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Il primissimo sviluppo si ha negli anni 60 con Robert Karplus, il quale si interessava della scuola
primaria. Ma un vero e proprio sviluppo riguardo le fondamentali linee di ricerca per gli studen si
ha negli anni 70. In quegli anni nello sfondo culturale della dida ca delle scienze e in par colare
nella dida ca della sica vi era la presenza di:
- Bruner, il quale diede una svolta americana alla dida ca e si ricorda la conferenza di Woods
Hole nel 1959
- il cogni vismo, con autori come Piaget, Vygotskij e Ausbel
- un movimento di riforma dell’insegnamento scien co
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Riguarda le strategie di cambiamento conce uale.
Queste strategie tengono conto delle condizioni di partenza della classe a cui ci rivolgiamo.
Piaget de nisce le pre-concezioni come risorse, come elemen di con nuità fra idee comuni e
conoscenza scien ca.
Altri autori come Bachelard hanno elaborato una teoria del cambiamento conce uale basato sulla
creazione di un con i o cogni vo, che sarebbe una fase di rivoluzione scien ca, di questo ne
parla Kuhn (dal quale l’autore prende rifermento), secondo il quale tu a la storia della scienza è
cara erizzata da rivoluzioni.
Prendendo questo punto di vista, alcuni autori hanno elaborato una teoria del cambiamento
conce uale basato sulla creazione di un con i o cogni vo, e hanno indicato le condizioni
necessarie per o enere il cambiamento:
- Insoddisfazione della vecchia concezione
- Intelleggibilità, plausibilità e fecondità della nuova concezione
- La nuova concezione deve potersi inserire in un ambiente conce uale complessivo,
cioè l’insieme di credenze, idee meta siche e analogie del mondo personale
dell’allievo.
Questa teoria del cambiamento è stata però messa in discussione dagli stessi autori:
- per la rilevanza dei fa ori non cogni vi, a e vi e irrazionali, infa si è osservato
che provocare for con i cogni vi può avere l’e e o nega vo di un ri uto o una
disa ezione da parte dell’allievo.
- Con riferimento all’idea di Vygotskij, si considera un con i o socio cogni vo come
motore del cambiamento conce uale, si suggeriscono situazioni dida che che
favoriscono la creazione di un diba to scien co in classe, il cui ruolo importante è
a ribuito alla discussione tra pari.
- Con riferimento al costru vismo, la conoscenza è il prodo o di una costruzione
a va che ha un cara ere situato (l’apprendimento si sviluppa a raverso forme di
collaborazione e negoziazione sociale) questo richiede un’organizzazione maggiore
a livello temporale.
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- In classe bisogna u lizzare lo stesso spirito di scoperta della scienza stessa
- L’impiego dei materiali richiede la cooperazione di vari ambi del sapere.
Nel 1961 vennero pubblica i risulta dei convegni, mol gruppi di studiosi si misero a lavoro nelle
università dando vita a dei proge come:
Commissione per l’educazione scien ca, elementary Science study, Science curriculum
improvement study.
Ques proge hanno delle cara eris che comuni:
- Collaborazione degli insegnan con il contributo della psicologia delle discipline
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- Insegnan universitari non si sono limita ad enunciare cosa insegnare come
insegnarlo, ma lo hanno dimostrato entrando in aula e conducendo alunni e
insegnan nei laboratori, provando e revisionando materiali e metodi che sono
subentra nelle scuole.
- I programmi propos derivano da due orientamen alla base dello sviluppo
intelle uale: 1. Una nuova comprensione degli elemen fondamentali di ciascun
argomento, 2. Una nuova interpretazione della capacità di apprendimento nei più
giovani.
I risulta posi vi dei proge hanno visto:
- La cooperazione tra docen universitari e insegnan
- Unità dida che basate sugli argomen fondamentali individua
- Strategie dida che fondate sulle modalità di apprendimento dei bambini
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- Intervento dell’insegnante
- Applicazione del conce o
ROSALIND DRIVER
Laureata in sica a Manchester, si dedica alla dida ca laboratoriale, in par colare allo sviluppo
cogni vo dei bambini. Sostenne che l’apprendimento dei bambini dipendesse dalle loro idee
preesisten sulla realtà che li circonda.
Nel 1983 pubblica un libro che tra a del metodo di insegnamento della scoperta che pone l’alunno
nel ruolo di ricercatore e gli fornisce l’opportunità di eseguire gli esperimen e di veri care le idee
per proprio conto.
La ricercatrice ri uta la scienza come un catalogo di fa , quindi l’insegnamento deve muoversi
collegando le idee e applicarle a situazioni nuove, questo aiuterebbe i bambini.
Però nasce una ques one: i collegamen logici per uno scienziato possono non risultare tanto ovvi
per i bambini.
La Driver so olinea il fa o che i ragazzi debbano sperimentare me endosi nei panni di uno
scienziato. Questo però porta a !
- Pretendere che gli studen esplorino da soli un fenomeno, raccogliendo da e
traendo conclusioni
- Pretendere che questo conduca gli studen a delle leggi siche del paradigma
dominante
Però questa situazione a volte non accade, infa le teorie non sono legate da da sensoriali
tramite l’induzione, ma a raverso il pensiero ipote co dedu vo: le osservazioni non sono
ogge ve ma sono in uenzate dalla prospe va teorica dell’osservatore.
Quindi i ragazzi fanno delle generalizzazioni che non sempre coincidono con quelle del paradigma
dominante. Quindi bisogna tener conto di alcune di coltà dello studente:
- Capire il nuovo modello
- Abbandonare la stru ura alterna va che ha funzionato no ad ora
- I bambini devono e e uare un cambiamento di paradigma
- Se le domande non vengono poste con chiarezza è possibile che i ragazzi non
registrino accuratamente quello che vedono: QUINDI L’INTERVENTO
DELL’INSEGNANTE E’ IMPORTANTISSIMO
- È necessario che lo studente segua il proprio percorso di esplorazione per
convincersi
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a raverso i quali scienzia e studen si fanno domande sul mondo naturale e indagano sui
fenomeni” ! gli studen acquisiscono conoscenze per sviluppare una comprensione ricca di
conce , principi, modelli e teorie.
La metodologia di indagine si muove su dei principi fondamentali:
- Un problema da risolvere: si pongono delle domande
- L’esperimento al centro del processo di apprendimento: un bravo insegnante deve
tener conto dell’aspe o pra co e teorico, bisogna individuare l’esperimento che ci
perme e di ricavare da così da poter ricavare ipotesi. Il problema, le ipotesi e le
a vità sperimentali non devono rimanere orali ma devono essere comunicate per
iscri o. Questo approccio non esclude l’u lizzo del libro di testo, in quanto gli alunni
non possono apprendere tu o dagli esperimen , ma il libro è una risorsa da cui
a ngere, come lo sono le risorse web e gli incontri con gli esper .
- Formulare ipotesi, sperimentare, trarre conclusioni, documentare
- Lavorare in gruppo: perme e di acquisire capacità di ascolto verso l’altro, di
comprendere cose diverse dalle proprie, è un’a vità inclusiva, può essere svolta
anche a raverso la suddivisione dei ruoli, diventa un’occasione per sviluppare delle
competenze come la tollerabilità che va aldilà dell’apprendimento stesso.
- Centralità dell’alunno: bisogna considerare la variabile tempo per ciascun alunno
- Il ruolo dell’insegnante: guida e facilitazione, inoltre ha il compito fondamentale di
formulare una domanda che sia acca vante per gli alunni, in modo tale da
coinvolgerli nell’osservazione di un fenomeno facendo emergere il loro stessi quella
domanda.
Per realizzare un’a vità IBSE È stato proposto da Roger Bybee un modello che comprende cinque
fasi:
1. ENGAGE: generare interesse e curiosità nella mente degli anni, scoprire cosa già
conoscono, guidarli a ri e ere e a porsi domande riguardo il problema, raccogliere le
opzioni e le osservazioni.
2. EXPLORE: gli studen possono sviluppare ipotesi da so oporre a veri ca, realizzare
esperienze concrete, raccogliere da e cercare informazioni
3. EXPLAIN: gli studen sono aiuta a focalizzare l’a enzione su aspe delle esperienze fa e
a raverso la spiegazione dei conce , viene introdo o il lessico scien co, e bisogna
promuovere discussioni sulle eventuali convinzioni errate emerse.
4. ELABORATE: gli studen elaborano quanto hanno scoperto applicando i risulta
dell’apprendimento in altre situazioni
5. EVALUATE: gli studen realizzano un prodo o nale che sarà valutato dall’insegnante E
dagli studen stessi a raverso un confronto
Ovviamente l’insegnante può decidere se fare tu e le fasi o saltarne qualcuna.
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Fornire alle scuole risorse capaci di migliorare gli strumen , la stru ura e
l’organizzazione dida ca dell’insegnamento scien co tecnologico
- Creare servizi, materiali, azioni di sostegno e opportunità forma ve per i docen
- Porre l’educazione scien ca tecnologica come una ques one di interesse generale
e coinvolgere nelle azioni di sostegno alle scuole le diverse organizzazioni
interessate alla scienza e alla tecnologia come degli is tu di ricerca, musei ed en .
Un buon insegnamento scien co e tecnologico deve basarsi sulla con nua interazione fra
elaborazione delle conoscenze e a vità pra che sperimentali. ! In questo modo il laboratorio
diventa un’opportunità molto u le per dare un contesto pra co all’osservazione, sperimentazione,
il proge o e la valutazione della rilevanza sociale della scienza della tecnologia. Il laboratorio non è
un ambiente chiuso e a rezzato, ma riguarda tu e le opportunità interne o esterne alla scuola u li
per dare un contesto pra co all’osservazione e alla sperimentazione.
Ci sono due approcci di eren al laboratorio:
- Uno che punta a strumentazioni di un certo valore, quindi ad acquisire un unico
esemplare
- L’altro che punta al materiale più modesto, ma l’acquisto in quan tà tale da far
lavorare dire amente i ragazzi in piccoli gruppi
Ovviamente, per me ere in pra ca entrambi i laboratori, è necessaria una competenza scien ca
nella scelta del materiale. Quindi i docen devono essere ben forma , il percorso di formazione
può essere fa o a raverso conferenze, diba , momen di formazione laboratorio, momen di
ricerca-azione.
Formazione in rete perme e di confrontare esigenze forma ve simili ma non iden che, crea delle
collaborazioni che possono diventare stabili e pro cue, riduce i cos per la formazione e impone di
formulare proge ampiamente condivisi.
MAPPE CONCETTUALI
Rappresentano uno strumento per descrivere le a vità di laboratorio.
