Sei sulla pagina 1di 69

Paolo Fradiani

La Notazione
Neumatica
2
Paolo Fradiani

“La Notazione Neumatica”

per l’esame di

Modalità e Canto Gregoriano I

del corso di

Composizione

per il

biennio di II° livello

A.A 2011/2012

L’Aquila

12-09-2012

3
4
Indice

Considerazioni sulla nascita della notazione musicale………………. 7


Distinzione tra codici adiastematici e diastematici…………………. 7
Il neuma………………………………………………………………. 9
Origine dei neumi…………………………………………………….. 16
La famiglie neumatiche………………………………………………. 12
Il neuma monosonico………………………………………………… 16
Neumi di conduzione………………………………………………… 25
La liquescenza………………………………………………………... 32
Le lettere……………………………………………………………… 33
Lettere aggiuntive in Laon……………………………………………. 37
Le lettere tironiane di Laon 239……………………………………. 39
Tavole neumatiche……………………………………………………. 45
Bibliografia…………………………………………………………… 69

5
6
Considerazioni sulla nascita della notazione musicale

La comparsa delle prime forme di scrittura musicale può essere interpretata come il segnale di una
profonda mutazione nella percezione del mondo sonoro da parte dell’uomo occidentale. La
possibilità di tradurre l’evento sonoro in oggetto visivo innesca infatti quel processo culturale che
porterà progressivamente alla perdita della preminenza del senso dell’udito su quello della vista
affidando la continuità del sapere a un supporto fruibile eminentemente con gli occhi.
Conservazione e tradizione da ricordo e memoria diventeranno sempre più annotazione. Questo
passaggio epocale è gravido di conseguenze che meritano una riflessione di carattere generale.

Nessuna forma di notazione musicale è in grado di descrivere minuziosamente la complessità dei


parametri di un oggetto sonoro sino al punto da sostituirsi del tutto all’esperienza uditiva. Ogni
notazione infatti presuppone a monte la scelta di alcuni parametri che vengono rappresentati dal
tratto, mentre la traduzione di tutti gli altri aspetti viene affidata a regole di gusto convenzionali
tramandate per lo più in forma orale. Ciò che viene trasferito sul supporto cartaceo è dunque la
rappresentazione grafico-simbolica solo di alcune qualità o particolarità della realtà sonora mentre la
rappresentatività delle grafie è garantita dalla rilevanza sociale del loro uso. E’ inoltre necessario
che questi dati siano arricchiti da una quantità di condotte non rilevabili dalla notazione ma
comunque presenti nello strato sociale entro il quale questa si è prodotta.

La produzione e ri-produzione musicale è del resto largamente influenzata dall’enfasi che


inevitabilmente assumono i parametri notazionabili. La coscienza auditiva tenderà sempre più a
concentrare l’attenzione verso quegli elementi sonori oggettivati in una forma grafica socialmente
significativa rendendoli sempre più elementi caratteristici del sistema musicale stesso. Tra sistema
musicale e sistema notazionale vi è dunque una interdipendenza e una influenza reciproca.

Ora, la storia della trasmissione scritta del canto gregoriano si distende lungo un arco di tempo così
ampio che le condizioni contestuali di ricezione e decodifica dei vari sistemi sono cambiate
notevolmente. Il passare dei secoli cancella quel supporto costituito dalle regole convenzionali e la
stessa produzione e ri-produzione basata sul testo scritto verrà privata della maggior parte degli
elementi che ne costituivano la cornice interpretativa originaria. La paleografia musicale nasce
proprio per tentare di ricostruire il più possibile il panorama di quel mondo “non scritto” sulla base
di uno studio oculato delle fonti a disposizione le quali, se ben interrogate, sono in grado di dirci
molto più di quanto non sembri.

Distinzione tra codici adiastematici e diastematici

L’esigenza di mettere per iscritto le melodie per lungo tempo affidate alla sola memoria dei cantori
si manifestò quasi contemporaneamente, in modo sorprendente, in tutta Europa, intorno al X secolo.
La tradizione orale doveva restare comunque, a lungo, a supporto della notazione come appare
chiaro dall’osservazione dei più antichi segni musicali, che rappresentano la melodia in modo assai
rudimentale: da essi è possibile ricavare il numero delle note cantate su ciascuna sillaba, ma non gli
intervalli sulle note stesse; i segni indicano solo il disegno melodico, vale a dire che i suoni si
susseguono salendo, discendendo o all’unisono (e spesso questa indicazione non è data che per i

7
suoni rappresentati da una stessa unità grafica). I primi codici, infatti, contengono una notazione “in
campo aperto” (detta anche adiastematica), cioè senza rigo, che presuppone pertanto la conoscenza
della melodia da parte del cantore. Ma se nulla, o molto poco, quei segni ci dicono della melodia,
essi sono insostituibili per la straordinaria accuratezza con la quale riportano le caratteristiche
ritmiche ed espressive della melodia stessa. Non si pensi che, essendo questi agli inizi della scrittura
musicale, si sia qui di fronte a tentativi più o meno riusciti: se non è dato, allo stato attuale degli
studi, di valutare con sicurezza la questione dell’evoluzione e della perfettibilità delle notazioni “in
campo aperto”, si deve comunque riconoscere che i codici più antichi sono anche ritmicamente più
precisi.

La precisione nell’indicazione degli intervalli melodici (diastemazia) verrà solo più tardi, in
momenti differenti a seconda delle varie regioni. In Aquitania (sud della Francia e attuale Spagna) la
diastemazia viene abbozzata nel X secolo e diviene perfetta nell’ XI secolo attraverso il riferimento
ad una linea tracciata a secco, al di sopra e al di sotto della quale venivano poste le note. La
notazione, melodicamente imprecisa, “in campo aperto” sopravviverà però a lungo nei paesi
germanici e resterà in uso in Svizzera fino al XV secolo.

Una visione sintetica della tradizione manoscritta del canto gregoriano si può così indicare in tre
fasi:

1 - VIII secolo: tradizione puramente letteraria, dei soli testi dei canti senza alcuna notazione
musicale

2 - X secolo: gli stessi testi con notazione in campo aperto

3 - dal X-XI secolo in poi: i segni musicali vengono tracciati con riferimento ad una linea, dapprima
immaginaria, poi tracciata a punta secca, alla quale si aggiungono una o più linee, una delle quali
viene spesso colorata per distinguere il grado sopra il semitono; la linea di colore rosso indica il Fa,
quella di colore giallo o verde il Do, secondo il metodo diffuso da Guido d’Arezzo nell’ XI secolo.

Sulle tre fasi storiche sinteticamente indicate, si deve basare la restituzione critica dei canti, tenendo
presente che al passaggio da una fase alla seguente corrisponde una inevitabile diminuzione della
compattezza della tradizione, rispetto all’unanimità delle testimonianze e alla certezza delle lezioni
proposte. I manoscritti su rigo sono necessari per noi che, a differenza degli antichi cantori, non
conosciamo più le melodie trascritte sulle quattro linee classiche del tetragramma è insufficiente e
incompleto, poiché con la diastemazia i codici hanno perso, almeno in gran parte, la possibilità di
comunicarci, oltre agli intervalli musicali, le caratteristiche ritmiche ed espressive indispensabili per
dare forma e vita a quelle melodie. Vero è che la distinzione corrente fra manoscritti “ritmici” e
manoscritti “melodici” non corrisponde. In tutto, ai fatti, anche manoscritti diastematici fino ad oggi
tenuti in scarsa considerazione, dal punto di vista ritmico, possono infatti contenere preziose
indicazioni espressive nello stesso senso dei manoscritti adiastematici, più affidabili. Tuttavia,
almeno ai fini didattici, è bene conservare questa classificazione sommaria e soprattutto distinguere
i due significati di ciascun segno manoscritto; in altre parole le due informazioni fondamentali che
ogni segno potenzialmente può offrire e cioè il significato melodico e il significato ritmico ed
espressivo in genere.

