.
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[…] La 7° minore che si vede nel quarto tempo sulla dominante (*) non è
di necessità, ma quando vi si aggiunge, allora la cadenza si chiama
diminuita, ossia colla passata di 7°.

1.6) Cadenza mista


Essa consiste nel passaggio dalla Tonica sulla Quarta del tuono e da
questa sulla dominante, per ritornare sulla Tonica cogli accordi ordinarj.
Il passaggio dalla quarta del tono alla dominante può anche avvenire
colla quarta di accrescimento al basso.

La stessa cadenza colla Quarta d’accrescimento nel basso.


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1.7) Cadenza plagale


Essa è il seguito di due accordi perfetti, l’uno sulla Quarta del tuono,
l’altro sulla Tonica.

2) Cadenze secondarie
Tali cadenze, a differenza dalle principali, ritardano, o distornano il riposo.

2.1) Sfuggita (evitata)


Essa consiste nel discendere il basso per grado dalla Dominante sulla Terza
del tuono cogli accordi ordinari.

Alternativamente può uscire dal tuono per transizione cromatica.

O per 7° minori, o 7° diminuite, o per 4° maggiori.


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2.2) Falsa
Essa consiste nel movimento di grado che fa il basso della Dominante alla
Sesta del tuono.

2.3) Tronca
Si caratterizza per il salto che fa il basso dalla dominante alla Terza del
tuono in giù.

Lo stesso Fenaroli avverte che le ultime cadenze non sono vere e proprie cadenze,
in quanto piuttosto modulazioni, o per uscir di tuono o per tornare in quello donde si è
uscito.

2.4) Cromatica
Essa consiste nell’alterazione di una nota sullo stesso grado.

Fenaroli aggiunge un avvertimento sulla corretta condotta armonica


in casi pratici, che se non opportunamente svolti, darebbero luogo
ad errori nel trattare la risoluzione delle dissonanze. Dunque al
posto di questa risoluzione
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propone piuttosto la seguente versione:

2.5) Cromatica tronca (sfuggita)


In tale caso, il basso calando di un semi-tuono, entra in un altro tuono.

2.6) Enarmonica (per transizione)


Secondo il sistema pratico de’ moderni, consiste nel cambiamento quasi
insensibile d’una nota in un’altra sopra la stessa corda, e non già sullo
stesso grado.

La distinzione operata tra cadenze in senso proprio e cadenze modulanti, si giustifica a


parere dell’autore in virtù della prassi antica e moderna, la quale fa menzione di tre sole
cadenze, cioè semplice, composta, e doppia, chiamando cadenza semplice quella che noi
chiamiamo perfetta.
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In ultima analisi dunque, volendo sintetizzare ulteriormente, è possibile distinguere


unicamente tra tre tipologie principali di cadenze:

• Cadenze semplici

• Cadenze semplici con la passata della 7° minore

• Cadenze doppie

Tale elencazione si conclude con alcune osservazioni in materia di temperamento ed


intonazione dei semitoni (accennando alla divisione del semitono maggiore in due
quarti di tuono) per poi introdurre la prassi desunta dallo stile osservato di Chiesa del
modo minore di terminare quasi sempre in consonanza perfetta, cioè a dire colla cadenza finale
in 3° maggiore, ossia con la terza piccarda.
Nel corso della nostra trattazione e nell’applicare tali concetti all’analisi di brani del
repertorio, si guarderà con un occhio di privilegio alla schematizzazione di Fenaroli,
anche in virtù dell’ideale pienamente illuminista e galante che è sotteso nella ricerca di
una descrizione esauriente.
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2.3 – Le cadenze secondo Pollini


Il Metodo pel clavicembalo di Francesco Pollini 1 fu dato alle stampe presso l’editore
Ricordi inizialmente nel 1811 e ristampato nuovamente nel 1834 aggiungendo 12
esercizi per la sola mano sinistra.

L’uso del termine Clavicembalo è da intendersi come identificativo del Pianoforte e non
del Clavicembalo. Quindi potremmo dire che si tratta di una sorta di “refuso storico”
(anche le prime sonate di Beethoven recano nel sottotitolo il termine clavicembalo).
Mentre le prime due parti sono interamente dedicate a questioni di tecnica, la terza parte
si occupa inizialmente di presentare le cadenze sotto un aspetto pratico e non teorico.

1Francesco Pollini (Lubiana, 1762 – Milano, 1846) fu un musicista e compositore italiano. Dopo gli studi
a Vienna (dove ebbe modo di studiare con Mozart), tornò in Italia dove acquisì una certa fama c ome
professore presso il Conservatorio di Milano.
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Le cadenze che vengono presentate seguono uno schema per certi versi analogo a quello
presentato da Fenaroli, per cui non sarà difficile ritrovare gli schemi cadenzali tipici
della scuola napoletana, senza però introdurre nomenclature o cifrature, ma
descrivendoli in base al movimento del basso e ai differenti intervalli che compongono
gli accordi.

Dopo tale presentazione, ecco giungere ad una concatenazione più elaborata, che
combina insieme le varianti appena introdotte:
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Quello appena presentato è un vero e proprio giro armonico, utile per affermare la
tonalità di impianto di un preludio improvvisato o di un semplice esercizio tecnico.
Nell’appendice torneremo nuovamente su tale metodo, per approfondire ulteriormente
alcuni aspetti di interesse.
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3. GALANTERIE

In questo capitolo, presenteremo in maniera sintetica gli schemi caratteristici della musica
settecentesca che Gjerdingen ritiene di fondamento nello sviluppo dell’estetica dello stile galante.
Tale stile, nato come “reazione” all’opulenza contrappuntistica del tardo barocco, in realtà ne
accoglie alcuni assunti, soprattutto ne estende l’ambito formale, consentendo una piena
affermazione della cosiddetta forma di sonata.

3.1 - Alcune premesse


Come già accennato, il lavoro di analisi ha preso le mosse a partire dal saggio “La
Musica nello Stile Galante” dello studioso americano Robert O. Gjerdingen. Tale libro,
di notevole portata sia analitica che stilistica, oltre ad introdurre e ricavare schemi
compositivi nella trattatistica d’epoca (soprattutto settecentesca) propone una
categorizzazione ad hoc di svariate formulazioni che si ripresentano sotto forma di
stilemi in innumerevoli compositori appartenenti a scuole diverse e anche a d epoche
diverse; infatti la portata temporale dell’opera va dai primi del ‘700 sino all’alba del XIX
secolo.
Per comodità di trattazione, le strutture delle singole formule verranno schematizzate
ricorrendo alla numerazione romana dei gradi della scala: la numerazione
eventualmente presente, in caso di rivolto, è da ritenersi scorrelata dall’effettivo
grado indicato (ad esempio, 𝐈𝐈𝐈𝟑𝟔 nel tono di do è da intendersi come primo rivolto di
do maggiore mi-sol-do e non quindi come terzo grado in primo rivolto). Tale scelta
potrà essere dai più severi teorici dell’armonia come profondamente erronea ma
siccome tale trattazione non vuole essere un trattato d’armonia, riteniamo di poterci
concedere il vezzo di abusare di tale notazione per scopi unicamente pratici.
Per quanto riguarda invece la schematizzazione dei profili melodici, si utilizzerà la
convenzione dell’autore per cui le note relative ai gradi della scala si indicheranno con
le cifre arabe (ad esempio nel tono di do, la scala sarà data dalla successione 1 − 2 − 3 −
4 − 5 − 6 − 7).
Eventuali modulazioni che si riscontreranno in fase di analisi recheranno una
formulazione para-matematica usando la lettera M accompagnata dall’eventuale
indicazione delle tonalità di partenza e di arrivo, ad esempio, M(Do+→ La−). Nel corso
dell’opera poi si ricorrerà frequentemente all’impiego di un formalismo “matematico”,
anche in tal caso da ritenersi puramente efficace per gli scopi illustrativi e scorrelato
dell’effettivo impiego naturale.
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3.2 - Schemi galanti


Seguendo l’ordine del libro di riferimento, andiamo ora a presentare gli schemi che
verranno utilizzati, in maniera quasi pedissequa, nell’analisi di alcuni brani della
letteratura tastieristica del settecento.
Tali schemi, sebbene inizialmente possano apparire fredde schematizzazioni che
esulano da considerazioni artistiche e stilistiche delle musiche analizzate, consentono
di mettere in rilievo alcune delle peculiarità della musica del periodo galante. L’aspetto
che risulta di maggior rilievo è senza dubbio la dicotomia della costruzione musicale
esistente nel rapporto tra linea del basso (meglio sarebbe definirla il fondamento) e la
linea melodica. La predominanza della melodia rispetto a complicate polifonie è senza
dubbio il primo aspetto che risalta agli occhi e alle orecchie di chi si approccia a tali
repertori. Le linee melodiche, parimenti alle linee del basso, vengono anch’esse
stilizzate e anche in tal caso è interessante notare la ricorrenza di stilemi e formule che
si rintracciano nei più disparati autori (anche di scuole diverse).
Poiché non tutti gli schemi verranno presentati in maniera esauriente, proprio per una
scelta precisa di non volerci sostituire al testo stesso, si rimanda ad esso per tutti gli
approfondimenti. Segnaliamo che alcune strutture verranno comunque analizzate nel
dettaglio nel capitolo 4 dedicato all’analisi del repertorio.

3.2.1 – Romanesca
Mossa d’apertura che ha le sue origini nella musica da ballo rinascimentale, divenne
una caratteristica degli Adagi galanti. Si compone di quattro eventi armonici
caratterizzati dall’essere posti alternativamente in posizioni forti e deboli. Lo schema
seguente ne mostra profilo melodico (comunque variabile) e linea del basso:

1− 5−1−1

I − VII36 − VI − III36

E’ possibile rintracciare alcune varianti:

1) Romanesca per “salto”


Tipica del ‘600, consiste in una successione di triadi allo stato fondamentale:

I35 − V35 − VI35 − III35 − IV35

Il Partimento che segue, di Fedele Fenaroli 1 ovviamente non parla di romanesca,


ma reca un ottimo esempio (in prima posizione) di armonie successive di 3° e 5°,
culminanti con una cadenza perfetta:

1 Cours Complet d’Harmonie et de Haute Composition, Libro III, pag. 88.


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Sovrapponendo un profilo melodico 3 – 2 – 1 – 7 – 6 – 5, sarà impossibile non


scorgervi l’inizio del celebre Canone in re maggiore P. 37 di Johann Pachelbel 1:

A titolo di esempio si vedano i seguenti estratti:

Domenico Cimarosa 2 – Partimenti (1762), Ms., 1762 – pag. 9

Fedele Fenaroli – Partimenti, Libro IV, Partimento n. 44, pag. 114

2) Romanesca “per grado”


Tale versione è tipica del ‘700 ed è caratterizzata da un profilo discendente del
basso, il quale alterna 5/3 e 6/3. Il basso si profila come segue:

I35 − VII36 − VI35 − V36 − IV35 − III36

1 Johann Pachelbel (Norimberga, 1653 – Norimberga, 1706) fu organista e compositore tedesco.


2 Domenico Cimarosa (Aversa, 1749 – Venezia, 1801) fu uno dei più importanti compositori italiani e
figura di spicco del panorama operistico, soprattutto per quanto riguarda l’opera buffa.
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Il profilo melodico tipico si trova riportato nell’esempio seguente, sovrapposto


alla linea del basso:

3) Romanesca “galante”
Essa altro non è che una forma mista, che unisce quindi la forma per grado e per
salto. Lo schema del basso è il seguente

I35 − VII36 − VI35 − V36 − IV35 − III36

A titolo di esempio si veda il seguente incipit dello Studio sesto di Francesco


Durante 1:

A scopo riassuntivo, proponiamo di seguito le tre forme di romanesca appena


introdotte:

La numerazione 6/3 sul III grado della Romanesca galante, trova giustificazione
da Durante che nelle Regole 2 stabilisce che quando il partimento sale di semitono

1 Francesco Durante (Frattamaggiore, 1684 – Napoli, 1755) fu un importante esponente della scuola
Napoletana. Allievo di Gaetano Greco e Alessandro Scarlatti, fu l’insegnante di una schiera di importanti
nomi della musica settecentesca come Giovanni Battista Pergolesi, Niccolo Jommelli e Tommaso Traetta.
2 Regole di partimenti numerati e diminuiti del maestro Francesco Durante, Ms. 34.2.3, Biblioteca del

Conservatorio di Napoli
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prende la 6°. In relazione alla Romanesca galante, esistono altre possibili varianti,
soprattutto in relazione alla numerazione dei gradi, mentre la linea del basso
risulta ampiamente definita con i tre esempi di cui sopra. In particolare le varianti
riguardano perlopiù la numerazione del VII grado. Gjerdingen propone tre
possibili varianti, di cui riporteremo solo i numeri, senza entrare nei dettagli:

▪ Romanesca galante cruda VII34


▪ Romanesca “a la Hasse” VII36
▪ Romanesca “à la Sammartini” VII24

Aggiungiamo, a corollario di quanto esposto, l’inizio del Solfeggio n.2 composto


da Johann Adolph Hasse 1, inevitabilmente composto per la moglie Faustina
Bordoni. Si noti che tale solfeggio presenta la numerazione, e dunque il semplice
esercizio vocale viene ad assumere l’accezione di Partimento secondo l’ideale
della scuola napoletana. Il solfeggio inizia con una romanesca in pieno stile
galante (la raccolta risale agli anni 1730-1740 ca.).

Infine, riteniamo di interesse rimarcare la stretta relazione esistente tra Romanesca e


Ciaccona. Quest’ultima infatti si profila come una riedizione della Romanesca in tempo
ternario, in quanto la successione dei gradi e la numerazione (i profili melodici tendono
a mostrare varietà) risultano sovrapponibili. Si vedano i seguenti esempi:

3.2.2 – Prinner
Il nome di questo schema è stato dato in onore del didatta secentesco Johann Jacob
Prinner2. Nell’opera Musicalischer Schlissl 3 egli cerca, riuscendoci peraltro, di offrire al
musicista che definiremmo oggi medio, una varietà di argomenti teorici tali da costituire
una formazione teorica di base sufficiente.

1 Johann Adolph Hasse (Bergedorf, 1699 – Venezia, 1783) fu un compositore tedesco che elesse l’Italia a
sua patria d’adozione, venendo soprannominato “il caro sassone”. Allievo di Alessan dro Scarlatti, fu
clavicembalista di talento, e dotato di un eccezionale voce di tenore, fu prolifico composi tore d’opere ed
insegnante di canto. A Venezia conobbe e sposò la celebre soprano Faustina Bordoni (1697 – 1781), che
divenne la sua interprete di riferimento.
2 Johann Jacob Prinner (Vienna, 1624 – Vienna, 1694) fu organista, compositore e teorico austriaco del

seicento. Dopo gli studi in Italia, prestò servizio presso la corte imperiale austriaca.
3 Musicalischer Schlissl, Ms. ML 95 P 79 (1677), Biblioteca del Congresso, Washington D.C. (1677).
28

Seguendo unicamente gli andamenti del basso, egli mostra quale sia il comportamento
delle altre voci, dal punto di vista contrappuntistico. Il termine Prinner viene introdotto
per designare il comportamento delle parti vocali in seguito ad un basso che discen de
di quattro note:

Il termine Partitura, presente nell’originale (fol. 58), indica il semplice modello di basso,
che potremmo interpretare come Partimento alla napoletana. I modelli sono gli stessi e
la diversa disposizione delle voci presente alle battute 1 e 2, è sintomatica della
differenza tra una concezione “antica” (alla battuta 1 si ha una Clausula vera, di cui si
tratterà in seguito), mentre a battuta 2 si ha una concezione più moderna e pienamente
galante, e che d’ora in poi assumeremo a modello del Prinner.
Il Prinner quindi presenta il seguente modello di profilo melodico e linea del basso:

6−5−4−3

IV35 − III36 − II376 − I35

in virtù del profilo melodico, è possibile scorgere, implicitamente, un Prinner “nascosto”


nel secondo movimento del quartetto op. 76 n. 3 di Franz Joseph Haydn 1, il famoso
Keiserquartett Hob.III:77 - Op.76 No.3 (1796/97):

1 Franz Joseph Haydn (Rohrau, 1732 – Vienna, 1809) fu un importante compositore austriaco ed
esponente di spicco dell’epoca classica. Considerato come “padre” della Sinfonia e del Quartetto per
archi, ebbe modo di studiare la teoria musicale lavorando come clavicembalista accompagnat ore di
Nicola Porpora.
29

Il terzo stadio può presentare un’estensione mediante un passaggio transitorio al quinto


grado, allo scopo di rafforzare il carattere affermativo e cadenzale di tale costrutto.
Combinando l’aura propositiva della Romanesca con la decisione armonica del Prinner,
si ottiene una delle combinazioni di maggior successo. Vediamo di presentare
brevemente alcune possibili varianti del Prinner (gli esempi conclusivi consentiranno di
estendere la casistica).

