Sei sulla pagina 1di 112

La musica nel

Mediterraneo antico
Egizi, Sumeri, Ittiti, Assiro-
Babilonesi, Greci, Etruschi,
Romani
Lira con testa taurina rinvenuta
nella necropoli reale di Ur,
ca. 2500 a.C.
London,The British Museum
Musicanti, particolare del registr
superiore di un rilievo raffiguran
alcuni membri dell’orchestra rea
davanti a due dignitari, dal Pala
nord di Quyunijq, metà VII sec. a
lastra in alabastro
London, British Museum, inv.
WA.124922
Musicanti, particolare del riliev
con il banchetto di Assurbanip
e consorte, dal Palazzo nord d
Quyunijq, metà VII sec. a.C.
lastra in alabastro, alt. 0,56 m
London, British Museum, inv.
WA.124920
«A voi si dà quest’ordine, o popoli, nazioni e genti di tutte le
lingue: nel momento in cui sentirete il suono del corno, del
flauto, della cetra, della sambuca, del salterio, della
cornamusa e di ogni specie di strumenti musicali, prostratevi
e adorate la statua che ha fatto erigere il re Nabucodonosor.
Quelli che non si prostreranno e non l’adoreranno saranno
subito gettati dentro una fornace col fuoco acceso». Appena
dunque si udì il suono del corno, del flauto, della cetra, della
sambuca, del salterio, della cornamusa e di ogni specie di
strumenti musicali, popoli e nazioni e genti di tutte le lingue, si
prostrarono e adorarono la statua d’oro che aveva eretto il re
Nabucodonosor.

Daniele, 3, 5-7
Rilievo con musicisti, periodo neo-ittita, VIII sec. a.C.
basalto, cm 113x145x25
Istanbul, Museo dell’Oriente Antico, inv. 7723 (da Samal)
Musiciste, particolare
di una scena di banchet
funebre, affresco dalla
necropoli di Sheikh Abd
el Qurna (Tebe), Tomba
di Nakht, XVIII dinastia
Arpista cieco, particolare
di un affresco della Tomba
di Nakht, XVI-XIV sec. a.C.,
necropoli di Sheikh Abd
al-Qurnah,Tombe dei
Nobili, Luxor-Tebe
Musiciste e danzatrici, affresco proveniente dalla Tomba di Nebamon, XVII
London, The British Museum
Musiciste, affresco proveniente dalla
Tomba di Nebamon, XVIII dinastia,
London, The British Museum
Flautista e cantante, rilievo dalla necropoli di Asasif, Tomba di Kheruef, XVII
sistro
Venivano poi dei suonatori di zampogna e di flauto, che
eseguivano delle dolci sinfonie, e dietro ad essi avanzava un
mirabile gruppo di giovani scelti, tutti vestiti di una veste
luminosa e candida come neve, che andavano ripetendo un
cantico soavissimo, composto da un bravo poeta sotto
ispirazione delle Muse, nel cui tema era già contenuto il
preludio dei maggiori voti. Seguivano poi dei flautisti votati al
grande Serapide, i quali su un flauto ricurvo che arrivava fino
al loro orecchio destro, ripetevano i motivi tradizionali in uso
nel tempio del dio, e parecchie persone che andavano
gridando di far
largo al passaggio del sacro corteo. Finalmente s’avanzavano
le turbe degli iniziati ai misteri, uomini e donne d’ogni
Il sistro, altresi, vuol significare che tutti gli esseri esistenti
hanno bisogno di essere scossi e non devono mai cessare di
muoversi, ma devono quasi essere svegliati e agitati dallo
stato di sonnolenza e di torpore. Dicono, infatti, che Tifone è
messo in fuga e represso dai sonagli del sistro, significando
cosi che,
ove mai lo sterminio avvinca e irretisca il principio operativo
della natura, il divenire dinuovo lo libera e lo risolleva per
mezzo del movimento. La parte superiore del sistro e
tondeggiante; tale disco precinge i quattro elementi della
sonagliera. Ed ecco il perchè: la parte del mondo che e
soggetta al ritmo della generazione e della distruzione e
contenuta al di sotto della sfera lunare; e, in essa, tutte le
alquanto leggendario. Vero è, comunque, che la pupilla negli
occhi del gatto sembra crescere, larga e tonda, nel plenilunio,
e assottigliarsi e offuscarsi al calar della luna. Con l’aspetto
umano del gatto si vogliono indicare l’intelligenza e la ragione,
che guidano i cambiamenti della luna.

Plutarco, De Is., 63
Rilievo con Iside-Hathor, Abydos,
Tempio di Seti I, XIX dinastia
Allora Myriam, la profetessa sorella di Aronne, prese in mano
un timpano e tutte le altre donne uscirono dietro di lei con
timpani e sistri, danzando e cantando inni di lode al Signore.
Esodo, 15, 20-
21)

Or, quando gli Israeliti rientrarono e Davide tornava dopo aver


ucciso il Filisteo, le donne uscirono da tutte le città d’Israele,
incontro al re Saul, cantando e danzando, al suono festoso di
tamburi e di sistri.
I Samuele, 18,
6
Arte romana, Suonatrice di
sistro, fine I – metà II sec. d.C.
Torino, Museo di Antichità ,
inv. 904
La battaglia cominciò non soltanto con il solito rumoroso
frastuono, ma in aggiunta all’altro strepito degli uomini, dei
cavalli e delle armi, la folla disarmata dei Campani disposta
sulle mura suscitò tanto rumore battendo il bronzo come si
suol fare nel silenzio della notte nel corso di un’eclissi di luna,
da attirare anche l’attenzione dei combattenti.