8
Il neuma

Vengono chiamati “neumi” quei segni che dal IX al XIII secolo costituiscono la scrittura musicale e
che attraverso varie trasformazioni divennero la base della notazione gregoriana classica tuttora in
uso, detta notazione quadrata. Il temine “neuma” viene dal greco νεύµα (segno,cenno), ma prima di
essere usato nel senso odierno fu messo in relazione con altre due parole greche cioè πνεύµα (soffio,
fiato) o νόµος: (melodia, formula melodica). Adesso sarà pertinente invece considerare brevemente
l’origine dei nomi dei neumi, cioè quelle particolari denominazioni usate per definire i segni
fondamentali o determinati gruppi di segni che riuniscono singoli elementi grafici.

Verso la fine del X secolo, dunque in un’epoca in cui tutti i neumi delle varie zone e regioni si
differenziano dal punto di vista della forma grafica, appaiono determinate denominazioni di singoli
segni: possiamo seguire il loro sviluppo storico attraverso le tavole dei neumi che indicano i nomi
classici. In particolare si può osservare che alcuni manoscritti italiani tramandano nomi che nelle
regioni di lingua tedesca, che troviamo riportata in una ventina di codici: si tratta della stessa
terminologia che usiamo oggi. Bisogna anche considerare che i teorici medievali fanno uso
raramente di questi termini il cui impiego è pertanto provato dalle tavole neumatiche stesse, più che
dai testi letterali medievali.

Va ancora sottolineato un fatto: i neumi usati per designare i singoli segni neumatici derivano dalle
forme neumatiche proprie della notazione sangallese, largamente diffusa nei paesi di lingua tedesca.

Neuma corrispondente Neuma quadrato del XV


Nome Segni moderni
(S.Gallo) sec.

Virga

Punctum

Pes (o Podatus)

Clivis

Scandicus

Climacus

Torculus

9
Porrectus

Come esempio si pensi al piccolo neuma chiamato apostropha (o semplicemente stropha), di cui si
tratterà in seguito: il suo nome corrisponde a quello del segno usato nella scrittura letteraria,
l’apostrofo, appunto, che Isidoro di Siviglia descrive, nel suo primo libro di etimologie, come
“piccolo semicerchio aperto verso sinistra”. Ebbene soltanto l’apostropha sangallese corrisponde a
questa descrizione; tuttavia il nome si è generalizzato e vale per i segni corrispondenti delle altre
notazioni che pure non hanno la stessa forma.
Le tavole dei neumi sono state sommariamente distinte in due versioni: tabula brevis e tabula
prolixior. Esse contengono talvolta differenti denominazioni (flexa al posto della clivis, podatus al
posto del pes): la ragione è stata indicata, in alcuni casi, nell’esigenza di adattare il nome stesso ad
un testo in versi, dunque con un numero prefissato di sillabe.

Origine dei neumi

Il problema dell’origine dei neumi è forse destinato a rimanere insoluto. Mancano infatti i
presupposti fondamentali per far luce sulla questione: non sappiamo con certezza in quali
manoscritti si possono individuare i primi neumi, né siamo a conoscenza della loro forma. Quando,
nel IX secolo, ricoprono interi codici, i neumi presentano già fin da allora molteplici forme, grafie
differenti, da un codice all’altro, ed è difficile provare che una grafia sia più antica di un’altra.
Riportiamo pertanto le principali ipotesi sul problema, in estrema sintesi, soffermandoci soltanto
sulla teoria più diffusa, dovuta alla scuola di Solesmes.

Teoria dell’origine dai segni ecfonetici1 bizantini

Questa tesi fa derivare la notazione neumatica latina dai segni ecfonetici bizantini. La notazione
ecfonetica consiste in una serie di segni aggiuntivi al testo sacro per facilitarne la cantillazione; il
significato del termine ekphonesis è: pronuncia distinta, proclamazione o lettura ad alta voce, non
più parola soltanto, ma ancora non canto. Questi segni, tuttavia, si differenziano dai neumi poiché
non costituiscono una vera e propria notazione musicale e riguardano solo determinate parti del
testo: si trattava, in sostanza, di adattare le formule melodiche all’inizio e alla fine di un periodo, di
un inciso o, in genere, di gruppi di parole, mentre la cantillazione intermedia veniva eseguita
“semplicemente”, in un certo senso come si esegue ancor oggi la lectio solemnis. Si capisce perciò
come questa notazione appaia il più delle volte incompleta e comunque non costituisca un sistema
definito.
A questa teoria si oppone un argomento di ordine cronologico: se anche i segni di cantillazione si
possono far risalire ad un periodo anteriore (fine IV secolo), la loro diffusione e il loro completo
sviluppo si hanno solo a partire dal X-XI secolo, quando i segni neumatici hanno già una loro storia.

Teoria dell’origine dai segni sintetici ebraici

Il riferimento principale viene fatto al sistema ebraico di segni: mnemotecnica (Taamim). Si tratta di
grafie poste nei libri liturgici ebraici corrispondenti sia ad un sistema di punteggiatura letteraria o,
piuttosto, salmodia del testo (flexa, cadenza mediante, cadenza finale) sia ad un procedimento
mnemotecnico per richiamare un’intera formula melodica. La forma di alcuni di questi segni ha forti

1
dal greco ekphṓnēsis, esclamazione, pronunzia]. Notazione ecfonetica, sistema di notazione basato su accenti e segni
convenzionali che vengono posti sopra il testo da cantare e che, diversamente dai neumi, indicano il succedersi di
formule melodiche prefissate.

10
somiglianze con quella dei neumi. Ma anch’essi, come i segni ecfonetici bizantini, non costituiscono
un vero sistema di notazione, quanto una specie di stenografia2: il principio su cui sono sviluppati è
ben diverso da quello che regge la scrittura neumatica, di natura analitica più che sintetica.

Teoria dell’origine dai segni grammaticali

Questa teoria considera i segni grammaticali nel loro insieme, composto sia dagli accenti tonici, sia
dai segni propri della prosodia, ai quali possono aggiungersi altri segni come, ad esempio,
l’apostrofo. Questo orientamento ipotizza due forme originarie di notazione, l’una legata al rito
romano-gregoriano e fondata su neumi-accenti, l’altra propria del rito gallicano, basata
esclusivamente su punti. La prima sarebbe derivata dagli accenti tonici della lingua latina, la
seconda dai segni prosodici indicanti la lunghezza della vocale. Mentre la prima forma di notazione
si sarebbe diffusa in Italia, Germania e nella Gallia settentrionale, nonché in Inghilterra attraverso i
viaggi missionari degli anni 594-604, la seconda si sarebbe formata in Aquitania in un periodo
incerto, ma prima del pontificato di Gregorio Magno. Altre notazioni si sarebbero sviluppate dalla
commistione di quelle due forme originarie.
La difficoltà maggiore di questa teoria sta nell’impossibilità, di fatto, di poter far risalire ad
un’epoca tanto remota delle forme di notazione. Vero è che possediamo numerosi frammenti di libri
liturgici di un’epoca precedente il X secolo; ma studi approfonditi hanno dimostrato, da un lato, che
i casi isolati di neumi che raramente si incontrano in questi frammenti sono il risultato di aggiunte
posteriori, dall’altro che quei neumi di cui si può presupporre la contemporaneità ai libri del IX
secolo, presentano ancora forme embrionali, poco sviluppate.