1) Prinner prolungato o misto


L’estensione del Prinner sul V grado fa sì che il I grado cada sul tempo forte della
battuta successiva. Lo schema è il seguente:

IV35 − III36 − II37 − V37 − I35

Un esempio ci viene fornito dall’inizio del I movimento della Sonata I op. 1 per
violoncello e continuo di Benedetto Marcello 1:

Esistono esempi di separazione o reiterazione del complesso IV – III dando così


luogo ad un Prinner frammentato o interrotto, come nell’esempio sottostante
tratto dalle Sonate da camera n. 11 op. 6 di Pietro Antonio Locatelli 2:

1 Benedetto Marcello (Venezia, 1686 – Brescia 1739) fu compositore, poeta, scrittore, avvocato e
insegnante italiano. Deve la sua fama in particolare alla raccolta Estro poetico-armonico (Venezia, 1724-
1727), la quale godette di fortuna anche nei secoli successivi.
2 Pietro Antonio Locatelli (Bergamo, 1695 – Amsterdam, 1764) fu un compositore e violinista italiano,

celebre per la produzione strumentale, in particolar modo concerti grossi e sonate per strumenti solisti
e basso continuo.
30

2) Prinner cadenzale
In tal caso il basso non segue il normale andamento del Prinner ma procede per
moto contrario alla linea melodica tipica del Prinner 6 – 5 – 4 – 3, per cui risulta

6 – 5 – 4 ___ – 3

(IV) − III36 − IV35 − V35 − (I)

Anche in tal caso l’esempio verrà preso dalla letteratura strumentale (non
tastieristica) ricorrendo all’Andante iniziale della Sonata op. 2 n. 4 di Pietro
Castrucci:1

Un esempio di Prinner in tonalità minore (essendo gli esempi fatti sin qui tutti in
tonalità maggiori) ci viene invece offerto da Baldassarre Galuppi 2 nel secondo
movimento della Sonata per Forte ò Piano RG 50:

Il Prinner cadenzale altro non è che una cadenza mista (secondo Fenaroli) avente
un profilo melodico riconducibile al Prinner. Riteniamo preferibile, in fase di
analisi, ricorrere al termine Cadenza mista qualora la struttura non abbia
particolare importanza melodica e formale. Nel caso di strutture prolungate e di
ampio respiro tematico, si ricorrerà al termine Prinner cadenzale.

1 Pietro Castrucci (Roma, 1679 – Dublino, 13 marzo 1751) fu compositore e violinista italiano.
2 Baldassare Galuppi (Burano, 18 ottobre 1706 – Venezia, 3 gennaio 1785) fu un compositore e organista
italiano. Allievo di Antonio Lotti, fu eccellentissimo clavicembalista e prolifico compositore di opere e
musica strumentale.
31

3) Prinner modulante
Il Prinner trova largo impiego anche come apertura e in tal caso consente di
operare una modulazione al tono della Dominante. Infatti la melodia del Prinner
4 – 3 – 2 – 1 presenta una duplice validità se considerata in due esacordi distinti
(si veda a tal proposito Gjerdingen p. 73). Il carattere modulante è conferito
mediante alterazione della sesta sul II grado del tono, il quale alterato diventa
dominante della dominante. L’esempio seguente 1 di Saverio Valente 2 aiuta a
chiarire il concetto:

Fenaroli, nel secondo libro dei Partimenti 3, fornisce nello stesso esempio un
Prinner a carattere modulante ed un Prinner “canonico”: il primo ha lo scopo di
modulare nel tono della Dominante mentre il secondo di riaffermare il tono
d’impianto, dopo avervi fatto ritorno:

Sempre Fenaroli, nella pagina seguente 4, utilizza un Prinner modulante, seguito


da una cadenza semplice III 6 − IV56 − V − I (vedasi paragrafo sulle Clausulae):

4) Prinner doppio o ripetuto


Dopo essere stato introdotto, il Prinner può anche essere riproposto uguale a se
stesso (eventualmente modificandone la realizzazione armonica e melodica nelle
parti superiori).

1 Saverio Valente, Partimenti (1790-1800 ca.), Ms. Q.13.17, Fondo Noseda, Biblioteca del Conservatorio di
Milano.
2 Saverio Valente (Napoli, XVIII/XIX sec.) fu in attività negli anni 1767-1811 iniziò gli studi presso

il Conservatorio della Pietà di Napoli. Divenutone professore, successivamente insegnò al Real Collegio
di Musica di San Pietro a Maiella.
3 Cours Complet d’Harmonie et de Haute Composition, Libro secondo, Esempio A, pag. 57

4 Cours Complet d’Harmonie et de Haute Composition, Libro secondo, Esempio C, pag. 58


32

Ancora una volta prendiamo a prestito un partimento di Fenaroli 1:

5) Prinner “incapsulato”
In tal caso il Prinner viene incorporato in una progressione (modulante o non
modulante) per quinte, come nell’esempio seguente di Prinner misto:

Prima di proseguire con le altre formule, diamo di seguito una serie di esempi:

• Il primo è ancora una volta tratto da Fenaroli2:

• Il secondo, celeberrimo, è l’inizio della Sonata n. 16 K. 545 di Wolfgang Amadeus


Mozart3, in cui troviamo un Prinner nascosto ed uno di più ampio respiro, che
definiremo esteso, a seguire:

1 Cours Complet d’Harmonie et de Haute Composition, Libro secondo, Esempio E, pag. 59


2 Cours Complet d’Harmonie et de Haute Composition, Libro secondo, Partimento progressivo n. 1, pag. 67
3 Wolfgang Amadeus Mozart (Salisburgo, 1756 – Vienna, 1791) fu un musicista austriaco..
33

Ulteriori esempi saranno presentati durante la fase di analisi del repertorio tastieristico.

3.2.3 – Fonte
Precursore di Gjerdingen, fu certamente lo studioso Joseph Riepel 1 il quale, proponendo
una consolidata serie di dialoghi tra maestro alunno tanto cari alla dialettica didattica,
introduce tre schemi precisi, ed invitando l’alunno a tenerli a mente vita
naturaldurante 2.
Partiremo ad esaminare il primo dei tre schemi proposti, la Fonte. Tale schema,
diversamente da Romanesca e Prinner, coinvolge maggiormente l’aspetto melodico
della composizione (non a caso lo stesso Riepel introduce solamente la linea melodica):
le linee di basso erano ovviamente deducibili dal contesto melodico offerto allo
studioso.
Una struttura come la Fonte (discorso analogo varrà per le strutture successive) altro
non sono che una “semplificazione di quello che l’armonia moderna cataloga come
progressione. A ben vedere però, la Fonte presenta una valenza maggiore rispetto ad
una semplice progressione, poiché potremmo definirla come una melodia posta in
progressione per un numero di stadi pari a 2 o 3 (raramente anche superiore). La valenza
melodica quindi ci permette di poterla trattare separatamente dalle progressioni nude
e crude (sebbene alcune siano incapsulate in altre strutture, come visto per il Prinner
incapsulato). Nel prosieguo della trattazione dunque si parlerà di Fonte qualora la
valenza tematica (sia del basso nel caso di Partimento, che della melodia n el caso di
passi di repertorio) sia predominante; tutto ciò che esula sarà semplicemente etichettato
come progressione, senza entrare nello specifico, in quanto non inerente agli intenti del
nostro lavoro.
Volendo fornire una schematizzazione di una Fonte tipica (a due stadi) in cui un certo
disegno A viene proposto in un tono minore (tipicamente nel tono del II grado) per poi
riproporlo immediatamente dopo esattamente un tono sotto, tornando quindi al tono di
impianto. L’andamento tipico è schematizzato di seguito:

un tono sotto
[5 − 4] → [4 − 3]

un tono sotto
[VI#7 − II35 ] → [V 7 − I35 ]

1 Joseph Riepel (Rainbach im Mühlkreis, 1709 - Regensburg, 1782) fu un compositore, violinista e teorico
tedesc. Gli scritti di Riepel costituiscono una interessante testimonianza sulla didattica musicale del
XVIII secolo.
2 R. O. Gjerdingen, La musica nello stile galante, Cap. 4, La fonte, pag. 82.
34

Si veda a scopo illustrativo, la Fonte presente nel seguente Partimento di Fenaroli (libro
II, p. 67):

Un altro esempio ci viene offerto da Fortunato Chelleri1, nella Sarabanda – Affettuoso


della Sonata VI 2:

Anche il seguente Minuetto dalla Sonata n. 1 op. 3 di Giovanni Marco Rutini 3, ci mostra
un esempio di Fonte:

La Sarabanda di Chelleri verrà ulteriormente approfondita nel capitolo 4.


Lo schema di Fonte è uno dei più caratteristici e lo si trova frequentemente nei
movimenti di ballo, tipicamente nella seconda sezione dei Minuetti (nel prossimo
capitolo si prenderanno in esame alcuni Minuetti del repertorio). Ciò è senza dubbio
riconducibile all’aspetto coreografico, innegabilmente legato alla forma da danza stessa.

1 Fortunato Chelleri (Parma, 1690 – Kassel, 1757) fu un compositore italiano di origini tedesche (il padre
si chiamava Keller). Musicista girovago, diede alla luce numerose opere e giunto in Inghilterra (dove lo
si trova menzionato come Kellery) fu nominato membro della Royal Academy of music.
2 Fortunato Chelleri, 6 Sonate di Galanteria, Kassel (s.d.).

3 Giovanni Marco Rutini (Firenze, 1723 – Firenze, 1797), fu un compositore e clavicembalista italiano.
35

Per concludere forniamo un altro interessante esempio di Fenaroli 1:

ed uno da Cimarosa 2, in cui i due stadi sono di breve durata e immediata rintracciabilità:

3.2.4 - Do-Re-Mi
Tale modello si incontra con estrema facilità nella produzione del periodo galante. Il
nome Do-Re-Mi è dovuto essenzialmente al profilo melodico che sovrasta la seguente
linea del basso

1–2–3

I35 − VII36 − I35

Il motivo della popolarità di tale schema è forse dovuto al carattere armonico


propositivo, il quale afferma la tonalità in cui esso è incardinato.
Nel seguente stralcio di un Partimento di Cimarosa 3, la numerica del basso ci aiuta ad
intravedere la struttura del Do-Re-Mi sovrastante:

E’ possibile incontrare una versione ritardata, che si verifica qualora il primo grado del
basso sotto il 2 della melodia venga prolungato.

1 Cours Complet d’Harmonie et de Haute Composition, Libro quarto, Partimento n. 10, pag. 100.
2 Partimenti, Ms. (1762), Biblioteca estense universitaria, Modena, pag. 19.
3 Partimenti, Ms. (1762), Biblioteca estense universitaria, Modena, pag. 17, bb. 4-5.
36

Si crea in tal caso un urto di seconda (corelliano), come si evince dallo schema
sottostante:

Non proporremo particolari esempi in tale frangente, per non appesantire la trattazione.
Rimandando dunque alla parte di analisi successiva per acquisirvi familiarità,
introduciamo solamente il seguente esempio di Chelleri1:

3.2.5 - Monte
Il Monte altro non è che la versione ascendente della Fonte e pertanto valgono le stesso
premesse fatte per essa in relazione alle progressioni. Il profilo melodico, ripetuto per
ogni stadio, risulta essere 5,4 − 3:

un tono sopra
[5,4 − 3] → [5,4 − 3]

Una possibile numerica del basso può essere derivata dal seguente partimento di
Niccolò Zingarelli2, che assumiamo quindi a modello 3:

Così come il Fonte, esso si trova non di rado dopo la doppia barra di un Minuetto ma a
differenza di esso lo si trova spesso slegato da un particolare grado della tonalità di
riferimento; di conseguenza il modo di ciascuno stadio risente di una maggiore libertà
(ad esempio nell’esempio di Zingarelli entrambi gli stadi sono maggiori).

1 6 Sonate di galanteria, Sonata n. 5, I mov. Andante.


2 Nicola Antonio Zingarelli, o Niccolò (Napoli, 1752 – Torre del Greco 1837), fu un compositore e didatta
italiano. Studiò con Fedele Fenaroli e fu Maestro di Coro presso la Cappella Giulia di Roma.
3 Partimenti del signor Maestro Don Nicolò Zingarelli…, Milano, Ricordi (1820-30 ca.).
37

Il Partimento di Fenaroli che segue 1, presenta un interessante Monte a 3 stadi, ognuno


dei quali di rilevante interesse armonico:

Come ulteriore esempio, forniamo due stralci estratti dalle opere di Padre Giovanni
Battista Martini 2, provenienti dal dal Ms. HH 35:

• Sonata 5. (bb. 4-7)

• Minuetto dell’Aria 10. (bb. 9-12)

Quello che segue invece è tratto dal II movimento Allegro della Sonata I op. 1 di
Lodovico Giustini3: composta espressamente per Cimbalo di piano e forte, detto
volgarmente di martelletti 4:

1 Cours Complet d’Harmonie et de Haute Composition, Libro quarto, Partimento n. 23, pag. 106, bb. 17-23.
2 Giovanni Battista Martini (Bologna, 1706 – Bologna, 1784) fu un religioso, compositore, teorico della
musica ed erudito italiano. Musicista stimatissimo è annoverato tra i maestri di Wolfgang Amadeus
Mozart.
3 Lodovico Maria Giustini (Pistoia 1685 – Pistoia, 1743) fu un compositore, organista e clavicembalista

italiano, celebre per essere stato il primo a comporre espressamente per il fortepiano.
4 Sonate da Cimbalo di piano, e forte detto volgarmente di Martelletti…, Op. 1, Firenze (1732): Sonata I, II

mov. Allegro, bb. 28-32.


38

L’ultimo esempio proviene invece dal III movimento Allegro assai della Sonata RG 50 di
Baldassarre Galuppi, in cui troviamo un esempio di Monte a 3 stadi:

3.2.5 - Meyer
Il Meyer, battezzato da Gjerdingen in onore del professor Leonard B. Meyer (1918 –
2007)1, prevede l’accostamento di due stadi che presentano, in virtù delle caratteristiche
armoniche e melodiche, carattere di tesi e antitesi. I due profili melodici e le linee del
basso risultano:

[1 – 7] → [4 – 3]

[I35 − II36 ] → [VII56 − I35 ]

Il seguente esempio tratto dalla Scuola di contrappunto di Giacomo Tritto (1733 – 1824)
presenta uno dei cosiddetti “partimenti semplici” di cui evidente il Meyer fa parte:

1Il professor Meyer nel saggio The Spheres of Music: A Gathering of Essays (University of Chicago Press,
Chicago, 2000) fu il primo ad isolare e descrivere lo schema in questione, cogliendone l’importanza. La
scelta di nominare come Meyer tale struttura è un evidente segno di riconoscenza e omaggio di
Gjerdingen verso il suo professore.
39

Nella già citata Sonata RG 50 di Galuppi troviamo un’apertura di questo tipo (il profilo
melodico è quello dell’Aprile, che introdurremo a breve):

Noteremo da ora in poi, in realtà la cosa si è già intravista, che tutti gli schemi presentati
(e anche i successivi) si prestano facilmente ad essere interpolati fra loro, dando vita a
combinazioni che aggiungono valore artistico alle composizioni.
Gjerdingen presenta poi alcune variazioni di tale schema, soprattutto in riferimento ai
profili melodici, declinandoli sotto tre possibili tipologie. Presenteremo in tal frangente
unicamente gli schemi di riferimento (con profilo melodico e possibili bassi),
rimandando all’analisi successiva e al testo di riferimento per esemplificazioni più
precise. Con riferimento alle analisi successive, ci riferiremo genericamente al Meyer
per strutture di questo tipo, specificandone il tipo solo qualora il profilo melodico
rispetti precisamente le varie casistiche. Per approfondimenti sulle varianti seguenti,
rimandiamo alla lettura del saggio di Gjerdingen consultando le relative note:

1) Jupiter 1
La scelta del nome è di chiara origine Mozartiana, in quanto desunta
dall’incipit del IV movimento della Sinfonia n. 41 K 551:

1 R. O. Gjerdingen, La musica nello stile galante, Cap. 9, Il Meyer, pag. 136-138.


40

2) Pastorella 1
Tale schema è ricorrente nei brani ad andamento pastorale, che quindi possono
anche presentare metri ternari e lunghi pedali di tonica e dominante:

3) Aprile 2
La scelta del nome è un omaggio che Gjerdingen rende a Giuseppe Aprile 3:

Appare quindi evidente che, in virtù del profilo melodico 1 − 7 − 2 − 1, la melodia


dell’esempio di Galuppi presentata sopra appare un Aprile sovrastante un Meyer al
basso.
Ci concediamo solo di mostrare l’inizio della fuga in tono cromatico n. 2 di Fedele
Fenaroli4, in cui nel tema della fuga possiamo rintracciare lo schema dello Jupiter. In
piccolo sono stati segnati i gradi dell’armonia relativa, che rimandano al Meyer.

