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CAPITOLO III: IN MERITO AL TALENTO: NATURA O CULTURA?

Talento e <<geni>>

Molteplici studi e prove empiriche (esempi di Nobel vinti da Padri e gli ecc..) a ermano che esiste una forte
relazione tra il talento ed i fattori genetici.

Talento ed intelligenza

Cox trovo che il legame fra genio e QI non era necessariamente alto, mentre contavano molto le
caratteristiche di personalità ed i fattori esperienziali, inclusi elementi in sè negativi, come il fatto di presentare
tratti psicopatologici o aver dovuto a rontare avversità nel corso della vita.

L’autore mise in luce come la presenza motivazionale ed elementi di apertura mentale fossero tratti comuni a
tutti i geni, mentre altri tratti potevano variare a seconda del dominio interessato. Un tratto del genio riportato
da Cox, ma anche da autori contemporanei, è il grift (<<grinta>>).

Nel corso del tempo si è passati da un concetto di intelligenza generale, determinata e misurata
oggettivamente (Spearman), all’idea che alla base dell’intelligenza ci siano tante abilità separate o capacità
mentali primarie (Thurstone), alla struttura dell’intelligenza come struttura gerarchica (Cattel e Vernon) o come
complessa combinazione di contenuti, prodotti e operazioni diverse (Guilford), no alla <<teoria triarchica>>
(Sternberg), alle teorie multiple (Gardner) e alla sottolineatura dell’importanza della componente emotiva
dell’intelligenza (Goleman).

Le radici epistemologiche

In generale possiamo dire che il concetto di talento racchiude in sè molteplici signi cati: fortuna / tesoro
(quantità notevole di denaro o dell’equivalente peso in oro / argento); peso sostenibile o insostenibile; ritmo
(l’attività ritmica di tessere la lana); so erenza materiale o spirituale; lavoro intenso; persistenza (resilienza),
capacità di resistere alla fatica; destino (bilancia); armonia (bilancia).

Il ruolo della deliberate practice

L’autore George Leonard nel suo libro Mastery: The Key to Success and Long - Term Ful llment (1991)
descrive il processo che è necessario attuare per raggiungere un determinato obiettivo.

Secondo l’autore, il successo non arriva per caso, ma consiste nel <<far accadere>> qualcosa —> si tratta di
un cammino che chiunque può percorrere.

La sua <<formula>> si compone di 5 elementi: istruzione, esercizio, <<arrendevolezza>>, intenzionalità e


volontà.

La padronanza (master) è rappresentata come un viaggio composto di brevi momenti di crescita, seguiti ogni
volta da un piccolo declino e da periodo, più o meno lunghi, di stasi (plateau), ogni volta ad un livello più alto
del precedente.

Lo sviluppo della padronanza implica una dedizione a lungo termine che comporta: acquisire una disciplina
mentale per poter ogni volta giungere ad uno stadio superiore (plateau successivo), sapere che ogni step non
è mai de nitivo, ma c’è sempre la possibilità di un ulteriore miglioramento; essere pazienti e sottoporsi
all’allenamento e alla disciplina; saper vincere e saper perdere, realizzando che il ne ultimo non è la medaglia
o il premio, bensì il percorso compiuto verso la padronanza di una disciplina. In questo senso, la padronanza
consiste anche nell’apprendere ad apprendere, una strategia che può essere utilizzata per qualsiasi ne.

Una possibile <<trappola del talento>>, che Leonard accenna è quella del talento amatoriale —> persona
che facilmente riesce ad acquisire alcune abilità, ma che non persevera, poiché non ha la volontà di
sottoporsi al <<duro lavoro>> richiesto per ottenere la completa padronanza.

Alcuni studi e pubblicazioni recenti hanno sottolineato come quello del <<talento naturale>> sia un falso mito
spesso sopravvalutato e che non tiene conto del fatto che molti talenti in vari campi hanno dovuto sottoporsi
a molte ore di allenamento, di deliberate practice (esercizio intenzionale) mirato ad un obiettivo.

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Il riconoscimento del merito

Per quanto riguarda la dicotomia nature / nurture, essa è sempre attuale.

Gli studi più recenti dimostrano che non basta la pratica intenzionale a costruire il talento, anche se ne
rappresenta una componente fondamentale.

Il merito è un momento <<retributivo>>, sia in positivo che in negativo, del talento e riguarda un determinato
momento speci co della vita di una persona, un determinato ambito.

Il merito è intrinsecamente collegata alla valorizzazione del talento e, viceversa, il talento si valorizza se c’è un
riconoscimento esterno.

Per quanto riguarda i temi di merito e talento, possono essere individuate tre aree di azione:

- Un’area strategica e socio-politica —> riguarda tutte le politiche per il riconoscimento del merito

- Un’area analitica —> riguarda gli strumenti per l’identi cazione del talento e la valutazione del merito

- Un’area operativa —> composta da due sotto-aree: una deputata alla produzione del talento (scuola e
università), un’altra deputata al suo utilizzo (nel settore privato e pubblico).

L’importanza delle opportunità

Secondo Young, il merito è dato dalla somma del talento (da lui indicato come intelligenza, I) e impegno (E).
—> M = I + E

Tuttavia, a seguito delle ricerche condotte per sfatare il mito della deliberate practice, è più corretto dire che
l’impegno funge da catalizzatore e da moltiplicatore del talento —> M = I * E —> ciò spiegherebbe anche
perché, solitamente, le persone con una su ciente dotazione di talento, avendo una maggiore probabilità di
successo, sono anche maggiormente predisposti al sacri cio.