Il modello costru vista dell’apprendimento vede il fa o che la conoscenza viene costruita con
l’aiuto dell’insegnante, quindi non viene trasmessa in modo frontale. L’acquisizione della
conoscenza avviene in maniera signi ca va, vengono messi nella corre a relazione gli elemen
nuovi con quelli che già venivano padroneggia . Per conce si intende le regolarità presen in
ogge ed even che vengono contrassegnate con un nome:
- Evento: qualunque cosa accada o può essere fa a accadere nella realtà circostante
- Ogge o: tu o ciò che esiste o è stato inventato, prodo o dagli uomini
- Spesso i conce sono accompagna da agge vi che precisano il signi cato
- Conce sono lega da verbi, da preposizioni, o da congiunzioni
Il diagramma di usso è una rappresentazione gra ca che u lizza par colari simboli per disegnare
la natura e il usso in ordine sequenziale delle a vità, delle informazioni, dei suppor e delle
risorse di un processo.
Per costruire una mappa conce uale bisogna riportare sul foglio la lista dei conce più importan ,
evidenziarne uno che si ri ene prioritario, e scriverlo in alto o al centro di un foglio bianco. A
questo punto si può collegarlo agli altri pun presen nella lista iniziale. Bisogna evidenziare con
uno vale tu i conce riporta .
DIAGRAMMA DI GOWIN
Serve a descrivere in maniera sinte ca le a vità di laboratorio, per comprendere la loro stru ura e
signi cato.
Evidenzia:
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- Domanda focale a cui dare risposta
- Even ogge che vengono indaga
- Variabili misurate e procedure u lizzate per rispondere alla domanda
- Le conoscenze acquisite dopo l’analisi dei da
- La relazione tra aspe teorici e a vità sperimentali
- Rete conce uale descri a dalle a vità
Essa presenta un versante metodologico ed uno teorico-conce uale (V)
APPROCCIO LABORATORIALE PER INSEGNARE LA FISICA
Il quaderno di laboratorio è uno strumento opera vo al ne di documentare il proprio lavoro
riguardo l’a vità sperimentale e quella dida ca.
Bisogna proge are l’a vità:
- Individuare gli obie vi speci ci e le modalità di conduzione tenendo conto del
contesto
- Esaminare lo sviluppo dell’esperto e approfondire la sica coinvolta
- Considerare le concezioni comuni sull’argomento e quelle più di use tra i bambini
- Scegliere a trovare i materiali annotando eventuali di coltà nel recepire o nel
costruire ogge
- Provare l’a vità e annotare i risulta delle prove e gli aspe cri ci
- Considerare gli aspe da tener conto nella valutazione dell’apprendimento
La fase di conduzione dell’a vità in classe bisogna annotare le eventuali di coltà riscontrate, gli
aspe posi vi e gli interven degli alunni.
La fase di autovalutazione bisogna fare una ri essione sull’a vità condo a.
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L’APROCCIO STORICO
Vi è stata una crisi dell’insegnamento scien co, e rimane la necessità di trovare soluzioni nuove
su un terreno molto diverso dal passato. La vecchia concezione dell’insegnamento era basata su
una concezione o ocentesca e posi vista della scienza, è risultata insu ciente, mentre l’assenza
del novecento me e in evidenza il problema dell’ipotesi e della sua gius cazione, so olinea il
processo e non il risultato.
Quindi bisogna costruire un nuovo metodo di insegnamento basato su:
- L’approccio storico dei problemi
- Il ruolo dell’esperienza laboratoriale
Esistono qua ro ragioni per insegnare bene la scienza:
- Esiste una ducia nella scienza a nché essa possa migliorare la qualità della nostra
vita
- La scienza fornisce una base per lo sviluppo del linguaggio, della logica e delle abilità
di discussione in classe
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Una democrazia esige che ci adini prendono decisioni che coinvolgano informazioni
scien che
- Per alcuni studen la scienza potrà diventare la vocazione per tu a la vita (bussola
per Einstein)
Perché studiare una storia della scienza:
La mera conoscenza di una teoria scien ca non può essere considerata una conoscenza completa,
in quanto non è inquadrata storicamente. L’approccio storico e me e in luce la dimensione
culturale della sica perché perme e una conoscenza del metodo scien co, me e in risalto il
cara ere dinamico della sica, facilita la comprensione dei conce e perme e l’emergenza delle
idee preconce e, me endo in luce che esse erano inadeguate.
Inoltre perme e anche di capire che le proprie di coltà sono comuni a tu a la comunità
scien ca.
Dunque l’uso della storia nella dida ca delle scienze è molto pro cuo, poiché:
- Perme e di avere maggiore consapevolezza da parte del ci adino sul ruolo e l’uso
della scienza
- Sempli ca l’insegnamento
- Migliora l’insegnamento ed aumenta gli s moli allo studio della disciplina
- Comba e meglio i misconce : Evita la convivenza di due paradigmi paralleli, uno
per la scuola, l’altro per la vita quo diana.
Ma heus individua alcuni contribu della storia all’apprendimento della disciplina scien ca:
- Rende la disciplina più a raente, specie per le ragazze
- Rende le classi più a ve, sviluppando la capacità di ragionamento
- Contribuisce alla comprensione degli argomen , come sono arriva a quelle leggi,
contestualizzazione ecc
- Migliora la preparazione degli insegnan
- Aiuta gli insegnan a comprendere le di coltà degli studen
APPROCCI DA EVITARE:
- La quasi storia: elenco di da che non evidenzia le diale che che si sviluppano in
quel contesto
- L’approccio roman co: esalta la gura del protagonista isolandolo dal contesto
scien co e sociale
- L’approccio romanzato: me e in evidenza l’aneddoto, la storiella sempli cata, ad
esempio la mela di Newton, scomponendo l’unitarietà del processo storico
Ques approcci vanno evita perché cancellano nel processo dinamico, ma a volte la storiella può
essere interessante come espediente per avviare la lezione, come punto d’a acco.
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Era un posi vista che si ba è per una storia sinte ca della scienza, chiese per primo una ca edra
di storia della scienza.
Propone la dis nzione tra metodo storico e metodo dogma co di comprensione della scienza.
Elabora la legge dei tre stadi (ciascun se ore di conoscenza a raversa ques stadi):
1. Stadio teologico: L’uomo è dominato dalla fantasia e escogita una visione unitaria del
cosmo, cioè a raverso pensieri teologici escogita una visione del mondo;
2. Stadio meta sico: La fantasia è sos tuita dalla ragione ri essa, è semplicemente
un’evoluzione del primo stadio, la religione è sos tuita con la meta sica;
3. Stadio posi vo: l’uomo costruisce un sapere basato sull’esperienza.
Ogni conoscenza per essere vera deve essere basata sull’esperienza, le conoscenze sono delle
sintesi sogge va, elaborate con la ragione e controllabili con l’esperienza. Individua sei scienze
fondamentali: matema ca, astronomia, sica, chimica, biologia, sociologia.
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Un insieme di regole di corrispondenza che collegano gli elemen logico linguis ci a
fa ed ogge empirici
- Un’interpretazione che delimita classi di ogge e fenomeni a cui si può applicare la
stru ura logico linguis ca
Il processo di costruzione di una teoria scien ca avviene:
- Si parte dall’esperienza
- Si formulano teorie in termini di en astra , ma sempre riconducibili al piano
dell’esperienza
- Si ritorna all’esperienza per confrontare il modello teorico e risulta
- Si fa una dis nzione tra piano teore co-astra o e osserva vo- empirico, con
riduzione del primo al secondo
- La crescita della teoria è vista come progressiva accumulazione
STRUMENTI DI MISURA
Misurare una grandezza = confrontarla con un’altra grandezza dello stesso po scelta come unità di
misura.
La scelta delle unità di misura è puramente convenzionale. Il risultato di una misura è un numero
associato ad un’unità di misura. Ad ogni misura è associata un’incertezza che esprime il grado di
a dabilità della misura.
La storia della scienza presta in generale poca a enzione agli strumen ed apparecchi di misura,
regalando lo studio di ques ogge alla storia della tecnica. Gli strumen vengono analizza sia
isolatamente che in relazione o lo sviluppo tecnologico ed economico di un dato periodo storico,
ma mai in rapporto alla stru ura teorica della scienza empirica e a valore dida co che tali
strumen contengono.
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Senza uno strumento di misura non è possibile e e uare delle misure. Lo strumento di misura è
centrale, sia in relazione all’inves gazioni del mondo sico, sia nei riguardi della stru ura formale
delle teorie siche.
Il processo di misura in sica è cara erizzato dal fa o che alla ne del processo abbiamo o enuto
il numero. Se si rimane sul piano delle considerazioni o valutazioni circa una proprietà dell’ogge o
non si sta e e uando una misurazione, poiché non si giunge a una quan cazione della proprietà.
Una misura è un processo che associa ad una grandezza sica un numero con la sua unità di
misura.
Il risultato di una misura è un numero associato ad una unità di misura.
DAL PUNTO DI VISTA FISICO… alla misura è stata sempre associata un’altra grandezza: l’incertezza o
la mancanza di precisione nella misura.
Incertezza ! si esprime con una indeterminazione (delta) che viene aggiunta al valore della
grandezza misurata e che è preceduta dal simbolo “più o meno”.
Dal punto di vista scien co.. la misura di una specie sica o grandezza sica è de nita mediante:
- Un numero che esprime il valore della grandezza misurata
- Un altro numero che esprime l’incertezza
- L’unità di misura
Ad ogni misura è associata un’incertezza o indeterminazione che esprime il grado di a dabilità
della misura.
In sica dire che un ogge o misura 19 cm o 19,0 cm o 19,00 cm NON esprime la stessa cosa,
perché gli 0 dopo la virgola contano. ! vi è una di erenza conce uale riguardo la lunghezza di
quell’ogge o:
- L=19 cm ! l’incertezza è di 1 cm, quindi potrebbe essere 18 o 20
- L= 19,0 cm ! l’incertezza è del decimo di cen mentro, cioè 1mm, dunque è più
preciso, 18,9 o 19,1
- L=19,00 ! l’incertezza è al 100º del cen metro, cioè di un decimo di 1 mm, sarà
ancora più precisa !8,99 o 19,01
Pertanto l’incertezza può essere dichiarata esplicitamente: L=19 pi o meno 0.01~cm
oppure implicitamente: L=19,00~cm
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La storia della scienza presta poca a enzione agli strumen ed apparecchi di misura, regalando lo
studio di ques alla storia della tecnica.
LA CENTRALITA’ DELLO STRUMENTO
Senza uno strumento di misura non è possibile e e uare le misure. Lo strumento di misura è
centrale, sia in relazione all’inves gazioni del mondo sico, sia nei riguardi della stru ura formale
delle teorie siche, sopra u o quelle sviluppate nel XX secolo.
Galileo Galiei nel 1610, nella sua opera Sidereus NUNCIUS, informa che ha scoperto I satelli di
Giove. In un disegno egli rappresenta l’osservazione nei primi giorni del gennaio di quell’anno.