Livio, Hist., XXVI, 5, 9

Costui sarebbe in grado di dirci quante mani cittadine battono


i bronzi, quando la luna è colpita e maltrattata dalla trottola di
Medea.
A cielo sereno si vide improvvisamente eclissarsi la luna. I
soldati, che ignoravano la causa del fenomeno, lo
interpretarono come un presagio. […] Con strepito dunque di
bronzi e suono di trombe e corni rumoreggiavano; secondo
che la luna si faceva
più lucente o più fosca, si allietavano o si rattristavano; e
quando delle nuvole che si erano alzate la tolsero alla vista, e
si poté credere che fosse scomparsa nelle tenebre, inclini
come sono alla superstizione gli animi già turbati, piangendo
gridano che si preannunzia loro un travaglio interminabile, e
che gli dei distolgono sdegnati lo sguardo dalle loro azioni.

Tacito, Ann., I, 28, 1-2


Gli spiriti malvagi sono anime refrattarie al sacrificio; troppo
legati alla terra, non hanno potuto riacquistare l’immaterialità
e la purezza sonora di un vero morto. Hanno voci orribili o
ingannevoli, producono rumori disordinati e si nutrono in parte
dei suoni-sostanza delle anime dei vivi che ci tormentano. Li si
scaccia con il suono del sacrificio, soprattutto con il suono
delle materie antiche e del metallo, oppure per mezzo di un
controrumore che, cogliendoli alla sprovvista, li spaventi.
Durante un’eclisse di luna, si scatena un baccano assordante
per respingere gli spiriti che cercano di divorare l’astro […]. Gli
uomini particolarmente minacciati a causa del loro alto
rango o della loro carica indossano abiti o cinture munite di
campanelli.
Farai ancora il manto […] tutto intero di porpora violacea. Avrà
in mezzo un’apertura per passarvi il capo, orlata all’intorno e
intessuta a guisa dell’apertura di una tunica, affinché non si
strappi. Tutt’intorno all’orlo inferiore del manto farai delle
melagrane di porpora violacea e scarlatta, di cremisi e lino
fine ritorto, tra le quali vi saranno dei sonagli d’oro: sonagli e
melagrane si alterneranno tutt’intorno all’orlo inferiore del
manto. Aronne lo indosserà per officiare affinché si oda il
tintinnìo dei sonagli quando entrerà nel santuario alla
presenza del Signore, e quando ne uscirà; così non morrà.

Esodo, 28, 31-35


È opinione comunemente accettata dalla antichità che i
demoni e gli spiriti possano essere messi in fuga dal suono del
metallo, che si tratti del tintinnio delle campanelle, della voce
grave delle campane, dell’urto acuto dei cembali, del
rimbombo dei gong, o del semplice ticchettio delle piastre di
bronzo o di ferro, urtate fra loro, percosse con martelli o
bacchette. Così nei riti di esorcismo e frequente che
l’officiante agiti una campanella tenuta in mano, o che porti
legato in qualche parte del suo corpo un grappolo di
campanelle risonanti ad ogni suo movimento.