Tuttavia, il QI e l’impegno sono anch’essi, in parte, determinati socialmente: sono funzione dell’ambiente
familiare e culturale, degli stimoli ricevuti e delle opportunità educative. Nella formula va pertanto inserita una
terza componente —> rappresentata dalle opportunità (O) —> anch’esse moltiplicatrici di talento e sforzo —>
M = I * E * O

CAPITOLO V: PLUSDOTAZIONE E FUNZIONI ESECUTIVE

Funzioni esecutive —> serie di processi cognitivi complessi che rendono possibile il controllo del pensiero e
dell’azione.

Esse sono considerate fondamentali sia per le attività cognitive più semplici (come l’attivazione o l’inibizione
di schemi comportamentali speci ci in risposta a stimoli provenienti dall’ambiente) sia per le funzioni
cognitive più complesse (come la piani cazione delle azioni, il problem solving ecc..) e tale sistema multi-
operazionale è mediato a livello corticale e subcorticale dalle aree della corteccia prefrontale.

Sviluppo e traiettorie di sviluppo

Le abilità cognitive che de niscono le funzioni esecutive (regolazione dei processi attentavi, problem solving
ecc..) cominciano a svilupparsi già nella prima infanzia, per poi incrementare molto in età prescolare e
continuare ad evolversi in adolescenza.

Solo alcune funzioni esecutive incrementano notevolmente —> intorno a 6-7 anni si assisterebbe ad un
potenziamento del controllo inibitorio e della essibilità cognitiva, mentre sembrerebbe che emergessero
successivamente abilità come la piani cazione, l’organizzazione ecc… —> ovvero tutte abilità che
sembrerebbero svilupparsi in adolescenza no all’età adulta.

Strumenti di valutazione delle funzioni esecutive

Vi sono di erenti strumenti che consentono la valutazione delle funzioni esecutive e nello speci co delle loro
componenti principali:

- Flessibilità cognitiva —> il Wisconsin Card Sorting Test: consente la valutazione dei processi di
ragionamento astratto e di essibilità cognitiva in individui di età compresa tra i 6 ed i 70 anni.

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- Inibizione —> Lo Stroop Test: consente di valutare la capacità del soggetto di inibire una risposta
automatica a favore di una non automatica, ma corretta, controllando i processi attentavi e gli stimoli
irrilevanti.

- Memoria di lavoro —> vi sono di erenti test: prove che misurano lo span di cifre, il Test di Corsi in cui si
valuta lo span visus-spaziale.

- Piani cazione —> il Test della <<Torre di Londra>>: consente di valutare il ragionamento, la piani cazione
e le abilità di problem solving in bambini di età compresa tra i 4 ed i 13 anni.

Un tema che ha interessato molti autori è la relazione tra il quoziente ottenuto dalla somministrazione di test
di intelligenza standardizzati ed il livello di maturazione delle funzioni esecutive.

Tra numerosi studi ricordiamo quello di Ar a e collaboratori (1998), i quali hanno osservato come,
all’attestarsi del QI su livelli maggiori, si poteva rilevare un evidente miglioramento nella valutazione
neuropsicologica delle funzioni esecutive.

CAPITOLO VI: IL FUNZIONAMENTO COGNITIVO DEI GIFTED

Le persone ad alto potenziale cognitivo e plusdotate processano la realtà in modo diverso rispetto a chi ha
un’intelligenza nella media.—> Utilizzano prevalentemente processi di pensiero che vengono de niti
analogici, divergenti o arborescenti.

Una Metafora può far capire meglio il loro modo di guardare la realtà —> ‘’mentre la maggior parte della
gente vede il mondo attraverso una lente, i gifted vedono il mondo attraverso un microscopio” —> i gifted
vedono le cose in modo diverso e a volte vedono cose che altri non vedono.

Pensiero analogico —> pensiero che mette in relazione le cose tra loro, cercando analogie o diversità.

I gifted hanno una capacità di elaborazione analogica notevole, con una modalità di processamento delle
informazioni più rapida, una memoria a breve termine molto più elevata ed una memoria a lungo termine
decisamente al di sopra della media.

Gli individui plusdotati prediligono un pensiero divergente —> si manifesta con l’attitudine a trovare
soluzioni alternative, originali e innovative;

inoltre, i gifted tendono ad essere molto intuitivi, avendo la tendenza ad applicare delle soluzioni piuttosto che
a spiegarle.

La loro modalità di pensiero può essere de nita arborescente —> poichè hanno la tendenza a pensare
rami cando i pensieri, aprendo parentesi, rami cando gli input che ricevono attraverso associazioni multiple e
contemporanee.

I gifted utilizzano maggiormente l’emisfero destro —> che tratta le informazioni in maniera globale,
simultanea e gestisce le emozioni.

Inoltre, il loro cervello riceva una maggiore quantità di informazioni nello stesso momento e che lo scambio
tra i due emisferi avvenga più rapidamente. —> Questo continuo lavorio che avviene nella mente di un gifted
è ben descritto nella teoria dell’ipereccitabilità (overexcitability) di Dabrowski.

Secondo l’autore, i bambini plusdotati presentano un’ipereccitabilità intellettiva, sensoriale, emozionale e


psicomotoria, e possengono una capacità immaginativa molto attiva per una maggiore consapevolezza dei
dettagli.

Gli individui plusdotati non scelgono consapevolmente di funzionare in questo modo, infatti i tentativi di
rallentare o inibire questo funzionamento non sortiscono reali e etti utili, ma anzi, spesso causano
inso erenza e abbassamento del tono dell’umore dei gifted. —> per questo è fondamentale conoscere le
caratteristiche del loro modo di articolare il pensiero, in modo da poterli comprendere, supportare e stimolare
in modo adeguato.