Giunge a questa scoperta con il cannocchiale. È dimostrato che Galileo non ha inventato il
cannocchiale, l’occhiale era stato costruito già da alcuni o ci olandesi. La cosa importante è che
Galileo associò la sua osservazione la sua scoperta all’invenzione e al perfezionamento di uno
strumento. ! è la prima documentazione ogge va di uno strumento costruito e perfezionato
dall’uomo che perme e una scoperta scien ca.
FUNZIONE DEL TELESCOPIO DI GALILEO
Il telescopio è visto da Galileo, e dagli altri scienzia , come un ogge o che potenzia la vista umana.
In generale la prima idea fondamentale sulla funzione degli strumen era quella di costruire un
ogge o che potenza e perfeziona i sensi umani.
L’idea della centralità di uno strumento di misura viene fa a propria dalla sica classica, da qui si
avrà uno sviluppo che costruisce una teoria che non richiede per la sua coerenza la de nizione
dello strumento stesso ! vale a dire che, tramite un approccio sperimentale gli strumen hanno
un ruolo importante nella de nizione delle grandezze siche e dei conce introdo , ma ques
conce nelle teorie della sica classica sono de ni indipendentemente dallo strumento di
misura.
Nel passato, una volta nata una teoria scien ca, anche con il contributo sperimentale o erto
dalla strumentazione, la teoria non richiedeva più per la sua coerenza e consistenza logica la
presenza dello strumento.
Perché accade questo nella sica classica?
Perché la sica classica nasce con il presupposto di poter eseguire la “misura ideale”.
Abbiamo de o che è uno strumento determina il valore della grandezza sica con una incertezza,
dunque in linea di principio lo strumento di misura può essere sempre più perfezionato, quindi da
un punto di vista teorico è possibile considerare trascurabile l’incertezza. ! Infa se l’incertezza
può essere dovuta all’u lizzo di strumen poco sensibili, la possibilità di cos tuire uno strumento
più sensibile consente di eseguire una misura sempre più precisa.
In sica classica le grandezze siche degli ogge possono essere misurate in sé, vi è un’incertezza,
ma la concezione della misura è ideale, nel senso che è possibile ridurre sempre più l’incertezza.
“è possibile, in linea di principio, ridurre a zero l’incertezza della misura”.
LA CRISI DEL CONCETTO DI MISURA DELLA MECCANICA CLASSICA
La concezione di “misura ideale” entra in crisi nei primi del XIX secolo con i risulta degli studi
sull’ele ricità e magne smo, della teoria che chiamiamo ele romagne smo, fa a nel 900 in
seguito a misure rela ve di ambi della sica moderna.
La teoria dell’ele romagne smo classico, per quanto perfe amente determinis ca, non può far
proprio il conce o di misura classica.
Gli studi sull’ele ricità e magne smo sono associa alla costruzione e u lizzo di nuovi strumen e
disposi vi.
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LA LEGGE DI COULOMB esprime la forza tra due ogge carichi, pos a una certa distanza, è
associata all’invenzione di uno strumento che si chiama bilancia di torsione: composta da due
sfere e cariche, poste una vicina all’altra, una sfere a è appesa ad un lo e quando questo
cominciato torcersi, dalla misura dell’angolo di torsione si può risalire alla forza.
La ricerche di ele rosta ca di coulomb nel se ecento furono accompagnate dall’invenzione della
bilancia di torsione di coulomb.
ALESSANDRO VOLTA nel 1800 pubblica il suo lavoro sulla pila, perme erà di produrre un usso
con nuo e controllato di corrente ele rica. Mentre precedentemente, tra la ne del se ecento e
gli inizi dell’o ocento il termine corrente era legato all’immagine di un ume.
Prima della pila di Volta gli esperimen di ele ricità riguardavano esperimen di ele rizzazione
per stro nio oppure esperimen in cui vi erano scariche o scin lle, ma non si riusciva a controllare
il passaggio di corrente di un ogge o a un altro. La pila perme e di far passare della corrente in
mura costante nel tempo.
La scoperta della pila nel 1800 segna il passaggio dall’ele rosta ca all’Ele rodinamica.
Nei primi dell’800 ci si pone il problema di come misurare la corrente ele rica ! in linea di
principio si potrebbe paragonare questa nuova grandezza all’acqua del ume, ma vi è la di erenza
che la corrente ele rica non è visibile. Dunque, Ampere inventò uno strumento che è capace di
rilevare il passaggio di corrente, prende il nome di: amperometro
Le de nizioni di CARICA e CORRENTE ELETTRICA furono mediate dall’uso di ques strumen che
davano senso ogge vo alle nuove grandezze e ne garan vano la riproducibilità e misurabilità.
La misurazione della corrente ele rica non è un conce o intui vo come invece lo è la misurazione
della lunghezza di un tavolo, che avviene a raverso un confronto. La corrente ele rica può essere
misurata soltanto a raverso uno strumento che de nisce il conce o di corrente, in questo caso
l’amperometro. ! quindi cambia il ruolo dello strumento di misura: non è più il perfezionamento
il potenziamento di uno dei cinque sensi umani, ma è qualcosa che de nisce la grandezza che
dobbiamo misurare.
Anche nella formulazione di una teoria, lo strumento sarà più importante di quanto lo era nella
meccanica classica, essi cambiano l’ideale di misura. ! quindi si abbandona l’idea che è possibile
misurare una grandezza riducendo, in linea di principio, a 0 l’incertezza della misura.
Successivamente ci si rende conto che non è più acce abile l’idea di una misura che avesse una
precisione in nita. Comincia nascere l’idea che compiere una misurazione signi ca perturbare la
grandezza sica che vogliamo misurare, quindi nel misurare la corrente che scorre in una
lampadina, l’amperometro perturba e modi ca la corrente che scorre nella lampadina. ! Se prima
la misura era un processo che non modi cava la grandezza da misurare, ora la misura della nuova
grandezza e comincia a modi care il valore della stessa grandezza.
Seguendo questo principio, si può pensare che costruendo strumen sempre più precisi la
perturbazione diventa sempre più piccola ! ma rimane il fa o che non è possibile seguire misure
senza perturbare le grandezze siche che vogliamo misurare.
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2. Sviluppare una elaborazione dei da ! si sviluppa la cosidde a teoria degli errori, la quale
a ermando il risultato principale secondo cui è possibile misurare una grandezza sica,
a raverso una tecnica matema ca perme e di risalire ad una misura sempre più precisa,
cioè perme e di estrarre dai da sperimentali il valore vero della misura.
Viene messo in evidenza il cara ere speci co dei nuovi strumen di misura, i quali sono capaci di
osservare solo a raverso una teoria: si apre la via ad un ripensamento cri co del rapporto tra
apparato, teoria e realtà sica.
Questa concezione è evidente nella formulazione di uno dei principi della meccanica quan s ca: il
principio di indeterminazione di Heisenberg.
LUCE E VISIONE
il percorso storico che ha portato alle idee e ai conce dell’o ca geometrica è interessante per le
analogie tra le concezioni di senso comune e il passaggio verso l’interpretazione scien ca dei
fenomeni luminosi.
Tappe storiche fondamentali:
vi è un diba to su “come vediamo” che implica le varie concezioni su cosa è la luce:
• Per i PITAGORICI (V sec a.c.) la luce è un qualcosa che viene emesso dall’occhio verso
l’ogge o, a raverso raggi simili a tentacoli, che hanno origine nell’occhio.
• Per gli ATOMISTI la luce proviene dall’ogge o verso l’occhio, DEMOCRITO propone di
assegnare un ruolo all’aria che riceve l’impronta e la imprime per compressione sulla
super cie dell’occhio.
• LEUCIPPO DI MILETO introduce l’idea delle immagini che si staccano dagli ogge e arrivano
all’occhio.
• Nelle teorie di EMPEDOCLE coesistono due processi, la luce è considerata:
- Un e uvio dei corpi ricevuto degli occhi
- Un’azione dall’interno per cui i raggi provenien dall’occhio sono considera come
fuoco o anima.
Il meccanismo della visione nasce quindi dalla con uenza tra i uidi che escono dagli
occhi e i uidi che escono dagli ogge .
• ARCHITA DA TARANTO pensa anche lui che la luce sia come un fuoco che esce dagli occhi.
• ARISTOTELE: ha valutato cri camente le altre posizioni, secondo lui la luce può essere
considerata una variazione del mezzo (diafano) causata dalla presenza degli ogge , simile a
una perturbazione che si propaga e viene percepita dagli ogge .
• EUCLIDE: scrive è una famosa opera, l’o ca. Oltre ad avere un primo modello di luce, nasce
l’o ca geometrica e la prospe va. Euclide introduce l’astrazione di raggio e propone
postula dell’o ca geometrica, tra i quali se ne indicano alcuni:
- I raggi o ci emessi dall’occhio procedono per via dire a a grande distanza
- La gura compresa dai raggi visivi è un cono che ha il ver ce nell’interno dell’occhio
e la base al margine dell’ogge o guardato
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- Gli ogge si osservano se sopra di loro arrivano i raggi o ci
Dall’altra parte in questa epoca, III secolo a.C., la geometria cos tuisce l’unica teoria matema ca
fondamentale e proprio della geometria euclidea viene u lizzata all’astrazione di re a per
rappresentare il raggio visuale.
I postula risultano quasi coinciden con i principi dell’o ca geometrica a uale, anche se i
postula si riferiscono i raggi visuali che sarebbero provenien dall’occhio e non ai raggi luminosi
emessi dalle sorgen di luce o dei corpi illumina .
Dunque, nell’an chità i tenta vi di interpretare i fenomeni luminosi sono stre amente collega
all’analisi del processo di visione e all’interazione tra il sogge o e l’ogge o. Lo studio dell’o ca,
nell’an ca Grecia, non riguarda soltanto la natura delle cose, quanto quella del meccanismo della
visione cara erizzato sopra u o da elemen siologici e psicologici.
In conclusione, nel medioevo gli studi sui fenomeni luminosi si cara erizzano per una prima
dis nzione tra gli aspe sogge vi psicologici e gli aspe sici ogge vi. La dis nzione proposta da
Avicenna cos tuisce un passo decisivo per studiare i fenomeni luminosi dis n dal processo di
visione, al ne di u lizzare per raggio di luce le regole euclidee viste per i raggi visuali.
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- Vengono riformula i postula dell’o ca geometrica di Euclide riguardo i raggi luminosi
- La luce, intesa come lumen, viene emessa dalle sorgen , viaggia in tu e le direzioni secondo
un numero in nito di linee re e chiamate “raggi” e si propaga all’in nito.
- Indipendentemente dalla natura della luce, il modello della propagazione della luce a erma
che ogni punto di una sorgente di luce o di un ogge o illuminato è origine di in ni raggi che
si propagano in linea re a all’in nito.
