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TF2122 CRISTOLOGIA FONDAMENTALE E ANTROPOLOGIA

TEOLOGICA: PROSPETTIVE CONTEMPORANEE (A.A. 2023/2024)


Obiettivi: Approfondire, partendo dall’approccio biblico-dogmatico, il rapporto tra
cristologia e antropologia per vedere in che modo la cristologia è «l’inizio e la fine
dell’antropologia» (Rahner).
Contenuti: La domanda, «E voi chi dite che io sia?» (Mc 8, 29), continua a sfidare
l’uomo soprattutto il credente di oggi come lo fece anche nel passato. Allo stesso
tempo, nella ricerca teologica, non si può prescindere dalla domanda: cos’è l’uomo?
( GS 10). Queste due domande si incrociano nella persona di Gesù Cristo. Non a caso
la chiesa ci insegna che solo nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero
dell’uomo ( GS 22). In questa prospettiva bisogna ulteriormente rispondere alla
domanda anselmiana, Cur Deus homo?, in un mondo contemporaneo.
La cristologia fondamentale continua a impegnarsi ad avere una migliore
comprensione della persona di Cristo: «Chi è dunque costui?» (Mc 4, 41) - la
comprensione che include la ricerca sul Gesù storico. Allo stesso tempo
l’antropologia teologica, che svolge la funzione di teologia fondamentale, assume in
se stessa i diversi orientamenti di ricerca antropologico-teologica per la dimensione
religiosa dell’esistenza umana.
Bibliografia
Brown, R., Introduzione alla cristologia del Nuovo Testamento, Queriniana, Brescia
1995; Kasper, W., Gesù il Cristo, Queriniana, Brescia 2004; Rahner, K., Corso
fondamentale sulla fede: introduzione al concetto di cristianesimo, Ed. Paoline,
Cinisello Balsamo 1990; Wright, N., Gesù di Nazaret: sfide e provocazioni,
Claudiana, Torino 2003; Xavier, J., «Theological Anthropology of Gaudium et Spes
and Fundamental Theology», in Gregorianum 91/1(2010) 124-136.

Introduzione
Corso: «Partendo dall’approccio biblico dogmatico ilcorso intende approfondire il
rapporto tra cristologia e antropologia per vedere in che modo la cristologia è
‘l’inizio e la fine dell’antropologia’».
Cerchiamo di ottenere una migliore comprensione della persona di Gesù, questo il
compito della cristologia fondamentale. La teologia non può trascurare la domanda
“Chi è Gesù?”. Ma allo stesso tempo “Chi è l’uomo”. Il corso si propone di capire chi
è l’uomo attraverso il conoscere chi è Dio e perché si è fatto uomo, “Perché Dio si è
fatto uomo (Cur Deus homo?).

Ciò che è fondamentale per la fede cristiana è la professione di fede: “Gesù è il


Cristo”. L’affermazione minima della fede cristiana ovunque si professi la fede, è
sempre presente, e dove c’è questa affermazione c’è la fede. Non esiste mai la fede
cristiana quando si mette in dubbio questo domanda. La cristologia è il centro della
teologia cristiana, costituisce il cuore di ogni teologia cristiana, perché segna il punto
iniziale di ogni riflessione critica della fede, ed il punto finale allo stesso tempo, come
esperienza di contemplazione e adorazione. Anche se la cristologia non esaurisce il
mistero di Dio, la cristologia punta a questo: conosciamo Dio attraverso ciò che
conosciamo di Cristo. Il cristocentrismo non si oppone al teocentrismo: nel suo
essere, nel suo volto umano, noi entriamo in contatto con Dio stesso; un mondo unico

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in cui divinità e umanità si sono unite. Gesù non occupa un posto intermediario tra
Dio e uomo, Egli è mediatore, in cui le entrambe le estremità sono definitivamente
congiunte perché Cristo è personalmente l’uno e l’altro.

Chi è Gesù di Nazareth? Un profeta che rivela la volontà di Dio? Più di un profeta.
Un salvatore che porta la salvezza desiderata? Ma cosa è la salvezza in questo senso?
Cosa fa e con quali interrogativi ci possiamo accostare alla sua persona? Spesso, come
dice Moltmann “quando si formulano domande superficiali, si ottengono
generalmente le risposte che si vogliono dare”. La domanda su cui è Costui, genera
diverse risposte imparate dalla teologia. I cristiani e i non cristiani portano ad una
immagine di Gesù che porta a soddisfare i propri desideri: nella storia lo hanno
umanizzato e poi divinizzato, negando le precedenti divinizzazioni. Si pensi alle
eresie cristologiche. Spesso egli divenne sinonimo di quell’autorità e gloria divine a
cui gli uomini aspiravano, frutto di illusioni e di immaginazione creativa. Gesù
spesso ha assunto i tratti di una nuova umanità, che combatte le ingiustizie sociali, o
un super uomo. Sorge la domanda su chi fu veramente e che significato ha ai nostri
giorni? Noi lo conosciamo veramente?

Fin dagli inizi della fede cristiana Gesù fu posto in questione prima tra i cristiani e
giudei, sulla sua resurrezione e istituzione a messia. Con i pagani sulla resurrezione.
Nella modernità sulla sua umanità e impeccabilità. Gesù è sempre una persona
controversa, mal interpretato secondo gli interessi, volendolo rinchiudere in un
quadro di modelli prestabiliti, al fine di diminuire il messaggio cristiano. Tanti si
sono auto-investiti da decodificatori. Gesù diviene un tema spesso nel discorso tra la
liberazione dell’uomo e la giustizia: si finisce in una gesuologia. La gesualogia vede
Gesù come uomo straordinario, niente a che fare con il divino, la cristologia diviene
antropologia sociologica e non teologica. D’altro lato si prospetta un Gesù che non ha
a che fare con l’umanità, una sorta di docetismo: il corpo di Gesù era solo una forma
apparente senza la sostanza della carne. Si riduce così la cristologia ad una mitologia.
Il primo gruppo riduce Gesù a superman, qui è una figura mitologica. Così il
cristianesimo diviene una delle tante religioni, Gesù figura mitologica e religiosa. Si
ricorda che la fede cristiana sta e cade nel fatto che in Gesù c’è vero uomo e vero Dio,
non è una figura mitica né un superman.

La gesuologia e la cristologia docetica non coincidono con la vera fede cristiana. Ne


deriva un compito per la teologia cristiana. Deve illustrare la profonda motivazione e
giustificazione della cristologia nella storia e nella persona di Gesù, cosa vuol dire
che egli è il Cristo di Dio. Questo problema deriva dalla fede stessa, quando è vissuta
emerge dall’intelligenza della fede cristiana. Questa indagine cristologia è fides
quaerens intellectum, cioè la fede chiede al comprensione. Il primo compito della
cristologia è quella della verificazione critica della fede cristiana nella persona di
Gesù. Esiste una verificazione critica della fede cristiana per il presente e per il futuro
dell’umanità. La centralità di Cristo per la fede cristiana ci fa domandare: Chi è Gesù
di Nazareth?

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La domanda non è nuova, Mc 4,41 “Chi è costui?”. È Gesù stesso che fa questa
domanda “Chi dite che io sia?”. Una domanda che viene dopo anni che viveva con i
discepoli. Pietro disse “Tu sei il Cristo, Figlio del Dio Vivente” (Mt 16,18). La risposta
di Pietro può essere considerata come la prima affermazione cristologia, che poi
sarebbe nata nella Pasqua. La risposta di Pietro davanti ai giudei At 2,36 corrisponde
alla prima professione di fede post pasquale “Sappia dunque con certezza tutta la
casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete
crocifisso”. Cristo, il Signore, il Figlio di Dio, sono i tre titoli che costituiscono il
nucleo della prima fede cristologica e indicano il posto che ha occupato dagli della
professione della fede cristiana.

Dagli Atti sappiamo che Gesù è proclamato “l’adempimento” delle profezie


messianiche, il salvatore escatologico. Dopo la Pasqua, come si vede nella Bibbia, si
comincia a chiedere chi è Gesù e che continuità c’è con la tradizione biblica. Questa
coscienza si è talmente affermata nel cristianesimo che si è passati da “Gesù è il
Cristo”, cioè compimento dell’attesa, diventa “Gesù Cristo”. Ben presto i seguaci di
Gesù di Nazareth vengono chiamati cristiani At 11,26”. Il punto centrale di ogni
affermazione è “Gesù” e “il Cristo”. Ogni cristologia dovrà esplicitare i due poli del
suo discorso “Gesù + il Cristo”. Uno studio sull’identità di Gesù senza un riferimento
all’uomo non ha senso.

Quindi l’antropologia teologia fa ricerca dell’identità di Gesù in rapporto con


l’umanità. In altre parole: “Cosa vuol dire l’incarnazione?” Cur Deus homo? – Perché
Dio si è fatto uomo? Nella prima parte vediamo chi è Gesù Cristo, e nella seconda
parte vediamo perché Gesù Cristo. Era necessario per la salvezza dell’umanità? In
che modo quest’uomo ha un rapporto con tutta l’umanità? Altrimenti la cristologia
rimane carente. Se Cristo in qualità di Mediatore è al centro del piano divino
sull’umanità, perché Dio stesso lo ha posto nel suo disegno eterno? E perché Lui e
non Buddà? Gesù è il canale tramite il quale Dio si abbassa a uomo e l’uomo si
innalza a Dio, Egli è la via in cui Dio si rivela personalmente all’uomo. La cristologia
fondamentale quindi fa indagine sull’essenza dell’uomo. Quando si indaga sul
rapporto tra Cristo e l’uomo, bisogna anche capire chi è veramente l’uomo. Così la
cristologia diventa antropologia teologica, come è stato espresso dalla Costituzione
pastorale Gaudium et Spes: «In realtà solamente nel mistero del Verbo Incarnato
trova vera luce il mistero dell’uomo. Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di
quello futuro e cioè di Cristo Signore. Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio
rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo
all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione» (GS 22).

La cristologia non si ferma nell’ontologia cristologica, ma porta anche all’uomo. In


che modo la cristologia dogmatica porta all’uomo. Non solo chi è Gesù Cristo, ma chi
è Lui per me e per noi. La domanda “chi è l’uomo” è ugualmente importante.
In cristologia fondamentale le due domande si incontrano. Si arriva a dire “l’uomo è
più che l’uomo” cioè è chiamato a trascendersi. In Gesù Cristo l’uomo trascende se
stesso in Dio, per mezzo dell’abbassarsi di Dio nella condizione umana.
L’incarnazione del Figlio di Dio stabilisce tra Dio e uomo un “meraviglioso scambio”

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per cui l’uomo diventa un partner di Dio, ed ogni persona sulla terra è voluta e
desiderata da Dio. Solo allora scopre il valore prezioso che ha agli occhi di Dio. «Con
l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo» (GS 22). Solo in
Gesù Cristo l’uomo trova il compimento della sua vocazione. La divinizzazione
dell’uomo, nel Dio-uomo, porta l’umanizzazione al suo apice. Pertanto nessuna
antropologia può dirsi cristiana se non ricerca il significato dell’uomo in Gesù Cristo.
L’antropologia secolare non può dare una risposta alla domanda “Chi è l’uomo”.

Il tema principale del corso è l’identità di Gesù Cristo che cerca di rispondere alle
domande fondamentali, la prima è “Chi è Costui?”. Non pretendiamo di dare una
risposta esaustiva ma cerchiamo di capire questa persona dal punto di vista
dogmatico. La cristologia fondamentale propone il significato dell’evento Cristo non
solo nel dato biblico, ma anche con quello intrinseco. Alla fine del corso concludiamo
con la seconda domanda “Perché Dio si è fatto uomo?”. Questo tema tratta il
rapporto tra cristologia e soteriologia. In questo corso cerchiamo di vedere in
maniera sistematica la globalità del Mistero di Cristo per noi oggi.

Temi
Gesù di Nazareth: «Chi è costui?» (Mc 4: 41)
1.Gesù della storia
Ricerca storica di Gesù (First QuestJesus Seminar)
2.Cristologia biblica
AT: Il Messia e il messianismo veterotestamentario
NT: Cristologia dei vangeli e cristologia paolina
3.Cristologia kerigmatica e Cristo nei dogmi
4.Cristologia e antropologia
Cristologia trascendentale
5.Cristologia cosmica: Christusevolutor
6.Cristologia e soteriologia: Christusredemptor
Perché Dio si è fatto uomo?
Cristo e peccato originale
CurDeus homo? e Agápē

Nella prima parte cerchiamo di approfondire la parte storica su Gesù, la ricerca


storica di Gesù dalla First Quest. Il secondo tema è la cristologia biblica dal punto di
vista della cristologia fondamentale, cosa la Bibbia dice di Costui, AT e NT. Poi si
passerà alla cristologia kerigmatica e dogmatica. Quindi si potrà vedere il rapporto
tra Cristologia e antropologia, in cui si segue Rahner e la sua cristologia
trascendentale in rapporto con l’antropologia. Cerchiamo di vedere la cristologia
cosmica con Teillard de Chardin, che significato ha Cristo con la teoria
dell’evoluzione. Alla fine si affronta cristologia e soteriologia, cosa vuol dire
soteriologia e redenzione. Qui affrontiamo la domanda del perché si è fatto uomo.

Si riaffronterà il concetto di peccato originale. L’ultima tema sarà l’incarnazione a cui


si risponde con il concetto di agape.

1. Gesù storico

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“Chi è costui?” (Mc 4,41) – La ricerca storica

Perché la ricerca storica?

Per comprendere la figura di Gesù da punto di vista storico:

–Chi è costui (Mc 4:41)

Si può dire che la storia è uno dei componenti dello studio per comprendere la
persona di Gesù Cristo. Non è una figura mitologica, ma una persona reale che
rimane attraente per tutti anche per gli storici. Il desiderio di vederlo e incontrarlo di
nuovo è quello che spinge a vedere la figura storia, non è un sapere astratto.

Si può raccontare la storia di Gesù da punto di vista storico? Solo analizzando la


storia, negando l’indagine positivistica sulla vita di Gesù Bultmann dice:
 «Io sono indubbiamente del parere che noi non possiamo sapere nulla
della vita e della personalità di Gesù, poiché le fonti cristiane non si sono
interessate al riguardo se non in modo molto frammentario e con taglio
leggendario, e perché non esistono altre fonti su Gesù» (Bultmann).
Altri dicono che lo studio cristiano deve confrontarsi, riferirsi continuamente alla
storia di Gesù.

Ne cristianesimo infatti la salvezza è stata data nella STORIA concreta di Cristo.


Gesù va presentato nella sua storia di 2000 anni fa, proprio perché non è un mito, un
derivato di esigenze sociologiche, o un derivato delle invenzioni della prima
comunità cristiana, ma è una persona con una storia. Al di là di ogni interpretazione
mitologica, se togliamo la storia, Gesù diventerà un mito e una figura mitologica. La
ricerca contemporanea su Gesù afferma che la narrazione della sua storia è parte
integrante dell’annuncio della fede. La ricerca storica è un tentativo di riscoprirlo
nell’ambiente storico e secolare del vangelo.

La ricerca del Gesù storico si muove su due binari:


 Gesù della storia, che indica il movimento dal presente verso il passato
mediante lo studio delle fonti che ne parlano e condotto con un buon
metodo storico.
 Il Gesù nella storia, che segue il movimento inverso, dal passato al
presente attraverso l’influsso che ha avuto all’interno della storia, per cui il
suo significato irrompe nella storia.
Le due diverse vie non si escludono però ogni via non è autosufficiente. C’è un
intreccio tra le due che cambia secondo il tempo e le culture. Nella postmodernità la
ricerca segue principalmente il Gesù della storia.

Spesso una linea metodologica agnostica, parlando solo dell’aspetto storico,


tornando nel passato e collocandolo nel suo terreno storico e religioso. Ci sono
ricerche anche di credenti che non separano il Gesù della storia con quello nella
storia. Cercano di vedere il suo significato nella storia di oggi.

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La nascita della critica storica parte dalle fonti della storia di Gesù: i Quattro vangeli.
Essi riflettono la fede della comunità, perciò non riportano sempre le parole dette
proprio da Gesù ma le intrepretano. Quattro evangelisti vedono Gesù a modo loro e
con la loro comunità. Ci sono racconti dei sinottici che non sono identici; non
riportano sempre le ipsissima verba Jesu. Quale dei vangeli offriva il ritratto più vero
di Gesù dal punto di vista storico? Quello di Lc o quello di Gv? La critica storica
cerca di ricostruire quanto Gesù ha plausibilmente detto e fatto, usando un criterio di
storicità. In questo senso la questione del Gesù storico è antica quanto lo sono i
vangeli. La ricerca storica infatti torna ai vangeli. Ci sono 4 fonti, non identiche.
Bisogna vedere la questione dell’affidabilità e credibilità dei vangeli stessi. Sono le
fonti stesse della storia di Gesù a porre il problema, non quello dell’agnostico o
comunista a voler indagare. È il credente stesso che fa questa domanda. Lo studio
moderno dei vangeli ha portato il problema in modo nuovo, essi sono sottoposti alla
critica storica per sottolineare al storicità e ricostruire la figura di Gesù. Gesù storico
non è una terminologia univoca; quella classica che deriva dalla prima ricerca
distingue le categorie:

–il Gesù storico e il Cristo kerygmatico, cioè il Gesù della storia e il Cristo della fede.

–il Gesù prepasqualee il Cristo postpasquale, questa è una seconda terminologia che
è determinata dalla rottura rappresentata dalla resurrezione. La resurrezione che
spacca la storia in due, vista come passaggio tra la vita di Gesù alla meta-storia. Ecco
perché molte storie di Gesù finiscono con la sua morte in croce.

1. La Old Quest

Le figure importanti della Old Quest (o Firt Quest) sono Reimarus, Lessing e Strauss.

Reimarus e Strauss sono riconosciuti come i due grandi iniziatori della ricerca storica.
Ma bisogna ricordare il loro contesto storico culturale. La riforma protestante
richiede un ritorno al passato biblico per criticare il presente ecclesiale. Per riformare
il presente si ricorre alle fonti evangeliche, questo processo assolutizza la Scrittura
contro la Tradizione ecclesiastica. L’accento unilaterale alla Sola Scriptura
dimenticava la tradizione, che nella chiesa trasmette una certa conoscenza vissuta
nella Chiesa. La riforma mette al centro la Croce. La premessa della ricerca moderna
è il ritorno alla storia di Gesù. Gli elementi comuni delle prima ricerca sono la fuga
dalla tradizione dogmatica per avvicinare la figura di Gesù a noi con metodi diversi.
Inoltre l’illuminismo polarizza la tenzione tra la fede e la ragione illuminata e quella
tra fede e storia.

L’Illuminismo vuole vedere tutto solo attraverso la ragione, la verità scientifica,


illuministica della ragione, voleva vedere il passato solo in conformità con la ragione.
La prima fase della ricerca storica è l’opposizione tra la dogmatica e la storia.

La prima ricerca ha inizio con la pubblicazione postuma da parte di Lessing del


settimo frammento di Reimarus “Il fine di Gesù e dei suoi discepoli” 1778, in cui egli
difende la religione razionale contro la fede ecclesiastica. La precomprensione di

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Reimarus è il razionalismo o l’illuminismo sotto l’influsso del deismo inglese, e lo
strumento è la profonda conosce accademica delle lingue orientali. Secondo
Reimarus Gesù sarebbe stato solo un agitatore politico, che andò incontro ad un
eventuale fallimento. I suoi discepoli sarebbero stati i responsabili di rilanciare il
sogno messianico di Gesù non più in senso politico ma spirituale. I discepoli
sarebbero stati degli inventori del Cristo della fede.

II lezione 11.10.23

La nascita della critica storica nasce dalla domanda quale sia tra i quattro vangeli il
più vero. La critica storica cerca di ricostruire quanto Gesù ha detto e fatto. Per
Reimarus Gesù della fede è stato inventato dai discepoli. Per Lessing Cristo esisteva
ma nasce da una fantasia, due inganni: l’inganno inconscio di Gesù di essere Cristo e
quello conseguente e intenzionale dei discepoli. Nessuno di questi personaggi nega il
Gesù storico, ma affermano che dalla persona si costruisce un mito.

David Friedrich Strauss

È una figura importante per capire la ricerca storica di Gesù. Il suo contesto è
l’illuminismo, in particolare l’idealismo e la logica e dialettica hegeliana. Strauss
vuole sostituire la storia con il mito hegeliano. Per lui il racconto della storia di Gesù
rappresenta ancora uno stadio inferiore di interpretazione di Gesù. Si deve superare
la storia con il mito, che rappresenta il significato ideale di Gesù. Solo il mito ha un
significato ma non la storia. Come Lessing, anche per lui la storia è contingente, può
essere cambiata. Il mito invece, cioè l’incarnazione di un’idea religiosa è eterna. Per
Strauss Cristo, l’idea di Cristo non Gesù, non è un individuo ma rappresenta il
genere umano divinizzato. Strauss nega l’evento soprannaturale per affermare il
significato ideale del mito inteso nella narrazione evangelica. Cristo è un ideale, una
nozione mitica che ha un significato eterno. Qui Strauss anticipa l’odierna distinzione
tra storia e racconto (History e Story).

L’idea e la realtà ultima viene incarnata nel racconto, in esso c’è il significato non
nella storia. Il fatto rimane ma viene elaborato con i cieli aperti e la voce dal cielo. Il
Cristo della fede è il mito che annunciano i vangeli, mentre non ha importanza la
vicenda storica di Gesù. Alla fine conta solo l’annuncio di un ideale che si chiama
Cristo. I criteri per lui, in cui si distingue nella narrazione evangelica è ciò che non è
storico. Il mito è sempre il prodotto di un’idea per Strauss.

Risultato è doppiamente negativo: anti-storico a favore del mito; anti-dogmatico a


favore della filosofia hegeliana dello spirito. Gesù è ridotto ad un’idea dell’umanità
che si fa divina nella storia.

Ernst Rénan

Come Reimarus è un professore storico, di lingue semitiche. Nella sua concezione


romantica:

• Per Rénan:

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– Gesù è un modello alto, un eroe morale, un poeta della religione.
– I vangeli sono «storie popolari», che riflettono la profonda impressione fatta dal
personaggio, come una poesia o un dramma, anche se imprecisi nei particolari.
• La Vita di Gesù del 1863, fa una prospettiva di Gesù come di un dramma in tre
atti:
1. Primo atto: In Galilea in cui si uniscono esperienza religiosa e insegnamento
morale di
Gesù.
2. Secondo atto: Gesù va a Gerusalemme: diventa un maestro di morale e un profeta
escatologico che annuncia la prossima venuta del Regno.
3. Terzo atto: Narrazione della passione e la morte. In esso si vede la fine di Gesù.
• Infine, secondo Renan, la Maddalena ha il compito di restituirlo alla vita, davanti
alla tomba vuota:
– «Mancandoci documenti attendibili lo ignoreremo sempre……Momenti sacri, in
cui la passione di un’allucinata risuscita un Dio al mondo». Renan pensa che
Maddalena inventa il Cristo, che sarebbe stato il suo amante.
• Rénan ha ridotto la vita di Gesù a una poesia romantica, concluso tragicamente con
la morte, ma fatto risorgere dal sentimento.

«La domenica mattina le donne vennero per tempissimo al sepolcro, e prima, fra
tutte, Maria di Magdala. La pietra all’apertura era spostata, e il corpo non era più nel
luogo ov’era stato riposto. Nel medesimo tempo, si diffusero per la comunità
cristiana le voci più strane. Il grido: «È risorto!» surse tra i discepoli come un lampo,
a cui l’amore persuase facilmente di prestar fede. Che era avvenuto? Esamineremo
tal punto, narrando la storia degli Apostoli, e indagheremo l’origine delle leggende
relative alla risurrezione. La vita di Gesù finisce per lo storico col suo ultimo sospiro;
ma Egli aveva lasciato tanto vestigio di sé nel cuore dei discepoli e di alcune devote
amiche, che per varie settimane fu creduto vivente e consolatore per essi.

Era stato rapito il suo corpo? Ovvero l’entusiasmo, sempre cresciuto, fece sorgere più
tardi quell’insieme di racconti, coi quali si cercò di stabilire una fede alla
risurrezione? Mancandoci documenti contradittorii, lo ignoreremo sempre. Notiamo
tuttavia che la forte immaginazione di Maria di Magdala ebbe in questa circostanza
una parte capitale. Possanza divina dell’amore, momenti sacri, in cui la passione di
un’allucinata risuscita un Dio al Mondo!» (Ernst Rénan, Vita di Gesù, 217-18)

È l’amore che crea la fede per Renan, l’amore ha inventato la resurrezione. Il risultato
della ricerca di Renan è che la resurrezione di Gesù è un’invenzione di Maria
Maddalena.

Albert Schweitzer

La figura più conosciuta nella ricerca storica.

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• Fonda la sua interpretazione della vita di Gesù nell’orizzonte dell’escatologia
apocalittica, basando su due testi di Matteo. Inizia l’analisi di questa figura sulla base
apocalittica. I due testi fondamentali sono:
• «Quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un’altra. Amen infatti vi dico,
non finirete le città di Israele finché venga il Figlio dell’uomo» (Mt 10: 23).
• «Vi dico infatti: non mi vedrete più finché non diciate: Benedetto colui che viene
nel nome del Signore» (Mt 23:39).

Nella prima fase della sua vita Gesù predica una morale molto esigente in vista della
prossima venuta del Figlio dell’uomo che avrebbe portato il Regno. Invia i 12 con
questa prospettiva, ecco il primo testo di Matteo. Al ritorno dei 12, Gesù deluso che
non è arrivato il Figlio dell’uomo a portare il Regno, prende su di sé questa figura,
pensa a se stesso come Messia e realizza la profezia del Servo di Jahvè di Isaia:
• «Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo
giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per i nostri
delitti, schiacciato per le nostre iniquità» (Is 53: 4-5).

La seconda attesa, del secondo testo, preannuncia la sua morte solo ai 12, quella
morte che realizza la profezia di Isaia. Giuda lo tradisce e rivela ai Sacerdoti che Gesù
si ritiene il Messia. Gesù è deluso, e Giuda vedendo questa delusione lo vende. Gesù
aspettava l’intervento straordinario di Dio che non arriverà.

La soluzione per S. è la mistica di Gesù. Il nostro rapporto con Gesù è di carattere


mistico e non storico. Possiamo acquisire un legame con questa mistica solo se ci
rincontriamo nel riconoscimento di una volontà comune di salvezza.
• Il significato di Gesù per oggi si risolve nella mistica di Gesù.
• La specificità della religione cristiana non è tanto un culto, quanto piuttosto una
partecipazione nella mistica di Gesù.

