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Il termine Barocco fu introdotto nella storiografia per classificare le tendenze

stilistiche che segnano l'architettura la pittura e la scultura, e per estensione


la poesia e la letteratura tra il XVII secolo e la prima metà del XVIII. Il termine
"barocco" fu utilizzato in campo musicale, per definire lo stile della musica a
partire ai primi del Novecento, come vediamo nel saggio di Curt Sachs Barokmusik
del 1919.[1]

In campo musicale il Barocco può essere considerato come uno sviluppo di idee
maturate nel tardo Rinascimento ed è perciò difficile, e anche arbitrario, voler
stabilire una netta demarcazione cronologica precisa di inizio e di fine del
periodo barocco in musica.
Dal punto di vista geografico, la musica barocca ha origini in Italia, grazie al
lavoro di compositori come Claudio Monteverdi, benché verso la metà del XVII secolo
essa iniziò a prendere piede e svilupparsi anche in altri paesi europei, sia
attraverso i musicisti italiani (compositori, cantanti, strumentisti) che vi erano
emigrati, sia attraverso i compositori autoctoni che svilupparono un autonomo
indirizzo stilistico, come per esempio in Francia dalla seconda metà del XVII
secolo.

Attualmente il termine "musica barocca" è rimasto convenzionalmente in uso per


indicare indistintamente qualunque genere di musica evolutosi fra il tramonto della
musica rinascimentale e il sorgere dello stile galante e poi di quello classico, in
un arco cronologico che, secondo gli schemi di periodizzazione adottati dai
maggiori dizionari e repertori bibliografici musicali andrebbe dal 1600 (prima
opera giunta integra fino a noi) al 1750 (morte di Johann Sebastian Bach)
Il termine "musica barocca", pur entrato nel linguaggio comune, e la relativa
periodizzazione, tuttavia, non sono praticamente più utilizzati dalla musicologia,
a causa dell'estrema varietà di stili e dell'eccessiva ampiezza temporale e
geografica, che non consente di vedere in modo unitario e coerente diverse
manifestazioni dell'arte musicale. Del problema era già cosciente il musicologo
Manfred Bukofzer che nel 1947 pubblicò il libro Music in the Baroque Era from
Monteverdi to Bach, a lungo rimasto manuale di riferimento, in cui
significativamente preferiva parlare, già dal titolo, di Musica nell'età barocca e
non di "musica barocca". In altre parole per Bukofzer la musica barocca, intesa
come uno stile unitario ed organico, non esisteva. Per questo motivo proponeva di
adottare, invece, il criterio della distinzione tra i tre grandi stili che
attraversano la musica occidentale tra la fine del Seicento e la prima metà del
Settecento: lo stile concertante italiano, lo stile contrappuntistico tedesco e lo
stile strumentale francese; operando, poi, un'ulteriore bipartizione, ovvero quella
tra idioma strumentale e idioma vocale.[2] Esso tuttavia presuppone una rigida
visione dei fenomeni musicali legati a un'ideologia nazionalistica di stampo
ottocentesco, contraddetta dai fatti storici, che non tiene in debito conto la
circolazione di idee, pratiche sociali e musicali, come pure di musicisti e musiche
nell'Europa del XVII e XVIII secolo. Nel 1982, in un volume della Storia della
musica a cura della Società Italiana di Musicologia, dedicato alla musica del XVII
secolo, il musicologo Lorenzo Bianconi rifiutava di usare il termine "barocco" o
anche "musica dell'età barocca", a motivo dei fenomeni diversi e antitetici, e
dell'eterogeneità di tante correnti e tradizioni che caratterizzano la musica di
quell'epoca storica.[3]
In generale, oggi, in campo musicologico più che di "musica barocca" si preferisce
talvolta parlare di "musica del Seicento", estendendo questa periodizzazione non
soltanto alle musiche prodotte nel XVII secolo, ma anche a quelle di compositori
nati in quel secolo,[4] oppure di scorporare il primo Settecento, definendolo come
"l'età di Bach e Handel",[5] massimi compositori dell'epoca, legati al linguaggio
musicale ereditato dal Seicento e a una scrittura fondata sul contrappunto, pur
fondato sulla moderna tonalità e sull'armonia che ne consegue, e sul suo
sfruttamento in senso espressivo. La musica dei due sommi compositori tedeschi è
caratterizzata da elementi tanto dello stile italiano che francese, da loro
magistralmente assorbiti, elaborati e adoperati in modo originale nella loro
produzione.

