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Elementi Di Cristologia
Elementi Di Cristologia
Vito Sibilio
Cristo Dio. In questo lemma si sintetizza tutto il senso della cristologia, ossia della branca
della dogmatica che si occupa del mistero della Seconda Persona della Trinità degli Uguali,
Quella che, secondo l’antica Formula teopaschita, ha sofferto nella carne: Eis tēs Triados
patōn, Unus ex Trinitate passus.
Della Seconda Persona o Ipostasi o Sussistenza divina, generata in eterno dal Padre, da cui
procede lo Spirito, sia direttamente che come mezzo del Padre, si è sommariamente detto –
per quanto è possibile a chi scrive– nel breve saggio sulla Trinità. Ma Dio Figlio, senza
smettere di essere tale, diviene anche Cristo, quando il Verbo del Padre si fa carne. Questo è
il cuore del Vangelo, nel senso etimologico di buon annuncio, buona nuova. Dio ha mandato
Suo Figlio, nella pienezza del tempo (Gal 4, 4-5), ossia nel tempo da Lui stabilito, per
salvare l’umanità. In questa venuta si compie la promessa messianica, fatta sin dalla notte
dei tempi all’umanità decaduta in Adamo, rinnovata ai Patriarchi, ricordata dai Profeti.
Nella venuta del Cristo, Dio si rivela a tutti gli uomini non solo quale unico, ma anche come
Trinità, perché il Figlio mostra il Padre e manda lo Spirito. Egli, come uomo, è immagine
del Dio invisibile, esattamente nello stesso modo in cui, come Figlio, è impronta e
irradiazione della sua sostanza – secondo le testimonianze dell’Apostolo. Il Cristo non è né
un uomo semplicemente come gli altri, né un Dio separato dagli uomini. Il Cristo è il Dio
incarnato, per cui, come personaggio storico, è l’oggetto della nostra fede. Il Cristo della
fede e il Gesù storico - contrariamente a quanto si è più volte sostenuto da R. Bultmann in
poi nell’esegesi biblica del XX sec., a dispetto delle reiterate affermazioni del magistero
ecclesiastico (ultima tra le più impegnative quella di Giovanni Paolo II nella Redemptoris
Missio) – sono la stessa cosa: diversamente, non solo la fede sarebbe una stupida
superstizione, ma anche qualsiasi studio critico della stessa teologia cristologica sarebbe
impossibile.
17
Definita dal Concilio di Calcedonia del 451 sulla scorta del Tomo a Flaviano redatto da san Leone I Magno. Il Papa,
scrivendo al Patriarca di Costantinopoli, corresse gli abusi della teologia alessandrina integrando e precisando la
dottrina del Concilio di Efeso del 431, il cui maestro era stato san Cirillo Alessandrino. In quella sede era stata
condannata la cristologia di Nestorio, che – come vedremo – era un’esasperazione di quella antiochiena di Teodoro di
Mopsuestia. I termini controversi erano, in greco, hypostasis e fysis. Nella teologia calcedonese, la prima è la
sussistenza, la seconda è la natura. Ragion per cui Cristo ha una hypostasis e due fyseis, unite appunto katà hypostasin.
Ma ad Efeso, Cirillo usava ancora hypostasis e fysis come sinonimi, e parlava di krasis, per indicare l’unione, con un
termine che poteva indicare anche la fusione delle nature distinte. L’unione era poi spesso detto katà fysin, dai tempi di
Atanasio, e anche krasis, dai Cappadoci, a dimostrazione che la determinazione del lessico fu un fatto abbastanza
complesso. Cirillo accettò le puntualizzazioni fatte sul suo lessico da Iba di Edessa e Teodoreto di Ciro. Ma
l’esasperazione della sua terminologia fatto dai monofisiti, di cui diremo, necessitò del chiarimento dato da Calcedonia.
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Questa nobile verità, ampiamente espressa nei Vangeli di Matteo e Luca, è stata dogmaticamente definita dal Concilio
di Efeso nel 431, a dispetto di Nestorio.
due sostanze sussistenti19, né una sola sussistenza sostanziale20, ma una Sussistenza di due
Sostanze. Tecnicamente la cristologia ortodossa è perciò un diofisismo.
La Communicatio Idiomatum è l’aspetto visibile agli occhi della mente, illuminata dalla
Fede, della dinamica interna alla Sussistenza ipostatica del Verbo. Infatti la Natura Umana,
sebbene operi in modo proprio, non da sé ma per la Sua unione col Verbo, conosce, sente,
vuole, opera e manifesta tutto ciò che conviene a Dio21. Perciò, la conoscenza umana di
Gesù crebbe esattamente come quella di ogni altro uomo, e si formò alla stessa maniera,
tramite l’esperienza e l’insegnamento dei genitori22; ma la conoscenza divina, nell’Unità
della Persona, fu sempre comunicata all’Umanità del Verbo, che ebbe sempre una
cognizione intima e intuitiva dell’Essenza divina e delle Persone del Padre e dello Spirito,
oltre che della propria Sussistenza nella Trinità, e che conobbe poi tutto quanto Gli era
necessario per adempiere la Sua missione, compresa la profondità dei cuori umani; quanto
poi asserì di non conoscere come Uomo – come il momento della Fine del Mondo – Gesù lo
conosceva in quanto Dio, ma non aveva la missione di rivelarlo, pur avendone cognizione
infusa anche nella mente umana. Lo stesso discorso vale per i sentimenti umani di Gesù,
sviluppatisi nella Sua vita terrena, ma corroborati e perfezionati sempre dalla Santità della
Sua Natura divina. Cristo ci ha amati con un Cuore umano, ma di un amore divino.
Analogamente il Suo operare, compiuto nella carne, è lo specchio fedele del Suo operare
divino, in seno alla Trinità, per cui l’Uomo Gesù può dire che Egli compie tutto ciò che
vede fare al Padre Suo, ossia è lo strumento consapevole dell’agire divino. Lo stesso Volere
del Cristo Uomo è perfettamente sincronizzato, nel Suo agire, con il Suo Volere divino,
nonostante lo sforzo che deve compiere per sottomettersi accettando la sofferenza, la morte
e l’espiazione del peccato, con cui entra moralmente in contatto, sebbene Gli sia ripugnante,
perché incompatibile con la Sua santità. Naturalmente mancano nelle facoltà umane del
Cristo le imperfezioni causate dal Peccato originale, perché, come dicevamo, non l’ha mai
contratto, e questo le rende ancora più efficaci nel loro operare.
Questo Verbo Incarnato, che ha assunto una Natura Umana definita, delimitata, visibile, le
cui caratteristiche fisiche, come quelle spirituali, sono le sole confacenti alla Sua Natura
divina, è l’immagine del Dio invisibile. Perciò Dio, nella Sua Sostanza, si è reso visibile in
Cristo, così come anche lo ha fatto il Figlio nella Sua Sussistenza. La rappresentabilità,
anche artistica, del Cristo Uomo rende lecito, legittimo e doveroso sia il rappresentarLo che
il venerarLo nelle Sue sante icone. Il divieto mosaico di farsi un immagine di Dio cade,
perché Dio stesso ha fatto un immagine di Sé nel Cristo. Se l’adorazione spetta solo alla Sua
Sostanza triplicemente Sussistente, e alla Natura Umana del Verbo unita alla Sua Ipostasi, la
venerazione dev’essere tributata alle Sue immagini perché esse rimandano a Lui, e sono un
19
E’ la cristologia di Teodoro di Mopsuestia, radicalizzata da Nestorio e professata dalla Chiesa Apostolica d’Oriente e
dalle sue filiazioni. Teodoro diceva che Cristo aveva due hypostaseis e due fyseis, unite in un prosopon. Oggi la sua
antica formula dogmatica, non calcedonese, condannata dal II Costantinopolitano nel 553 in quanto nestoriana ante
litteram, è stata reinterpretata in modo interscambiabile con il senso del dogma di Calcedonia, considerando come
sinonimi i termini che indicano sussistenza e sostanza (hypostasis e fysis), nel senso di quest’ultima (fysis), e
considerando il termine prosopon come sinonimico di persona sussistente (hypostasis).