(da JAMES FRAZER, Le Folklore dans l’Ancien Testament,


Paris 1924, p. 359)
Trombe ritrovate nella tomba del re Tutankhamon
Poi il Signore parlò a Mosè, ordinandogli: «Fatti due trombe
d’argento battuto: te ne servirai per convocare l’assemblea e
per far muovere i campi. Quando le farai suonare tutt’e due, si
radunerà tutta la comunità presso di te, all’ingresso del
Tabernacolo di convegno. Quando invece ne suonerà una sola,
si dovranno radunare presso di te i prìncipi, capi delle migliaia
d’Israele. Quando squilleranno le trombe e daranno il segnale,
si muoveranno i campi di levante; quando squilleranno la
seconda volta e daranno il segnale, si muoveranno i campi di
mezzogiorno. Darete sempre il segnale a squilli di tromba ogni
qualvolta si dovrà muovere il campo. Ma quando chiamerete a
raccolta la comunità, suonate in modo unito e non a squilli. Le
shofar
Ogni corno è adeguato, salvo quello di bue […]. Il corno
[suonato nel tempio] nel giorno dell’Anno Nuovo era [fatto di
un corno] di un capro selvatico, diritto con l’imboccatura
ricoperta d’oro. E ai lati [di coloro che sonavano lo shofar]
stavano due [sonatori di] trombe. Lo shofar emise una lunga
nota e la tromba una breve dacché la celebrazione del giorno
toccava allo shofar. Nei giorni di digiuno [gli shofarim] eran
fatti di corna d’ariete, arrotondati e con l’imboccatura
ricoperta d’argento. E tra di essi stavano due trombe. Lo
shofar lanciò una breve nota e le trombe una lunga, perché
alle trombe toccava la celebrazione del giorno. L’anno del
Giubileo è simile al giorno del Nuovo Anno per quel che
attiene al sonare lo shofar e pure è simile alle Benedizioni […]
Uno shofar che si sia spezzato e sia poi stato saldato non è
Ermes per primo fabbricò la sonora testuggine […]
Tagliò in esatte misure steli di canna,
li infisse nel guscio, attraverso il dorso della testuggine.
Attorno distese abilmente una membrana di bue,
adattò due bracci, li unì con una traversa,
tese sette corde di budello di pecora, armoniose tra loro.
E quando l’ebbe finita, reggendo l’amabile gioco
lo saggiava col plettro corda per corda: sotto la mano
produsse un mirabile suono. Il dio cantava,
splendidamente, Inno omerico IV. A Hermes, 25 e 47-56
provando ad improvvisare, come sogliono i giovani
durante il banchetto, quando si scambiano scherzi
pungenti.
Ceramica attica a figure nere, kylix
con scena di paideia, ca. 550-540
a.C.
[…] Assai facilmente,
come voleva, placò il figlio di Latona, l’arciere,
benché fosse possente: tenendola con la sinistra
saggiò la cetra col plettro, corda per corda,
produsse mirabile suono; sorrise Febo Apollo
pieno di gioia, l’amabile armonia della voce divina
gli penetrò nella mente, dolce desiderio lo prese
nel cuore, mentre ascoltava, e suonando sopra la cetra
un amabile canto stette il figlio di Maia, sereno,
Inno omerico IV. A Hermes, 416-426 e 34
alla sinistra di Febo Apollo e presto prese a cantare
traendo suoni armoniosi, lo assecondava l’amabile voce
[…] .
Un desiderio invincibile prese il cuore di Febo […]
kythara
Ma poiché il tuo cuore brama di suonare la cetra,
canta, suona la cetra, sii lieto di questo piacere
che ricevi da me: a me, caro amico, lascia la gloria.
Suona tenendo in mano la compagna canora,
che sa dire belle cose, bene, con eleganza.
Ora portala lieto al banchetto fiorito,
all’amabile danza, alla festa splendente,
una gioia di notte e di giorno, a chiunque,
raffinato con arte e sapienza, la saggi
parlando ella insegna ogni grazia alla mente,
suonata con morbida mano, da esperto,
e rifugge rudi percosse, e se qualcuno, ignaro,
lieto; prese la cetra con la mano sinistra
lo splendido figlio di Latona, il sire Apollo arciere,
e la saggiò col plettro corda per corda: sotto la mano
quella produsse mirabile suono, il dio cantava,
splendidamente.
Inno omerico IV. A Hermes, 475-502
Pittore di Antimenes, anfora con
Apollo e altre quattro divinità, Torino,
Museo di Antichità, inv. 4100
Pittore di Antimenes, anfora con
Apollo tra Atena ed Ermes,
, ca. 520 a.C.
Torino, Museo di Antichità, cat.
4101
Va, suonando la cetra, il figlio glorioso di Latona,
la cetra sonora, verso Pito rocciosa,
indossa una veste immortale, odorosa d’incenso, la cetra
percossa da plettro d’oro dà un suono incantevole.
Dalla terra verso l’Olimpo veloce come il pensiero
s’avvia alla casa di Zeus insieme agli altri dèi:
ché gli immortali hanno caro il canto e la cetra.
Insieme le Muse concordi rispondono con voce bella,
cantano i doni immortali dei numi, e degli uomini […]
Le Cariti trecce belle, le Ore serene
e Armonia ed Ebe e Afrodite Innofiglie di Zeus
omerico III. Ad Apollo, 182-189 e 94-103
danzano, tenendosi l’una all’altra per mano,
Apollo citaredo, II sec.,
da Mileto
marmo, altezza 177 cm
Istanbul, Museo Archeologico,
inv. 2000
[…] fai fiorire ogni cosa, tutta la sfera celeste tu accordi
con la cetra sonora, talora andando al limite della corda più corta,
talora invece della più lunga, talora secondo il modo dorico
accordando tutta la sfera celeste distingui le specie viventi,
con l’armonia contemperando per gli uomini il destino universale,
mischiando ugual misura d’inverno e d’estate per gli uni e per gli altri,
distinguendo nelle corde più lunghe l’inverno, nelle più corte l’estate,
nel dorico il fiore fresco della primavera molto amabile.

(da un inno orfico del III sec. d.C. dedicato ad Apollo)


Apollo citaredo, I-II sec. d.C.,
dal teatro di Leptis Magna
Tripoli, Museo Archeologico
Arione di Metimna, che era il più eccellente tra i suonatori di
cetra, fu prediletto dal re Piranto di Corinto. Egli chiese al re di
lasciarlo andare in città per dimostrare a tutti la sua arte e
acquistò un patrimonio immenso. Allora i suoi servi, assieme
ai marinai, complottarono di ucciderlo. In sogno gli apparve
Apollo che gli disse di cantare con la sua ghirlanda e le sue
vesti di scena e di confidarsi a quelli che sarebbero venuti in
suo aiuto. Quando i servi e i marinai vollero ucciderlo, egli
chiese di poter cantare davanti a loro. Il suono della cetra e il
canto si sentivano sul mare tutto attorno, e la nave fu
circondata dai delfini, vedendo i quali egli si gettò in mare, ed
essi lo raccolsero e lo portarono sino a Corinto dal re Piranto;
quando toccò terra, desideroso di partire, non risospinse in
mare il delfino, che morì in quel luogo […]. Apollo poi, a causa
della bravura nella citarodia, trasportò fra le stelle sia Arione
che il delfino.