Indice
1 Problemi di definizione
2 Caratteristiche generali
2.1 Il barocco colossale
3 Storia
3.1 Primo barocco
3.2 Medio barocco
3.3 Tardo barocco
4 Musica strumentale
4.1 Il concerto grosso
4.2 Il concerto solistico
4.3 La suite
4.4 La sonata
5 Musica vocale
5.1 L'opera
5.2 La cantata
5.2.1 La cantata da chiesa tedesca
5.3 L'oratorio
6 Gli strumenti nella musica barocca
7 Compositori più noti
7.1 Tavola sinottica dei compositori barocchi (1550 -1750)
7.2 Claudio Monteverdi
7.3 Henry Purcell
7.4 Antonio Vivaldi
7.5 Johann Sebastian Bach
7.6 Georg Friedrich Händel
7.7 Altri compositori
7.7.1 In Italia
7.7.2 In Francia
7.7.3 In Germania
7.7.4 In Inghilterra
7.7.5 Nelle Fiandre
7.7.6 In altri paesi
7.8 Tavola diacronica dei compositori barocchi
8 Note
9 Bibliografia
10 Voci correlate
11 Altri progetti
12 Collegamenti esterni
Problemi di definizione
Il termine "barocco" dal latino verruca (escrescenza) compare nelle lingue
neolatine del XVI e XVII secolo (berruecca in portoghese, barrucco in spagnolo,
baroque in francese) a indicare perle o pietre preziose deformi o irregolari.
Barocco divenne una categoria estetica nella cultura francese del Settecento per
giudicare opere d'arte ritenute eccessivamente innaturali, irregolari, forzate,
ampollose. In campo musicale fu il filosofo Jean-Jacques Rousseau, nel suo
Dictionnaire de musique (1768), a parlare di musique baroque, per definire un
genere di musica in cui «l'armonia è confusa, sovraccarica di modulazioni e
dissonanze, il canto duro e poco naturale, l'intonazione difficile e il movimento
forzato».[6] Principale bersaglio dell'aspra critica erano le musiche delle opere
di Rameau, Lully e di altri francesi, il cui stile veniva contrapposto alla
naturalezza di quello dell'opera italiana; ma la critica avrebbe potuto essere
rivolta anche alle musiche di Bach e Händel. In effetti, pur senza usare il termine
"barocco" il critico musicale tedesco Johann Adolph Scheibe nel 1737, con parole
simili a quelle di Rousseau, aveva rivolto pesanti critiche a Bach, la cui musica,
a suo dire, "ampollosa e confusa", aveva "soffocato la naturalezza e oscurato la
bellezza" con una scrittura troppo complessa e artificiosa.[7]
In questo senso l'opera italiana del pieno Settecento, e in particolar modo l'opera
cosiddetta "napoletana", che dominò le scene europee a partire dagli anni Trenta
del XVIII secolo, grazie proprio alla naturalezza del canto e al prevalere di
un'armonia facile all'ascolto sul contrappunto, non può propriamente rientrare
nell'ambito della musica barocca, essendo ad essa contrapposta nel giudizio dei
contemporanei. Celebre è lo sferzante ma esemplificativo giudizio che nel 1745
Handel diede sull'emergente operista Christoph Willibald Gluck, una delle figure di
spicco del teatro musicale di quel secolo: «[Gluck] non sa di contrappunto più del
mio cuoco Waltz».[8]
La definizione di "musica barocca" formulata da Rousseau, riferita a un particolare
stile compositivo che appariva ormai superato nell'estetica musicale del
Settecento, fu fatta propria da uno dei maggiori teorici tedeschi, Heinrich
Christoph Koch che nel suo Musikalisches Lexicon (1802) riprese quasi alla lettera
la definizione del filosofo francese.[7] In senso svalutativo, "barocco" continuò
ad essere usato per definire espressioni d'arte, ma anche di musica, che si
discostavano dai canonici estetici fissati da critici e teorici tra la fine del
XVIII e la prima metà del XIX secolo.
Fu soltanto dalla seconda metà del XIX secolo che il termine barocco passò ad
indicare lo stile artistico di un'epoca successiva al Rinascimento. Jacob
Burckhardt, nel suo manuale Il Cicerone (1855), dedicò un capitolo all'arte post-
michelangiolesca, intitolato Stile barocco, rimarcandone gli aspetti di decadenza
rispetto al Rinascimento. Verso la fine dell'Ottocento, Heinrich Wölflin riprese il
termine in senso storico, più neutro e non svalutativo, e propose anche di
allargare il suo uso alla letteratura e alla musica nel suo saggio Rinascimento e
Barocco (1888). Nel barocco Wölflin vedeva uno stile non necessariamente legato a
un'epoca, caratterizzato da elementi stravaganti, bizzarri, eccessivi, esuberanti,
in contrapposizione a elementi quali ordine, equilibrio, proporzione, simmetria che
denotavano lo stile classicistico. In campo musicologico Curt Sachs, nel saggio
Barockmusik (1919), si richiamò alle posizioni di Wölflin sullo stile barocco in
arte e in letteratura, applicandole in maniera sistematica alla musica:[1] Sachs,
in una prospettiva di stampo positivistico, tipica della musicologia del suo tempo,
si sforzava di delineare le caratteristiche specifiche dello stile barocco in
musica (per esempio, l'uso dell'ornamentazione, della variazione della melodia,
oppure la scrittura monodica con basso continuo) cercando di metterle in rapporto
con le novità stilistiche della pittura barocca. Questo tipi di classificazioni
dello stile sulla base di caratteristiche interne alle composizioni ha comportato
che alcuni studiosi nella prima metà del Novecento identificassero il barocco in
musica con "l'età del basso continuo", sebbene tale pratica perdurasse a lungo nel
XVIII secolo, anche in musiche di stile completamente diverso (galante, classico).
Tuttavia, tale periodizzazione rimane questione controversa e condizionata dagli
inevitabili mutamenti estetici nel corso del tempo. Molti musicologi sono oggi
consapevoli di quanto sia improduttivo lo sforzo di inquadrare sotto un unico
concetto storico-estetico un secolo e mezzo di produzione musicale, sviluppatosi
attraverso pratiche, musicali e sociali, caratteri e momenti sensibilmente diversi
tra un paese europeo e l'altro. Basti pensare alla marcata differenza tra lo stile
italiano e quello francese, ben evidenziata fin dalla seconda metà del Seicento
negli scritti di critici, letterati e memorialisti d'Oltralpe, che mettevano a
confronto musica italiana e francese, come quelli di François Raguenet[9] e Jean-
Laurent le Cerf de la Vieville.[10] Ancor più improduttivo appare lo sforzo di
creare a tutti i costi una periodizzazione della "musica barocca" o "dell'età
barocca", in modo da farla forzatamente combaciare con quelle di altre espressioni
artistiche, come la pittura, l'architettura e la poesia.[11]

Caratteristiche generali
Abbozzo musica classica
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La musica barocca, in analogia con le altre forme d'arte del tempo, puntava a
stupire e divertire l'ascoltatore.[senza fonte] I caratteristici elementi della
produzione musicale di questo periodo sono i cambi repentini di tempo, i passaggi
di grande virtuosismo strumentale o vocale e l'uso del contrappunto e della fuga,
oltre a uno sviluppato senso dell'improvvisazione.

Il barocco colossale
Lo stile "barocco colossale" è un nome che è stato coniato per descrivere un numero
di composizioni dal XVII al XVIII secolo scritte in una maniera opulenta, sontuosa
e in larga scala. Inoltre in questi lavori venne fatto uso di tecniche policorali e
spesso erano caratterizzati da una dotazione di strumenti quantitativamente
superiore alla media dell'epoca. Il primo barocco colossale fu uno stile italiano,
nato per rappresentare i successi della controriforma. I pezzi erano tipicamente a
12 o più parti, ma è evidente che non sempre gli aspetti policorali interessavano
il largo spazio (ad esempio nel Exultate Omnes di Vincenzo Ugolini ci sono passaggi
a tre per tutti i soprani, tenori e contralti; questo sarebbe apparso assurdo
suonarlo in un ampio spazio). Tuttavia alcuni lavori vennero piacevolmente eseguiti
dai cantanti e dagli strumentisti nella Cattedrale di Salisburgo.

Un altro compositore del barocco colossale fu Orazio Benevoli, il quale fu confuso


con Heinrich Ignaz Franz Biber e Stefano Bernadi come compositore della Missa
Salisburgensis.

La musica del barocco colossale fu una parte filosofica della controriforma e si


diffuse oltralpe, nell'Impero austriaco, a Vienna e Salisburgo, dove le
composizioni a più parti furono scritte per le occasioni particolare, anche se non
vennero pubblicate impedendoci oggi la conoscenze di numerosi lavori prodotti da
maestri italiani come Valentini (alcuni per 17 cori),[12] Priuli, Bernardi (la
messa per la consacrazione della Cattedrale di Salisburgo) e altri.