Il pensiero divergente

‘’ Come si può utilizzare una scatola?’’ —> vi sono in nite le variabili (grandezza, forma, materiale, posizione
nello spazio ecc..) che possono sollecitare risposte diverse a questa domanda e queste variabili sono
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strettamente correlate, oltre che con le nostre esperienze e vissuti personali, con la nostra capacità e
predisposizione a usare il pensiero divergente.

Solitamente un gifted ha un’elevata capacità di utilizzare il pensiero divergente e arborescente, pertanto in


risposta ad un input attiva molteplici e contemporanei canali di processamento delle informazioni e di
risposta.

Guilford, nel 1950, fu il primo a parlare di pensiero divergente —> per indicare quella forma di pensiero più
strettamente connessa all’atto creativo e sosteneva che fosse la capacità di produrre una gamma di possibili
soluzioni per un dato problema che non prevede un’unica riposta corretta.

Egli identi ca quattro fattori fondamentali del pensiero divergente:

-   uidità: capacità di produrre, in breve tempo, un grande numero di idee, a prescindere dalla loro qualità,
partendo da un determinato stimolo;

-   essibilità: capacità di abbandonare uno schema di pensiero per un altro, prendere direzioni nuove;

-  originalità: capacità di produrre idee originali, inedite, innovative;

-  elaborazione: capacità di creare nuove alternative utilizzando in modo originale gli elementi di una
precedente formulazione;

—> In questo senso la de nizione data di Guilford di pensiero divergente coincide in gran parte con il
concetto di creatività.

Tuttavia, le neuroscienze e le scienze cognitive, hanno ridimensionato la concezione di creatività, la quale è


passata da caratteristica esclusiva di poche menti eccezionali a tratto distintivo del pensiero umano (cervello
umano naturalmente strutturato a pensare creativamente). —> La creatività consente all’essere umano di
adattarsi e di cercare nuove soluzioni ai problemi più svariati.

Pensiero divergente, creatività e intelligenza

Il pensiero divergente è pertanto in stretto contatto con la creatività. —> La creatività può essere considerata
come un modo particolarmente originale e uido di pensare, che diverge rispetto ai modelli esistenti,
introducendo qualcosa di nuovo. —> È un concetto che può essere applicato in più campi e fa riferimento
all’attitudine a rompere le modalità e le procedure tradizionali risposta.

La capacità di produrre più soluzioni ha probabilmente un ruolo nell’atto creativo. Il pensiero divergente ha un
suo ruolo anche rispetto al parametro dell’originalità —> la probabilità che un’idea o un’opera siano
particolarmente originali aumenta all’aumentare della numerosità delle soluzioni prodotte.

Non è possibile sostenere che il pensiero divergente sia superiore o migliore rispetto a quello convergente —
> ci sono tipologie di esercizi a cui il pensiero convergente si adatta meglio e viceversa.

Edward De Bono —> ha introdotto il termine lateral thinking, ossia pensiero ‘’laterale’’, per contrapporlo
all’altra forma di pensiero che de nì ‘’verticale’’:

-  pensiero verticale: logico e sequenziale, si fonda sulla programmazione lineare di una serie di passaggi
logici da a rontare uno dopo l’altro, orientati verso risposte precise. La mente segue regole prestabilite,
percorsi già tracciati;

-  pensiero laterale: si fonda sulla ricerca intenzionale di nuove prospettive, nuovi punti di vista, che
consentono di rompere schemi abituali e trovare un approccio al tempo stesso originale ed e cace alla
questione da risolvere. Pensiero esplorativo e generativo che porta a nuove idee e concetti. 


La creatività e la scuola: incoraggiare il pensiero divergente

Secondo Ken Robinson (2015) l’ambito scolastico trascuri la creatività e in generale che dia maggior rilievo il
pensiero convergente. —> Questo è uno dei motivi per cui un gifted può far fatica ad adattarsi a contesti
educativi e formativi troppo centrati su modalità di apprendimento convergente.

—> nonostante questo —> è possibile attuare programmi prede niti lasciando comunque spazio alle
caratteristiche e alle predisposizioni di ogni studente, alle componenti creative e divergenti.

Il primo punto da tenere a mente quando si insegna è che bisogna sempre cercare di sfruttare le
opportunità di incoraggiare il pensiero divergente negli studenti. In ambito educativo si tendono a
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ricompensare solo le risposte ‘’giuste’’’ —> ma sperimentare soluzioni nuove o originali aumenta la probabilità
di sbagliare e di conseguenza la maggior parte degli studenti diventa riluttante a correre rischi con la
produzione di soluzioni diverse da quelle convenzionali. —> L’insegnamento dovrebbe creare un’atmosfera in
cui tale sforzo sia incoraggiato e valorizzato.

Ogni soluzione creativa deve essere comunque veri cata/valutata —> in ogni caso, lo studente può essere
rinforzato e lodato per lo sforzo immaginativo compiuto.

Entrambi i tipi di pensiero hanno un ruolo e dei campi di utilizzo fondamentali, e possono essere utilizzati per
completarsi e integrarsi, senza venire considerati in competizione o inconciliabili, ma facendoci arrivare in
modo ottimale ed e cace agli obiettivi pre ssati.

Nel contesto scolastico ci sono molte regole e regolamenti, procedure da rispettare, perciò i bambini
conformisti riescono a conviverci in maniera più serena rispetto ai bambini fantasiosi e divergenti.