Igino, Fabulae, 194


Tamiri, che si distingueva per la sua bellezza e per l’abilità nel
suonare la cetra, sfidò le Muse a una gara di musica dopo aver
stabilito che, se fosse risultato migliore, avrebbe fatto l’amore
con tutte, se fosse stato sconfitto, esse avrebbero potuto
privarlo di ciò che volevano. Furono superiori le Muse che lo
privarono degli occhi e della cetra.

Apollodoro, Biblioteca I 3, 3
barbitos
Antiope, figlia di Nitteo, ebbe una relazione con Zeus e partorì
due gemelli sul monte Citerone in Beozia. I bimbi furono
esposti, ma un mandriano li trovò e li crebbe, dando all’uno il
nome di Zeto, all’altro di Anfione. Zeto si dedicò
all’allevamento del bestiame, mentre Anfione imparò la
citarodia: lo strumento gli fu regalato da Ermes […]. Assunto il
potere, essi costruirono le mura della città di Tebe: le pietre si
disponevano da sole al suono della lira di Anfione.
Apollodoro, Biblioteca III, 5, 5
Ma il Signore disse a Giosuè: «Ecco che io dò in tuo potere
Gerico, il suo re e i suoi uomini più valorosi. Voi, quanti siete
uomini d’armi, girate una volta attorno alla città: farai così per
sei giorni. Sette sacerdoti porteranno sette trombe dinanzi
all’Arca. Nel settimo giorno farete sette volte il giro della città,
e i sacerdoti suoneranno le trombe. Allorché suoneranno a
distesa e voi avrete inteso lo squillo delle trombe, tutto il
popolo proromperà in alte grida, il muro della città crollerà
dalle fondamenta, e il popolo entrerà, ciascuno dal lato che ha
di fronte».

Giosuè, 6, 1-5
Da Anfitrione Eracle imparò a guidare il carro, da Castore a
usare le armi, da Lino a suonare la cetra. Lino era fratello di
Orfeo: venne a Tebe e diventò cittadino tebano; Eracle lo
uccise colpendolo con la cetra, lo uccise in un impeto d’ira
perché Lino lo aveva colpito a sua volta. Lo portarono in
giudizio per omicidio ed egli lesse una legge di Radamanto
che diceva: «colui che si difende da chi per primo lo offende
Apollodoro, Biblioteca II 4, 9-11
non è colpevole», e così fu assolto.
Da Calliope ed Eagro (ma, in realtà, da Apollo), nacquero: Lino,
che fu ucciso da Eracle, e Orfeo, che suonava la cetra e col
suo canto muoveva pietre e alberi. Quando la sposa di Orfeo,
Euridice, morì per il morso di una serpe, egli scese nell’Ade
per riportarla sulla terra e persuase Plutone a rimandarla. Il
dio si impegnò a farlo a patto che Orfeo, durante il cammino di
ritorno, non si fosse voltato indietro prima di giungere alla sua
casa; ma Orfeo non si fidò e si voltò a guardare la sposa che
discese di nuovo nell’Ade. Orfeo fondò anche i misteri di
Dioniso; fatto a pezzi dalle Menadi, fu sepolto nella Pieria.

Apollodoro, Biblioteca, I 3,2 [14-


5]
Pittore del Sakkos bianco,
Orfeo agli inferi (320 a.C. ca.),
Matera, Museo Nazionale “D. Ridola”
Un vento propizio spingeva la nave, e ben presto
furono in vista di Antemoessa, l’isola bella
dove le melodiose Sirene, figlie dell’Acheloo,
incantano e uccidono col loro canto soave
chiunque vi approdi. Le partorì ad Acheloo
la bella Tersicore, una musa: un tempo servivano
la grande figlia di Deo, quando ancora era vergine,
e cantavano insieme; ma ora sembravano
in parte uccelli, in parte giovani donne.
E stando sempre in agguato al di sopra del porto,
tolsero a molti, consumandoli nel languore,
il dolce ritorno. E anche per loro, senza esitare
mandavano l’incantevole voce, e quelli già stavano
per gettare a terra le gomene, se il figlio di Eagro,
il tracio Orfeo, non avesse teso nelle sue mani
la cetra bistonica, e intonato un canto vivace,
con rapido ritmo, in modo che le loro orecchie
rimbombassero di quel rumore, e la cetra
ebbe la meglio sulla voce delle fanciulle;
Zefiro e l’onda sonora che spingeva da poppa
portavano avanti la nave, e le Sirene mandavano suoni
indistinti.