- È studiato in de aglio la più umano, per la prima volta vi accontentate osservazione che
l’immagine si forma sulla re na, rimpicciolita e capovolta.
Keplero in quanto fondatore dell’o ca moderna perme e di evidenziare come la “rivoluzione
scien ca” del seicento sia stata cara erizzata anche dalle discussioni sull’interpretazione di
fenomeni luminosi già no oppure nuovi, non solo dei risulta o enu nel campo della meccanica
dell’astronomia
L’o ca geometrica proposta a ualmente è il risultato di un processo di dis nzione tra lux e
lumen. All’interno di tale sviluppo il problema della visione è stato fondamentale, non solo per
l’an chità ma anche per il senso comune, si è rilevato un passaggio da un approccio sogge vo
(basato sull’idea di luce, lux) verso un approccio ogge vo basato sul conce o di un’en tà sica di
cui si studiano le proprietà (lumen).
L’ASTRONOMIA ANTICA
L’astronomia ha radici molto an che dovute alle osservazioni del cielo, queste osservazioni sono
state un procedimento naturale dell’uomo. L’essere umano sin dall’an chità si accorse molto
presto che i fenomeni celes sono cara erizza da una regolarità:
- Il moto del sole durante il giorno
- Il succedersi a intervalli regolari delle fasi lunari durante il mese
- Il susseguirsi delle stagioni di anno in anno
- Il ritorno nel sole dopo una eclissi totale
Fin dalla preistoria era stato osservato il moto apparentemente irregolare di alcuni ogge celes , i
piane . Intorno a questa apparente irregolarità del moto del cielo nacquero: Astronomia e
Astrologia.
Tra il III il II millennio a.C. I babilonesi intrapresero osservazioni regolari della luna e dei piane . I
principali interessi degli astronomi riguardavano:
- Le osservazioni della luna all’inizio e la ne di ogni mese, con lo scopo di determinare l’inizio
del mese
- Il sorgere e il tramonto dei piane
- Le posizioni dei piane fra le costellazioni
Venivano annotate le cara eris che dell’immagine dei piane e delle stelle e anche delle
condizioni atmosferiche.
L’astronomia nacque in Mesopotamia anche perché c’erano importan richieste riguardo
l’astrologia (la scienza della divinazione), dunque anche l’astronomia era considerata una scienza
superiore poiché riusciva a fare osservazioni astronomiche.
L’a eggiamento culturale mesopotamico è sinte zzato in un manuale divinatorio: “I segni sulla
terra come quelli celes ci o rono degli ammonimen . Il cielo e la terra producono presagi:
sebbene appaiano separatamente, non sono separa , il cielo la terra sono collega ”
Il ruolo dei piane nell’astrologia era quello di indicare le interazioni future con le divinità.
L’astronomia e la astrologia riguardavano il re e la sua corte e le dichiarazioni da parte degli auspici
riguardavano gli a ari dello Stato, l’economia e la persona del re. Il re era responsabile del
benessere e della prosperità del paese nel suo complesso.
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Non si ha una corre a dis nzione tra gli astronomi che e e uavano le osservazioni e gli astrologi
che e e uavano le predizioni: quindi vi era la gura di un astronomo-astrologo e il re si a dava
completamente a lui.
Un altro risultato fu l’iden cazione delle costellazioni sulla fascia dello zodiaco: queste
costellazioni furono u lizzate come pun di riferimento degli astronomi assiri.
L’evoluzione verso un sistema di segni zodiacali è descri a, in seguito, da un testo babilonese che
risale al V secolo a.C., esso elenca i 12 mesi e le corrisponden costellazioni: è il sistema nale dei
12 segni zodiacali, ognuna corrispondente ad un arco di 30° sull’elli ca, appare per la prima volta
intorno alla metà del V secolo a.C. e si tra a di un sistema di riferimento per stabilire la posizione
dei piane e della luna.
A par re dall’VIII secolo a.C. le cara eris che principali dell’astronomia mesopotamica
cos tuiscono la base per il grande sviluppo che si ebbe: iniziò una sistema ca compilazione di
archivi di osservazioni astronomiche in ordine cronologico, nacque l’astronomia scien ca. Gli
astronomi babilonesi iniziarono a redigere una serie di diari quo diani chiama e emeridi, quali
potevano essere mensili, annuali, riguardavano le seguen osservazioni:
- L’intervallo di tempo fra il sorgere e il tramontare sia del sole e della luna
- Le date e le descrizioni delle eclissi sia lunari sia solari
- Le posizioni dei piane tra le stelle
- Il moto dire o e retrogrado dei piane
- Le date dei sols zi e degli equinozi, del sorgere della stella Sirio
- Occasionali fenomeni come meteore e comete
- Condizioni atmosferiche
Per mantenere la nalità fondamentale astrologica di queste a vità, allo scopo di prevedere le
sor del paese e del re, le annotazioni mensili forniscono anche:
- La posizione dei piane rispe o ai segni zodiacali e non alle costellazioni
- I de agli dei prezzi di sei prodo basici
- L’altezza del ume Eufrate
- Un resoconto di even di interesse storico
- Vari curiosi fenomeni
Intorno al V secolo a.C., l’astronomia babilonese cominciò un processo di trasformazione che portò
allo sviluppo di tecniche realmente nuove per predire I fenomeni celes . Queste tecniche erano di
natura matema ca e si basavano su un approccio razionale.
Gli ogge di studio della nuova astronomia erano tradizionali e riguardavano la determinazione
delle condizioni degli even celes importan per le pra che di culto. Per la luna signi cava
determinare le date del novilunio e del plenilunio, i momen dell’eclissi, per i piane le date e le
posizioni.
Gli astronomi astrologi babilonesi con nuarono a vivere a Babilonia all’incirca no alla ne del I
secolo d.C., tu avia una parte sostanziale della loro tradizione astronomica era già passata ai greci
nella prima metà del II secolo a.C., in uenzando profondamente il successivo sviluppo
dell’astronomia. È probabile che il corpus astronomico babilonese fosse disponibile a IPPARCO.
In uenza babilonese sull’astronomia, come indicato nell’Almagesto di Tolomeo, includeva: i nomi di
molte costellazioni, il sistema di riferimento zodiacale, il grado come unità fondamentale per la
misura dell’angolo…
Ancora più fondamentale di vasta portata fu la scoperta babilonese: era possibile creare modelli
matema ci in grado di fornire a dabili per edizioni numeriche di complessi fenomeni astronomici.
Fu proprio questa os nata a vità produrre produzioni che s molò la successiva astronomia in una
veste matema ca più generale e la realizzazione dell’Almagesto.
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COS’E’ LO ZODIACO:
Il moto apparente del sole rispe o alla sfera celeste avviene lungo una traie oria circolare,
chiamata ecli ca, che a raversa alcune costellazioni, che sono 13, che formano lo zodiaco.
L’ecli ca risulta inclinata rispe o all’equatore celeste, la circonferenza ideale tracciata
dall’intersezione del piano dell’equatore terrestre con la volta celeste. I pun di intersezione di
queste due circonferenze ideali sono de pun equinoziali.
L’ASTRONOMIA GRECA
LA SCUOLA PITAGORICA
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La scuola pitagorica formulò una concezione dell’universo è basato sull’armonia del moto circolare
e sulle distanze nite tra i corpi celes , la scuola pitagorica ha in uenzato l’astronomia an ca no a
Newton. Gli adep erano:
- Matema ci
- Acusma ci
Mantenevano alcune scoperte segrete conosciuta solo da alcuni adep , come la scoperta dei
numeri incommensurabili. ! Ippaso di Metaponto, violando l’obbligo del segreto, rese pubblica
questa scoperta.
La scuola pitagorica era Nello speci co una comunità religiosa connessa al culto di Or smo, il culto
minoritario dell’an ca Grecia. L’or smo È il più grande fenomeno religioso di cara ere mis co che
compare nella Grecia del VI secolo, è per la Grecia un’epoca di profonda trasformazione sociale.
Questo culto, in campo religioso, rappresenta l’anelito alla liberazione il regime di oppressione e
violenza, il sacro rifugio degli spiri migliori, dove È permesso agli adep conforto nel presente,
libertà nel futuro. Dionisio rappresenta il Dio centrale, è il più giovane degli dei della Grecia, il Dio
cara eris co sopra u o per i suoi pa men e per la sua morte ingiusta.
Il principio generale della scuola è ben espresso dal mo o: “tu e le cose che si conoscono hanno
numero, senza questo nulla sarebbe possibile pensare, ne conoscere”
L’elemento essenziale era l’esistenza degli oppos :
LA COSMOLOGIA PITAGORICA
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L’universo era diviso in tre zone:
- L’urano, Terra ed atmosfera: mondo sublunare nel quale tu o in trasformazione
- Il cosmo: formata da corpi perfe ed immutabili ! la luna, mercurio, Venere, sole,
Marte, Giove, Saturno, rmamento.
- L’olimpo: sede degli dei.
La visione di Pitagora e della scuola pitagorica sul cosmo è una visione razionale secondo cui il
mondo è chiuso ed è necessario introdurre il conce o di moto circolare uniforme: moto perfe o
per i corpi perfe ed immutabili.
EUDOSSO DI CNIDO
Egli fu il primo a combinare l’astronomia quan ta va con la speculazione cosmologica. Ad ogni
movimento periodico assegnò un guscio sferico, con centro la terra, in modo che la combinazione
di sfera potesse dar ragione del modo complesso di un pianeta. Ogni sfera ruotava intorno ad un
asse che era con ccato in una sfera più esterna. Qua ro sfere, o in seguito cinque, determinavano
il moto di ciascun pianeta mentre una sola sfera descriveva il moto delle stelle sse.
Rappresenta la combinazione di mo circolari (che avvengono in piani diversi) che può spiegare
perché apparentemente il pianeta prima sale poi scende, questo moto irregolare è spiegato da
Eudosso con la combinazione di mo circolari che avvengono nello spazio. Egli riprende l’idea del
moto circolare come moto perfe o, introdo a dalla scuola pitagorica.
L’idea diviene un paradigma, un preconce o per costruire tu e le visioni
astronomiche.
Il sistema di Eudosso, sebbene complicato, aveva il vantaggio di essere un
sistema predi vo: poteva prevedere la posizione dei piane nel futuro.
La teoria non doveva essere solo interpreta va di ciò che si osserva, ma
doveva anche essere predi va. Ciò era collegato anche alle esigenze
astrologiche o legate alla previsione di eclissi solari.
Il modello di Eudosso richiedeva che la distanza della terra fosse costante
per tu i piane , questo non poteva spiegare la diversa luminosità di Venere e Marte e la varia
forma dell’eclissi solari, che alcune volte sono totali altre anulari.
Per Eudosso questo sistema di sfere era un espediente geometrico, per spiegare i mo compos .
Aristotele fece proprio il metodo assegnando però realtà alle sfere (sfere cristalline).