Teoria dell’origine dagli accenti grammaticali

E’ la più antica teoria ed è quella che ha avuto maggiori consensi e diffusione, soprattutto grazie alla
scuola di Solesmes3, alla quale si deve anche l’approfondimento della teoria stessa. Essa presenta
affinità con la teoria precedente, pur restringendo, almeno come base, l’origine dei neumi
fondamentali, cioè virga e punctum, all’accento acuto e grave ; dalla combinazione dei due
segni derivano altri neumi come ad esempio pes, clivis e porrectus.
L’origine dei neumi, in tal modo, si trova in segni essenzialmente musicali, quali si possono
considerare i segni degli accenti, espressione di quella sottile melodia (cantus obscurior), assai varia
quanto ad intervalli e sfumature, che la voce umana esprime specialmente nella declamazione. Dalla
melodia oratoria deriva appunto la notazione oratoria.
In epoca più recente si è allargato il campo di osservazione, all’interno di questa teoria, ad altri
segni usati nei testi letterari: i segni di abbreviazione , i segni di contrazione , il punto
interrogativo . Tutti mostrano particolari analogie non solo grafiche, ma anche di significato con i
neumi propri di questa o quella scuola.
E’ interessante notare che l’accoglimento della teoria più verosimile sulle origini del repertorio
gregoriano, quella cioè della formazione del repertorio in terra franca, avrebbe rilievo positivo
anche relativamente a questa teoria dell’origine dei neumi e comunque che le due teorie potrebbero
appoggiarsi l’una a l’altra. L’argomento storico, insieme a quello paleografico, permetterebbe di
comprendere quella che fu l’elaborazione delle notazioni neumatiche nel corso del IX secolo, in

2
Tecnica di scrittura manuale che si attua mediante l'uso di segni convenzionali per l'abbreviazione di sillabe, parole o
frasi
3
Piccolo centro della Francia noto per la celebre abbazia benedettina, fondata intorno al 1010 e divenuta, nell’Ottocento
centro della rinascita del canto gregoriano. Ai benedettini di Solesmes si deve infatti il vasto movimento di restaurazione
che, iniziato nel 1833, sfociò nella nuova edizione del corpus delle melodie gregoriane, ufficialmente approvata e
adottata dalla Chiesa nel 1904. Da ricordare in questo senso l’opera di P. Guéranger, J. Pothier, A. Mocquereau
(fondatore della Paléographie musicale, 1889, raccolta dei più importanti codici gregoriani in edizione critica), B. Pitra,
G. Molitor, A. Schibiger, P. Ferretti, G. Suñol e J. Gajard.

11
seno ad una vera e propria civiltà del libro che creò un nuovo tipo di scrittura letteraria, la carolina4.
L’importanza della liturgia, del canto liturgico, in una civiltà di questo tipo, doveva portare a
ricercare un sistema pratico di scrittura musicale, tanto più necessario se si voleva sostituire un
nuovo repertorio, il gregoriano, a quello antico, il gallicano. Dall’insieme dei segni grammaticali
venne elaborato un primo sistema di notazione, la paleofranca5, dalla quale derivano tutte le altre,
pur con le caratteristiche proprie di ciascuna; gli elementi accessori delle scrittura letteraria
assunsero il significato di suoni musicali. La scelta fu imposta dalla natura stessa dei segni, ad
esempio per l’accento acuto e grave, oppure venne suggerita per analogia.
Un altro aspetto di questa teoria è la considerazione del ruolo che può essere stato svolto nella scelta
di determinanti segni grafici della mimica di un direttore di coro nel tracciare la melodia attraverso
il movimento delle mani (Chironomia). Alla base del sistema si trova l’intenzione di tradurre una
melodia mediante il gesto e di fissare il gesto per mezzo di segno grafico: il nuema è un gesto
“inchiostrato” sulla pergamena. Dunque, nello scriptorium del IX secolo, grammatici, musici e
amanuensi avrebbero elaborato alla creazione della notazione musicale.

La famiglie neumatiche

Le melodie sono state scritte attraverso differenti procedimenti di notazione: nella medesima epoca
coesistono vari sistemi grafici propri di questa o quella zona. Già nell’apparire delle prime
testimonianze neumatiche, i singoli segni mostrano forme chiaramente differenziate secondo le
varie regioni di provenienza. Una delimitazione di queste regioni non è possibile attraverso comuni
criteri storici o geografici, ma viene solitamente fatta da studiosi, segnatamente dai paleografi, in
apposite mappe neumatiche che indicano la diffusione delle varie notazioni in rapporto alle varie
regioni e soprattutto ai più importanti scriptoria, i centri storici esistiti nel medioevo, solitamente
annessi alle biblioteche non solo dei monasteri, ma anche dei capitoli cattedrali e delle scuole
vescovili. L’insieme dei codici notati attraverso un determinato sistema di notazione definisce la
famiglia neumatica, che è il risultato della diffusione di quel particolare tipo di notazione. La
molteplicità delle notazioni porta ad alcune considerazioni: ai cantori di una regione era familiare
una notazione e, di conseguenza, l’uso di un libro di canto di provenienza straniera aveva come

4
La minuscola carolina o scrittura di cancelleria è uno stile di scrittura creato durante la rinascita carolingia avvenuta
sotto il regno di Carlo Magno nei secoli VIII e IX.
Messa a punto per la prima volta nel monastero benedettino di Corbie, trasformando la minuscola corsiva, allora usata
dai notari in varie versioni regionali, in una nuova scrittura caratterizzata da una forma regolare delle singole lettere e
dall'eliminazione delle legature e delle abbreviazioni. Fu prima adottata dai grandi monasteri per la trascrizione delle
sacre scritture, poi fu insegnata nelle scuole vescovili e monastiche e quindi utilizzata dalle pubbliche amministrazioni
per tutti gli atti ufficiali.
Venne a sostituire il particolarismo grafico dei secoli VII e VIII. È una dalle canonizzazioni delle scritture semicorsive e
semplificava in particolare i caratteri "a" e "t" per poter distinguerli in maniera più semplice. La grafica elegante e la
forma dei caratteri più accurata. Fu molto importante perché facilitò la trascrizione di testi classici agli amanuensi,
semplificò notevolmente la comunicazione internazionale e diede una nuova spinta alla rinascita e diffusione della
cultura nei secoli altomedievali.
Nel corso del tardo medioevo fu affiancata da altri due tipi di scrittura, la scrittura notarile e la scrittura corsiva che
prese il sopravvento sulle altre due. La minuscola carolina rimase comunque in utilizzo per i libri e gradualmente si
trasformò diventando infine la littera textualis.
La minuscola cadde poi in disuso nel basso medioevo in favore della scrittura gotica, per poi venire ripresa dai primi
umanisti come Coluccio Salutati e Poggio Bracciolini (che la credevano scrittura degli antichi Romani): fece così da
base alla minuscola umanistica rotonda, che a sua volta fece da modello per i primi caratteri da stampa, che si sono poi
evoluti fino ai caratteri tutt'ora usati.

5
Durante il IX secolo si assiste ai primi tentativi di scrittura musicale: segni posti sui margini di testi, spesso strofe di
poesia classica. Si tratta della cosiddetta scrittura paleofranca.

12
presupposto l’appropriazione di un differente tipo di scrittura o la traduzione dei segni grafici
estranei alla notazione conosciuta; così pure è lecito supporre che alla diffusione di una notazione
abbia contribuito la fondazione di nuove comunità monastiche.
Si distinguono solitamente le notazioni pure dalle notazioni miste. Le prime hanno origine nei più
importanti centri scrittori: l’abbazia di S. Gallo, in Svizzera, è una delle più note di queste scuole di
notazione. La scrittura sangallese ebbe lunga vita e larga diffusione grazie alla sua limpidezza, ma,
nel tempo, subì delle trasformazioni dovute all’allontanamento dal luogo di origine e
dall’assunzione di particolarità proprie delle regioni vicine, mutandosi così in una notazione mista.
Altri importanti centri scrittori insieme alle regioni in cui si trovano diffuse varie notazioni sono
indicate nella mappa neumatica riportata qui di seguito.

13
1 - Notazione primitiva
2 - Notazione nonantoliana
3 - Notazione di Novalesa
4 - Notazione milanese
5 - Notazione dell'Italia centrale
6 - Notazione beneventana
7 - Notazione inglese
8 - Notazione di S.Gallo
9 - Notazione tedesca
10 - Notazione metense
11 - Notazione del nord della Francia
12 - Notazione di Chartres
13 - Notazione aquitana
14 - Notazione visigorica
15 - Notazione catalana

14
15
Il neuma monosonico

Il neuma monosonico è il segno che indica l’unico suono che si trova su di una sillaba. Al di là delle
dispute circa l’origine del termine, alle quali si è fatto cenno, definiamo per lo studio semiologico
neuma l’insieme delle note che si trovano su di una sillaba: un neuma può dunque essere oltre che
monosonico, plurisonico cioè formato da più di un suono (da due note ad alcune decine, come capita
di vedere nei brani più complessi).
Differente è il concetto di elemento neumatico, con il quale si intende un segno che si trova unito ad
altri su di una sillaba, cioè in composizione con altri segni che lo seguono e o lo precedono nella
stessa sillaba.
Questa distinzione fra i primi presupposti della ricerca semiologia: è diverso, come si può ben
capire, studiare in segno isolato su di una sillaba (neuma) e lo stesso segno unito sulla sillaba ad altri
segni (elemento neumatico).