Storia
Primo barocco
La Camerata de' Bardi fu un gruppo di umanisti, musicisti, poeti e intellettuali
della Firenze tardorinascimentale che si raccolsero attorno al patronato di
Giovanni Bardi, conte di Vernio, per discutere e influenzare la moda artistica
dell'epoca, soprattutto nella musica e nel teatro. Per ciò che riguarda la musica,
i loro ideali si basavano sulla ricezione del valore del discorso e dell'orazione
nella musica del teatro classico, in particolare greco. La Camerata rifiutava
perciò l'uso che gli autori a essa contemporanei facevano della musica strumentale
e della polifonia, creata da linee melodiche indipendenti, e ripresero in
considerazione mezzi musicali dell'Antica Grecia come la monodia, che consisteva in
una linea di canto solista accompagnata dalla citara, antenato della cetra. Una
prima realizzazione di tali idee estetiche è rappresentata dalle opere Dafne, prima
composizione in assoluto a poter essere definita opera, ed Euridice di Jacopo Peri.

Nella teoria della musica del tempo si diffuse l'uso del basso cifrato, definendo
l'inizio dell'importantissimo ruolo dell'armonia nella composizione musicale, anche
come fondamento verticale della stessa polifonia. L'armonia può essere considerata
come il risultato ultimo del contrappunto, essendo il basso cifrato una
rappresentazione grafica delle armonie comunemente impiegate nell'esecuzione.

Medio barocco
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Tardo barocco
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Musica strumentale
Il concerto grosso
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Concerto
grosso.
Il termine concerto grosso indica una prassi della musica sacra del XVII secolo,
che prevede la suddivisione delle voci e degli strumenti in due gruppi: uno formato
da pochi e scelti solisti, detto "concertino"; l'altro formato da un più numeroso
gruppo vocale e /o strumentale, detto "concerto grosso". Benché tale prassi si
descritta da Ludovico Viadana nei suoi Salmi a quattro cori (1612), dalla metà del
Seicento circa, essa fu utilizzata nella musica sacra per soli e coro di ripieno.
In seguito tale genere di scrittura fu applicato anche agli accompagnamenti
strumentali delle arie, dividendo gli strumenti in "Soli", nella concertazione con
la voce, e "Tutti" nei ritornelli a inizio e fine strofa, come si vede per esempio
nella musica di Alessandro Stradella e Bernardo Pasquini.[13] Verso il 1680 o poco
prima la prassi fu introdotta nella musica strumentale da Arcangelo Corelli, che la
sperimentò essendo spesso chiamato a dirigere, come primo violino, orchestre molto
più grandi dell'ordinario, di 50, 100 e perfino 150 elementi. Nei suoi aspetti
strutturali il concerto grosso richiama l'organizzazione in più movimenti della
coeva sonata a tre, anche nella suddivisione nei due generi "da chiesa" e "da
camera". I concerti composti da Corelli nell'arco di un trentennio furono da lui
dati alle stampe nella raccolta Concerti grossi, op.6, uscita postuma ad Amsterdam
nel 1714. I dodici concerti grossi della raccolta sono l'esempio più alto del
genere: la musica è ripartita tra un gruppo di solisti (nel caso di Corelli, due
violini e un violoncello) detto "concertino" o "soli" che si contrappone all'intero
corpo dell'orchestra, detto "grosso" o "tutti". Non si ha una contrapposizione
generica basata sul semplice contrasto di sonorità, ma una rigorosa divisione del
lavoro: al "grosso" spetta l'esposizione del ritornello, al "concertino" gli
episodi solistici, secondo un'articolazione che verrà poi ripresa anche dal
concerto solistico.

Il concerto solistico
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Concerto
solista.
Generalmente si individua in Antonio Vivaldi, l'inventore del concerto solista,
ossia l'evoluzione del "concerto grosso" verso una forma musicale che prevede uno o
più strumenti solisti ai quali è assegnata una parte "obbligata".

La suite
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Suite
(musica).
La forma della suite si origina dalla pratica di accompagnare e sostenere la danza
con un numero più o meno elevato di voci o di strumenti, ma il termine suite appare
per la prima volta in una raccolta pubblicata dal compositore francese Philippe
Attaignant nel 1529. La pratica di codificare in modo rigoroso la denominazione e
la successione delle diverse danze è, però, molto posteriore e si verifica quando
la suite diventa un "seguito" di danze puramente immaginarie. Si deve a Johann
Jakob Froberger, allievo di Girolamo Frescobaldi, la riduzione della suite alle sue
quattro danze "di base" (allemanda, corrente, sarabanda e giga) e sarà questo il
modello di base che seguirà Johann Sebastian Bach solo per alcune delle sue suite
(le sue Suite Inglesi, ad esempio, sono articolate in otto danze).

In alcuni tipi di suite un preludio dà inizio ai balli, in casi eccezionali si ha


un'ouverture, un preambolo, una fantasia o una toccata. Fra la sarabanda e la giga
si possono ritrovare danze come la gavotta, la siciliana, la bourrée, la loure, il
minuetto, la musetta, la doppia e la polacca, mentre dopo la giga le danze
ordinariamente sono la passacaglia e la ciaccona.

La sonata
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Sonata.
Il modello originario della sonata appare a Venezia verso la fine del Cinquecento,
grazie agli organisti e ai violinisti che prestano servizio presso la Cappella
della Basilica di San Marco, ma l'idea di una forma strumentale totalmente autonoma
dalla musica vocale prende però piede nell'altro grande centro musicale dell'Italia
del tempo: la Basilica di San Petronio a Bologna. È qui che l'ordito
contrappuntistico della sonata rinascimentale si scioglie nelle sue due polarità
nascoste: da un lato il "basso continuo", dall'altro il libero gioco improvvisativo
delle voci superiori. Nasce così il prototipo della cosiddetta "sonata a tre", il
cui organico è costituito dal continuo e da due strumenti melodici. A partire dalla
seconda metà del Seicento la sonata a tre si divide in due forme complementari: da
un lato la "sonata da chiesa", inizialmente destinata a sostituire le parti
mancanti della liturgia vocale e dunque caratterizzata da una severa scrittura
contrappuntistica, dall'altro la "sonata da camera", indirizzata originariamente
all'intrattenimento e quindi segnata dalla scrittura ritmico-melodica tipica delle
forme di danza. Uno dei compositori più noti di sonata barocca è Domenico
Scarlatti, autore di ben 555 sonate per clavicembalo solista.

Musica vocale
L'opera
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Opera.
L'opera nasce a Firenze verso la fine del XVI secolo e, grazie a Claudio
Monteverdi, ha enorme diffusione in età barocca, affermandosi soprattutto a Roma, a
Venezia e, successivamente (a partire dagli ultimi decenni del Seicento), a Napoli.
Spettacolo inizialmente riservato alle corti, e dunque destinato ad una élite di
intellettuali e aristocratici, acquista carattere di intrattenimento a partire
dall'apertura del primo teatro pubblico nel 1637: il Teatro San Cassiano di
Venezia.
Alla severità dell'opera degli esordi, ancora permeata dell'estetica tardo-
rinascimentale, subentra allora un gusto per la varietà delle musiche, delle
situazioni, dei personaggi, degli intrecci; mentre la forma dell'aria, dalla
melodia accattivante e occasione di esibizione canora, ruba sempre più spazio al
recitativo dei dialoghi e, di riflesso, all'aspetto letterario, il canto si fa
sempre più fiorito. Fra i massimi rappresentanti italiani dell'opera di età barocca
possiamo citare Francesco Cavalli (Il Giasone e L'Ercole amante) e Alessandro
Scarlatti (Il Tigrane e Griselda).