20
Come sostengono i monofisiti delle Chiese Orientali precalcedonesi, che, da Dioscoro in poi, hanno ritenuto che la
Natura divina assorbe in Sé quella umana nel momento stesso della loro unione, radicalizzando i concetti di san Cirillo
di Alessandria e usando la sua terminologia in modo diametralmente opposto da quanto stabilito da Calcedonia, La
krasis cirilliana è per Dioscoro, condannato a Calcedonia, l’assorbimento dell’umano nel divino, e l’unione katà fysin è
conseguenzialmente la nascita di una sola Natura nel Cristo sussistente. Anche questa cristologia è stata de-ereticizzata
con la ridefinizione dell’ambito semantico del termine fysis.
21
Il testo corsivo è di San Massimo il Confessore.
22
Possiamo dunque immaginare la grandezza della santità di coloro che educarono il Verbo come Uomo, Maria e
Giuseppe? Assolutamente no, ma tale inconcepibilità è la misura stessa della loro virtù.
mezzo di cui si serve per santificare il mondo, in absentia della Sua corporeità visibile, che
tutti contempleremo solo nell’altra vita23.
Nel Verbo Incarnato il Cuore umano col quale ci ha amato è degno di amore e adorazione,
sia in quanto parte del Suo Corpo divino, sia perché esso è il simbolo dell’Amore Personale
del Figlio di Dio per noi. Infatti, nell’antropologia biblica il cuore è la parte intima e
sussistente della persona, sede dell’intelletto, della volontà e del sentimento. Il culto del
Sacro Cuore di Gesù è dunque il culto per Gesù Che ci ama, e Che chiede amore in modo
analogo al proprio.
Il Sangue di Cristo è altrettanto degno di amore e adorazione, non solo in quanto parte della
Sua Umanità, ma perché simbolo biblico della Sua stessa vita di uomo, data per noi in modo
doloroso e cruento. Per esso e in esso amiamo e adoriamo il Figlio di Dio che ha dato tutta
la Sua vita per l’umanità. Tale Sangue è il tesoro dell’umanità redenta, per cui è detto
“preziosissimo”. Le Sante Piaghe di Gesù, aperte nel Suo Corpo adorabile, sono adorabili
anch’esse, segno e simbolo del Redentore che ci salva tra le sofferenze più atroci. Il culto
per esse è il culto per il Salvatore sofferente e morto per amore.
La Santa Infanzia di Gesù, sebbene sia solo un segmento della Sua vita terrena, poiché è
inserita nella dimensione eterna della Persona del Verbo - specie dopo la glorificazione
dell’Umanità di Cristo nella Risurrezione e nell’Ascensione, quando ormai questa è slegata
dalle leggi del tempo - è ora e sempre presente nel Suo mistero, per cui può e dev’essere
amata e adorata, simbolo e segno della Sua innocente purezza. Lo stesso si può dire di altre
fasi della Sua Vita terrena, in particolare per quelle della Sua Santa Passione, in cui
adoriamo Cristo nel momento culminante della Sua Esistenza umana, i cui frutti sono
sempre presenti; sono ancor degni di culto i vari aspetti del Suo unico mistero - che è
sempre proprio della Sua Persona, come per esempio la Sua dignità di Re dell’Universo (il
Pantokrator dell’iconografia bizantina), in quanto Uomo perfetto, Dio Creatore e Redentore
- o ancora delle Sue perfezioni, che esprimono in grado eminente la Sua Umanità e che si
identificano con la Sua Divinità, come ad esempio la Sua Misericordia.
Infine il Suo Nome Santissimo, che altro non è che il simbolo biblico del mistero della Sua
Persona, è, in virtù di questo rimando, degno esso stesso di culto e adorazione: in esso, ogni
ginocchio si piega in cielo, in terra e negli inferi.
L’Unione Ipostatica inizia nel momento in cui il Verbo entra nel mondo. Egli discese dal
Cielo – ossia dal Suo stato esclusivamente divino- per la nostra salvezza e per opera dello
Spirito Santo si è incarnato nel seno della Beata Vergine Maria e si è fatto uomo 24. Tale
articolo di fede è di capitale importanza. Il Verbo si è fatto carne per riconciliarci con Dio,
espiando nella Sua Passione i nostri peccati; per mostrarci così l’amore di Dio per noi e per
diventare il nostro modello di santità e vita; per renderci partecipi della figliolanza divina, in
terra e in Cielo. Il Verbo assume la natura umana dal gamete femminile della Vergine Maria
fecondato direttamente dallo Spirito di Dio, che compie il mandato ricevuto dal Padre
attraverso il Verbo stesso. Il Corpo di Cristo risulta quindi generato dallo Spirito e da Maria
Vergine, mentre la Sua Anima è creata direttamente e solamente da Dio. La nascita dalla
Vergine è la garanzia della reale umanità di Gesù, nato da un altro essere umano, e la
concezione di Spirito Santo è il segno che anche in quanto Uomo Egli è Figlio di Dio. E’ il
Padre Che, per tramite dello Spirito, intesse il Corpo di Suo Figlio nel grembo di Maria.
Solo generando di Spirito Santo, Dio fa sì che nasca una Natura che immediatamente si può
23
Così insegnò il II Concilio di Nicea (787), sulla scorta del magistero di San Teodoro Studita, poi sviluppato da San
Giovanni Damasceno.
24
Verità enunziata dai Vangeli di Luca, Matteo e Giovanni, articolo di fede del Simbolo degli Apostoli, fu definita in
modo conclusivo dal I Concilio di Costantinopoli (381).
predicare del Soggetto divino sussistente del Suo Figlio. Diversamente, in caso
dell’assunzione di una Natura generata tramite concorso umano, essa sarebbe stata anche
dotata di una propria individualità, in quanto ogni generazione attiva è sempre datrice di
forma. E il Verbo avrebbe dovuto assumere una Natura con la rispettiva personalità, per poi
sopprimerla nello stesso istante di tale assunzione, perché essa fosse realmente unita alla
Sua Persona divina. Ciò avrebbe implicato un’Unione diversa da quella Ipostatica. La
generazione di Spirito Santo implica anche che Gesù non sia un semplice discendente di
Adamo, ma un Uomo inserito nella sua discendenza solo dopo il Peccato originale, per
ripararlo, e da cui è dunque preservato, sia perché non generato carnalmente e quindi privo
di tale eredità, sia perché esso sarebbe stato incompatibile con la Sua perfezione divina,
naturale e personale. Gesù è dunque Uomo, ma di una umanità nuova, uguale alla nostra
nella natura ma radicalmente diversa nell’origine e nel fine; l’ingresso nel mondo attraverso
l’azione diretta dello Spirito tutela e dà inizio alla sua missione redentiva. La generazione da
Maria Vergine, come dicevamo, è a sua volta reale: Gesù nasce da un essere umano, una
donna, per innestarsi nella natura umana già esistente; tale donna, preservata dal Peccato
originale in vista dei meriti del nascituro, è la prima e più completa redenta: è l’Immacolata
Concezione, esattamente come è Immacolata la Concezione del Suo Figlio. Il Corpo di
Cristo non scende dal Cielo, defluendo nel grembo verginale di Maria come l’acqua nel
condotto, ma è tratto da esso come il corpo di Adamo fu tratto dalla terra vergine dell’Eden
da Dio stesso. La Verginità di Maria è la tutela, reale, fisica, psichica, morale e
soprannaturale, della generazione divina di Cristo. Tale Verginità rimane miracolosamente
intatta durante e dopo il Parto, suggellando il legame sponsale di Maria con lo Spirito e
quello materno col Suo Unigenito25. Maria è dunque Madre del Verbo, perché è Madre della
Persona del Figlio divenuto Uomo, e il Figlio è realmente generato, nel tempo, da Lei e
dallo Spirito Santo. Lungi dall’essere un teologumeno, la concezione verginale di Spirito
Santo è un fatto storico strettamente connesso alla Redenzione 26. In seno a tale economia
salvifica, Giuseppe di Nazareth, che garantisce l’innesto del Cristo nella dinastia davidica,
in quanto padre legale, è tuttavia realmente Suo padre in relazione all’Umanità, in quanto
svolge verso di essa tutte le funzioni della paternità, ad esclusione di quella generativa. Il
termine dunque “putativo”, che spesso la definisce, è dunque riduttivo, anche se non
scorretto.