Apollonio Rodio, Argonautiche IV, 895-911


Arte romana, frammento di
pavimento
musivo con Orfeo tra gli animali,
metà III sec. d.C.
Torino, Museo di Antichità, senza n. di
inv.
C’era un colle, e sul colle una radura perfettamente piana che
un prato colorava di verde. Non c’era ombra in quel luogo; ma
quando il poeta divino si sedette lì e toccò le corde sonanti,
l’ombra venne in quel luogo: venne la pianta della Caònia, non
mancò il bosco delle Elìadi, non il rovere dalle alte fronde, né i
molli tigli né il faggio e il vergine alloro, né i fragili noccioli e il
frassino buono per le lance, e l’abete senza nodi e il leccio che
s’incurva per le ghiande, e il platano festoso e l’acero che
trascolora, insieme ai salici che vivon sui fiumi e al giùggiolo
che ama l’acqua, e il bosso sempre verde e le tamerici tenui, e
il mirto bicolore, e cerulea di bacche, la lentàggine. E voi pure
Ovidio, Metamorfosi X, 86-108 e 143-17
veniste, edere dai piedi storti, con le viti ricche di pampini e gli
olmi ammantati di viti, e gli ornielli e le picee, e il corbezzolo
Ma lui le Bistonidi malvagie circondarono e
uccisero avendo aguzzato le taglienti spade,
poi che primo aveva mostrato fra i Traci gli amori
maschili e non apprezzava gli amori delle donne.
E col bronzo gli staccarono il capo, e poi
nel mare tracio lo gettaron con la lira
fissata con un chiodo, affinché fossero trascinati dal mare
entrambi insieme, bagnati dai glauchi flutti.
E il canuto mare li spinse alla sacra Lesbo:
e un suono come di armoniosa lira tenne il mare
e le isole e i lidi marini, dove la melodiosa
testa di Orfeo gli uomini seppellirono,
e sul tumulo l’arguta cetra posero, cheFanocle, framm. 1
pur i muti
sassi persuadeva e l’odiosa acqua di Forco.
Da allora i canti e l’amabile arte della cetra
doppio aulòs
Minerva, dicono, fu la prima a costruire un flauto con gli ossi di
un cervo e si presentò suonandolo al banchetto degli dèi. Ma
Giunone e Venere si misero a prenderla in giro, perché aveva
gli occhi cerulei e le gote gonfie; e così irrisa per la sua musica
e il suo aspetto, la dea giunse a una fonte nel bosco dell’Ida.
Qui si vide riflessa nell’acqua mentre suonava e capì che
avevano avuto ragione a schernirla, per cui gettò via il flauto e
giurò che chiunque l’avesse raccolto avrebbe subìto un castigo
terribile.

Igino, Miti, 165


Ulisse e le Sirene, mosaico pavimentale da
Dougga (III sec. d.C.), Tunisi, Museo del
Bardo
Dopo essere tornato da Circe [Odisseo] prese il mare
accompagnato dai suoi consigli. Costeggiò l’isola delle Sirene:
le Sirene, figlie dell’Acheloo e della musa Melpomene, si
chiamavano Pisinoe, Aglaope e Tielsiepia. Di queste l’una
suonava la cetra, l’altra cantava e l’altra suonava l’aulos: e
con questi mezzi persuadevano i naviganti a fermarsi. Dalle
cosce in giù esse avevano aspetto di uccelli. Mentre Odisseo
navigava accanto a loro volle ascoltarne il canto; su consiglio
di Circe turò con la cera le orecchie dei compagni, ma ordinò
loro di legarlo all’albero della nave. Le Sirene lo persuasero a
fermarsi e Odisseo supplicò di essere slegato, ma i compagni
strinsero i lacci ancora di più e così navigò oltre. Alle Sirene
era stato predetto che sarebbero morte qualora una nave
fosse riuscita a passarle: questa fu dunque la loro fine.

Apollodoro, Biblioteca, 7, 18-19


Cratere a campana proveniente da Cuma con scena di banchetto, IV s
a.C., Napoli, Museo Archeologico Nazionale
E’ sempre una carezza al cuore,
quando sento un’amabile voce di aulòi.
Mi piace bere e al suono di un’aulόs cantare,
tenere in mano la cetra canora.

(Teognide, VI sec.
a.C.)
Arte romana, Sarcofago con scena di simposio, fine II – inizio III sec. d
Torino, Museo di Antichità, senza n. di inv.
Pittore di Antimenes, anfora con
menade danzante tra due satiri
che suonano l’aulos, ca. 520 a.C.
Torino, Museo di Antichità, inv. 4101
Pittore di Amikos, skyphos con sileno
e
menade, ca. 480-400 a.C.
Uno dei Satiri, il pastore Marsia, figlio di Eagro, lo trovò [l’aulo]
e prese a esercitarsi assiduamente con lo strumento,
traendone ogni giorno suoni più dolci, al punto che sfidò Apollo
a gareggiare con lui suonando la lira. Apollo accettò; come
giudici, scelsero le Muse. Marsia stava vincendo, ma Apollo
capovolse la sua cetra e suonò la stessa musica - cosa che
Marsia, con il flauto, non riuscì a fare. E così Apollo legò il vinto
Marsia a un albero e lo consegnò a uno Scita, che lo scorticò
membro dopo membro, poi consegnò ciò che restava del
corpo del Satiro al suo discepolo Olimpo, perché lo seppellisse.
Igino, Miti, 165
Il fiume Marsia prende il nome dal suo sangue.
Stile del pittore di Roccanova,
hydria con scena di giochi
S acrobatici, ca. 350 a.C.
Torino, Museo di Antichità, inv. 4885
Arte etrusca, Tarquinia, necropoli dei Monterozzi, tomba dei Leopardi, parete de
Musici ambulanti,
II sec. a.C.
mosaico , alt. cm
43, largh. cm 41
da Pompei, c.d.
Villa di Cicerone
Napoli, Museo
Archeologico
Nazionale, inv.
9985
Tirreno, figlio di Ercole, scoprì la tromba in questo modo:
poiché i suoi compagni si cibavano di carne umana, gli abitanti
di quella regione si erano allontanati per evitare questa
crudeltà. Allora, quando uno di loro morì, forò una conchiglia e
vi soffiò dentro a mo’ di tromba per convocare i contadini. Egli
e i suoi compagni giurarono che avrebbero sepolto il morto e
non lo avrebbero mangiato. Per questo il suono della tromba
viene detto melodia tirrenia. Ancora oggi i Romani seguono il
suo esempio, e quando qualcuno muore i flautisti suonano e
gli amici vengono convocati per constatare che quello non è
morto né di veleno, né di spada.