Nel frattempo Jean-Baptiste Lully, un compositore italiano emigrato in Francia, dà


vita all'opera francese. In essa la tipica cantabilità italiana, poco adatta alla
lingua francese, è abbandonata a favore di una più rigorosa interpretazione
musicale del testo.
Lo stile di canto, più severo e declamatorio, è prevalentemente sillabico.
Ulteriori elementi di differenziazione rispetto al modello italiano sono costituiti
dall'importanza assegnata alle coreografie e dalla struttura in cinque atti, che
l'opera seria francese conserverà fino a tutto il XIX secolo. Nacquero così la
tragédie-lyrique e l'opéra-ballet.

Nel Settecento l'opera italiana è riformata dai poeti Apostolo Zeno e Pietro
Metastasio, che stabiliscono una serie di canoni formali relativi all'impianto
drammaturgico, come alla struttura metrica delle arie, applicando le cosiddette
unità aristoteliche e dedicandosi esclusivamente al genere serio.

La scelta di Zeno e Metastasio di escludere ogni elemento comico dal teatro


musicale serio determina la nascita dell'opera comica, dapprima in forma di
intermezzo, poi come opera buffa.

La cantata
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Cantata.
La cantata è una forma musicale vocale di origine italiana tipica della musica
barocca, formata da una sequenza di brani come arie, recitativi, concertati e
numeri corali. Ha una certa affinità con l'opera barocca, ma l'esecuzione avviene
senza apparato scenico e senza costumi e lo spettacolo è di dimensioni minori.

Le cantate possono essere sacre (o da chiesa), ispirate perlopiù a vicende tratte


dalle Sacre Scritture, oppure profane (o da camera), solitamente con soggetto
mitologico o storico, in latino o in volgare.

In Italia i maggiori compositori di cantate sono stati Giacomo Carissimi,


Alessandro Scarlatti, Giovanni Bononcini, Antonio Caldara e Antonio Vivaldi.

Importanti in Germania furono Georg Friedrich Haendel, Georg Philipp Telemann,


Dietrich Buxtehude.

La cantata da chiesa tedesca


Il concetto di "cantata sacra" è estraneo al lessico di Johann Sebastian Bach: il
termine è stato infatti coniato soltanto nel XIX secolo per indicare sommariamente
le composizioni da chiesa settecentesche su testo spirituale, ispirato alle Sacre
Scritture, intonate da coro e solisti con accompagnamento di strumenti. Una svolta
nella storia della cantata da chiesa tedesca è segnata dalla pubblicazione nel 1704
di un'antologia di testi per le cantate da chiesa del pastore protestante Erdmann
Neumeister. Ispirandosi alle forme poetiche dell'opera, dell'oratorio e della
cantata, secondo l'uso italiano, Neumeister articolò i versi dei suoi testi in
arie, recitativi, concertati e numeri corali, fornendo a ciascun compositore un
modello formale comodo da mettere in musica secondo lo stile del tempo. Johann
Sebastian Bach seguì in molti casi il modello della "cantata" offerto da
Neumeister, anche se impiegò anche altri modelli, più tradizionali, come per
esempio le cosiddette "cantate-corali", in cui utilizza il testo di un corale
luterano, suddiviso in più numeri ognuno dei quali coincidente con una strofa del
testo.

In origine il termine "corale" indicava generalmente il canto monodico non


accompagnato dalla liturgia cristiana. Con l'avvento della riforma luterana la
parola viene ad indicare il canto, anch'esso monodico, proprio della chiesa
luterana e delle altre confessioni cosiddette "protestanti". Il cuore musicale
della riforma luterana è costituito da un nuovo corpus di canti monodici, spesso di
estrema semplicità e concentrazione melodica. I testi appartengono alla lingua
della liturgia riformata, il tedesco, e abbandonano definitivamente il tradizionale
latino dei padri della chiesa cattolica. I nuovi "corali" possono essere intonati
choraliter, in forma monofonica, oppure figuraliter, in forma polifonica, grazie
alla semplice armonizzazione della linea vocale di base. Di questa prassi, in uso
sin dalla metà del Cinquecento, si avvarranno nei secoli successivi tutti i
compositori tedeschi al servizio delle comunità luterane, compreso J.S. Bach.
Generalmente, anche se con numerose eccezioni, le Kirchenkantaten di J.S. Bach si
aprono con un corale intonato in forma non polifonica, seguono poi arie, recitativi
e concertati, e si concludono con un corale armonizzato a quattro o cinque voci
oppure con un numero corale.

L'oratorio
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Oratorio
(musica).
Genere di cantata, sviluppatosi a partire dagli inizi del XVII secolo,
specificamente destinato a rendere più attrattive e solenni delle riunioni di
preghiera e predicazione, che si tenevano, al di fuori della liturgia, negli
oratori di confraternite o congregazioni religiose. Dal luogo originario
d'esecuzione questo genere di cantata prese il nome di oratorio. Come altre forme
di poesia per musica, l'oratorio presenta versi per i recitativi e per le arie, e
talvolta per i numeri corali. I soggetti dei testi sono tratti dal Sacre Scritture,
in cui i personaggi portano avanti un'azione drammatica solo con il canto, ma non
recitandola in scena e senza costumi. Esistono anche oratori profani di soggetto
mitologico o storico. Generalmente i testi sono in volgare, anche se esiste una
minoranza di oratori in latino. Tra i maggiori compositori di oratori ci sono:
Giacomo Carissimi, Bernardo Pasquini, Giovanni Bicilli, Giovanni Legrenzi,
Alessandro Stradella, Giovanni Paolo Colonna, Giacomo Antonio Perti, Alessandro
Scarlatti, Giovanni Battista Pergolesi, Marc-Antoine Charpentier, Heinrich Schütz,
Johann Sebastian Bach, George Frideric Handel e Johann Adolf Hasse.