1 R. O. Gjerdingen, La musica nello stile galante, Cap. 9, Il Meyer , pag. 138-142.


2 R. O. Gjerdingen, La musica nello stile galante, Cap. 9, Il Meyer, pag. 143-149.
3 Giuseppe Aprile (Martina Franca, 1732 – Martina Franca, 1813) fu un cantante, castrato, soprano,

compositore e didatta italiano. Conosciuto in vita con i nomi di Scirolo, Sciroletto e Scirolino (derivanti
dal nome del suo insegnante di canto Gregorio Sciroli), fu insegnante di Domenico Cimarosa e lasciò un
cospicuo numero di Solfeggi ed esercizi di canto.
4 Cours Complet d’Harmonie et de Haute Composition, Libro quinto, Partimento fugato n. 2, pag. 135.
41

3.2.6 - Quiescenza
La Quiescenza trova impiego dopo una cadenza importante, al fine di conferire maggior
carattere di riposo al discorso musicale alla fine di una sezione o dell’intero brano.
Generalmente si osservano Quiescenze a 4 stadi, aventi la seguente struttura:

7𝑏 − 6 − 7 −1(5)

Per rispettare la natura di sensibile del settimo grado, riteniamo sia preferibile
schematizzare la melodia dell’ultimo stadio con 1, piuttosto che con il 5 proposto da
Gjerdingen (posto tra parentesi). Infatti nel primo stadio essa viene abbassata per
scendere sul VI quindi è legittimo pensarla come risoluzione di sensibile.
A titolo di esempio, proponiamo il seguente stralcio di partimento di Fenaroli1:

Osserviamo in tal caso una doppia Quiescenza a 3 stadi invece che a 4 (nel concreto la
numerazione manca solamente del 7 sul primo tempo delle due battute). La misura
ternaria infatti fa si che il punto di arrivo non sia interno ad ogni quiescenza, ma
coincida con l’inizio della battuta successiva.
Nel capitolo successivo verrà fornita l’analisi dettagliata di tutto il partimento e una
possibile realizzazione in stile tardo-galante.

3.2.6 - Ponte
Il Ponte è l’ultima delle 3 strutture individuate da Riepel. Mentre le altre due strutture
sono caratterizzate da un buon grado di mobilità armonica (data l’assonanza e per certi
versi la sostanziale coincidenza con le progressioni), il Ponte lo si trova sul V grado il
quale viene prolungato per diversi stadi, mentre la voce superiore intesse arpeggi sulle
note dell’accordo di Dominante (dando anche la 7°):

V35 ___V37 ___......I35

Dunque, usando altri termini, il Ponte altro non è che un Pedale di dominante avente
una precisa funzione di ritardare il riposo sulla Tonica, aumentano l’attesa prima di una
ripresa importante o di un cambio di sezione.

1 Cours Complet d’Harmonie et de Haute Composition, Libro quarto, Partimento n. 26, pag. 107, bb. 8-9.
42

Oltre che al testo di Gjerdingen 1 rimandiamo anche al capitolo 4 della presente tesi, ove
saranno presentati alcuni casi concreti di Ponte.

3.2.7 - Fenaroli
Il seguente schema è dovuto alla presenza costante di un particolare andamento nei
partimenti di Fenaroli, di solito posizionato dopo la transizione alla Dominante. Lo
schema in questione, non di rado ripetuto, è il seguente:

4−3−7−1

VII56 − I35 − II36 − III36

Come si vedrà in seguito, il Fenaroli, e altre strutture, possono essere usate come stadio
di un Monte o di una Fonte. Presentiamo per intero il seguente Partimento 2, in cui
possiamo osservare più di una struttura simile, peraltro incapsulate in altre strutture:

Tutti i Fenaroli hanno in comune il fatto di essere associati ad un pedale di Dominante:


i Fenaroli 1), 2) e 5) essendo realizzati con figurazioni in sedicesimi lo evidenziano sulle
note pari di ogni figurazione mentre i restanti 3), 4) e 6) hanno il Pedale scritto con
semibrevi legate.

1 R. O. Gjerdingen, La musica nello stile galante, Cap. 14, Il Ponte , pag. 219-237.
2 Cours Complet d’Harmonie et de Haute Composition, Libro quinto, Tema n.4, pag. 116, bb. 8-9.
43

Analizziamo nel dettaglio le due diverse tipologie:

• Versione in sedicesimi

In tal caso è possibile scorgere il Fenaroli (o una sua variante) sia nella linea
superiore del basso, sia nell’ipotetica voce superiore proposta in corsivo. Il
carattere frenetico dato dalla cascata di sedicesimi, consente di suggerire, in fase
di realizzazione, l’utilizzo di una figurazione ad ottavi, richiamando il tipo di
Fenaroli successivo.

• Versione in ottavi

Il Fenaroli della voce superiore appare invece ora canonicamente definito.


Analogamente a quanto detto prima, si potrebbe avanzare l’idea di tessere la voce
superiore richiamando le figurazioni in sedicesimi del Fenaroli precedente,
alternandole a note utili all’armonia, senza preoccuparsi troppo di eventuali
raddoppi tra le voci: eventuali ottave parallele sarebbero unicamente funzionali
al discorso melodico e dunque tollerabili.

Di interesse, prima di proseguire, è sicuramente notare il Fenaroli incapsulato in una


Fonte a due stadi:
44

3.2.8 – Sol-Fa-Mi
Questa e le strutture seguenti, verranno presentate per lo più ricorrendo ai soli profili
melodici e del basso, ricorrendo in rare occasioni ad esempi tratti dalla letteratura. Non
sarà impossibile comunque scorgerli nel capitolo successivo dedicato all’analisi.
Tale struttura potrebbe essere facilmente fraintesa con il Meyer: la differenza sostanziale
consiste nell’aspetto melodico, il quale determina quindi l’armonia sottostante.
Anch’esso è un modello a due stadi, tipico dei movimenti lenti, ed è schematizzabile
come segue:

[5 − 4] → [4 − 3]

[I35 − II35 ] → [VII56 − I35 ]

Il confronto con il Meyer, soprattutto in fase di applicazione alla letteratura, può talvolta
condurre ad alcune incomprensioni, rendendo difficoltoso optare per uno dei due
schemi. Siccome la discriminante vera e propria appare essere l’armonizzazione del II
grado, il quale porta il 5/3 (Sol-Fa-Mi), invece che il 6/3 (Meyer), e poichè Gjerdingen
stesso non esclude l’uso del 6/3 sul II nel caso del Meyer, ciò mostra, se non si fosse già
notato, una certa “liquidità” di tale schematizzazione. Spiegheremo successivamente in
cosa consiste questa caratteristica, che troveremo svariate altre volte e che tratteremo
ampiamente in fase di conclusione.

3.2.9 – Indugio
L’indugio risulta essere molto efficiente nell’indicare un particolare movimento
congiunto di melodia e basso. Può trovarsi sia in versione cromatica (#IV), sia in
versione diatonica. La presenza dell’eventuale Quarto grado alterato ne può comportare
l’associazione ad un tipo particolare di Clausula (vedi paragrafo successivo), la Clausula
convergente. Definiremo quindi Indugio lo schema che presenta iterazioni del IV grado
con 6/5, culminanti quindi (con o senza cromatismo) sul V (recante 6/4, 5/3 o la
composizione dei due):

2…4 − 6 − 1 − 7

IV56 … … … … #IV56 − V43


65

Tale schema esprime sonorità per lo più riferibili alla seconda metà del XVIII secolo,
mentre è praticamente assente nella prima metà. Non è raro che il profilo melodico sia
un “Pedale acuto” di 1: in tal caso ancor meno raramente si verifica una cadenza sospesa
sul 𝑉46 che seguita dal segno di corona, prepara l’avvento di una Cadenza solistica a
carattere virtuositico.

3.2.10 – Clausulae
Tale paragrafo, avrebbe potuto tranquillamente essere contenuto nel capitolo
precedente dedicato alle cadenze. Abbiamo scelto di non dividerlo però dagli altri
schemi proposti da Gjerdingen, cercando quindi di seguire il filo logico della sua
45

trattazione, presentandolo però come conclusivo del discorso sulle Galanterie che
abbiamo sin qui condotto.
Il termine Clausula è da riferirsi al senso di chiusura insito nelle “formulae retoriche”
degli autori medievali. Per trasferimento in campo musicale, definiamo Clausula
formalis perfectissima così come descritta da Johann Gottfried Walther 1 nel Praecepta
der musicalischen Composition 2:

Meglio ancora con il passaggio sulla settima da parte del contralto:

Walther fa riferimento a tale Clausula per definire tutte le altre, e definisce come
Clausula perfectissima quella in cui il movimento del basso segue quello di figura, ossia
V − I. Le Clausulae non definiscono tanto il movimento armonico, ma piuttosto sono
legate all’aspetto vocale del Contrappunto. Dunque tale classificazione appare legata
alla musica secentesca e al rigore del contrappunto vocale severo.
Gli andamenti melodici nello stadio conclusivo V − I di ognuna delle quattro voci sono:

a) Canto: 7 − 1 (si − do)

b) Alto: (5) − 4 − 3 (sol − fa − mi)

c) Tenore: 2 − 1 (re − do)

d) Basso: 5 − 1 (𝑠𝑜𝑙 − 𝑑𝑜)

1 Johann Gottfried Walther (Erfurt, 1684 – Weimar, 1748) fu un compositore e organista tedesco. Parente
di Johann Sebastian Bach, fu un profondo conoscitore dello stile italiano, trascrivendo per tastiera
numerosi concerti. Il celebre trattato Musicalisches Lexicon (1732) può essere considerato il primo
dizionario musicale.
2 Praecepta der musicalischen Composition, Erfurt (1708).
46

Le Clausulae vengono suddivise in quattro categorie, a seconda che il basso segua gli
andamenti melodici delle altre voci. Diversamente da Gjerdingen, le presenteremo
seguendo l’ordine delle voci a partire dal basso.

1) Clausula perfectissima 𝐕 − 𝐈 e Formule di chiusura


Nella Clausula perfectissima il 5 − 1 del basso, come già detto, diventa V − I. La
perfezione consiste nell’essere il tipo più completo. Per una trattazione
esauriente, si consulti il capitolo precedente dedicato alle cadenze. Con
riferimento all’ambito della musica galante, possiamo suddividerla in due
categorie principali (basate sugli insegnamenti della scuola napoletana):

a. Semplice
La più basilare è così realizzata:

III36 − IV56 − V35 − I35

b. Composta
La Cadenza composta (o Mista secondo Fenaroli, si veda il capitolo
precedente), comporta l’aggiunta di un ulteriore V recante la numerica 6/4
o 5/4:

III36 − IV56 − V46 − V35 − I35

III36 − IV56 − V45 − V35 − I35

A partire da questi due movimenti basilari del basso, la melodia può intesservi le
trame più disparate, che denomineremo Formule di chiusura. Accennando solo
le più frequenti, rimandiamo al testo di Gjerdingen, per esempi e
approfondimenti:

o Mi-Re-Do 3 − 2 − 1
o Do-Si-Do 1 − 7 − 1
47

o Cudworth caratterizzata dalla seguente struttura avente a melodia un


profilo discendente di ottava 1 − 76 − 54 − 3 − 2 − 1 con i blocchi 76 − 54
relativi rispettivamente ai gradi IV − V46 − V35 del basso. A titolo
esemplificativo, si veda la cadenza conclusiva del seguente Adagio dalla
Sonata IV op. 2 di Padre Giovanni Battista Martini, che incarna in pieno lo
schema appena introdotto, insieme al sopracitato Do-Si-Do.

Nel capitolo successivo si troveranno queste strutture in esempi concreti.


Le due formule principali, semplice e composta, della Clausula perfectissima, sono
sovente precedute da altre cadenze, tali da alterare l’equilibrio armonico
deviando quindi retoricamente il discorso musicale. Nel presentarle abbiamo
“sfoltito” la numerazione, lasciandola solo ai gradi caratterizzanti la cadenza
specifica (in grassetto):

c. Cadenza d’inganno

III − IV − V − 𝐕𝐈𝟑𝟓

d. Cadenza evitata (sfuggita)

III − IV − V − 𝐈𝐈𝐈𝟑𝟔

e. Cadenza sospesa

𝟔𝟒
III − IV − 𝐕𝟒𝟑

A proposito della sola Cadenza sospesa, possiamo affermare che essa è un clichè
tipicamente galante, posto sul finire di una frase tematica e la caratteristica è che
64
il V43 si trova sul tempo forte della battuta, lasciando quindi il discorso musicale
aperto ad eventuali Cadenze solistiche.
48

Le cadenze “standard”, possono anche essere “allargate” dando vita a versioni


ampliate delle stesse. Ciò accade intorno alla metà del ‘700 soprattutto in virtù
dell’ampliarsi delle dimensioni dei brani musicali, che da brevi brani di danza
divengono sempre più di ampio respiro. In tal caso si parla di Cadenza grande e
per rendere l’idea dell’ampliamento, possiamo schematizzarla come segue:

III − ⋯ − IV − ⋯ − V46 − V35 − I35

Questa formula in particolare si presta ad essere ripetuta più di una volta: la


doppia ripetizione in questo caso fa si che la connessione tra le due sia a sua volta
una Cadenza evitata (evidenziata in grassetto):

III − ⋯ − IV − ⋯ − V46 − 𝐕𝟑𝟓 − 𝐈𝐈𝐈 − ⋯ − IV − ⋯ − V46 − V35 − I35

Tipicamente italiana è l’ultima Cadenza di questo tipo è quella che Gjerdingen


definisce Pulcinella o All’italiana. Essa presenta una forte affinità con un
Fenaroli avente un pedale alto come profilo melodico, ma mentre quest’ultimo
non ha valore cadenzale, la Cadenza Pulcinella si presenta formata dalla
composizione di una Cadenza d’inganno e una Cadenza standard (Semplice o
composta). Il profilo melodico come già detto è fisso (tipicamente 1 o 3):

1(3)_________________________

III − IV − V − 𝐕𝐈 − 𝐈𝐈𝐈 − IV − V − I

2) Clausula tenorizantes 𝐈𝐈 − 𝐈
Muovendoci quindi dal basso verso l’acuto, troviamo le Clausulae tenorizantes,
nelle quali il basso si muove dal II al I grado (nella Clausula formalis perfectissima
il tenore presenta 2 − 1). La formula più elementare di tale Clausula prende il
nome di Clausula vera. Tale termine si trova nei trattati di composizione di inizio
ottocento, e si ha quando il basso scende di tono e la melodia sale di mezzo tono.
Lo schema quindi sarà

6,7 − 1

II356 − I35

Non è raro trovarla anche nella versione

1,7 − 1

II376 − I35
49

Una variante di tale formula si chiama Cadenza frigia e si configura in un certo


modo come l’analogo minore del Prinner modulante. Per meglio comprendere
riportiamo l’esempio di Durante citato da Gjerdingen 1:

Gjerdingen annovera tra le Clausulae tenorizantes anche le cadenze in cui il basso


sale dal V al VI, portando su quest’ultimo grado la sesta aumentata, per poi
tornare al V.