Virga, punctum, tractulus

La tradizione neumatica sangallese ricorre alla virga, al punctum e al tractulus per indicare la nota
isolata su di una sillaba. La differenza grafica e terminologica investe soprattutto l’aspetto ritmico-
interpretativo.
Nella virga, costituita da un fine tratto tirato da sinistra a destra dal basso verso l’alto, possiamo
riconoscere l’accento acuto dei grammatici antichi. Nel tractulus, breve segno perlopiù orizzontale,
è possibile individuare la riduzione grafica dell’antico accento grave dovuta probabilmente alla
rapidità nello scrivere. Il ricorso a forme grafiche riconducibili agli accenti acuto e grave potrebbe
essere connesso con il significato velatamente diastematico risultante dal rapporto tra le due forme e
che vede in generale la virga connessa con una nota relativamente alta e il tractulus con una nota
relativamente grave.
Negli esempi seguenti analizziamo attraverso schemi melodici le condizioni ricorrenti dell’uso di
virga e tractulus quali è possibile verificare in melodie sillabiche; supponiamo, pertanto, che ad ogni
nota quadrata corrisponda una sillaba, ovvero un seguito di neumi monosonici.
L’uso del tractulus è limitato di regola:
a) ad una nota posta fra due note più acute:
b) ad una nota preceduta da un’altra più acuta e seguita dall’unisono:

La virga viene usata in tutti gli altri casi, anche se non indica soltanto il punto più acuto della
melodia. Pertanto troviamo la virga:

16
a) in linee melodiche continue, anche per grado congiunto, ascendenti e discendenti:

b) in passaggi all’unisono per indicare la nota alla quale segue immediatamente la discesa della
melodia; in questi casi la virga non indica una nota più acuta rispetto a quanto precede, ma
rispetto a quanto segue (ovvero si spiega non ex parte ante, ma ex parte post). La virga
avvisa che la nota seguente scende:

Un esempio riassuntivo chiarirà questo uso melodico non assoluto, ma relativo al contesto dei
due neumi sangallesi fondamentali:

La virga indica:
- la nota più acuta, cioè attorniata da note più gravi (et ipse; captivitatis);
- un seguito di note discendenti (auferet);
- un seguito di note ascendenti (captivitatis);
- una nota all’unisono con la nota precedente, ma più acuta della nota seguente, vale a dire la
virga indica la nota dopo la quale la melodia scende (jugum; captivitatis);
Il tractulus indica:
- la nota attorniata da due note più acute (ipse; captivitatis);
- una nota più grave di quella precedente, ma all’unisono con la seguente (auferet; jugum;
nostrae).

Casi particolari ed eccezioni

Il segno non è un neuma particolare con significato proprio, ma è la correzione di una virga
con un tractulus o viceversa. L’amanuense, non avendo di norma possibilità di cancellare
l’errore, sovrapponeva il segno corretto a quello errato:
a) correzione di virga con tractulus;
b) correzione di tractulus con virga.
Si è visto che in linee melodiche discendenti l’amanuense dà preferenza alla virga. Ma ci sono casi
in cui, pur non essendo l’arco melodico giunto al punto più basso, lo scrittore impiega il tractulus:

17
Si tratta di una melodia-tipo di antifona6 alla quale nel codice Hartker vengono adattati
complessivamente centotre testi differenti. La regola vorrebbe che il seguito delle virgae su
“videbis” non fosse interrotto. Il segno del tractulus serve qui ad indicare la chiusura della parola,
dell’entità verbale. Un’indicazione di fraseggio, dunque affinché la parola non sia trascinata, per
così dire, dal flusso melodico:

Alla funzione di distensione appena illustrata, che sarebbe propria del tractulus in alcuni contesti
verbali, si può ricondurre anche l’uso del tractulus in casi melodicamente simili al seguente:

Si tratta della cadenza finale dell’antifona, con la quale la melodia raggiunge, dunque, il punto
conclusivo, la distensione assoluta. La regola vorrebbe che l’ultima nota fosse segnata con virga, ma
di norma in questo ed in casi analoghi lo scrittore usa il tractulus che già graficamente esprime
quella assoluta distensione raggiunta con la cadenza finale.

Tractulus inclinato

Viene detto anche gravis perché è usato, al grave, in funzione melodica ad indicare una particolare
discesa della nota che rappresenta. Si può trovare sia isolato che in composizione. Questa forma del
tractulus ricorda più da vicino l’accento grave, rispetto alla formazione orizzontale ordinaria (detta
anche punctum planum)

6
L'antifona è una frase, spesso breve, che viene recitata o di preferenza cantata in una salmodia durante una
celebrazione liturgica dell'ufficio o della messa.

18
Risulta evidente l’ausilio alla memoria fornito dal gravis attraverso l’indicazione di un salto di
terza dopo due intervalli identici di seconda.

Punctum

Il tractulus può essere rispettivamente sostituito, nei manoscritti sangallesi, dal punctum.
Il punctum isolato si trova solamente nel codice C (talvolta in SG); esso può sostituire il
tractulus, non la virga. Si osservino, a tale proposito, i seguenti esempi:

Si tratta, in entrambi i casi, di contesti recitativi fluidi che conducono ad un accento melodico o
verbale; tuttavia nel primo di questi ultimi esempi il manoscritto C può usare il punctum (la cui
grafia lascia già intendere in modo esplicito un valore scorrevole) perché esso è in posizione
relativamente bassa prima dell’innalzamento melodico, in una posizione, dunque, in cui si
potrebbe trovare il tractulus. Nell’esempio successivo a quello sopracitato, invece, la melodia
scende dopo la recitazione unisonica, perciò C preferisce non usare il punctum, che indicherebbe
un suono relativamente basso, in sostituzione del tractulus, ma usa un seguito di virgae,
contrassegnando con la lettera “c” (celeriter, rapidamente) per chiarirne la natura ritmica fluida.
Il codice E non conosce l’uso del punctum: ci si può chiedere se il differenziarsi delle
dimensioni dei tractuli, osservabile talvolta in E, come nel primo caso precedentemente citato,
19
sia intenzionale, ossia se la loro grafia ridotta possa essere considerata un’informazione di
ordine ritmico, nel senso cioè di una tendenza alla diminuzione del valore della nota
corrispondente. E’ possibile, ma ribadito che l’uso del punctum vero e proprio si trova solo in C
(e in SG), questo basta: “bisogna sapersi difendere da una minuzia eccessiva nella lettura dei
manoscritti” (E.Cardine).

Le grafie metensi: Uncinus e Punctum

Il manoscritto di Laon conosce essenzialmente due grafie:

Uncinus Punctum

I due segni possono trovarsi in qualsiasi posizione melodica: si direbbe che il sistema di scrittura
metense privilegi, fra le due più volte ricordate esigenze fondamentali di qualsiasi notazione
(quella melodica e quella ritmica), l’esigenza di precisione ritmica. La differenziazione dei due
segni risiede, dunque, soltanto in motivi ritmico espressivi. Tuttavia Laon non rinuncia ad una
certa indicazione diastematica ponendo, anche se non con logica geometrica, tanto l’uncinus
quanto il punctum ad altezze diverse, seguendo la linea melodica. E’ quanto talvolta fanno anche
gli scrittori sangallesi nell’uso della virga, disponendo un seguito di virgae un po’
diastematicamente sulla pergamena, anziché in linea orizzontale come accade di norma. Il
lettore potrà facilmente osservare i fatti paleografici appena descritti nell’esempio qui riportato:

Si osservi ancora la disposizione diastematica di Laon nell’esempio qui riportato:

20
L’episema

E’ un piccolo tratto che può essere aggiunto ai segni neumatici, dunque anche al neuma
monosonico, ad indicare una sottolineautura ritmica del segno stesso a cui si aggiunge. Può
assumere, nell’adattarsi al segno, varie forme ed essere intenzionale, inclinato, leggermente
arcuato, o ridursi ad una specie di piccolo punto (di cui è difficile talvolta decidere se si tratta di
vero e proprio episema o di residuo d’inchiostro lasciato nel momento in cui il calamus si stacca
dalla pergamena). Vediamo qualche esempio di episema apposto a vari segni:

Nel manoscritto C si trova spesso il tractulus in composizione, talvolta già graficamente assai
marcato, provvisto di doppio episema:

Si ricordi che il manoscritto di Laon non conosce l’uso dell’episema: non è tale
l’arrotondamento che caratterizza alcuni tratti grafici, al quale non si può attribuire alcun valore
ritmico.