Gli strumenti nella musica barocca


In epoca barocca ebbero un ruolo particolarmente importante gli strumenti d'armonia
dedicati all'esecuzione del basso continuo, che è il vero denominatore comune di
tutta la produzione musicale. Fra questi, i due di uso prevalente erano l'organo e
il clavicembalo (ai quali è dedicata, inoltre, una vastissima letteratura
solistica; ne sono un semplice esempio le 555 sonate per clavicembalo di Domenico
Scarlatti oppure L'Art de Toucher le Clavecin di François Couperin). Il basso
continuo, tuttavia, era anche realizzato dalla tiorba, dall'arpa e occasionalmente
dal regale; era prassi frequente che più strumenti (ad esempio organo e tiorba)
concorressero all'esecuzione del basso continuo, soprattutto in compagini
orchestrali o corali numerose[14]. Fra gli strumenti a corda erano pure molto
diffusi, sia come strumenti solisti che come strumenti d'accompagnamento, il liuto
e la chitarra. Il clavicordo, per contro, era apprezzato ma era destinato a un uso
esclusivamente solistico.

Per quanto riguarda gli strumenti melodici, nel passaggio dal Rinascimento
all'epoca barocca si riscontra una generale riduzione nella varietà di strumenti
utilizzati: mentre nel XVI secolo praticamente ogni strumento melodico, sia a fiato
che a corde, era costruito in taglie differenti, che riproducevano le diverse
estensioni vocali (e spesso erano indicate con i termini "soprano", "contralto",
"tenore e "basso"), nel corso della prima metà del XVII secolo, con la nascita di
una vera e propria letteratura strumentale idiomatica, in ciascuna "famiglia" di
strumenti fu privilegiata un'unica taglia[15]. L'unica rilevante eccezione è
costituita dalle viole da braccio, per le quali si consolidarono le quattro
versioni che tuttora conosciamo (violino, viola, violoncello e contrabbasso).

A fianco della famiglia degli archi, che costituivano l'elemento irrinunciabile di


ogni insieme orchestrale, gli strumenti più frequentemente usati fra quelli acuti
erano:

il cornetto, che nella prima metà del XVII secolo contendeva al violino il ruolo di
strumento solistico e virtuosistico per eccellenza;
l'oboe, discendente diretto dal contralto della bombarda rinascimentale; erano
usate, per particolari effetti timbrici, anche versioni di taglia maggiore e con
alcune peculiarità costruttive, dette oboe d'amore e oboe da caccia;
il flauto dolce, prevalentemente nella taglia di "contralto" (in sol nella prima
parte del XVII secolo, in fa successivamente);
il flauto traverso, nella taglia in re. Sia il flauto traverso che il flauto dolce
subirono rilevanti modificazioni costruttive rispetto alle versioni rinascimentali:
in particolare, nella seconda metà del XVII secolo si iniziò a costruire questi
strumenti in più parti smontabili (tre o quattro), per permettere agli strumentisti
di adeguare l'intonazione dello strumento ai diversi "la" che coesistevano.
Fra gli strumenti gravi:

la viola da gamba (nella taglia di basso, anche se era occasionalmente impiegata


anche nella taglia di dessus: in Inghilterra il consort di viole da gamba, che
includeva tutte le taglie, era tuttavia ancora in auge nel XVII secolo);
la lira da gamba, detta semplicemente lira, strumento ad arco che permetteva
l'accompagnamento armonico dei brani a voce sola di particolare espressività, come
i "lamenti".
il trombone;
il fagotto, discendente diretto del basso della famiglia delle dulciane;
Nell'orchestra barocca erano spesso presenti anche la tromba e dall'inizio del
XVIII secolo il corno (all'epoca, entrambi senza pistoni); fra gli strumenti a
percussione acquistarono un ruolo di particolare importanza i timpani.

Accanto a questi strumenti di largo uso sia come strumenti solistici che
nell'orchestra, in epoca barocca godettero di occasionale popolarità nell'ambito di
specifiche scuole o mode musicali:

il mandolino;
la viola d'amore, viola da braccio con corde aggiuntive di risonanza;
la viola da gamba
lo chalumeau, antecedente diretto del clarinetto;
la musette de cour (piccola cornamusa con mantice) e la ghironda, strumenti che
evocavano atmosfere "pastorali".
il serpentone (basso della famiglia dei cornetti) e il fifre (flauto traverso
ottavino), nonché il tamburo, specie nelle bande militari e più tardi in quelle
civiche.
Compositori più noti
I compositori del periodo barocco attualmente più noti al grosso pubblico, grazie
ad una vasta produzione concertistica e discografica nel corso degli ultimi
cinquant'anni, sono gli italiani Claudio Monteverdi, Giacomo Carissimi, Bernardo
Pasquini, Alessandro Scarlatti e il figlio Domenico, Antonio Vivaldi, i tedeschi
Bach e Händel e l'inglese Purcell. Numerosi altri compositori di grandissima
notorietà ai loro tempi come Girolamo Frescobaldi, Heinrich Schütz, Arcangelo
Corelli, Dietrich Buxtehude e Georg Philipp Telemann, nonché tutti i maggiori
compositori della Scuola Francese Jean-Baptiste Lully, François Couperin, Marc-
Antoine Charpentier, Marin Marais, Jean-Philippe Rameau ecc.), pur avendo avuto
un'importanza storica e artistica non inferiore a quelli precedentemente citati,
sono oggi familiari a un pubblico relativamente più ristretto. È soprattutto nel
campo operistico che la ricchezza di nomi e di influenze è vastissima: essendo
l'opera la principale fonte di successo per la maggior parte degli autori del
tempo, anche la produzione ad essa collegata è praticamente sconfinata, e non è
raro che vengano riscoperti lavori di notevole valore artistico, anche di
compositori che fino ai nostri giorni erano meno rimasti pressoché sconosciuti alla
ricerca musicologica.

Celebri operisti furono certamente (oltre ai già citati Claudio Monteverdi, Jean-
Baptiste Lully, Pier Francesco Cavalli, Alessandro Scarlatti, Händel, Vivaldi e
Purcell) Alessandro Stradella, Bernardo Pasquini, Giovanni Battista Pergolesi,
Leonardo Leo, Antonio Caldara, Nicola Porpora e Jean-Philippe Rameau. Molti
appartengono alla Scuola musicale napoletana, che fu fra le più influenti e alla
moda a partire dal terzo decennio del XVIII secolo. Da quell'epoca Napoli si
impose, infatti, come uno dei massimi centri operistici europei, contendendo a
Venezia un primato che la città lagunare aveva sempre avuto in Italia.