A titolo di esempio, si consideri la figura di cui sopra, riportante un partimento


di Fenaroli2, in cui si osserva quindi la doppia valenza per il modo minore e per
il modo maggiore. In tal caso concordiamo con l’analisi di Gjerdingen, in quanto
soprattutto nel modo maggiore, tale particolare caratterizzazione rende bene
l’idea del carattere modulante che la sesta aumentata assume sul VI grado.
Ovviamente tali discussioni assumono oggi tutt’altra valenza se contestualizzate
nel contesto del XVIII secolo, in cui la modalità aveva ceduto il passo alla tonalità
in contesti di musica “pratica”, mentre la modalità rivestiva ancora (e avrebbe
rivestito ancora per almeno un secolo) un importante ruolo nell’ambito didattico
e pedagogico.

1 R. O. Gjerdingen, La musica nello stile galante, Cap. 11, Clausulae, Es. 11.44, pag. 186 .
2 Cours Complet d’Harmonie et de Haute Composition, Libro secondo, Partimento n.18, pag. 73.
50

3) Clausulae altizantes 𝐈𝐕 − 𝐈𝐈𝐈


La Clausula altizantes “tipica” prende il nome di Passo indietro. Il passaggio dal
IV al III avviene a partire dal V e quindi il movimento sul IV appare intermedio
dunque tale Clausula altro non è che una Cadenza sfuggita o evitata.

7 − ⋯− 1

V35 − IV24 − III36

Nelle analisi che seguiranno tuttavia, si utilizzerà il termine Passo indietro per
indicare Cadenza sfuggite aventi un preciso connotato retorico che rimanda ad
una decisa esitazione, lasciando il discorso musicale in stand-by sul primo rivolto
del I grado.

4) Clausula cantizantes 𝐕𝐈𝐈 − 𝐈


La linea del basso segue il movimento 7 − 1 del Canto. La struttura base di tali
cadenze prende il nome di Virgola. Il movimento del basso possiede un valore
risolutivo minore rispetto alla perfezione del V − I. Retoricamente dunque esso si
colloca in una posizione di minore tensione risolutiva, e pertanto il termine
virgola lascia supporre che “qualcos’altro” debba ancora essere detto,
musicalmente parlando ovviamente. I due profili, melodico e del basso risultano
essere:
5,4 − 3

VII36 − I35

Nel caso in cui un passaggio sul VI grado risulti immediatamente precedente alla
Virgola, essa prende il nome di Virgola lunga

𝐕𝐈𝟑𝟔 − VII36 − I35

assumendo evidente maggiore efficacia retorica come parziale chiusura o


interpunzione del discorso. Gjerdingen rintraccia possibili varianti, di cui
mostreremo solamente gli schemi. Per approfondimenti si rimanda alla lettura
del saggio.

a. Jommelli 1

6−5

VII37 − I35

1 R. O. Gjerdingen, La musica nello stile galante, Cap. 11, Clausulae, pag. 180 .
51

b. Convergente

3−2−1−7

III − IV − #𝐈𝐕𝟑𝟓# − V

La Cadenza convergente, rientra a ben vedere nell’alveo delle cadenze V − I, in


quanto coinvolge i gradi tipici delle Cadenze semplici e composte. Dissociandoci
quindi dall’interpretazione di Gjerdingen, ci limitiamo a rilevarne il valore
modulante qualora il V grado cada sul tempo forte:

III − IV − #𝐈𝐕𝟑𝟓# − [V = I]

oppure l’effetto di prorogare semplicemente la tensione con un Pedale di


dominante, creando una cadenza composta di ampio respiro:

III − IV − #𝐈𝐕𝟑𝟓# − 𝐕𝟒𝟔 − ⋯ − V35

Un complesso come la Cadenza convergente risulta meglio ascrivibile ad una più


canonica Cadenza mista colla quarta d’accrescimento al basso, vista nel capitolo
precedente e sotto riportata a scopo di confronto.

Normalmente nelle analisi che seguiranno, useremo quindi il termine


convergente con molta cautela, preferendo la normale nomenclatura di scuola
napoletana fornita da Fenaroli.
52

5) Altre Clausulae
Esempi aggiuntivi di Clausulae possono essere considerate le seguenti:

a. Caduta finale
Tipicamente strumentale, consiste nel ribattere il I grado a Cadenza
finita, sancendo in maniera perentoria la tonalità tramite un profilo
melodico che arpeggia sulle note della triade di Tonica. La variante
semplice e più comune risulta:

3−1

I−I

La caduta finale può essere considerata come una sorta di riverenza


barocca semplificata, ridotta ad una reiterazione affermativa del I
grado.

b. Cadenza doppia
Esattamente il prototipo di cadenza doppia del capitolo precedente:

eventualmente resa in forma Diminuita colla passata di 7°

c. Combinazione di virgola e Cadenza completa


Tale schema, godette di notevole fortuna nel periodo galante. Ne
forniamo la seguente schematizzazione:
53

d. Cadenza lunga
La cadenza lunga è una Clausula perfectissima a valori molto larghi,
anticipata dal passaggio I − VI, ossia

I − VI − IV − V − I

Anch’essa rientra nel novero delle cadenze galanti per antonomasia, ed


è un brillante ed efficace chiusura di brano o di importante sezione,
pertanto non è raro che essa venga raddoppiata.

Essa altro non è che la Cadenza mista di Fenaroli:

Anche in tal caso, data la sostanziale ambiguità di attribuzione,


opteremo per Cadenza mista qualora la cadenza non abbia uno
spessore tale in termini di lunghezza da comportare una particolare
funzione retorica all’interno del brano. Di conseguenza il termine
Cadenza lunga indicherà quelle strutture tali da rivestire un ruolo di
primaria importanza in fase di conclusione di brano o di sezio ne. A
titolo di esempio riportiamo questa cadenza lunga doppia di Fenaroli1.

Una realizzazione integrale di tale partimento verrà proposta nel


capitolo successivo.

1 Cours Complet d’Harmonie et de Haute Composition, Libro quarto, Partimento n.30, pag. 109.
54

3.2.10 – Considerazioni
Per concludere tale capitolo, riteniamo interessante fornire un confronto tra la
schematizzazione di Gjerdingen, quella di Walther e quella estrapolata dal trattato
General-Bass in drey Accorden 1 (1788) di Johann Friedrich Daube 2.

1General-Bass in drey Accorden, gegründet in den Regeln der alt- und neuen Autoren, Lipsia (1756).
2Johann Friedrich Daube (Assia, 1730 – Vienna, 1797), fu compositore, teorico e liutista del periodo pre-
classico. Il suo linguaggio musicale lo pone come perfetto anello di cong iunzione tra barocco e
classicismo.
55

Nella figura 1 che segue, tratta dal saggio di Gjerdingen, vengono riportate “dodici
maniere per modulare”, con le varie nomenclature viste.

Abbiamo già esaminato possibili situazioni di “conflitto” tra terminologie: altre saranno
prese in carico qualora necessario in fase di analisi. Riteniamo di aver fornito in maniera
esauriente una sintesi delle formule proposte da Gjerdingen nel suo volume, le quali ci
guideranno, insieme a Fenaroli nello sviluppo dei Partimenti e nell’analisi dei brani
della letteratura.

1 R. O. Gjerdingen, La musica nello stile galante, Cap. 11, Clausulae, pag. 193, Es. 11.52 .
56
57

4. ANALISI E SINTESI

In questo capitolo si andranno ad analizzare brani del repertorio e della didattica, applicando le
formule, cadenze e schemi visti in precedenza. Dopo l’analisi di alcuni semplici brani,
giungeremo all’analisi di brani più complessi (alcuni oggetto dell’esecuzione) e alla realizzazione
di alcuni partimenti di scuola napoletana elaborati con l’ausilio delle formule schematiche e delle
cadenze precedentemente esposte.

4.1 - Wolfgang Amadeus Mozart


Partiamo proponendo l’analisi di due brevi brani giovanili di Mozart i quali, nonostante
la naïveté fanciullesca, consentono di vedere sul campo alcune tra le strutture che sono
state introdotte ed esaminate. Dall’analisi di tali brani, emerge come l’utilizzo,
ovviamente inconsapevole, di schemi e formule sia il frutto della pratica e
dell’insegnamento metodico e preciso da parte del padre, in uno spirito pienamente
galante e figlio della propria epoca.

4.2.1- Minuetto I KV 6/IIIa


Questo Minuetto è presente nella III sonata dell’op. 6 per violino (1762-63). Riteniamo
interessante proporre il frontespizio dell’opera, scritta per Clavicembalo, ma che può
essere suonata con l’accompagnamento del violino.
58

Questo genere di approccio alla Sonata per strumento solista e strumento di


accompagnamento (basso continuo) è tipicamente settecentesco: l’opera può quindi
essere sia suonata con solista e cembalo (in tal caso l’esecutore suona la parte del basso
realizzandola dove necessario e completandola qualora sia in parte scritta), sia
suonando al cembalo entrambe le linee.

Proveremo ad analizzare tale Minuetto unicamente ricorrendo alla terminologia


proposta di Gjerdingen e solo in ultima analisi proporremo alcune modifiche per quanto
riguarda le cadenze, seguendo Fenaroli. Infatti alcune strutture, soprattutto se poste
all’inizio del brano o in posizioni lontane da momenti di “riposo”, sono meglio
interpretabili nell’ottica dello studioso americano, così da rimanere “Fedele” all’idea di
riposo insita in Fenaroli.
Sotto il rigo in chiave di basso sono stati indicati alcuni gradi della scale, quelli necessari
ad individuare le strutture armoniche, mentre sopra il rigo in chiave di violino, le note
del profilo melodico.
Le modulazioni sono estremamente basilari, dato anche il carattere didattico del brano,
e risultano essere due:

M1 (Do+→ Sol +)

M2 (Sol+→ Do+)

La struttura è di estrema semplicità e i segni di ritornello, oltre alle cadenze intermedie,


indicano due strutture A) (bb. 1-8) e B) (bb. 9-16).
Prima di presentare per intero l’analisi, facciamo una considerazione sulle battute 5-8.

• Tale passaggio è analogo alle battute 31-33 del partimento di Fenaroli (IV − III − IV −
V − V − I). L’analisi precedente ci porterebbe a definirlo come combinazione di
Cadenza sfuggita e Cadenza mista (con successiva cadenza evitata da 33 a 34). Il IV
grado si trova sul tempo forte della battuta e poiché reca il 4#/2 di passaggio sul terzo
tempo, è evidente che si tratta di un Passo indietro, definizione che rende l’idea
sull’incertezza armonica del passaggio.
59

Nella battuta successiva tale incertezza viene risolta tramite una Clausula formalis
perfectissima composta, in virtù del 6/4 sul secondo tempo.

• La linea melodica si presenta come la combinazione successiva di un Esacordo


discendente 6 − 5 − 4 − 3 − 2 − 1 e di un Do-Si-Do 1 − 7 − 1. L’Esacordo
discendente include in se anche il Mi-Re-Do. Tale complesso potrebbe essere visto
anche come Cudworth, in quanto la melodia tocca l’1 all’inizio di battuta 6; data però
la mancanza del 7 (anche solo come appoggiatura) ci porta ad escludere tale
attribuzione.

In definitiva quindi le battute 5-8 e per analogia le battute 13-16, vedranno un Esacordo
discendente (Mi-Re-Do) con Do-Si-Do nella melodia ed un Passo indietro con Clausola
(cadenza) perfetta composta nel basso.
Ecco dunque l’analisi grafica del brano:

Prima di fornire la versione tabulata dell’analisi, ci permettiamo di tornare sull’esacordo


discendente. Si è scelto di fornire questa descrizione in modo da offrire una panoramica
ampia sulle possibilità offerte da Gjerdingen. Tale passo si sarebbe potuto
tranquillamente schematizzare come Prinner cadenzale, come nell’esempio mozartiano
riportato.
60

Optare per questa formulazione però avrebbe fatto perdere di vista l’inserimento del
Prinner in una più ampia struttura come quella esacordale (non prevista formalmente
da Gjerdingen ma che si è scelto di trattare come tale) in quanto nell’esempio
mozartiano precedente la melodia è quella classica 6 − 5 − 4 − 3 mentre nel Minuetto in
questione, la natura terminale risulta accentuata dalla discesa verso 1 per essere quindi
suggellata da un Do-Si-Do. Ovviamente si tratta di una sottigliezza, ma tale precisazione
ci consente di introdurre una delle conclusioni che si troveranno al termine della tesi,
ossia la “liquidità” della formalizzazione di Gjerdingen. Torneremo quindi più avanti
con questa e altre considerazioni.

Sezione Battute Tonalità Schema/Modello


1-4 Do+ Jupiter
A) Esacordo discendente (Do-Si-Do)
5-8
Cadenza perfetta composta
9-12 Virgola lunga
B) Esacordo discendente (Do-Si-Do)
Do+
13-16 Cadenza perfetta composta
61

4.2.2 - Allegro KV 3
Questo breve pezzo del 1762, e dunque coevo della sonata precedente, consente di
mettere a fuoco nuovamente alcune strutture notevoli.

Iniziamo l’analisi del brano, soffermandoci dapprima su alcuni aspetti motivici. Le


figurazioni presenti in tal caso sono le seguenti:

Sebbene entrambe molto simili, grazie alle figurazioni in ottavi e al carattere anacrusico,
esse sono però nettamente contraddistinte in virtù del fraseggio e della nota terminale
(doppia croma in a) e semiminima in b)).
62

Il brano quindi si denota come strettamente monotematico e l’unica forma di


elaborazione (o diminuzione) scritta, eccezion fatta per le possibili variazioni nei
ritornelli, la si trova nelle cadenze conclusive di sezione, ove il doppio fraseggio in
ottavi si dimezza in sedicesimi.
Dunque chiameremo tema T la combinazione lineare della struttura a) con una
ripetizione di b). Adottando ancora una volta un formalismo para-matematico
potremmo scrivere:

T = t1 + t 2 = a) + b) + b) = a) + 2b)

evidenziando quindi la binarietà del tema. Dunque la reiterazione di b) serve


unicamente ad affermare la conclusione del tema ed ha quindi un valore squisitamente
retorico.

La prima struttura di rilievo che notiamo è la Fonte a 2 stadi alle battute 13-20.

Osserviamo quindi che:

• la Fonte rispetta la successione tonale maggiore-minore dei due stadi (Do- e Sib) e
pertanto assume anche funzione di ponte modulante, oltre che di sviluppo;

• ogni stadio ha piena autonomia di carattere ed è ben caratterizzato in quanto ha il


tipico carattere domanda-risposta (arsi-tesi), dato dall’accostamento di due Clausole
cadenzali:

o Passo indietro (V) − IV24 − III36


o Virgola VII36 − I35
63

• tale connotazione binaria appare quindi in accordo con il tema principale, di cui usa
solamente la testa t1 = a).

Possiamo quindi completare la figura precedente come segue:

Riprendiamo l’analisi dal Tema iniziale notando che:

• La testa t1 è data dalla sovrapposizione di un Mi-Re-Do nella melodia e di un Do-


Re-Mi al basso. Il carattere conclusivo del Mi-Re-Do viene smorzato dall’evidente
apertura data dal Do-Re-Mi al basso.

• La coda t 2 appare lievemente più complessa da interpretare:

o nella melodia si nota un profilo 6 − 7 − 1 che quindi rimanda alla Virgola


lunga;
o nel basso il movimento IV35 − II6 − I35 apre la strada a differenti interpretazioni.
Siccome il II6 si trova sul tempo debole della battuta, la struttura IV35 − I35
risulta predominante per cui si potrebbe ipotizzare una semplice Cadenza
plagale. Si potrebbe addirittura ipotizzare una Quiescenza senza pedale (o
con pedale sotteso) priva dello stadio 6/4. L’ultima ipotesi appare senza
dubbio lievemente pretenziosa e non sufficientemente suffragata da riscontri
in letteratura.
64

D’altronde non considerare affatto il passaggio sul secondo grado, sembra


non tenere conto del movimento armonico che la linea melodica crea. Dunque
focalizzandoci sul movimento II6 − I35 , essa viene inserita nel novero delle
Clausole tenorizantes come Clausola vera. Dunque la scelta migliore sembra
essere considerare il blocco intero come una Cadenza plagale con Clausola
vera incapsulata.

Per quanto riguarda le modulazioni, esse sono due:

M1 (Si𝑏+→ Fa +)

M2 (Fa+→ Si𝑏 +)

Come per il brano precedente esse rispecchiano le canoniche transizioni Tonica -


Dominante e Dominante-Tonica:

• La prima modulazione avviene tramite il Prinner modulante alle battute 6 e 7,


mediante grado comune (I = IV) e alterazione del secondo grado (II 6 ):
65

al quale fanno seguito due cadenze in successione, che hanno lo scopo di


affermare definitivamente la nuova tonalità:

o Cadenza d’inganno III − IV − V − VI (bb. 9-10);


o Cadenza completa III − IV − V − I (bb. 11-12).