Sarebbe quindi auspicabile che i contesti educativi si aprano di più alle modalità degli studenti che
prediligono un funzionamento divergente —> in particolare nel caso dei gifted è importante che si tenga a
mente che essi non dispongono dello stesso tipo di intelligenza e degli stessi processi di apprendimento della
maggioranza delle persone; questa consapevolezza consentirà ai gifted, e a chi si relaziona con loro, di dare il
giusto signi cato a modalità di esecuzione e apprendimento divergenti e arborescenti.

—> La realtà che i gifted si trovano ad a rontare, speso gli rimanda un’immagine di inadeguatezza e
incapacità di funzionare come richiesto, questo può avere grandi ripercussioni su autostima e autoe cacia
percepita.

I gifted sono un gruppo eterogeneo e le loro caratteristiche possono presentarsi con diversa intensità,
modalità e tempi di erenti. —> la plusdotazione rappresenta solo la possibilità di realizzare il proprio
potenziale, non è il risultato di per sè —> il quale invece sarà strettamente correlato al contesto (familiare,
educativo e sociale) e alla personalità del gifted.

Il brainstorming: una palestra per il pensiero divergente

Brainstorming —> è una tecnica ideata nel 1939 da Alex F. Osborne ed ha per obiettivo la produzione di
nuove idee. —> sessione creativa slegata da regole prede nite e rigide, ma ottenuta tramite tecniche
appropriate.

Essa è strutturata in tre fasi:

- Fase preliminare: il coordinatore/facilitatore presenta il problema e si ssa un tempo limite per la sessione;

- Fase divergente: la fase produttiva del brainstorming vero e proprio, fa la sua comparsa il pensiero
laterale, creativo e artistico. Viene chiesto di produrre nuove idee senza preoccuparsi del loro valore e di
astenersi da esprimere giudizio;

- Fase convergente: spoglio delle idee emerse e registrate, da cui verranno selezionate e rielaborate quelle
che dovranno essere mantenute, perché sono più realizzabili ed e caci; compare il pensiero verticale
(logico e razionale).

Alcune regole utili per lo svolgimento di tale tecnica sono: stabilire chi sarà il coordinatore/ facilitatore della
sessione; de nire chiaramente l’argomento oggetto della sessione; stabilire i tempi per le fasi 2 e 3; tenere
nota di tutte le idee; verbalizzare senza censure ogni pensiero; accogliere tutte le idee.

Brainwriting e Braindrawing —> varianti alla tecnica originale, in cui i partecipanti hanno a disposizione un
foglio sul quale scrivere o rappresentare gra camente le idee che hanno rispetto all’argomento,
successivamente dovranno passare il foglio al compagno alla loro destra, il quale prenderà spunto da quanto
scritto o disegnato per generare nuove idee. Le idee di ognuno risulteranno anonime. Al termine, il
coordinatore raccoglierà tutti i fogli e si procederà alla fase convergente con la valutazione delle idee emerse.

Tale modalità è utilizzata in vari contesti, come per esempio nelle scuole.

Il brainstorming è utilizzabile a qualsiasi età, si caratterizza come attività collaborativa e inclusiva, è inoltre
utilizzato anche come strumento operativo per il cooperative learnign (apprendimento cooperativo).

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A lezione di pensiero divergente: Il Piccolo Principe

Episodio del Piccolo Principe in cui disegna un boa che aveva inghiottito un elefante ma tutti pensano sia un
cappello, non lo capiscono e gli consigliano di lasciar perdere i disegni e di concentrarsi su altro.

Quando chiediamo ai gifted di limitare il loro pensiero divergente, di stare negli schemi e nelle procedure,
alcuni riescono a farlo e trovare un adattamento che sia su cientemente funzionale alla richiesta e al
contesto in cui gli viene fatta, altri invece non riescono o nn vogliono farlo e attivano comportamenti di
inso erenza e di protesta.

In entrambi i casi, si genera comunque una signi cativa limitazione alla loro autentica espressione e questo
può portare una profonda so erenza.

CAPITOLO VII: I PRINCIPALI STRUMENTI DI MISURAZIONE DEL QI IN ITALIA

Interpretazione qualitativa e concezione multidimensionale dell’Alto Potenziale Cognitivo Studi


sull’intelligenza e sul talento

Galton fu tra i primi a utilizzare il temine gifted, a fornirne una descrizione esaustiva i e a tentare una prima
quanti cazione.

Fino a quel momento si credeva comunemente che tutti avessero la stessa dotazione nativa.

Dopo di lui, Cattel, nel 1890, introdusse la de nizione di ‘’test mentale’’ e, all’inizio del secolo, apparvero le
prime teorie dell’intelligenza.

A Spearman è attribuito il merito di aver prodotto la prima nel 1904, in cui postulò una funzione generale
comune a tutte le abilità (fattore g) e considerò le prove di ragionamento analitico ideali nella sua
determinazione. Questo concetto ha dominato per anni la teoria e la pratica psicometrica, nché negli anni
Trenta alcuni suoi successori abbracciarono una prospettiva multidimensionale e usarono le sue tecniche di
analisi fattoriale per dimostrare che l’intelligenza non poteva essere considerata come una funzione univoca.

In quegli stessi anni, Alfred Binet pubblicava la scala Binet-Simon (1905), la quale costituì un enorme
progresso perché era la prima volta che elementi di una scala erano stati combinati per fornire una misura
composita di una funzione complessa.