Nel XVII secolo Roma fu uno dei principali centri dell'opera italiana, contribuendo
in modo determinante allo sviluppo del genere e delle sue convenzioni fin dagli
albori. Diversamente da altri centri, come Venezia che dal 1637 aveva sviluppato un
sistema di teatri pubblici ovvero per un pubblico pagante, a Roma gli spettacoli
operistici prosperarono soprattutto nei teatri delle famiglie aristocratiche, come
i Barberini, nella prima metà del XVII secolo e i Colonna nella seconda metà, che
realizzarono teatri nei loro stessi palazzi. A Roma, nel corso del Seicento, si
formarono numerosi compositori e cantanti d'opera, che furono attivi anche nei
teatri di altre città italiane ed europee. A Roma si formò, tra gli altri,
Alessandro Scarlatti, poi attivo nei teatri di Venezia, Firenze e Napoli. In
Italia, sulla scia dell'esempio veneziano, l'attività dei teatri d'opera aperti al
pubblicosi diffuse, a partire dalla metà del XVII secolo, anche in altri centri
come Bologna, Firenze, Genova, Pisa, Livorno, Modena, Ferrara, Parma, Napoli,
Palermo, Milano ecc., attraverso modelli di gestione dei teatri adattati alla
diversa struttura sociale e politica locale.[16] Nel resto dei paesi europei la
vita operistica ruotava generalmente attorno a una corte.[17] in forma quasi
esclusiva (Parigi e Madrid) o prevalente (Vienna e Londra). Solo in Germania gli
spettacoli operistici si articolavano su modelli non troppo dissimili da quelli
italiani, con città di grandi e medie dimensioni che fin dal XVII secolo si erano
dotate di strutture teatrali adeguate, anche private. A Monaco di Baviera fu aperto
un teatro stabile fin dal 1657 (l'Opernhaus am Salvatorplatz rimasto in funzione
fino al 1822), ad Amburgo si inaugurò nel 1678 il primo teatro pubblico tedesco e
Dresda si impose fin dai primi decenni del Settecento come una piazza di
prim'ordine.

In tutta Europa (ad eccezione della Francia che aveva sviluppato un proprio genere
di teatro per musica, la tragédie-lyrique), dominò comunque, durante tutta l'età
barocca e per tutto il Settecento, l'opera italiana, che si impose come fenomeno
transnazionale, al punto che tra i maggiori compositori del genere possiamo
indicare tre compositori d'area germanica, quali Händel, Gluck e Mozart. L'Italia
possedeva all'epoca buoni conservatori musicali e le più importanti compagnie
liriche erano formate in maggiore o minor misura da interpreti italiani. I
compositori italiani venivano contesi dalle corti europee e quelli di altri paesi
dovettero quasi sempre orientare la propria produzione secondo le consuetudini e
lostile dell'opera italiana. Soprattutto a Vienna, la cultura italiana dominò nel
XVII e per buona parte del XVIII secolo. I poeti di corte, autori dei libretti
d'opera, erano sempre italiani; basti ricordare Apostolo Zeno e Pietro Metastasio;
come pure i maestri di cappella; basti ricordare i nomi di Antonio Caldara e
Antonio Salieri.

Tavola sinottica dei compositori barocchi (1550 -1750)

Claudio Monteverdi
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Claudio
Monteverdi.

Claudio Monteverdi
Claudio Monteverdi (Cremona, 9 maggio 1567 – Venezia, 29 novembre 1643) fu il primo
grande operista nella storia della lirica e fra i massimi compositori del suo
tempo.

Fu il creatore del linguaggio lirico, un linguaggio che doveva esaltare la voce


umana ed essere in funzione della verità dell'espressione. L'Orfeo (1607) di
Monteverdi è la prima opera, nella storia del melodramma in musica, degna di tale
nome. In essa Monteverdi riesce a fondere perfettamente i vari generi di
intrattenimento, dai canti madrigaleschi, alle scene a sfondo pastorale, passando
per le musiche suonate a corte in occasione di feste e balli, sublimandoli con la
sua arte e mettendoli al servizio di un coerente sviluppo drammaturgico. I
personaggi acquistano, ne L'Orfeo, una dimensione e uno spessore nuovi e delle
connotazioni di dolente umanità. Con Il ritorno d'Ulisse in patria (1640) e
L'incoronazione di Poppea (1643), Monteverdi si rivela ancora una volta artista
dall'ispirazione ricca e multiforme e dalle tecniche musicali e armoniche
raffinatissime. Dà infatti vita a una nuova sublime creazione, animata da un
profondo patetismo ed espressione di una perfezione formale, sia sotto il profilo
musicale sia drammaturgico, che per lungo tempo resterà ineguagliata.

Monteverdi fu anche compositore di madrigali, ascrivibili a un genere che con lui


raggiunse la propria espressione più alta e di musica strumentale e sacra (celebre
il suo Magnificat composto per Papa Pio V)

Henry Purcell
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Henry
Purcell.
Henry Purcell
Henry Purcell (Westminster, Londra, 10 settembre 1659 – Westminster, Londra, 21
novembre 1695) è stato uno dei più grandi compositori britannici. Durante gli
ultimi anni della sua vita scrisse alcune opere teatrali come Dido and Æneas, The
Prophetess (The History of Dioclesian), King Arthur, The Indian Queen, Timon of
Athens, The Fairy Queen e The Tempest. Compose anche della musica notevole per gli
anniversari di compleanno e per il funerale della Regina Maria II.

Antonio Vivaldi
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Antonio
Vivaldi.

Antonio Vivaldi
Antonio Vivaldi (Venezia, 4 marzo 1678 – Vienna, 28 luglio 1741) è un celebre
violinista e compositore del periodo barocco. Fu anche un sacerdote, e per tale
motivo – e per il colore dei suoi capelli – venne soprannominato "Il prete rosso".

La sua composizione più nota sono i quattro concerti per violino conosciuti come Le
quattro stagioni, celebre e straordinario esempio di "musica a soggetto".

Il recupero della sua opera è un fatto relativamente recente e viene individuato


nella prima metà del XX secolo. Avvenne grazie soprattutto agli sforzi di Alfredo
Casella, il quale nel 1939 organizzò la Settimana di Vivaldi, evento che viene
ricordato come storico in quanto, da allora, le opere del compositore veneziano
hanno riscosso pieno successo.

Innovando dal profondo la musica dell'epoca, Vivaldi diede più evidenza alla
struttura formale e ritmica del concerto, cercando ripetutamente contrasti armonici
e inventando temi e melodie inconsuete. Il suo talento consisteva nel comporre una
musica non accademica, chiara ed espressiva, tale da poter essere apprezzata dal
grande pubblico e non solo da una minoranza di specialisti.

Vivaldi è considerato uno dei maestri della scuola barocca italiana, basata sui
forti contrasti sonori e sulle armonie semplici e suggestive. Johann Sebastian Bach
fu profondamente influenzato dalla forma del concerto vivaldiano: egli trascrisse
alcuni concerti per clavicembalo solista e alcuni concerti per orchestra, tra
questi il famoso Concerto per quattro violini e violoncello, archi e continuo (RV
580).

Johann Sebastian Bach


Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Johann
Sebastian Bach.

Johann Sebastian Bach


Johann Sebastian Bach (Eisenach, 31 marzo 1685 – Lipsia, 28 luglio 1750) fu un
compositore tedesco e organista del periodo barocco, universalmente considerato uno
dei più grandi geni della musica di tutti i tempi.

