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DEI SEPOLCRI

Che tipo di componimento è


Si tratta di un carme, ossia di un lungo componimento poetico, composto
da quasi 300 endecasillabi sciolti. Viene strutturato come una finta
epistola, inviata da Foscolo ad un altro poeta importante di quel periodo,
ossia Ippolito Pindemonte.
L’evento che spinge Foscolo a scrivere Dei Sepolcri
Nel preromanticismo c’era un grande interesse per il discorso delle
tombe, della vita nell’aldilà e quindi nel preromanticismo si accennano
temi dell’epoca successiva. L’occasione che spinge Foscolo a scrivere il
componimento è un evento storico ben preciso. All’interno dei salotti più
colti dell’epoca, stava nascendo una grossa discussione a causa di un
editto, ossia l’Editto di Saint Cloud, che viene emanato nel 1804 da
Napoleone. Egli decide con questo editto che le tombe debbano giacere
in cimiteri situati al di fuori delle mura della città, per una ragione
igienico-sanitaria ma soprattutto che le tombe debbano presentare delle
lapidi dove non ci sono scritti nemmeno il nome e cognome del defunto.
Questo perché lui non ci deve essere differenza tra la tomba di una
persona ricca e quella di una persona più povera, quindi l’uguaglianza
sociale. Quindi erano necessarie tombe che fossero anonime, il ciò
garantiva uguaglianza tra tutti.
Inizia il dibattito tra Pindemonte e Foscolo
Il pensiero di Pindemonte riguardo la tomba
Questo scatena un forte dibattito e uno di coloro che discutono di questa
decisione di Napoleone è il poeta neoclassico Ippolito Pindemonte, il
quale, animato da una forte fede cristiana, dice che tutto questo non è
giusto, che le tombe debbano avere elementi identificativi e allarga il suo
discorso dicendo che la tomba è importante perché, essendoci una vita
nell’aldilà, occorre mantenere la tomba proprio perché un familiare possa
recarsi sulla tomba e andare a piangere il defunto, venendo ascoltato da
ello che si trova nell’aldilà, proprio perché lui ha questa concezione
cristiana del post-mortem.
Il pensiero di Foscolo riguardo la tomba
A quell’epoca, quando nasce la discussione, Foscolo è totalmente
materialista e si scontra violentemente con la visione cristiana di
Pindemonte. Pian piano ammorbidisce la sua posizione, perché
abbraccia quell’idea delle illusioni, in base alla quale non esiste la vita
dopo la morte, ma la tomba serve a creare la corrispondenza d’amorosi
sensi, che è fittizia e serve a chi è vivo per mantenere il legame affettivo.
Foscolo ribadisce che la tomba ha un valore civile. Nel caso di persone
defunte, mettere l’iscrizione della persona defunta è come un alito
continuo per chi è in vita che, guardando la tomba delle persone e
pensando alle imprese che ha compiuto, è spinto a credere negli stessi
valori di quella persona. Ammorbidisce il suo punto di vista e ad un certo
punto Foscolo decidere di mettere per iscritto i suoi ideali, spiegando che
valori hanno per lui e che valore devono avere per l’umanità le tombe.
L’inizio della stesura del carme
Arriva a scrivere il carme dei Sepolcri. In questo stesso periodo
Pindemonte stava scrivendo un suo componimento sulle tombe, Dei
Sepolcri, però quando viene a sapere che Foscolo stava scrivendo
qualcosa e conoscendone la grandezza, interrompe la stesura e la
completa successivamente. Il componimento di Pindemonte insiste sul
valore religioso e sulla valenza cristiana della tomba, mentre Foscolo
riflette sui valori civili della tomba. Quando Foscolo pubblica la sua
opera, essa non viene accolta con successo. L’opera è uno sfoggio di
conoscenze e di erudizione e cultura da parte di Foscolo, che viene
accusato di essere stato arcano e oscuro nelle sue affermazioni, di difficile
interpretazione.
Possiamo dividere l’opera in 4 parti:
- Prima parte: Foscolo parla del rapporto che c’è tra la morte e la vita
e di come la tomba sia una delle illusioni, perché non serve al
defunto, nel nulla eterno, ma serve per creare la corrispondenza di
amorosi sensi, ossia conservare la memoria di amorosi sensi e dare
un senso al perché la nostra vita va avanti anche senza questa
persona.
- Seconda parte: fa una carrellata storica su come sia cambiato il
culto dei defunti nel corso dei tempi. Ci parla di come sia stato
diverso nelle varie civiltà il rito del funerale, del seppellimento.
- Terza parte: si spiega come le tombe dei grandi uomini ci spingano
ad emularli, quindi il valore civile della tomba.