In conclusione: questa indagine della prima ricerca, produsse in 200 anni tante
produzioni della vita di Gesù. Una ricerca conosciuta come Old quest, di carattere
illuministico e anti-dogmatico, che da tante conclusioni che saranno riprese, ma crea
una sospensione del Cristo della fede.

Sospendendo il Cristo del dogma, si ci mise alla ricerca del Gesù della storia e si
trovò quello razionalistico, quello fantastico o quello mitico. Tale ricerca fallì creando
confusione e disintegrando non solo il Cristo del dogma ma anche lo stesso Gesù
storico che si intendeva recuperare nella sua integrità.

Storia della ricerca sulla vita di Gesù – Albert Schweitzer


«Strano destino quello della ricerca sulla vita di Gesù. Partì per trovare il Gesù
storico, pensando di poterlo collocare nel nostro tempo come egli è, come maestro e
come salvatore. Spezzò le catene che da secoli lo tenevano legato alle rocce della

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dottrina ecclesiastica, gioì quando la vita e il movimento penetrarono di nuovo la sua
figura e quando vide l’uomo storico Gesù venirle incontro. Egli tuttavia non si fermò,
passò davanti al nostro tempo, lo ignorò e ritornò nel suo. La teologia degli ultimi
decenni ne fu scandalizzata e spaventata, perché divenne consapevole che tutte le
sue tecniche interpretative e le sue manipolazioni non erano in grado di trattenerlo
nel nostro tempo, ma dovevano lasciarlo andare nel suo. Ed egli vi ritornò con la
stessa necessità con cui il pendolo liberato si muove per rioccupare il suo posto
originario»
(Storia della ricerca sulla vita di Gesù, 744-45).
• Gesù rimane uno sconosciuto e un innominato, ma continua ad offrire l’invito
evangelico:
SEGUIMI!
Alla fine per lui Gesù rimane un mistero. Alla fine del libro dirà che Gesù rimane
uno sconosciuto, che invita a seguirlo per conoscerlo.

2. No Quest

Questa fase è definita “nessuna ricerca”. Inizia con Martin Kähler (1835-1912), ha il
suo culmine con l’opera di Bultmann. Termina con la conferenza di Ernst Käsemann
(1906- 1998) del 1953 che rilancia la ricerca.
• Per Kähler, i vangeli non sono documenti storici, ma solo testimonianze di fede,
per continuare a vivere la fede. Perciò la ricerca storica di Gesù è posta su un binario
sbagliato. Va rifiutato il Gesù storico perché riflette chi lo costruisce e non vive nella
fede. La storia parla di una cosa morta.
• Propone l’autentico Cristo biblico, è una storia vivente. Bibbia e vangeli sono da
testimoniare innanzitutto come testimonianza di fede. Non è contro la ricerca storica
ma è contro il fatto che il Gesù storico sia l’oggetto della fede. L’oggetto della fede è il
Cristo della fede. • Bisogna distinguere il «Gesù storico» e il «Cristo della fede» o
biblico. Ha la preoccupazione che il Gesù storico sostituisca quello della fede. Le due
realtà si pongono su due piani diversi. Da qui deriva il contrasto tra il Gesù storico e
il Cristo biblico.
Historie e Geschichte

Questi due termini sono molto in uso nella filosofia esistenziale tedesca. Entrambi i
termini si traducono con storia, ma esprimono due realtà diverse dell’accadimento
storico. Historie è la storia nel senso di ciò che è accaduto in passato, che può essere
oggetto di ricostruzione storiografica. Geschichte è la storia nel senso di evento del
passato ancora rilevante per il presente e significativo per il futuro. Questa
terminologia e concettualità applicata alla questione portano alcuni chiarimenti.
• Historie (historisch) e Geschichte (geschichtlich)
– Entrambi i termini si traducono con storia. – Ma esprimono due modalità diverse
dell’accadimento storico.
• Historie (storia)= ciò che è accaduto in passato e che può essere oggetto di
ricostruzione storiografica.

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• Geschichte (istoria) = la storia nel senso di evento del passato ancora rilevante per
il presente e significativo per il futuro.
• Il Gesù historisch (storico) è Gesù di Nazareth; il Gesù della storia (Historie), il
Gesù terreno, come realmente egli fu, che può eventualmente essere oggetto di
ricerca storiografica.
• Il Cristo geschichtlich (istorico) è il Cristo della Geschichte (istoria) biblica, il Cristo
del Nuovo Testamento. – il Cristo del kérygma (geschichtlich) che rende presente la
salvezza, qui e ora, per me. Però il Cristo storico non ha un senso dal punto di vista
della fede.

Rudolf Karl Bultmann (1884 –1976)

Decisamente opposto alla ricerca storica di Gesù.


• Per Bultmann, il Gesù della Historie non è rilevante per la fede:
– Per la fede, solo il Cristo del kérygma è rilevante. Quello che conta è la fede della
comunità. Questo Cristo del kerigma presuppone che Egli sia apparso, sia morto
sulla croce, ma la sua storia non è rilevante, non arriveremo a questo. La stessa
predicazione di Gesù non è kerigma, ma kerigma è la predicazione della comunità
nella fede. Il kerigma cristiano per Bultmann è la fede della comunità cristiana. Inizia
la teologia del NT con questa affermazione: “la predicazione di Gesù appartiene ai
presupposti della teologia del NT ma non è parte della teologia del NT”. La fede
cristiana inizia ad esistere nel momento in cui c’è un kerigma, una predicazione della
comunità primitiva
• Per lui, ciò che interessa non è quello che Gesù avrebbe potuto pensare o dire: – Ma
ciò che spinge a una decisione di fede esistenziale. La comunità avrebbe introdotto e
scritto della predicazione di Gesù per spiegare il kerigma. I vangeli sono introdotti
nella comunità per spiegare la loro fede.
Ciò che interessa non è quello che Gesù avrebbe potuto pensare o dire, ma che
attraverso il kerigma sia spinti alla fede.
Il Cristo della cristologia di Bultmann non ha il suo reale fondamento nel Gesù della
storia ma, appartenendo solamente al kerygma, viene ridotto a un mito senza una
consistenza storica. L’invito di Dio con il kerigma all’uomo e la risposta della fede
sono il vero evento della rivelazione. Se questo sia fondato o no sul Gesù storico, è
una questione priva di significato per la fede. La fede è basata sulla predicazione
della comunità primitiva.
• Le formulazioni cristologiche neotestamentarie sono state create nel linguaggio
«mitologico» proprio del tempo: – non dice alcuna verità oggettiva circa la persona e
l’opera di Gesù Cristo. – Pertanto, vanno «demitologizzate» dando loro una
«interpretazione esistenziale».

Bultmann fa parte del gruppo tedesco degli esistenzialisti. Non può essere stabilita la
continuità tra la predicazione kerigmatica ed il Gesù storico. Il linguaggio simbolico
del NT usato dal kerigma per esprimere la fede apostolica viene ridotto al linguaggio

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mitico, per cui non dice nulla di oggettivo e storico sulla persona di Cristo ma dice
soltanto qualcosa a favore della decisione della fede. Il cristianesimo per Bultmann
inizia con l’annuncio della fede la mattina di pasqua. Il Cristo della cristologia di
Bultmann non ha il suo reale fondamento nel Gesù della storia ma, appartenendo
solamente al kerygma, viene ridotto a un mito senza una consistenza storica.

In sintesi…

• Tutto questo porta a un orientamento che si apre una via al Cristo della fede:
«Christus pro nobis» (la classica tradizione luterana). Di conseguenza per questa
scuola ciò che interessa è «in che cosa e come» il Cristo influisce su di noi. • Non
interessa il fatto storico di Gesù perché esso manca di importanza per la fede. Lo
scetticismo storico ribadisce un tipo di fideismo che si trova in questa tesi. Alla fine, i
negatori della storicità di Gesù portano alle estreme conseguenze la tesi liberale,
secondo la quale non si può scrivere una vita di Gesù. Perché? – Per loro,
semplicemente perché Gesù non è mai esistito! • Il mito di Gesù Cristo fu creato
dalla comunità cristiana! In ambito protestante emerge una reazione estrema

1.3 Nuova Ricerca – New Quest

Prima Ricerca intendeva collocare Gesù nel suo ambiente originario, giudaico: –
pensando in tal modo di renderlo più comprensibile. Per la No quest la storia è
insignificante per la fede. • La nuova ricerca riprende la causa avanzata dalla prima
ricerca, quella del Gesù storico. Tenta di tornare al Gesù storico. Käsemann,
discepolo di Bultmann inizia la «nuova ricerca»/ New Quest con la sua celebre
conferenza del 1953, tenuta a Marburg alla presenza di Bultmann, in cui denuncia di
ridurre Gesù Cristo della fede ad un mito sradicato dalla storia.

Vuole rispondere al perché furono scritti i vangeli: – I vangeli, nonostante non


essendo storia critica in senso moderno, sono una memoria del Gesù terreno. E per
questa ragione risultano significativi per mostrare la continuità tra il Gesù storico ed
il Cristo della fede, che non può esistere senza una persona storica. Il kerigma aiuta,
ma non può negare l’aspetto storico. Ecco perché egli opera con i due termini per
dire: Historie per descrivere i fatti in se stessi, in quanto ‘cronaca e informazione’;
Geschichte ‘evento’. – sottolineala la capacità significativa della storia come
‘testimonianza che accade’.

Per Bultmann historie non era importante. Su questa linea J. Jeremias sottolinea il
carattere unico di Gesù: «qualcosa è accaduto, qualcosa di unico, irripetibile,
qualcosa mai avvenuto sinora». Nuova Ricerca ha il merito di aver riaperto la
questione del Gesù storico, partendo da una nuova metodologia, in una tenace
ricerca di criteri di veridicità storica da attribuire ai vangeli. In essa c’è un rapporto
stretto tra fede e storia. La fede non si fonda su di essa, ma si radica in essa. La fede

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cristiana non è astratta, non è un mito, non è una ricerca storica. Il Gesù storico
appartiene al contenuto della fede, ed essa non può essere non interessata ad esso,
anche se l’oggetto ultimo è il Signore crocifisso e risorto. La nuova ricerca mette in
evidenza l’importanza dell’aspetto storico per la fede cristiana.

4. Terza Ricerca – Third Quest

Third Quest inizia con l’opera di Ed Parish Sanders: Gesù e il giudaismo


(1985). Essa cerca di collocare la storia di Gesù nel giudaismo palestinese del I secolo.
Ad una prospettiva storica nella collocazione di Gesù nell’ambiente giudaico; dà
affidabilità storica dei vangeli canonici; entra in dialogo con altre scienze, come
l’archeologia, la papirologia, le scienze sociali, la letteratura; punta sulla
valorizzazione delle altre fonti (Qumran, Nag Hammadi ecc); e studia del motivo per
cui Gesù fu crocifisso al di là delle semplici constatazioni: integra della dimensione
politica con quella teologica. Tutto questo fa sì che si possa unire il kérygma cristiano
con il suo contesto storico.

5. Jesus Seminar

All’interno di questa ricerca ci sono due tendenze:


• Jesus Seminar: è stato fondato nel 1985 da R.
Funk e J. D. Crossan. Finanziato dal Westar Institute (California). Un gruppo di
studiosi del NT con mentalità imprenditoriale, ben finanziato. Sviluppo include 80
studiosi che decidevano il grado di storicità di ciò che disse Gesù. Le fonti usate:
quattro vangeli + vangelo di
Tommaso = Five Gospels. All’interno dei vangeli si separano le fonti:
– Marco e Q, Luca e Matteo, ma dando meno peso a Marco che alla Q.
– La Q viene poi divisa in due strati successivi:
• Sapienziale (autentico!)
• Escatologico (viene eliminato).Il vangelo di Giovanni non è considerato perché è
una fantasia.

Il metodo utilizzato:
• Si tabulano 1500 detti e 176 atti di Gesù. I membri del Jesus Seminar votano in
segreto per l’autenticità o meno dei detti e dei fatti discussi, con un sistema di palline
di quattro colori diversi. Rosso 3, rosa 2, grigio 1 e nero 0. Vinceva la maggioranza
mentre la minoranza non era considerata. È un sistema democratico che si ispira alla
politica. Utilizzano il metodo della propaganda, con i Media come il New York
Times. Solo il 18% dei detti sarebbero da attribuire a Gesù! Con la concezione della
storia neopositivista, del Gesù storico si può sapere molto poco.

Altra tendenza, più moderata che non condivide con Jesus Seminar:

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Third Quest- Tendenza Moderata che riflette sul legame tra Gesù e il giudaismo del
suo tempo.
J.P Meier: “Un ebreo marginale”. Ripensare il Gesù storico. Altro autore è G.
Theissen, che propone plausibilità storica con cui si può discernere a partire dalla sua
approssimazione con il suo contesto storico: «Quanto più una tradizione di Gesù
corrisponde al contesto degli eventi storici, dei dati spazio temporali, della tradizione
e mentalità giudaica, tanto più cresce la certezza che Gesù non sia un’invenzione
idealistica della chiesa, ma una realtà storica».

Third Quest: in sintesi…


Non ha obiettivo teologico quanto piuttosto un interesse storico-sociale, dove appare
Gesù come sintesi delle tensioni della società giudaica del suo tempo. Sottolinea poi
la decisiva inserzione di Gesù del giudaismo. E infine mette in rilievo il valore ed
affidabilità delle fonti evangeliche.

III lezione 18.10.23

1.6 Ricerca Storica: Conclusioni:

 Gesù: Chi è costui? Questa domanda resterà fino alla fine del corso. (Mc
4,41). Rimane sempre un mistero
Prima ricerca intendeva collocare Gesù nel suo ambiente originario cioè
giudaico, pensando di renderlo più comprensibile
Nella seconda ricerca, la storia è insignificante per la fede
La nuova ricerca diceva che c’è un rapporto stretto tra fede e storia
La terza ricerca ha due rami: quello propagandista di Jesus Seminar, per cui
l’indagine fatta è secondo la mentalità mondana e non va a buon fine; un’altra
scia è quello più moderata con Meyer che tenta di vedere cosa fa la terza
ricerca, cioè investigare l’aspetto storico e sociale, l’inserimento di Gesù nel
giudaismo e mette in rilievo l’affidabilità delle fonti evangeliche.

 • Molte delle immagini del Gesù storico dalla ricerca storica sono
estremamente parziali. Tale complessità pluriforme corrisponde alla ricca
singolarità della sua stessa persona. Che si presta a diverse interpretazioni
senza essere mai esaurito. Questo stesso fatto dà la prova che la pretesa del
Jesus seminar di dare una figura autentica di Gesù non è realizzabile. Non
si può avere una comprensione completa di questa persona. Bisogna
ricordare che il «Gesù reale» trascende ogni tentativo di essere posto in un
quadro e non è mai raggiungibile dalla ricerca storica. Non si può
identificare il Gesù reale in un ambito specifico. Stare attenti alla tendenza
di assolutizzare una figura come l’intenzione di Jesus Seminar.

 Non accettando la divinità di questo uomo, avremo una gesuologia


sociologica, non accettando l’incarnazione avremo un docetismo. Il Gesù
storico degli storici. • Però la ricerca del Gesù storico aiuta a dare un
contenuto concreto alle nostre affermazioni cristologiche. Non bisogna

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sottovalutare la ricerca storica, ma non assolutizzare un settore. La ricerca
storica riafferma lo scandalo della Parola fatta carne. La ricerca va contro i
tentativi di enfatizzare la sua divinità con una tendenza mistico-docetica.

 • Il Gesù storico non deve essere semplicisticamente cooptato dai


rivoluzionari sociali. • Il Gesù storico sfugge a tutte le nostre categorie e
programmi ben definiti. È davvero escatologico in tal senso. • Egli frustra
tutti i tentativi di trasformare la fede cristiana in un’ideologia, che sia di
destra o di sinistra. È un costante catalizzatore per il pensiero teologico e
per la vita della chiesa. • Il Gesù degli storici non è e non può essere
l’oggetto diretto della fede cristiana. In 1500 anni i credenti hanno sentito
parlare di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio incarnato, non di Gesù storico. •
Oggetto della fede: il Gesù storico? Come potrebbe essere tale se il ritratto
è diverso da una generazione all’altra? La nostra fede va al di là di questo,
pur senza negarlo. La cristologia in una prospettiva integrale dovrebbe
includere i principali risultati della ricerca su Gesù se vuole mantenere la
sua completezza. •

La migliore continuazione della storia di Gesù si realizza quando è vissuta


da cristiani nella testimonianza di fede. Per viverlo bisogna conoscerla, da
qui l’esigenza della ricerca storica. Il Gesù degli storici non è l’oggetto della
nostra fede, ma il Gesù storico con cui si ci può avvicinare con la ricerca. La
fede si interessa alla storicità di Gesù perché attraverso essa si perviene al
suo messaggio. Il Gesù storico appartiene al contenuto della fede – il
Signore crocifisso e risorto, presente attivamente nella comunità mediante
il suo Spirito.

2. Cristologia biblica
Parliamo dal punto di vista fondamentale, più importante, non la parte dogmatica.
La storicità è importante perché salva la cristologia dalla riduzione mitologica. C’è
però un’altra storia importante da comprendere che è “Dio si è fatto carne”, la storia
biblica.
2.1 AT

«Essi sono Israeliti e possiedono l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la


legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi da essi proviene Cristo secondo la
carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli Amen!» Rm 9 4 5
Rilevanza dell’AT
• Non si può comprendere il Cristo senza la storia e la speranza ebraica
• Si può comprendere il messaggio cristiano solo nell’ambito delle attese dell’AT
(Pannenberg). Cristo non è una figura che emerge dal nulla. Senza lo sfondo della
tradizione biblica non sarebbe oggetto di una cristologia. La stessa cosa riguarda il
messaggio di Gesù, che si può comprendere solo nell’ambito dell’attesa dell’AT.
Tutto si riassume nel termine “Cristo”, che mette in evidenza il periodo dall’antico
Israele fino alla prima chiesa dei cristiani pagani. Il Cristo di Dio è un’espressione che
compie la storia ebraica.

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• «Poiché anche se Cristo ha fondato la Nuova Alleanza nel sangue suo (Lc 22 20 1
Cor 11 25 tuttavia i libri del Vecchio Testamento, integralmente assunti nella
predicazione evangelica, acquistano e manifestano il loro pieno significato nel Nuovo
Testamento (Mt 5 17 Lc 24 27 che essi a loro volta illuminano e spiegano» (DV 16).
Senza le categorie delle istituzioni, tradizioni, ambiti dell’AT non si può capire il NT.
L’AT ci dice come e dove sia il Cristo.
• «Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udito coi vostri orecchi» (Lc
4:16 21). Il ricorso all’AT in cristologia è offerto da Gesù stesso, che richiama più volte
dei brani, come nella sinagoga di Nazareth. Indirettamente indica la validità della
storia di Abramo.

«Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua
gloria? E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò
che si riferiva a lui» ( Lc 24 : 25 27 ). Anche dopo Pasqua continua il riferimento alla
Scrittura per comprendere la sua realtà.
• Modello della promessa compimento, o della prefigurazione realizzazione. Emerge
così la verità di una scrittura precedente che si compie nell’evento di Cristo, diventa
realtà antica riferita a quella nuova. Il NT non basta come pensava Marcione per
comprendere Cristo.

Il Messia
Nella Tradizione biblica la figura di un mediatore per la rivelazione è importante.
Perché la rivelazione biblica suppone che Dio entri in una relazione intima con il
popolo, per il concetto di rappresentanza, il popolo viene rappresentato da un
singolo individuo.
• Messia ‫ ָמ ִׁש י ַח‬traduzione greca è Christos (Χριστός ) in latino Christus
• L Unto = colui che riceve una missione speciale da svolgere nei confronti del
popolo. Per l’antico Israele il re era l’unto, colui che era scelto per eccellenza. È
soprattutto in riferimento alla cerimonia di investitura. L’unzione era garanzia del
fatto che era Mediatore, scelto da Dio, ma tra Dio e popolo.
• Il Messia à colui che ha una particolare relazione con Dio.

 colui che «agisce secondo il cuore di Dio» 1 Sam 13:14


 è anche Colui che svolge una missione particolare per il popolo e non
solo per il re.
Sarà così Messia il sacerdote dopo la caduta del regno, che dovrà custodire il diritto
di Jahvè. Oppure potrebbe essere un profeta, o addirittura un re straniero come nella
storia di Ciro. Il popolo ebraico è teocratico politicamente. Si aspettano un Messia che
non è Dio, ma un essere umano, un grande leader che svolgerà diversi ruoli. Una
persona che ha un rapporto con Dio umano. Non potevano pensare
all’Incarnazione.

• «Sì egli ricostruirà il tempio del Signore, egli riceverà la gloria, egli siederà da
sovrano sul suo trono Un sacerdote sarà alla sua destra e fra i due regnerà una pace
perfetta» (Zac 6 13). Da questo testo si poteva anche pensare ad un sommo sacerdote
messianico. Gli scritti di Qumran e il testamento dei 12 patriarchi sottolineano

16
particolarmente la funzione del messia sacerdotale accanto al messia regale. Viene
anche associato all’immagine del Figlio dell’uomo che viene dal cielo (Dn). Nel NT il
Messia è il compimento della speranza, un concetto ripreso dall’AT dove tutte le
speranze erano riposte in questa figura per il futuro.
• Il titolo «messia» non si trova mai sulla bocca di Gesù.
• Solo una volta Gesù sembra accettarlo esplicitamente, nel colloquio con la
samaritana: «“ So che deve venire il Messia: quando egli verrà, ci annunzierà ogni
cosa”. Le disse Gesù: “Sono io, che ti parlo”» ( Gv 4: 25). In questa donna si trova
questa speranza messianica.

• «Tu sei il Cristo» Mc 8: 29). In altri passi Gesù accetta il titolo come qualifica
importante, come nella professione di Pietro a Cesarea di Filippo. • Gesù non
respinge il titolo, però non lo accetta nella sua accezione corrente di liberatore
politico. Per Gesù il Messia è il Servo sofferente che deve morire e dopo tre giorni
risuscitare. Egli è Messia, non come lo intende il popolo, ma secondo il piano di Dio.
• Alla domanda del Sommo Sacerdote, Gesù nella prospettiva della sofferenza e
pasquale risponde: «Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?», Gesù rispose: «Io lo
sono » ( Mc 14: 61.62).

àIl messianismo è il principio unitario che collega AT e NT

Il Messia: contesto biblico


Tempo e Storia
Per comprendere il Messia bisogna entrare nel contesto biblico soprattutto il concetto
stesso di storia e quello della politica sociale legata al Messia dell’AT.
• La concezione biblica interpreta il tempo come un concetto lineare. A differenza di
altri popoli, non è ciclico. Il concetto lineare viene dalla loro esperienza storica, non è
teorica come per i greci. Si imprimono un senso e una direzione.
• Si parte da un atto originario col quale Dio si rivela sovrano sul tempo e sulla
storia. Essi comprendono i successivi avvenimenti come una successione ininterrotta
del piano di Dio. La loro vita è un progetto di Dio che va avanti.
• Esiste una distinzione temporale tra il «già», 1’«adesso» e il «poi ». Ciò che era, che
è e che sta per avvenire è opera di Dio, tutto ha un significato. L’adesso è coestensivo
della storia di Israele, perché indica il tempo come tale. Alla fine riconoscono questo
piano di Dio. Per il mondo biblico il tempo e la storia sono strumenti rivelativi nel
piano della salvezza.

• Vi è un inizio (arche) e un fine télos, in cui si sviluppano sempre più


progressivamente le vicende determinanti con le quali si sviluppa la comprensione
della realtà. La storia è aperta al futuro ad una dinamica conoscitiva del Dio di
Israele, chi lo conosce sa anche cosa Egli farà, si vive nella speranza.
• Chi conosce Dio conosce anche quello che Dio fa:

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 Liberazione dall’Egitto, alleanza, codice legislativo, terra promessa,
monarchia, profetismo sono tutti momenti che rivelano l’apertura al
«dopo», a una conoscenza sempre più progressiva di Dio.
Sono tutti momenti che aprono al dopo, all’oggi. Hanno questo aspetto del mistero di
Dio che rivela continuamente nella storia. La loro storia esiste nel piano di Dio.
Struttura politico-culturale
Per capire il messianismo bisogna capire la struttura politico-culturale del popolo.
Esso si è strutturato in modo che sia verificabile una dinamica tra struttura politica e
fede. Non si può staccare la fede dalla politica.

• «In Israele fu sempre vivo il ricordo del Sinai come luogo in cui avvenne una
speciale rivelazione di Dio» (von Rad). Non possono esistere senza la liberazione.
Perciò si è instaurato un legame tra fede e struttura politica. In un certo senso anche
la fede influenza la politica. Si definisce come struttura teocratica.
• Ciò che viene vissuto e messo in atto politicamente è sempre determinato dalla
promessa originaria di essere il popolo eletto. Loro vivono tra questi due concetti,
promessa e compimento.
• Nella storia, Israele scopre la sua vocazione di essere popolo eletto dal Signore.
Sono eletti e hanno una missione.
• Le strutture socio-politiche sono elementi di una comunità che vive alla luce delle
promesse e in attesa del compimento e per questo è molto legata all’obbedienza. Re,
profeti e sacerdoti sono tre differenti concretizzazioni della speranza messianica.
Hanno il ruolo di richiamare il popolo alla fedeltà all’alleanza di Dio. Messia regale,
apocalittico, sacerdotale, profetico.
Messianismo Regale
• Il Messia fa parte della loro identità. La monarchia ha avuto il profondo significato
teologico all’interno della comunità israelitica. Le condizioni per il sorgere della
monarchia non sono favorevoli nella comunità ebraica. Molto tempo dopo essersi
sistemato nella terra promessa Israele non ha né istituzione politica né struttura
monarchica.
• La difficolta con una monarchia terrena/umana:
 Solo JHWH poteva regnare in mezzo al suo popolo
• La tradizione dell’AT si fonda sulla liberazione dall’Egitto, che aveva un faraone
cioè un re. Israele non aveva un re, ma un profeta come Mosè, che non poteva
prendere i ruolo di Dio. «Io non regnerò su di voi, né mio figlio regnerà; il Signore
regnerà su di voi» (Gdc 8: 23). Non potevano avere un re, questo risponde Gedeone.
• Il re viene scelto a causa di trasformazioni geografiche: una conseguenza alla reale
minaccia alla sua esistenza come popolo nei confronti della potenza dei filistei (1 Sam
8). È conseguenza della richiesta del popolo al profeta Samuele.