ARISTOTELE
Egli acce ò in pieno il sistema di Eudosso, dando sicità alle sfere matema che, sfere cristalline.
Valuto alla circonferenza della terra intorno ai 64.000 km.
Aristotele fa proprio il modello di Eudosso introducendolo nella sua loso a: il sistema di Eudosso
era un modello puramente geometrico, Aristotele trasforma questo modello in una cosmologia, in
una visione del mondo. Le sfere matema che di Eudosso diventano delle sfere siche cristalline,
cioè una non può penetrare nell’altra. Si costruisce una visione del mondo che con ene un
principio di stabilità, in quanto ci spiega la natura e la rigidità dell’universo.
Le stelle sono sistemate in questo universo che è un sistema rigido, di cristallo e ciò spiega perché
le stelle e i piane non cadono, in quanto sono ogge perfe e incorru bili, sistema dentro le
sfere cristalline per cui non possono cadere sulla terra. Vi sono alcune cose che non funzionano nel
modello di Aristotele, ad esempio alcuni astronomi avevano osservato che la luminosità di alcuni
piane cambiava nel tempo e ciò contrastava con ogge perfe e che non potevano allontanarsi
o avvicinarsi.
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ERACLIDE
Le proposte di arachide sono state:
- Moto rotatorio della terra a orno al proprio asse
- Venere in rotazione intorno al sole
Eraclide propone un moto rotatorio della terra intorno al proprio asse, l’idea di tenere ferme le
stelle sse e di far ruotare la terra è un’idea concepibile a quel tempo, solo che la posizione di
Eraclide non viene acce ata e viene tramandata dagli studiosi successivi come una idea strana, per
cui non produce nessuna scuola di pensiero.
Altra idea che proporrà è quella di porre Venere in rotazione intorno al sole. Per l’astronomia
an ca Venere, come il mercurio, si trova su un’orbita più interna all’orbita del sole, questo dato
sarà importante perché aprirà un diba to: se vendere si trova al di qua del sole o al di là del sole.
! Questo diba to porterà il Galileo a dei risulta nuovi e interessan .
Tale diba to è collegato non solo all’idea di Eraclide ma anche alla problema ca delle sfere
cristalline, perché Venere presentava una variazione di luminosità. L’ipotesi più ragionevole per
spiegare la variazione di luminosità di Venere era che si avvicinasse e si allontanasse alla terra.
Eraclide assume l’ipotesi di porre Venere in rotazione intorno al sole, la concezione di Eraclide è in
un certo senso moderna, sebbene non sia ancora la concezione copernicana del sole al centro
dell’universo.
ARISTARCO DU SAMO
Egli era convinto della centralità del sole a cui giunge a raverso la misura della distanza rela va tra
terra-luna e terra-sole.
Per comprendere il contributo di Aristarco dobbiamo considerare le fasi lunari. Il mo vo per cui noi
vediamo la luna nelle diverse fasi è collegato alla posizione rela va della terra, della luna e del sole.
In generale riguarda il meccanismo del come vediamo gli ogge : la sorgente di luce illumina
l’ogge o che di onde la radiazione luminosa verso i nostri occhi.
Questa misura è possibile farla? quando nel cielo
contemporaneamente osserviamo la luna è sola?
Pertanto dalla misura dell’angolo e dalla
ricostruzione geometrica del rapporto del
triangolo re angolo, Aristarco conclude che il
sole molto più lontano dalla terra rispe o alla
luna.
Eclissi solare: la luna nasconde completamente il
sole, considera la visione apparente di luna e
sole, poiché il sole è molto più distante della
luna, il diametro del sole è molto più grande del
diametro della luna, nasce quindi l’idea che,
essendo il sole e l’ogge o più grande
dell’universo, era intorno al sole che doveva ruotare la terra.
La luna è un ogge o più piccolo che ruota intorno alla terra.
Eclissi di luna: l’ombra della terra descrive sulla luna una circonferenza che ha un raggio più grande
del raggio della luna. Aristarco calcola questo raggio e arriva la conclusione che il raggio della terra
deve essere più grande di quello della luna.
Sebbene i valori ricava sono erra , a lui si deve il primo tenta vo di determinare le dimensioni e
la distanza del sole della luna dall’osservazione dire a.
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ERATOSTENE DI CIRENE
Per la prima volta misura la circonferenza della terra con considerazioni semplici.
Nella ci à di sirene, durante il sols zio d’estate, quando il sole occupa la posizione più alta del
cielo, osserva che i pozzi non hanno ombra, cioè guardando in un pozzo si vede che la luce del sole
arriva n sul fondo del pozzo, cioè la ver cale di sirene coincide con la direzione dei raggi solari.
Nello stesso giorno nella ci à di Alessandria d’Egi o osserva, invece, che i pozzi presentano
un’ombra e misura l’angolo formato dai raggi del sole con la ver cale: è di un 50º dell’angolo giro,
cioè 7°.
Se si prolungano le re e sia che l’angolo misurato iden co all’angolo del centro della circonferenza
della terra, pertanto l’aver misurato che ad Alessandria l’ombra del pozzo forma un angolo di 7°
con la perpendicolare equivale a dire che le direzioni dei nostri due pozzi formano un angolo di 7°
verso la zona del centro della terra. Pertanto il ragionamento di Eratostene è riconducibile a un
ragionamento sugli angoli al centro di una circonferenza.
APOLLONIO DI PERGA
Si pone un problema: quello della luminosità apparente dei piane , giungendo a un modello più
semplice di quello di Eudosso.
Propone il modello degli epicicli e dei deferen che diventerà, secondo l’astronomia an ca, lo
schema interpreta vo del moto dei piane no a Keplero.
Il modello prevede:
- Il pianeta indicato con P si muove con moto circolare
uniforme, intorno al centro di una circonferenza de a
epiciclo.
- A sua volta il centro dell’epiciclo si muove con moto
circolare uniforme lungo un’altra circonferenza più
grande de a deferente.
- Si ha la combinazione di due mo circolari uniformi, una
del pianeta e l’altro del centro della circonferenza lungo
la quale si muove il pianeta.
Il modello perme e di descrivere un moto apparente del
pianeta che va in un verso, un certo punto si ferma, torna
indietro e poi riprende il moto.
Mentre nel sistema di Eudosso la distanza del pianeta dal
centro della sfera rimaneva costante, ora il pianeta ruotando lungo l’epiciclo, un po’ si allontana dal
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centro è un po’ si avvicina. Ciò signi ca che il pianeta ha una luminosità apparente che può
diminuire o aumentare. Con la combinazione di ques due mo , Apollonio costruisce un modello
basato sempre sul moto circolare uniforme, il quale, rispe o allo schema di Eudosso, introduce
una matema ca più semplice risulta più predi vo.
Ma mano che le misure diventano più precise, il modello non funziona così bene: vi era una
discrepanza tra la posizione del pianeta prevista teoricamente la
posizione misurata sperimentalmente. Per risolvere il problema si
pensò di sistemare il centro del deferente non al centro della terra ma
spostando il suo centro rispe o al centro della terra: questa scelta fu
de a operazione degli eccentrici e la terra non occupa più il centro del
deferente ma viene spostata in un punto diverso. Fu introdo a
un’altra approssimazione: si individua un punto de o equante Q e si
suppone che rispe o a Q il pianeta si muova non di moto circolare
uniforme lungo la circonferenza, ma con velocità angolare uniforme,
cioè il pianeta rispe o a Q descrive angoli uguali in tempi uguali.
IPPARCO DI NICEA
Egli raccolse le misure celes fa e dei greci e dei babilonesi e le confrontò. Dopo aver studiato il
lavoro astronomico dei babilonesi e quello dei primi astronomi greci alessandrini, gli studi lo
portarono alla sua più famosa scoperta: la precisione verso ovest degli equinozi.
Lui si deve la trasformazione dell’astronomia greca la scienza descri va a scienza predi va.
Per spiegare il signi cato di questa scoperta de niamo gli equinozi. Gli astronomi per descrivere il
sorgere e il tramontare delle stelle, il moto apparente del sole, il moto della luna e dei piane ,
u lizzano due grandi cerchi celes immaginari:
- L’equatore celeste: il grande cerchio il cui piano dell’equatore terrestre taglia il cielo
- L’ecli ca: il grande cerchio lungo il quale il sole sembra muoversi giorno per giorno
rispe o alle costellazioni
Poiché i piani in cui si trovano ques grandi cerchi sono inclina di circa 23° 30’ l’una rispe o
all’altro, l’equatore celeste e l’ecli ca si intersecano in due pun dal cielo diametralmente oppos ,
domina equinozio di primavera e equinozio di autunno.
Durante il suo moto apparente lungo l’ecli ca, il sole si trova in ciascuno di ques pun equinoziali
esa amente una volta all’anno: intorno al 21 marzo nell’equinozio di primavera intorno al 21
se embre nell’equinozio autunnale.
Ques pun sono de equinozi perché in ques due giorni il sole sorge esa amente alle sei del
ma no a est e tramonta a ovest alle sei di sera, così che il giorno e la no e hanno la stessa durata.
Ipparco, riguardo le osservazioni sull’ora del sorgere del tramontare delle stelle e dell’inizio della
primavera, constatò che testa sembrava cominciare ogni anno un po’ in an cipo (cioè sembrava
precedere) rispe o al sorgere delle stelle sse. Quindi, scoprirà che le stelle sse sembravano ogni
anno cambiare di poco la loro posizione verso est rispe o all’equinozio di primavera, in una misura
che egli s mò approssima vamente di essere circa 1° ogni 75 anni, gli equinozi risultavano
spostarsi verso ovest di 1° ogni 75 anni. Per cui hanno tropicale o stagionale, cioè il tempo
impiegato dal sole per tornare all’equinozio di primavera, è di 20 minu più breve dell’anno
sidereo, cioè il tempo impiegato dal sole per arrivare nella stessa posizione rispe o alle stelle sse.
La causa di questa precessione era allora sconosciuta, ma ora sappiamo che essa deriva dal fa o
che la terra non è una sfera perfe a, ma uno sferoidale deformato con uno schiacciamento ai poli
e un rigon amento equatoriale, a causa di ciò, l’asse di rotazione della terra non punta sempre
nella stessa direzione, in modo tale da far compiere all’asse una rotazione complessiva verso ovest
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ogni 26.000 anni. In altre parole, il polo nord celeste non è un punto sso nel cielo, ma si sposta
verso ovest percorrendo un cerchio a orno al polo dell’ecli ca.
TOLOMEO
Svolse la sua a vità ad Alessandra di Egi o. Egli pubblica un libro conosciuto come Almagesto,
sarebbe una sintesi dell’astronomia an ca basata su un sistema geocentrico, teoria degli epicicli,
sfere celes cristalline, universo nito. Il tra ato sarà il testo di riferimento no a Copernico.