- Quarta parte: si parla della morte come rispondente al principio di
giustizia e la morte tocca indifferentemente tutti, non differisce in
base alla ricchezza e si parla di come la poesia possa essere, insieme
al culto della tomba dei grandi, un qualcosa che renda eterno
l’uomo e gli faccia superare il nulla eterno. Ritorna la concezione
materialistica della vita, ossia l’idea della vita come nascita,
esistenza e morte e nulla eterno e il compensare il bisogno di
essere eterni, che viene annullato da un lato con l’idea del fatto che
dopo la morte non ci sia nulla, con altri elementi che rendano
eterno l’uomo anche se dopo la morte non c’è nulla. Si parla di
affetti familiari e patria.
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PARAFRASI DELLA PRIMA PARTE DEL CARME


Prima della dedica a Ippolito Pindemonte, abbiamo una scritta in latino
che significa “Siano sacri i diritti degli dèi Mani”. È un’iscrizione, tratta da
un trattato di Cicerone, che ribadisce e dà un tono solenne al
componimento e serve a sottolineare l’importanza del culto dei defunti.
DA VERSO 1 A VERSO 15 (all’ombra de’ cipressi…)
- All’inizio è presente una domanda retorica, ossia quell’espediente
che si ha quando si pone una domanda ed è come se la risposta
fosse già contenuta nella domanda stessa.
Se una persona è seppellita dentro un’urna che si trova all’ombra dei
cipressi e c’è qualcuno che pianga sulla tomba, per il defunto il sonno
della morte è meno duro?
- La risposta alla domanda è no. Questo in base alla visione
materialistica che ha Foscolo, che credeva che il defunto non ci
sentisse proprio perché non c’era vita dopo la morte. Chi crede nella
vita dopo la morte, invece, crede che la persona defunta possa
sentirci in qualche modo. Il termine confortate sembra una
contraddizione, perché il defunto non potrebbe essere confortato
dal pianto, se è morto e non percepisce nulla. Sono i cari vivi a trarre
conforto.
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- Quando io sarò ormai morto, a cosa mi servirà avere una pietra
sepolcrale su cui è scritto il mio nome in modo che io possa essere
distinto da tutti gli altri defunti che ci sono nel mondo? Continua a
porsi la domanda. Ovviamente al defunto non serve a nulla.
(Ove più il Sole…)
Quando io non vedrò più il Sole che dà vita alle piante e agli animali,
quando non avrò più davanti a me delle ore future, quando non
ascolterò più i tuoi dolci versi (si riferisce a Pindemonte), quando non
sarò più ispirato dalle Muse dell’amore e quindi non produrrò più
poesia, che è l’unica consolazione nella mia vita di esule, chi mi darà i
giorni che non vivrò più. Non sarà certo una lapide dove c’è scritto il mio
nome che mi distingue da tutti gli altri defunti.
DA VERSO 16 A VERSO 22 (Vero è ben Pindemonte…)
- Il senso generale è che di fronte alla morte non c’è nemmeno più la
speranza. Il detto moderno dice infatti “La speranza è l’ultima a
morire” e deriva dall’antichità. La speranza era la Dea che
abbandonava per ultima gli uomini.
È proprio vero, Pindemonte, anche la speranza, che è l’ultima dea ad
abbandonare gli uomini, scappa dai sepolcri e la dimenticanza avvolge
nel suo buio tutto e c’è una forza instancabile che va di moto in moto.
- In questi ritroviamo la concezione della vita come un ciclo
meccanicistico.
E il tempo trasforma l’uomo, le tombe, il suo corpo e tutto ciò che c’è
sulla terra.
- Questo perché dopo la morte, il corpo dell’uomo si decompone, le
tombe si rovinano e tutto ciò che c’è sulla terra tende a
trasformarsi. Questo lo dice perché inviterà ad avere cura delle
tombe.
DA VERSO 23 A VERSO 40 (Ma perché pria del tempo…)
- Finora Foscolo ha avuto una visione pessimistica, quindi ora deve
introdurre un elemento di speranza data dalla religione delle
illusioni. Troviamo infatti il famoso ma (contenuto anche nei versi di
Dante).
Ma perché un uomo che sa di essere mortale si deve privare di
un’illusione, che è come se non lo facesse andare totalmente nell’aldilà?
- Qui ritroviamo il concetto delle illusioni.
Anche se un uomo si trova sotto terra e non potrà vedere più lo scorrere
del giorno, non è forse vero che continua ad essere vivo nella mente di
chi lo ha voluto bene?
- Colui che si trova sotto terra è certamente morto, ma almeno può
vivere nel ricordo di chi è vivo. L’idea di qualcuno che si ricordi di noi
ci dà la sensazione che la nostra vita non è stata completamente
inutile. Chi ha una visione cristiana e crede nell’aldilà questo timore
non lo ha.
INIZIO VERSI PIU’ FAMOSI
-
(Celeste è questa corrispondenza…)
- Quando parla di una corrispondenza di amorosi sensi che è celeste
dice che questo legame affettivo ha qualcosa di divino.