 Il re non esiste per se stesso, esiste solo come un’strumento (mediatore e


quindi messia) per la protezione del popolo.
• Il re viene presentato come:
 Eletto
 Servitore

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 Alleato
 Privilegiato
 Benedetto da JHWH
 UNTO del Signore
• Tutti questi attributi, che fino a quel momento venivano applicati al popolo, ora
sono dati al re. Avrà lo scopo di proteggere, sviluppare il culto a Jahvè. Non ha
un’eredità, ma rappresenta il popolo. Tutto viene concentrato ad una persona, per
proteggere la gente e assicurare il culto a Dio.
• Rappresentanza: il re rappresenta il popolo.
• La dinastia davidica diventa partner privilegiata di quella alleanza e promessa
messianica che fino ad allora era aderita al popolo:
• «Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu giacerai con i tuoi padri, io assicurerò
dopo di te la discendenza uscita dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Egli
edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile per sempre il trono del suo
regno. Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio ……. La tua casa e il tuo regno saranno
saldi per sempre davanti a me e il tuo trono sarà reso stabile per sempre» 2 Sam 7: 1
16.
Con questo testo la strada e al compimento è aperto. Si profetizza una dinastia
davidica che va oltre il regno e che si compie in un messia.

• Qui sì ha la fondazione storica e la legittimazione dell’attesa messianica.


Con la profezia di Natan si segna una tappa fondamentale nel messianismo:
 David e la sua dinastia vengono inseriti nella tradizione sacrale: ciò
significa che si da un valore salvifico e prototipo del regno. La monarchia
non era ereditaria, pian piano viene questo concetto.
 JHWH compie una nuova alleanza con il suo popolo:

• Tramite la mediazione di Davide che diventa il punto di riferimento nell’attuazione


o meno della fedeltà di Dio alle promesse. Si lega il concetto di alleanza con quello
del titolo regale. Davide raccoglie le promesse fatte ai patriarchi.
• Il messia, prima di essere considerato l’ultimo nella serie di successione di Davide,
è concepito come: il modello del re perfetto, il re secondo l’immagine e il cuore di
Dio. Ma la decadenza morale della dinastia di Davide, si introduce sempre più il
desiderio di un Messia perfetto.
• Ogni qualvolta infatti l’israelita celebrava l’intronizzazione del nuovo re, memori
dei re corrotti, chiedono:
 «Sei tu colui che deve venire ?…»

Il Re davidico oltre a se stesso prefigura il re perfetto, nasce la speranza di un nuovo


figlio di Davide, che in verità sia figlio di Dio che porti in tutto il mondo la pace e la
salvezza.
• In questa chiave va compresa la domanda di Giovanni Battista: «Sei tu colui che
deve venire o dobbiamo attenderne un altro?» (Mt 11: 2 3).
Messianismo Sacerdotale
• Lo sviluppo del messianismo conosce un’altra tappa nel periodo postesilico:

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 Con la scomparsa del ultimo re (Zorobabele) nella discendenza
davidica, si viene a concludere la speranza per la restaurazione definitiva
della monarchia.
• Accade l’assolutizzazione della figura del sacerdote, che diventa unico punto di
riferimento che può garantire la continuità della speranza nella realizzazione delle
promesse fatte da JHWH. Alla persona del sommo sacerdote vengono conferite le
unzioni tipiche del re.
• «Li ungerai, come il loro padre, e così eserciteranno il mio sacerdozio; in tal modo
la loro unzione conferirà loro un sacerdozio perenne, per le loro generazioni» (Es
40:15) Il Sacerdote riassume i poteri religiosi, civili e regali.
• «Perciò digli che io stabilisco con lui un’alleanza di pace, che sarà per lui e per la
sua stirpe dopo di lui un’alleanza di un sacerdozio perenne, perché egli ha avuto zelo
per il suo Dio e ha fatto il rito espiatorio per gli Israeliti» (Nm 25: 12 13). Inizia una
eredità sacerdotale. Questi testi contengono elementi post esilici e fanno emergere la
funzione del sacerdote come mediatore per l’alleanza. Così come si è conclusa
un’alleanza eterna con Davide, così Dio lo fa con i figli di Aronne, a cui si promette
un sacerdozio eterno. Il messia sacerdote non permette un’esaustiva completezza del
personaggio storico.

• L’attesa di un «sacerdozio eterno» o di un «regno eterno» conferma di una tensione


utopica.
• Il popolo è deluso continuamente dalle persone come re o sommo sacerdote:
 Solo Dio sarà il futuro del suo popolo.
Se Dio non interviene, i progetti sono destinati al fallimento.
• Emerge ancora la domanda: “Sei tu colui che deve venire?…”, anche i sacerdoti
sono corrotti, non sono il vero messia attesa.

IV lezione 25.102023
Messianismo Profetico
• Profetismo: Un fenomeno nasce con Israele come popolo e si sviluppa storicamente
al di là delle varie crisi politico religiose: il profeta ha il ruolo di rappresentante di
Dio e allo stesso tempo del popolo, un mediatore.
 «Ho fatto sorgere profeti tra i vostri figli» ( Am 2: 11).
 «Io inviai a voi tutti i miei servitori, i profeti, con premura e sempre»
Ger 7: 25).
• Nel tempo di monarchia: esso costituisce il criterio di giudizio e la lettura critica
della storia. Critica della storia.
• Durante l’esilio: segno della consolazione e fedeltà di JHWH. È una figura che
consola il popolo e allo stesso tempo ricorda la promessa di Yhawè. Per il popolo
ebraico la promessa di Dio è la fede, credere nell’adempimento delle sue promesse.
• Nel tempo postesilico: è annuncio di rinnovata speranza nella salvezza e nella
ricostruzione definitiva. Il ruolo che il profeta fa come mediatore tra Dio e popolo. Il
profeta si accompagna alla storia di Israele, richiamando i due pilastri della storia
della salvezza: la fedeltà alla legge ricevuta nell’Alleanza e l’adempimento della

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promessa di Dio. Per gli israeliti la fedeltà del popolo non condiziona la promessa di
Dio. Come la monarchia è stata segno di possesso di Israele da parte di Dio, così il
profetismo è segno che Israele ascolta Dio. Il profeta deve ascoltare Dio, e solo dopo
comunicare agli altri. Deve riferire al popolo e richiamarlo all’ascolto del Signore.
• Testo basilare di questa idea è: «Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli
e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò» Dt 18:
18.

• La figura di Mosè resta come il prototipo di colui che deve venire. È la figura tipo
per tutti i profeti, con cui il Signore ha garantito la sua presenza col popolo.
• La prima fase critica fu quella dell’Egitto. Poi ci fu la crisi dell’anno 587/586 a. C:
 Deportazione in Babilonia:
 Crollo della monarchia
 Distruzione del tempio
 Crisi profonda del sacerdozio
 Tradizioni e valori religiosi ridotti al minimo
• Lo scetticismo del popolo che vede solo l assurdità del presente. Dubbio
esistenziale sulla possibile fedeltà di Dio alle promesse. Tutte le promesse fatte
attraverso i suoi messaggeri presentano un punto interrogativo.
• Unica forza significativa del periodo è il profetismo: quello che mantiene il popolo
d’Israele
 Geremia, Ezechiele, Deuteroisaia: questi tre tengono viva la speranza
nella fedeltà di Dio.
• Il loro messaggio, denso della storia, muove verso una nuova interpretazione della
promessa.
• Lo sguardo si sposta in modo definitivo verso l’interpretazione della promessa
fatta a Davide come segno certo della promessa messianica: si annuncia una nuova
era messianica ma con i tratti specifici della predicazione profetica. Si parla di nuovo
Esodo, nuova Alleanza, nuovo Davide.
Sulla base di varie correnti si rafforza una figura importante dopo la sconfitta dei
Maccabei, rafforzata nella letteratura apocalittica.

Messianismo Escatologico
• Vari fallimenti nella storia crea la letteratura escatologico apocalittica: non hanno
più speranza di un Messia umano, ormai considerato fallito. Re fallito, sacerdote
fallito. C’è un piano di Dio in tutte queste cose. Non perdono la speranza. Dio nella
sua misericordia abbatterà le barriere spazio-temporali per rivelare Messia. Emerge il
concetto del messianismo escatologico. Dio sarà la loro salvezza. Si delinea quel
concetto di messianismo escatologico, che mentre orienta lo sguardo verso il futuro,
illumina anche le contraddizioni che vive il popolo nel presente.
• Le figure di cui Israele si serve per esplicitare la fede nelle promesse non sono più
prese dal mondo, cioè re o sacerdote.
• Sarà JHWH che con interventi gratuiti abbatterà le barriere spazio temporali per
rivelare il messia e la sua opera in favore del popolo.
• Le tre rappresentazioni del messianismo escatologico, in sintesi:
 Il ma lak JHWH

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 La personificazione della Sapienza
 Il Figlio d uomo
Il mal’ak JHWH
• Angelo di JHWH: due schemi. Rappresenta la rappresentazione del messianismo
che si possiede prima dell’esilio.
Le figure si possono classificare in due schemi:
• L angelo di JHWH come un essere che non è distinto da Dio = identificato con lui:
 «L angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un
roveto» (Es 3:2
• L angelo di JHWH distinto da Dio:
 «L angelo di Dio, che precedeva l accampamento d Israele, cambiò
posto e passò indietro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti
passò indietro» (Es 14:19). Un privilegiato, anche se distinto da Dio,
disobbedirgli significa disobbedire a Dio.

• In qualunque modo ha ruoli: interpretativo come profeta, soteriologico perché


accompagna nella terra promessa, misericordioso portando le preghiere a Dio. è un
Mediatore. Il periodo postesilico identifica l angelo di JHWH come il portatore della
salvezza, l’atteso degli ultimi tempi.
Sapienza
Secondo elemento nel messianismo escatologico è la Sapienza. Mentre l’angelo
possiede caratteristiche che lo legano alle vicende della storia, la descrizione della
Sapienza come mediazione dell’intervento di Dio è considerata come una vera e
propria ipotesi di molti autori.
• Sapienza: mediazione dell’intervento di Dio.
• Racchiude in sé varie funzioni tipiche del profeta, del sacerdote e del re.
• «Predica» e «chiama alla conversione ».

• «La Sapienza grida per le strade nelle piazze fa udire la voce; dall’alto delle mura
essa chiama, pronunzia i suoi detti alle porte della città…» ( Pr 1: 20 1).
• Sapienza è intimamente legata all’azione che compie la parola di Dio. Viene unta e
inviata da Dio, in chiave davidica e messianica. Incarna in sé un aspetto nuovo che
porta una nuova comprensione della sua personalità, un’apertura verso il NT nella
vera incarnazione.
• Con essa Dio crea il mondo e lo rinnova, tramite essa lo salva: la Sapienza come
Sofia che crea, mantiene e salva.
 «Così furono raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furono
ammaestrati in ciò che ti è gradito; essi furono salvati per mezzo della
sapienza» ( Sap 9: 18)
Figlio dell’uomo
La terza figura nel messianismo escatologico è il Figlio dell’uomo.
• Figlio dell uomo = Ben àdàm. Che indica un uomo-
• Indica l uomo che appartiene alla razza umana. È molto frequente nell’AT. In
Ezechiele c’è più di 90 volte.
• Libro di Daniele presenta un’espressione non riconducibile ad una prospettiva solo
umana: una figura misteriosa, che non ha precedenti nel mondo biblico.

22
• Riconduce a un interpretazione apocalittica.

Servo di JHWH
Nel Libro della Consolazione, Is 40-55, alcuni brani conosciuti come “Canti del Servo
di Yahwè”, sono testi che attirano l’attenzione per l’esperienza spirituale vissuta
nell’esilio.
• Spinge il profeta ad una nuova presenza mediatrice della salvezza divina. Che non
sarà più il profeta ed il sacerdote. Un personaggio, un servo disponibile a portare il
peccato del popolo, un mediatore tra il popolo e il Signore.
• Il Deuteroisaia : parla di un profeta anonimo
• Un profeta futuro che avrebbe concretizzato le attese della speranza escatologica
che animava ormai il popolo nel periodo dell esilio e del postesilio

• Chi è questo servo?


1. un personaggio individuale, che parla del profeta in questione per giungere al
Messia futuro.
2. per altri, sarebbe la rappresentazione del popolo di Israele
• Ebed JHWH à interpretazione individuale a quella collettiva e viceversa. (Is 42,19;
49,1.7; 50,4-9; ….) non possono essere letti tutti allo stesso modo. L’interpretazione
può passare sia da un individuo che ad un collettivo. È difficile identificare il
personaggio senza Cristo.
• Rappresenta l ideale attesa di Israele e la sua speranza nell adempimento delle
promesse.
• il Servo, Egli annuncerà la parola di Dio.
• La sua caratteristica sarà la sofferenza, soffrire per il popolo, accettando fino alla
morte violenta.
• In questo modo otterrà la gloria da parte di JHWH.

Abbiamo cercato di vedere alcune correnti di dinamismo storico-messianico dell’AT,


espresse attraverso il Mediatore regale, sacerdotale, profetico, celeste, del servo. Tutte
le figure entrano in crisi, nessuna figura porta chiarezza, è già e non ancora. Nel post-
esilio viene meno la figura del profeta, ed emerge la parola scritta dei sacerdoti, la
Torah, che negli scribi esercitano un compito di ammaestrare. Rimane l’esigenza di
un nuovo Mosè.

Novità dell’evento di Cristo


• Queste immagini non affermano che Dio si incarna in un uomo.
• Gli unti veterotestamentari non sono ancora Dio. In Cristo la prospettiva cambia,
c’è una nuova comprensione del messianismo.
• L avvento di Cristo non è la conclusione evoluzionistica o semplicemente
pedagogica della storia di Israele e della sua speranza messianica. Gesù non è la
conclusione della serie. La realizzazione non si pone nella linea orizzontale dello

23
sviluppo dell’AT, nel superamento delle figure storiche. Gesù non è il superamento,
è totalmente nuovo.
• Il NT non costituisce un nuovo gradino, anche se il più alto, dell AT. Certamente
l’AT prepara il terreno per la novità del NT.

• La res di Cristo supera incommensurabilmente la spes di Israele.


• La novità consiste nel fatto che i titoli e categorie dell AT vengono messi in crisi. E
definitivamente precisate dalla loro originale interpretazione.
• Il messia politico diventa il messia spirituale e trascendente. Il Servo di Yahwè è il
Figlio obbediente che si offre per la redenzione, il Figlio dell’Uomo di Daniele è
quello che porta la redenzione. La Sapienza diventa Sapienza Incarnata. Continuità e
discontinuità. Nella ricerca storica hanno cercato di mettere Gesù nel contesto ebraico
come suo sottofondo, ma Egli è molto di più.
• Anche se l alba della risurrezione viene dopo dell attesa, essa è un «passaggio»
storicamente indeducibile.

2.2 Cristologia neotestamentaria


«Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno
secondo le Scritture» 1 Cor 15 3 4
• «Chi è costui?»:
 Per NT: à la risurrezione è il momento decisivo. È l’evento cruciale della
comprensione cristologica del NT. La cristologia neotestamentaria non
parte dall’incarnazione, ma dalla Pasqua, l’evento fondamentale per la
fede cristiana. La chiave che apre la cristologia fondamentale è la
resurrezione. L’ordine della realtà qui seguito è opposto di quello
epistemologico, che parte dalle comprensioni teoriche ad un’astrazione. I
Vangeli trasmettono una interpretazione di fede di Gesù sempre in base
alla luce della resurrezione.

• Con la risurrezione, i discepoli sono passati dalla semplice discepolato alla fede
cristiana. Conosciamo questa persona a causa della fede dei discepoli dell’evento
della Pasqua. La nostra ricerca non parte dalla curiosità degli storici. Sono passati
dalla sequela di un rabbino, alla figura del Messia, risorto. Il discepolato non basta,
serve la fede. Dal Gesù terreno alla scoperta che Egli è il Cristo. Tutta la vita di Gesù
è riletta.

• Duplice e incrociata esperienza:


 L ’esperienza prepasquale fatta dai discepoli con il Gesù terreno. Cristo
non è un’invenzione della prima comunità. I discepoli hanno avuto
un’esperienza concreta, con una persona concreta, non è un’invenzione.
 L’esperienza pasquale come nuova esperienza con il medesimo Gesù.
L’esperienza pasquale è diversa da quella del Gesù terreno.
Queste due esperienze sono concrete, così identificano Gesù come Cristo.
L’esperienza pre-pasquale fatta con Gesù, arricchisce l’esperienza pasquale.
• Colui che si mostra qui in modo nuovo, il Risorto, non è altro che lo stesso Gesù
terreno e crocifisso. Solo loro potevano dire questo, perché hanno avuto l’esperienza
umana, terrena, del Gesù pre-pasquale. Il loro ragionamento avanza così: nella
resurrezione Gesù è vivo e salvificamente presente, per tanto è definitivamente

24
assunto nella vita di Dio e potente. Per tanto Egli è vivo e sempre presente. La
pretesa che aveva avanzato in vita, era giusta.
• Lo stesso Gesù di Nazaret è il Cristo, che il popolo aspettava. Che tipo di Messia
avevano in mente i discepoli?

• L’attesa ebraica: Messia politico, condividevano l’idea del Messia dell’AT.


• «Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo». Egli disse loro:
«Cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere nella tua
gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra» (Mc 10: 35 37). Una figura politica.
• «Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele» (Lc 24: 21). Dopo la Pasqua i
discepoli di Emmaus. La risurrezione è la chiave per reinterpretare la cristologia.
• La risurrezione cambia il modo di comprendere quella persona: i discepoli da
seguaci di Gesù divennero «credenti», nel senso biblico del terreno, tramite
l’esperienza pasquale. Così vedono il Messia promesso. L’idea di Messia stesso passa
ad una nuova comprensione.

• «Questo Gesù Dio l’ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni…Dio ha costituito
Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!» (At 2: 32. 36).
• «E noi vi annunziamo la buona novella che la promessa fatta ai padri si è compiuta,
poiché Dio l’ha attuata per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto
nel salmo secondo: Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato» (At 13 : 32 33). Questo
riecheggia il riferimento all’incoronazione dei re della Giudea.
• La risurrezione di Gesù viene considerata come la sua intronizzazione in cielo. Per
chi ha gli occhi della fede, Gesù regna in cielo
Secondo gli scritti del NT la resurrezione è il momento della rivelazione, la
manifestazione dell’identità di Gesù come Figlio di Dio e Messia. Questo non si può
capire senza l’AT. Con la resurrezione non nasce un’identità nuovo ci Gesù, ma si
comprende. La resurrezione fa rileggere tutta la Scrittura, come con i discepoli di
Emmaus, è Gesù stesso che reinterpreta la Scrittura.

La Cristologia emerge alla luce della Pasqua. In tal modo non elaborano un Gesù pre-
pasquale mai esistito, ma lo raccontano nella piena intelligenza di quello che Egli ha
fatto.

Risurrezione: Significato
• Nessuno autore del NT ha testimoniato della risurrezione di Gesù in quanto tale.
Vari personaggi e gruppi lo incontrano vivo e scoprono che la sua tomba è vuota.
Però l’evento della resurrezione nessuno lo ha visto. Alla luce di queste altre
esperienze, i discepoli lo proclamano risorto dai morti.
• In 1 Cor 15: 4 8 Paolo usa il termine tecnico: ophthe.
 «Egli apparve, egli si lasciò vedere».
 fu reso manifesto» da Dio.
L’iniziativa viene non dall’uomo ma da Dio, da Cristo risorto. Apparve e si lasciò
vedere. Gesù ora vive in uno stato glorioso però mantiene una continuità con la sua
vita precedente.

25
• Diventare «cristiani» per i discepoli consistevaà nell’incontrare il Risorto
nell’esperienza fondante della Pasqua.
• Fede cristiana nasce nell’esperienza fondante della Pasqua.
• Le apparizioni del Risorto sono solo segni dati ai discepoli per suscitare la fede. La
fede non dipende dalle apparizioni del risorto. Essi hanno creduto perché hanno
visto Gesù vivo.
• La fede cristiana deriva dal principio fondamentale che Dio ci ha amati per primo
(1Gv 4,19): «Perché Dio sta prima, Dio sta prima sempre, Dio primerea» (Papa
Francesco).

Le narrazioni si compongono di:


• Triplice momento
 la manifestazione di Gesù come vivente
 il suo riconoscimento da parte dei discepoli: quello che loro vedono non
è un’altra persona ma la stessa che avevano visto morire
 la missione affidata loro da parte di Cristo.
• *La risurrezione, prima di trasformare i discepoli, ha effetto su Gesù stesso.
Secondo passo della nostra riflessione. Gesù era morto sulla croce, adesso è vivo, ma
non della vita che ha avuto prima.
• Gesù per primo viene realmente trasformato: è oggettiva in Lui e soggettiva nei
discepoli.
 La risurrezione non è soltanto la «rianimazione» o la «rivivificazione»
del corpo che giaceva nella tomba, come nel caso di Lazzaro che muore di
nuovo.
• Gesù vive di una nuova vita ed è entrato in una condizione attuata da Dio. Entra in
nuova modalità, non muore, non sparisce, è con noi sempre.
• Il destino di ogni credente:
 «Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo
non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. E
anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se poi noi abbiamo
avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più
di tutti gli uomini» (1Cor 15: 16 19
Grazie alla sua reale e oggettiva trasformazione dell’umanità nella resurrezione, è
passato da uno stato di kenosi, abbassamento, ad una situazione glorificata.

• «Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è , o morte, il tuo pungiglione?» (1Cor 15: 55)
• La risurrezione fa sì che Gesù trascenda spazio e tempo (cioè la sfera della storia) e
lo porta ad attualizzare adesso, in anticipo, il futuro ultimo dell’uomo e del mondo.
In Lui tutto viene trasformato.
• Per quello che riguarda Gesù, la risurrezione consiste nel raggiungere la
condizione escatologica. L’aspetto escatologico fa della resurrezione un evento
singolare più di qualsiasi altro evento della storia, persino dei miracoli.

26
•Per quello che riguarda noi, essa rappresenta l’irruzione dell’escatologia nella
nostra storia. Trasformato nella sua nuova condizione, non è più soggetto alla morte.
Il segno della sua nuova vita nella tradizione può scomparire ma Egli non può, è
vivo e presente tra i credenti.
àla Cristologia esplicita inizia con la Pasqua.
•Nuova condizione dell’umanità di Gesù sollevò questioni circa l’identità del
Risorto: Chi è costui? L’indagine della cristologia inizia da qui.

• I discepoli, con uno sguardo retrospettivo, hanno richiamato con l’aiuto dello
Spirito, ciò che il Gesù «pre pasquale» aveva fatto e detto. Potevano reinterpretare.
• Questa «memoria» del Gesù storico ha svolto un ruolo decisivo nella nascita della
fede cristologica. Ha fornito il legame tra Gesù stesso e l’interpretazione di fede che
Gesù hanno fatto insieme con lui dopo la resurrezione.
• I titoli cristologici ricevono il loro contenuto e la loro misura da Gesù e non
viceversa. L’evento pasquale ha fatto sorgere la domanda “chi è costui” e li ha portati
alla cristologia ontologica. Annunciare che Dio ha resuscitato Gesù è un modo di
indagare retrospettivamente e affermare il valore reale della vita di Gesù. La
resurrezione ha fatto vedere che Egli è veramente il Messia. Con la resurrezione, il
Titolo “Cristo” cambia riferito a Gesù, non è più messia politico. Tutti i titoli
cambiano, sono riletti, alla luce della resurrezione. L’evento di Pasqua, della
resurrezione fa rileggere la Scrittura.

V lezione 8.11.23
Cristologia paolina
• Paolo è il primo che propone una cristologia, di fronte all’evento della resurrezione. Una
cristologia neotestamentaria basata sulla resurrezione, pur non essendo un discepolo e non
avendo avuto un contatto diretto con Gesù. Quando Paolo scrive i vangeli ancora non erano
stati pubblicati, il suo pensiero teologico è originale. Egli parla infatti del “suo” vangelo. È il
primo scrittore e teologo che il cristianesimo conosce. Le sue lettere, precedenti ai vangeli,
offrono una grande riflessione cristologica. Egli presuppone:
– esistenza terrena di Gesù, finita in croce (i testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un
giovane, chiamato Paolo); egli perseguitava quella setta, che era una vergogna per lui per la
religione ebraica, e il suo presupposto principale era questo
– attesa giudaica di un ultimo giudizio e di una vita definitiva;
– fede in un solo Dio: cristologia inquadrata nella teo-logia. Cioè per Christum in Deum. Fin
dall’inizio la sua teologia e la sua cristologia è collegata nell’orizzonte e nell’azione di Dio,
che prende a cuore la sorte degli uomini perduti.
• Dio è il vero attore nell’evento di Cristo. La sua teologia è teocentrica. La sua cristologia è
fondata sul messianismo ebraico, in cui l’evento principale è la resurrezione.
• Il centro della cristologia paolina: la morte e la risurrezione di Gesù come l’evento
salvifico, punto focale:
– «Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per
i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le
Scritture» (1 Cor 15: 3-4). Questo messaggio non è di Paolo, lo ha ricevuto anche lui e lo
trasmette. Parla non solo della morte di Gesù, e sottolinea la forma particolare della morte
mediante la crocifissione:

27
• «Predicare il Messia/Cristo» significa proclamare «Gesù Cristo crocifisso».
• La salvezza basata sulla Torah dell’AT viene ridimenzionata:
– Adesso si trova nella croce di Gesù; una sfida per tutti coloro che puntano sulle loro opere,
o sulla sapienza del mondo. In nessun modo questa è una vittoria dell’uomo. Condivide
tutta l’aspettativa della salvezza umana. Paolo non nega la Torah o l’AT. L’evento
vergognoso e assurdo per gli uomini, la croce, sorregge la riconciliazione e giustificazione
gratuita del peccatore. Nessun merito da parte dell’uomo. Tutto un dono di Dio.
– «Ed è per lui che voi siete in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio è diventato per noi
sapienza, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto:
Chi si vanta si vanti nel Signore» (1 Cor 1: 30-31); La croce cancella qualsiasi vanto umano. La
via della croce è quella che Dio sceglie per arrivare a noi.
– «Dio dimostra il suo amore verso di noi perché mentre eravamo ancora peccatori Cristo è
morto per noi» (Rom 5: 8). Questo costituisce l’amore incomparabile di Dio per noi. Non è
rivolto solo al buono o all’amico, ma all’empio e al nemico. Dio ama l’uomo anche se egli si è
allontanato da lui e non presente niente di amabile. Questa è l’agape immotivata di Dio. Ha il
suo fondamento in se stessa e ci supera. Ciò che costituisce l’allontanamento da Dio è il
peccato, l’avvicinamento è operato dalla kenosi di Dio. Nessun potere può superare questo
amore di Dio. In tal senso Paolo spiega la tradizione “per noi”:
• L’affermazione fondamentale: «Dio è per noi» /pro nobis (Rom 8: 31). Essa si verifica nella
morte e resurrezione. Non muore solo per i santi, ma muore per tutti. Si verifica sulla croce
mediante la riconciliazione con Dio operata da Dio stesso. Rm 4,25: messo a morte per i
nostri peccati, risuscitati per la nostra giustificazione.