L’astronomia greca, che è il suo culmine in questo libro, è la sintesi di due approcci diversi della
scienza:
- Uno teorico basato sulla geometria
- È uno di cara ere predi vo, numerico, basato sull’osservazione
E quindi un esempio di applicazione della matema ca ad una scienza sperimentale che risaliva
all’an chità. Tu avia, come sistema per spiegare i fenomeni celes rimane limitata dall’adesione
alla sica di Aristotele e non ha rilevanza signi ca va, ma rimane un notevole esempio
dell’impresa umana per determinare la posizione dei corpi celes .
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innovatore delle sue teorie, avanzava i suoi mori sulla possibile interpretazione della sua teoria in
con i o con le sacre scri ure.
Era fortemente in uenzato dalle teorie pitagoriche e considerava perfe i corpi celes : ri utava
sia l’operazione degli eccentrici, sia l’operazione degli equan , le quali erano state introdo e dagli
astronomi greci al ne di rendere conto delle osservazioni astronomiche quan ta ve.
In ne cri ca la forma del mondo e l’esa a simmetria delle sue par .
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e del sole giravano intorno, tu gli altri piane giravano intorno al sole. Il suo modello ha avuto
scarso peso per l’evoluzione dell’astronomia, ma i suoi da precisi per me sarà Keplero di scoprire
le tre leggi note.
KEPLERO
Era tedesco, ebbe una fanciullezza infelice, in un ambiente familiare poco terreno e povero, il
padre soldato abbandonò la famiglia e la madre fu accusata di stregoneria. Grazie alla poli ca
illuminata dei duchi di Wru enberg frequentò prima il seminario luterano nel 1589, e
successivamente la facoltà di teologia di Tubinga, dove il suo maestro gli insegno all’astronomia e
lo incoraggio a proseguire gli studi approfondendo la teoria copernicana.
Nel 1594 diventa professore di matema ca nel seminario protestante di Graz, nel Ducato della
S ria, Dove venne nominato matema co u ciale del Ducato riceve il compito di preparare
annualmente un calendario su base astrologica. Nel 1596 esce prima opera! MYSTERIUM
COSMOGRAPHICUM nella quale dimostra che i cinque solidi regolari potevano essere inscri e
circoscri nelle sei sfere delle orbite planetarie.
La successione era: mercurio (o eadro), Venere (icosaedro), terra, (dodecaedro) Marte
(tetraedro), Giove (cubo), Saturno.
Il sole era al centro della sfera e produceva una “anima motrix” che imprimeva il movimento
all’interno del sistema. Le sfere erano dotate di spessore per spiegare la distanza variabile dei
piane dal sole. In tale opera dimostra di essere pesantemente in uenzato dalle teorie pitagoriche
e neoplatoniche, ma anche di essere dotato di conoscenze matema che.
Nel 1600 è costre o a lasciare Graz per mo vi religiosi, decide di acce are l’invito di Brahe a
Praga, Dove ha la possibilità di analizzare i risulta delle osservazioni.
Anche se aderiva alla teoria copernicana, si impegna a dimostrare la corre a teoria di Brahe E si
dedica con a enzione alla traie oria di Marte.
I tenta vi di descrivere questa traie oria mediante un cerchio con centro nel sole fu insostenibile
allo stesso Copernico, che aveva proposto l’aggiunta di un epiciclo.
Giunge a predire, a raverso lunghi e complica calcoli, una discrepanza no ad o o minu di arco
tra la posizione reale e quella teorica di Marte. Tale discrepanza è recessiva, tenendo conto che i
da di Brahe erano precisi al minuto d’arco, e fu così indo o ad abbandonare le traie orie
circolari.
Keplero comincia lavorare sull’ipotesi vicaria: il sole non occupi il centro di una circonferenza.
Veri ca che l’ellisse si ada a perfe amente agli accura da sperimentali ! pubblica ATRONOMIA
NOVA nel 1609, in quest’opera compaiono le prime due leggi di Keplero (che sono riferite a
Marte):
1. Legge dell’ellisse: la traie oria descri a da un pianeta è un’ellisse e il Sole occupa uno dei
due fuochi
Verso la seconda legge: la velocità dei piane non è costante lungo l’orbita, individuare una
grandezza che rimane circostante, calcolo delle aree descri e in tempi uguali dal raggio ve ore che
unisce il pianeta al sole.
2. Legge della velocità areolare costante: a erma che i raggi ve ori spazzano aree uguali in
tempi uguali
Con queste leggi vengono negate le due ipotesi aritotelico-tolemaiche: come quella della
traie oria circolare e quella della velocità costante dei piane lungo l’orbita.
Nell’opera vi è la formulazione di una teoria sica sul moto dei piane : i piane erano cara erizza
da una certa inerzia che doveva essere vinta da una forza da parte del sole. ! la la forza su
individuata nell’a razione magne ca, probabilmente so o l’in uenza del De magnete di Gilbert.
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Verso la terza legge: il tempo impiegato dal pianeta percorrere l’orbita intorno al sole varia a
seconda della distanza del pianeta dal sole, individuare le grandezze T tempo e rivoluzione e d
distanza media del pianeta dal Sole, determinare una relazione tra le due grandezze.
3. Terza legge enunciata nel 1618 nell’ARMONICAE MUNDI, riguardava il rapporto costante tra
il quadrato del tempo di rivoluzione di un pianeta e il cubo della sua distanza media dal
sole.
In quest’opera di forte ispirazione pitagorica, Keplero penso di aver individuato la causa del moto
dei piane dell’armonia, intesa in termini musicali, delle sfere celes . Dai suoi calcoli, infa ,
dedusse che il rapporto delle velocità all’afelio e al perielio era musicalmente armonico.
- Marte aveva 3/5 (quinta: Do-Sol)
- Saturno 4/5 (terza maggiore: Do-Mi)
- Giove 5/6 (terza minore: Do-Mib)
Nell’EPITOME DELL’ASTRONOMIA COPERNICA, raccoglie i suoi risulta sulla teoria copernicana.
Propone anche una forza magne ca come causa del moto dei piane : tale forza avrebbe dovuto
agire lateralmente, spingendo i corpi lungo la traie oria. Scopre la legge dell’inverso del quadrato
della distanza per l’intensità della luce.
Per 30 anni preparò le TABULAE RUDOLPHINEA, che pubblica nel 1627 che cantavano tu i da
astronomici allora conosciu , le mappe stellari, le orbite planetarie. Furono considerate per molto
tempo le più accurate tavole astronomiche esisten .
Scrive il tra ato AD VITELLIONEM PARALIPOMENA nel 1604 che si può considerare il primo tra ato
moderno di o ca e nel quale studiato in de aglio l’occhio umano e per la prima volta contenuta
l’osservazione che l’immagine si forma sulla re na, rimpicciolita e capovolta.
La pubblicazione del SIDEREUS NUNCIUS di Galileo, Keplero pubblica una DISSERTIO CUM SIDEREO
apprezzamen sull’opera di Galileo.
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Nel 1611 pubblica DIOPTRICE nel quale suggerisce miglioramen al cannocchiale di Galileo.
Si può considerare il primo ricercatore moderno, perché per lui le teorie o ipotesi non possono
essere mai vaghe, ma de nita in maniera rigorosa, al ne di predire fenomeni confrontabili con gli
esperimen . Da notare che fu incline ad a eggiamen mis cheggian e che fu autore di numerosi
calendari astrologici che ebbero grande successo tra i suoi contemporanei.
GALILEO GALILEI
i contribu di Galilei alla scienza moderna riguardano:
- Il cielo
- La terra
- La loso a
Nasce a Pisa da famiglia oren na, nel 1574 va a Firenze dove studia a Vallombrosa per tornare a
Pisa come studente di medicina nel 1581.
Incontra il matema co Os lio Ricci e si appassiona di geometria, e cambia corso di studi.
Ritorna a Firenze nel 1585 e scrive alcuni saggi sull’idrosta ca e teoremi sul centro di massa dei
solidi ! gli danno fama di valente matema co, tanto da tornare a Pisa come docente di
matema ca, che lo fece dal 1589 al 1592.
L’incarico non gli venne rinnovato, ma grazie al suo amico Guidobaldo del Monte di Urbino o enne
a Padova un incarico di insegnamento di geometria e astronomia.
Vive a Padova per 18 anni, questo periodo è il più fecondo e posi vo della sua vita: lavora per
parecchi anni raccogliendo elemen essenziali nei campi dell’astronomia e del moto dei corpi.
Stringe, tra l’altro, una forte amicizia con il gen luomo veneziano Giovanni Francesco Sagredo, che
comparirà come personaggio in molte sue opere dialogiche.
CONTRIBUTO DI GALILEI ALL’ASTRONOMIA
Nel 1604 apparve nel cielo una nuova sorgente luminosa: egli evidenzia come il tale fenomeno
me e in discussione l’ipotesi aristotelica dei cieli perfe .
Nell’opera SIDEREUS NUNCIUS l’autore informa che ha scoperto i satelli di Giove, in un disegno
rappresenta le osservazioni nei primi giorni del gennaio del 1610. Queste osservazioni le scopre
grazie al cannocchiale. ! È storicamente dimostrato che Galileo non hai inventato il cannocchiale,
ma l’occhiale era già stato costruito da alcuni o ci olandesi.
Ma Galileo associa le sue osservazioni e le sue scoperte all’invenzione e al perfezionamento di uno
strumento ! È la prima documentazione ogge va di uno strumento costruito e perfezionato
dall’uomo che perme e una scoperta scien ca.
Telescopio di Galileo ! ha la funzione, esa amente come è visto da tu gli altri scienzia , come
un ogge o che potenzia la vista umana.
In generale la prima idea fondamentale sulla funzione degli strumen è quella di costruire un
ogge o che potenzia e perfeziona i sensi umani.
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Galileo osserva la super cie della luna e scopre i crateri, le spaccature, giungendo alla conclusione
che le teorie degli aristotelici sulla perfezione di tale astro fossero errate. Inoltre misura l’altezza
delle montagne lunari.
Scopre anche le macchie solari: zone oscure che si spostano lungo la super cie del sole. Anche in
ciò confuta le teorie aristoteliche sulla perfezione dei corpi celes .
Osserva la via La ea e avanza l’ipotesi che i granelli non siano altro che stelle.
VENERE E GALILEO
Considera le fasi di Venere, il pianeta appare come un cerchio interamente illuminato quando è più
lontano dalla terra, questo implica che la traie oria si svolge intorno al sole, come previsto dalla
teoria copernicana e non tra terra e sole come a ermato da Tolomeo.
SATURNO E GALIELO
Ha osservato che Saturno non è una sola stella, ma sono tre stelle insieme, le quali quasi si
toccano, sono tra di loro totalmente immobili, quella di mezzo è molto più grande di quelle laterali.