Raven e Penrose idearono la prima versione (1938) delle Matrici Progressive, costruita con analogie gurative
di vari gradi di complessità. Attualmente ne esistono tre di erenti versioni:

- versione colorata per bambini dai 5-11 anni, 36 items



- versione standard per ragazzi dai 6 ai 17 anni, 60 items - versione avanzata per adulti e gifted, 48 items

Tuttavia, nel caso di soggetti ad alto potenziale intellettivo, questo strumento risulta non essere
su cientemente sensibile per discriminare individui particolarmente dotati (misura no ad un max di QI 135).

Il contributo di David Wechsler

David Wechsler si orientò verso una visione più ampia dell’intelligenza: oltre alla capacità di ragionare, trattare
i simboli e concettualizzare in modo astratto, egli riteneva che l’intelligenza coinvolgesse anche le capacità
degli individui di a rontare e cacemente il loro ambiente.

Per l’autore, l’intelligenza era inseparabile dai fattori di personalità —> de nì l’intelligenza come una capacità
aggregata o globale dell’individuo, perché composta da elementi o abilità che, sebbene non del tutto
indipendenti, sono qualitativamente di erenziabili.

Infatti, la ri essione dominante di Wechsler circa la sua scala di valutazione, riguardava la capacità della scala
stessa di misurare porzioni di intelligenza su cienti per o rire un indice abbastanza a dabile della capacità
globale dell’individuo.

È importante sottolineare che i test o rono un risultato che andrà interpretato, contestualizzando i dati
ottenuti e collezionando informazioni provenienti da altre fonti, siccome l’intelligenza integra fattori esterni
ambientali con fattori interni di natura emozionale

Gli strumenti atti alla valutazione del quoziente intellettivo consentono il confronto individuale dell’intelligenza
del soggetto con quella della popolazione generale.

A partire dalla sua introduzione no ad arrivare ai giorni nostri, il concetto di quoziente intellettivo è apparso
essere sempre più un cardine nella de nizione dei disturbi e potenzialità, sopratutto per ni diagnostici e
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terapeutici. Tutte le scale Wechsler si articolano prove, ovvero subtest di diverso contenuto e tipo di
operazione mentale richiesta.

Per ciò che attiene l’età evolutiva, la quarta edizione della WISC rappresenta la più sostanziale revisione che
abbia mai interessato una scala Wechsler (bambini 6,0-16, 11 anni). In particolare, la WISC-IV si è evoluta
passando de nitivamente dalla concezione dell’intelligenza come fattore g a quella di un insieme di abilità
molteplici, distinte in ‘’ampie’’ e ‘’ristrette’’. Questo passaggio ha ridotto l’importanza attribuita al QI totale,
aumentando il numero di punteggi compositi da calcolare e accrescendone la speci cità, spostando il focus
su abilità domino-speci che. Infatti, per la prima volta nella storia delle scale Wechsler non è previsto il
computo del QI verbale e di performance, bensì quello di 5 punteggi compositi: un QI Intellettivo Totale e 4
punteggi aggiuntivi. LA WISC-IV prevede 10 subtest principali e 5 subtest supplementari ripartiti nei 4 Indici:

-  Comprensione Verbale (ICV): misura della formazione del concetto verbale; 


-  Ragionamento Visuo Percettivo (IRP): misura di ragionamento non verbale e uido; 


-  Memoria di Lavoro (IML): capacità di memorizzare nuove informazioni, immagazzinarle nella MBT e
manipolare tali info per arrivare a dei risultati; 


-  Velocità di Elaborazione (IVE): valuta l’abilità dei bambini di focalizzare l’attenzione, la rapidità di analisi, la
capacità di discriminazione e di ordinare sequenzialmente le info visive.


Quando il QI totale risulta non interpretabile a causa di un’eccessiva variabilità tra i suoi subtest o di valori
ICV e IRP abbastanza vicini, è possibile calcolare una misura alternativa: l’Indice di Abilità Generale (IAG),
composto dai subtest dell’ICV e dell’IRP. L’IAG consente una valutazione del funzionamento intellettivo libera
dall’in uenza esercitata dalla Memoria di Lavoro e dalla Velocità di Elaborazione, che può essere molto utile
nel caso di bambini ad alto potenziale intellettivo. Infatti, sebbene le prestazioni in questi due campi siano
generalmente più elevate rispetto alla popolazione generale, esse sono tipicamente inferiori alle altre
prestazioni. Quando esiste una discrepanza signi cativa e infrequente tra gli Indici è preferibile calcolare
l’IAG, invece che il QIT, perché è possibile che nei subtest IML e IVE la prestazione del soggetto sia
compromessa, riducendo la rappresentatività del QIT come descrittore generale. 

È stato proposto anche il calcolo di un ulteriore punteggio: l’Indice di Competenza Cognitiva (ICC), che
descrive un gruppo di funzioni il cui elemento comune è l’e cienza con cui una persona elabora le
informazioni di natura uditiva e visiva. Il confronto tra IAG e ICC si è rivelato particolarmente utile per l’analisi
di soggetti gifted, che nella maggior parte dei casi mostrano una signi cativa discrepanza tra i punteggi
ottenuti. 

Attualmente, per i bambini di età compresa tra i 2,6 e i 7,3 anni in Italia, lo strumento clinico di
somministrazione individuale più utilizzato per la valutazione delle competenze cognitive è la Wechsler
Preschool and Primary School of Intelligence- terza edizione, migliorata nella qualità dei materiali al ne di
risultare più coinvolgente e piacevole, con fascia d’età più estesa, norme aggiornate e procedure di scoring e
somministrazione più agevoli. Questa versione della WPPSI o re anche la possibilità di ottenere un punteggio
di Linguaggio Generale in bambini molto piccoli ed è molto utile per identi care soggetti particolarmente
dotati.