43
Anche questo per adempiere le profezie di Isaia.
44
Ancora oggi nel Deserto di Giuda è visitato dai pellegrini l’antico Monte delle Tentazioni, esattamente come è luogo
di culto il sito del Battesimo, venerato, tra gli altri, di recente, dai papi Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
45
Pietro, Giacomo di Zebedeo, Giovanni, Andrea, Giacomo di Alfeo, Filippo, Tommaso, Bartolomeo, Matteo, Giuda
Taddeo, Simone e Giuda Iscariota, il traditore, rimpiazzato da Mattia per voto della Chiesa dopo l’Ascensione.
46
Si tratta dei poteri che, nel linguaggio rabbinico, sono indicati come legare e sciogliere, e sono indicati da Gesù come
chiavi del Regno dei Cieli. Conferendo tali poteri a Pietro – e in un secondo tempo a tutti gli Apostoli con lui e sotto di
lui- Gesù adempì le profezie di Geremia.
Montagna e nelle Beatitudini47; fonda la Sua Chiesa, la nuova e definitiva Qal YHWH48;
trasmette i Suoi poteri a Pietro e ai XII, preparandoli a continuare la missione in Sua vece;
istituisce i segni della Grazia che si chiameranno Sacramenti; addita la perfezione nei
consigli della povertà, della castità e dell’obbedienza, da Lui praticate come esempio.
Fornisce le Sue credenziali operando miracoli, prodigi e segni che mostrano come ogni cosa
sia sottomessa al Suo volere: gli oggetti materiali 49, gli elementi50, gli animali51, le piante52,
le leggi dello spazio-tempo53, le malattie, le minorazioni54, i segreti dell’anima umana55, i
demoni56 e persino la morte57. Suscita eccezionali conversioni, avvicinando
misericordiosamente prostitute, pubblicani e peccatori di ogni tipo 58. Tiene stupendi
discorsi, raggruppabili in due tipologie. La prima è per il grande pubblico, inteso sia come
popolo che come discepoli, di cui il Discorso della Montagna è il più famoso. In essi parla
in modo lapidario e chiaro; spesso con l’uso di sublimi parabole,59 racconti mitici di valenza
didattica, altre volte con insegnamenti sentenziosi e asciutti, i cosiddetti loghìa. La seconda
è costituita dai discorsi con gli avversari e gli interlocutori più accreditati; sono contenuti
nel Vangelo di Giovanni, hanno una dialettica aggirante, un discorrere letterario profondo e
complesso, un senso polemico e un contenuto teologico di alto spessore, espresso da un
lessico specialistico tipico della cultura giudaica del I sec: celebre il Discorso sul Pane di
Vita, ma ricordo, a titolo esemplificativo, quello ai Giudei sulla Divinità del Messia, quello
47
Il Discorso della Montagna di Matteo è diverso da quello della Pianura di Luca. Questa è una scoperta della critica
testuale che però i biblisti faticano a recepire. In ogni caso, i contenuti sono pressoché identici. Valutare la portata
religiosa e morale del Discorso e delle Beatitudini è impossibile: i poveri di spirito, i miti, i misericordiosi, gli operatori
di pace, gli afflitti, i puri di cuore, gli affamati e assetati di giustizia e coloro che sono perseguitati per essa, fino ai
martiri, sono costituiti come nuovi e definitivi modelli morali per il mondo, liberato finalmente dall’orrenda morale dei
signori, basata sull’avidità, la violenza, l’odio, l’impurità, l’avidità di piacere, l’iniquità e il trionfo, che tanto piacciono
nuovamente ai contemporanei, traviati dal sinistro filosofo Nietszche, che ben scrisse di sé come anti-Cristo.
48
Ossia la nuova e definitiva comunità dei credenti autentici, sulla cui natura ci diffonderemo in un altro momento.
49
Si pensi alle strabilianti moltiplicazioni dei pani e dei pesci, ad esempio.
50
Come quando sedava tempeste e imbrigliava i venti.
51
Gesù dispone pesche miracolose e decide di far trasferire dei demoni all’interno di una mandria di porci, per liberare
un ossesso.
52
Il Maestro fa seccare un albero di fichi a scopo simbolico.
53
Gesù cammina sulle acque e fa camminare sulle acque; a volte i discepoli si domandano quando sia arrivato in un
luogo prima di loro.
54
Gesù guarì ogni tipo di infermità e minorazione: dall’emorragia femminile alle febbri, alle paralisi, alla cecità, alla
sordità, al mutismo; sanò zoppi e storpi, lebbrosi e ogni altro tipo di sofferenti, non solo in presenza, ma persino a
distanza.
55
Il Signore conosceva abitualmente ciò che facevano gli uomini in sua assenza, il loro passato e i loro pensieri, oltre
che i loro desideri. Ne fecero esperienza amici e nemici.
56
In spettacolari esorcismi, compiuti assai velocemente, potenti spiriti oscuri, a volte riuniti in numerose schiere, furono
senza troppi complimenti sloggiati dai malcapitati che avevano invaso. Essi spesso confessarono, nella disperazione, la
divinità e il messianismo del loro Giudice.
57
Moltissime resurrezioni sono compiute da Gesù. Si pensi al figlio della Vedova di Naim, alla figlia di Giairo, a
Lazzaro, riportato in vita dopo quattro giorni, da dentro la tomba.
58
Levi divenne l’apostolo ed evangelista Matteo; Zaccheo lasciò pubblicamente il peccato; l’anonima adultera, salvata
dalla lapidazione, se ne andò promettendo di non peccare più; Maria di Magdala, prostituta posseduta da sette demoni,
divenne la sua più fedele discepola; l’anonima peccatrice che entrò in casa di Simone Fariseo lavò i piedi di Gesù con le
sue lacrime e li asciugò con i capelli.
59
La loro apparente semplicità non inganni. Con un uso simile a quello fatto da Platone dei suoi miti, la parabola
evangelica è adoperata da Gesù con un intento ad un tempo dottrinale e morale. Essa condensa in sé un tale significato,
che a volte è di difficile interpretazione, ma in ogni caso risulta più pregnante di qualsiasi discorso. Ve ne sono di
alcune strutturate come dei piccoli racconti – come il Figlio Prodigo o i Talenti o il Servo Spietato o le Vergini stolte e
sagge – e altre brevissime, alla stregua di sentenze inserite in quadri narrativi essenziali – la Dramma smarrita, la Pecora
smarrita ecc.– o di icastici paragoni – il Granello di senapa, il Mercante di Perle ecc.- con in mezzo una fascia di
narrazioni o apologhi di media lunghezza e bisognose di una chiave interpretativa, di solito fornita a parte (il
Seminatore, il Buon Grano e la Zizzania, ecc.). Che Gesù avrebbe parlato in parabole lo aveva profetizzato Isaia, come
Lui stesso ebbe a ricordare.
a Nicodemo, quello alla Samaritana e naturalmente il corpus dottrinale di eccezionale valore
dei Discorsi dell’Ultima Cena. Gli uni e gli altri – con buona pace del Jesus Seminar60– sono
autentici. Rispecchiano una personalità teologica fortissima e due livelli differenti di
comunicazione, per contenuti disposti su due livelli di profondità: catechetica e
didascalica61. Di essi probabilmente si fece stenografia dal vivo. Una menzione a parte
merita il Discorso escatologico del Martedì Santo – riportato in forme simili dai Sinottici-
che è una vera e propria Apocalisse di Gesù: sono descritte con precisione le circostanze
della fine della Vecchia Alleanza, e da esse si trapassa a vaticinare le circostanze della Fine
del Mondo, annunziando i temi tipici sull’argomento propri del Cristianesimo. In esso Gesù
si manifesta quale Giudice dei Vivi e dei Morti, preannunziando che terrà il Giudizio Finale.