Nel 1610 pubblica il tra ato SIDEREUS NUNCIUS in cui raccoglie risulta delle sue osservazioni con
il cannocchiale
1632 pubblica il “dialogo sopra I due massimi sistemi del mondo”, in cui mise a confronto il sistema
tolemaico e quello copernicano.
Padre Francesco Maria Grimaldi, gesuita, grande sperimentatore sico e matema co, fa delle
osservazioni astronomiche nel 1639 con padre Giovanni ba sta riccioli, anche lui gesuita. Nel 1651
riccioli scrive un tra ato: ALMAGESTUM NOVUM, in cui vi è un’immagine della luna con nomi dei
crateri. l’OPERA è considerata un tra ato di transizione tra la vecchia sica e la nuova sica che
sarà indo a da Newton.
GALILEO perseguì la verità nascosta della natura scri a nel linguaggio della matema ca. Tu avia, si
rese conto che la ragione, senza l’uso dei sensi, può essere facilmente sviata.
Ritenne che l’osservazione passiva di Aristotele non fosse più ada a, perché era convinto che la
natura tende a nascondere i propri segre e a svelarli soltanto a chi, armato dei migliori strumen ,
inves ga in maniera ingegnosa l’intricato mondo dei fenomeni.
Questo l’essenza del metodo sperimentale proposto da Galileo, la migliore applicazione del quale è
fu data proprio nella tra azione del “Moto di caduta di un grave”.
Galileo dà molta importanza alla matema ca, ma intuisce che senza la veri ca dei da sperimentali
è sterile. D’altra parte, capire la natura non è semplice:
- Risulta complessa
- È necessario osservarla con ar cio e intelligenza
- Ponendo delle domande chiave e usando strumen
Bisogna quindi osservarla secondo il metodo sperimentale.
Le leggi della natura: non sono semplici, bisogna porre le domande in maniera intelligente, bisogna
saper leggere il libro della natura, scri o in forme geometriche e simboli matema ci.
Nel 1623 Galileo scrive il tra ato “il saggiatore”, in cui sono delineate le linee del metodo
sperimentale:
Scrisse della celebre metafora secondo la quale “la loso a è scri a in questo grandissimo libro
che con nuamente ci sta aprendo innanzi agli occhi (io dico l’universo) ma non si può intendere se
prima non si impara a intender la lingua, e conoscere i cara eri, nei quali è scri o”, me endosi in
contrasto con coloro che richiamavano all’autorità dei maestri del passato e di Aristotele per
l’accertamento della verità sulle ques oni naturali.
La scienza galileiana:
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Dato che la sua impostazione da ricercatore prevedeva l’esperimento pra co, riuscì a confutare la
teoria Aristotelica sulla caduta dei gravi. In quegli anni insegnava matema ca a Pisa.
Secondo Aristotele: due corpi, uno pesante e uno leggero, cadono con una velocità ed
un’accelerazione diversa, quindi raggiungono il suolo in istan diversi, questo perché secondo
Aristotele ogni corpo man ene il suo stato di inerzia se si trova nel suo luogo naturale, se invece è
lontano dal suo luogo naturale, esso è spinto a muoversi verso il suo habitat naturale ! quindi un
sasso, cade verso il basso, verso la terra; mentre il fuoco si innalza verso l’alto, verso l’aria. Per
questo mo vo, i corpi più pesan cadono più velocemente verso il basso, perché hanno il
desiderio, necessità di arrivare nel loro habitat naturale.
Aristotele non considerava la resistenza dell’aria nel suo studio…
Galileo si pose questa domanda: “ma se i due corpi gli unisco, unisco la massa, ques corpi
cadranno uni più rapidamente o no?”
Secondo la logica Aristotelica, dovrebbero cadere più rapidamente, perché il corpo è più pesante.
Però c’è un paradosso, se i due corpi sono somma nelle loro masse, il corpo più leggero dovrebbe
rallentare la caduta del corpo complessivo ! quindi vi è questo paradosso interno alla logica
aristotelica.
Allora galileo pose una nuova teoria: i corpi cadono, assumono una velocità, un’accelerazione, non
in quanto propri di un peso, ma in relazione alla resistenza e all’a rito dell’aria rispe o la propria
massa. ! quindi prende in considerazione l’aria, che chiama “mezzo viscoso”. Intuisce allora il
ruolo del mezzo, che può essere l’acqua (usata da Aristotele) o l’aria, quindi il mo vo che dis ngue
il comportamento, la caduta di due corpi dipende dal mezzo nel quale i corpi cadono.
Dal punto di vista del metodo di indagine, si passa da:
Aristotele ! usava una fase osserva va
A Galileo ! fase di costruzione di un esperimento ! è l’idea principale della nuova scienza: non si
osserva più la realtà sica in modo passivo, ma se interviene sulla realtà con la preparazione
dell’esperimento.
Durante l’esperimento di Galileo dove voleva dimostrare che
i corpi cadono con uguale velocità, u lizza piani sempre
meno inclina per poter meglio misurare la velocità del
corpo e giunge alla conclusione che: i corpi che cadono dalla
stessa altezza percorrendo piani inclina con angoli diversi,
acquistano alla ne tu la stessa velocità.
Nel terzo passaggio si trova la cri ca di Galileo alla concezione an ca del moto. Questa si sviluppa
a raverso esperimen sul piano inclinato e l’u lizzo di strumen :
- Evidenziando il ruolo del mezzo
- U lizzando la composizione dei mo
- Osservando che cambiando l’inclinazione del piano inclinato la velocità con cui gli
ogge arrivano al suolo non cambia indipendentemente dalla loro massa
Creò alcuni strumen per ques esperimen :
- Il piano inclinato
- L’orologio ad acqua
Giunge alla prima conclusione dell’IPOTESI SBAGLIATA (che è molto naturale ed evidente): i corpi
acquistano velocità proporzionale allo spazio percorso. V= k X s
Le misure e e uate risultano però incompa bili con questa ipotesi, quindi, si rende conto che la
proporzionalità è in rapporto al tempo impiegato. V= a X t
Gli esperimen sul piano inclinato dimostrano che:
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L’a razione di gravità costante lungo il piano inclinato modi ca la velocità della
sfera, facendo aumentare costantemente col tempo
- Mentre l’assenza dell’a razione di gravità, durante il moto lungo il piano orizzontale,
man ene costante la velocità del corpo
- In questo modo Galileo poté associare l’accelerazione di gravità all’azione della
gravità
Inoltre grazie agli esperimen sul piano inclinato, constato che è il mo vo per cui le sfere sulla
super cie orizzontale alla ne si fermano e che questa super cie non è perfe amente liscia: con
l’aumentare della sua levigatezza la sfera riesce a rotolare per un tra o sempre che lungo. Quindi
concluse che se la super cie fosse perfe amente liscia, la sfera proseguirebbe all’in nito, un’idea
che esprime il conce o di inerzia.
Galileo nel 1638 pubblicò il grande tra ato scien co: discorsi e dimostrazioni matema che
intorno a due nuove scienze
È organizzato come un dialogo fra i tre medesimi protagonis del precedente dialogo sopra i due
massimi sistemi del mondo: Sagredo, Salvia e Simplicio
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esercitare qualcosa su un ogge o per spingerlo, e ci aspe amo che questa spinta
produca qualcosa sull’ogge o.
- Il terzo conce o, è la cosa nuova, È la conclusione a cui giunge Galileo: se il corpo è
in moto re lineo uniforme, allora il corpo con nua a muoversi in modo re lineo
uniforme se non si esercita una forza sul corpo. Pertanto, la novità è nelle ul me
righe di questa prima legge, che si chiama anche principio di inerzia di Galileo.
Può essere di cile da comprendere e spiegare ma se ricordiamo il tra o orizzontale alla ne degli
esperimen del piano inclinato, ci rendiamo conto che se il piano lo rendiamo sempre più liscio
allora l’ogge o si ferma sempre più tardi. Pertanto, Galileo, con un ragionamento di
estrapolazione, conclude che se non vi fossero Forza di a rito il corpo con nuerebbe a muoversi di
moto re lineo uniforme.
La conclusione di Galileo è qualcosa che di cilmente osserviamo nella vita quo diana, per cui
siamo porta a concludere, erroneamente, che un corpo si muove solo se so oposto ad una forza
mentre se non è so oposto ad una forza il corpo è in quiete.
Per spiegare ai bambini perché questo non si può osservare, è necessario far capire loro la forza di
a rito, che è presente nella vita di tu giorni e che è la forza esterna che agisce sul corpo. ! una
semplice esperienza che mostra come un ogge o, che viene lanciato dalla sommità di un piano
inclinato e poi si muove su una super cie orizzontale, si ferma in un certo tempo che dipende dal
po di super ce.
COME INTRODUCIAMO LA SECONDA LEGGE DELLA MECCANICA
La sica a erma che le forze producono qualcosa di diverso sui corpi.
Quando applichiamo una forza sui corpi ! quella forza non determina la velocità del corpo, ma
determina come varia la velocità del corpo nel tempo ! quindi determina l’accelerazione del
corpo a cui è applicata la forza. ! quindi un corpo reagisce ad una forza F con un’accelerazione
La seconda legge della meccanica dice che “in un corpo so oposto ad una forza F, il rapporto tra
forza e accelerazione è una costante che si chiama MASSA INERZIALE.
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È una legge facile da enunciare ma poco intui va, per spiegarla ai bambini:
l’azione del corpo 1 sul corpo due è uguale ed opposta all’azione del corpo 2 sul corpo 1.
Ogni volta che un corpo 1 esercita una forza su un altro corpo 2, il secondo esercita una forza
ve orialmente opposta e con la stessa re a d’azione.
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Confrontandolo invece con la seconda legge della dinamica, vi è una di erenza conce uale:
La legge di gravitazione universale è la de nizione di un po di forza;
La seconda legge della dinamica perme e di determinare il moto conoscendo la forza che ha
prodo o l’accelerazione.
Una forza elas ca si ha quando un corpo viene deformato, pensiamo ad una molla o ad un elas co
K= è la costante elas ca, dipende dal materiale con il quale è fa a una molla, si misura in N/m
X= è l’allungamento o la deformazione, quindi è la di erenza misurata in m tra la lunghezza della
molla nel suo stato di riposo e la lunghezza della molla dopo averla distesa.
La forza elas ca è una grandezza ve oriale
! quindi se consideriamo una molla ed eserci amo una forza esterna su di essa, allora la molla
reagisce con una forza elas ca che è dire amente proporzionale all’allungamento ! cioè più si
allunga la molla e maggiore è la forza esterna.
Il segno – signi ca che la forza elas ca tende a riportare la molla nel suo stato iniziale.
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un elas co di 1 cm si deve applicare una certa forza, ma se si vuole allungarlo di 2 o 3 cm allora è
necessaria una forza maggiore.