La doppia composizione di queste due cadenze non comporta però la presenza


della Pulcinella in quanto manca l’ostinata ripetizione (o il semplice
prolungamento) di 1 o 3 alla melodia.

• La seconda modulazione si concretizza al termine della serie di cadenze le quali


delimitano quindi la sezione A). La modulazione inizia in tal frangente e poiché è
incastonata nella Fonte a due stadi, essa può essere definita in realtà come doppia
modulazione in cascata:

M2 = M2′ + M2′′

o La prima M2′ si ha tramite grado comune I = IV, e conduce a Do minore:

M2′ (Fa+→ Do−)

o La seconda M2′′ parte da I = II e che quindi riconduce alla ripresa in Sib


maggiore:

M2′′ (𝐷𝑜−→ Si𝑏+)


66

Definite le modulazioni, abbiamo ora tutti gli elementi per desumere la struttura
complessiva del brano:

• Sezione A): bb. 1-12


Viene presentato il Tema nelle sue componenti melodiche e ritmiche e ci si sposta
alla Dominante;

• Sezione P): bb. 13-20


Sezione di sviluppo dove la testa del Tema viene usata per costruire un Ponte
modulante. Si noti la scelta della lettera maiuscola invece della minuscola usata nel
Partimento di Fenaroli: il Ponte modulante, poiché costituto da una formula
importante e “di peso” come la Fonte, assume piena di dignità di struttura vera e
propria;

• Sezione B): bb. 21-30


Riproposizione di A) con eliminazione del Prinner modulante e cascata di cadenze
conclusiva come in A).

La sezione B) risulta quindi una versione modificata e alleggerita di A) per cui l’uso
degli ormai consueti formalismi para-matematici, suggerirebbe di scrivere 𝐵) = 𝐴)’.
Essendo comunque tale notazione puramente personale e utile alla presente trattazione ,
considereremo B) come sezione a sé stante.
Per non appesantire la trattazione, non forniremo l’analisi delle strutture in forma
grafica ma le riassumeremo nella tabella che segue, evidenziandone anche
l’organizzazione formale:
67

Sezione Battute Tonalità Schema/Modello

1-2 Do-Re-Mi al basso


e Mi-Re-Do nella melodia
Sib+
Cadenza plagale
3-6
A) (Clausola vera)
6-8 Prinner modulante
9-10 Cadenza d'inganno
Fa+
10-12 Cadenza completa
Fonte, stadio 1:
13-16
Passo indietro e Virgola
P)
Fonte, stadio 2:
17-20
Passo indietro e Virgola
Do-Re-Mi al basso
21-22
e Mi-Re-Do nella melodia
Cadenza plagale
B) 23-26 Sib+
(Clausola vera)
27-28 Cadenza d'inganno
29-30 Cadenza completa
68

4.3 – Fortunato Chelleri


Analizzeremo ora due composizioni di Fortunato Chelleri, compositore che ha legato il
suo nome alla galanteria grazie alla composizione delle celebri Sonate di galanteria.

Da questa raccolta e dall’altra serie di 6 sonate per clavicembalo, attingeranno i brani


da analizzare. Non entreremo nei dettagli di ogni schema e ogni formula, ma forniremo
in versione tabulata l’esito delle singole analisi: qualora sia necessario verrà data
spiegazione per esteso di alcuni passaggi ritenuti significativi.

4.3.1 – Sonata VI, II Movimento: Sarabanda – Affettuoso


Il primo brano contributo esaminato è la Sarabanda tratta dall’ultima dalle Sonate di
galanteria:
69

Forniamo immediatamente la versione tabulata dell’analisi delle strutture:

Sezione Battute Tonalità Schema/Modello

1-2 Romanesca galante


Sol+
3-4 Prinner
5 M1 Modulazione per grado comune I=IV
A)
6 Passo indietro
7-8 Re+ Meyer nascosto
9-10 Cadenza completa composta
Fonte (stadio minore)
M2
- Clausola di 6° aumentata (bb. 11-12)
11-14
- Ponte (bb. 12-13)
La-
- Cadenza perfetta (bb. 13-14)
P)
Fonte (stadio minore)
M2
- Clausola di 6° aumentata (bb. 15-16)
15-18
- Ponte (bb. 12-13)
- Cadenza perfetta (bb. 17-18)
Monte (stadio 1)
18-20
Virgola (bb. 19-20)
Monte (stadio 2)
20-22
Sol+ Virgola (bb.21-22)
B) 23-25 Ponte
26 Passo indietro
27-28 Cadenza completa d'inganno
29-30 Virgola
31-32 Cadenza completa composta

Approfondiamo qualcuno dei passaggi di interesse:

1) Meyer (Aprile) nascosto (bb. 6-8)


70

La presenza di tale struttura (al basso) si evince considerando la numerazione posta


in figura, per cui emergono chiaramente 4 stadi I(III) − II − VII − I. Il profilo melodico
è atipico (1 − 4 − 4 − 3) dunque si è scelto di considerarlo come Meyer implicito il
cui profilo del basso ricorda un Aprile.

2) Cadenza sospesa (bb. 11-12 e 15-16)

Ciascun stadio del Monte è composto da 3 cadenze incapsulate:

6 5
a) Cadenza sospesa VI(5) − V43# la quale, a modulazione già avvenuta, crea
tensione sul V grado (accentuata mediante il ritardo 4-3#). L’eventuale
presenza di un’alterazione 6# sul IV grado avrebbe potuto far scegliere
tra due alternative:

▪ Cadenza imperfetta (Fenaroli)


▪ Clausola tenorizantes di 6° aumentata (Gjerdingen)

Volendo usare la terminologia di Fenaroli al posto di Gjerdingen, si sarebbe


potuto scrivere Cadenza mista impefetta: mista per il passaggio sul quarto
6
grado (VI(5) ) e imperfetta (con il passaggio sul IV che fa le veci del VI) per
la mancata risoluzione sul I. Data comunque l’assenza di tale alterazione
(il re è naturale), la scelta effettuata appare giustificata. La porzione
terminale di tale cadenza costituisce quindi l’inizio del passaggio
successivo;

5 7
b) Ponte V3# − V3# . E’ una versione “ristretta” del classico Ponte descritto
da Gjerdingen, ma lo si può trattare come tale in quanto assolve al ruolo
di estensione della triade di Dominante fintanto che non si raggiunga il
grado di conclusione offerto dalla seguente cadenza;
71

5
c) Cadenza perfetta V3# − I35 che oltre a concludere la serie di cadenze,
conclude anche lo stadio della Fonte.

3) Virgola (bb. 19-20 e 21-22)

La normale Virgola trova impiego sul VII grado mentre nell’esempio la troviamo
prima sul III grado (b. 19) e poi sul IV# (b. 21). In tal caso la scelta del termine
Virgola parrebbe affidarle una funzione modulante, ma poiché essa è inserita in
una più ampia struttura come il Monte che presenta una buona dose di mobilità
armonica intrinseca, ci concediamo di estendere l’uso della Virgola anche in tale
frangente. Infatti il ritorno alla tonalità di Sol maggiore è pienamente compiuto
con la fine della Fonte (b. 18). Con l’inizio del Monte ha inizio la sezione B) alla
quale manca però, come diremo tra poco, completamente il carattere di Ripresa.

4) Cadenza completa d’inganno (aumentata) (bb. 27-28)

Tale cadenza risulta:

65
a. Completa IV 56 − V43
b. D’inganno (o Falsa secondo Fenaroli) V − VI
72

c. Aumentata in quanto inaspettatamente non ci troviamo di fronte alla


classica armonia di Mi minore (che si avrebbe in una normale cadenza
d’inganno). L’accordo VI6# aumenta ancora la tensione, facendo presagire
di essere in fase conclusiva del brano e risulta di ottimo effetto per
preparare la Virgola successiva. Dunque il termine aumentato rende conto
unicamente della tipologia di accordo, e non specifica il tipo di Cadenza.

Le precisazioni fatte fin qui consentono di confermare la presenza di 3 sezioni.


Diversamente dall’ultimo esempio Mozartiano, nella terza sezione non si ha una
ripresa, in quanto l’unico elemento di A) che viene riproposto, a parte la tonalità, sono
il Passo indietro e la Cadenza completa composta finale. Analogamente a Mozart invece,
il Fonte costituisce una sezione a sé stante indicata con P), poiché essa ha chiaro valore
di Ponte modulante.
73

4.3.2 – Sonata I per il clavicembalo, III Movimento: Menuet


Questo interessante Minuetto, tratto dalla raccolta di 6 Sonate per il clavicembalo,
presenta dopo l’esposizione del Minuetto 5 variazioni di notevole interesse stilistico per
le tipologie di variazioni adottate.
74

Di questo Minuetto forniamo anche un’analisi grafica, dalla quale andremo ad


estrapolare alcuni passaggi di interesse.

Vediamo di chiarire qualcuno dei passaggi sopra riportati:

• Cadenza imperfetta (bb. 3-4)


Data la semplicità del passaggio, si è scelto di ricorrere alla nomenclatura di
Fenaroli.
75

• Modulazione 𝐌𝟏 (𝐋𝐚+→ 𝐌𝐢+) (bb. 5-7)


La modulazione che porta al tono della Dominante coincide con la Virgola lunga
e parte dal grado comune III = VI. La cadenza semplice (Fenaroli) suggella la
nuova tonalità.

• Monte a 2 stadi (bb. 9-12)


L’intero Monte in tal caso può essere visto anche come Clausola cantizantes di
tipo Convergente. Infatti essa coincide anche con la Modulazione 𝐌𝟐 (𝐌𝐢+→ 𝐋𝐚+)
in quanto inizia invertendo la modulazione precedente ponendo VI = III e quindi
in tal modo tutto il passaggio assume valore cadenzale. Volendo introdurre
nuovamente il formalismo para-matematico, notiamo che M2 inverte l’effetto di
M1 e dunque potremmo scrivere:

1
𝑀2 = 𝑀 oppure 𝑀2 = 𝑓′(𝑀1 )
1

Analogamente agli esempi precedenti inoltre, la sezione che segue il primo


ritornello (solitamente Monte, Fonte o Ponte), assume la duplice funzione di Ponte
modulante e Sviluppo. Infatti la melodia di ogni stadio del Monte appare come una
variazione del Do-Re-Mi iniziale:

Diversamente dal caso precedente però, la sola funzione di Ponte modulante e


sviluppo, in ragione della breve durata del brano, non consente di trattare tale
passaggio come struttura compiuta. Data la forte valenza binaria del brano, il
passaggio viene infatti considerato come parte di B);

• Do-Re-Mi/Mi-Re-Do (b. 13)


Tale battuta costituisce una specie di piccola ripresa del Tema, in quanto troviamo
il Do-Re-Mi iniziale in una versione ad ottavi, sovrapposto ad un movimento
contrario del basso denominato Mi-Re-Do;

• Cadenza emiolia (bb. 14-16)


La struttura ritmica e armonica della cadenza conclusiva, suggerisce chiaramente
una rottura dell’impianto ternario della danza. La cadenza emiolia assume
storicamente proprio tale funzione, inducendo un rallentamento apparente del
ritmo modificando la scansione da ternaria a binaria. Tale clichè ovviamente va
ricondotto primariamente a questione coreografiche e coreutiche insite nella
natura stessa del movimento di danza.
76

La cadenza quindi è componibile attraverso la combinazione di due cadenze:

a. Virgola VII − (V) − I (b. 14). Proprio il cambiamento ritmico suggerisce la


presenza di una Virgola in quanto la scansione binaria, fa si che il I si trovi
su un tempo forte, relegando quindi il V (posto appunto tra parentesi) in
posizione debole;
b. Cadenza completa composta I − IV − V46 − V35 (b. 15) in cui il passaggio sul
V46 aumenta il valore cadenzale e terminale del passaggio. Schematizzando
come Fenaroli, tale passaggio sarebbe una Cadenza mista semplice.

Nella tabella che segue a conclusione dell’analisi, troviamo riportata la medesima


struttura illustrata nell’analisi grafica precedente.

Sezione Battute Tonalità Schema/Modello

Do-Re-Mi (melodia)
1-2
La+ Do-Si-Do (basso)
A) 3-4 Cadenza imperfetta
5-7 M1 Virgola lunga
7-8 Mi+ Cadenza semplice
Monte a 2 stadi (Clausola
M2
9-12 convergente)
Do-Re-Mi (melodia)
13
Mi-Re-Do (basso)
B)
Emiolia
La+
- Virgola (b. 14)
14-16
- Cadenza completa composta (bb.
15-16)
77

4.5 – Lodovico Giustini


Considereremo di seguito alcuni passaggi significativi tratti dalla Sonata VII del già
citato Lodovico Giustini. Considereremo solamente la prima parte della Alemanda 1 di
apertura della Sonata, in quanto in essa possiamo rintracciare molti degli schemi già
affrontati. In particolare focalizziamo l’attenzione sui seguenti andamenti:

• apertura tipo Meyer, o meglio Pastorella data la ripetizione del V grado tra secondo
e terzo stadio e la particolare ritmica del tema (bb. 1-4);

• doppio Prinner consecutivo, entrambi incapsulati in una progressione (bb. 4-8)

(I
⏟ = IV) − III − (VI) − II − (V) − (I = IV) → (I
⏟ = IV) − III − (VI) − II − (V) − I
Prinner 1 (modulante) Prinner 2

Il primo Prinner ha carattere modulante (sebbene transitorio), mentre il secondo è


nella versione “canonica”, in quanto porta dal IV grado al I. Dopo il secondo Prinner
si verifica la prima vera modulazione del brano (I = IV) la quale conduce verso il
tono della dominante. Tale modulazione è ufficialmente sancita da una breve
cadenza mista semplice (bb. 10-11), la quale costituisce l’effettiva chiusura della
prima sezione;

• quiescenza nel tono di re (bb. 11-13). Nell’ultimo quarto di battuta 13, la


modulazione è solo apparente (il do naturale alla melodia serve a rinforzare il
passaggio successivo e dunque a preparare la cadenza seguente);

• cadenza mista semplice (bb. 14-15).

11 Per lo spartito completo, si rimanda a pag. 157.


78

Riportiamo tali schemi direttamente sulla partitura (l’abbreviazione C.M.S. sta per
Cadenza Mista Semplice):
79

4.6 – Fedele Fenaroli


Il partimento che segue è tratto dal libro IV (De’ Partimenti senza numeri). Presentiamo
dapprima la riproduzione anastatica dell’originale, procedendo quindi ad una analisi
formale in base agli schemi presentati. Infine si procederà a proporre una possibile
realizzazione dello stesso.

4.1.1 - Macro struttura e analisi melodica


La struttura del partimento presenta 3 sezioni che individueremo con le lettere A), B),
C) e D), indicandone la rispettiva tonalità. Dal punto di vista tematico spiccano le
seguenti figurazioni, denominate a), b) e c) di cui presentiamo l’andamento ritmico:

4.1.2 - Analisi delle modulazioni


Considerando le modulazioni, possiamo individuare le transizioni tonali ricorrendo al
formalismo introdotto nei capitoli precedenti. Possiamo quindi scrivere:

M1 (Si𝑏+→ Fa +) = MAB

M2 (Fa+→ Sol −) = MBC

M3 (Sol−→ Si𝑏 +)
80

L’analisi delle modulazioni, unitamente alle figurazioni tematiche, ci consente di


identificare 3 sezioni:

• A) ossia la sezione principale che presenta i motivi tematici costituenti;

• B) ossia la riproposizione di A) nel tono della Dominante;

• C) dopo aver riproposto A) nel tono del Sesto grado, introduce una sorta di
sviluppo.

La terza modulazione avrebbe però potuto portare ad identificare da battuta 27, l’inizio
di una quarta sezione D). Il fatto che essa non presenti però una riproposizione di A),
ma costituisca come accennato una sorta di “sviluppo”, avente anche carattere di coda
conclusiva, ha fatto mantenere ferma la distinzione in 3 strutture principali (eccezio n
fatta per una meta-sezione di raccordo che funge da ponte modulante tra B) e C).
Entrando ora nel dettaglio delle modulazioni, procediamo ad una loro analisi
servendoci dei modelli di riferimento (Fenaroli e Gjerdingen):

• M1 si verifica a battuta 10 mediante una Cadenza imperfetta: per usare le parole


stesse di Fenaroli, la Tonica scende di 3° sulla sesta del tono con l’accordo di 3°
minore e 6° maggiore;

Il numero 6# è quello previsto da Fenaroli nel caso appunto della Cadenza


imperfetta.