21
Pes o podatus

Il pes è un neuma composto di due note ascendenti. La rapidità del tratto richiede un’esecuzione
leggera e scorrevole assegnando un valore sillabico tendenzialmente breve ai due suoni. Le
modificazioni della grafia fondamentale rimandano ad altrettante differenze di esecuzione.
L’episema posto sulla seconda nota indica un certo allargamento del suo valore medio.
La forma spigolosa del tratto, chiamata pes quadratus, indica invece un’esecuzione appoggiata
ad entrambe le note. Figura spesso sulle sillabe accentate e su parole particolarmente importanti
dal punto di vista del significato.
La forma disgregata del pes, cioè la trasformazione di questo in due virgae, ha un significato
analogo a quello del pes quadratus. Anche questo caso infatti lo scrittore deve staccare la penna
e riprendere il tratto impiegando un tempo d’esecuzione tendenzialmente largo. Lo stacco
neumatico evidenzia un momento di respiro.
Rileviamo dunque una relazione tra il valore medio di una nota e il tempo di esecuzione del
tratto scritto: l’amanuense per poter produrre la forma episemata impiega più tempo perché deve
prima tracciare il pes e successivamente deve tirare il tratto in senso contrario. E’ questo un
aspetto importante nelle scrittura neumatica che avvalora ulteriormente la tesi di questa come
gesto scritto.

Clivis

La clivis risulta composta di due note discendenti. La forma grafica si presenta come l’unione di
un accento acuto e di un accento grave. Come per il pes l’esecuzione scorrevole della grafia
implica una realizzazione leggera della clivis, come è dimostrato dall’uso frequente di
accompagnare questa forma con la lettera c (celeriter).
La forma recante un allungamento del tratto verso il basso ha un valore esclusivamente
melodico e segnala una discesa rilevante della seconda nota.
L’aggiunta di un episema indica l’allargamento del valore delle due note, significato veicolato
anche dalla forma spigolosa e dall’uso della lettera t (tenete).
Infine vi è una forma che prevede l’allargamento della seconda nota segnalato da un
allungamento orizzontale eventualmente corredato da episema. Sono forme rintracciabili solo in
composizione, cioè come elementi neumatici di melismi più ampi, e normalmente la seconda
nota si trova all’unisono con quella che segue.

22
Porrectus

Il tratto del porrectus è il risultato dell’unione di una clivis e di una virga. Rappresenta un
movimento melodico prima discendente e poi ascendente sulla sillaba (tre note in tutto). La
rapidità d’esecuzione del tratto rimanda a un’esecuzione leggera avvalorata dalla frequente
presenza della lettera c.
Le modificazioni della grafia fondamentale prevedono diverse possibilità. L’episema sulla terza
nota indica un’esecuzione leggera delle prime due note mentre la terza presenta un valore
tendenzialmente aumentato. E’ poi documentata una forma che prevede la clivis episemata
disgregata dal resto. Significa che le tre note dovranno essere lunghe. La clivis episemata legata
alla virga, peraltro estremamente rara, sembrerebbe essere un errore dello scrittore il quale
avrebbe voluto disgregare il tratto.
Il porrectus pone inoltre qualche problema riguardante l’interpretazione melodica della terza
nota. L’ambiguità della virga infatti lascia concludere che la terza nota può anche essere
all’unisono con la seconda, come lo studio comparato dei diversi manoscritti conferma.

Torculus

La grafia fondamentale ha origine dall’unione di un pes con una clivis e indica un andamento
melodico prima ascendente e poi discendente. La fluidità del tratto, spesse volte accompagnato
dalla lettera c, indica un’esecuzione leggera delle tre note.
Accanto alla grafia fondamentale si riscontra una notevole varietà dei tratti modificati secondo
le modalità già viste per altri neumi. Il significato del torculus recante l’ultimo trattino
prolungato verso il basso indica una differenza d’ordine esclusivamente melodico riguardante
l’ultima nota che si trova ad almeno una terza rispetto alla seconda. La forma ritorta indica
invece un’esecuzione rallentata del neuma così come rallentato è il tempo necessario per
tracciare sulla carta una simile grafia. La disgregazione della prima nota verificabile nelle due
grafie, l’una recante un tractulus e l’altra una virga, vuole indicare una certa rilevanza da
imprimere a questa prima nota. Le ultime tre forme di torculus, quella con episema su seconda e
terza nota, quella con tratto allungato e quella con esecuzione spigolosa delle ultime due note,
rimandano a un’esecuzione estremamente accorciata del primo elemento del torculus a
vantaggio dei suoni restanti che invece si allargano. Questa particolare forma di torculus si può
trovare in tre casi:
1) intonazioni o reintonazioni;
2) sillabe finali di parola;
3) ornamentazione di una terza maggiore funzionale al raggiungimento verbo-melodico Do-re-
mi-re-mi.

23
Climacus

Indica un movimento di tre o più note discendenti. La grafia fondamentale richiede una esecuzione
leggera per tutte le note.
La grafia modificata recante l’episema sulla virga, indica l’allargamento della prima nota lasciando
scorrere leggere tutte le altre. Diversamente, la grafia con i due tractuli indica un allargamento di
tutte le note anche se la virga non ha l’episema. Questo doppio significato ritmico della prima nota è
dovuto al fatto che la virga ha un significato esclusivamente melodico in quanto si qualifica come
nota acuta rispetto al tractulus o al punctum. Così nel primo caso la virga prende il posto del
punctum più acuto e quindi viene eseguita con valore ristretto e nel secondo prenderà il posto del
tractulus più acuto e dunque eseguita con valore allargato.
La forma che lega le prime due note prevede l’esecuzione leggera solamente della prima nota e
l’allargamento delle successive. Infine quando abbiamo un tractulus sulla seconda nota, vorrà dire
che il valore allargato andrà riservato per le prime due.

Scandicus

Indica un movimento melodico ascendente di tre o più note. La grafia semplice, la prima delle due
si trova solo in composizione, indica un’esecuzione leggera. Per quanto riguarda l’esecuzione a
valori allargati, le grafie differenziate segnalano una varietà di situazioni tutte riconducibili a tre
categorie si scandicus.
La prima categoria è costituita dallo scandicus con valore sillabico allargato di tutte le note. Una
corretta esecuzione di tale tipologia deve prevedere una distribuzione proporzionale di questo
aumento tra le note. Inoltre si deve considerare che la terza nota rappresenta il culmine del
movimento e su di essa avviene l’articolazione con la sillaba successiva. Le grafie relative
prevedono l’uso di due tractuli e una virga eventualmente episemata tra virgae episemate.
La seconda categoria di scandicus è caratterizzata dall’allargamento sillabico della prima nota
mentre le altre escono leggere da questo impulso iniziale. A differenza della prima categoria
l’articolazione sillabica di questo scandicus avviene su questa prima nota. Si trova comunemente
nelle formule di intonazione o reintonazione e la prima nota coincide modalmente con una corda
strutturale mentre le successive sono gradi di ornamentazione. Le grafie corrispondenti sono
estremamente eloquenti a questo riguardo. Troviamo infatti l’unione della seconda e terza nota in un
pes mentre la prima viene di fatto a trovarsi disgregata ed è rappresentata da un tractulus o da una

24
virga episemata. Questo episema è comunque ridondante, poiché il solo stacco grafico tra prima
nota e parte restante del neuma è sufficiente a comunicare questo tipo di articolazione ritmica.
La terza categoria di scandicus si caratterizza per avere l’allargamento del valore sillabico sulla
seconda nota dove peraltro avviene l’articolazione della sillaba. Si trova comunemente in formule di
intonazione o reintonazione in cui fra la prima e la seconda nota vi è un intervallo di quinta.
Evidentemente la seconda coincide con una corda strutturale del modo. La grafia corrispondente
prevede la disgregazione del tratto che appare come un pes eventualmente episemato e una virga.