Igino, Miti, 274


Subito si venne alle mani: gli Argivi e gli alleati avanzavano
con impeto e con furore, gli Spartani invece lentamente e al
suono di molti auleti che, secondo il loro costume, erano
schierati in mezzo a loro, e non per seguire una prescrizione
rituale, ma perché i soldati, marciando a ritmo, avanzassero
sulla stessa linea e lo schieramento non si scompaginasse
come capita di solito agli eserciti numerosi quando inizia il
combattimento.

Tucidide V, 70
Suonatori di salpinx e di
Hydraulis, terracotta, I sec.
a.C. (da Alessandria d’Egitto)
Paris, Musée du Louvre
Sui gelidi monti dell’Arcadia, tra le Amadrìadi di Nonacre, c’era
una Nàiade famosissima che le compagne chiamavano
Siringa. Più di una volta era riuscita a sfuggire alle insidie dei
Sàtiri e de tanti dei che vivono nelle selve ombrose o nella
fertile campagna. Seguace di Diana, la dea di Ortigia, si era
votata anche alla castità […]. Pan vide costei che tornava dal
colle Liceo, e, col capo ricinto di ispide fronde di pino, le disse
queste parole […] Restava da riferire le parole e raccontare
come la ninfa, sorda alle preghiere, fuggisse per le forre finché
non giunse al placido, sabbioso fiume Ladone; e come qui,
impedendole il fiume di proseguire la corsa, pregasse le
Ovidio, Metamorfosi, I, 698-712
acquatiche sorelle di trasformarla; e come Pan, quando
credeva ormai di averla presa, stringesse, al posto del corpo
di Siringa, un ciuffo di canne palustri, e si mettesse a
flauti di Pan
Un giorno Pan, mentre modulava sulla zampogna di canne
cerate un leggero motivo e si vantava con le tenere ninfe della
sua bravura, osò disprezzare i canti di Apollo in confronto ai
propri, e venne a misurarsi – giudice lo Tmolo – in un’impari
gara.
Assiso sulla sua montagna, il vecchio genio dello Tmolo si
scostò gli alberi dalle orecchie; la sua capigliatura
azzurrognola restò cinta soltanto di quercia, con ghiande
pendenti sulle cave tempie. Quindi rivolto al dio delle greggi
disse: «il giudice è pronto: si cominci pure». E Pan si mise
soffiare nell’agreste zampogna, incantando Mida, che per caso
era lì, col suo barbarico canto.
Quando Pan ebbe finito, il sacro Tmolo girò il suo volto verso il
Il verdetto del sacro monte fu approvato da tutti; eppure Mida,
lui solo, lo biasimò e lo definì ingiusto. Il dio di Delo non
sopportò che quelle stolte orecchie conservassero forma di
orecchie umane, e così gliele allungò e ricoprì di grigio
pelame, e le rese mobili alla base, in modo da poter essere
agitate. Tutto il resto rimase di uomo: Mida fu punito solo in
quella parte del corpo, e si ritrovò con orecchie di asinello che
lento cammina.
Ovidio, Metamorfosi, XI, 154-179
Satirello con syrinx, II sec. d.C
marmo, altezza 133 cm
Roma, Galleria Borghese,
inv. CCXXVIII
«[…] E quando arriverai al Colle di Dio, dove si trova un
presidio dei Filistei, entrando in città, t’imbatterai in un gruppo
di profeti, che scendono dall’altura, preceduti da arpe, da
timpani, da flauti e da cetre, in preda a mistica eccitazione
religiosa. Lo Spirito del Signore t’investirà, sarai preso dalla
stessa mistica eccitazione anche tu insieme a loro, e sarai
mutato in altro uomo, Quando avrai veduto tutti questi segni,
fa’ ciò che l’occasione ti suggerisce, perché Dio è con te».