• M2 si concretizza alle battute 20-21: dopo aver riproposto B) nel tono della
dominante non si fa ritorno a Sib maggiore ma tramite una Cadenza cromatica
tronca (che Fenaroli eguaglia alla Cadenza sfuggita per il fatto che conduce al
tono della Sesta, ossia a Sol minore).
81

Il numero 7b posto sul terzo tempo di battuta 20, è stato introdotto in osservanza
al modello di Cadenza cromatica tronca proposta da Fenaroli, così da ovviare alla
falsa relazione tra le voci in fase di realizzazione.

• M3 ha luogo tra le battute 24 e 26. In particolare, a 24 il numero 6b del basso sul


terzo tempo della battuta, fa si che si passi dal tono di Sol a quello di Sib, in quanto
lo stesso Sol diventa Sesto grado di Sib. Operata la modulazione, si ha quella che
Gjerdingen chiama Virgola lunga (si veda il capitolo 3), per cui il basso sale al
Sib, riaffermando la tonalità di impianto. La figura sottostante illustra il
procedimento nel dettaglio:

4.1.3 - Analisi delle strutture


Analizziamo ora la struttura di A), per estendere così i ragionamenti anche a B).
Possiamo, all’interno di A) individuare due sotto sezioni.

• La prima sotto-sezione A 1) (bb. 1 – 4) fa uso delle figurazioni a) e b) e si può


suddividere in due sottosezioni:

o Pedale di tonica ripetuto (bb. 1 – 2) con Prinner ricamato nel tessuto di


sedicesimi del tremolo a).

o un esacordo discendente che reca la numerazione di 6 per le prime 4 note


ripetuto due volte (bb. 3 – 4). Sono proprio queste note che consentono di
far emergere un Prinner nelle voci superiori, invece che al basso.
82

Tale figurazione suggerisce anche di introdurre un Prinner in una voce


secondaria, in corrispondenza delle ultime quattro note della figurazione
esacordale, come mostrato in figura

• La seconda sotto-sezione A 2) presenta un carattere nettamente diverso in quanto


compare la figurazione c). La scomparsa delle precedenti figurazioni costituisce
un suggerimento a farne uso nella realizzazione della sezione in questione. Essa
è composta da:

o una Cadenza grande III − IV − V − I (bb. 5 – 8), cui è stata aggiunta la


numerazione, che serve a stabilire la tonalità di fa maggiore:

o una Quiescenza ripetuta (bb. 8 – 9):


83

Tale struttura, affrontata nel capitolo precedente possiede un certo


carattere di transitorietà, dovuta principalmente al fatto che la risoluzione
sul I grado con 5/3 non avviene internamente ad ogni Quiescenza ma
coincide con la battuta seguente. Nel caso della prima Quiescenza quindi
avremo nuovamente una nuova Quiescenza, al termine della quale il
discorso musicale non si arresta ma conduce ad una nuova sezione tramite
una modulazione;

o La Cadenza imperfetta (b. 10) che modulando a Fa maggiore, prepara


l’entrata di B (vedasi il discorso fatto per la modulazione nel paragrafo
precedente).

Nell’evitare l’analisi di B), estendiamo ad essa tutte le considerazioni fatte per A),
privandola però del prosieguo post-quiescenza, ossia facendola terminare alla battuta
19. Così B) risulterà più corta di una battuta rispetto ad A).
Come già rilevato in fasi di analisi preliminare, per meglio descrivere il Partimento,
occorre introdurre una struttura accessoria, o meta-struttura, p), associandola alle
battute 20 e 21. Tali battute hanno una funzione di vero e proprio Ponte modulante e
dunque pertanto riteniamo che debba essere reso indipendenti dalle altre strutture.
Infatti la precedente modulazione M 1 non costituisce un vero e proprio ponte modulante
e pertanto è stata inglobata in A).
Passiamo dunque ad analizzare C), suddividendola anch’essa in 3 sottosezioni:

• La prima C 1) (bb. 22 – 27) è del tutto analoga ad A) e a B) a parte la tonalità e la


presenza della terza modulazione. Nello specifico abbiamo quindi:

o Pedale di tonica ripetuto (bb. 22 – 23) con relativo Prinner nascosto

o Virgola lunga (bb. 24 – 25) che contiene la modulazione M 3, di cui è stata


spiegata la natura poc’anzi;

o Esacordo discendente ripetuto (bb. 26 – 27) con Prinner “polifonico” nelle


voci superiori:
84

• La seconda C2) assume un carattere di “sviluppo” in quanto utilizza a), b) e c) per


introdurre schemi e formule ancora non utilizzati in tale partimento. Inoltre da
battuta 34 a 39 si ha l’esatta riproposizione delle battute da 28 a 33. Ancora una
volta dunque notiamo come la ripetizione giochi un ruolo fondamentale
nell’economia delle scelte compositive. Nella fase di sintesi e di conclusioni, ciò
ci porterà ad alcune interessanti osservazioni di natura strumentale, stilistica in
relazione al panorama tastieristico settecentesco.
Vediamo però prima nel dettaglio in cosa consiste questo “sviluppo”:

o Monte a 2 stadi (bb. 28 – 30, 34 – 36) in cui il tremolo di sedicesimi a) viene


utilizzato per essere riproposto aumentando il discorso musicale di un
tono:

Tale struttura risulta più chiara se sintetizzata come nella figura sotto:

o serie composta di cadenze, che si intrecciano tra loro. Il finale del Monte
precedente conduce alla Dominante un tempo forte e l’arrivo su tale grado
comporta un certo senso di sospensione. Infatti possiamo notare che le
battute 31 e 32 consistono in una chiara Cadenza sfuggita (per usare la
nomenclatura di Fenaroli), in cui il basso discende per grado dalla Dominante
sulla Terza del tuono cogli accordi ordinarj (si veda il capitolo 2). Usando la
classificazione di Gjerdingen, queste due battute sono classificabili come
Passo indietro, un tipo Clausola altizantes (vedasi il capitolo 3).
85

È oltremodo evidente che in tal caso, le due schematizzazioni sono


esattamente assimilabili e si può ricorrere identicamente ad ognuna di
esse:

Come linea generale, sceglieremo di prediligere, quando possibile, la


trattazione di Fenaroli, dunque anche la cadenza immediatamente
successiva alle battute 32 e 33 sceglieremo di schematizzarla come
Cadenza mista, in loco della Clausula perfectissima: Cadenza completa
composta proposta da Gjerdingen.

La scelta di usare la prima invece che la seconda, discende quindi


unicamente da una valutazione formale e artistica del passaggio. Infatti, la
prima delle cadenze analizzata, quella delle battute da 5 a 8 altro non
sarebbe che una cadenza mista, usando la classificazione di Fenaroli.
Il carattere prolungato della stessa e il fatto che sia usata per terminare la
sezione principale A), ha fatto preferire l’utilizzo del termine Cadenza
lunga allo scopo di rafforzarne il valore conclusivo di sezione,
presupponendo quindi che la sua realizzazione sia tale da essere
tematicamente interessante, combinando a) e b).
Ulteriori cadenze sfuggite sono quelle alle battute 33-34 e 39-40, per cui
valgono le stesse identiche considerazione fatte sopra;

o la cadenza conclusiva pone fine al continuo rimando, causato dall’uso del


V − III, e avviene alle battute 40 e 41. La cadenza in questione è
doppiamente interpretabile secondo i due modelli presi a riferimento:

▪ Cadenza semplice (Fenaroli) in virtù del salto di ottava al basso per cui
dalla Dominante coll’accordo di 4° e 6°, e poi di 3° e 5°, si fa riposo sulla
Tonica.
86

▪ Cadenza completa composta (Gjerdingen) la quale presenta il 6/4 sul


secondo tempo di battuta 40.

Anche in tal caso optiamo per la versione di Fenaroli, proprio in virtù del
carattere di riposo conclusivo che presenta la descrizione dell’autore
stessa.
In figura sono riportate le cadenze conclusive:
87

Siamo quindi ora in grado di poter presentare l’analisi completa in veste grafica
dell’andamento del Partimento a partire dalla linea del basso, così da avere uno sguardo
globale del brano sotto l’aspetto strutturale e formale degli schemi, cadenze e formule
individuate.
88

Le strutture presentate sono state quindi riportate in maniera analitica nella tabella
sottostante, così da riassumere agilmente quanto detto:

Sezione Battute Tonalità Schema/Modello


1-2 Pedale di tonica con Doppio Prinner
Esacordo discendente ripetuto:
3-4
Sib+ doppio Prinner "polifonico
A)
5-7 Cadenza grande
8-9 Doppia Quiescenza ternaria
10 M1(Sib+→Fa+) Cadenza imperfetta
11-12 Pedale di tonica con Doppio Prinner

13-14
Esacordo discendente ripetuto:
B) Fa+ doppio Prinner "polifonico"
15-17 Cadenza grande
18-19 Doppia Quiescenza ternaria
Cadenza cromatica tronca (Ponte
p) M2(Fa+→Sol-)
20-21 modulante)
22-23 Sol- Pedale di tonica con Doppio Prinner
24-25 M3(Sol-→Sib+) Virgola lunga
Esacordo discendente ripetuto:
26-27 doppio Prinner "polifonico
28-31 Monte a 2 stadi
31-32 Cadenza sfuggita (Passo indietro)
Cadenza mista (32-33) e Cadenza
C)
33-34 evitata (33-34)
Sib+
34-37 Monte a 2 stadi
37-38 Cadenza sfuggita (Passo indietro)
Cadenza mista (38-39) e Cadenza
38-40 evitata (39-40)
Cadenza semplice conclusiva
40-41 (Cadenza completa composta)

4.1.4 - Considerazioni
Dopo aver condotto un’analisi capillare della struttura del Partimento, possiamo
passare ad alcune considerazioni, preliminari alla realizzazione del partimento stesso.
89

Notiamo dapprima che tutto il partimento è caratterizzato dai seguenti parad igmi:

• Ripetizione motivica
• Incertezza risolutiva

Possiamo quindi individuare due macro-strutture che compongono il brano:

• nella prima parte del Partimento, sezioni A) e B), la ripetizione motivica assume
un carattere affermativo e potremmo dire propositivo in senso compiuto: le
cellule motiviche a), b) e c) presentano piena autonomia e caratteri ben distinti e
quindi in entrambe le sezioni, si hanno dei discorsi compiuti;

• diversa è la seconda parte, ossia p) e C). Ciò che ci si attenderebbe, dopo una fase
di sviluppo, sarebbe la riproposizione, magari con qualche variazione, di A) nella
tonalità di impianto. Nonostante il ritorno alla tonalità di Sib sia pressochè
immediato (C 1 dura solo lo spazio di qualche battuta), non abbiamo una “ripresa”
in senso canonico di A) ma l’utilizzo delle sue componenti melodiche per
costruire un ulteriore sviluppo (Monte e serie di cadenze). Mentre la funzione del
Monte è quella di aumentare la tensione armonica portando il discorso verso la
dominante, la cascata di cadenze successiva ne smorza la tensione. La
conclusione vera e propria viene quindi procrastinata nuovamente, per essere
affidata ad una breve cadenza semplice della durata di 2 battute.

E’ interessante quindi notare che, mentre nella prima parte abbiamo cade nze di ampio
respiro, nella seconda si crei un certo affanno risolutivo e che questo abbia fine con una
Cadenza semplice. La ripetizione motivica e di strutture, consente anche di poter
azzardare una destinazione quasi fortepianistica del brano: dall’analisi sin qui condotta
infatti, emerge la sussistenza di piani dinamici intrinseci che ben si adattano alle
possibilità espressive del “nuovo strumento”. Nella realizzazione che segue, verranno
proposte alcune indicazioni dinamiche che renderanno conto delle affermazioni appena
fatte.
90

4.1.5 – Sintesi: una possibile realizzazione in stile


La realizzazione che segue è stata composta concedendosi alcune libertà sul piano della
condotta delle voci e sul loro impiego: infatti si è optato per una realizzazione “piena”
con accordi stesi e riempimenti armonici ove necessario, coerentemente con una scelta
stilistica verso una galanteria matura, per non dire pienamente classica (alcuni passaggi
sono in perfetta coerenza con alcuni studi del Gradus ad Parnassum di Muzio Clementi
1il quale, da fine didatta qual era, sicuramente non trascurò di tenere in ampia

considerazione la scuola del Partimento con la quale egli stesso crebbe musicalmente).
Si noti nella realizzazione l’utilizzo della figurazione b) per imbastire piccoli tessuti
contrappuntistici sia nei Prinner “polifonici”, sia nella sezione C) impiegandoli come
elemento caratteristico di ognuno dei due Monte (bb. 28-31 e 34-37).
Naturalmente, Partimenti di questo stampo si prestano a numerose realizzazioni,
condotte secondo stili che possono spaziare dal primo settecento sino al finire del secolo.

1Muzio Filippo Vincenzo Francesco Saverio Clementi (Roma, 1752 – Evesham, 1832) fu un compositore,
didatta e pianista italiano. Deve la sua fama alla produzione pianistica e sulla sua tomba venne incisa la
scritta "Padre del Pianoforte".
91

Partimento N. 26
Libro quarto, pag. 107
Fedele Fenaroli
Realizzazione di Alessandro Casali
92
93
94

4.7 – Altri partimenti


Non entreremo nei dettagli di ogni singolo partimento realizzato, e pertanto
presenteremo unicamente le partiture, evidenziando qualora necessario, alcuni dettagli.

4.7.1 – Domenico Cimarosa


I partimenti che seguono sono tratti da un volume manoscritto del 1762 e conservato
presso la Biblioteca Estense Universitaria di Modena.

1) Il primo contributo è il partimento a pag. 19:


95

Per comodità di lettura, lo riproponiamo in una versione più facilmente


interpretabile:
96

Tra gli schemi galanti presenti notiamo:

o il Do-Re-Mi già presentato nel capitolo precedente, il quale si trova:

▪ sia nel basso

▪ sia nella melodia (la numerica scritta da Cimarosa rende esplicito tale
andamento):

Ciò è il primo indizio utile alla realizzazione, in quanto è evidente che il


Do-Re-Mi del basso sarà lo stesso di quello della melodia: ciò sancisce il
carattere tematico di tale passaggio;

o un Prinner incapsulato nella progressione alle battute 21-23, culminante in


una Cadenza mista semplice (battuta 23):

Dal punto di vista formale è composto da tre sezioni:

1) sezione A) formata dalla riproposizione del tema in ottavi prima nel basso (bb.
1-2) e poi nella melodia (bb. 4-5);

2) sezione B) formata dalla riproposizione di A) nel tono del III grado e quindi
alla relativa maggiore (bb. 7-13); la modulazione avviene semplicemente in
virtù del fatto che il I di La minore è VI di Do maggiore. In fase di realizzazione
si è scelto di creare un piccolo ponte motivico nella melodia che conduce da
La a Do, semplicemente tramite una piccola scaletta ascendente;
97

3) una fase S) di vero e proprio sviluppo (bb. 13-28) in cui:

▪ il tema viene proposto in tonalità vicine, lasciando modo all’esecutore


di imbastire giochi imitativi (bb. 13-20);
▪ si ha una doppia progressione conclusiva, che riconduce al tono di Do
(bb. 21-28);

4) una quasi-ripresa di A) nel tono di impianto (senza alcuna modulazione


apparente) in cui si susseguono i seguenti eventi:

▪ lo scambio tematico viene ravvicinato tra le linee del basso e della


melodia e si intensifica una sequenza di cadenze;
▪ le cadenze conducono a battuta 35 dove si ha un punto di arresto in cui
il frenetico tessuto ritmico e melodico si arresta sul III grado con 6/3.
Non è una vera e propria cadenza sfuggita, in quanto non si ha il
passaggio discendente del basso V − IV − III. Alternativamente, se
consideriamo il II grado nell’orbita della dominante, può essere altresì
classificata come cadenza tronca;
▪ segue un ulteriore punto di arresto a metà di battuta 35 dove l’armonia
si ferma sull’accordo di dominante in primo rivolto. Abusando
lievemente della catalogazione di Fenaroli, parleremo di cadenza
“imperfetta” in quanto si ha una fermata sull’accordo di dominante
(anche se manca il passaggio sulla sesta del tono, come prescriverebbe
la scuola napoletana classica). Alternativamente, possiamo
considerarla semplicemente come cadenza sospesa;
▪ si giunge alla conclusione con la cadenza risolutiva, anch’essa mista
semplice come la fine della sezione A). La figura seguente illustra tale
andamento.