Neumi di conduzione

Viene definito “neuma di conduzione” ogni gruppo neumatico che presenta al suo interno un
particolare segno, la cui funzione peculiare è di “condurre” il movimento melodico verso
determinati punti. L’impiego di questi neumi, tuttavia, non è giustificato soltanto da motivi di ordine
melodico, ma interessa allo stesso tempo la dimensione ritmico-agogica.
I segni impiegati sono due: oriscus e quilisma.
Le figure neumatiche fondamentali che contengono queste grafie sono

A) Quilisma:
- quilisma-pes
- quilisma-scandicus
- forme quilismatiche sviluppate.
B) Oriscus con conduzione al grave:
- pressus maior
- pressus minor
- virga strata
- oriscus isolato o in apposizione.
C) Oriscus con conduzione all’acuto:
- pes quassus
- salicus

Quilisma

Entrambe le forme grafiche del quilisma sangallese e metense hanno origine, secondo la teoria più
accreditata, dalla scrittura letteraria, più precisamente dal punto interrogativo.

I segni sopra riportati indicano non una ma due note ascendenti, ossia il quilisma-pes, di cui il
quilisma rappresenta la nota d’attacco. Non è possibile tuttavia rappresentare la solo nota
quilismatica perché essa è sempre ed inscindibilmente legata con la nota superiore, rappresentata in
entrambe le notazioni con una virga. Anche nel caso in cui la virga sangallese post-quilismatica si
presentasse graficamente ridotta o addirittura assente, si tratterebbe ugualmente di due suoni
ascendenti.
Il più antico manoscritto sangallese, C, a differenza di tutti gli altri manoscritti della stessa famiglia
che fanno uso indistintamente delle due forme A e B riportate all’inizio del capitolo, è selettivo
nella scelta della forma quilismatica a due o tre denti.

25
Questa selettività è di ordine melodico e riguarda la forma A, ossia il quilisma a due denti, il quale
viene impiegato solamente nel caso di intervallo di tono intero fra la nota quilismatica e la seguente.
La grafia B, viceversa, può essere impiegata indifferentemente per intervalli semitonali o di tono
intero.
A differenza della forma B, dunque, la forma A riveste, in questo codice sangallese, un significato
di ordine melodico ed è a volte determinante nella scelta di una versione melodica: ne è evidente
l’utilità riguardo al problema del bemolle.

Quilisma-pes isolato

Il quilisma-pes si incontra abbastanza raramente in forma isolata. Nel Graduale non si trova mai in
forma isolata e così in tutte le edizioni di canto gregoriano fino al Psalterium Monasticus (1981), nel
quale viene riportata, per la prima volta, la grafia del quilisma-pes isolato.

26
Spesse volte nella notazione di Laon si può trovare la forma isolata del quilisma-pes, da non
confondere con la somigliante grafia dell’oriscus di diverso significato e che sta ad indicare,
oltretutto, una nota sola.

Scandicus Quilismatico

Nella sua forma più consueta il quilisma-pes viene fatto procedere, al grave, da almeno una nota: si
ottiene in tal modo un neuma denominato scandicus-quilismatico.

27
Oriscus con conduzione al grave

Pressus maior

Il pressus maior è un neuma di tre note, delle quali, le prime due sono all’unisono e la terza è più
grave. L’oriscus rappresenta il secondo elemento del neuma, preceduto in San Gallo da una virga, in
Laon da un punctum o da un uncinus, e seguito in San Gallo da un punctum, in Laon da un Uncinus
o da un tratto verticale.

Pressus minor

Se dalla grafia pressus maior togliamo la nota iniziale, otteniamo il pressus minor. Dunque tale
forma neumatica è costituita da due note discendenti, delle quali la prima è rappresentata dall’
oriscus. La caratteristica melodica propria del pressus minor è l’unisono fra la prima nota del
neuma, l’oriscus, e la nota precedente

28
Virga strata

La virga strata è ottenuta togliendo l’ultima nota al pressus maior.


Ne risulta un segno, usato sia isolato che in composizione, indicante due note, delle quali la seconda
è l’oriscus. L’oriscus finale svolge sempre la sua funzione melodica di conduzione al grave, pertanto
la virga strata è seguita da una nota più grave.

Oriscus in culminanza melodica

L’oriscus può anche concludere un neuma ascendente e trovarsi in culminanza melodica. E’ il caso
della figura neumatica caratteristica, costituita dallo scandicus quilismatico a tre gradi seguito
appunto dall’oriscus culminante.

L’oriscus culminante rappresenta infatti la “grafia specifica” che, ad esempio nella notazione
sangallese, vedrebbe nella “grafia generica” la sua sostituzione con una semplice virga culminante.

29
Pes Quassus

E’ un neuma ascendente di due note, la prima delle quali è appunto rappresentata dall’oriscus.

Salicus

E’ un neuma ascendente di tre o più note, delle quali la penultima è rappresentata dall’oriscus, che
nella grafia sangallese è di forma indicato con un piccolo semicerchio.

30
Pes stratus

La grafia, come si vede, è formata da un pes corrente seguito all’unisono da una terza nota indicata
dall’oriscus; ma l’oriscus perde qui la sua funzione melodico-ritmica. L’origine del pes stratus, che
si trova solamente in composizione, non è infatti sangallese; la sua presenza in un brano scritto in
notazione sangallese costituisce quasi sempre una prova dell’origine occidentale (Aquitania, Gallia,
Spagna) del brano stesso.

31
La liquescenza

Il fenomeno della liquescenza nasce dalla particolare conformazione fonetica di alcune sillabe e
della loro articolazione: tocca direttamente la corretta pronuncia e l’intelligibilità della parola latina,
pertanto costituisce un aspetto essenziale del canto gregoriano. Questa complessità
nell’articolazione fa prendere, agli organi vocali, una posizione transitoria che diminuisce e soffoca
il suono.
E’ evidente che tale fenomeno si manifesta unicamente al passaggio sillabico e non all’interno di un
melisma; verrà dunque coinvolta l’ultima nota del neuma.
Tale difficoltà si manifesta in particolar modo nei seguenti contesti:
a) incontro di due o tre consonanti (non con-fun-den-tur Domine);
b) dittonghi7 au, ei, eu (gau-dete, elei-son; eu-ge);
c) lettera j (nell’uso della Vaticana sempre i) fra due vocali (allelu-ia): in questo caso si effettua
una sorta di “anticipazione”, dovendo pronunciare la ”i” come se appartenesse alla sillaba
precedente. E’ ciò che accade anche nel contesto alla seguente lettera d):
d) lettere m, g tra due vocali (la g deve essere seguita da e o da i: cla-mor; re-ges).
Gli antichi notatori evidenziano il fenomeno liquescente mediante una modifica del segno
neumatico, con l’impiego quindi di grafie specifiche. I recenti studi sulla liquescenza non si sono
tuttavia limitati a constatare la presenza di particolari grafie, al contrario, è stata ricercata una logica
ed una coerenza nel loro impiego. Il problema si manifesta in modo evidente laddove è possibile
verificare un’alternanza nell’uso di una grafia liquescente all’interno di simili contesti di ordine
fonetico. In altre parole, ad una stessa articolazione sillabica che porta, a volte, una grafia
liquescente, può altre volte sostituirsi ad una grafia non liquescente. Tale constatazione non è in
contraddizione con quanto sopra affermato, al contrario, risponde ad una sottile quanto solida logica
che impedisce la schematizzazione del fenomeno liquescente. Quest’ultimo, infatti, va sempre posto
in relazione ad un preciso contesto, che non interessa solamente le qualità fonetiche delle sillabe
interessate, ma coinvolge, come si avrà modo di constatare, le specifiche caratteristiche di ordine
melodico e ritmico.