La WPPSI-III fornisce, oltre al QI totale, un QI Verbale, un QI di Performance, un QI di Velocità di


Processamento per i bambini 4-7,3 anni e un Punteggio di Linguaggio Generale per i più piccoli. 

É stata da poco pubblicata in Italia anche la nuova edizione dello strumento, la WPPSI-IV, che estende
ulteriormente intervallo d’età no a 7,7 anni e si basa sul più recente modello psicometrico della teoria della
abilità cognitive. 


Concezione multidimensionale dell’intelligenza: oltre il QI



L’identi cazione del bambino ad alto potenziale deve necessariamente essere basata su strumenti
standardizzati e valutazioni sensibili alle speci che caratteristiche di questi bambini.

Nondimeno, è buona prassi non lasciare a un singolo strumento, né tantomeno a un unico incontro, la
possibilità di rintracciare evidenze di plusdotazione.

Piuttosto, dovrebbero essere raccolti molteplici elementi di prova che misurino costrutti e variabili, e le
condizioni di valutazione dovrebbero essere il più possibile simili a quelle dell’ambiente naturale.

—> Maggiore sarà il numero delle fonti, più i dati ottenuti psicometricamente saranno validi e più il risultato
sarà un’immagine completa e accurata del soggetto. 

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Le scale Wechsler sono lo strumento di valutazione dell’intelligenza più utilizzato nei processi di
identi cazione e diagnosi dell’alto potenziale intellettivo. —> tuttavia non vanno mai utilizzate come unico
strumento di comprensione e approfondimento.

A nché i risultati ottenuti siano verosimilmente attendibili ed estendibili ad altre situazioni, andranno sempre
contestualizzati attraverso colloqui, interviste familiari, altre batterie di test e in età di sviluppo andranno
possibilmente integrati con osservazioni in ambito ludico. —> La concezione multidimensionale della
plusdotazione e del talento dovrebbe, infatti, orientare il clinico verso una prospettiva che tenga conto di una
molteplicità di fattori interni ed esterni, cognitivi ma anche legati alla personalità e all’ambiente.

CAPITOLO VIII: MODELLI TEORICI MULTIDIMENSIONALI E CONCEZIONI DINAMICHE

Modelli del talento

I modelli teorici socioculturali ad oggi più apprezzati partono dal presupposto che il talento possa svilupparsi
solo mediante l’interazione e cace di fattori individuali e sociali.

Il Modello dei tre anelli di Renzulli

Modello per il quale i fattori importanti sono:

- abilità al di sopra della media: comprende sia abilità generali (come elaborazione dell’informazione,
integrazione delle esperienze e pensiero astratto), sia abilità speci che (come la capacità di acquisire
conoscenza e di realizzare attività speci che);

- creatività: indicata come ‘l’abilità di produrre pensieri originali’, comprende uidità, essibilità mentale,
curiosità, pensiero divergente, apertura mentale e capacità di correre rischi;

- impegno nel compito: elemento che spinge l’individuo a



mettere alla prova le sue qualità dando il massimo in un campo particolare, comprende entusiasmo,
perseveranza, resistenza, ducia in sè, capacità di lavoro e bisogno di completare il compito iniziato.

Alla base di questa teoria vi è la convinzione che la plusdotazione si sviluppi solo in alcuni soggetti, in
determinati momenti e in determinate circostanze.

L’educazione, la personalità, il livello socioeconomico e culturale dei genitori —> giocano un ruolo
fondamentale per lo sviluppo del potenziale, ma i tre elementi indicati devono essere tutti presenti, anche se
declinati in maniera diversa.

L’autore de nisce due tipi di plusdotazione:

- plusdotazione in ambito scolastico: più facilmente identi cabile tramite la misurazione del QI,
sottolineate maggiormente abilità mentali e impegno;

- plusdotazione produttivo-creativa: sono più in evidenzia la creatività e la costanza.

Critiche alla teoria: ruolo dell’ambiente non ben de nito e di coltà di distinguere il fattore creatività dagli altri
due (motivazione e alto potenziale presuppongono una performance creativa).

Teoria delle co-incidenze di Feldman

Secondo Feldman —> lo sviluppo di un bambino prodigio è reso possibile dall’interazione di un insieme di
forze che chiama coincidenza: ‘’Si tratta della convergenza fortuita di inclinazioni individuali altamente
speci che con una speci ca ricettività ambientale a consentire l’emergere di un bambino prodigio’’.

Gli elementi necessari sono:

• è necessario un talento particolare del bambino, un certo corredo biologico

• è indispensabile che il campo di sapere prescelto si trovi in uno stadio particolare del suo sviluppo
storico, che sia in sintonia con il potenziale del bambino (esempio: Einstein avrebbe portato lo stesso
contributo alla sica se fosse vissuto all’epoca di Galileo?); 

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• fondamentale l’impegno

• indispensabile il riconoscimento del talento eccezionale da parte della famiglia e la volontà di


alimentarlo; 


• occorre una società dominata da una cultura che riconosca e sostenga l’eccellenza in quel articolare
ambito

—> La coincidenza di tutti questi fattori è abbastanza rara, ma solo essa permette il raggiungimento
dell’eccellenza nell’età adulta.

Modello tripolare interdipendente di Mönks

Secondo tale modello —> il talento è il risultato dell’interazione tra fattori interni (creatività, motivazione e
alto potenziale cognitivo) e ambiti sociali (famiglia, scuola e amici).

In questo modello, ogni fattore in uenza gli altri in maniera importante —> il talento si svilupperà quando
l’interazione tra i sei fattori è adeguata, permettendo un armonico sviluppo.