La corrispondenza di amorosi sensi, legame affettivo tra il vivo e il
defunto, è una dote divina che hanno gli umani.
- La definisce divina perché si riferisce al Dio, che è eterno per chi ci
crede, quindi dire che è divino dà un senso di eternità.
E spesso grazie a questo rapporto che si crea grazie a lei è come se
continuassimo a vivere con qualcuno che non c’è più ed è come se
questo qualcuno stesse ancora con noi. Ma tutto questo può accadere
se questa terra su cui lui aveva vissuto bambino lo accoglie quando
viene sepolto, come se fosse un grembo materno e gli dà l’ultimo asilo.
Questo può accadere se una tomba protegge i resti di quella persona
cara dal passaggio della gente, e se c’è una lapide su cui è scritto il nome
del defunto e se ci sono delle piante che facciano ombra sulla sua
tomba, quasi a consolare le sue ceneri.
DA VERSO 41 A VERSO 50 (Sol chi non lascia eredità d’affetti…)
Solo chi non lascia nessun ricordo di sé sulla terra non prova gioia ad
avere una tomba singola e se potesse guardare cosa accade dopo il
funerale si vedrebbe vagare come la sua anima vaga e intanto i suoi
resti sarebbero abbandonati in un luogo non curato, senza una donna
innamorata che pregasse per lui e senza che qualcuno che passa di lì lo
senta parlare dalla tomba.
- Il problema trattato infatti era che a quel tempo le persone
venivano seppellite in fosse comuni oppure il fatto che non ci fosse
una lapide che li distinguesse. Il fatto che l’anima vaga per l’aldilà è
un ossimoro per sottolineare che chi non lascia eredità d’affetti
finisce nel nulla e quindi non è una contraddizione con la concezione
materialistica perché l’anima non sopravvive ma è quindi per
sottolineare che l’anima non lascia nulla sulla terra.
DAL VERSO 51 AL VERSO 61 (pur nuova legge impone oggi i sepolcri…)
Nonostante quello che ho detto, c’è una nuova legge che impone che le
tombe siano messe al di fuori delle mura della città e questa stessa
legge impedisce che venga scritto il nome sulla lapide.
Oh Talia (dea della poesia satirica), colui che è stato il tuo sacerdote
(cioè colui che ha praticato la poesia satirica) e che è stato ispirato da te,
giace senza una tomba singola nonostante tu gli abbia fatto fare
qualcosa di grande ispirandogli quei versi con cui lui criticava i nobili
oziosi che sono occupati in attività inutili e che vivono nell’ozio.
- Parla di un letterato che fu sepolto in una fossa comune, che non
ebbe la sua tomba singola. Si riferisce a Parini.
DAL VERSO 62 AL VERSO 69 (O bella Musa, ove sei tu?)
Oh bella musa, dove sei? Io non sento più il profumo dell’ambrosia,
segno che sei tu presente fra queste piante nelle quali io risiedo e nelle
quali sospiro pensando con nostalgia alla mia patria.
- Secondo gli antichi l’apparizione di un dio veniva anticipata da un
profumo soave, di ambrosia.
Tu, musa Talia, venivi e sorridevi a lui (lo ispiravi) mentre lui era seduto
sotto quell’albero di tiglio, che ora è inquieto perché non può proiettare
la sua ombra sull’urna di Parini.
DAL VERSO 70 AL VERSO 77 (Forse tu fra plebei tumuli guardi…)
Forse tu vai vagando nei cimiteri sperando di trovare la tomba di Parini?
Purtroppo la sua città non hanno costruito nessuna tomba per lui, non
hanno messo una pietra sepolcrale, non hanno messo alcuna iscrizione
per ricordarlo e forse le sue ossa giacciono insieme a quelle di un
assassino.
- Ritiene infame giacere con un assassino perché i forti, gli uomini più
illustri, grazie alla tomba devono ispirare chi la guarda a compiere
grandi imprese.
DAL VERSO 78 AL VERSO 90 (Senti raspar fra le macerie…)
Tu, oh musa Talia, puoi sentire soltanto una cagna affamata che gratta
in mezzo alle tombe abbandonate, vedi la vegetazione incolta, vedi un
teschio in mezzo alla terra, dove si va a rifugiare un animale notturno,
oh l’upupa, vedi tutta la campagna che dà un senso di oppressione con
delle croci e vedrai delle sepolture dimenticate.
- Si riferisce al fatto che lui non è in un cimitero, è abbandonato in un
cimitero di poveri.
Oh dea, tu pregherai inutilmente che la rugiada, come un pianto, cada
sulla tomba del tuo Parini e non c’è mai un fiore sulla tomba della
persona estinta se questa persona non viene consolata dal pianto pieno
di amore che sono vivi.
- È importante che vi sia la tomba singola, altrimenti si finisce nel
nulla eterno più del dovuto.

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