Le sue opere sono famose per profondità intellettuale, padronanza dei mezzi tecnici
ed espressivi, bellezza artistica e sono state di ispirazione per la gran parte dei
compositori che si sono susseguiti nella tradizione europea.

Il contributo di Johann Sebastian Bach alla musica o, per utilizzare un'espressione


resa popolare dal suo allievo Lorenz Christoph Mizler, alla "scienza della musica",
è di frequente paragonato al contributo di William Shakespeare alla letteratura
inglese e di Isaac Newton alla fisica. Durante la sua vita, egli compose oltre 1000
opere. La sua raccolta di preludi e fughe chiamata Il clavicembalo ben temperato
costituisce un repertorio monumentale e definitivo per quello che riguarda lo stato
della forma detta fuga in ambito barocco. Esplorò compiutamente la possibilità di
eseguire sulla tastiera composizioni in tutte le 24 tonalità maggiori e minori,
come risultato dell'abbandono del sistema di accordatura mesotonica a favore dei
cosiddetti "buoni temperamenti" (che precorsero la successiva adozione, nel corso
del XIX secolo, del temperamento equabile).

Georg Friedrich Händel


Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Georg
Friedrich Händel.

Georg Friedrich Händel


Georg Friedrich Händel (Halle, 23 febbraio 1685 – Londra, 14 aprile 1759) fu uno
dei maggiori compositori del XVIII secolo. In passato il nome veniva trascritto
come George Frideric Handel, o Haendel o ancora, ma meno di frequente, Hendel.

Nacque nella città di Halle, nella regione tedesca della Sassonia, da una famiglia
borghese (il padre era un barbiere-cerusico) e trascorse gran parte della vita
all'estero, frequentando numerose corti europee. Morì a Londra all'età di
settantaquattro anni.

Händel visse dal 1706 al 1710 in Italia, dove raffinò la sua tecnica compositiva,
adattandola a testi in italiano; rappresentò opere nei teatri di Firenze, Roma,
Napoli e Venezia e conobbe musicisti coevi come Scarlatti, Corelli, Marcello. A
Roma fu al servizio del cardinale Pietro Ottoboni, mecenate anche di Corelli e
Juvarra.

Dopo essere stato per breve tempo direttore musicale alla corte di Hannover, nel
1711 si trasferisce a Londra per rappresentarvi Rinaldo, che riscuote un notevole
successo. A Londra Händel decide così di stabilirsi e fondare un teatro reale
dell'opera, che sarà conosciuto come Royal Academy of Music. Fra il 1720 e il 1728,
scriverà per questo teatro quattordici opere. Händel compose quarantadue opere di
genere serio per il teatro diventate famose (e molte delle quali tutt'oggi
rappresentate in tutto il mondo).
Fu autore anche di venticinque oratori altrettanto celebri (incluso il suo
capolavoro Messiah).

Scrisse poi molte pagine di musica per orchestra. Tra esse comprendevano anthem,
sorta di inni celebrativi, e sonate sacre, oltre a centoventi cantate, diciotto
concerti grossi, dodici concerti per organo e trentanove fra sonate, fughe, suite
per clavicembalo.

Altri compositori
Il panorama della musica in quest'epoca non era certo ristretto ai cinque
compositori sopra ricordati. Nel secolo e mezzo di evoluzione che contraddistingue
l'epoca barocca, emersero paradigmi musicali estremamente eterogenei: fu questa
l'epoca in cui vennero codificati o fondamentalmente rivisitati alcuni fra gli
stili e le forme musicali fondamentali nella musica classica, come il concerto,
l'opera lirica e gran parte della musica sacra.

Per ciò che riguarda lo sviluppo del concerto grosso fondamentale è stato l'apporto
di Händel, ma anche dell'italiano Arcangelo Corelli la cui op. 6 è considerata una
delle massime espressioni. Ancora nel campo della musica strumentale bisogna
ricordare l'opera di Georg Philipp Telemann che i suoi contemporanei consideravano
il massimo musicista tedesco (assai più che non Bach, come si ricorda sopra).

Nel caso del concerto solista il nome di Vivaldi è quello che più facilmente viene
citato, ma altri artisti a lui contemporanei contribuirono in modo fondamentale
nello sviluppo di questi stile, fra i quali non si possono non ricordare Alessandro
Marcello, Giuseppe Torelli.
In Italia
Tomaso Albinoni
Vincenzo Albrici
Attilio Ariosti
Giuseppe Antonio Bernabei
Andrea Bernasconi
Giovanni Bononcini
Francesco Antonio Bonporti
Giovanni Bontempi
Antonio Caldara
Giacomo Carissimi
Francesco Cavalli
Arcangelo Corelli
Francesco Durante
Giovanni Battista Ferrandini
Girolamo Frescobaldi
Francesco Geminiani
Giovanni Girolamo Kapsberger
Giovanni Legrenzi
Leonardo Leo
Pietro Locatelli
Antonio Lotti
Francesco Onofrio Manfredini
Alessandro Marcello
Benedetto Marcello
Claudio Monteverdi
Giovanni Battista Pergolesi
Giacomo Antonio Perti
Nicola Porpora
Giovanni Giacomo Porro
Giovanni Porta
Alessandro Scarlatti
Domenico Scarlatti
Agostino Steffani
Alessandro Stradella
Barbara Strozzi
Giuseppe Tartini
Giuseppe Torelli
Pietro Torri
Francesco Maria Veracini
Antonio Vivaldi
In Francia
André Campra
Marc-Antoine Charpentier
Louis-Nicolas Clérambault
François Couperin
Jean-Henri d'Anglebert
Jean-François Dandrieu
Michel-Richard Delalande
Antoine Forqueray
Jean-Henri d'Anglebert
Jean-Marie Leclair
Jean-Baptiste Lully
Marin Marais
André Danican Philidor
Jean-Joseph de Mondonville
François-André Danican Philidor
François Danican Philidor
Pierre Danican Philidor
Jean Danican Philidor
Michel I Danican Philidor
Michel II Danican Philidor
Jacques Danican Philidor
Anne Danican Philidor
Pierre Danican Philidor
Jean-Philippe Rameau
Monsieur de Sainte Colombe
In Germania
Johann Sebastian Bach
Dietrich Buxtehude
Heinrich Ignaz Franz Biber
Gottfried Kirchhoff
Reinhard Keiser
Johann Christoph Graupner
Johann Samuel Endler
Philipp Heinrich Erlebach
Johann Christoph Graupner
Johann Kaspar Kerll
Johann Jakob Froberger
Johann Pachelbel
Samuel Scheidt
Johann Hermann Schein
Heinrich Schütz
Georg Philipp Telemann
Sylvius Leopold Weiss
Friedrich Wilhelm Zachow
In Inghilterra
John Blow
John Jenkins
Georg Friedrich Händel
Henry Purcell
Daniel Purcell
Thomas Weelkes
Nelle Fiandre
Henry Du Mont
Joseph-Hector Fiocco
Pietro Antonio Fiocco
Jean-Noël Hamal
Jan Pieterszoon Sweelinck
Pierre Van Maldere
In altri paesi
Jan Dismas Zelenka
Razek François Bitar
Adam Michna z Otradovic
Pavel Josef Vejvanovský
Bohuslav Matěj Černohorský
Šimon Brixi
Tavola diacronica dei compositori barocchi
Qui di seguito sono raggruppati dei compositori barocchi per data di nascita
secondo le periodizzazioni fatte da Suzanne Clercx[18][19].