Anche questo discorso fu probabilmente stenografato.
Gesù compì la Sua missione viaggiando continuamente, in tre anni 62. Percorse tutta la
Palestina, si spinse fino in Transgiordania e Libano, salì almeno tre volte a Gerusalemme;
ebbe residenza temporanea in quel di Cafarnao durante il Suo ministero galilaico, ma il Suo
Cuore fu sempre rivolto alla Città Santa, dove predicò spesso nel Tempio. Si rivolse
essenzialmente ai Giudei, pur non mancando pochissimi ma significativi incontri con pagani
e samaritani. Fu circondato da un piccolo gruppo strutturato, comprendente anche alcune
donne, consanguinei e discepoli di ogni estrazione sociale. Ebbe relazioni intense ma
polemiche con i gruppi religiosi ortodossi come i Farisei e con il clero aronitico, legato alla
setta dei Sadducei, ma non mancano nei Vangeli prove di riferimenti ad usi e costumi degli
altri gruppi religiosi giudaici contemporanei, come per esempio Erodiani, Esseni e altri
seguaci di messianismi sovraumani, ma anche Zeloti e Davidici. La routine della
predicazione, durata un triennio, fu interrotta da Gesù con la Trasfigurazione, sul Monte
Tabor63, in cui Egli mostrò quello che avrebbe dovuto essere il Suo aspetto glorioso ai Suoi
tre Apostoli più intimi. In tale mistero, Gesù si manifesta come Regno di Dio vivente, come
Egli stesso ebbe a dire otto giorni prima: “Alcuni dei presenti non morranno senza aver visto
il Regno di Dio venire con potenza”. Il racconto della Trasfigurazione è in tutti e tre i
sinottici.
La vita pubblica di Gesù tocca il suo apice con l’Ingresso Trionfale in Gerusalemme,
attraverso la Porta Bella o Dorata, nella nostra Domenica delle Palme, nel 30, a pochi giorni
dalla morte64. Da Betfage presso Betania, dove aveva un congruo numero di seguaci, Gesù
percorre la strada che porta al Tempio, vi entra ed è acclamato Figlio di David e Messia. Ma
la gloria terrena, pur essendo necessaria per il pubblico riconoscimento della missione di
Gesù, non è il suo scopo. Infatti in quei momenti il Sinedrio 65 - all’epoca presieduto da
Giuseppe Caifa (18-36), uomo di paglia dei Romani - già ordiva la sinistra trama che
doveva causare la morte di Gesù. Il Sinedrio infatti temeva di perdere la sua influenza
religiosa sul popolo e adduceva come pretesto per un intervento contro Gesù il timore di un
tumulto politico in suo favore con conseguente intervento dei Romani.
60
Celebre Istituto di Studi sul Gesù Storico, legato alla cosiddetta Nuova Ricerca (New Quest), che faceva votare i suoi
membri su ciascuna delle frasi evangeliche attribuite a Cristo, per giudicare se erano state realmente pronunziate da Lui,
o se lo erano solo probabilmente, o non lo erano affatto.
61
L’uno e l’altro termine vanno intesi nel senso più ampio, e radunano al loro interno moltissimi tipi e temi letterari.
62
I luoghi visitati hanno, come al solito, tutti le loro memorie archeologiche.
63
Ancora oggi sul Monte vi è una Chiesa dedicata all’evento.
64
Secondo il nostro calendario solare e gregoriano, Gesù entrò a Gerusalemme il 2 aprile, domenica; celebrò la Cena
giovedì 6; fu ucciso venerdì 7; risorse domenica 9; ascese giovedì 18 maggio; mandò il Suo Spirito il 28 dello stesso
mese.
65
Ossia l’organo di autogoverno religioso dei Giudei, comprendente i Sacerdoti e gli Scribi -i maestri laici della Legge.
La fine di Gesù è il cuore del Suo mistero. Non temuta, anzi cercata, quasi provocata
umanamente, essa è lo scopo della Vita di Cristo, venuto a redimere, con infinità di dolore,
gli uomini tutti. In tale fine si mostra l’Amore e il Potere di Cristo. L’amore, perché nessuno
ha un amore più grande di chi dà la vita per i propri amici, e gli amici di Cristo siamo noi,
divenuti tali proprio per il Sangue versato fino all’ultima goccia dalle Piaghe squarciate
orrendamente sul Suo Corpo umano. Il potere, perché nessuno poteva toglierGli la Vita, ma
Lui la diede da Sé, dominando il dolore coll’assoggettarvisi, e salvando l’uomo dal male.
Nella Passione e Morte infatti il Corpo è offerto in sacrificio, il Sangue è versato in
remissione dei peccati per la Nuova Alleanza Eterna. Infine nella Resurrezione Gesù mostra
pienamente la Sua Personalità divina, perché da solo riprende l’Umanità, solo
temporaneamente imprigionata dalla morte, ma non lambita da corruzione. Il grande mistero
della Passione è voluto da Dio Padre, Figlio e Spirito; la malvagità umana ne è lo strumento,
ma essa non raggiunge lo scopo di annullare il piano divino, ma anzi lo compie; la causa ne
è il peccato di ognuno di noi, in quanto non vi è, non vi fu né vi sarà mai alcun uomo le cui
colpe non abbiano causato la Morte di Cristo; l’influenza diabolica la ispira, ma senza
poterne cavare ciò che ordinariamente ricava dalla proliferazione di morte e dolore, ossia il
peccato, anzi ottenendone un arginamento e una regressione progressiva, destinata ad essere
completa alla fine dei tempi. Tornerò prossimamente, a Dio piacendo, sul rapporto tra
Passione e Giustificazione. Ora limitiamoci a tratteggiare i contorni storici dei fatti,
armonizzando i Quattro Vangeli.
Già dal mercoledì santo Giuda Iscariota si era venduto ai Sinedriti, promettendo di
consegnare Gesù per trenta denari – come profetizzato da Geremia. Il giovedì Gesù celebrò
la Pasqua seguendo il calendario solare degli Esseni: fu l’Ultima Cena66. In essa Gesù si
mostrò consapevole di quanto stava per accadere e ne fissò il senso: istituendo l’Eucarestia,
Egli presentò pane e vino come trasformati nel Suo Corpo e nel Suo Sangue offerti in
sacrificio per l’umanità. Conferì poi ai XII il potere di rifare il miracolo in altre Cene,
istituendo il Sacerdozio cristiano su misura del proprio, superiore a quello aronitico.