• L’uomo è introdotto da Cristo nella comunione vitale con Dio (Gal 4: 5-7). Liberato dalle
potenze anti-divine, per vivere una vita nuova in Cristo, cioè nel raggio di influenza di Cristo
da lui determinato. “Nel Signore”.
• Gesù è Kyrios (Signore): maranâ thâ (Signore nostro, vieni!). “Il Signore” era una
invocazione della comunità primitiva, che ha concepito la resurrezione di Gesù come
innalzamento al cielo, e il suo ritorno dal cielo rappresenterà la salvezza finale.
• Con la professione di fede si afferma che Gesù è costituito, mediante la risurrezione, come
il Cristo/Messia (Figlio di Dio):
– l’accento è posto sulla posizione di dominio e sulla azione potente, già presenti, del Gesù
innalzato. In questo senso diventa Kyrios, la potenza contro quello che è anti-divino. Gesù è
il Cristo e il Kyrios 1Cor 12,3. Applicazione del “Signore” a Gesù innalzato, ha un legame
con il messia dell’AT. Paolo rimane sempre un ebreo. Già nell’AT si attribuiva al re
intronizzato, predicati divini, egli aveva il compito di rappresentare Dio sulla terra, il ruolo
del messia funzionale. I giudeo-cristiani palestinesi, quando invocavano Gesù come Signore,
lo facevano esaltando la sua elevazione potente a messia, con la Resurrezione per Paolo,
Gesù diventa Kyrios. Gli ebrei-cristiani sottoponevano il battesimo nel nome del Signore
Gesù, in vista della sua signoria, che parte dalla sua resurrezione. Paolo ci presenta Gesù
come il Messia in continuità con l’attesa messianica: rappresenta Dio per il popolo, e il
popolo davanti a Dio dove la novità è la resurrezione.

Cristologia di Marco
I sinottici narrano il cammino terreno di Gesù alla luce della pasqua. Adottano la
fede originaria in Gesù. Pongono le basi storiche dell’ambiente cristiano, non sono
una speculazione, come poteva essere per Paolo che non lo aveva conosciuto. Qui è

28
presentato come persona storica. Inseriscono le azioni e le parole del Risorto anche
nelle vicende storiche della vita di Gesù, perché narrano la sua storia sempre in vista
della Resurrezione. Nella narrazione infatti lo riconoscono come Kyrios. Una lettura
post-pasquale. L’appellativo di Kyrios viene sempre più riferito al Gesù terreno. Il
rabbino diventa Kyrios, Signore. I vangeli sono una rilettura della vita e dell’identità
di Gesù di fronte alla sua resurrezione. Quando i vangeli narrano Gesù terreno che
muore e soffre, annunciano anche colui che è resuscitato. I vangeli fanno parlare
Gesù come qualcuno che è costantemente presente.

• Il vangelo di Marco: redatto verso 70 d.C. Contiene cristologia altamente sviluppata.


• La cristologia del vangelo di Marco è narrativa, non speculativa, non ha un concetto
astratto del sistema cristologico:
– «Chi sia Gesù Cristo ce lo dice la sua storia»». L’intenzione di Marco è di presentare la
narrazione della storia.
• «Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio» (Mc 1:1). Il proemio indica subito chi è
Gesù. La discesa dello Spirito su di Lui è spiegata come inizio dell’attività e come relazione
particolare tra lui ed il Padre. Subito dopo lo Spirito lo sospinse nel deserto. Il segno
interpretativo per tutto il vangelo di Marco:

• Il lettore cristiano del vangelo di Marco è credente, conosce dunque già (alla luce della
Pasqua) il mistero della persona di Gesù, che gli viene rivelato progressivamente. Secondo
alcuni, il lettore conosce più di quanto conoscessero i discepoli, gli attori del vangelo, che
sono sotto il segreto messianico.
• La prima parte (Mc 1:14 -10:52) racconta l’attività pubblica di Gesù, del Figlio di Dio
ripieno di Spirito ancora nascosto ai discepoli. Il quale annuncia la vicinanza del regno di Dio
e invita a trarne le conseguenze: conversione e passaggio alla vita nuova.
• Gesù rende già simbolicamente presente nelle sue azioni la salvezza della signoria di Dio.
Insegnando con autorità e operando guarigioni, ponendo fine al dominio del male sugli
uomini, perdonando i peccati.
•I testimoni di tale attività si interrogano sulla fonte della sua sapienza e capacità
taumaturgica (Mc 6: 2), e miracolosa.

• I discepoli si domandano: «Chi è dunque costui?» (Mc 4:41). Questa la domanda


principale del nostro corso. Non comprendono tutte le azioni di Gesù. Riconoscono
Gesù come Figlio di Dio solo alla fine. Marco ha una strategia propria, nascondere
nella narrazione la rivelazione del segreto:
• Il segreto messianico: «E voi chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il
Cristo». E impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno» (Mc 8: 29-30).
Perché questo segreto? Una qualche spiegazione è fornita dal cammino di Gesù verso
Gerusalemme. Questo cammino è legato agli annunci di sofferenza, morte e
resurrezione.
• La prima parte converge verso la seconda parte (Mc 11:1-16:8), cioè verso la
passione accettata da Gesù volontariamente. La dinamica di avvicinamento di Dio
verso l’umanità, che emerge nel cammino verso Gerusalemme e verso la croce. Il
peccato è allontanamento da Dio, ma Dio si avvicina attraverso questa strada. Il
sinedrio lo condannerà per aver detto di essere Figlio di Dio.

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• Mentre i discepoli falliscono e fuggono, sotto la croce egli viene riconosciuto
unicamente dal centurione: «Veramente quest’uomo era Figlio di Dio» (Mc 15: 39).
• Il lettore sa che Dio ha risuscitato questo Gesù dai morti. Perché è una narrazione
post-pasquale. E innalzato come Figlio dell’uomo alla destra, e da dove verrà per
salvare e da dove viene la Signoria di Dio con potenza. Per Marco il cammino di
Gesù comporta inevitabilmente la croce, e quindi solo nell’orizzonte della croce e
nella sua sequela si può riconoscere il fatto che è Figlio di Dio. Schweitzer: si può
capire che è Figlio di Dio solo seguendolo.

Ci sono tre titoli cristologici in Mc:


 Figlio di Dio, che non indica pre-esistenza, percorre tutto il vangelo, e
indica che l’attività messianica è piena della presenza dello Spirito come
messaggero e Signoria di Dio già riconosciuta
 Figlio dell’uomo è l’uomo escatologico, è colui che arriverà in futuro
 Messia
Tre titoli inseparabili in Mc. Insieme questi tre titoli, spiegano chi è costui. Solo il
vangelo nel suo insieme può indicare chi è Gesù.
La cristologia di Mc è un “precedere”: Gesù cammina davanti a noi e apre la via. Il
segreto vuole esprimere l’idea che il mistero di Gesù può essere compreso solo da chi
ha fede e segue la sua via fino alla croce. Dagli altri non può essere compreso, il
segreto è valido fino alla resurrezione.

Cristologia di Matteo
Il vangelo di Matteo: scritto verso l’85 d.C.. Vangelo di tipo giudeo-cristiano. Si
colloca nel contesto del confronto del giudaismo contemporaneo di stampo farisaico
e si apre allo stesso tempo al mondo dei pagani per il cristianesimo della grande
Chiesa.
• Matteo è interessato a dimostrare la messianicità di Gesù in senso ebraico. Il lettore
è una comunità ebraica
• A questo scopo si serve delle Scritture per mostrare gli eventi della vita di Gesù un
adempimento della Scrittura: «Questo avvenne affinché si adempisse...».
• Il vero e proprio titolo messianico “Il Cristo” emerge in primo piano, come emerge
anche «Il Figlio di Davide»: la genealogia iniziale intende affermare che Gesù è il
vero Messia atteso, il vero Israele obbediente alla volontà del Padre.
• Per Matteo Gesù è il Messia promesso, è il compimento delle promesse
messianiche. In conseguenza è sottolineata la questione della figliolanza abramitica
di Gesù. Matteo non restringe Gesù alla comunità ebraica, perché Abramo è il padre
della fede di tutta l’umanità. Tutti i popoli possono trovare in lui la salvezza, al di là
dell’elezione di Israele, che è inclusa ma comprende tutti. I discepoli sono inviati a
tutti. “Andate e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del
Figlio e dello Spirito Santo”.
• Allo stesso tempo Gesù è l’interprete autorizzato e definitivo della volontà di Dio
(Mt 5: 21-48).

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• In tutta la vita, insegnamento, attività, in Lui si verifica il «compimento» definitivo
della legge (Mt 5:17)
Di conseguenza Gesù non è solo il maestro della nuova giustizia, ma nel medesimo
tempo la sua incarnazione.
• Gesù era l’ultimo messaggero della sapienza, il personaggio rivelatore della
volontà di Dio: «ma io vi dico».
• Matteo identifica Gesù come «la sapienza di Dio in persona», Mt 11,19. Il suo “ma
io vi dico”, la sua autorità, non è una bestemmia ma la manifestazione escatologica
della volontà di Dio, è l’incarnazione della sapienza di Dio, il Figlio dell’uomo è la
sapienza di Dio in persona. Con la sua cristologia della sapienza Matteo dice:
• In Gesù di Nazaret Dio stesso incontra l’uomo e che Gesù è l’«Emmanuele», cioè
«Dio con noi» (Mt 1: 23). Questa la cristologia di Matteo
• In tutti i titoli menzionati, sapienza, figlio dell’uomo, messia, figlio dell’uomo, sono
superati dal predicato cristologico più importante: Gesù è «il Figlio di Dio». Spesso è
esteso a tutte le fasi del cammino della sua vita
• Però Gesù non viene riconosciuto come Figlio di Dio dal suo popolo. Subisce la
morte in croce a motivo dei peccati.

Egli fu eletto da Dio come Figlio per instaurare un nuovo rapporto con Lui: la parola
chiave è – Emmanuel- «Dio con noi» (Mt 1: 23). Per operare– La «salvezza dai
peccati», cioè dalla lontananza da Dio (l’opposto è Dio con noi). Solo il Figlio eletto
può essere espiazione, vicinanza: la salvezza per Matteo è vicinanza di Dio all’uomo
e dell’uomo a Dio.
• Il Risorto appare come «il Figlio» che con la promessa della permanente presenza
presso i suoi:
– «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28: 20), il Risorto
appare con la promessa della sua permanente presenza con loro, il vero Emmanuele.
Il peccato allontana l’uomo da Dio, la salvezza lo avvicina di nuovo e ci permette di
partecipare alla sua figliolanza.
– Conferma il proprio nome di «Dio con noi» (Mt 1: 23).
• In fine, Matteo pone il Figlio sullo stesso piano del Padre, presentando la sua
uguaglianza con Dio piuttosto in termini dinamici e funzionali: una vicinanza con
noi
– L’ulteriore sviluppo della riflessione patristica sull’ontologia di Gesù avrà in ciò
una solida base di partenza.

Cristologia di Luca
Il vangelo di Luca: scritto verso l’85 d.C. Possiede una sorprendente conoscenza della
Scrittura
• Contiene la rivelazione del messaggio di Cristo al mondo pagano:
– «Oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore» (Lc 2:11).
Tutto il cammino di Gesù è salvifico, Egli è il “Salvatore”, il Messia eletto Figlio di
Dio. I destinatari sono i pagani, che aspettavano la salvezza, quindi gli viene
presentato come soter.
• Dalla nascita: Figlio di Dio:

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• «Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di
Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non
avrà fine» (Lc 1. 32-33):
– Conferma la profezia di 2 Sam 7: 12-16. Ciò vuol dire l’importanza salvifica di Gesù
con gli uomini, che non dipende dall’iniziativa umana, ma dipende da Dio stesso. Fin
dall’inizio quello che accade in Gesù è iniziativa di Dio stesso.
• Messia rimane provvisoriamente incompreso e nascosto. Luca non usa il termine
Cristo quando si tratta dell’attività pubblica di Cristo. Con il mistero della passione,
il titolo messia non è compreso.
• Svela dopo il compimento del cammino nella risurrezione - alla luce della Scrittura:
– «Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua
gloria?».

• La designazione di Messia allude alla missione e al compito particolare di Gesù: –


Egli è «unto» con lo Spirito, affinché annunci universalisticamente a tutti i bisognosi
la liberazione e la salvezza e la realizzi contemporaneamente nei loro confronti.
• «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e
mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai
prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e
predicare un anno di grazia del Signore…. «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che
voi avete udita con i vostri orecchi» (Lc 4: 18-21). Non è solo proclamazione ma anche
compimento di quella salvezza nei loro confronti in quel momento. Tutti i titoli
antichi di origine ebraico-ellenistica, assumono in Luca questa missione del Figlio
dell’uomo, cioè salvare e cercare quello che è perduto. Messia non è riconosciuto fino
alla resurrezione.

• La salvezza (soteria) portata dal «Salvatore» (soter) è destinata in modo particolare


ai poveri e ai perduti. Nessuno dei messaggi di Lc è fuori dell’ambito della salvezza.
Così la speranza pagana e il desiderio ebraico trovano la soluzione nell’attenzione di
Gesù per i malati, deboli, poveri, le vedove. Per Luca Gesù è salvatore, venuto per chi
è perduto. Tutta la storia di Gesù ha importanza soteriologica, amore per i perduti, la
propria morte.

È divenuto permanentemente l’autore della vita: è il santo, dona il perdono ai


peccatori, e dona lo Spirito per accedere alla salvezza definitiva, al perdono di Dio.
La funzione redentrice di Gesù è incondizionata ed illimitata. Si pensi al Figlio
prodigo (Lc 15, 11-32)
Poiché Gesù è ora il Cristo e il Kyrios innalzato (At 2,36), la salvezza è una possibilità
perennemente aperta: in nessun altro c’è salvezza (At 4,12).
Il cammino di Gesù per arrivare alla gloria è paradigmatico: la vita di Gesù è un
esempio per il credente, nel suo cammino Lc scopre come i cristiani devono
camminare: è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio.
Gesù è anche il modello per il discepolo che deve percorrere la via della croce dietro
il Signore per giungere alla vita. Gesù apre alla via della vita e permette di
percorrerla.

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Nei sinottici vediamo una cristologia funzionale (non ontologica): cioè è in
prospettiva dell’AT.
Cristologia NT – 2 – la parte ontologica
•Il kerygma primitivo o per il cristianesimo primitivo: la cristologia esprime la
nuova dignità acquisita da Gesù risorto, i discepoli cercano di capire chi è costui,
cioè:
– Dio lo ha reso il Cristo/ Messia promesso – Il Signore (Kyrios) di tutti (At 10: 36) –
Il Salvatore (At 5: 31). La resurrezione inizia l’avvento decisivo della salvezza.
• Il contrasto dopo la risurrezione:
– La Signoria di Dio è applicata a Cristo stesso. Colui che ha posto Dio al centro del
suo messaggio viene ora messo al centro da Dio stesso nel suo disegno ed azione
salvifica. La sua esistenza terrena è letta in una nuova luce. I primi cristiani con
sguardo retrospettivo, tornando indietro alla vita di Gesù, ne riscoprono il vero
significato. Se Gesù è stato costituito con la resurrezione Signore, Messia e Salvatore,
significa che Dio aveva un piano. Con la Pasqua, inizia una cristologia pasquale.
Dopo Pasqua, il termine Kyrios viene applicato a Gesù per indicare che la signoria di
Dio è estesa a Lui. Il cristocentrismo predicato da Gesù sembra contrario al
teocentrismo precedente. Colui che predicava il regno di Dio, adesso diviene il
centro, i discepoli adesso predicano il Regno di Cristo. Gesù stesso aveva messo al
centro il teocentrismo, per esempio con il Padre nostro; con la resurrezione è Gesù
che è messo al centro.

VI lezione 15.11.23
• La cristologia primitiva è essenzialmente soteriologica:
– Cioè il suo discorso su Gesù è incentrato sul significato che Gesù ha per la salvezza
degli uomini àchi è Gesù per noi, pro nobis. Nella resurrezione i discepoli riconoscono
Gesù come Salvatore e Messia. à La cristologia primitiva è essenzialmente
funzionale: ciò che Lui fa per me, per noi, per l’umanità.
• La riflessione successiva si svilupperà in una cristologia «ontologica». All’inizio
non era una cristologia ontologica, cioè non si cercava di vedere la sua essenza. La
sua identità rimane velata, e sarà svelata dopo.
• Si parla solo di Cristologia Kerigmatica: «Figlio di Dio» = valenza messianica
(AT).

• La riflessione successiva si svilupperà come Cristologia NT tardiva: ulteriore


significato: – Figliolanza divina ontologica di Gesù (Gv 1: 1-18). Gli sviluppi
successivi non cancellano il significato che per noi è funzionale, ma aggiungono una
riflessione. Il NT spesso rende testimonianza di un cammino verso una cristologia
ontologica. Paolo e Sinottici sono cristologia kerigmatica. Tale progresso è attestato
soprattutto nel Vangelo di Giovanni e negli altri scritti neotestamentari.
• Per quanto riguardo il titolo di Figlio di Dio, abbiamo sottolineato la sua valenza
per l’AT, e l’aspetto funzionale nella cristologia primitiva. Successivamente acquista
un nuovo significato, nell’AT non aveva significato “stessa sostanza del Padre”. Nel
messianismo, il Messia poteva essere chiamato Figli di Dio in senso funzionale e non
ontologico.

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La nascita verginale sottolinea che Gesù viene da Dio, ma Mt e Lc tacciono
sull’origine eterna di Gesù da Dio. La nascita verginale sottolinea la sua divinità ma
non pre-esistenza. Il mistero della sua persona, prima della sua vita terrena
àLa questione della «pre-esistenza»:
-Se la questione della sua divinità era nascosta durante la vita terrena,
successivamente si riflette sul fatto che alla fine pre-esisteva. Ciò che noi oggi
riconosciamo in Gesù dopo la resurrezione, come Messia e Salvatore è un semplice
particolare della sua pre-esistenza. Solo in Dio può avere un inizio eterno – L’uomo
non può diventare Dio – Dio può diventare uomo – E lo diventò in Gesù Cristo. E i
primi cristiani questa la proclamarono come Buona Novella, Dio si è fatto uomo.
Questa divenne anche la spiritualità del NT per cui non si insistette solo sulla
resurrezione, ma anche sull’Incarnazione, sulla Missione del Figlio.
La preesistenza nella formula cristiana primitiva della missione (missione
presuppone pre-esistenza): alcuni schemi

– «Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna,
nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo
l’adozione a figli» (Gal 4: 4).
– «In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito
Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui» (1 Gv 4: 9).
Mediante il richiamo alla preesistenza del Figlio di Dio inviato nel mondo, la
missione è presentata come preparazione, prefigurazione. I profeti erano una
prefigurazione, erano mandati, avevano la missione.
• Gesù Cristo è distinto da altri inviati di Dio (profeti). In lui la missione arriva ad un
livello più alto.
• L’iniziativa di Dio, però entra pienamente nelle condizioni dell’esistenza umana
(evita qualsiasi tipo di docetismo). Senza entrare nella condizione umana, anche Dio
è capace di fare quello che vuole, non entrare nel nostro livello di esistenza, porta
una difficoltà nel concepire la liberazione totale. Si evita il docetismo nella riflessione
cristologica primitiva: un messianismo umano, di Gesù come profeta, e una
mitologia per cui scenderebbe e poi sarebbe sparito, ed infine il docetismo.
• La cristologia neotestamentariaà si svolge in due parti complementari, un duplice
movimento, l’aspetto umano e l’aspetto divino: – verso il basso (cristologia
discendente) à«Figlio» di Dio fattosi uomo. – verso l’alto (cristologia ascendente)
à«Figlio di Dio» nella risurrezione. Solo discendente è docetismo, solo discendente è
umanismo.

Chiaro esempio nel NT è l’Inno cristologico (Fil 2: 6-11)


Il movimento discendente:
Il quale, pur essendo di natura divina(enmorphètoutheou), non considerò un tesoro geloso
(arpagmos) la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso (ekenòsen), assumendo la
condizione di servo (morphèdoulou) e divenendo simile agli uomini; apparso in forma
umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte alla morte di croce.
Il movimento ascendente:

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Per questo(dio) Dio l’ha esaltato egli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro
nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio sipieghi nei cieli, sulla terra esotto
terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristoè il Signore (Kyrios), a gloria di Dio
Padre.
Si può dividere in tre strofe che rispettano il movimento discendente e ascendente
che rispettano l’evento Cristo nella sua totalità e sono unite dal “per questo”. (testo
pre-paolino)

Alcuni elementi importanti. Duplice movimento, ciascuno dei quali ha tre


strofe delle sei)
Verso il basso
•La vita umana e la morte di Gesù sulla croce:
–Kenòsis: auto-svuotamento
–Adempiono la figura Deutero-Isaia
•«Servo di Dio» (morphèdoulou)
–«Pre-esistenza»

La vita umana e la morte di Gesù sulla croce sono viste come auto-svuotamento,
adempimento del Servo di Yahwè. Mette in evidenza la sua preesistenza.

Verso l’alto:
•L’esaltazione della risurrezione
•Kerygma primitivo: «Signore» (Kyrios)
•La Figliolanza e pre-esistenza di Gesù:
«Dal carattere escatologico dell’evento di Cristo consegue che Gesù fin dall’eternità è
Figlio di Dio e che Dio fin dall’eternità è il «Padre del Signore Gesù Cristo» … Gli asserti
neotestamentari sulla preesistenza conducono quindi ad una reinterpretazione più
ampia del concetto di Dio» (Kapser).

Non tocca la cristologia precedente ma indaga meglio la persona di Gesù,


sottolineando la sua preesistenza. Chi è Gesù per noi e chi è per se stesso? Questo il
culmine della questione. àLa cristologia ontica e funzionale diventa una cristologia
ontologica. Il titolo Figlio di Dio nell’AT era legato al messianismo senza implicare la
natura divina, era usato per un messia funzionale non uguale a Dio. Dopo tanti anni
viene riutilizzata con un nuovo significato, perché diviene uguale al Padre. Dal NT il
titolo verrà utilizzato per indicare la sua identità personale, non solo funzionale del
chi è per noi, ma chi è in se stesso. Gli asserti sulla preesistenza conducono ad una
riflessione nuova sul concetto di Dio.

Prologo del Vangelo di Giovanni


La riflessione ulteriore conduce allo sviluppo ulteriore che è il vangelo di Gv.

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• Gv 1 1 àIn principio era il Verbo dabar logos e il Verbo era presso Dio ho theos e il
Verbo era Dio theos
• Gv 1 14 àE il Verbo si fece egeneto carne sarx e venne ad abitare eskènòsen shekinah in
mezzo a noi e noi vedemmo la sua gloria doxa gloria come di unigenito monogenès del
Padre, pieno di grazia charis èmèt e di verità alètheia hesed
•Gv 1 16 àDalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia charis su grazia
•Gv 1 17 àPerché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia he charis e la verità he
alètheia vennero per mezzo di Cristo
•Gv 1 18 àDio nessuno l’ha mai visto proprio il Figlio unigenito monogenès che è nel
seno del Padre, lui lo ha rivelato
• Alcune osservazioni: lo scrittore applica al Figlio preesistente il concetto di Verbo
(dabar Yahwe) ricavando dall’AT il concetto di Parola. Dio, il Padre oh theos, viene
distinto dal Verbo che è Dio solamente theos. Il Verbo si fede carne, esprime il
divenire personalmente del Verbo, per cui la Parola di Dio diventa carne.

La carne indica la fragile condizionae umana che condivide con gli uomini. E venne
ad abitare in mezzo a noi, nell’AT la teologia della shekinah cioè “dimora abitazione
tenda”, in virtù della quale la Sapienza ha piantato la sua tende come dimora fra gli
uomini. Nonostante la debolezza della carne, la gloria doxa, secondo Gv brilla
attraverso l’esistenza umana di Gesù sin dai suoi inizi, la debolezza umana non
diminuisce la grandezza dell’evento. In Gv la gloria non è rimanda alla resurrezione
come in Paolo, ma è rimandata al farsi uomo nella debolezza. Il suo essere generato
eternamente dal Padre è specificata da “primogenito dei morti” per la resurrezione in
Paolo; invece Giovanni sottolinea l’importanza della sua incarnazione. Il Verbo
incarnato è pieno di grazia e di verità. Con il Prologo giovanneo si raggiunge un
apice non sorpassabile nella tradizione biblica; esso risponde alla domanda che Gesù
ha rivolto ai suoi discepoli «Voi chi dite che io sia? » (Mt 16 15). Abbiamo concluso
un circolo che inizia dalla resurrezione e termina con la comunione costante del
Figlio con il Padre.

La cristologia funzionale tramite il dinamismo interno della fede fides quaerens


intellectum ha fruttificato quella visione ontologica. Si fornisce la risposta definitiva
alla domanda “chi è costui”. Nella cristologia del Prologo c’è la risposta definitiva
alla domanda di Gesù “voi chi dite che io sia?”. Una risposta che si può dare solo
nella fede, e solo dopo un lungo processo di riflessione cristologica. Non arriva
all’impovviso.
Riassunto della riflessione
Autori/ testi àMomenti significativi
Kerigma (Atti) à ßRisurrezione
Marco àBattesimo
Matteo+Luca àConcepimento Verginale
Inni pre-paolini (fil 2,6-11) àPre-esistenza
Giovanni 1,1-18 à Incarnazione (Figlio di Dio)
All’inizio nella tradizione kerigmatica sinottica e paolina c’è sempre un forte
riferimento alla resurrezione. Dopo in Marco si vede un cambiamento con il
Battesimo. In Luca e Matteo si parla del concepimento verginale che non presuppone

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preesistenza, ma solo la divinità. Negli inni pre-paolini, soprattutto Fil, si parla della
preesistenza nella prospettiva di missione e mandato. L’apice è Gv 1, il Prologo dove
si introduce il concetto dell’incarnazione. L’incarnazione presuppone preesistenza e
l’identità del Figlio Eterno.