I Samuele,
10, 5-7
tympanon
Statuetta femminile in terracotta
proveniente da Cipro
Periodo Geometrico (1050-700
a.C.)
Torino, Museo di Antichità
Statuette femminili in terracotta provenienti da Cipro, Periodo Arcaico (700
Torino, Museo di Antichità
O segreta dimora dei Cureti,
antri sacri di Creta
ove Zeus ebbe nascita,
dove i Coribanti dall’elmo a tre punte
inventarono per me nelle grotte
questo tamburello di legno
su cui si tende una membrana bovina.
Tra le grida acute dei baccanali
lo mescolarono col dolce soffio
del flauto di Frigia
e lo posero in mano alla madre Rea,
eco agli evoé delle Menadi,
e i Satiri folli Euripide, Baccanti, 121-136
lo accolsero dalla madre divina
Cratere a campana di stile proto-apulo con menade e sileno,
ca. 370-360 a.C., Torino, Museo di Antichità, inv. 4543
Ceramica proto-apula, cratere a
campana con ragazza con
tympanon, ca. 375-350 a.C.
Torino, Museo di Antichità, inv. 4130
Arte neo-attica, Fregio con menadi
danzanti,
I sec. d.C. , Torino, Museo di Antichità,
inv. 617
Andate Baccanti,
andate Baccanti,
orgoglio di Tmolo percorso da fiumi d’oro,
cantate Dioniso al suono cupo dei timpani, evoé,
celebrate il dio del grido,
con voci e clamori di Frigia,
quando il sacro flauto soffio sonoro
freme alle sacre canzoni,
che accompagnano le donne
al monte, al monte.
Felice come la puledra che pascola
Euripide, Baccanti, 152-164
accanto alla madre,
balza muovendo il piede veloce la baccante.
Mosaico romano con processione dionisiaca (part.), III sec. d.C.,
El Djem, Museo Archeologico
Mosaico romano con
corteo trionfale di
Dioniso (part.), II sec.
d.C., Sousse, Museo
Archeologico
Lei sola fu detta Mater degli dei e delle fiere e genitrice del
nostro corpo. Vecchi e dotti poeti greci cantarono che questa
nelle sue sedi sul cocchio due leoni aggiogati poiché volevano
insegnare che il grande globo terrestre pesa negli spazi
dell’aria, il grande globo terrestre, e che la terra non può
poggiare sulla terra. Aggiunsero le fiere poiché la prole,
benché selvaggia, deve addolcirsi vinta dagli obblighi morali
dei genitori. E cinsero la sommità del capo con una corona
turrita poiché sostiene città munita di luoghi sopraelevati e
con l’ornamento di una tale insegna attraverso le grandi
contrade si porta l’immagine della divina Mater destando
sacro terrore. Diversi popoli secondo l’antica tradizione dei riti
rosa fino a coprire d’ombra la Madre degli dei e le moltitudini
di ministri e accompagnatori sacri. Qui degli armati in schiera
[…] talora tra la folla dei frigi danno spettacolo e ritmicamente
saltano e danzano inebriati dal sangue, mentre scuotono le
orribili creste del capo per volontà divina.

Lucrezio, De rer. nat., II, 598-632


Statua raffigurante
la magna mater Cibele,
seconda metà del III sec. d.C.
Napoli, Museo Archeologico
Nazionale (da Ostia)
Lascia che il cielo tre volte giri sul perpetuo asse
e che tre volte il Titano aggioghi i cavalli e tre volte li sciolga,
e subito suonerà il berecinzio flauto dal curvo
corno, e verranno i giochi festivi della Madre Idea.
Marceranno gli eunuchi percuotendo i cavi timpani,
e i bronzi colpiti dal bronzo emetteranno il loro fragore:
lei stessa assisa sugli effeminati colli dei suoi seguaci
sarà condotta fra gli ululati per le vie della città.

Ovidio, Fasti IV, 179-186


Statua di Cibele (Attica?),
ca. 350 a.C., Paris, Musée
du Louvre
[…] correte insieme, seguitemi
al tempio frigio di Cibele, ai boschi frigi della dea,
dove risuona la voce dei cembali, dove rimbombano i timpani,
dove il flautista frigio emette cupi suoni dalla canna ricurva,
dove le Menadi coronate d’edera agitano con forza il capo,
dove esse celebrano le sacre orge con squillanti ululati,
dove di solito volteggia l’errabondo corteo della dea,
dove ci conviene andare veloci con impetuose danze.

Catullo, Carmina, 63,19-26


Frammento di rilievo attico
votivo con Cibele, IV sec.
a.C.
Berlin, Pergamonmuseum
Rea venerabile, figlia del multiforme Protogono,
che metti il carro dalle sacre ruote sugli uccisori di tori,
accompagnata dai timpani, che ami il delirio,
fanciulla risonante di bronzi,
madre di Zeus egioco signore dell’Olimpo,
da tutti onorata […]

Inni orfici, n. 14

Madre degli dei immortali [Estia]onorata dagli dei […]


vieni al rito, o Signora, tu che ti rallegri dei timpani,
che tutto domi, Frigia, salvatrice, sposa di Crono,
kymbala
[…] praticando i venerabili riti sacri di Cotito […] l’uno avendo
nelle mani gli auloi, opera del tornio, empie una melodia
evocatadalle dita, un clamore che suscita follia: un altro fa
risuonare kymbala legati in bronzo […] riecheggiano le corde e
da qualche parte misteriosa risuonano voci minacciose che
somigliano al muggito dei tori e si effonde tremenda da un
timpano come l’immagine di un tuono sotterraneo.