Primo Barocco
(1550-1600) Giulio Caccini, Paolo Quagliati, Francesco Mannelli, Adriano Banchieri,
Giovanni Bassano, Felice Anerio, Giovanni Bernardino Nanino, Dario Castello, Jacopo
Peri, Jacopo Corsi, Mikołaj Zieleński, Hans Leo Hassler, Jan Pieterszoon Sweelinck,
John Bull, John Dowland, Jean Titelouze, Lodovico Grossi da Viadana, Ascanio
Mayone, Giles Farnaby, Alessandro Piccinini, Agostino Guerrieri, Thomas Campion,
Giovanni Francesco Anerio, Claudio Monteverdi, Christian Erbach, Giovanni Paolo
Cima, Salamone Rossi, Michael Praetorius, Giovanni Picchi, Joan Pau Pujol,
Alessandro Grandi, Giovanni Maria Trabaci, Thomas Weelkes, Agostino Agazzari,
Giovanni Girolamo Kapsberger, Thomas Simpson, Sigismondo d'India, Giovanni
Valentini, Gregorio Allegri, Orlando Gibbons, Robert Johnson, Girolamo Frescobaldi,
Antonio Cifra, Nicolò Corradini, Manuel Machado, Heinrich Schütz, Stefano Landi,
Claudio Saracini, Francesca Caccini, Samuel Scheidt, Juan Gutiérrez de Padilla,
John Jenkins, Claudia Rusca, Tarquinio Merula, Giovanni Battista Buonamente,
Heinrich Scheidemann, Biagio Marini, Giovanni Rovetta, Luigi Rossi, Johann Crüger,
Charles Racquet, Giovanni Battista Fontana
Medio Barocco
(1600-1700) Marcin Mielczewski, Giovanni Felice Sances, Girolamo Fantini, Francesco
Cavalli, Guillame Dumanoir (senior), Guillame Dumanoir (junior), Giovanni IV del
Portogallo, Marco Uccellini, Giacomo Carissimi, Michel Lambert, Daniel Speer,
Andreas Hammerschmidt, Marc'Antonio Pasqualini, Franz Tunder, Johann Jakob
Froberger, Henry Cooke, Barbara Strozzi, Johann Heinrich Schmelzer, Isabella
Leonarda, Antonio Cesti, Johann Adam Reincken, François Roberday, Robert Cambert,
Jean-Henri d'Anglebert, Antonio Sartorio, Nicolas Lebègue, Monsieur de Sainte
Colombe, Vincenzo Albrici, Sebastian Anton Scherer, Pietro Simone Agostini,
Dietrich Buxtehude, Bernardo Pasquini, Giovanni Buonaventura Viviani, Pavel Josef
Vejvanovský, Giovanni Battista Draghi, Gaspar Sanz, Paolo Lorenzani, Antonia Bembo,
Marc-Antoine Charpentier, Johann Anton Losy van Losymthal, Alessandro Stradella,
Ignazio Albertini, Heinrich Ignaz Franz Biber, Andreas Werckmeister, Sebastiano
Cherici, Giovanni Maria Capelli, John Blow, Bernardo Storace, Bartłomiej Pękiel,
Petronio Franceschini, Cataldo Amodei, Robert de Visée, Pietro Torri, Domenico
Gabrielli, Johann Pachelbel, Georg Muffat, Arcangelo Corelli, Carlo Francesco
Pollarolo, Johann Paul von Westhoff, Marin Marais, Georg von Reutter (padre),
Martino Bitti, Giovanni Battista Bassani, Gaetano Greco, Giuseppe Torelli, Henry
Purcell, Francesco Antonio Pistocchi, Antonio Veracini, Rosa Giacinta Badalla,
Johann Kuhnau, Alessandro Scarlatti, Gottfried Finger, Johann Joseph Fux, André
Campra, Francesco Gasparini, Georg Böhm, Giacomo Antonio Perti, Nicolaus Bruhns,
Élisabeth Jacquet de La Guerre, Jean-Baptiste Lully, Francesc Valls, Johann
Heinrich Buttstedt, Attilio Ariosti, Antonio Lotti, François Couperin, Giorgio
Gentili, Louis Marchand, Alessandro Marcello, Antonio Caldara, Turlough O'Carolan,
Giovanni Bononcini, Tomaso Albinoni, Nicolas de Grigny, Jeremiah Clarke, Reinhard
Keiser, Jacques Hotteterre, Bartolomeo Cordans, Louis-Nicolas Clérambault, Johann
Ludwig Bach, Antonio Vivaldi, Jan Dismas Zelenka, Pietro Filippo Scarlatti, Jean-
Baptiste Loeillet, Johann Mattheson, Georg Philipp Telemann, Giuseppe Valentini,
Johann David Heinichen, Jean-Philippe Rameau, Johann Gottfried Walther, Lodovico
Giustini, Johann Sebastian Bach, Giuseppe Matteo Alberti, Domenico Scarlatti, Georg
Friedrich Händel, Benedetto Marcello, Sylvius Leopold Weiss, Nicola Porpora, Johann
Georg Pisendel, Francesco Geminiani, Camilla de Rossi, Fortunato Chelleri, Joseph
Bodin de Boismortier, Pietro Baldassare, Francesco Maria Veracini, Giovanni Alberto
Ristori, Unico Wilhelm van Wassenaer, Giuseppe Tartini, Pietro Locatelli, Johan
Helmich Roman, Giuseppe Sammartini, Louis-Claude Daquin, Maurice Greene, Andrea
Zani, Jean-Marie Leclair, Adam Falckenhagen, Johann Joachim Quantz, Riccardo
Broschi, Johann Adolf Hasse, Cesare Bendinelli, Nicola Matteis
Tardo Barocco
(1700-1760) Giovanni Battista Sammartini, Johann Gottlieb Graun, Carl Heinrich
Graun, Giovanni Battista Pescetti, Carlo Cecere, Baldassare Galuppi, Georg von
Reutter (figlio), Leonardo Vinci, Charles Avison, Michel Corrette, Guglielmina di
Prussia, Giovanni Battista Pergolesi, Domenico Alberti, Thomas Arne, Wilhelm
Friedemann Bach, William Boyce, Federico il Grande

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