Compiuta la Cena e lavati i piedi ai XII in segno di umiltà, mentre già Giuda Iscariota si
recava dai Sinedriti per preparare l’arresto di Gesù, Questi, dati i Suoi ultimi insegnamenti,
si avviò a notte inoltrata verso il Giardino del Gethsemani – l’Orto degli Ulivi, sul Monte
omonimo – oltre il torrente Cedron67. Qui, dove spesso si ritirava a pregare con i discepoli,
Egli visse quella che chiamiamo la Sua Agonia o Passione interiore. Avendo lasciato in
disparte i XII, portandosi dietro solo Pietro, Giacomo e Giovanni, che però si
addormentarono, allontanandosi da loro quanto un tiro di sasso, in ginocchio Gesù chiese
per tre volte al Padre di essere liberato dal sacrificio imminente, rimettendosi però sempre al
Suo Volere. Dinanzi alla mostruosità delle pene che l’attendevano e alla considerazione
dell’orrore delle colpe di tutti gli uomini che Gli si fecero presenti in spirito, perché potesse
detestarle Lui in vece dei peccatori, l’Uomo Gesù provò uno sgomentato terrore e un
angoscioso disgusto. La paura Lo assalì, nell’abbandono in cui tutti, compresi i fedelissimi,
lo avevano lasciato, ignari dell’imminente pericolo e dimentichi del Suo invito a pregare
con Lui. Lo stato di sofferenza fu tale da provocare, in proporzioni non naturali, il tremendo
fenomeno della Sudorazione di Sangue68. Persino un Angelo scese dal Cielo a confortarlo.
Vinta la battaglia con Sé stesso e avendo sposato la causa dell’immolazione per i peccatori a
66
Il Cenacolo ancora oggi è sostanzialmente intatto. Che Gesù abbia seguito il calendario esseno lo dimostrano studi
recenti. Una loro sintesi è disponibile sul citato sito www.christianismus.it. Sugli aspetti teologici della Cena, come il
rimaneggiamento del concetto di sacrificio e di sacerdozio in relazione al messianismo di Gesù, qualcosa ho scritto
anch’io nei contributi citati. Rimando ad essi per completezza di analisi.
67
Ancora oggi sul luogo sorge la Basilica dell’Agonia.
dispetto della bruttezza del male, dell’ingratitudine umana e della Sua innocenza
immeritevole di pena, Gesù raggiunge i tre dormienti e li desta, preparandoli all’arrivo del
traditore. Questi, l’Iscariota, si accostò a Gesù per baciarlo: il segnale convenuto per
indicare alle guardie che l’accompagnavano chi arrestare. Queste, seguite dagli altri
discepoli di Gesù, attirati dal loro arrivo, Gli si fecero innanzi. Gesù, Signore degli eventi
anche in queste drammatiche circostanze, chiese loro chi cercassero, si palesò loro e si offrì
all’arresto, chiedendo l’immunità per i discepoli, secondo quanto previsto dai profeti.
Scandendo innanzi alle guardie il Nome Biblico- Io Sono – per affermare la Sua identità,
Gesù ne provoca il momentaneo arretramento e la caduta. Incattivite dal prodigio, le guardie
tornano alla carica e Lo arrestano, di soppiatto, come se fosse un brigante. Gesù proibì
tuttavia ai XII di impugnare le armi per salvarlo; costoro allora, pronti a combattere ma non
a consegnarsi ai nemici, abbandonatolo, fuggirono. Solo Giovanni e Pietro lo seguono, da
lontano.
Gesù è trascinato nella parte alta di Gerusalemme, nei quartieri buoni. Qui avevano casa i
capi della congiura. Gesù fu tradotto innanzi al tribunale personale dell’ex sommo
sacerdote Anna (6-15), deposto dal procuratore Valerio Grato (15-26), ma ancora molto
influente. Qui subì i primi oltraggi, secondo il Quarto Vangelo. Nel frattempo Giovanni e
Pietro lo attendevano nel cortile della casa del sommo sacerdote Caifa, dove erano potuti
entrare perché il primo conosceva l’alto prelato 69. Attendevano l’esito del processo
imminente. E’ qui che Pietro, preso dal panico, riconosciuto dai servi di Caifa, dichiara per
tre volte di non conoscere Gesù, come registrano tutti i Vangeli. Quest’ultimo, tradotto in
vincoli presso il tribunale, fece in tempo a sentire il rinnegamento del suo Apostolo, come
nota Luca. E mentre Pietro si allontanava in lacrime , Gesù fu introdotto in casa, dove si era
riunito tutto il Sinedrio. La procedura era affrettata, volendo i sacerdoti condannarlo al più
presto per un reato capitale. Le accuse furono false e contraddittorie, e l’andamento caotico
dell’istruttoria dipese dal fatto che di notte non si poteva processare nessuno. Gesù tacque,
fino a quando Caifa, dopo averLo inutilmente invitato a discolparsi, Gli chiese formalmente:
“Sei Tu il Cristo, il Figlio di Dio Benedetto?”. A quel punto, come ho detto, Gesù rompe il
segreto messianico e si manifesta al Sommo Sacerdote: “Io lo Sono! E vedrete il Figlio
dell’Uomo, seduto alla destra della Potenza, venire con le nubi del Cielo!”. Matteo e Marco
tramandano questo essenziale interrogatorio e il suo esito: avendo fatto la domanda per
incastrare Gesù – a dimostrazione della sua malafede – Caifa potè accusarLo di bestemmia e
il Sinedrio decretò la Sua morte. Subito i giudici cominciarono ad insultare, schernire,
percuotere e sputare su Gesù. Questi, in attesa della ripetizione formale della sentenza al
mattino, rimase nelle mani dei servi del sommo sacerdote, che continuarono ad infierire su
di lui, come c’informa Luca. E’ sempre il Terzo Evangelista a riferirci come all’alba il
Sinedrio, in seduta legale, rifece l’interrogatorio – ormai per formalità- ma senza che Gesù
si sottraesse ad una nuova ammissione: “Se Tu sei il Cristo diccelo!”- fu la domanda;
“Anche se ve lo dico non Mi crederete…ma da questo momento starà il Figlio dell’Uomo
seduto alla destra della Potenza di Dio” – fu la risposta; nuovamente Gli chiesero: “Tu
dunque sei il Figlio di Dio?”, e Gesù disse loro: “Lo dite voi stessi: Io lo Sono.” Gesù
sapeva che la dichiarazione d’identità l’avrebbe ucciso, ma sapeva anche che Egli, in qualità
di Messia atteso, doveva svelarsi proprio innanzi a coloro che custodivano la promessa,
68
La fuoriuscita del sangue dai pori o dal canale lacrimale è molto più dolorosa del deflusso dalle ferite. Lo attestano i
mistici che hanno avuto il medesimo fenomeno.
69
Molto probabilmente la casa si trovava sotto l’attuale Chiesa di San Pietro in Gallicantu, anche se non mancano altri
siti identificabili con essa, nella Città Alta, in corrispondenza di una chiesa armena. La casa di Anna è invece da
collocarsi nei pressi del Monastero dell’Olivo delle Monache Armene e della Cappella annessa.
anche se essi erano ostili. Il momento più solenne della Sua Vita pubblica è anche quello più
drammatico.
Allora Gesù, incatenato, fu condotto dalla casa di Caifa al Pretorio, innanzi al procuratore
Ponzio Pilato (26-36), uomo noto per le maniere spicce con cui trattava i sediziosi politici 70.
Fu per tale ragione che il Sinedrio presentò il caso di Gesù in chiave politica 71. Era la vigilia
della Pasqua, che al Tempio si calcolava col calendario lunare. Gesù, come nota Giovanni
che segue questo calendario, appare proprio come l’Agnello immolato. Secondo il racconto
dei Vangeli, Pilato andò incontro ai Sinedriti, udì che accusavano Gesù di sedizione, Lo
portò dentro con sé e dall’interrogatorio, a cui Gesù rispose a Suo modo, solenne e libero,
capì che nulla vi era di politico in quel caso. Saputo dai Sacerdoti che era galileo,
approfittando della presenza in Gerusalemme di Erode Antipa, gli inviò Gesù perché lo
processasse lui, come attesta Luca72. Anche il tetrarca, che insultò e schernì Gesù, non trovò
in Lui nulla di colpevole e lo rimandò a Pilato. Questi riprese l’istruttoria e rimase colpito
dalla personalità del Prigioniero. I brevi dialoghi sono registrati dal Vangelo di Giovanni,
perché probabilmente il giovane evangelista seguì il Maestro per tutto il processo. Ma
l’insistenza del Sinedrio spinse Pilato ad una soluzione di compromesso: egli ordinò la
Flagellazione di Gesù, per poi poterLo rilasciare. I soldati romani dell’intera coorte, che si
accanirono ferocemente sul Prigioniero per la Sua impassibilità 73, lo sottoposero poi al
supplizio della Coronazione di Spine74 e ad una serie di ulteriori tormenti come scherno
della Sua Regalità: Gesù fu schiaffeggiato, sputato, percosso, graffiato, insultato, schernito,
deriso; già denudato per la Flagellazione, fu rivestito di un mantello di porpora con una
canna come scettro. Di questi supplizi Matteo, Marco e Giovanni ci danno tremende
descrizioni.