Nella pagina seguente viene riportata la tabulazione della struttura del


partimento:
98

Sezione Battute Tonalità Schema/Modello


Do-Re-Mi (basso) e Do-Si-Do (melodia)
3 Cadenza mista semplice
4-5 Do-Re-Mi nella melodia
A) La- Cadenza composta da:
- cadenza imperfetta (bb. 5-6)
5-6
- passo indietro (cadenza sfuggita) +
cadenza mista semplice
7-9 Do-Re-Mi (basso) e Do-Si-Do (melodia)
9-10 Cadenza mista semplice
10-12 Do-Re-Mi nella melodia
B) Cadenza composta da:
- cadenza imperfetta (bb. 11-12)
12-13
- passo indietro (cadenza sfuggita) +
cadenza mista semplice
Sezione "imitativa"
- cadenza imperfetta (b.16)
- pedale di dominante con
Do+
13-21 Fenaroli incapsulato (bb. 16-17)
- cadenza semplice mista (bb. 18-19)
- cadenza "lunga"modificata, con
S) estensione al II grado (bb. 19-21)
21-23 Prinner incapsulato
23-24 Cadenza mista semplice
Progressione per salti di 5° e 4°
24-26
(probabile Doppio Prinner incapsulato)
27 Passo indietro
27-28 Cadenza semplice mista
Do-Re-Mi con imitazione tra linea
29-31
del basso e melodia
Cadenza composta da
32
virgola + cadenza semplice mista
Do-Re-Mi alternato nella melodia (b. 33)
33-34
e nel basso (b. 34)
A') La-
Fermata composta da:
34-35 - cadenza "sfuggita" o tronca
- cadenza "imperfetta" o sospesa
Cadenza conclusiva composta da:
35-37 - cadenza falsa
- cadenza semplice mista
99

La realizzazione che proponiamo di seguito , ha tenuto conto di alcuni particolari


stilistici: partendo dal ritmo incalzante di tarantella, si è fatto utilizzo di utilizzo
di tutte le figurazioni ritmiche presenti nel basso, ricercando ove possibile di
impiegare tutte le configurazioni imitative e dialogiche.

Partimento
Ms., 1762 – Pag. 17
Domenico Cimarosa
Realizzazione di Alessandro Casali
100
101

2) Il secondo Partimento è quello seguente, a pagina 18. Sebbene non presenti


particolari schemi di rilievo, è interessante perché presenta interamente una
forma di Follia. La forma di Follia, godette di notevole fortuna nel periodo
barocco, e continuò a goderne anche nel secolo successivo trovando impiego per
la composizione di serie di variazioni.

Come appena accennato, non essendoci particolari schemi da mettere in


evidenza, procediamo col presentarne una sua realizzazione. Infatti è stata
condotta in maniera piuttosto semplice, ricorrendo ad un impianto accordale di
natura continuistica, usando qualche abbellimento e ricercando una primitiva
melodia nella seconda parte, quando si ha la “riesposizione”.
102

Partimento
Ms., 1762 – Pag. 18
Domenico Cimarosa
Realizzazione di Alessandro Casali
103
104

4.7.2 – Fedele Fenaroli


L’ultimo Partimento “risolto” è nuovamente preso dal quarto libro di Fenaroli.

Presentiamo a partire dalla pagina successiva, una possibile realizzazione, usandola in


una sorta di “procedimento inverso” per analizzare alcuni stralci del partimento stesso.
105

Partimento N. 30
Libro quarto, pag. 109
Fedele Fenaroli
Realizzazione di Alessandro Casali
106

Chiudiamo quindi questo capitolo analizzando, come preannunciato, il partimento in


alcuni punti “notevoli” partendo dalla realizzazione del partimento stesso.

• Virgola (b. 8) e Cadenza imperfetta (b. 9)


La Virgola è incastonata in un discorso cadenzale più ampio, ma si è scelto di
evidenziarla accentuandone la valenza armonica. Siccome la seconda Virgola
presente a cavallo delle battute 8 e 9 inoltre presenta una settima sul VII grado, essa
è catalogabile come Jommelli (secondo Gjerdingen).
107

Notiamo che il “tema della Virgola” al basso è stato riproposto alla melodia nella
Cadenza imperfetta successiva, la quale prepara il pedale di dominante seguente
(bb. 10-11).

• Fonte a due stadi (bb. 13-21)


Ogni stadio si presenta formato da due sezioni:

o doppia cadenza d’inganno (falsa), seguita da un Prinner. La reiterazione si


dimostra uno strumento tipico dell’elaborazione galante:
o “ripresa” dell’idea tematica principale (costituita da scale discendenti in
sedicesimi e ottavi ribattuti);
o cadenza mista (nel primo stadio, evidenziato in figura si è scelto di usare la
sesta napoletana, essendo tale stadio in tonalità minore).

La Fonte funge anche da Ponte modulante, in quanto riporta l’armonia nel tono
di Do.
108

• Cadenza lunga doppia (bb. 25-29)


Di tale cadenza si è discusso nel precedente capitolo. Notiamo solamente che essa è
seguita (bb. 28-29) da una Cadenza perfetta, la quale ha la funzione di “sentenziare”
la fine del brano.

Per concludere facciamo notare che nella realizzazione di quest’ultimo partimento di


Fenaroli, a differenza del precedente n. 26, si è scelto per una più semplice realizzazione
cembalistica, in loco di una pianistica. Le opere tastieristiche di Fenaroli sono per la
maggior parte dedicate al cembalo e all’organo (strumenti di predilezione), mentre solo
le 10 fughe cromatiche del 1795 mostrano una duplice destinazione cembalo-
pianoforte 1.

1Fabio Dell’Aversana, Le composizioni per strumenti a tastiera di Fedele Fenaroli e Domenico Cimarosa, PM
Edizioni, Roma (2015), pag. 49-50.
109

5. CONCLUSIONI

Dopo aver riportato ed esteso alcune delle considerazioni fatte nei precedenti capitoli,
procederemo dettagliando alcuni aspetti rilevanti in virtù di possibili evoluzioni future.

5.1 – Contro e pro del “Metodo Gjerdingen”


Tracciando un riassunto di quanto emerso, partiremo esaminando i “contro” dell’analisi
di Gjerdingen, per confrontarli con i “pro”. Il principale “punto debole” dell’analisi
schematica di Gjerdingen, può essere descritto come una eccessiva “liquidità”
nell’analisi: la schematizzazione può essere definita liquida in virtù dell’insorgenza di
alcune contraddizioni (ad. Esempio Meyer e Sol-Fa-Mi) e, sebbene muova i suoi passi
dalla tradizione e da trattati d’epoca, rimane comunque una catalogazione a posteriori,
ossia frutto dell’analisi postuma.
Nel dettaglio è emerso che la schematizzazione riguardante la condotta armonica risulta
pienamente sufficiente per definire i relativi modelli melodici sovrastanti: siccome la
linea del basso e la conseguente realizzazione (e interpretazione) racchiudono la linea
melodica, può risultare talvolta eccessivo voler individuare determinati schemi nel le
linee melodiche.
Inoltre la complessità di certi passaggi melodici rende talvolta oneroso, nonché
meccanico e artificioso, il rintracciare schemi precisi, con il rischio di appesantire
l’analisi e la trattazione.
Nonostante questi “punti deboli”, tale catalogazione mostra però una notevole validità
nel momento in cui, come si è ampiamente dimostrato, essa mostra l’esistenza di un
patrimonio di schemi, formule, soluzioni che i compositori trasmettevano attraverso un
insegnamento pratico ai propri alunni. Questo patrimonio di conoscenze, veniva quindi
trasmesso di volta in volta da professore ad alunno, combinandolo con i gusti musicali
in evoluzione e le particolari sensibilità musicali e artistiche, operando il traghettamento
dal tardo barocco al classicismo di cui abbiamo parlato nell’introduzione.
L’applicazione al repertorio di un’analisi di questo tipo ha fatto quindi emergere la
presenza costante di canovacci di base, che si ritrovano in autori di differente
provenienza, donando un respiro europeo allo stile galante.
Possiamo quindi parlare dell’esistenza di un Metodo Gjerdingen, utile per condurre
analisi specifiche del repertorio e anche un’analisi d’ambiente complessiva sul periodo
in esame. Il nostro lavoro ha inteso utilizzare quindi questo metodo, incentrandolo sul
clavicembalo e sulla pratica cembalistica, in particolar modo sull’arte del basso
continuo. Questa restrizione di dominio ha rivelato una notevole ricchezza e riteniamo
che in essa sussistano tutte le condizioni per le future evoluzioni sia in campo vocale
che strumentale.
In ultima analisi, appare evidente che la portata ultima dei contro è inferiore a quella
dei pro: dovendo riassumere con un aggettivo la schematizzazione di Gjerdingen, il
termine versatile appare senza dubbio il più indicato.
110

5.2 – Alcune prospettive future


Per far sì che l’analisi sia condotta al meglio, riteniamo che ad esso vadano abbinate
anche:

1) considerazioni formali più precise, ricorrendo ad esempio a metodi di analisi


formale1. In particolar modo si ritiene di dover approfondire l’analisi sul versante
dello sviluppo della Forma di sonata, facendo emergere l’esistenza di una
evoluzione precisa che, partendo dalle danze binarie, dall’aria e dalle forme
ritornellate tipiche dell’estetica barocca, ha consentito di pervenire non alla
creazione di una nuova forma, bensì alla sintesi di una nuova forma saldamente
ancorata alle proprie radici;

2) utilizzazione altri trattati e metodi del periodo, pervenendo a considerazioni


incrociate ottenute facendo ricorso ad altre fonti storiche (e ad autori come Sala,
Imbimbo, Zingarelli, Paisiello e ad altri della scuola napoletana 2). In tal modo il
partimento passerebbe da semplice pretesto espositivo (oltre che ottimo esercizio
di stile) a paradigma di una concezione musicale ad alto contenuto artistico e
soprattutto didattico, riscoprendo la doppia valenza teorica e pratica del
partimento;

3) valutazioni riguardo al ricorso a metodi “moderni” di analisi musicali come


l’analisi Schenkeriana 3, le teorie neo-riemanniane 4 e la teoria dei grafi5. Ad
esempio l’utilizzo di un formalismo para-matematico per quanto concerne
l’analisi delle modulazioni, vuole fornire un possibile esempio di integrazione di
analisi “classica” con applicazioni extra musicali.

Il lavoro di analisi condotto consente quindi di ipotizzare un maggiore focus sulla


letteratura tastieristica settecentesca europea, concentrandosi su aspetti stilistici di tipo
prettamente strumentale, come ad esempio l’impatto che ebbe l’avvento del pianoforte
nel secolo dei lumi.

1 A titolo di esempio si consideri Charles Rosen – Le forme sonata – EDT, Torino (2011).
2 Così da considerare al meglio la portata storica del Partimento. Si consideri il seguente volume di
approfondimento: Giorgio Sanguinetti – The art of partimento: History, Theory, and Practice – OUP, Usa
(2012).
3 Prassi analitica musicale incentrata sulle opere del teorico viennese Heinrich Schenker (1868 – 1935) e

dai suoi allievi. Costituisce un importante metodologia per lo studio della musica tonale, volto a
rintracciare strutture gerarchiche stratificate su livelli successivi e basate su una struttura fondamentale
denominata Ursatz.
4 Le teorie neo-rimanniane consistono nell’insieme delle idee elaborate da un gruppo di studiosi a partire

dal sistema duale dello studioso tedesco Hugo Riemann (1849 – 1919).
5 L’applicazione della teoria dei grafi in ambito musicale è prassi consolidata da diversi decenni. Il grafo

musicale più noto è il Tonnetz, introdotto dal matematico Eulero (1707 – 1783) nel Tentamen novae theoriae
musicae (1739), in cui ogni vertice del grafo rappresenta una nota e ogni terna di vertici adiacenti due a
due, individua una triade.
111

Un altro aspetto ad esso correlato, potrebbe essere l’integrazione del metodo


Gjerdingen/scuola napoletana con altri trattati e metodi d’epoca italiani, così da
approfondire il confronto con i metodi pianistici d’inizio ottocento e la successiva
estetica classica e proto-romantica 1.

1 Il capitolo successivo si occupa proprio del rintracciare “echi galanti” nella letteratura didattica
pianistica del primo ottocento.
112
113

6. APPENDICE

Dedichiamo l’appendice della trattazione ad un esame preliminare volto a rintracciare possibili


echi galanti nella didattica pianistica di inizio ottocento, quando il gusto settecentesco è ormai
mutato in favore di un più maturo classicismo che si sta evolvendo verso lidi più romantici.
Ciò avverrà mettendo a confronto alcuni metodi didattici dell’epoca, per ognuno dei quali si
cercherà di rintracciare, ove presenti, eventuali richiami ai formalismi di cui si è disc usso nei
capitoli precedenti.

6.1 – Francesco Pollini e il Metodo pel clavicembalo


Riprendiamo qui il discorso iniziato nel secondo capitolo, tornando a considerare il
Metodo pel Clavicembalo di Francesco Pollini. Nella terza parte, immediatamente dopo
alla presentazione delle cadenze, vengono introdotti alcuni giri armonici veri e propri,
intesi come concatenazione di modulazioni successive formate da cadenze:
114

Di particolare interesse è il seguente giro, “generato” da movimenti discendenti per


grado della linea del basso:

L’importanza di acquisire pratica nell’armonizzare seguendo movimenti per grado del


basso, è testimoniata dal fatto che lo studioso Emanuele Imbimbo 1 dedicò un intero
trattato2 all’armonizzazione delle scale, a partire della “regola dell’ottava” definita nei
secoli precedenti 3.
Infine riproponiamo l’incipit dei giri armonici che seguono, basati sui giri accordali
appena introdotti e secondo due andamenti principali:

- scale per ambo le mani;

1 Emanuele Imbimbo (Napoli, 1756 – Parigi, 1839) fu compositore, trattatista e teorico napoletano. Suo il
merito di aver divulgato le teorie armoniche della scuola napoletana oltralpe, dando alle stampe le opere
di Fedele Fenaroli. Di particolare interesse è l’opuscolo (1821) sul metodo di insegnamento applicato alla
musica Observations sur l'enseignement mutuel appliqué à la musique, et sur quelques abus introduits dans cet
art, preceduto da Notice sur les conservatoires de Naples.
2 Échelle musicale avec les accords ordinaires et les variantes dans la marche de ses degrés, dato alle stampe a

Parigi tra il 1808 e il 1811 presso l’editore J. Roy.


3 La “regola dell’ottava” o “scala armonizzata” ha costituto la base dell’insegnamento dell’armonia e del

contrappunto per i secoli XVIII e XIX, contribuendo a definire in maniera pr atica il concetto di tonalità.
Secondo il teorico napoletano Gaspare Selvaggi (1763-1856) “ la natura ci ha dato il modello [dei periodi
musicali] nella sua scala ascendente, e discendente. Questo periodo è il più semplice, il più completo, il più regolare
di tutti.” Secondo tale concezione dunque, la scala è la sintesi naturale della melodia, e la scal a
accompagnata è la sintesi della tonalità.
115
116

- stile “quasi severo”, tramite successioni di ritardi e urti corelliani;

Queste due tipologie di andamento costituiscono la base per acquisire pratica con i giri
armonici. Il passo successivo è quello di applicarli ad andamenti sempre più complicati,
come riportato negli esempi che seguono:
117
118

Chiudono la trattazione:

1) la raccomandazione allo scolaro di applicare le cadenze finali poste soltanto alla fine
d’ogni esercizio, pur anco ad ogni cangiamento di tuono, perché in tal modo non solo si
renderà sempre più padrone dello strumento, ma acquisterà altresì la facilità di fare le
Cadenze in qualunque siasi tuono;

2) l’amichevole e sincero […] consiglio espresso mediante tre avvertimenti precisi,


inerenti ad aspetti stilistici, interpretativi e tecnici:

Dunque anche lo studio di giri armonici e cadenze, deve sempre mirare ad una
precisione tecnica e al gusto interpretativo. Il fiorire di studi tecnici per pianoforte a
partire dalla fine del XVIII secolo e per tutto il XIX secolo seguirà tali av vertimenti e
non di rado sarà possibile scorgervi schemi tipici del periodo galante.
119

6.2 – Carl Czerny


Il grande pianista e didatta Carl Czerny 1 offre alcuni spunti interessanti alla nostra
analisi. Benchè con il passaggio del secolo il pianoforte abbia preso il sopravvento
definitivamente sull clavicembalo (nonostante alcuni residui puramente nominali nelle
intestazioni delle opere di vari autori, tra cui Beethoven e il già citato metodo di Pollini)
notiamo che il progresso tecnico dello strumento ha fatto si che la didattica si evolvesse
verso aspetti tecnico-digitali che il secolo precedente non aveva minimamente
considerato a livello letterario, se non in maniera saltuaria e occasionale.
Nonostante quindi il fiorire di metodi dedicati interamente al pianoforte, in cui quindi
prevalgono aspetti di mera tecnica tastieristica, non scompare affatto un approccio più
teorico il quale, rimanendo ancorato ai precetti del XVIII secolo e della scuola
napoletana, li applica alle nuove tendenze didattiche e stilistiche.