Conclusione
Alla fine per quanto riguarda la cristologia neotestamentaria ci sono due tendenze

 il kerigma primitivo, cristologia verso l’alto, la resurrezione: la


condizione divina di Gesù è stata confermata alla luce della stato umano
glorificato della resurrezione. La cristologia verso il basso non sostituisce
quella verso l’alto, sono importanti entrambe
 La cristologia del prologo non cancella quella della chiesa primitiva.
Abbiamo bisogno di entrambe per mantenere una tensione fruttifica per
comprendere la reale identità di Gesù e la sua figliolanza divina.
Dalla nostra sommaria analisi emerge una grande varietà di espressioni cristologiche,
non esiste una cristologia. Si va dalla concentrazione massima delle omologie, cioè
proclamazione che Gesù è risorto, alla cristologia ontologica sviluppata di Paolo e
Gv. La varietà e sviluppo non diminuiscono la varietà del mistero di Cristo, ma lo
approfondisce. La molteplicità dei modelli cristologici nella bibbia stessa esprime la
ricchezza della sua persona e l’identità salvifica di Cristo. D’altra parte ogni modello,
presenta la globalità del mistero di Cristo nelle sue linee essenziali. Questi modelli
non sono chiusi ma aperti e complementari, dal momento che Gesù rompe ogni
schema, non si lascia comprendere da nessuno. Rimangono approcci diversi
frammentari, complementari del mistero di Gesù che si pone al di là di ciascuno.
Sfuggirà sempre alla nostra comprensione. Non può comprendere totalmente. Tutto
questo afferma che Gesù rimarrà un mistero, come diceva Schweitzer: “è uno
sconosciuto senza nome … pronuncia la stessa parola Seguimi, e ci pone ai compiti
da risolvere nella nostra epoca”. Questo Gesù rimarrà un mistero.

3. Cristologia dogmatica
“Insegniamo a confessare un solo e medesimo Figlio: il signore nostro Gesù Cristo,
perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero uomo” (DS
301)
Il primo periodo dei Concili e i Padri arriva fino al VII o VIII secolo. False cristologie,
diverse metodologie.
Primo tentativo radicale fu il docetismo
 Il periodo dei primi concili: false interpretazioni di Cristo. Lotte sulla
giusta terminologia da usare.
 Docetismo: scuola che apprezza altamente la divinità, ma nega che il
Figlio di Dio si sia veramente incarnato, mette dubbi sulla sua natura
umana. In tal modo vogliono assicurare l’unità della persona. Cristo che è

37
Figli di Dio è divenuto apparentemente uomo, ha sofferto solo in
apparenza. Non credono in un divenire uomo di Dio. La prima tendenza
eretica nella cristologia, afferma che Cristo, il Figlio di Dio era un essere
umano solo in apparenza dokein (apparenza). Non credono nel divenire-
uomo di Dio. Egli ha abbandonato l’uomo Gesù prima della morte.
 Arianesimo: negava l’uguaglianza nella divinità del Figlio di Dio con il
Padre, al contrario del docetismo. Il Figlio era creatura perfetta,
subordinato al Padre (subordinazionismo). E ci fu un tempo in cui non
esisteva. Nega la preesistenza, essendo una creatura.

 Per controbattere Ario, il Concilio di Nicea 325 adottò il termine usato


dallo scrittore Origene per indicare l’unità della persona di Cristo con il
Padre, homoousios cioè “una sola sostanza”. Apparentemente il Concilio
intendeva una sostanza numericamente identica, un unico essere divino a
cui partecipavano il Padre e il Figlio che è vero Dio e vero uomo. La voce
homoousios non mirava sovrapporre il concetto ousia al concetto di Dio, era
una risposta ad Ario. Ma questo portò una crisi cristologica. Si voleva
parlare di un Figlio di Dio che non è sul piano delle creature. Non si voleva
dire niente di più di quanto la scrittura affermasse. Era una risposta alla
crisi ariana. La soluzione di Nicea nella terminologia finale renderà
possibile le più diverse interpretazioni, e quindi anche opposizioni. Nicea
mirava formalmente alla spiegazione di come Gesù potesse essere vero Dio
e allo stesso tempo vero uomo. Per Ario era un semi-dio. La fine della
riflessione si ebbe con Calcedonia, “le inconfuse”.

 Atanasio e i suoi seguaci confermarono al termine usato dal Concilio


per esprimere la divinità di Cristo. Alla luce di Nicea, come si poteva
sostenere la vera umanità di Cristo? Quale era la relazione tra l’elemento
umano e quello divino in Cristo?

Cristologia di Logos-sarx
Cioè il Logos abita nella carne ma non si crede in autentico divenire uomo di Dio.
Il motivo è soteriologico di questa eresia. L’apollinarismo viene dal vescovo
Apollinare di Laodicea (310-390):
 Apollinare difensore di Nicea e sostenitore di Atanasio, si spinse troppo
oltre: per sostenere l’incarnazione, affermò che nell’incarnazione il Logos
prese il posto dell’anima umana. Il Logos ha assunto il corpo umano, ma
non ha assunto anche lo spirito umano. La domanda era in che senso è
diventato uomo. A spese della divinità del Logos, l’umanità risulta
incompleta. Come si spiegava però l’unità della persona? L’incarnazione?
L’unità della persona si afferma solo perché il Logos è la forza vitale di
Cristo. Gli apollinaristi non credono al divenire veramente uomo del
Logos, manca lo spirito che è l’elemento tipicamente umano. Il problema è
soteriologico: se Cristo deve redimerci deve essere senza peccato. Per
Apollinare è concepibile solo in questo modo: Cristo non deve aver un

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nous cioè anima razionale capace di peccare, per cui il Logos deve
sostituire lo spirito umano. Solo così il Logos garantisce l’impeccabilità che
è fondamentale per la nostra redenzione.

Il sistema di Apollinare solleva la questione di come lo spirito umano può essere


redento?
 Gregorio Nazianzeno: “ciò che non è stato assunto, non è redento”.
Apollinare non cambiò idea.
Concilio di Costantinopoli del 381, condannò il modello Logos-sarx
 Cristo aveva una vera anima umana, affermò Nicea negando
Apollinare. Il Logos il Figlio eterno di Dio assunse una natura umana
completa al fine di redimere tutto l’uomo. Nicea insiste sul fatto che Cristo
sia veramente Dio e Costantinopoli sia veramente uomo.

La scuola di Alessandria, che comprendeva Origene e Cirillo, sosteneva una


cristologia dall’alto. L’approcciò Logos-sarx è fondato sulla discesa del Logos
nell’uomo per salvarlo e riportarlo in alto. La cristologia alessandrina, partendo dalla
divinità di Cristo come soggetto, riusciva a spiegare bene la sua divinità ma non bene
l’umanità. La domanda: come poteva il Logos eterno assumere un agire pienamente
umano?

Cristologia Logos-antropos
La scuola di Antiochia, al contrario di Alessandria, che comprendeva figure come
Teodoro di Mopsuestia e Nestorio, sosteneva una cristologia ascendente, dal basso
verso l’alto. L’approccio si chiama Logos-antropos. Salvaguardava la piena natura
umana di Cristo. Tale scuola non si occupa tanto di speculazioni metafisiche, ma
insisteva sulla vera divinità di Cristo e sulla competa umanità contro Apollinare e
sottolineava la loro distinzione a questo scopo:
 La cristologia della distinzione è riconoscibile in Teodoro di
Mopsuestia, il cui interesse per le vicende umane lo conduceva a
distaccarsi dalla storia. Il problema è: in che modo divinità e umanità di
Cristo sono unite in un unico soggetto? Come mai due nature. Questa
cristologia poteva fuorviare abbandonando la vera unità di Cristo. Non
spiegano come suono unite. Concludono con due soggetti: il Verbo che
assume, l’uomo Gesù che è assunto. Una cristologia della distinzione. Si
pose l’accento su un’altra storia, poiché gli antiocheni avevano come punto
di partenza la piena natura umana e la piena natura divina, il problema più
grande era la domanda: “in che modo umanità e divinità sono unite in un
solo soggetto agente?”.

Cioè come parlare di due nature di un solo soggetto agente? Il pericolo era
di abbandonare la piena umanità di Cristo. Il Verbo che assume e l’uomo
che viene assunto.
 Nestorio arcivescovo di Costantinopoli venne incoraggiato a prendere
posizione sulla definizione di Theotokos. Inizialmente si rifiutò di usare
quell’appellativo. Fu accusato di sostenere una unità morale non reale, un

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essere divino Logos che esisteva fianco a fianco con l’essere umano Gesù.
Invece di Theotokos propose Christotokos, madre di Cristo e fu accusato di
sostenere una unità morale piuttosto che una piena umanità personale tra
divinità e umanità. Per lui il Logos esisteva fianco a fianco con l’umanità di
Cristo.

VII lezione 22.11.23b


Cirillo di Alessandria e altri volevano che in Efeso 431 si condannasse Nestorio.
Cirillo per sottolineare l’umanità di Cristo, involontariamente, riportò una frase di
Apollinare:
 Cirillo di Alessandria: «unica natura del Logos divino, la quale (natura)
divenne carne»
A differenza di Apollinare, Cirillo intendeva carne come “natura pienamente
umana” e voleva insistere sul fatto che sin dal concepimento la natura umana di
Cristo apparteneva interamente al Logos. La frase di Cirillo poteva indurre alcuni ad
andare oltre la dottrina ortodossa.
• Eutiche di Costantinopoli (378 -454): l’eresia «monofisita». Sostenne che la divinità
di Cristo ne assorbì l’umanità. Era l’eresia cosidetta monofisita, secondo cui l’unica
natura divina assorbe l’umanità.
• La reazione ortodossa ad Eutiche fu Papa Leone I (449) con il Tomus riconosce in
Cristo «due nature in una persona».

E con definizione di Calcedonia (451 d.C.). I primi secoli del cristianesimo


svilupparono la riflessione sulla persona di Cristo attraverso delle definizioni
dogmatiche che culminano con la definizione di Calcedonia:
• «Seguendo, quindi, i santi Padri, all’unanimità noi insegniamo a confessare un solo
e medesimo Figlio: il signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto
nella sua umanità, vero Dio e vero uomo, [composto] di anima razionale e del corpo,
consostanziale (ὁμοούσιον- homoousion) al Padre per la divinità, e consostanziale a
noi per l’umanità, simile in tutto a noi, fuorché nel peccato, generato dal Padre prima
dei secoli secondo la divinità, e in questi ultimi tempi per noi e per la nostra salvezza
da Maria vergine e madre di Dio, secondo l’umanità,
• uno e medesimo Cristo signore unigenito, da riconoscersi in due nature (ἐν δύο
φύσεσιν), senza confusione, immutabili, indivise, inseparabili, non essendo venuta
meno la differenza delle nature a causa della loro unione, ma essendo stata, anzi,
salvaguardata la proprietà di ciascuna natura, e concorrendo a formare una sola
persona e ipostasi (εἰς ἓν πρόσωπον καὶ μίαν ὑπόστασιν);

Egli non è diviso o separato in due persone, ma è un unico e medesimo Figlio,


unigenito, Dio, verbo e signore Gesù Cristo, come prima i profeti e poi lo stesso Gesù
Cristo ci hanno insegnato di lui, e come ci ha trasmesso il simbolo dei padri» (DS 301-
302).
Il Concilio opera una sintesi tra le due scuole, prende da Alessandria l’insistenza
sull’umiltà di Cristo, da Antiochio l’insistenza sulle due nature distinte. La teologia
alessandrina trova conferma nella teologia del NT in Giovanni. Quella antiochena

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guarda più i sinottici e la natura umana di Gesù Cristo, senza negare l’aspetto divino.
La definizione dell’unica persona in due nature distinte.
• La definizione dell’unica persona in due nature risponde:
– Chi (la persona) è Cristo.
– Che cosa (le sue due nature) egli è.
– Come (l’unione fra la persona e le sue due nature) egli è ciò che è.
• La formula dottrinale non prevede una teoria metafisica di Cristo, ma riafferma
l’unità dell’unico soggetto Gesù Cristo nella distinzione permanente tra Dio e uomo.
La riservatezza ànon è possibile racchiudere del mistero dell’unione di Dio e
dell’uomo in Gesù. Dio non assorbe e non assume solamente. È difficile per il
Concilio racchiude il mistero dell’unione tra Dio e uomo in una formula perfetta.
Calcedonia non è una formula perfetta, ma un tentativo di rispondere alle domande.
Con questa riserva sul dogma di Calcedonia, che lascia ampio spazio alla
testimonianza di colui che è professato vero Dio e vero uomo.
Cristo in una formula perfetta.

• Il dogma delinea la cornice, ma non la riempie di vita. Calcedonia non è un dogma


perfetto, perché richiede un atto di fede. Non è una scienza.
• La definizione di Calcedonia è il principio e il punto di partenza per ulteriori
chiarificazioni e approfondimenti. È un punto di riferimento per la Chiesa, perché
presenta il quadro normativo, stabilisce i criteri da considerare in qualsiasi teoria
cristologica per ribadire la riflessione neotestamentaria sul fatto che Gesù è il Cristo.
Il dogma colma il quadro ma non gli dà vita. L’atto di fede non è passivo ma attivo.
La formula Calcedonese esprime la novità cristiana: il Figlio di Dio si è degnato per
progetto divino di sopportare come uomo inerme la vita di qualsiasi uomo al fine di
donarci la salvezza, cioè la comunione con Dio. La salvezza viene attraverso
l’incarnazione. Il concilio di Calcedonia lascia alcune cose non chiarite. Non può
essere apice finale della cristologia della chiesa antica. In campo di cristologia
fondamentale è il punto di inizio, per i dogmatici è il punto di arrivo. È la base della
cristologia di tutte le chiese cristiane.

Limitazioni di Calcedonia
• Alcuni elementi non sono pienamente chiariti. Per esempio il rapporto tra
l’elemento divino e quello umano in Cristo.
• La persona di Gesù Cristo. Da una lettura di Calcedonia Cristo non è stato
letteralmente descritto come una persona divina. Come sia possibile pensare l’unione
delle nature, il Concilio non dice niente.
• Unica «hypostasis» comprendente le due nature: non è stato detto come. A
Calcedonia non si poteva pensare in modo più preciso il significato dell’unione
ipostatica delle nature.

41
– è stata sollevata spesso la domanda se le determinazioni ontologiche della persona
di Gesù sia necessarie. Non è stata dichiarata come la preesistente persona divina del
Logos.

– Concilio di Costantinopoli (553) interpreta l’unità di soggetto in


Cristo, identificando il principio di unione con il Logos preesistente.
• È necessario che la cristologia passi dalla terminologia funzionale a quella
ontologica?
• «Cristo ha due nature. In che modo questo mi riguarda?...» (Lutero). Chi è in se
stesso? Lutero senza respingere Calcedonia, si chiede cosa serva a me sapere questo.
Credere che quella persona è uomo e Dio non serve a nessuno, a noi interessa solo
che questa persona è venuta da Dio per me. A lui interessa solo una cristologia
funzionale, ontica e non ontologica.
• «Mi aiuta perché è Figlio di Dio oppure è Figlio di Dio perché mi aiuta?»
(Bultmann). Sulla scia di Lutero.
• Per Calcedonia e per la tradizione conciliare non può darsi una separazione tra la
funzione di Gesù e il suo essere. L’essere di Gesù Cristo in se stesso è necessario per
la sua azione salvifica. La funzione e l’ontologia sono mutuamente interdipendenti.
Funzione e ontologia sono interdipendenti per i cattolici. La tradizione cristiana si è
indirizzata verso lo sviluppo di una cristologia ontologica. La nostra intenzione è
vedere il suo aspetto ontologico.

Concilio - Dottrina
Nicea àCristo è divino
Costantinopoli – I à Cristo è umano
Efeso àunità personale che non distrugge la diversità delle nature
Calcedonia àDue nature. Questi concili affermano la piena umanità e divinità di
Cristo, nell’unità e distinzione
Costantinopoli- II àunione ipostatica, introdotto come termine per spiegare che
l’unità di Cristo sostenuta a Calcedonia
Costantinopoli- III àduoteletismo. Due volontà che non si confondevano l’una con
l’altra.

Alcuni cristiani considerano Calcedonia come una rete di sicurezza, qualcosa a cui
aggrapparsi in caso di difficoltà. Sarebbe meglio seguire Rahner e tener conto che
questa definizione prende vita per il fatto di essere inizio e non termine, inizio di una
riflessione cristologica seria.

Verso un’inculturazione

• Cristologia di NT: parte dalla Risurrezione.


• Nella tradizione sinottica, la domanda «Chi dite che io sia?» diventa cruciale
àPietro risponde: «Tu sei il Cristo» (Mc 8: 29).
• Per Pietro: il Cristo àil Messia (AT). La risposta è da vedere alla luce della
resurrezione.
• Cristologia neotestamentaria àfunzionale (nella prospettiva dell’AT):
– Che cosa fosse Gesù «per noi»?

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• Tramite il dinamismo della fede vissuta dai cristiani àinizia la prospettiva
ontologica, per cui la domanda prende ulteriore forma:
– Chi è Gesù in se stesso? Chi è Gesù in relazione con Dio. La prima domanda era
cosa fosse Gesù per noi.

• «Che cosa» dipende di «chi». Non si è arrivati ancora alla questione metafisica, che
risponde alla domanda “che cosa”.
• Linguaggio «ontico» (funzionale) del NT «ontologico» nella tradizione grazie alla
filosofia greca, inculturazione della filosofia. Necessario per una inculturazione dei
gentili. Per annunziare il vangelo nel mondo greco-romano, doveva rispondere in
termini ontologici che dessero ragione a quel mondo. La sua risposta a varie
questioni fu la dottrina della Trinità e dell’Incarnazione, che sono una conseguenza
della missione della Chiesa di fronte ai pagani. Un tentativo di spiegare il
cristianesimo ad alti livelli culturali.

• Da un linguaggio ontico del NT:


– theos, pater, monogenès, huios, sarx ed anthròpos.
 Per arrivare ad un linguaggio ontologico della tradizione:
– Greco: ousia, homoousios, physis, hypostasis. Che non sono termini biblici.
– Latino: substantia, consubstantialis, natura e persona. Termini che non sono nella
Bibbia.
• Con questi strumenti la chiesa ha definito il pre-esistente: «generato dal Padre» e
«consustanziale a lui». Non necessario nel contesto biblico ma pagano.
• L’incarnato: «una persona» che unisce in sé le «due nature». Queste due nature
diventano una spiegazione della fede della comunità cristiana ad un mondo
pagano.
Non bastava solo annunziare il vangelo, ma farlo anche per le persone colte.

Principali limiti
Con le discussioni serie, la tensione si era concentrata sulla discussione formale del
termine “uomo/Dio”. Nel tentativo di spiegare al mondo pagano, si pensa che un
Dio si è fatto uomo, si ignora che Cristo abbia vissuto una vita veramente umana,
bensì che abbia assunta una natura umana intera.
Si può parlare della natura con tanta semplicità, ma si dimentica l’unica persona di
Cristo. Non si parla di un Dio impegnato che si era trovato nella scrittura. I limiti e i
pericoli al dogma cristologico, soprattutto sviluppato in Calcedonia:
1. Il motivo soteriologico-funzionale tende a cadere nell’ombra, dando la priorità alla
costituzione ontologica della persona di Gesù Cristo. Dando la priorità alla
costituzione ontologica di Gesù.
2. La dimensione personale e trinitaria del Figlio incarnato lascia il posto a favore di
una considerazione impersonale del Dio-uomo. Un pericolo della cristologia
contemporanea.
3. La dimensione storica dell’evento Cristo e della vita umana di Gesù viene oscurata
dalla considerazione astratta dell’integrità della sua natura umana.
4. Il coinvolgimento personale di Dio nella storia, tramite 1’incarnazione, fa largo a
concetti filosofici, non biblici.

43
L’ontologia contro l funzione; l’impersonalismo contro il personalismo; l’astrazione
contro la storia; la filosofia contro il linguaggio ontico funzionale:
•A Calcedonia c’è un linguaggio essenzialista che corre il rischio di un dualismo.
Quello che abbiamo visto nella cristologia biblica, non c’è a Calcedonia.

• NTàEvento di Cristo. Incentrato sulla cristologia come evento


• Dogma àVerità di fede. Calcedonia espone la cristologia come verità di fede. Dei
Verbum afferma questo particolare dell’evento. L’evento diventa la verità, verità di
fede in prospettiva filosofica.
La cristologia neotestamentaria distingue l’incarnazione, l’umiliazione, passione
croce e resurrezione con l’ascesa al cielo e la pentecoste.Calcedonia invece afferma
l’unione delle due nature, divina ed umana.
Nel NT sarx e pneuma si riferivano alla kenosi, all’esaltazione e la gloria di Gesù, gli
stessi termini vengono usati per riferirsi alle due nature di Cristo, si cade in
dualismo. Perde la figura di Cristo stesso, l’evento della persona perde.
Rahner parla di Cristologia nella chiave dell’antropologia, una maniera di spiegare la
cristologia all’uomo di oggi che non capisce termini come “unione ipostatica”.
Cristologia trascendentale

Karl Rahner e Cristologia trascendentale


Abbiamo visto il tentativo di spiegare la cristologia ad un mondo pagano con termini
filosofici. Rahner pensa che questi termini non si capiscono più, quindi bisogna
aggiornare, il messaggio lo stesso l’approccio diverso. Il dogma cristologico che
esprime il mistero nei termini della cultura ellenistica, oggi non è più comprensibile.
Rahner tende a spiegare il messaggio cristiano in chiave antropologica per il mondo
di oggi. Rahner insiste che l’unico punto che tutti possono capire è il linguaggio
dell’uomo.
Verso una definizione antropologica del messaggio.
L’antropologia in teologia non è una novità di per sé. La teologia trinitaria di
Agostino parla di una concezione di Dio all’interno dell’uomo. Agostino: conoscenza
di Dio all’interiorità dell’uomo. Ma ci si chiede: che significa l’antropologia teologica?
Di cosa si tratta?
 Antropologia: studio dell’uomo, antropos + logos. Una disciplina che
studia l’uomo in tutti i suoi aspetti, fisici, culturali. Nessuna cultura può
negare questa disciplina. È una disciplina che studia l’uomo come tale
 Antropologia teologica: si occupa dell’uomo in relazione con Dio.
Studia l’uomo nella prospettiva della sua relazione con Dio. Nella teologia
cristiana, antropologia teologica studia una visione cristiana dell’uomo.
Pontifica commissione biblica 2019 “Che cos’è l’uomo? Un itinerario di
antropologia biblica.

Non soltanto mette in evidenza la natura dell’uomo come fondante del


discorso teologico, ma lo mostra capace della ricezione della rivelazione.
àHomo capax dei, uomo creato per una relazione con Dio. “Il desiderio di Dio è
inserito nel cuore dell’uomo perché l’uomo è stato creato da Dio per Dio”. Il

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Catechismo lo afferma non dalla filosofia ma dall’antropologia teologica (CCC
27). Agostino: “Ci hai fatti per te e il nostro cuore non ha posa finchè non
riposa in te” (CCC 30). La cristologia è l’apice di questa relazione che ogni
uomo ha con Dio.
Nella Creazione si evidenzia il luogo privilegiato del rapporto Dio-uomo. Il
punto di partenza della teologia non è costituito dalle asserzioni di fede, ma
dall’autoesperienza dell’uomo, di cui la causa è Dio stesso

Nel metodo induttivo teologico rahneriano, la prima induzione non è Dio ma l’uomo,
non è la dottrina ma l’uomo. “La teologia può partire dall’uomo per arrivare a Dio
perché egli è una creatura speciale che vive al cospetto di Dio che lo ama”. La fede
cristiana afferma che Gesù Cristo è l’uomo perfetto. GS ogni persona è collegata con
Gesù in qualche modo.
“Nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo…. Egli è
l’immagine dell’invisibile Iddio è l’uomo perfetto che ha restituito ai figli di Adamo
la somiglianza con Dio” (GS 22). àIl rifiuto è la poca disponibilità ad aderire alla fede
perché ha un linguaggio sconosciuto, per Rahner le asserzioni teologiche non sono
espresse in modo tale che l’uomo posso possa riconoscere in che modo ciò che in
esser viene affermato stia in connesso con l’evidenza raggiungibile nella sua
esperienza umana

Per Rahner: “L’uomo di oggi non ritiene più degni di fede i contenuti della
rivelazione e per colpa della teologia. Non è del tutto illogico che eglii possa dubitare
della rivelazione. Tutte queste difficoltà dell’uomo odierno possono ricondurre ad
una struttura formale comune: gli enunciati teologici non vendono presentati in una
formulazione che gli permetta di accordare i loro contenuti con l’idea che ha di sé e
che egli deriva dalla propria esperienza”. àI dogmi sono lontani dall’esperienza della
vita quotidiana. L’uomo di oggi non accetta più i dogmi della fede cristiana, perché
essi si sono dispiegati in una cultura che non si può identificare con il contenuto della
fede.
Nella tradizione trasmessa per mezzo del linguaggio di una cultura, quella greca e la
filosofia greca, sono validi ed importanti, ma il mondo è andato avanti e non si è
fermato nella cultura greca. La verità teologica trascende il linguaggio umano. Non si
può pretendere che tutte le proposizioni teologiche si possono ricavare
dall’esperienza dell’uomo, ma non si può neppure negare che esiste un linguaggio di
corrispondenza, un nesso costituito dal fatto che la natura, trascendentale è parte del
discorso.