A quell’ora, in virtù di una vecchia usanza, il popolo di Gerusalemme si accalcava presso il
Pretorio per chiedere il rilascio di un prigioniero, come attestano tutti i Vangeli. Pilato
mostrò alla folla Gesù, così come i soldati l’avevano ridotto e travestito (il famoso Ecce
Homo, narrato in dettagli da Giovanni)75; sperava infatti che il popolo lo liberasse. Ma esso,
sobillato dal clero, chiese il rilascio di un noto sedizioso, Barabba. Tutti i Vangeli lo
registrano con muto orrore. Per tre volte Pilato tentò di persuadere la folla, a causa
dell’innocenza di Gesù – alla quale lo aveva sensibilizzato anche la moglie, per un sogno
che aveva fatto, riportato da Matteo – ma inutilmente. Allora, lavandosi le mani
pubblicamente per significare il suo dissenso, il Procuratore decretò la morte dell’Innocente.
Inserito frettolosamente nella schiera dei condannati alla crocifissione, rivestito con i Suoi
70
Gesù fu condotto nel Pretorio. La sua collocazione tradizionale è la Torre Antonia presso il Tempio. Qui ancora si
trovano le Cappelle della Flagellazione e della Condanna, oltre che la Prigione di Cristo. Ma qualcuno sostiene che
Pilato risiedesse nel vecchio Palazzo di Erode.
71
In quelle ore avviene anche la drammatica fine del traditore. Pentitosi per l’esito capitale del processo giudaico,
l’Iscariota restituì le monete ai Sacerdoti, e si suicidò precipitandosi in un dirupo, come attestano gli Atti degli Apostoli.
Matteo parla di un generico suicidio, definito impiccagione, impropria traduzione greca del termine ebraico indicante
una morte violenta.
72
Erode alloggiava nel Palazzo degli Asmonei.
73
La Flagellazione era un supplizio orrendo. I Romani infliggevano centinaia di colpi, con fruste sempre più pesanti,
capaci d’infliggere ferite plurime e di lacerare le carni, mediante colpi vibrati con energia e con un criterio anatomico
preciso. Tutto il lato posteriore, dal collo ai piedi, era coinvolto, e le percosse debordavano ai fianchi e sugli organi
genitali. La Vittima fu legata ad una colonna, in nudità completa. Tale supplizio in genere serviva a preparare alla
crocifissione. Il crudele supplizio fu profetizzato da Isaia.
74
La Coronazione avvenne secondo la parodia del rituale orientale, per cui fu intrecciata una mitra, ossia una corona
che copriva tutta la testa, dalla fronte all’occipite, da tempia a tempia, e fu conficcata con una canna. La corona non fu
più tolta, neanche sulla Croce. L’atroce supplizio, assieme agli altri scherni, fu l’amplificazione di una procedura di
demolizione fisica e morale che i Romani riservavano ai condannati per aver ambito alla corona.
75
L’Arco dell’Ecce Homo è ancora visibile presso la Fortezza Antonia, con la Chiesetta annessa.
abiti sulle carni rese incandescenti dalle ferite, Gesù fu caricato del Suo patibolo: una Croce
completa dei due bracci, in quanto quello verticale non era stato annoverato tra quelli già
piantati per i due criminali che dovevano morire. Gesù dovette così portare un peso enorme.
Esso gli procurò una ferita nella spalla destra, profonda tre dita, che scoprì tre ossa 76. Lungo
la strada tra il Pretorio e il luogo extraurbano della Crocifissione, il colle Calvario – in
ebraico Golgotha- Gesù percorse quella che è appunto chiamata la Via Crucis77. Cadde
tradizionalmente almeno tre volte procurandosi ferite e lacerazioni su tutto il lato anteriore 78,
ebbe lo strazio di incontrare Sua Madre che Lo seguiva fino al supplizio, dovette essere
aiutato da Simone di Cirene a portare la Croce per arrivare vivo al luogo del martirio,
ricevette il breve conforto di una donna che Gli asciugò il volto 79, ammonì le Donne che
piangevano ritualmente su di Lui a pentirsi delle loro colpe, nelle quali Egli ravvisò la causa
del Suo soffrire, fedele, sino all’ultimo, alla Sua vocazione di Redentore e citando
appositamente le Scritture. Il breve racconto del viaggio del Condannato, fatto da tutti gli
Evangelisti, è arricchito di episodi da Luca e dalla tradizione. Esso terminò con l’arrivo al
Calvario per il supplizio80.
Qui Gesù, dopo aver rifiutato l’anestetico che spettava ai condannati (come previsto dai
Profeti), spogliato nuovamente e definitivamente delle Sue vesti, fu disteso sulla Croce e
orribilmente inchiodato. I chiodi trapassarono la base delle mani e la sommità dei piedi; il
braccio destro fu tirato violentemente per accomodarlo ai punti fissati per l’inchiodamento e
ne fu slogato, per cui rimase in quella trazione scomposta fino alla Sua morte. Le braccia
furono stirate e fissate in modo tale che il Condannato non potesse restringere e dilatare la
cassa toracica in un normale movimento respiratorio; i piedi furono fissati in modo da tenere
flesse le ginocchia e appoggiate le piante ad un supporto, così da far leva su entrambe,
innalzarsi oltre il punto di stiratura del torace e poter respirare, a prezzo di un indicibile
dolore ai piedi stessi. I chiodi delle mani incidevano senza recidere un nervo che percorreva
il braccio e il polso, fino alle mani stesse, provocando dolore e la paralisi del polso 81. Il
Corpo, così orrendamente e precisamente infisso alla Croce, fu poi issato in posizione
verticale. Durante lo strazio, Gesù non si stancava di ripetere: “Padre, perdona loro, perché
non sanno quello che fanno”82. Era circa l’ora sesta83. Sul capo di Gesù, crocifisso –
76
Di questa ferita si ha riscontro nelle reliquie della Passione, ed è la logica conseguenza dello sforzo abnorme
compiuto con il trasporto della Croce. Essa fu rivelata da Gesù stesso a San Bernardo. A causa dell’articolazione, fu
terribilmente dolorosa.
77
Il percorso è noto e ancora fattibile. E’ costellato di edicole delle stazioni e di Cappelle, tra cui quella di Nostra
Signora dello Spasmo, quella di Santa Veronica, nonché il Patriarcato etiopico col monastero annesso e quelli Copti, più
la Chiesa luterana del Redentore.
78
Le ferite che ebbe Gesù in tutta la Sua Passione sono state quantificate nella spaventosa cifra di
cinquemilaquattrocentoottanta.
79
L’antica reliquia della Veronica, che probabilmente è da identificarsi con il Volto Santo di Manoppello, è come la
Sindone un testimone muto ed eloquente della Passione. Maggiore è l’accanimento scientifico per spiegarle, maggiore è
la soglia del mistero che ci tocca accettare.