6.2.1 – Lettere ad una giovinetta


Presentiamo di seguito alcune considerazioni relative alle opere di Czerny, partendo da
una breve presentazione delle Lettere ad una giovinetta sull’arte del suonare il pianoforte. 2

Come si legge nel frontespizio dell’edizione londinese, l’apparato epistolare funge da


guida per suonare il pianoforte dai primi elementi al più alto stadio di approfondimento scritte
come appendice per qualsiasi scuola pianistica.

1 Carl Czerny (Vienna 1791 – Vienna 1857) fu pianista compositore, didatta, teorico e storico austriaco.
Fu discepolo di Beethoven e a sua volta insegnante di celebri musicisti tra cui Lizst. La sua produzione
didattica costituisce una componente fondamentale nella formazione della maggior parte dei pianisti.
2 Per l’edizione italiana, si veda la versione curata da Maria Cristina Caldarola (Florestano Edizioni,

2012 – ISBN 978-88-95840-30-7)


120

Nella settima lettera, l’autore entra nel dettaglio di tutti quei più piccoli suggerimenti che,
per loro natura, non trovano spazio in altre circostanze… [cit.]. I suggerimenti in questione
riguardano gli Elementi di armonia (la versione inglese parla di Basso continuo) essendo
questa la costituente fondamentale della musica congiuntamente alla melodia.

Dopo una presentazione degli accordi e degli intervalli, vengono presentati alcuni
esempi sulla loro composizione, così da formare numerosi passaggi, persino melodie.

L’ottava e la nona lettera proseguono nell’intenzione della precedente, soffermandosi


sulla formazione degli accordi e sulle concatenazioni basilari che si formano in un
ambito tonale, con un occhio di riguardo alle cadenze.
121

All’approfondimento di quanto esposto concisamente in queste lettere, segue il


consiglio a utilizzare il Trattato sull’armonia del compositore ceco Antonín Reicha (1770
– 1836). È evidente che la padronanza soprattutto pratica dei fondamenti dell’armonia
ha come scopo quello di iniziare l’allievo alla tecnica dell’improvvisazione (Decima
lettera): tali fondamenti, unitamente alla pratica e allo studio delle opere dei grandi
compositori “antichi e contemporanei” consentiranno una proficua applicazione alle
esecuzioni estemporanee e una perfetta realizzazione del talento dell’esecutore.
122

6.2.2 – Istruzioni sistematiche per fare fantasie al pianoforte


Il secondo contributo che introduciamo è il Systematische Anleitung zum Fantasieren auf
dem Pianoforte op. 200 1.

Il primo capitolo, interamente dedicato a piccoli preludi e fantasie e si apre, dopo alcuni
avvertimenti, presentando le seguenti cadenze:

1 Dato alle stampe nel 1829 a Vienna presso Diabelli & Cappi.
123

Le cadenze non presentano la numerica e sono ovviamente funzionali alla loro


realizzazione in stile secondo semplici ma variegati esempi:
124

L’esempio che segue (e che riportiamo per intero) mostra un giro armonico simile a
quelli del metodo di Pollini, muovendosi attraverso modulazioni successive ma
introducendo indicazioni dinamiche:
125

Il secondo capitolo è incentrato su preludi di più ampio respiro ed elaborati in modi


stilisticamente più complessi.

Il terzo capitolo tratta delle Cadenze, intese come punti di fermata e arresto, e sulla loro
ornamentazione e decorazione:

Gli esempi che seguono mostrano alcune possibili soluzioni di cadenze virtuosistiche in
vista della ripresa del tema.
126

Omettiamo le considerazioni sui capitoli seguenti (quarto, quinto, sesto e settimo) in


quanto relativi ad aspetti non strettamente inerenti alla nostra trattazione come Fantasie
libere, su tema e variazioni. L’ottavo capitolo invece, dedicato alle fantasie in stile
imitato e fugato, si apre con un esempio che richiama fortemente la scuola del
partimento.

Tale esempio viene poi declinato come segue, presentando una linea melodica che viene
posta in imitazione attraverso le varie voci:
127

Proponiamo a chiusura di tale paragrafo, la linea del basso dell’esempio precedente


nella sua interezza, così da evidenziarne il carattere di partimento:
128
129

6.2.3 – L’arte di preludiare applicata al pianoforte


L’op. 300 Fantasie-Schule, II: Die Kunst des Pr ludierens in 120 Beispielen è il naturale
prosieguo dell’op. 200 1.

Rispetto al precedente trattato, le componenti nozionistiche lasciano spazio ad esempi


puri, iniziando dalla presentazione di schemi cadenzali:

1 Faremo riferimento all’edizione londinese del 1840 ca. presso R. Cocks & Co.
130

Seguono quindi i preludi dal numero 1 al numero 59, dei quali presentiamo alcuni brevi
estratti, in alcuni dei quali non sarà affatto difficile rintracciare schemi e formule ormai
note:
131

La presentazione si sposta quindi sulla modulazione verso i toni lontani:


132

Quelli che seguono sono quindi preludi fondati su catene di modulazione successive,
facendo uso di stili variegati o per dirla con Pollini, andamenti diversi:

Tra gli andamenti ritroviamo quell’andamento precedentemente definito “severo”,


caratterizzato da ritardi di sapore chiesastico e procedimenti imitativi:
133

Ovviamente figurano anche andamenti virtuosistici pienamente in linea col gusto del
tempo:
134

Analogamente a quanto fatto con l’op. 200 proponiamo il seguente preludio,


riducendolo alla sola linea del basso, evidenziando quindi un chiaro rimando alla scuola
del partimento:

L’aspetto risultante è notevolmente “partimentale” e per rendere al meglio la natura


polifonica ed imitativa si è scelto di inserire in piccolo le entrate tematiche nelle voci
superiori:

I preludi restanti ampliano quanto presentato sino adesso, estendendolo a forme sempre
più ricche dal punto di vista stilistico e delle dimensioni. Questi aspetti esulano dagli
scopi della tesi e pertanto non verranno considerati, ma costituiscono una base per un
futuro lavoro di approfondimento.
135

6.2.4 – Studi pratici per la conoscenza di tutti gli accordi d’armonia


L’ultimo, e forse più significante contributo Czerniano, consiste nell’op. 838 Studien zur
praktische Kenntniss aller Accorde des Generalbasses auf dem Pianoforte 1.

Considereremo il termine Generalbass come basso d’armonia, piuttosto che come basso
continuo. Lo scopo di quest’opera, come le precedenti, ma forse in maniera più spinta e
chiara, è quello di spingere l’allievo ad una conoscenza pratica dell’armonia attraverso
la pratica del giro armonia. Troviamo quindi piena concordia con la terza parte del
metodo di Pollini.

La numerica è ancora una volta assente nella linea del basso, ma di essa troviamo
talvolta dei richiami nei sottotitoli di ogni brano. Per ogni accordo vengono ogni volta
presentati tutti i rivolti, dando completezza pratica all’esposizione.

1 Dato alle stampe a Vienna presso l’editore C.A. Spina.


136

Riteniamo interessante fornire in maniera didascalica l’incipit di ogni studio, c osì da


rendere in maniera intuitiva la progettualità didattica:
137

Gli andamenti appena introdotti, vengono ricapitolati nel seguente studio:

A partire dallo studio n. 10, si esce dalla sfera puramente accordale per approdare verso
elaborazioni stilistiche diverse e andamenti di gusto chiaramente ottocentesco, i quali
permettono di insistere su problematiche tecniche diverse (ad esempio scale, a rpeggi,
ottave, doppie terze ecc…):
138

Con l’800 gli aspetti speculativi dell’armonia approdano verso lidi tecnici e strumentali,
per cui possiamo azzardare che lo studio dell’armonia diventi funzionale alla pratica e
viceversa. C’è quindi un arricchimento mutuale, quasi come se le due cose debbano
forzatamente procedere insieme e che siano inscindibilmente collegate tra di loro.
139

7. BIBLIOGRAFIA

7.1 – Bibliografia essenziale

DELL’AVERSANA , FABIO, Le composizioni per strumenti a tastiera di Fedele Fenaroli e


Domenico Cimarosa, PM Edizioni, Roma (2015)

FENAROLI, FEDELE, Cours complet d’Harmonie et de Haute Composition, Parigi (1814)

GASPARINI, FRANCESCO, L’Armonico Pratico al cimbalo, Antonio Bortoli, Venezia (1729)

GJERDINGEN, ROBERT O., La musica nello stile galante, Casa Editrice Astrolabio – Ubaldini
Editore, Roma (2017)

POLLINI, FRANCESCO, Metodo pel clavicembalo, Giovanni Ricordi, Milano (1834)

7.2 – Metodi e trattati storici

ASIOLI, BONIFAZIO, Il maestro di Composizione: ossia seguito del trattato d’armonia, volume
4…, Ricordi, Milano (1836)

CIMAROSA, DOMENICO , Partimenti (1762), Ms., Biblioteca estense universitaria, Modena

CZERNY, CARL, Fantasie-Schule, II: Die Kunst des Präludierens in 120 Beispielen, op. 300, R.
Cocks. & Co., Londra (1840)

CZERNY, CARL, Lettere ad una giovinetta sull’arte del suonare il pianoforte, A cura di Maria
Cristina Caldarola, Florestano Edizioni (2012)

CZERNY, CARL, Studien zur praktische Kenntniss aller Accorde des Generalbasses auf dem
Pianoforte, op. 838, C.A. Spina, Vienna (s.d.)

CZERNY, CARL, Systematische Anleitung zum Fantasieren auf dem Pianoforte, op. 200,
Diabelli & Cappi, Vienna (1829)

DURANTE, FRANCESCO , Regole di partimenti numerati e diminuiti del maestro Francesco


Durante, Ms. 34.2.3, Biblioteca del Conservatorio di Napoli

GUZZONI ANCARANI, ORAZIO, BOTTA, C ARLO GIUSEPPE, Sopra alcune parole di Carlo Botta
intorno al metodo musicale di Bonifazio Asioli, Roma (1835)
140

IMBIMBO, EMANUELE, Gamme ou échelle musicale avec les accords ordinaires et les variantes
dans la marche de ses degrés, Parigi (1808-1811)

IMBIMBO, EMANUELE, Seguito de’ partimenti: ossia esercizio d’armonia vocale e instrumentale
sopra i bassi fugati, Parigi (XIX sec.)

MANFREDINI, VINCENZO, Difesa della musica moderna e de’ suoi celebri esecutori, Carlo
Trenti, Bologna (1788)

MANFREDINI, VINCENZO, Regole armoniche o sieno precetti ragionati per apprendere i principj
della Musica, il portamento della mano, e l’accompagnamento del Basso sopra gli strumenti da
tasto…, Guglielmo Zerletti, Venezia (1775)

PAISIELLO, GIOVANNI, Regole per bene accompagnare il partimento o sia il basso fondamentale
sopra il Cembalo, Ms., San Pietroburgo (1782)

PRINNER, JOHANN JACOB, Musicalischer Schlissl (1677), Biblioteca del Congresso,


Washington D.C.

VALENTE, SAVERIO, Partimenti (1790-1800 ca.), Ms. Q.13.17, Fondo Noseda, Biblioteca del
Conservatorio di Milano

ZINGARELLI, NICOLA ANTONIO, Partimenti del signor Maestro Don Nicolò Zingarelli…,
Milano, Ricordi (1820-30 ca.)

7.3 – Bibliografia storiografica

ALBERTI, ALFONSO et al, Il pianoforte, Ricordi, Milano (1992) Il pianoforte, EDT, Torino
(2018)

ALLORTO, RICCARDO, Pianoforte e clavicembalo: il repertorio dal tardo ‘500 a oggi, Ricordi,
Milano (1997)

BARONI, MARIO et al., Storia della musica, Piccola biblioteca Einaudi, Torino (1999)

BASSO , ALBERTO, L’età di Bach e di Haendel, EDT, Torino (1991)

BELLASICH, ALDA et al., – Il clavicembalo, EDT, Torino (2005)

BELT, PHILIP. R. et al., Il pianoforte, Ricordi, Milano (1992)


141

FIUZZI, STEFANO, MONNI, RICCARDO, L’ABC del fortepiano, Accademia Bartolomeo


Cristofori, Le Lettere, Firenze (2015)

HESS, ALBERT G., The transition from Harpsicord to Piano, The Galpin Society Journal, Vol.
6 (1953), PP. 75-94

LESCHIUTTA, SIGFRIDO, Appunti per una bibliografia sul clavicembalo, clavicordo e fortepiano,
Zanibon (1983)

PESTELLI, GIORGIO, L’età di Mozart e di Beethoven, EDT, Torino (1991)

RATTALINO, PIERO, Da Clementi a Pollini, Ricordi –BMG Ricordi, Firenze (1999)

RATTALINO, PIERO, Pianisti e fortisti, Ricordi –BMG Ricordi, Firenze (1999)

TORREFRANCA, FAUSTO, Le origini italiane del romanticismo musicale, Forni Editore, Torino
(1930)

7.4 – Armonia e analisi

BENT, I AN, DRABKIN, WILLIAM, Analisi musicale, EDT, 1990

BRANDLE, R EGINALD SMITH, La composizione musicale: orientamenti didattici, Ricordi,


Milano (1992)

CALDERONI, CATERINA, ROBERTO SENSUINI, Il basso imitato e fugato. Elementi per lo studio
della composizione, Ricordi, Milano (2004)

DE NATALE, MARCO, Analisi musicale in itinere: questionari e soluzioni per lo sviluppo


dell’intuizione analitica, Ricordi, Milano (1996)

DERIU, ROSALBA, Capire la forma: idee per una didattica del discorso musicale, EDT, Torino
(2004)

EPSTEIN, DAVID, Al di là di Orfeo: studi sulla struttura musicale, Ricordi, Milano (1998)

SCHÖNBERG, ARNOLD, Elementi di composizione musicale, Suvini Zerboni, Milano (1969)

SCHÖNBERG, ARNOLD, Funzioni strutturali dell’armonia, NET, Milano (2003)

SCHÖNBERG, ARNOLD, Manuale di armonia, NET, Milano (2002)


142
143

8. PROGRAMMA E SPARTITI

• Lodovico Giustini (1685-1743)


Da Sonate da Cimbalo di piano, e forte… (Firenze, 1732)
Sonata V
Preludio – Adagio, e arpeggiato nell’acciaccature
Allegro
Affettuoso
Allegro
Tempo di Gavotta

• Fortunato Chelleri (1690-1757)


Da 6 Sonate per Clavicembalo (Londra, XVIII sec.)
Sonata I
[Allegro]
Gigue
Menuet

• Lodovico Giustini
Da Sonate da Cimbalo di piano, e forte… (Firenze, 1732)
Sonata VII
Alemanda
Corrente
Affettuoso – Siciliana
Gavotta

• Fortunato Chelleri
Da 6 Sonate di Galanteria (Kessel, s.d)
Sonata VI
Andante
Sarabanda – Affettuoso
Aria – Allegro
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Lodovico Giustini: Sonata V


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Fortunato Chelleri: Sonata I (Da 6 Sonate per Clavicembalo)


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Lodovico Giustini: Sonata VII


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Fortunato Chelleri: Sonata 6 (Da 6 Sonate di galanteria)


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