Esistono dei rapporti di corrispondenza tra i contenuti degli enunciati dogmatici e i


contenuti dell’esperienza che l’uomo ha di sé. Rahner chiama l’antropologia
trascendentale. La teologia come discorso cristiano su Dio è un discorso sul rapporto
tra Dio e uomo. Nella prospettiva di Rahner la cristologia è un discorso sul rapporto
tra Dio e l’uomo. Anche se Dio rimane l’oggetto formale della teologia, importante
notare chi parla? àChe tipo di discorso su Dio è quello che tratta di un Dio lontano?
Svolta antropologica è necessaria per tutta la teologia

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“In un mondo secolare il modo convincente per parlare agli uomini è il metodo
teologico trascendentale. Ogni teologia sarà necessariamente antropologia
trascendentale, perché parla del discorso continuo tra uomo e Dio. Deve mostrare
che ogni persona ha un orientamento verso la realtà assoluta, che è Dio.
Sulla grazia: “senza ontologia del soggetto trascendentale, la teologia della grazia e
con essa la teologia in genere, sia altro in realtà che lirica concettuale e mitologia
gratuita”

VIII lezione 29/11/23


Rahner e la cristologia trascendentale
Le opere di K. Rahner:
1. «Teologia e antropologia», in Nuovi Saggi, vol. III, 45-72.
2. «Considerazioni fondamentali per l’antropologia e la protologia nell’ambito della
teologia», in Mysterium Salutis, vol. IV, 11-30.
3. «Teologia dell’incarnazione», in Saggi di Cristologia e di Mariologia, Roma:
Edizioni Paoline, 1967, 93-121.
4. «Gesù Cristo», in Corso fondamentale sulla fede: introduzione al concetto di
cristianesimo, Paoline, Cinisello Balsamo 1990, 235-412.

Verso un’inculturazione
• Cristologia di NT: parte dalla Risurrezione.
• «Chi dite che io sia?» à «Tu sei il Cristo» (Mc 8: 29).
• Per Pietro: il Cristoà il Messia (AT).
• Cristologia neotestamentariaà funzionale:
– Che cosa fosse Gesù «per noi».
• Dal dinamismo della fedeà inizia la prospettiva ontologica:
– Chi è Gesù in se stesso.
• «Che cosa» dipende di «chi».
• Da linguaggio «funzionale» del NT à «ontologico» nella tradizione.
• Linguaggio funzionale del NT:
– theos, pater, monogenès, huios, sarx ed anthròpos.
• Linguaggio ontologico della tradizione:
– Greco: ousia, homoousios, physis, hypostasis.
– Latino: substantia, consubstantialis, natura e persona.
• Il pre-esistente: «generato dal Padre» e «consustanziale a lui».
• L’incarnato: «una persona» che unisce in sé le «due nature».

Antropologia teologic
È necessaria per capire la cristologia trascendentale. Non esclude la visione profana
dell’uomo ma riguarda al visione teologica dell’uomo. Fa la domanda: chi è l’uomo?
Non dal punto vista sociologico, ma teologico. Questa ricerca arriverà alla
conclusione che l’uomo è capax dei, creatura fatta per Dio.
• Agostino: La conoscenza di Dio all’interiorità dell’uomo.
• Antropologia: Ανθρωπολογία
à άνθρωπος (uomo) + λόγος (studio) = ànthropos + lògos
• Antropologia teologicaàVisione cristiana dell’uomo.

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• Pontificia commissione biblica, Che cosa è l’uomo? Un itinerario di antropologia
biblica (2019).
• Chi è l’uomo?
• L’uomo è capax dei: creatura «capace di Dio».
– «Il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell’uomo, perché l’uomo è stato creato da
Dio e per Dio» (CCC 27).
– Agostino: «Ci hai fatti per te e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te
[Confessiones, 1, 1, 1]» (CCC 30).
• Rahner: il punto di partenza della teologia non è costituito dalle asserzioni di fede,
ma «dalla concreta autoesperienza dell’uomo d’oggi».
– L’uomo vive nel cospetto di Dio.
• «Nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo… Egli è
“l’immagine dell’invisibile Iddio” è l’uomo perfetto che ha restituito ai figli di
Adamo la somiglianza con Dio» (GS 22).

Perché l’antropologia teologica?


• L’uomo di oggi ritiene mitiche numerose asserzioni teologiche.
• Rahner: «Le asserzioni teologiche non vengono formulate in modo taleche l’uomo
possa riconoscere in che modo ciò che in esse viene affermato stia in connessione con
l’evidenza raggiungibile nella sua esperienza umana».
• Rahner: «L’uomo di oggi non ritiene più degni di fede i contenuti della rivelazione
e ciò per colpa della teologia. Non è perciò del tutto illogico che egli pensi di poter
dubitare anche sul fatto della rivelazione... Tutte queste difficoltà dell’uomo odierno
possono ricondursi ad una struttura formale comune: gli enunciati teologici non
vengono presentati in una formulazione che gli permetta di accordare i loro
contenuti con l’idea che ha di sé e che egli deriva dalla propria esperienza».
• La redazione dei dogmi della fede cristiana sono avvenute all’interno di una
cultura e per mezzo di una cultura, che non si può mai identificare con il contenuto
puro della fede.
• Esistono dei rapporti di “corrispondenza” tra i contenuti degli enunciati dogmatici
e i contenuti dell’esperienza che l’uomo ha di sé. Quindi secondo Rahner i dogmi
non sono strani, ma sono la spiegazione dell’esperienza quotidiana dell’uomo dal
punto di vista teologico.

Svolta antropologico-trascendentale
• Ogni persona ha un orientamento necessario verso la realtà assoluta che si chiama
Dio. Ogni persona è indirizzata, il suo destino finisce in Dio. L’uomo=persona (nel
nostro discorso)
• Rahner: «Senza un’ontologia del soggetto trascendentale, la teologia della grazia e,
con essa, la teologia in genere, non sia altro in realtà che lirica concettuale e mitologia
gratuita». Trascende il suo destino finale, cioè Dio, in questo senso si parla del
trascendersi. Se non noi non trattiamo l’aspetto ontologico della natura dell’uomo,
tutti i dogmi sono mitologie gratuite.
Che significa l’antropologia teologica dal punto di vista cristiano? La fede cristiana è
fondata sulla convinzione che esiste un rapporto uomo-Dio. Infatti:
• L’antropologia teologica mette in evidenza quel rapporto originario tra Dio e
l’uomo. Per Rahner l’oggetto dell’investigazione non è né Dio né l’uomo, ma il

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rapporto tra Dio e uomo. L’antropologia teologica fa questo. Non evita Dio o l’uomo,
ma il punto di incontro teologico tra i due. Prima di tutto l’antropologia teologica
invita l’uomo ad avere un’autocomprensione dell’uomo stesso.
La domanda fondamentale: chi sei tu?

• «Cosa è l’uomo? Qual è il significato del dolore, del male, della morte, che
continuano a sussistere malgrado ogni progresso? Cosa valgono quelle conquiste
pagate a così caro prezzo? Che apporta l’uomo alla società, e cosa può attendersi da
essa? Cosa ci sarà dopo questa vita?» (GS 10). Le domande fondamentali della nostra
esistenza.
Gli interrogativi diventano il luogo per ulteriore riflessione su origine e destino
dell’uomo. Domande fondamentali che nessuno, credente o non credente può
evitare. Qui comincia la riflessione dell’antropologia teologica. Questa riflessione
porta l’uomo a individuare un punto focale:
• L’esperienza di Dio della quotidianità. Di ogni persona. Nella riflessione l’uomo
scopre che esiste un rapporto tra Dio e uomo, in essa l’uomo riconosce questo
rapporto, nascosto per alcuni e per altri svelato.

L’uomo per Rahner è in un certo modo condannato ad avere questo rapporto. Non
può scappare da Dio perché è lui che lo ha creato. Nell’antropologia teologica, il
punto di partenza non è né Dio né l’uomo ma il rapporto tra i due. La Rivelazione
qui viene vista come un rapporto tra Dio e l’uomo, come l’azione di Dio sull’uomo.
Dio crea questo rapporto, non l’uomo. Per Rahner nella teologia cristiana della
rivelazione il rapporto tra Dio e uomo porta a Dio a diventare l’oggetto della
teologia. Come oggetto primo ed ultimo, come oggetto insuperabile della rivelazione
divina, deve essere identificato con Dio.

La riflessione della teologia parte dall’uomo vede il rapporto con Dio come punto
focale, il rapporto si scopre creato da Dio, allora Dio è l’oggetto della teologia. Se
l’uomo viene compreso teologicamente nel suo essere orientato verso Dio, allora
l’antropologia teologica risulta ovvia: è teologica, relativizza tutte le affermazioni
profane e secolari che si presentano come definitive sulla risposta su cos’è l’uomo.
Solo l’antropologia teologica può rispondere a questa domanda fondamentale.
• Con l’antropologia teologica l’uomo riesce a riconoscere in Gesù come il
compimento del suo desiderio originario-trascendentale. L’antropologia teologica
mostra che l’uomo è un ente, un essere orientato a priori a Dio, non a posteriori. Non
nel senso che l’uomo è orientato a Dio dopo la nostra morte, ma dalla sua esistenza
primaria, è aprioristicamente orientato a Dio. Nello stesso tempo per sua essenza
effettiva è orientato ad un assoluto portatore della salvezza.

L’uomo è fatto per l’incontro con il salvatore assoluto. Così l’uomo incontra Gesù di
Nazareth come il compimento del suo destino. Salvezza=incontro con Dio,
compimento del destino e del desiderio dell’uomo. Questo salvatore non è deducibile
trascendentalmente, l’uomo non inventa un salvatore assoluto con la sua
speculazione, anzi riconosce in Gesù il compimento del suo desiderio originario

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trascendentale. Nella teologia apriorità del soggetto e aposteriorità dell’oggetto
storico, stanno tra loro in un rapporto unico e specifico. GS ci diceva che tra uomo e
Cristo c’è un rapporto “in qualche modo”, Rahner cerca di definire il modo.
-Rahner in Cristologia fondamentale cita At 17,23-28: “In Dio ci muoviamo, esistiamo
e siamo”.

- L’unione ipostatica non è un evento teologico, Dio non assume in senso docetico
l’uomo. La teologia deve lavorare non solo con una riflessione attenta agli enunciati
della fede, ma deve dare anche spazio a “l’uditore della Parola”, l’uomo. Egli è
potentia obedientialis, l’uomo è creato per ascoltare quando Dio parla.
• L’uomo è fatto per ricevere una rivelazione categoriale. Categoriale significa “la
rivelazione storica si trova nella tradizione cristiana”. La rivelazione trascendentale
invece è lo stesso concetto ma frutto di una riflessione matura, teologica e
antropologica. La rivelazione deve mostrare che la rivelazione categoriale storica non
è un’intrusione divina ma il compimento del desiderio di ogni persona. L’uomo deve
cercare questo compimento, interno come quello agostiniano:
• «Ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te»
(Confess. 1, 1, 1). Si tratta dell’orientamento dell’uomo verso Dio. Una ricerca
ontologica capace del suo essere. L’uomo è sempre scontento nel suo essere. Si tratta
di un orientamento dell’uomo verso Dio, la teologia tradizionale ignorava questo
aspetto dell’uomo, infatti non aveva visto la grazia di Dio come la determinazione
interiore universale dell’uomo in Dio, ma la vedeva come qualcosa di aggiunto e
successivo.

Per Rahner la grazia fa parte della nostra esistenza. Rahner chiama tale costituzione
naturale rivelazione, perché costituisce una elevazione naturale dell’orientamento
trascendentale. Solo la grazia ti facilita a fare un atto di fede. La rivelazione appare
nel suo aspetto primo e fondamentale di rivelazione categoriale che è entelechia cioè
perfetta attuazione dell’esistenza umana. Essa esiste sempre la piena attuazione
viene solo dal Salvatore assoluto.
• Con l’incarnazione questo Dio viene incontro all’uomo. «Dopo l’incarnazione
l’antropologia dovrebbe essere sempre letta come cristologia incompleta e la
cristologia come meta e fondamento primo dell’antropologia». In Gesù si è
manifestato storicamente e dato strumentalmente chi sia l’uomo. Questo si capisce
quando si vede l’orientamento dell’uomo verso Dio. La natura è portata
definitivamente alla sua pienezza e salvezza assoluta. Senza Cristo l’uomo rimane
incompleto.

Mistero dell’Incarnazione
Tutto questo è per vedere la cristologia da un punto di vista contemporaneo. Con la
proposta dell’antropologia teologica Rahner vuole spiegare il messaggio cristiano ad
un mondo post cristiano.
• Per Rahner, il punto di incontro: l’antropologia
– questione dell’uomo (GS):

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Nessuno, credente e non, può ignorare la questione. Il suo metodo, induttivo, parte
dall’uomo che riflette. La discussione non è filosofica o chiusa. La discussione inizia
con l’uomo e termina con Dio. Le tre domande fondamentali:
• Chi è l’uomo?
• Da dove viene?
• Verso dove va (dopo la morte)
• Rahner critica la cristologia mitologica:
– dove l’umanità di Cristo viene ridotta ad una pura maschera, ad un mero
strumento esterno.
• Rahner propone una concezione non-mitologica: è possibile solo se
– l’umanità di Gesù viene intesa come un autentico divenir-uomo di Dio. Cosa vuol
dire “divenire uomo” di Dio? Da vedere in due posizioni: Logos-sarx vede
all’estremità un docetismo, come assumere. In teatro per esempio, ogni persona può
essere un personaggio, ma poi nella vita privata è altro. Vista come assunzione si
rischia di vedere l’incarnazione come Gesù che recita una parte. Invece Dio si è fatto
uomo significa che si è unito all’umanità per sempre.

– la cristologia sviluppata in chiave antropologica


• l’incarnazione di Dio come il caso singolare e supremo di attualizzazione
ontologica della realtà umana. L’uomo creato in vista dell’incarnazione. Una visione
che viene chiamata cristologia trascendentale. L’uomo è creato per un evento
salvifico che il compimento del mistero dell’uomo. La cristologia trascendentale è
una cristologia in ricerca, perché cerca il compimento della sua esistenza.
• Il metodo rahneriano considera l’uomo filosoficamente:
– come aperto all’auto-trascendenza in Dio e capace di ricevere il dono libero
dell’autocomunicazione che Dio fa all’uomo.
• Teologicamente:
– come un essere di fatto creato da Dio e finalizzato ad un simile destino e l’umanità
come esistenzialmente ordinata verso ed in attesa dell’eventualità della più alta auto-
comunicazione possibile di Dio nel mistero dell’incarnazione.
• L’uomo è sempre l’essere che nutre un desiderio naturale della visione di Dio:
«cristologia in ricerca»:
– Fecisti nos ad te et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te
– L’uomo capax De. Il desiderio di cui parla Rahner non è passivo, ma è qualcosa di
intrinseco, l’uomo è creato per ascoltare la parola. È in attesa del mistero
dell’incarnazione.

• La storicità dell’uomo:
– il carattere agonale della sua esistenza e soprattutto il pluralismo del suo essere.
Non dominabile da se stesso. L’uomo si trova nel mondo in una situazione che non
riesce a dominare. Anche se originariamente uno, non somma successiva, non riesce
a trovare tuttavia questa unità, ma deve lottare per realizzare la forma della sua
esistenza di cui ha ricevuto il compito cioè di trovare il senso della sua vita.
– l’esperienza umana insieme è un’esperienza della finitezza.

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– la sua esperienza limitata rimanda sempre ad un orizzonte infinito: Vorgriff=
“orizzonte infinito” non captabile. Tutto in noi è fondamentalmente orientato verso il
Vorgriff.
Anche se sentiamo la limitatezza, proprio lì si incontra un’esigenza di infinito.
• Trascendentalità sperimentata in:
– Conoscenza. Conoscenza della verità limitata, spinge l’uomo verso l’esigenza di
una verità illimitata.
– Libertà

– Amore. Amore contingente rimanda ad un amore incondizionato.


Riflettendo su questi tre concetti, si sa che l’uomo sente sempre un’inquietudine. Non
è contento della conoscenza limitata. L’uomo è libero e sempre cerca ulteriore
libertà.
• Lo spirito finito (uomo) è sempre aperto ad uno Spirito infinito.
• La trascendentalità è la struttura apriorica dello spirito umano nel mondo, come
apertura radicale alla Trascendenza: (che Rahner chiama) il Mistero Infinito = Dio.
Quindi la trascendenza non è acquisita in secondo momento, ma sempre data
nell’esperienza umana. Proprio questo mistero è la condizione di possibilità di ogni
esperienza umana. Dio è il fondamento dell’esperienza umana. Se l’uomo non riflette
di questo orizzonte ultimo, e si preoccupa dell’esperienza umana della sua vita
quotidiana, non riesce a vedere il suo orizzonte, Vorgriff.
• «Quelli che riescono a mettere tutto in un’unità vedono che stiamo sulla spiaggia
con i granelli di sabbia viviamo sulla riva del mare infinito del mistero».
• L’esperienza quotidiana è come un essere alle prese con granelli di sabbia (= il
categoriale).
• L’esperienza quotidiana è sempre anche un abitare «sulla riva del mare infinito del
mistero» (= il trascendentale).
Rischio è rimanere sulla spiaggia senza guardare il mare infinito.

L’ordine soprannaturale dell’uomo


Dopo aver visto la struttura essenziale ed esistenziale dell’uomo, la domanda dal
punto di vista teologico è chi è l’uomo? Per Rahner:
• «L’uomo è l’evento dell’autocomunicazione assoluta da parte di Dio». Tu sei la
rivelazione di Dio. L’autocomunicazione vuol dire che Dio nella sua realtà più
propria, si trasforma nel costitutivo più intimo dell’uomo stesso. Questo ci fa
riflettere sulla natura ontologica dell’uomo, l’aspetto soprannaturale dell’uomo.
Anche se si sente un essere categoriale finito, nell’esperienza trascendentale sente che
la sua esistenza viene dal mistero assoluto. Ontologicamente parlando l’uomo non è
autonomo. Dio è presente non solo come orizzonte e origine assoluta della sua
trascendenza ma che Dio si dà all’uomo come origine e destino della sua
trascendenza. L’uomo non può sfuggire da Dio.
• La natura ontologica dell’uomo:
– l’aspetto soprannaturale dell’uomo.
• L’uomo non è autonomo, è teonomo:
– «In Dio viviamo, ci moviamo, e siamo» (At 17: 23-28).

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Come si può capire la proposizione rahneriana che l’uomo è l’autocomunicazione di
Dio? Non è una eresia dice che l’uomo sia una rivelazione di Dio. Questa
affermazione non indica una oggettività causale nell’uomo, l’uomo non è un pezzo di
divinità perché rimane un essere finito. Non è una proposizione di natura categoriale
ontica, ma di natura ontologica: il soggetto in quanto tale, nella profondità della sua
esperienza trascendentale, l’uomo si sperimenta come l’evento
dell’autocomunicazione di Dio. Questa appartiene a tutte le persone e non solo ai
cristiani, tutti sono voluti amati creati da Dio. L’uomo è tanto soggetto quanto
l’evento dell’autocomunicazione di Dio, tale tesi riguarda tutte le persone, ed
esprime il fatto che ogni persona è una creazione di Dio.
Tale esistenziale è dato a tutte le persone della loro esistenza concreta per il fatto che
preesiste alla loro libertà, alla loro autocomprensione e alla loro esperienza.
L’autocomunicazione è data a tutti almeno a modo di offerta. L’amore di Dio non è
meno miracoloso per il fatto che abbraccia tutti almeno come offerta: anzi per il fatto
che è data a tutti, realizza l’autentica natura della grazia.
• Nella profondità della sua esperienza trascendentale l’uomo sperimenta come
l’evento dell’autocomunicazione di Dio.
• Tale esistenziale è dato a tutte le persone della loro esistenza concreta e per il fatto
che preesiste alla loro libertà, alla loro autocomprensione e alla loro esperienza.
• Per Rahner, l’uomo per sua natura è soprannaturale.

• La grazia non è una cosa viene posta nel secondo momento all’uomo. La grazia è
data a tutti senza eccezione. L’uomo per sua natura è soprannaturale. Però si deve
dire che l’uomo non cessa di essere soprannaturale anche se pecca, perché è un dono
di Dio, perché ognuno possiede questa natura dalla trascendentalità illimitata come
pienezza che supera la natura. La grazia non viene posta in un secondo momento
della vita.
• In questo senso ogni persona, va visto come l’evento di un’autocomunicazione
soprannaturale da parte di Dio. L’esistenziale dell’assoluta vicinanza dell’uomo con
Dio che è il prodotto dell’autocomunicazione di Dio può esistere nella modalità
dell’accettazione ma anche del rifiuto. Dio non costringe nessuno, è libero. Dio non
toglie la sua grazia anche nel rifiuto, l’uomo non può eliminare la grazia perché è un
dono di Dio. Se l’esistenza è un dono, non si può togliere.

Conoscenza atematica di Dio


Soprattutto nelle categorie dell’amore, l’uomo sperimenta la trascendenza ogni
giorno.
• Con l’esperienza trascendentale della quotidianità è già data all’uomo una
conoscenza anonima e atematica di Dio. L’uomo forse non riesce a riconoscerlo in
modo ufficiale. La conoscenza di Dio non significa distinguere in un oggetto in
maniera più o meno casuale, ma nell’esperienza trascendentale:
• «Dio si rivela nell’esperienza trascendentale che si sperimenta ogni giorno. In
quanto questa conoscenza soggettiva (e non oggettiva) del soggetto nella
trascendenza si orienta sempre al mistero santo, la conoscenza di Dio è già sempre
data in maniera atematica e priva di nome, e non esiste solo dal momento in cui

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cominciamo a parlarne». L’esistenza di Dio è data anche in modo atematico e
trascendentale. L’esistenza di Dio è nascosta nell’esistenza dell’uomo. Dio è
conosciuto come l’assoluto, insuperabile, l’orizzonte illimitato. Un tale orizzonte di
trascendenza, non è propriamente inseribile in un sistema di coordinate, perché
l’uomo può sperimentare ma non può spiegare bene. Se l’uomo è in tensione verso il
Mistero Santo, però Dio rimane incomprensibile. Questo Dio misterioso però è
sempre con noi, questo il significato dell’incarnazione.

• Anche se l’esistenza di Dio non dipende da me, la mia esistenza conferma


l’esistenza di Dio. Perché in Lui esisto.
• «In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17: 28).
• Non è una prova dell’esistenza di Dio come se la Sua esistenza dipenda dalla mia.
Non è un ergo sum! Solo quando io rifletto, ciò diventa una conferma dell’esistenza
di Dio per me. Non si può provare a qualcun altro, è un esperienza profonda in me, è
conferma non prova, è la condizione più semplice, più ovvia, più necessaria di ogni
conoscenza e intelligenza spirituale, tutti ci possono arrivare. Allora, il mistero Santo
è l’unica cosa fondata in se stessa anche per noi. Qualsiasi convinzione è fondata su
questa trascendenza, è nebulosa. Questo Mistero Santo è sempre con noi, è l’esistenza
stessa confermata.
• Rahner domanda: «Che cosa è tematicamente o atematicamente più familiare ed
evidente allo spirito umano che quelle domanda silenziosa che cerca al di là di
tutto?»
• «Nel suo intimo più profondo l’uomo non conosce niente con maggior precisione
del fatto che il suo sapere è solo una piccola isola in un oceano infinito di cose non
indagate … la domanda esistentiva che si pone a colui che conosce è solo questa: ama
egli di più la piccola isola del suo cosiddetto sapere oppure il mare del mistero
infinito …».

Gesù di Nazareth
Cerchiamo di capire chi è Gesù di Nazareth dal punto di vista della teologia
trascendentale.
• Cos’è il contenuto della fede cristiana dal punto di vista della teologia
trascendentale? =L’ipotesi del Salvatore assoluto che l’uomo cerca nella sua
trascendentalità corrisponde la realtà del Salvatore storico. Come lo presente il
dogma cristologico dell’incarnazione di Dio. Nella ricerca storica, biblica, dogmatica:
il Cristo era sempre colui che deve venire. La Cristologia trascendentale riprende la
domanda “chi è costui”. Fede storica e trascendentalità astorica vanno insieme:
• Quello che da sempre l’uomo cerca (momento della trascendentalità e idea del
Salvatore assoluto) si trova, concretamente e storicamente in Gesù di Nazaret.
Rahner è Cristo monista, il compimento del desiderio dell’uomo è Cristo. Il desiderio
del compimento della potentia obedientialis esiste da sempre, ma il desiderio non
compie il Cristo. La teologia trascendentale propone un tipo di cristologia
trascendentale, che sviluppa l’idea di un portatore di salvezza che non crea Gesù di
Nazareth, non sostituisce l’esperienza storica di Gesù di Nazareth, la cristologia
trascendentale non inventa un cristo:

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• La cristologia trascendentale non “inventa” un cristo:
– «fa cercare, e nel mentre si cerca fa capire quello che in Gesù di Nazaret si è trovato
da sempre».

• Come si sa che questo Mistero che abbiamo trovato nell’analisi della trascendenza è
il Dio di Gesù Cristo? Rahner risponde:
 Gesù storico ci fa pensare, approfondire la nostra conoscenza
cristologica.
Quindi la riflessione della cristologia rahneriana parte dall’evento Cristo, Gesù in
Palestina 2000 anni fa.
• La cristologia trascendentale è una nuova spiegazione della cristologia tradizionale,
che ci aiuta a capire meglio che cosa è la vera cristologia:
– La cristologia trascendentale non sostituisce la cristologia tradizionale. Sono
un’unica cosa. Quella trascendentale è una nuova spiegazione della cristologia.
– Però senza di essa la cristologia tradizionale oggi si troverebbe esposta ad un
gravissimo pericolo:
• quello di venir considerata mitologia, quindi non più accettabile per l’uomo di
oggi. Una cristologia trascendentale non può iniziare con iniziativa propria il fatto
che Gesù è il Salvatore, come assoluto portatore della salvezza: questa esperienza
viene fatta nella storia stessa.
Cioè: l’evento storico di Gesù di Nazareth fa riflettere, la resurrezione fa chiedere
“chi è costui”. Il Cristo ci fa pensare, qui Gesù non assume la natura umana, ma è il
compimento del desiderio trascendentale dell’uomo, della potentia obedientialis.
L’unione ipostatica non è più solo unione di Logos e uomo, come la dottrina di
Calcedonia diceva ma non sufficientemente chiara.
Rahner vuole entrare in dialogo con un mondo adulto, non mitologico ed infantile.
Quello che da sempre l’uomo cerca nella sua riflessione più profonda, nella sua
esistenza, l’evento storico di Gesù Cristo è il compimento del desiderio dell’uomo,
che cerca il senso della sua vita.