80
I fatti della Passione sono legati, come tutta la Vita di Gesù, al compimento delle profezie dell’AT. Isaia nei Canti del
Servo, Geremia nelle Lamentazioni, Davide nei Salmi – specie il XXII – preconizzarono moltissimi dettagli dei supplizi
di Gesù. L’accanimento dei giudici, il tradimento di Giuda, la congiura, le violenze, le piaghe, i fori nelle mani e nei
piedi, l’arsura sul patibolo, il senso di soffocamento, il cuore che cede, la sepoltura in una tomba di lusso: leggendo certi
brani dell’AT sembra di scorrere dei resoconti oculari, ma sono testi poetici di almeno mezzo millennio prima.
Giovanni è il più attento a segnalare le profezie, ma nessun Vangelo lo fa con tutte, e nemmeno tutto il NT basta in
quest’impresa.
81
Sono queste le orrende modalità di tutte le crocifissioni.
82
La prima delle Sette Parole di Gesù sulla Croce ci è tramandata da Luca. Egli ci tramanda anche la seconda e la
settima.
83
La scansione cronologica della giornata è particolare. Innanzi tutto le ore corrispondevano a tre delle nostre: la terza
andava dalle nove alle dodici, la sesta dalle dodici alle quindici, la nona dalle quindici alle diciotto. In ogni caso, la
ennesimo oltraggio – tra due ladroni, Pilato fece apporre la profetica motivazione: “Gesù il
Nazareno, il Re dei Giudei”; ai Suoi piedi i soldati romani Gli facevano la guardia,
dividendosi le Sue vesti; attorno a Lui i sacerdoti e il popolo che, assieme alle stesse
guardie, si accanivano a deriderLo e ad insultarLo, adempiendo, anche in questo, le
Scritture. Anche uno dei ladroni crocifissi Lo insultava, mentre l’altro lo difendeva: a questi
Gesù, con sublime bontà disse: “In verità ti dico: oggi tu sarai con Me in paradiso.” Tutti i
discepoli Lo avevano abbandonato, e i parenti; le uniche eccezioni erano Giovanni, la zia,
Maria di Cleofa, Maria di Magdala e la Madre, in un oceano di dolore. A Lei Gesù riserva
un toccante pensiero, affidandola a Giovanni: “Donna, ecco tuo figlio.”, e affidando questi a
Lei: “Ecco la tua madre.” Maria infatti è strettamente unita al dolore espiativo del Suo
Unigenito.
Dopo alcune ore in cui il Condannato stette immerso nei dolori, cosparso ovunque di
Piaghe, grondante Sangue sino allo sfinimento, sempre in bilico sull’orlo dell’asfissia, ecco
che anche il Creato, inorridito dal deicidio, si velò di tenebre 84. All’ora nona, Gesù, citando
le Scritture per esprimere il Suo immenso dolore, ma anche la Sua perseveranza nella
missione, gridò con voce forte, in aramaico: “Dio Mio, Dio Mio, perché Mi hai
abbandonato?”, che è il versetto incipitario del Salmo 22, in cui sono profetizzate le Sue
sofferenze85. Fu un momento di acutissimo dolore e profonda angoscia: sebbene non
cessasse l’Unione Ipostatica né la visione intuitiva dell’Essenza divina e delle Sussistenze
del Padre e dello Spirito, nella Persona di Gesù era pienamente sospesa l’unione di
protezione, per cui la Divinità preservava l’Umanità dalle sofferenze, morali e fisiche, non
necessarie. In questo estremo frangente, Gesù, in quanto Uomo, le prova tutte, oltre ogni
umana comprensione e sopportazione: il Padre stesso perciò Gli appare irrimediabilmente
lontano, se non ostile. Alle guardie, che volevano aiutarLo per vedere se giungesse Elia a
liberarlo dalla Croce86, Gesù disse: “Ho sete.”, ricevendo una spugna imbevuta di aceto sulla
sommità di una canna87. Era l’adempimento delle ultime Scritture, ma anche la prima
richiesta di aiuto di Gesù. L’unica cosa che poteva dissetarLo era però la salvezza delle
anime. Dopo ciò, potè dire: “Tutto è compiuto”, perché realmente la Sua missione, così
com’era stata profetizzata, era terminata88. E così, con un’ultima citazione biblica,
compiendo l’estremo atto di misericordia, quel Gesù al quale nessuno poteva togliere la vita,
che invece Lui stesso donava, in quanto Persona divina, rese lo Spirito esclamando: “Padre,
nelle Tue mani consegno il Mio Spirito”. Ciò detto, morì. Fu presumibilmente un infarto,
favorito dall’asfissia, dall’emorragia e dalle sofferenze tremende. Così, con tale atroce
sequenza temporale può essere così ricostruita: Ultima Cena, dalle 19 alle 21 del giovedì; Agonia, dalle 22 alle 23;
Arresto, dalle 23 alle 24; Processi innanzi a Anna e Caifa, dall’1 alle 3 di Venerdì; reclusione, dalle 4 alle 5; Processo
del Sinedrio, di Pilato, di Erode, dalle 6 alle 8; Flagellazione, Coronazione di Spine, Ecce Homo, Via Crucis dalle 8 alle
9; Crocifissione e supplizio in Croce, dalle 9 alle 15; Morte, alle 15; Deposizione e Sepoltura, entro le 17; Resurrezione,
prima dell’alba della Domenica.
84
La storicità dell’evento, a cui è connesso il sisma, replicatosi anche la Domenica, non è in discussione. E’ attestata
dall’antica Cronaca samaritana di Thallus, edita a Roma negli anni 60 del I sec., in cui l’Autore polemizza con i cristiani
proprio sulla natura di questo fenomeno.
85
Questa parola è infatti tramandata da Matteo e Marco.
86
La credenza popolare era che il Profeta liberasse i condannati a morte. L’equivoco insorse perché la forma aramaico-
ebraica (Eloì Eloì lemà sabactàni, o anche Elì Elì ecc.) fu fraintesa dai soldati romani, che confusero il termine “Dio”
col nome “Elia”.
87
L’esplicita richiesta di Gesù è riportata da Giovanni. Matteo e Marco attestano una malevola volontà delle guardie di
dissetarlo con aceto, forse offertogli più volte. Luca invece, senza citare la frase, lega l’aceto al fraintendimento del
nome Eloì. Tutti i sinottici registrano che le guardie intesero che Gesù chiamasse Elia.
88
Così registra Giovanni, in greco tetèlestai, in latino consummatum est. Orrenda la moderna traduzione liturgica: è
compiuto. Non significa nulla. Le espressioni impersonali in greco e latino vogliono, in italiano, il soggetto espresso,
tranne nelle gergali (come “è fatta”). Qualcuno corregga gli strafalcioni del nuovo lezionario, prima che sia troppo tardi.
dolore, sopportato per immenso amore, il Figlio di Dio ha espiato le colpe, grandi e piccole,
passate, presenti e future, di ognuno di noi uomini, di oggi, di ieri e di domani, battezzati o
no. E ancora la mia colpa di oggi è la causa, diretta e crudele, di tale orrendo supplizio. In
questo momento di atroce sofferenza, la Vita di Cristo, trapassando nella Morte, è unita ad
ognuna delle nostre piccole vite. Il dramma del Calvario è dunque sempre attuale, fino alla
Fine del Mondo. Il Sacrificio della Croce è apportatore di salvezza per l’eternità. Per questo
i cristiani praticano l’Adorazione della Croce, per Colui che vi fu appeso e che, tramite essa,
operò la Redenzione89.