La famiglia e la scuola in uiscono moltissimo sullo sviluppo del talento, se il sostegno di queste agenzie è
carente o manca, l’individuo non svilupperà il suo potenziale.

Altrettanto è importante il contatto tra pari, fondamentale per lo sviluppo dell’autostima.

Modello di Monaco

Heller (1998) sviluppò un modello basato su una concezione multidimensionale dell’iperdotazione e del
talento.

In questo modello, la realizzazione del potenziale dipende dall’interazione armonica tra talenti individuali,
ovvero fattori predittori di talento, e moderatori interni ed esterni all’individuo
• Moderatori esterni: ambiente famigliare, clima famigliare, qualità dell’istruzione, ecc..

• Moderatori interni: motivazione, strategie di lavoro, paure, strategie di controllo e attribuzione interna, ecc..

• Predittori di talento: potenziale creativo, pot. artistico, pot. cognitivo, competenza sociale, ecc.

• Ambiti di eccellenza: arte, lingue, informatica, sport, ecc.

Heller indicò quindi quattro aree di riferimento che


spiegano come i fattori innati del talento entrano in un
processo dinamico no a diventare plusdotazione.

I fattori di talento (predittori) —> corrispondono a tutte


quelle caratteristiche individuali che cambiano di
persona in persona. I predittori in uenzano e sono
in uenzati dai moderatori.

Le aree di performance (criteri di valutazione) —> sono


in stretta relazione con i predittori (si otterranno risultati
diversi a seconda delle competenze iniziali).

Le caratteristiche di personalità (moderatori) —>


indicano quelle qualità nei confronti del bambino nei
confronti del compito e possono modi carsi a seconda del compito, in base ai meccanismi che il bambino
usa.

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Le condizioni dell’ambiente (moderatori) —> l’ambiente che circonda quotidianamente il bambino è
fondamentale.

Modello di erenziato della plusdotazione e del talento di Gagnè

Gagnè distingue i signi cati delle due terminologie:

-  dotazione (giftedness): indica il possesso e l’uso di abilità naturali che si manifestano spontaneamente in
almeno un campo di attitudine, a un livello tale da situare il soggetto fra il miglior 10% dei suoi coetanei; 


-  talento (talent): indica il possesso di abilità o conoscenze sistematicamente sviluppate in almeno un


campo dell’attività umana a un livello tale da porre il soggetto nel 10% superiore dei suoi pari di età attivi in
quel campo di attività.


Questo modello prevedere che la dotazione (natural abilities) possa diventare talento attraverso un processo
di sviluppo, a cui contribuiscono sia l’apprendimento formale e informale, sia la pratica. 

Tale processo è inoltre in uenzato da:

-  catalizzatori interpersonali: riguardano qualità siche, motivazione, volontà ecc. 



-  catalizzatori ambientali: riguardano l’ambiente (scolastico, famigliare ecc), le persone (genitori,
insegnanti, ...) le iniziative disponibili e gli eventi (premi, incidenti di percorso, ecc). 


Un ultimo elemento è rappresentato dal caso (chance), che ha un impatto non prevedibile sul processo di
sviluppo e contribuisce al risultato nale. 


Il modello di Gagnè evidenzia una concezione dinamica —> che presuppone la trasformazione dei ‘’doni’’ in
‘’talenti’’ attraverso uno speci co processo di apprendimento.


—> Alla base di questa concezione, ci sono sicuramente alcune acquisizioni della teoria pedagogica, tra le
quali il concetto di zona di sviluppo prossimale di Vygotskij. 


Modello aziotopico di Ziegler



Ziegler (2005) contesta le teorie precedenti proponendo il suo modello aziotopico, in cui sottolinea che per
l’individuazione della plusdotazione occorre considerare come un individuo arrivi a possedere un
repertorio d’azione ‘’eccellente’’.

Lo sviluppo dell’eccellenza è interpretato come un progressivo adattamento a un sistema dinamico, che


prende il via dal repertorio d’azione di un individuo, dalla decisione di accrescere progressivamente le
competenze in un ambito speci co, passando da livelli di base all’eccellenza. —> L’eccellenza si riferisce a
una qualità speci ca di azioni che possono essere organizzate secondo tre dimensioni: azioni con ‘’struttura
di fase’’ (azioni create da una sequenza di azioni parziali), le quali si uniscono in azioni parallele o multiple (es.
suonare il pianoforte prevede altre azioni parallele come il movimento delle dita e il monitoraggio delle note),
le azioni, in ne, richiedono norme su più livelli. 

Altri concetti chiave del modello:

-  repertorio d’azione: possibilità d’azione oggettivamente sostenibili;

-  determinanti intrapersonali del repertorio d’azione (es fattori genetici o abilità cognitive);

-  obiettivi;

-  spazio d’azione soggettivo: entità psicologica che rappresenta le opportunità di azione disponibili per
una persona. 


Punti di forza del modello: tentativo di spiegare il talento all’interno della normalità e ruolo profondo della
azioni per accrescere il potenziale. 

Punti di debolezza: assenza della scuola e della famiglia. 

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Il Megamodello di Rena Subotnik 


Riprende il modello di Gagnè, ma amplia la visione dei soggetti plusdotati. 


Tale modello in questione —> considera la plusdotazione come un costrutto dinamico, sviluppato nel tempo
e staccato dal concetto di QI. 


La visione dell’autrice mira a massimizzare le prestazioni dei soggetti dotati così da poter raggiungere
altissimi livelli di expertise (perizia) e creatività.