Eschilo, Edoni, framm.


57
Statua di Cibele, da Nicea,
in Bitinia
Istanbul, Museo Archeologico
Nazionale
Quando i sacerdoti uscirono dal santuario, poiché tutti i
sacerdoti presenti erano stati santificati, senza osservare
l’ordine delle classi, i leviti cantori, Asaf, Eman, Idutun, i loro
figli e i loro fratelli, vestiti di bisso, sonavano cembali, arpe e
cetre, stando in piedi dalla parte orientale dell’altare, con
centoventi sacerdoti, che li accompagnavano, sonando le
trombe. Or, nel momento in cui tutti assieme e trombe e
cantori si unirono per lodare e celebrare il Signore, mentre
squillavano le trombe e i cembali, sonavano gli altri strumenti
musicali e più alta si levava a Dio la lode […].

II Cronache, 5, 11-13
In un certo tempio, per potere essere ammesso nei
locali più segreti, l’uomo che è sul punto di morire
dice — Dal timpano ho
mangiato, dal cembalo ho bevuto, ho appreso
perfettamente i segreti del culto —, che in lingua
greca si dice — Dal timpano ho mangiato, dal
cembalo ho bevuto, sono divenuto iniziato di Attis.

(Firm. Mat., Err. prof. rel., 18,


1).
Davide intanto e l’intero Israele con tutte le loro forze
esultavano, danzando dinanzi al Signore e cantando al suono
di cetre, arpe, tamburi, cembali e trombe. Quando furono
giunti sull’aia di Chidon, Oza stese la mano per sostenere
l’Arca, perché i buoi l’avevano fatta barcollare. Ma il Signore,
adiratosi contro Oza, lo colpì per avere toccato l’Arca, e Oza
morì all’istante dinanzi al Signore.

I Cronache, 13, 8-10


Lodate Iddio nel suo santuario,
lodatelo nel suo augusto firmamento.
Lodatelo per i suoi prodigi,
lodatelo per l’eccelsa sua maestà;
lodatelo al suono delle trombe,
lodatelo sull’arpa e sulla cetra;
lodatelo coi timpani e con la danza,
lodatelo sui flauti e sulle corde;
lodatelo sui cembali sonori,
lodatelo sui cembali squillanti.
Tutto ciò che respira celebri il Signore.
Alleluia!
krotala
La madre di tutti gli dei e di tutti gli uomini
cantami, Musa canora, figlia del grande
Zeus: cui il clamore dei crotali e dei
timpani, e il gemito dei flauti sono cari,
e l’urlo dei lupi e dei fieri leoni,
e i monti pieni di echi, e le selvose vallate.

Inno omerico Alla Madre degli dei , vv. 1-6


Pittore di Agrigento, cratere a
colonnette con Dioniso, menade
e sileno, ca. 480 a.C.
Torino, Museo di Antichità, inv. 4126
La sesta impresa che Euristeo ordinò a Eracle fu di
cacciare gli uccelli della palude Stinfalide. Vi era a
Stinfalo, città dell’Arcadia, una palude, denominata
Stinfalide, circondata da una fitta foresta dove avevano
trovato rifugio moltissimi uccelli che temevano di cadere
in preda ai lupi. Eracle non sa come fare per scacciare gli
uccelli della foresta; allora Atena gli dà dei crotali di
bronzo che aveva avuto da Efesto. Salito su un’altura
Apollodoro, Biblioteca II, 5, 6
situata vicino al lago, Eracle li faceva risuonare e
spaventava gli uccelli: non sopportando il rumore, essi
volarono via atterriti; così Eracle poté colpirli con le sue
frecce.
Ceramica attica a figure nere,
anfora con menadi danzanti
che suonano i krotala , ca. 500 a.C.
Torino, Museo di Antichità, inv. 4114
Navigano insieme, uomini e donne e su ogni imbarcazione vi e
una gran folla di persone di entrambi i sessi; alcune donne
hanno dei crotali e li fanno risuonare, mentre alcuni uomini
suonano il flauto per l’intero viaggio; tutti gli altri, uomini e
donne, cantano e battono le mani.

(Erodoto, Hist. II, 60, descrizione della


processione
annuale al santuario della dea
Bubasti)
scabellum
(kroupezion))
Mosaico con
suonatore e
danzatrice,
età imperiale
Roma, Museo
Pio Clementino
Satiro con cymbala e scabellum,
copia romana da un originale
greco, I sec. a. C.
Roma, Galleria Nazionale di
Arte Antica a Palazzo Corsini
Con il rombo e con il timpano i Frigi placano Rea.

Apollonio Rodio, IV, 1139

Ecco il rombo rotante, tafano di bacchici tiasi,


d’un cervo scudo la gaietta pelle,
dei Coribanti le strida di bronzo dei cembali,
il tirso, lo stelo verde con la pigna in cima,
il rullare pesante di breve tamburo,
la corba alta sovente su mitrate chiome
doni d’Evante a Bacco: la mano tremante di tirsi
rhombos

Potrebbero piacerti anche