La Morte di Gesù fu accompagnata da un terremoto. Il velo del Tempio si squarciò, segno
che la via del Cielo si era ormai riaperta. Il Corpo di Gesù rimase pendente per un po’:
qualora fosse svenuto, sarebbe morto soffocato nell’incoscienza. Per essere sicuro che Gesù
fosse realmente morto, mentre agli altri condannati furono spezzate le gambe perché
soffocassero, il soldato Longino Gli vibrò un colpo di lancia al Cuore. Dalla ferita uscì
Sangue e Acqua, perché il Sangue stesso era finito. Giovanni registra l’accaduto, che dà
sicurezza della Morte del Signore, e adempie altre, ultime profezie. Anche da morto, Gesù
veniva ancora oltraggiato, e dispensava amore. Due suoi discepoli, i sinedriti Giuseppe di
Arimatea e Nicodemo, che non avevano condiviso l’operato della cricca di Anna e Caifa,
chiesero e ottennero il permesso di deporre, imbalsamare e seppellire Gesù. Ma
l’approssimarsi del Vespro del Sabato impedì, per il riposo festivo, di completare
l’imbalsamazione. Avvolto in bende, con un lenzuolo funerario da capo a piedi, il Corpo di
Gesù fu sepolto nel vicino sepolcro di Giuseppe: una tomba sontuosa, con un vano funerario
munito di nicchia, una camera mortuaria di ingresso e una pesante pietra circolare come
chiusura. Si adempì così ancora una profezia, che seppelliva il Giusto sofferente con l’uomo
ricco90. Queste circostanze sono descritte da tutti gli Evangelisti. Il giorno dopo, il sabato
santo, la Pasqua ufficiale, i Sacerdoti chiesero a Pilato di sorvegliare il Sepolcro, per essere
sicuri che, passato il riposo, nessuno rubasse il Corpo, almeno entro il terzo giorno, e la
profezia di Gesù sulla Sua Resurrezione risultasse incompiuta91. Pilato lo concesse.
Dopo la Morte, l’Anima di Gesù continuò la Sua opera salvifica. Se dopo la Sua scomparsa
la via del Cielo era riaperta, e i giusti morti da quel momento in poi potevano accedere al
Paradiso – come il Buon Ladrone- bisognava liberare le anime di coloro che erano morti
prima, i quali avevano bisogno che il Redentore condividesse il loro stato per affrancarli,
così come aveva condiviso la morte per salvare i vivi. Gesù scese dunque nello Shèol, il
Limbo dei Padri, dove, da Adamo in poi, in una felicità naturale velata di attesa, le anime
dei Giusti attendevano la loro liberazione. Li prese e li condusse con Sé in Cielo 92.
89
Le reliquie della Croce, quelle vere, sono custodite tra Roma e Gerusalemme. Molte altre, i chiodi, le spine, i flagelli,
sono divise tra entrambe le città. Non vi sono invece reliquie autentiche del Sangue di Gesù: esso, al momento della
Resurrezione, tornò nel Corpo del Signore e ora è glorificato in Cielo. Tuttavia molte chiese sostengono di averne fiale.
90
La tomba di Gesù e il Calvario sono, con le opportune trasformazioni architettoniche, ancora oggi visibili e
riconoscibili nella Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme. L’impianto della Tomba è intatto, e i suoi ambienti
visitabili. Il Calvario è squadrato e coperto di mosaici.
91
La sorveglianza, estremo oltraggio alla memoria di Gesù, permette ancora oggi di escludere misteriose sottrazioni del
Corpo del Maestro, sia ad opera dei discepoli – che in verità non avevano alcun motivo per farlo, e che anzi erano
intimoriti da quanto accaduto, e furono perseguitati e uccisi quando iniziarono a predicare la Resurrezione – sia ad
opera dei sacerdoti e dei Romani, qualora avessero voluto evitare disordini. Se infatti avessero loro sottratto il Corpo,
una volta che si fosse diffusa la notizia della Resurrezione, avrebbero svelato il suo nascondiglio. In quanto al tempo
trascorso da Gesù nella Tomba, senza cure di sorta, si aggiunge ai motivi che danno per certa, anche in tempi di
diffidenza paranoica come la nostra, la Sua morte, mentre il peso del masso impedisce di credere in una Sua evasione
solitaria, fatta peraltro con le mani lacerate e in condizioni di estremo degrado fisico e morale. E’ una puntualizzazione
che va fatta, visto che qualcuno ha ipotizzato persino questo, per non credere che Gesù sia risuscitato.
92
Così attesta Matteo e l’Apostolo Pietro. La celebrazione di questo mistero, dogma di fede professato nel Credo, è
legata ad alcuni ambienti cultuali – il Sepolcro di Adamo, la Grotta dei Tesori – ricavati dai cristiani del I sec. nelle
Al momento stabilito, perché il Sacrificio fosse e si dimostrasse gradito, efficace e potente,
compiendo il segno di Giona, che stette tre giorni nel ventre del pesce, e volendo
manifestare al mondo la Sua inequivocabile divinità, Gesù risorse dalla morte. Il Padre
risuscitò il Figlio, mandando lo Spirito che vivificò il Corpo nuovamente, mentre l’Anima
rientrava in Esso per volere della Persona del Verbo. La Santissima Trinità operò così la
Resurrezione. Ciò avvenne senza testimoni, prima dell’alba, in un terremoto. Un angelo,
sceso dal Cielo, rotolò la pietra sepolcrale, vi si sedette sopra e tramortì le guardie
spaventandole. Probabilmente era accompagnato da un secondo Angelo. Questo racconta
Matteo. Il gruppo delle Donne discepole di Gesù, ignare dell’evento e anche del fatto che il
sepolcro fosse sorvegliato, si recarono in quei frangenti alla tomba per completare
l’imbalsamazione del Maestro. Quando esse giunsero, all’alba, le guardie erano già
rinvenute e si erano recate dai Sacerdoti per informarli dell’accaduto 93. Le Donne si
meravigliarono che il sepolcro fosse aperto. Il grosso di loro entrò in esso, mentre Maria di
Magdala si staccò dal gruppo per andare ad avvisare gli Apostoli. Le altre, entrate nella
tomba, ebbero la visione di due Angeli, che annunziarono la Resurrezione di Gesù e le
incaricarono di avvisare gli XI. Ma esse, spaventate, pur allontanandosi, non si recarono
subito dagli Apostoli, temendo di non essere credute. Così raccontano Matteo, Marco e
Luca. Nel frattempo Maria di Magdala giunse al sepolcro accompagnata da Pietro e
Giovanni, che volevano constatare se realmente il Corpo di Gesù fosse stato sottratto.
Presone atto, i due Apostoli se ne andarono. Maria invece rimase nel sepolcro, piangendo.
Ebbe anche lei la visione dei due Angeli che cercarono di confortarla e poi di Gesù stesso.
Questi, all’inizio con sembianze diverse, si fa riconoscere e la incarica di avvisare gli
Apostoli che Egli era risorto94. Maria andò, ma gli XI non le credettero. Questo è narrato da
Giovanni. E’ la prima apparizione del Risorto, anche se la tradizione attesta una precedente
epifania alla Madre stessa di Gesù. Di lì a poco anche le altre Donne ebbero una visione
del Risorto, e su Suo mandato tornarono a raccontarlo agli Apostoli, ma neanche a loro
vollero credere. Il fatto è narrato da Matteo. In ogni caso, Gesù si manifestò ai Due discepoli
di Emmaus. Questi avevano abbandonato il gruppo e si dirigevano verso quel villaggio 95. Ad
essi Gesù spiega il senso delle Scritture su di Lui, per poi manifestarsi allo spezzare del pane
e scomparire immediatamente. Anche i Due tornarono a Gerusalemme per informare gli
Apostoli, che ancora non vollero credere. Non credevano nemmeno all’apparizione
96
Lo narra Giovanni.
97
Lo descrive Matteo.
98
E’ narrato da Luca, nel Vangelo e negli Atti.
99
Il luogo dell’Ascensione è quello della Cappella dell’Ascensione, ancora oggi visibile a Gerusalemme.
100
E’ descritto negli Atti.
101
Le apparizioni sono enumerate da Paolo nella Seconda Lettera ai Corinzi. La sua conversione è data negli Atti.