—> Il talento viene descritto come un processo che avviene per stadi di competenza, passaggi che
vanno dal a livello minore no al raggiungimento dell’eccellenza.
In questo modello viene messa in luce la concezione della plusdotazione come un processo trasformativo,
in cui non sono trascurate le in uenze ambientali e psicosociali.

Il talento in un dominio viene valutato in relazione ad una traiettoria che ha un c inizio, un apice e una ne,
diversi da un dominio all’altro.

La giftdness si valuta inizialmente nei termini del modello di potenziale, in d seguito in base a risultati
dimostrati e in ne, in base all’eminenza. Il processo di e sviluppo dei talenti prevede diverse transizioni in
base alle quali le abilità eccezionali vengono sviluppate in competenze, le quali si trasformeranno in expertise
(competenza esperta), e in ne in eminenza (perfromance eccezionali ed espressioni creative).

Queste trasformazioni si distinguono per livelli di creatività, richiedendo almeno inizialmente una progetti e
prodotti nuovi, e successivamente, la creatività ‘’con la C maiuscola’’, che è necessaria

creatività ‘’con la c minuscola’’, ovvero qualità come pensiero indipendente, capacità di creare

per l’eminenza.

Queste transizioni comportano il passaggio dall’enfasi sulla ‘’persona’’ (approccio e atteggiamenti creativi)
all’attenzione sul ‘’processo’’, a quella sul ‘’prodotto’’.

Ogni fase del processo di sviluppo dei talenti è, inoltre, caratterizzata da diverse strategie educative mirate
inizialmente a coinvolgere e catturare l’interesse per uno speci co argomento o dominio, quindi aiutare
l’individuo a sviluppare le competenze necessarie, conoscenza e valori e, in ne, aiutare l’individuo di talento a
sviluppare la sua nicchia unica, il suo stile, il suo metodo o la sua area di applicazione.

Il passaggio dall’abilità all’eminenza può essere limitato od ostacolato da diversi fattori come la bassa
motivazione, una mentalità che impedisce di a rontare le scon tte, scarse opportunità di apprendimento,
ecc.

Il progresso può essere favorito, mantenuto o accelerato, grazie ad opportunità educative come attività di
arricchimento extrascolastico, supporto psicologico e sociale da individui signi cativi e capitale sociale.

Concezioni statiche e dinamiche

Molti autori hanno evidenziato la di coltà dell’identi cazione dei ragazzi plusdotati:

• La prima riguarda la metodologia di analisi fattoriale che mira a superare i limiti dei test di intelligenza
basati solo sul QI. —> Tuttavia, anche utilizzando diversi test e applicando la tecnica della rotazione per
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variarli, di solito il test si basa su una teoria e quindi i risultati scaturiscono dall’assunzione di base che,
talvolta può essere limitata rispetto alle caratteristiche della plusdotazione.

• In secondo luogo, è stato notato che le misure psicometriche sono statiche, mentre le abilità
intellettive cambiano nel tempo.

• In ne, alcune persone possono rivelare tardi il loro talento, mentre altre vengono etichettate n da
giovani come plusdotate.

—> Per superare questa di coltà si sono utilizzati vari strumenti di misura dinamici.

Sternberg e Subotnik (2000) hanno evidenziato che nell’identi cazione e selezione dei canditati per i gifted
programs emergono diversi approcci:

1. Approccio dei modelli statici —> identi cano e valutano la performance in un determinato istante di
tempo (es test di intelligenza, di creatività, di apprendimento- presi singolarmente);

2. Approccio del taglio unico (single cuto ) con criterio unico —> una volta stabilito il criterio di
identi cazione del talento, si identi cano univocamente i due gruppi dei ‘’dotati’’ e dei ‘’non dotati’’, solo
un criterio è ritenuto determinante ai ni della selezione;

3. Approccio del taglio unico con criterio essibile —> i criteri di selezione possono essere basati su
fattori diversi: non solo QI, ma anche, per es. rating motivazionali. L’idea fondamentale è quella di rilevare
l’attributo che rappresenta il fattore decisivo per un individuo. Questo approccio è ritenuto moderno
perché tiene conto della possibilità di identi care diversi tipi di intelligenza. Una selezione operata in
questo modo assicura una notevole varietà di talenti, ma ha come svantaggio la di coltà di costruire un
curriculum adatto per una molteplicità di talenti diversi;

4. Approccio del taglio multiplo (multiple cuto ) —> considera una serie di criteri pre-de niti, come
punteggi dei test di creatività, di apprendimento, QI e solo chi ha punteggi alti in tutti i test è ammesso al
programma. Vantaggi: utilizza tutte le info disponibili, garantisce molteplicità dei talenti selezionati e che
nessuno sia decisamente debole in una o più dimensioni. Svantaggi: è possibile che vengano esclusi
candidati molto dotati in alcune aree ma con un punteggio basso solo in un ambito.

—> Tutti gli approcci descritti possono essere trasformati secondo il modello dinamico, come per esempio
nell’approccio single cuto con criterio unico si può misurare la crescita in un determinato ambito.

Il modello dinamico prevede la misurazione di cambiamenti che avvengono nel tempo, tendendo conto anche
del contesto in cui la valutazione ha luogo. —> L’idea è quella di misurare il miglioramento ottenuto in un
lasso di tempo per predirne lo sviluppo futuro.

Bisogna, in ne, tener conto del fatto che alcuni talenti sono ‘’generali’’, altri sono piuttosto speci ci: di solito,
la specializzazione avviene più tardi, per questo l’identi cazione dei talenti si focalizza sulle abilità generali
quando si tratta di bambini, mentre vengono rilevate doti in domini speci ci sopratutto tra adolescenti e
adulti.

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