Cosa dis ngue alcuni ogge ad andare a fondo ed altri a rimanere in super cie?
Cosa dis ngue il comportamento di ques ogge ?
La densità di un corpo non è solo la massa, non è solo il volume, ma è contemporaneamente
massa e volume. Quindi c’è una proprietà degli
ogge che dipenderà sia dalla massa sia dal volume
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!la densità.
SI DEFINISCE DENSITA’ DI UN CORPO IL RAPPORTO TRA LA SUA MASSA m E IL SUO VOLUME V
LA SPINTA DI ARCHIMEDE
Immaginiamo un corpo che galleggia. Lo stato
di galleggiamento è uno stato di equilibio ! come sappiamo, se un corpo è fermo in equilibrio, la
somma di tu e le forze esterne che agiscono su un corpo è nulla.
Nel caso di un ogge o sul tavolo: la somma della forza di gravità sull’ogge o da parte della terra e
la reazione vincolare del tavolo sull’ogge o è nulla.
Nel caso di un ogge o che galleggia: la forza di gravità è uguale alla massa dell’ogge o mol plicata
per l’accelerazione di gravità (mg), l’ogge o però è fermo per cui ci sarà un’altra forza che equilibra
la forza di gravità! spinta di Archimede
La spinta di Archimede è un termine storico, che dovremmo considerare più corre amente con il
termine forza.
Formula ! questa forza è uguale al peso del volume di acqua occupato dal corpo.il peso è inteso
come forza, cioè come il prodo o della massa del volume d’acqua occupato dall’ogge o per
l’accelerazione di gravità.
DEFINIZIONE
UN CORPO IMMERSO IN UN LIQUIDO RICEVE UNA SPINTA (F) VERSO L’ALTO PARI AL PESO DEL
VOLUME V DI LIQUIDO CHE HA SPOSTATO.
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Se la forza di gravità è maggiore
della forza di Archimede: l’ogge o va a fondo
- La densità dell’ogge o è maggiore di quella dell’acqua: l’ogge o andrà a fondo
- Se la forza di gravità è minore della forza di Archimede: l’ogge o viene a galla ed è
parzialmente immerso nell’acqua
- Se la densità dell’ogge o è minore di quella dell’acqua: l’ogge o tenderà a venire a
galla
Se dovessimo avere un ogge o di legno con volume di 4 cm³ immerso in acqua, che risale in
super cie galleggia con la parte immersa dell’ogge o con un valore di 2 cm³, poi abbiamo anche
un secondo ogge o di acciaio che a volume di 2 cm³ che immerso nell’acqua va a fondo. La spinta
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di Archimede sull’ogge o di legno sarà maggiore, minore o uguale rispe o alla forza di Archimede
sull’ogge o di acciaio? ! La forza di Archimede esercitata su due ogge è iden ca, in quanto tale
forza dipende dal volume di acqua spostato, il volume d’acqua spostato nel primo caso è uguale al
volume dell’ogge o parzialmente immerso, nel secondo caso è uguale al volume dell’ogge o.
In entrambi i casi, la forza di Archimede è uguale al peso della massa del volume di acqua spostato.
Dunque la forza di Archimede non sarà uguale al peso dell’ogge o, bisogna stare a en però
perché la forza di Archimede non è neanche uguale al volume di acqua spostato, ma dipende dal
volume di acqua spostato, infa forza e volume sono due grandezze siche diverse.
LAVORO – ENERGIA
nella vita quo diana:
- Energia come qualcosa associata al “fare forza” per o enere un risultato
- Conce di forza ed energia sono naturalmente associa , non vi è dis nzione
Per spiegarlo ai bambini, bisogna par re da esperienze dire e, magari u lizzando dei giochi
Esempio: allungare un elas co per lanciare una pallina !
- Non è su ciente solo applicare una forza, ma occorre anche un buon allungamento
dell’elas co ! se vi è una forza intensa, ma l’allungamento è piccolo, il risultato è
inu le.
Quindi il risultato dipende da due grandezza siche:
- FORZA
- SPOSTAMENTO
Il risultato e cace si o ene con una forza intensa applicata per un lungo tra o.
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ENERGIA IN FISICA
Se trasferire energia da un ogge o ad un altro signi ca applicare una forza per un certo tra o, cioè
eseguire un lavoro, nel senso di grandezza sica, allora possiamo de nire l’energia come: capacità
di un corpo (o di un sistema sico) di compiere lavoro.
È una grandezza scalare e la sua unità di misura è la stessa del lavoro: il Joule (J)
L’energia può essere trasferita:
- Energia muscolare ! in energia elas ca (elas co teso per lanciare la pallina) ! in
energia di movimento o cine ca (pallina lanciata)
- Energia muscolare ! in energia di posizione (quando si solleva un ogge o) ! in
energia di moto (quando l’ogge o cade, cioè la forza applicata è la forza peso che
esercita la terra sull’ogge o)
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L’energia si conserva
CALORE – TEMPERATURA
Nella vita quo diana temperatura e calore sono due idee non dis nte, molto presen nel nostro
linguaggio comune sono parole come freddo, caldo, scambio di calore, sensazione di gelido ecc
DEFINIZIONE
TEMPERATURA ! È la misura delle capacità di un corpo di cadere o assorbire energia da corpi
circostan , si misura in gradi cen gradi °C o gradi Celsius
CALORE ! È la quan tà di energia scambiata da un corpo, cioè assorbita o ceduta.
Si misura in joule o calorie.
1 cal = 4,19 J
A enzione: il calore non è la quan tà di energia posseduta da un corpo.
Quindi queste due idee sono dis nte, sono conce dis n fondamentali della termodinamica,
In modo più preciso, la temperatura è la grandezza sica che esprime e misura la proprietà del
corpo di cedere o assorbire energia dei corpi circostan . In sica la temperatura si de nisce
mediante il principio zero della termodinamica:
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PRINCIPI DELLA
TERMODINAMICA
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La termodinamica studia i gas, e studia le trasformazioni che i gas subiscono, dobbiamo
immaginare il gas come un sistema che può essere:
- Chiuso: il termos che non funziona più, quando scambia energia ma non scambia
materia
- Aperto: il termos col buco, quando scambia materia
- Isolato: quando non scambia né materia né energia
Ora ci troviamo davan ad un sistema chiuso perché vogliamo lo scambio di energia.
Il gas si trova in questo recipiente chiuso, ha una pressione, un volume e una temperatura.
Il primo principio dice che LA VARIAZIONE DELL’ENERGIA INTERNA DEL GAS è UGUALE AL CALORE
SCAMBIATO MENO IL LAVORO FATTO.
Se io riscaldo il gas, il gas preme e si espande, preme sulla pentola ! fa un LAVORO
Ma il gas sta anche assorbendo calore, si sta trasformando ! Q
Quindi l’energia interna di un gas che dipende dalla temperatura, dipende dalla somma dei calori
che si sono assorbi e cedu e dalla somma dei lavori che si sono fa e subi .
Quindi bisogna porre a enzione al segno della Q e della L:
- Q è posi vo quando sta fornendo energia alla macchina e quindi la sua energia
interna U aumenterà
- Se la macchina esegue un lavoro L sull’esterno, questo lavoro è eseguito a spese
dell’energia interna U che diminuirà ! da qui il segno meno –
Le macchine termiche sono dei disposi vi per cui tramite il calore si produce lavoro, la
termodinamica è l’unico ambito della sica in cui le applicazioni sono state realizzate prima
dell’introduzione dei conce e delle leggi siche, la termodinamica nasce tra il 1830 il 1870, ma le
macchine termiche cominciano ad essere usate ai primi dell’o ocento in maniera sistema ca. Ad
esempio si costruisce la ferrovia Napoli Por ci nel 1839 e poi si u lizza una macchina termica che
produce il lavoro spostando le persone: la locomo va vapore. Soltanto successivamente si
introducono i principi della termodinamica, per cui la termodinamica nasce con delle convinzioni
che sono legate alla macchina termica che producono lavoro.
Domanda: ci possono essere situazioni per le quali il sistema sico alla ne ha una variazione di
energia interna U uguale a 0? Si, signi ca che l’energia interna U nale del sistema è uguale a
quella che il sistema aveva all’inizio.
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Quindi per macchina si intende un sistema sico che torna al punto di partenza ed è pronto ad
eseguire un nuovo ciclo, la variazione dell’energia interna dovrà essere sicuramente uguale a zero e
quindi il calore assorbito deve essere uguale al lavoro eseguito.
"Avanza 100
Calore e lavoro sono quindi forme di energia equivalen , dall’esperienza quo diana vediamo che
possiamo trasformare tu o il lavoro in calore (forze di a rito, come una sgommata della
macchina). Ma è possibile trasformare tu o il calore in lavoro? La risposta è no. Il secondo
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principio dichiara che non è possibile trasformare tu o il calore in lavoro perché una parte di
questa quan tà deve essere necessariamente ceduta all’ambiente circostante.
Quindi, si vuole produrre del lavoro dalla macchina, allora la macchina deve lavorare tra due
temperature dis nte: dalla sorgente alla temperatura più alta assorbe una certa quan tà di calore
(S1), E alla sorgente alla temperatura più bassa cede una diversa quan tà di calore (S2).
Questo è il contenuto del secondo principio della termodinamica, che ha due dis nte ed
equivalen formulazioni:
Kelvin ! È impossibile realizzare una macchina ciclica che converta in energia meccanica il calore
scambiato con unica sorgente a temperatura costante ! È impossibile fare una trasformazione
nella quale tu o il Q (calore) diventa L
Clausius! È impossibile realizzare una trasformazione il cui unico risultato sia far passare Q da un
corpo più freddo ad uno più caldo. ! È impossibile trasferire calore spontaneamente da una
sorgente fredda ad una calda
Ad esempio il frigorifero lo fa, ma grazie a cosa? All’energia ele rica, ed essa è lavoro, se non ci
fosse l’energia ele rica il frigo non lo farebbe mai
il calore non pu uire spontaneamente da un corpo pi freddo a uno pi caldo ma per passare
da un corpo pi freddo a uno pi caldo (ad es. dalla cella frigorifera all'ambiente esterno)
necessario eseguire del lavoro sul sistema.
SUONO ED ONDE SONORE: DAL CONCETTO DI ONDA SONORA ALLE SUE CARATTERISTICHE
COME VIENE PRODOTTO IL SUONO?
Il suono ha origine da una o più vibrazioni molto rapide di un ogge o, gli ogge possono essere: la
super cie di un tamburo, la corda di una chitarra, le due corde vocali ecc
Una sorgente sonora è un qualsiasi ogge o che eme e un suono !l’origine di qualsiasi suono è
dovuta alle vibrazioni della sorgente sonora.
Le vibrazioni nell’aria della sorgente sonora sono invisibili, ma sicuramente l’aria ha un ruolo
rilevante.
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