7
unione di due vocali in una sola sillaba

32
Le lettere

In molti manoscritti i segni neumatici sono attorniati da lettere, sigle e abbreviazioni. Una notizia di
Ekkehart IV cronista di S. Gallo, morto nel 1036, attribuisce a Romanus, il cantore inviato da Roma
a S. Gallo verso il 790, l’introduzione dell’uso di queste lettere dette pertanto lettere romaniane o
anche, spesso indicate come litterae significativae. Se la notizia è leggendaria, il significato delle
lettere sangallesi è storicamente accertato grazie alla spiegazione contenuta nella famosa epistola di
Notker, monaco di S. Gallo, morto nel 912, a frater lantbertus: la sua contemporaneità alle fonti più
antiche ne fa un documento di importanza fondamentale soprattutto per il ruolo che ha avuto nella
scoperta del significato ritmico dei segni, degli episemi, innanzitutto, nonché delle grafie
neumatiche stesse. Questo breve trattato ci è stato conservato, in forma completa o abbreviata, in
undici manoscritti che datano dal 1000 fino al XV secolo. Il manoscritto 381 di S. Gallo, fra i più
antichi testimoni, è stato pubblicato da Dom Mocquereau in due tavole del tomo quarto della
Paleographie Musicale, il volume che contiene il codice E, senz’altro il sangallese più ricco di
lettere.
A questo proposito, si devono distinguere le lettere di S.Gallo da quelle di Laon; non possediamo,
infatti, alcuna spiegazione autentica delle lettere metensi, al significato delle quali si può, però,
risalire con certezza attraverso lo studio comparativo che ne rivela la sostanziale affinità con quelle
sangallesi. La presenza di Notker in un manoscritto del X secolo di provenienza metense, si spiega
attraverso le relazioni esistite tra la scuola di Metz e quella di S.Gallo e chiarisce, al tempo stesso,
quell’affinità di cui si diceva, nell’uso delle lettere delle due scuole.
Soprattutto è importante distinguere le due categorie in cui le lettere possono essere raggruppate, in
base all’indicazione di carattere melodico o ritmico che possono fornire.

Lettere con significato melodico

Altius – più elevato

Levare – più in alto

Sursum – in direzione dell’alto, più in alto

Inferius – oppure Iusum – discendere più in basso, più grave

Deprimatur – verso il grave

Equiliter – unisono, oppure relazione semitonale, ma anche


indicazione di una ripetizione melodica

33
Lettere con significato ritmico

Celeriter – velocemente, rapido, fluido, spigliato

Tenere – trattenere, largo, allargato, allungato, contestualmente importante

Statim oppure Strictim – subito, di seguito, concatenamento immediato

Expectare – attendere, articolare, distinguere

Lettere che si trovano frequentemente in composizione con le precedenti

Mediocriter – mediamente, un poco soltanto

Valde – molto, assai

Bene – bene, eseguire la nota o la sfumatura implicata o il passaggio

Parvum – piccolo, un poco, ben poco; oppure Parum - meno

34
Frequenti combinazioni di lettere

Altius Mediocriter – un poco più alto

Levare Mediocriter – un poco più su

Sursum Mediocriter – un tantino più alto

Inferius Mediocriter – un poco più giù

Inferius Valde – molto più basso

Celeriter Mediocriter – un poco più mosso, oppure non troppo celermente

Mediocriter Celeriter – un po’ meno mosso

Tenere Mediocriter – trattenere un poco

Mediocriter Tenere – un poco trattenuto

Tenere Bene – ben tenuto

Combinazioni più rare

Sursum Bene – bene in alto

Levare Bene – tenere bene in alto, sufficientemente in alto

Levare Parvum – alzare di poco

Combinazioni di lettere senza interdipendenza, con interpretazione separata

Levare, Tenere – più alto, elevato, tenere

Sursum, Tenere – in su, tenere

Levare, Celeriter – più in alto, celermente


Sursum, Celeriter – su, rapidamente
Parvum, Mediocriter – un poco, mediamente

35
Lettere ed abbreviazioni con significati vari

Frendor oppure Fragor – fragore, vigore, con voce sostenuta, con sonorità

Gutture – di gola, gutturale

Klenge, Klangor – forte, più forte, suono intenso

Coniunguntur, Coniunctim – legato

Fideliter – fedelmente, con esattezza

Leniter – senza durezza, con garbo, gentilmente, dolcemente

Molliter – morbidamente, senza durezza

Poratim – determinato deciso

Perfecte – perfettamente, compito

Pulcre – in bel modo, con grazia

Similiter – così, nella stessa maniera, similmente

Simul – nello stesso tempo, uguale

Volubiliter – con duttilità, volubilmente, flessibilmente

Vel - oppure

36
Lettere aggiuntive in Laon

Lettere con significato melodico

Sursum – verso l’alto, su, più alto

Fastigium – apice (melodico)

Humiliter – basso, in discesa

Levare – sollevarsi

Equaliter – lo stesso grado melodico

Lettere con significato ritmico

Tenere – tenere

Augete – aumentare. Da non confondere con la “a” di Altius sangallese

Celeriter – rapidamente, fluido, sciolto

Non (tenere) – non (tenere); oppure: Nectum – connesso, legato; oppure. Naturaliter –
con naturalezza (non fermarsi, non allargare)

Lettera con significato ritmico o melodico secondo il contesto

Mediocriter - mediamente, un poco

37
Combinazioni di lettere

Non Levare – non alzare


Mediocriter – mediamente, un po’