Sintesi…la cristologia trascendentale


La nostra relazione con il Gesù storico, così come è compresa da tutta la fede
cristiana. Cioè dall’evento pasquale. In un secondo momento Rahner riflette sulle
strutture trascendentali, cioè in prospettiva filosofica spiega l’evento storico:
• In ogni atto categoriale (concreto, esistenziale) di conoscenza, di amore e di libertà
(i tre elementi su cui Rahner propone di riflettere), l’uomo si sperimenta sempre oltre
se stesso e al di là di ogni oggetto categoriale: (l’uomo non si sente mai contento a
livello di amore, mai pienamente libero, mai pienamente sa)
– Si sente riferito ad un mistero che non riesce a comprendere. Per Rahner Dio è
sempre un mistero che l’uomo non riuscirà a comprendere, anche se ciò non significa
non conoscere. L’uomo, in questi tre atti che rimandano ad una certa trascendenza,
cerca Dio.
– Nella sua trascendenza l’uomo è radicalmente rimandato al mistero assoluto che
chiamiamo «Dio».
L’uomo si sente sempre indirizzato verso un Vorgriff, l’orizzonte.

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• L’uomo osa sperare che questo mistero non abbia soltanto la funzione di
sorreggere il movimento infinito dell’esistente, cioè non solo si sente spinto verso
esso, ma che sia esso stesso come il compimento del desiderio dell’uomo. L’uomo si
sente trascendente in queste tre categorie, il traguardo asintotico non è un traguardo
per un uomo serio (asintotico, perché non lo raggiunge mai). Dio perciò decide di
incontrare l’uomo al suo livello, cioè vuole entrare nella storia per scendere al suo
livello. Nella prospettiva cristiana, la Rivelazione che Dio prende. L’uomo non
inventa Dio. In prospettiva cristologica, l’uomo che rimane sempre insoddisfatto
nella sua trascendenza, senza l’iniziativa di Dio, i suoi tentativi lo portano sempre
alla frustrazione. Dio non entra come una cosa magica, ma entra tra noi come uomo,
come fratello. Questo il significato della cristologia dell’incarnazione. In questo
evento l’uomo incontro Dio, l’incarnazione è il compimento del desiderio dell’uomo.
In questo evento si verifica la salvezza assoluta, non esiste un altro salvatore. Colui in
cui l’uomo trova il compimento della sua trascendenza è Cristo.
• L’autocomunicazione di Dio dovrebbe, a sua volta, venir mediata sul piano
storico.

Uomo-Dio come Salvatore assoluto (sintesi di Rahner)


La salvezza per Rahner è la vicinanza di Dio con l’uomo: nel Genesi l’uomo sentiva la
vicinanza di Dio nel giardino e con il peccato porta l’uomo ad allontanarsi da Dio con
i propri sforzi. Salvatore assoluto, vuol dire che non ce ne sono altri. Questa è l’auto-
comunicazione di Dio: Egli si comunica, cioè entra in comunione con noi.
L’incarnazione è il dono di Dio all’uomo, l’auto-comunicazione. Quando Dio entra
nella nostra storia, questo è un atto irreversibile, e quindi assoluto.
«Qualsiasi uomo, aperto sul mistero della trascendenza osa sperare che questo
mistero, al quale si trova orientato nella sua trascendentalità, non rappresenti solo un
traguardo asintotico del suo dinamismo esistenziale, ma che si comunichi al
finito...cosicché il finito rimane e tuttavia partecipa in se stesso dello stesso infinito».

IX lezione 6.12.23
Giunge così all’evento assoluto di salvezza ed al Salvatore assoluto.
• Questa autocomunicazione di Dio presuppone la libera accettazione da parte
dell’uomo. Il dono diventa tale, quando ognuno di noi lo riceve. La categoria del
dono è tale perché è allo stesso livello di chi lo dà e chi lo riceve. Chi può accettare
per tutta l’umanità questo dono di Dio? Qualsiasi persona? Qualsiasi uomo? Dalla
storia di Adamo, si capisce che l’uomo l’ha rifiutato. Solo un Dio incarnato come
uomo, può accettare questo dono. Messia è un concetto che rappresenta Dio per il
popolo e il popolo davanti a Dio: questa è la persona che accetta per noi l’auto-
donazione da parte di Dio.
• Incarnazione per Rahner: «Corrispondentemente questa partecipazione che Dio fa
di se stesso alla trascendentalità dell’uomo trova la propria storia nella storia
dell’uomo e viene definita, come tale, storia dell’autopartecipazione divina, storia
della salvezza e della rivelazione della parola. Quando la storia
dell’autopartecipazione divina al mondo raggiunge il proprio punto massimo ed
irreversibile, in cui l’offerta dell’autopartecipazione divina come conferimento
trascendentale di grazia al mondo ha, nella sua totalità, provocato l’accettazione

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definitiva di tale offerta da parte del mondo anch’esso nel suo complesso, abbiamo
ciò che si definisce unione ipostatica e anche, con il nome della concretezza storica, il
portatore assoluto della salvezza, il Gesù crocifisso e risorto, il Figlio del Padre».

Questa è l’unione ipostatica: non c’è una percentuale in cui è Dio ed è uomo. Questa
è una nuova prospettiva del significato dell’incarnazione. Dal punto di vista della
cristologia trascendentale l’incarnazione non è una realtà che ha luogo in un secondo
momento della storia: ma fa parte del piano e dell’economia divina. La cristologia
trascendentale ci mostra speculativamente l’essenza dell’uomo-Dio nella storia nella
persona di Gesù Cristo. Un salvatore assoluto, a cui tende la cristologia
trascendentale per sua natura, che opera una vicinanza tra Dio e l’uomo assoluta. Il
Salvatore assoluto è il compimento del desiderio fondamentale dell’uomo.
• «L’incarnazione di Dio è quindi il caso supremo e singolare dell’attuazione
ontologica della realtà umana».

L’uomo è fondamentalmente aperto al mistero assoluto, ma egli non può risolvere


questo problema, è necessario che Dio ci incontri al nostro livello, non possiamo noi
andare al suo livello, Dio deve assolutamente entrare al nostro livello. Sarebbe uno
sbaglio attribuire a Rahner il fatto che l’incarnazione sia deducibile dalla natura
dell’uomo in quanto aperto alla trascendenza. Questa l’accusa di Balthasar a Rahner.
L’uomo rimane sempre un enigma nella sua ricerca. Solo Dio può entrare e risolvere
questo. L’incarnazione può esser solo grazia ad una libera scelta, all’iniziativa
gratuita di Dio.
• Solo la rivelazione cristiana può dirci che in Gesù di Nazareth 1’apertura dell’uomo
a Dio ha raggiunto il suo apice e la sua più alta realizzazione possibile e che egli è in
realtà il Figlio di Dio fatto uomo. àQuesto ci porta da vicino a vedere cosa sia
l’incarnazione per Rahner.

Kenosi - incarnazione
Dal punto di vista della cristologia trascendentale Rahner vede Cristo come
compimento dell’attesa umana a livello ontologico. Ma come è possibile che l’infinito
Dio possa rivelare se stesso in un uomo che è finito, e in una storia umana che è
anch’essa finita? La storia terrena di Gesù è una storia finita.
• Come può il finito mediare l’infinito? Un simile tentativo non è destinato
necessariamente al fallimento vista la distanza infinita tra la trascendenza divina e la
finitudine dell’uomo? Come può una storia umana diventare la formula di
mediazione della vita di Dio e del suo agire? Come è possibile che l’umanità possa
essere ricondotta alla comunione con Dio attraverso un solo uomo Gesù Cristo?
Ricordiamo che ciò che si intende con l’idea di uomo:
• Rahner: L’uomo, anche se finito è capax infiniti. L’uomo si trova rinviato all’infinito
mistero della pienezza di Dio, però è un essere finito, anche se indirizzato all’infinito.
Questa trascendenza della natura umana trova la sua massima realizzazione
nell’incarnazione del Verbo e nel cammino di Gesù verso il Padre.
• L’attualizzazione della natura umana per opera di Dio
- avvenuta nell’evento di Gesù Cristo - non è in contraddizione con la natura
dell’uomo, ma ne sia la massima realizzazione.

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• La natura dell’uomo è (per così dire) la «grammatica», il primo abbozzo di una
comunicazione tra uomo e Dio. Che in Gesù si è espressa nel modo più chiaro e ricco
possibile. Senza il corpo, senza l’esistenza umana non è possibile questa comunione.
Non è astratta questa comunione.
• Questo massimo compimento dell’uomo sia diventato realtà può essere accettato e
creduto solo a posteriori.
– Solo a partire dall’evento storico-concreto di Gesù Cristo. àPerché l’uomo non può
arrivare a questo compimento con il proprio sforzo.
• Se questo evento è vero, sarà solo a partire dalla riflessione antropologica che si
potrà dimostrare come l’incarnazione di Dio non distrugga l’essere dell’uomo e non
sia neanche una struttura ulteriore, sovrapposta all’essere dell’uomo. Dio non
disprezza il corpo, l’incarnazione non è sovrapposizione, non è Logos-sarx, ma è un
divenire uomo. L’incarnazione completa l’invito di Dio all’uomo di condividere la
vita divina fatta già nella creazione, in questo modo perfeziona il cammino
dell’esistenza umana. Si può pertanto comprendere come mai Rahner abbia detto che
la creazione e l’uomo esistono perché Dio a causa del suo amore vuole donarsi
all’altro e vuole dall’altro una risposta libera e motivata di amore.

• Nella Cristologia trascendentale abbiamo due momenti:


– Movimento discendente
– Movimento ascendente
• Un chiaro esempio di uno sviluppo cristologico completo sia discendente che
ascendente si trova nell’inno cristologico in Filippesi (2: 6-11): in questo testo è
evidente il duplice movimento, verso il basso e verso l’alto. Ciascuno di essi
comprende tre strofe.
– Nella prima parte: Gesù è venuto da Dio nella cui gloria (morphe theou) dimorava
(uparkon) prima della sua vita umana.
– E grazie alla risurrezione, a cui è tornato a Dio con la sua esistenza umana
glorificata.
• La vita umana e la morte di Gesù sulla croce come «auto-svuotamento» (kenosi). In
questi due movimenti la parola chiave è kenosi. Cosa vuol dire auto-svuotamento? La
cristologia fin qui sviluppata entra più profondamente nel mistero della persona di
Gesù sollevando dalla questione della sua preesistenza con Dio cercando di dare una
risposta alla domanda “Chi era veramente Gesù Risorto visto che Dio lo fa Signore”.
Chi è in se stesso. Rahner continua a riflettere su questo punto, interrogandosi su chi
è quel Dio-uomo. La relazione ha un carattere essenzialmente kenotico: l’infinito
creatore, il mistero assoluto, può entrare in contatto con il mondo finito e con l’uomo
in un meccanismo di abbassamento. L’uomo non può arrivare a Dio con il proprio
sforzo. L’unica possibilità è che Dio si abbassi alla creatura finita: ecco l’incarnazione
è una forma di auto-svuotamento, o di una:
– come diceva Crisostomo: Condiscendenza (sugkatabasis).
Questo vuol dire non annullare qualcosa, o cancellare qualcosa. Kenosi vuol dire
auto-svuotamento per entrare nella nostra vita.

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• Gesù Cristo è la massima forma di mediazione tra Dio e il mondo, tra il mondo e
Dio, ma caratterizzata dalla forma kenosi. Da dove viene la kenosi? Nei tempi passati
si sapeva già cosa fosse l’uomo quando si pensava a dire che Cristo è vero uomo: era
chiaro che Cristo era uomo in maniera ideale, un modello ideale. Quando diciamo:
• Il Logos si è fatto uomoà “l’assunzione”? Non si capisce se si comprende solo come
assunzione di una carne.
• Il pericolo: questa assunzione potrebbe perfettamente venir sostituita da
qualcos’altro. Perché la realtà non avrebbe un rapporto intimo con chi si assume.
Così qualcun altro potrebbe essere Gesù di Nazareth.
• Perché solo Gesù di Nazaret è il compimento dell’attesa umana?
• Solo una cristologia antropologica può rispondere a questa domanda, per cui cosa
vuol dire che il Verbo di Dio si è fatto carne?

• Che cosa è l’incarnazione dal punto di vista rahneriano?


– per Rahner: l’umanità di Cristo non è lo strumento.
• L’incarnazione è precisamente quello che Dio stesso, rimanendo Dio, diviene nella
dimensione dell’altro-da-se-stesso, del non-divino= Kenosi.
– Movimento discendente (definizione precedente)
• «L’incarnazione di Dio è l’unico caso supremo della realizzazione essenziale della
realtà umana, realizzazione consistente nel fatto che l’uomo è, donando
completamente se stesso». Una donazione per l’altro, dove l’altro è l’uomo,
l’umanità. “Esistere per l’altro è la Kenosi”. Seguire Gesù significa donarsi agli altri
fino in fondo.

– Movimento ascendente (definizione precedente)


• Il Cristo viene visto come l’autoalienazione (un staccarsi da se stessi) di Dio:
– dove svela il suo vero e proprio mistero solo nel suo atto supremo: essere l’altro di
Dio stesso. Questa è la rivelazione, un Dio che ama l’altro da se stesso. Dio esiste per
l’uomo. Sia dal punto di vista di Dio che dell’uomo, la cristologia appare come la
riformulazione dell’antropologia teologica.
• Kenosi: ἑαυτὸν ἐκένωσεν μορφὴν - svuotò se stesso (Fil 2:7).
• Rahner: «Quando diciamo il Logos si fa uomo, questa sua umanità non è una realtà
preesistente, ma qualcosa che diviene e si forma e nell’esistenza, quando e nella
misura in cui il Logos si estrinseca. Questo uomo, in quanto uomo, è precisamente la
automanifestazione di Dio nella sua autoespressione, poiché Dio si manifesta proprio
quando si estrinseca e annunzia se stesso come l’amore, quando egli cela la maestà di
questo amore e mostra se stesso come uomo ordinario. Altrimenti la sua umanità
sarebbe la livrea, il travestimento di Dio, un segnale che indica bensì l’esistenza di
qualcosa, ma non svela nulla di colui che ivi esiste». Questo grande Dio si presenta
come un uomo ordinario, altrimenti la sua umanità sarebbe un travestimento, o il
segnale dell’esistenza di qualcosa. Non abbiamo bisogno di un Dio maestoso, ma di
un Dio che si auto-aliena e rimanendo Dio, entra nella storia dell’uomo. Il motivo è
solo l’amore.

• Chi è l’uomo? • L’uomo è «il possibile fratello di Cristo». Nella sua auto-
alienazione Dio diventa il possibile fratello dell’uomo. Mt 25: nei fratelli più piccoli.

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Diventa uomo, non solo assume l’umanità. La cristologia non è una cristologia della
coscienza.
• (basandosi sull’ontologia) Rahner: La cristologia trascendentale cerca di formulare
il riscontro ontologico alle asserzioni ontiche della tradizione, ad esse
necessariamente subordinato, affinché «si capisca meglio ciò che si intende e le vere
asserzioni tradizionali non diano l’impressione mitologica, che Dio, nella livrea di
una natura umana, che lo avvolge aderendo soltanto esternamente, sia venuto sulla
sua terra per rendersi conto se le cose andavano bene, dato che dal cielo non riusciva
più a controllarle». L’incarnazione è Dio che entra nella storia per amore, pronto a
svuotare se stesso per entrare a livello dell’uomo.
• L’uomo conosce se stesso solo conoscendo Cristo.
• L’antropologia e la cristologia si condizionano a vicenda.
• Cur Deus Homo? (Perché Dio si è fatto uomo)• Dio diventa l’uomo per darci la
nostra dignità, mostrarci che l’uomo è Capax Dei.
• «La Chiesa trova nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la
storia umana» (GS 10). L’uomo è stato creato da Dio e destinato a Dio, ma da solo
non può arrivare a questo.
• L’antropologia teologica debba (almeno) avere dinanzi a sé la cristologia come suo
criterio e norma. Solo antropologia senza cristologia non ci dà nessuna risposta.
• L’uomo incontra Dio in una partnership con il logos, la Parola di Dio
— nel suo senso ultimo nell’uomo-Dio. Solo in questo uomo-Dio, l’uomo trova il
compimento della sua esistenza.

• Noi incontriamo però questo insuperabile culmine della storia di tale Partnership e
sperimentiamo l’uomo, e sappiamo già qualcosa dell’uomo, se incontriamo Cristo e
comprendiamo che egli è IL vero uomo. Se in Lui troveremo il compimento della
nostra esistenza. L’antropocentrismo e teocentrismo per Rahner non sono due cose
opposte, anzi sono una sola cosa. L’una è incomprensibile senza l’altra: senza l’uomo
la cristologia è mitologia, senza Dio l’antropologia è incompleta. In Cristo si vede
questa unità, infatti l’antropologia e la cristologia si condizionano a vicenda.
Un’antropologia cristiana è pienamente realizzata solo se coglie l’uomo come potentia
obedientialis. L’uomo è fatto per ascoltare questa parola. Allo stesso momento la
cristologia si fa comprensibile solo con un’antropologia fatta in questo modo. Una
cristologia a priori finirebbe come mitologia.
• «Se Dio stesso è uomo e lo rimane in eterno, se perciò ogni teologia rimane
eternamente antropologia, se è negato all’uomo di stimarsi poco, perché allora
stimerebbe poco Dio…». Se questo Dio rimane l’insuperabile mistero, perché Dio
diventa uomo? L’uomo è in eterno il mistero espresso di Dio, che partecipa di Dio
solo grazie a Cristo.

• «La cristologia è l’inizio e la fine dell’antropologia e questa antropologia nella sua


più radicale realizzazione, cioè la cristologia, è in eterno teologia». La cristologia è
un’eterna teologia, parliamo della seconda persona della Trinità.
Cristologia cosmica
Entriamo in una nuova prospettiva della cristologia, cercando nei Trattati della
cristologia contemporanea.

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Un trattato cristologico rimane incompleto senza la prospettiva cosmica. Le
riflessioni cristologiche a volte non prendono in considerazione la complessità
dell’esperienze che i testi biblici hanno fatto con Cristo risorto.

La cristologia cosmica è basata soprattutto sulla Lettera ai Colossesi che dice “Cristo
è il primogenito tra i morti”. Questo vuol dire che il Cristo risorto è presente non solo
nello spirito della fede, ma è anche immanente nel cuore del creato. Ciò vuol dire che
la cristologia dovrebbe anche mostrare la dimensione cosmica della creazione. Cioè il
significato di Gesù Cristo non solo per la salvezza degli uomini ma anche per tutto
l’universo. In che rapporto è la cristologia con l’intera creazione.
Dobbiamo chiarire rapporto tra una teologia dell’incarnazione e una comprensione
scientifica dell’universo. Si chiede una visione polistica della realtà, la creazione,
l’incarnazione, la salvezza e il compimento.
Ci sono i testi che trattano la cristologia cosmica, come i Colossesi o soprattutto Gv
1,1-14. Questo testo mostra che tutte le cose ricevono l’esistenza per mezzo di Cristo.
Lo riconosce in quanto agente esclusivo e universale della creazione, che mantiene in
vita tutte le cose, in quanto Egli è il fine di tutti e di tutto. Visto in questo termini il
ruolo di Cristo come mediatore di salvezza è ampio e ambiguo all’interno della stessa
creazione.

La fede cristiana non può essere ridotta ad una redenzione personale, che non sia
accompagnata dalla redenzione della natura umana e della natura terra stessa, a cui
gli uomini sono inseparabilmente legati. L’anello di collegamento tra la redenzione
personale sperimentata dalla fede e la redenzione dell’intero creato è la corporeità:
siamo parte di questa natura, viviamo in essa. La corporeità è un elemento essenziale
della cristologia.
Assieme alla creazione che “geme” Rm 8,23, anche noi aspettiamo la redenzione del
nostro corpo, dice Paolo. La missione della redenzione cosmica ad opera di Cristo
non è una speculazione ma deriva necessariamente dalla cristologia e
dall’antropologia.

 Se simili orizzonti dovessero mancare, il Dio di Gesù Cristo non sarebbe


più il Creatore del mondo e la redenzione diventerebbe un mito gnostico
ostile al corpo e al mondo.
Bisogna spiegare il significato di Cristo per il mondo non solo per gli uomini.
Papa Francesco nel testo Laudato sii al n. 100 dice: “Le regole di questo mondo non ci
si presentano più come una realtà veramente naturale perché il risorto le avvolge
misteriosamente e le orienta verso orizzonti di pienezza. Gli stessi fiori del campo, gli
uccelli che Egli contemplò ammirato con gli occhi umani, sono ora pieni della sua
presenza luminosa dopo la sua resurrezione”.
Egli non è assente dal mondo.
In questa prospettiva ci sono proposte che vengono da due autori, per spiegare la
cristologia cosmica: Tehillard de Chardin e Karl Rahner.
Cristologia cosmica e Christus evolutor
“Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte
le cose e tutte in sussistono in lui” (Col 1,16-17)

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Bibliografia
• P. Teilhard de Chardin:
– L’avvenire dell’uomo, Jaca Book, Milano 2011.
– La mia fede: scritti teologici , Queriniana, Brescia 1993.
– Il fenomeno umano, Queriniana, Brescia, 2001.
– Inno dell’universo, Queriniana, Brescia, 2000.
– La messa sul mondo, Queriniana, Brescia, 1996.
– L’uomo, l’universo e Cristo, Jaca Book, Milano, 2012.
• K. Rahner:
– «La cristologia nel quadro di una concezione evolutiva del mondo», in Saggi di
cristologia e di mariologia, Paoline, Roma 1965, 123-197.
– Spirito nel mondo, Vita e pensiero, Milano 1989.
– Corso fondamentale sulla fede, San Paolo, Cinisello Balsamo, 1990, 237- 297.

Tehillard de Chardin
È uno scienziato, filosofo e teologo, che cerca di interpretare la continuazione e il
compimento del creato mediante Cristo secondo le affermazioni della teoria
evoluzionistica:
 Per lui il Cristo cosmico, è il Cristo dell’evoluzione.
Non è contro l’evoluzione.
Ha adattato la visione del Cristo cosmico della Lettera ai Colossesi per integrare
l’unilateralità del concetto ecclesiale di Cristo Redentore, che porta il compimento
universale del creato.
Una soteriologia cristiana che si riferisca solo al peccato originale e non ci offre una
visione adatta a farci comprende come il creato giunga al suo compimento con la
ricapitolazione di tutto, è incompleta. Tehillard mette in evidenza il lato creativo
della redenzione.

Non possiamo sviluppare il suo pensiero integrale, ma sono sufficienti indicazioni e


osservazioni critiche che ci aiutano a approfondire la cristologia.
Cerca di conciliare le due fedi: egli è un gesuita cattolico, ma è anche uno scienziato.
La fede in Cristo e la fede nella scienza. La sua fede scientifica nel processo evolutivo
del mondo e la sua fede teologica nel Cristo cosmico di cui parla San Paolo:
 Non esiste tra loro contraddizione, ma piuttosto una meravigliosa
convergenza. Gesù Cristo è il punto omega, di arrivo, del processo
evolutivo del mondo. è la causa finale che mette in moto l’intero processo,
attirandolo a se stesso.
 Il Cristo cosmico di Paolo è il Cristo evolutivo.
Prendendo in considerazione la teoria evolutiva del mondo, cerca di vedere l’unità
della creazione e ricreazione in Gesù Cristo. Per questo ha pensato il processo
evolutivo del mondo come cristogenesi.

 Cristo sarebbe il punto omega della evoluzione cosmica e storica, la


quale va verso una mega sintesi strutturata in modo personale, e Cristo
sarebbe uno specifico centro illuminante situato nel cuore del sistema. Il
cuore del mondo. Tutta la creazione va verso questo punto omega.

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In tale prospettiva Cristo è visto come il trampolino di lancio dell’evoluzione
cosmica. L’inizio, il centro, la fine. In Cristo cosmico, il punto omega, sarebbe come la
causa finale che dirige l’intero cosmo verso il intero fine: “Che Dio sia tutto in tutti”.
Quando ogni cosa gli sarà stata sottoposta, allora Cristo stesso gli starà sottoposto,
affinchè Dio sia tutto in tutti.
 In tal modo Tehillard sperava di mostrare la convergenza tra la sua fede
nel processo evolutivo del mondo e la sua fede nel Cristo cosmico di Paolo
Il compimento del creato nell’unificazione divina è superiore alla redenzione del
mondo dai suoi peccati.
-La domanda Cur Deos homo? àL’incarnazione è intesa tradizionalmente per la
salvezza e la redenzione dei peccati sia personali che strutturali. Per Tehillard de
Chardin non è così: l’incarnazione era per un altro motivo più ampio, per la
ricapitolazione, una pienezza di vita. Il peccato non è la pienezza della vita.
-Perciò: il Cristo redentore si compie, senza attenuare le sue dinamiche di sofferenza,
in Cristo evolutor. In altre parole, Tehillard sposta la storia tradizionalmente intesa
come soteriologia, alla storia del cosmo, e della vita, intendendo la storia della natura
come evoluzione dal semplice al multiforme, dal singolare al comune, dall’ideale al
vivente, ad una forma sempre più complessa di coscienza vitale.

-Per spiegare il concetto di evoluzione cristologica, Tehillard de Chardin ci presenta


un cono simbolico: vede la comparsa negli esseri umani nel contesto evolutivo della
vita stessa. Gli uomini sono il prolungamento organico di quella complessificazione
che si rappresenta nel regno vivente: dalla biosfera, di cui tutto fa parte. Con biosfera
si intende, in biologia, come le condizioni ambientali che permettono le condizioni
della vita, cioè la vita in generale, quella animata e quella inanimata.
Nell’interpretazione cosmologica della fede in Cristo, Tehillard parte da una visione
dinamica della biosfera. Con la sua teoria vuole dimostrare la cosmogenesi, la
nugenesi, cioè l’origine del mondo e l’origine dell’umanità, trovano il loro
compimento della cristogenesi.

X lezione 13.12.23
Cristologia cosmica: fondamenti biblici
«Egli è l’immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per
mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle
visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono
state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte
sussistono in lui. Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa; il principio, il
primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le
cose. Perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui
riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce cioè per
mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli» (Col 1: 15-20).
àTehillard de Chardin vuole integrare Cristo redentore con Christus evolutor
• Il ruolo di Cristo come mediatore di salvezza è ampio e antico quanto la stessa
creazione.

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– «Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di
tutte le cose e tutte sussistono in lui» (Col 1: 16-17).
• È il primogenito dell’intera creazione.
• La fede cristiana non può essere ridotta ad una redenzione personale che non sia
accompagnata dalla redenzione della natura umana e della natura della terra.
• L’anello di collegamentoà la corporeità
– noi aspettiamo la «redenzione del corpo» (Rom 8: 23).
«Il Nuovo Testamento non solo ci parla del Gesù terreno e della sua relazione tanto
concreta e amorevole con il mondo. Lo mostra anche risorto e glorioso, presente in
tutto il creato con la sua signoria universale: «È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui
tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose,
avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia
quelle che stanno nei cieli» (Col 1:19-20).