Humiliter Parum – più basso, ma non troppo

Sursum Parum – poco più in alto, su ma non troppo

Non Tenere – ne teneas – non tenere

Lettere giustapposte con interpretazione separata

Sursum, Tenere – su, tenere


Humiliter, Nectum – giù, legato

Tenere, Humiliter – tenere, giù

38
Le lettere tironiane di Laon 239

Le note tironiane costituiscono un’antica tachigrafia8 romana. Già Isidoro di Siviglia (ca 560-636)
riferiva di Tirone, segretario privato di Cicerone (103/104 a.C.), al quale, secondo varie fonti, sia in
epoca antica sia all’inizio dell’Età Moderna, veniva ascritta la scoperta. Oggi, per concorde opinione
della ricerca, Marco Tullio Tirone, schiavo di Cicerone e libero dal 53 a.C., viene ritenuto lo
scopritore della tachigrafia romana.
La fonte più importante per la conoscenza della tachigrafia romana è data dagli elenchi lessicali
delle “note” (Commentarii notarum tironianarum = CNT), nei quali esse sono tradotte anche nella
scrittura corrente. Esistono inoltre delle elaborazioni di tali strumenti ai fini dell’insegnamento, nelle
quali numerose note presenti nei commentari tramandate venivano eliminate. Quanto rimaneva,
veniva ordinato secondo ottiche didattiche e suddiviso, ai fini dell’applicazione nelle scuole
abbaziali medievali, in quaderni per l’insegnamento il più possibile uniformi.
Come testo d’esercizi per l’insegnamento era in uso soprattutto una traduzione dei salmi in note
tironiane, dal momento che sotto Carlo Magno (768-814) che cercò di far rinascere l’antica cultura
in ogni indirizzo, esse vennero riesumate e copiate nelle abbazie franche.
Sotto Carlo Magno, Ludovico il Pio (778-840) e Carlo il Calvo (823-877) venne strutturata una
grande biblioteca reale. Nella sua Admonitio generalis del 23 marzo 789, l’imperatore Carlo ordinò
che i chierici e monaci dovevano apprendere “le note”. Nella cancelleria carolingia venivano
tracciate note tironiane e la riforma del latino procedeva con la loro rimessa in uso.
Oggi si trovano codici della Bibbia e dei Salmi in note tironiane che sono stati scritti a Tours,
Epernay, Reims e St. Amand. Il più importante e recente lavoro di John Contreni apparso nella sua
pubblicazione del Codex Laudunensis 468 contiene glosse e materiale introduttivo alle opere di
Virgilio e Sedulio9 con uso di note tironiane, copiate da due amanuensi, uno dei quali è Martino di
Laon. Esistono prove che l’esemplare sia stato probabilmente copiato a Soissons.
I segni tironiani nel codice Laon 239 si basano dunque sullo sviluppo di tale tachigrafia fino
all’anno 900. Nessuna sorpresa quindi, se anche in esso, tracciato attorno al 930 nella zona di Laon,
è possibile osservare l’impiego di conglobato di minuscola carolina, di note tironiane e di neumi
metensi.
Laon, chiamata nella tarda antichità Laudunum, costituiva, già nel 487, una diocesi, ed in seguito fu
anche corte carolingia e fondazione abbaziale da parte di monaci irlandesi. Per alcune generazioni
fu nuovamente possibile, in particolare in Francia, nel fervore del cosiddetto rinascimento
carolingio, fare delle note tironiane un utile strumento nell’ambito della scuola. Sia a Laon, sia nelle
vicinanze, vennero impiegate note tironiane in diversi codici, nel codice 239 vengono riuniti neumi
metensi assieme ai segni tironiani e alla minuscola carolina con le sue abbreviazioni. La coincisione
dell’immagine scrittoria tironiana permette di risparmiare spazio, tempo e pergamena costosa ed
attrae la lettura; ed è anche per questo che le note tironiane di Laon 239 spiccano chiaramente
rispetto alla minuscola. La minuscola irlandese invece possiede molte legature, risparmia perciò
molto spazio ed innalza ancora di più il grado di chiarezza.
La parsimonia de tale scrittura viene aumentata da un sistema di forti abbreviazioni, che contiene
“Notae Antiquae” (Sospensioni).
Presumibilmente gli irlandesi conoscevano uno o più elenchi di note tironiane. Nella scuola
Palatina, che da Carlo il Calvo era stata trasferita da Querce a Laon o nei suoi pressi, prendevano

8
Tecnica di scrittura celere basata su segni convenzionali
9
Scarse sono le notizie sul poeta Sedulio (prima metà del IV secolo), che era probabilmente di origine italica o gallica.
Insegnò retorica, si trasferì in Grecia, dove pubblicò il suoi scritti. Forse fu prete e vescovo. La sua opera principale è il
poema Carmen paschale (Carme pasquale), in 5 libri di esametri in cui sono riassunti e parafrasati alcuni fra i più
notevoli miracoli dell'Antico Testamento e quelli operati da Cristo, seguendo la narrazione dei Vangeli, soprattutto
quello di Matteo. Il linguaggio è semplice, vivo ed è modellato su quello dei classici. Il Carmen ebbe molto successo e
Sedulio ne scrisse anche una versione in prosa, nella quale dominano l'enfasi e l'artificio retorico. Di lui restano anche
due inni dedicati al Natale e all'Epifania, parte dei quali sono entrati nell'innografia ufficiale della Chiesa.

39
dimora eruditi irlandesi, fra i quali Martinus di Laon noto quale amanuense musicale accanto a
Heiric di Auxerre e Hadoard di Corbie. Il codice Laon 239 rappresenta il più antico e, al tempo
stesso, famoso manoscritto in tale ambito, riconosciuto in tutte le specifiche pubblicazioni quale
modello della scrittura metense.
Nella letteratura semplicemente sterminata che riguarda i codici nel medioevo non c’è praticamente
punto di vista sotto il quale essi non siano stati osservati. Nonostante ciò, manca ancora un quadro
generale delle note tironiane quali “Litterae significativae” nei manoscritti gregoriani dal punto di
vista semiologico. L’informazione finora più ampia di esse nel codice Laon 239 è data da Joseph
Smits van Waesberghe. Scopo dell’odierna ricerca è quello di osservare in modo nuovo quanto è
stato raggiunto nei risultati, nei rapporti e negli sviluppi, di inventare nuovi metodi per la
decifrazione delle note e creare così criteri che preparino il cammino ad un futuro quadro generale
di tutti i segni tironiani presenti nel codice Laon 239. L’interpretazione di essi, infatti, non è senza
influsso sull’autentica restituzione delle melodie gregoriane. Un’analisi paleografica di tali segni
deve in primo luogo scomporli nelle loro parti grafiche, ricercare il significato dei singoli elementi e
poi fissarli ai fini delle ricostituzione melodica. Le note tironiane in Laon 239 precisano infatti
innanzitutto lo scorrere della melodia. Oltre a ciò, esse cadono anche come rimandi a determinati
capitoli e come rettifiche riguardo ai problemi che anche la notazione a punti assieme alla
diastemazia relativa può provocare in questo codice. Per l’amanuense, destinatario è sempre colui
che può usufruirne: il cantore, il direttore e il copista.
Augustoni e Goeschl, nel primo volume del loro Einführung in die Interpretation des
Gregorianischen Chorals, sottolineano che le lettere più importanti sono quelle che riguardano
l’andamento melodico oppure il ritmo. Per queste due grandi categorie, San Gallo (SG) impiega
esclusivamente la minuscola, mentre Laon 239 la impiega soltanto per lettere con significato
ritmico. Litterae significativae con carattere melodico vengono perlopiù riportate con note tironiane.
In Laon 239 vengono impiegate anche note tironiane al fine di correggere, malgrado la diastemazia
relativa, agganci errati o imprecisi nella conduzione melodica.
Quando però la cura dei primi imperatori carolingi per la scienza cessò, diminuì anche nelle abbazie
l’amorevole occupazione con le antiche note, la conoscenza di esse si abbassò rapidamente dopo il
IX secolo per poi cessare definitivamente nell’ XI.

40
Lettere tironiane

41
42
Tavole Neumatiche

43
44
Notazione Sangallese

45
Notazione lorense o metense (L)

46
Notazione Bretone (Ch)

47
48
49
Notazione Aquitana (Al)

50
51
Notazione Aquitana (Y)

52
Notazione Beneventiana (Bv 33-Bv 34)

53
54
55
56
57
58
59
Notazione Francese (N)

60
61
Notazione Italiana (Ra)

62
63
Notazione Tedesca (Kl)

64
Notazione Montpellier (Mtp)
Verso la fine del XIX secolo il manoscritto fu scoperto nelle biblioteca della facoltà di medicina di
Montpellier. La caratteristica più evidente di questo codice è la doppia notazione riportata sopra il
testo: una prima notazione è di ordine alfabetico, per la quale cioè a ciascuna lettera corrisponde una
determinata nota; tale notazione è completata da un’ ulteriore scrittura neumatica in campo aperto di
scuola francese. Le lettere appartengo al sistema a-p, che riunisce in una sola serie tutte le note delle
due ottave diatoniche. Da notare inoltre la specifica indicazione di ottava, con la lettera “i” la quale,
nel caso di bemolle, è scritta in forma inclinata. Le lettere possono essere accompagnate da segni
complementari.

Questa particolare grafia ricorda l’antica notazione greca contenuta nell’ epitaffio di sicilo. In
questo esempio è possibile notare, sopra il testo, la melodia espressa in lettere con l’aggiunta di
segni che vanno ad integrare, si presuppone ritmicamente, la melodia stessa come nel caso del
manoscritto di Montpellier.

65
Neografia

66
67
68
Bibliografia

AA.VV – Ricerca sul web


Augustoni Luigi, Berchmans Goeschl Johannes – Introduzione all’interprestazione del canto
gregoriano. Ed. Torre D’Orfeo, Roma 1998
Chiaramida Michele – Opus Alienum; funzioni e significati del canto gregoriano. Ed. Armelin
Musica, Padova 2010
Rampi, Fulvio – Del canto gregoriano; dialoghi sul canto proprio della chiesa. Ed. Rugginenti
Rampi Fulvio, Lattanzi Massimo – Manuale di canto gregoriano; Ed. E.I.M.A Milano 1991

69

Potrebbero piacerti anche