Questo ci proietta alla fine dei tempi, quando il Figlio consegnerà al Padre tutte le
cose, così che «Dio sia tutto in tutti» (1Cor 15: 28). In tal modo, le creature di questo
mondo non ci si presentano più come una realtà meramente naturale, perché il
Risorto le avvolge misteriosamente e le orienta a un destino di pienezza. Gli stessi
fiori del campo e gli uccelli che Egli contemplò ammirato con i suoi occhi umani, ora
sono pieni della sua presenza luminosa» (Laudato si, 100).

Christus evolutor
• Teilhard de Chardin vuole integrare il Christus redemptor con il Christus
evolutor.
• Mette in evidenza il «lato creativo della redenzione».
• Vuole riconciliare le due «fedi»: – la sua fede scientifica nel processo evolutivo del
mondo.
– la sua fede teologica nel Cristo cosmico di cui parla san Paolo (Col 1: 15- 20).
• Non esiste tra loro una contraddizione, ma, piuttosto, una «meravigliosa
convergenza».
• Gesù Cristo è il punto omega, tutto viene indirizzato verso questo omega.
• Per Teilhard, il Cristo cosmico di san Paolo è il «Cristo evolutivo».
• L’unità tra creazione e «ricreazione» in Gesù Cristo.
• Il processo evolutivo del mondoà va verso una «cristogenesi». Nei Padri il
compimento è chiamato ricapitolazione ed è superiore al perdono dei peccati. Allora
Cur Deos homo? Tradizionalmente siamo abituati a vedere l’incarnazione come
conseguenza del peccato, ma non è così.

àDisegno: tutto parte dal mondo materiale, che va verso un telos, uno scopo, questa
sfera si chiama biosfera. Per biosfera si intende anche il mondo vegetale. Tutto fa
parte del progetto divino. Questo processo di ominizzazione, la vita vegetale porta
ad una vita di umanizzazione che è noosfera, dove noos vuol dire mente. Il centro del
discorso della noosfera sarà il Cristo storico, che ne rappresenta la sua parte centrale.
Tutto andrà verso un punto omega, il Cristo universale che porterà al divino.

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• Il Cristo cosmico o il punto Omega serve come la causa finale che dirige l’intero
cosmo al suo ultimo fine, finché Dio sia «tutto in tutti» (1 Cor 15: 28).
• Gli uomini sono il prolungamento organico di quella ‘complessificazione’ che si
rappresenta nel regno del vivente, della ‘biosfera’. La biosfera in biologia è definita
come le condizioni ambientali che permettono la vita stessa, non necessariamente
animale o vegetale, la vita sia animata che inanimata. Nell’interpretazione
cosmologica della fede in Cristo Tehillard: Teilhard de Chardin parte da
un’immagine dinamica e non più statica del mondo. Vuole dimostrare come:
• La cosmogenesi e la noogenesi (l’antropogenesi) trovano il loro pieno compimento
nella cristogenesi, cioè nell’avvento di Cristo. In tale quadro Cristo è evoluzione
giunta a se stessa, il compimento dell’evoluzione. Rahner parlava di Cristo come
compimento del desiderio dell’uomo.

• Cristo è l’evoluzione giunta a se stessa. Partendo dalla cosmogenesi, passando alla


noogenesi della coscienza umana, essa porta alla cristogenesi. Con l’uomo però inizia
una fase nuova della vita, perché gli esseri del mondo sono esseri riflessivi, forniti di
coscienza. Esprimendosi nei termini della teoria evoluzionistica parla di una
noosfera, cioè l’evoluzione del pensiero umano, una specie di:
• «Noosfera» = coscienza collettiva degli esseri umani, che scaturisce dall’interazione
tra le menti umane. Si è sviluppata con l’organizzazione e l’interazione tra le persone
che hanno popolato la terra. L’interazione tra gli uomini ha portato ad una
coscienza.
• L’evoluzione della coscienza umana porta ai ‘superuomini’ e ‘supercoscienza’. Più
l’umanità è organizzata in una rete complesse, più si sviluppa questa coscienza. La
noosfera si sta espandendo verso un culmine che è quello che definisce come punto
omega, che unificherà questa coscienza collettiva. Il disegno evolutivo si snoda a
partire dalla pre-vita o mondo inorganico fino ad arrivare alla biosfera. Con il
concetto di ominizzazione intende il lungo processo di evoluzione che sfocia con
l’apparizione della specie umana, mentre con umanizzazione focalizza il punto di
coscienza collettiva, cioè gli aspetti umani tipico-spirituale e morale. In questa fase
morale o spirituale certamente emerge una possibilità di spiritualità, e di una
coscienza collettiva morale. Al culmine dell’evoluzione dell’universo c’è il Cristo
storico, che non finisce qua perché porta al Cristo cosmico. àdopo ogni fase c’è un
salto di qualità. Tutto porta ad un ultra-umano.

• L’incarnazione come il compimento del processo dell’evoluzione (L’avvenire


dell’uomo, 234). L’incarnazione è un rinnovamento di tutte le cose dell’universo,
Cristo è il fine di tutta la creazione materiale. Per mezzo di lui tutto è vivificato e
santificato. L’umanità che si trascende alla fine sfocia in Dio, e Dio si incarna alla fine
di tale sviluppo.
«Essenzialmente, il cristianesimo consiste nel guardare la storia del Mondo come
corrispondente al seguente processo:
Un ego (o un Me) supremo (Dio iper-personale) si aggrega, senza confonderli, gli
‘ego’ umani, in e mediante l’‘ego’ ‘Cristico’» (La mia fede, 129). Sotto una forma

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dinamica, il punto di vista cristiano può esprimersi sotto forma del cono simbolico
(disegno). Il molteplice converge verso l’unità, essendo il vertice del cono Cristo, in
cui l’umanità unificata raggiunge il centro attivo dell’unificazione. Guardando nel
dettaglio, nel cono simbolico il molteplice raggiunge un centro di coscienza
complessa, tutti i centri di coscienza quindi possono essere considerati come gli ego
creati. In questa prospettiva dinamica, come è la creazione (lui è contro la metafisica,
perché è una cosa complicata) lo stesso processo fondamentale può essere chiamato
creazione, incarnazione e redenzione.

Creazione- Incarnazione - Redenzione


• «Creazione: nella misura in cui gli «ego» secondari (umani) si costituiscono sotto
l’attrazione dell’ego Divino».
• «Incarnazione: nella misura in cui l’operazione effettuandosi per unificazione, l’ego
Divino è condotto ad «immergersi» nella sua opera, proprio in virtù della sua
operazione».

• «Redenzione: nella misura in cui il Creato, in qualunque punto lo si consideri in


corso d’unificazione, presenta una parte d’inorganizzazione residuale o di
disorganizzazione (attuale o virtuale) che definisce il Male in tutte le sue forme. In un
senso, se creare significa unificare (evolutivamente, gradualmente), Dio non può
creare senza che appaia del Male come un’ombra, — Male da compensare e da
superare. Questo non è una limitazione della potenza di Dio, ma l’espressione d’una
legge di natura, ontologica, contro cui sarebbe assurdo supporre che Dio potesse
andare» (La mia fede, 130). àIl male fa parte dell’evoluzione, non si può evitare, non
come limitazione della potenza di Dio ma l’espressione di un’evoluzione di natura
ontologica, contro cui sarebbe assurdo che Dio dovrebbe andare. Il male fa parte
dell’evoluzione in questa prospettiva.

‘Cristificazione’ del cosmo


L’incarnazione per T. non si esaurisce all’incarnazione di Cristo, ma tende alla
cristificazione del cosmo intero.
• «E da quando Gesù è nato, è cresciuto, è morto ed è risorto, tutto ha continuato a
muoversi perché il Cristo non ha finito di formarsi. Non ha ancora stretto a sé le
ultime pieghe della Veste di carne e d’amore che gli tessono i suoi fedeli. Il Cristo
mistico non ha raggiunto la sua piena crescita. E nel prolungamento di questa genesi
è posto l’intimo meccanismo di ogni attività creata. (...) Cristo è anche il Termine
dell’Evoluzione naturale degli esseri» (L’avvenire dell’uomo, 270). àquesto non vuol
dire relativizzare il cristo storico.

Concepisce la realtà del mondo in termini evolutivi per cui vede la questione
dell’incarnazione come processuale in avanti, non è il Dio del cielo a salvare la sua
terra decaduta, piuttosto è un Dio in avanti, che conferisce al cosmo la forza di
compimento, in quanto egli vuole attirare tutto a sé e far partecipare ogni cosa alla

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sua pienezza. Cristo in questo senso è una cosa dinamica. L’incarnazione di Dio in
Cristo va intesa come inizio di una nuova fase di Dio nell’umanità e una nuova fase
della vita in generale. Con Cristo ha inizio la divinizzazione dell’umanità e mediante
essa la divinizzazione del cosmo, in quanto Cristo è il compimento del cosmo. Il
mondo e l’universo è Cristo-universale, cristificato. Il punto di partenza di T. è:
• La ‘trasformazione’ eucaristica degli elementi naturali della materia di pane e vino
nel corpo e sangue di Cristo. àInterpreta l’eucarestia come una cosmologia, perché
racchiude tutto il cosmo nella cristologia. Tutto è visto in prospettiva cristologica, la
cristificazione. La fede cristiana e l’evoluzione non si oppongono tra loro ma
convergono nell’unico piano di Dio.

– L’‘eucaristizzazione’ cosmica, cioè della trasformazione del cosmo in Corpo di


Cristo.
– L’eucaristia cosmica mediante la quale Dio viene mondanizzato e il mondo
divinizzato

«Evoluzionismo e Cristianesimo hanno bisogno l’uno dell’altro per sorreggersi e


compiersi reciprocamente. Da un lato (non lo si nota a sufficienza), il Cristo-
Universale cristiano non sarebbe concepibile se l’Universo, la cui funzione è di
raccogliersi in Lui, non possedesse (in virtù di una qualche struttura evolutiva), un
centro naturale di convergenza dove il Verbo, incarnandosi, può irradiare ed influire
sulla totalità dell’Universo. Dall’altro lato, se un qualche Cristo Universale non si
manifestasse, positivamente e concretamente, al termine dell’Evoluzione quale la
scopre in questo momento il pensiero umano, questa Evoluzione rimarrebbe
evanescente, incerta, e non avremmo il gusto di abbandonarci pienamente alle sue
aspirazioni ed alle sue esigenze. L’Evoluzione, potremmo dire, salva il Cristo
(rendendolo possibile); e, al tempo stesso, il Cristo salva l’Evoluzione (rendendola
concreta e desiderabile)» (La mia fede, 150).

Valutazione della proposta


• La proposta di Teilhard de Chardin cerca di creare un ponte tra la scienza e la
fede. Egli ha cercato di mostrare una grande direttrice che, partendo dalla
cosmogenesi, giunge all’antropogenesi e, infine, alla cristogenesi. Ha punti positivi.
Come ponte tra scienza e fede è convincente.
• Però alcuni autori vedono che Teilhard propone un certo «adattamento» della
cristologia all’ordine cosmico ed evolutivo. Una cristologia sforzata. Non suona solo
teologicamente perfetto, ma non trova neanche riscontro nella sfera dei fenomeni.
• Noi possiamo osservare e dimostrare soltanto i singoli passi compiuti
dall’evoluzione, non pero il processo evolutivo nel suo insieme.

Da questi singoli passi traspare sempre un elemento d’incertezza, di leggerezza e


spesso anche di inconsistenza. Non ci troviamo affatto di fronte ad un unico processo
evolutivo (Kasper).

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Questa visione vede Cristo vertice assoluto ma non redentore con le sue ambiguità. Il
concetto di redenzione è un concetto ambiguo. Ciò che sta al centro dell’essere
umano pienamente realizzato in Cristo, in quanto tale è al vertice dell’auto-
trascendenza dell’umanità realizzata, ma non di tutte le persone che non sono
realizzate, come spiegare il male, le lacrime di un bambino, il dolore e la morte?
Difficilmente si può parlare di un Cristo che attua la redenzione nella vita umana. Si
ci dimentica che Dio si è fatto uomo soffrendo.

• Significato del mistero Pasquale?


– non svolgono alcun ruolo la passione e la morte violenta che Cristo ha subito sulla
croce. Non si parla di questo. La morte e sofferenza di Gesù fanno parte
dell’evoluzione e sono irrilevanti? Nel mondo non vediamo segni che attestano il
senso del mondo, anzi si trovano segni della sua assurdità, di adempimento,
inconsistenza, di un fallimento delle creature per esempio, la morte inaspettata.
Come giustificare questo? Cosa ci dice questa visione ottimista del mondo dei morti,
dei vinti, nel processo di evoluzione? Sarà lecito considerarli sottoprodotti e scarti
dell’evoluzione?

• Ottimismo esagerato:
– Che significato ha questa vittoria dell’evoluzione che «passa sopra i cadaveri»?
• Teilhard voleva integrare, con l’idea del Christus evolutor, la dottrina cristiana del
Christus redemptor: sembra che abbia integrato la potenza del male nella storia
cosmica. Non sembra accogliere l’ambiguità dell’evoluzione e delle vittime che essa
produce. L’evoluzione viene sempre considerata come selezione, i più brani sono
importanti. I più validi si adattano e sopravvivono. L’evoluzione non è una
produzione della natura in vista della bontà ma è anche crudele. Se la teologia non si
scontra con la teodicea la teologia è carente.

Non ha considerato le catastrofi naturali, e ha compreso la crudeltà come parte


dell’evoluzione. Nelle sue lettere dal fronte durante la I guerra mondiale, mostrava ai
suoi amici, il carattere della guerra come naturale sviluppo e contributo per questo.
La bomba atomica lo riempie di ammirazione per l’avanzamento dello sviluppo del
genere umano. In che senso è differente di Nietzsche? Non pensava ai 100000 morti
di Hiroshima? Voleva integrare con il Cristo evolutore la dottrina del Cristo
redentore ma ha dimenticato il dolore e la sofferenza.

– Però «un Christus evolutor, slegato dal Christus redemptor, diventa un Christus
selector insensibile e crudele! (Moltmann).

Cristologia soteriologica
Il nostro corso cerca di rispondere fondamentalmente a due domande: chi è costui? E
perché Dio si è fatto uomo.
Abbiamo lasciato la prima domanda e abbiamo trattato la seconda con Rahner e
Tehillard de Chardin.

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Altro tema importante per la seconda domanda è la cristologia soteriologica. Un
corso sulla cristologia fondamentale non può ignorare il tema della soteriologia. In
Tehillard non esiste questa possibilità. Tra cristologia e soterilogia esiste una
dialettica e mutua compenatrione:

 Soteriologia: la dottrina della salvezza. Soprattutto in riferimento al


problema del male. Nella teologia cristiana la soteriologia è diventata
riflessione sulla redenzione di Cristo operata con il suo sacrificio per
liberare l’uomo dal male (idea classica). Strettamente connessa con la
cristologia, quindi non si possono separare. Il più recente pensiero
teologico ha ampliato il suo orizzonte, guardando tutta la storia umana
come storia della salvezza. Il motivo soteriologico è stato il punto di
partenza nella riflessione su Cristo nella tradizione apostolica e in quella
successiva:
“Dio ha mandato il suo Figlio nel mondo non per giudicare il mondo, ma
perché il mondo si salvi per mezzo di Lui” (Gv 3,17).

La cristologia all’inizio era una riflessione sulla salvezza e quindi era soteriologica:
chi era Gesù in se stesso se siamo stati salvati in Lui e mediante Lui? àLa cristologia
deve porre domande sull’aspetto funzionale della cristologia, non solo sulla
questione ontologica. Non trattiamo la cristologia come spettatori passivi, per noi è
una questione legata alla nostra vita.

In questa prospettiva la domanda è: quale sia l’intento di Dio che ha previsto la sua
incarnazione storica? Quale sarebbe il rapporto tra l’economia divina e
l’incarnazione? L’incarnazione è conseguenza del peccato originale o ci sarebbe stata
comunque per completare il piano divino? àsi ricorda la definizione di Felix culpa
preso da Agostino e Ambrogio

CCC 412: perché Dio non ha impedito al primo uomo di peccare? Ma perché Dio non
ha impedito al primo uomo di peccare? San Leone Magno risponde: « L'ineffabile grazia
di Cristo ci ha dato beni migliori di quelli di cui l'invidia del demonio ci aveva privati
». 552 E san Tommaso d'Aquino: « Nulla si oppone al fatto che la natura umana sia
stata destinata ad un fine più alto dopo il peccato. Dio permette, infatti, che ci siano i
mali per trarre da essi un bene più grande. Da qui il detto di san Paolo: "Laddove è
abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia" (Rm 5,20). Perciò nella benedizione
del cero pasquale si dice: "O felice colpa, che ha meritato un tale e così grande
Redentore!" ».
-Altra domanda è: in che modo Gesù Cristo è il salvatore di tutta l’umanità? Come
può un evento particolare, condizionato da tempo e spazio avere una importanza per
tutta l’umanità?
-Per Paolo Cristo è “il solo mediatore tra tutti gli uomini” (1Tm 2,5) proprio dove
insiste sul fatto che “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi” (1Tm 2,4). L’inno
cristologico dei Colossesi lo conferma.

Rappresentanza

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-La fede cristiana professa che Gesù ha un ruolo unico come rappresentante e
Mediatore. Guardando la vita di Gesù si nota che egli vive in una doppia relazione:
visto dal Padre vive per noi, visto da noi vive per il Padre. Questa doppia relazione è
l’essenza di Cristo come Mediatore. La sua croce costituisce il grande evento della
mediazione e delle redenzione.

-La sua rappresentanza è unica e universale: proprio come rappresentante assume


un’importanza unica e universale. Grazie a lui si verifica una cosa unica e ripetibile:
la riconciliazione in Cristo. Rahner: l’unico Salvatore è il Salvatore assoluto.
-La Scrittura inquadra la figura di Gesù non solo nella storia del suo popolo, ma
anche nella storia stessa del genere umano, per esempio Gal 4,4: “Nato da donna,
nato sotto la legge”, da donna cioè dall’umanità. àSenza lui la storia del genere
umano è una storia senza salvezza, una vita finita.

-Entrando nella storia condivide la nostra natura, diventa nostro fratello, assume la
nostra storia concreta contrassegnata dalla colpa. Attraverso la natura umana cambia
la prospettiva e costituisce una natura nuova e segno di un nuovo inizio. Prende su
di sé il male. à Lo fa mediare la sua obbedienza, come nostro rappresentante,
obbedisce al Padre fino alla morte. La sua morte è la morte della morte, non la evita.
-Non è solo un membro dell’umanità, ma anche l’inizio dell’umanità nuova 1Cor 15:
“Cristo è il nuovo Adamo attraverso la cui obbedienza viene espiata la
disobbedienza del primo Adamo”

Cullmann
-Culman nel suo libro “Cristo e il tempo”, ci mostra la linea della salvezza nel segno
della rappresentanza:
- Il peccato dell’uomo ha un inizio la caduta, ed è questa che rende necessaria la
storia della salvezza nel senso stretto del termine.
-Il peccato non è l’ultima parola ma la Parola di Dio che è amore è l’ultima parola:
nella sua misericordia il Creatore fa svolgere una serie di avvenimenti temporali per
annullare la maledizione di peccato e morte, per riconciliare l’uomo con lui e per
condurre l’universo intero verso una rigenerazione di un mondo senza la morte. àIl
principio per la salvezza è l’elezione di una minoranza.

-(Disegno): Adamo rappresenta tutta la storia dell’umanità, in lui tutti sono benedetti
e maledetti. Dopo la sua caduta Dio scegli Israele, e l’elezione vale immediatamente
per tutti i popolo. Sceglie Abramo in cui sono benedetti tutti i popoli della terra.
Tuttavia nemmeno Israele porta a compimento la missione affidata. Al suo posto
subentra il resto Santo.

Questa piccola cerchia si riduce continuamente fino a concentrarsi in un unico uomo:


Cristo, che in Isaia 53,4 paga le colpe di tutti, Il Servo del Signore. La missione è
affidata al Servo di Jahwè che rappresenta la salvezza per tutto il popolo e per tutti
gli uomini: il NT lo chiama Gesù di Nazareth. Fino a Cristo la storia di salvezza

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conosce una riduzione progressiva: umanità. In Cristo, da questo momento, inizia il
movimento inverso, dall’unità alla pluralità. A partire da lui, si passa
progressivamente dall’unità alla pluralità: egli è il Primogenito di molti fratelli,
questo giustifica GS 22, tutta l’umanità è collegata con questa persona. àRiassume
tutte le delusioni precedenti e apre una storia nuova, è fine e compimento e inizio e
futuro.

-Questa l’idea di rappresentanza, sulla questione Cur Deos homo.


-Questa idea di rappresentanza viene tematizzata soprattutto con i concetti di:
riscatto e soddisfazione

Riscatto dell’espiazione
Emergono due concetti sotto la soteriologia cristologia: il concetto di riscatto e
soddisfazione. Il riscatto dell’espiazione era una teoria speculativa che cercava di
spiegare la sofferenza di Cristo come riscatto. I Padri dalla Scrittura avevano dedotto
il diritto del Demonio, la sua autorità, sull’uomo a causa del peccato.

-La teoria insegna che la morte di Cristo sia stato un sacrificio di riscatto in
soddisfazione della schiavitù e del debito delle anime per il peccato originale.
-Origene, Atanasio, Basilio, Crisostomo e Agostino.

- In Agostino: “gli uomini erano prigionieri del diavolo e adoravano i demoni ma


vennero riscattati dalla prigionia. Essi avevano voluto vendersi, ma non erano in
grado id riscattarci. Venne il Redentore e sborsò il prezzo: versò il suo sangue e si
riacquistò l’universo” (Agostino, Esposizione sui Salmi, 95,5)

àAdamo ed Eva avevano venduto l’umanità al diavolo, allora era necessario che Dio
pagasse il riscatto. Dio ha ingannato il diavolo, permettendo la morte di Cristo,
perché egli non aveva capito che Egli non sarebbe potuto rimanere nei legacci della
morte. Una volta che il Diavolo accettò come riscatto la morte di Cristo, la giustizia fu
fatta e Dio fu capace di riscattarci.

àProblema: Dio può ingannare qualcuno? Cristo avrebbe dato la sua vita per
riscattarci e liberarci dal diavolo, ma il diavolo una volta accettato questo prezzo
rimase inganno perché sotto l’aspetto umano di Cristo era nascosta la sua divinità
disarmando il diavolo

Anselmo di Canterbury
-Satana essendo egli stesso fuori legge, non potrebbe mai avere una giusta
rivendicazione contro gli esseri umani.
àPer Anselmo il fatto che Dio dovrebbe pagare un riscatto al diavolo è ripugnante, è
una fantasia. La visione del riscatto mostra Dio un debitore ed un ingannatore. Per
Anselmo questa soluzione è inadeguata. Per spiegare la cristologia soteriologica,
perché il Figlio di Dio deve diventare uomo per pagare un riscatto? Perché Dio deve
pagare il demonio, come se fosse un fuorilegge?

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-Anselmo propone la teoria della soddisfazione

XI lezione

- Nostra eredita – natura umana e inclinata al male, al male –


CONCUPIŠENCA – inclinazione, debolezza fondamentale, causa di tutti altri
peccati
- - stato decaduto
- Cristianesimo e peccato • «La colpa e il peccato sono indubbiamente un tema
centrale per il cristianesimo; infatti questo si autocomprende come religione
redentrice, come l’evento del perdono della colpa da parte di Dio stesso nell’azione
da lui compiuta in Gesù Cristo nella sua morte e nella sua risurrezione». Però… •
«Dovremo ripetere continuamente che non possiamo interpretare cristianamente
questo mondo nel senso che esso prima sarebbe stato molto cattivo e carico di colpa,
mentre poi sarebbe diventato essenzialmente diverso in maniera empiricamente
tangibile ad opera della redenzione di Gesù Cristo. Quando parliamo della colpa
dell’uomo, della sua perdizione, della necessità di una salvezza dalla perdizione, del
bisogno di redenzione e della redenzione, dobbiamo perlomeno metodicamente dirci
subito che tali concetti non vanno collegati in partenza con un indice temporale»
(Rahner).
- Non esiste una dottrina ortodossa del peccato originale completamente sviluppata
paragonabile alle dottrine soteriologiche di cristologia e trinità (Ricoeur). • Cf.
Catechismo della chiesa cattolica, 385-421. • «Perciò, come per mezzo di un solo
uomo il peccato è entrato nel mondo e per mezzo del peccato la morte, così la morte
si è estesa a tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato» (Rom 5:12). • «Infatti,
poiché per mezzo di un uomo è venuta la morte, così anche per mezzo di un uomo è
venuta la risurrezione dei morti. Poiché, come tutti muoiono in Adamo, così anche in
Cristo saranno tutti vivificati» (1Cor 15:21-22). • «Il racconto della caduta (Gn 3)
utilizza un linguaggio di immagini, ma espone un avvenimento primordiale, un fatto
che è accaduto all’inizio della storia dell’uomo. La Rivelazione ci dà la certezza di fede
che tutta la storia umana è segnata dalla colpa originale liberamente commessa dai
nostri progenitori» (CCC 390).
- Non si trova nella biblija questo concetto del peccato
- Salvezza e peccato – colegativi – augustin - risuretione un recupero dal
peccato
- Manicheismo -erore – anima e incacelata in corpo – corpo umano fa parte del
questo mondo
- Mondo e il male incarnato – l'umini non sono risponsabili – non sono
rasponsabili per questo stacco
 Pelagianismo
 - senza virtu – totalmente libero e non determinato, la
 Ako je čovjek oprezan, ne griješi – pelagijanizam

Contro mancicheismo

- Filosoficamente – dualismo e assurdita – niente puo

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Agostino: Essere e bene – il male non e essere, ma fare – male uso della sua liberta – uso
sbagliato della sua liberta – male ontoligico non puo esistere – tendenzza umana prendere
posto di Dio – bene supremo

- Una visione etica, non ontologica del male


- Dimendicando alla – male una cosa antropologica,
- Auttori non sono vittim,nego autori
-
-

– tendenza umana verso il male – la cadutta

Concupiscienza – pohota

I bambini – potenzialita del una perfectione – prospettiva cristologica

Lavorare per cio che dio e invitato – GS 22 + Rom5, 12

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