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Mattia Manduzio
A.A. 2016/2017
Le origini
Come già accennato in precedenza il flauto traverso era presente in alcune aree geografiche
affacciate al mediterraneo già in epoca etrusca e romana, ricomparendo soltanto nel 1500. una delle
ipotesi più probabili è quella che il flauto traverso si sia estinto nell’alto medioevo, questa ipotesi è
avvalorata non solo dalla distanza temporale tra le fonti antiche e moderna ma anche da una ragione
di tipo geografico, infatti il flauto ricompare in regioni lontane
dal mediterraneo, dove si era sviluppato nell’antichità. La
prima testimonianza moderna a noi pervenuta si trova propri
al centro dell’Europa ed è una scena contenuta nel “Hortus
deliciarum” redatto da Herrard di Landsberg, badessa di
Odile presso Strasburgo,dove le sirene che ammaliano i
marinai con il canto, il flauto traverso e l’arpa i quali
rappresenterebbero rispettivamente l’avarizia, la vanagloria e
alla lussuria. Dal centro Europa (territori tedeschi), il flauto si
diffuse dapprima a nord seguendo il corso del Reno per
giungere successivamente in Inghilterra e, quindi a est
(Francia e in Spagna), mentre a sud (Italia) non se ne ha
testimonianza fino all’inizio del 1500.
Un ipotesi per spiegare questo fenomeno è stata formulata per
primo da Curt Sachs, il quale ipotizza una migrazione da
Bisanzio (presenta accertata da centinaia di manoscritti), dove
era giunto in tempi ancora più antichi dall’Asia centrale. A differenza di altri strumenti il flauto
traverso non fu portato in Europa dalle crociate ma sarebbe arrivato dopo una lenta risalita tra le
popolazioni stanziali della penisola baltica intorno al X-XII secolo.
L’impiego e il repertorio
Sulla formazione degli ensemble strumentale o vocali-strumentale e sul repertorio le informazioni
sono ancora meno concrete. l’ipotesi più probabile è che i flauti venissero impiegati in repertori di
danze improvvisate estemporaneamente ma anche nella polifonia vocale ad affiancare le voci, in
alternanza a queste magari in preludi, interludi e ritornelli strumentali utilizzati nella prassi per
separare le strofe cantate. Nel contesto trecentesco della musica bassa di ambiente cortese si può
ipotizzare di un repertorio che coinvolga anche il flauto traverso, ad esempio nel repertorio dei
minnesanger.
L’impiego
Il flauto militare
Sul finire del XV secolo il flauto traverso riapparve in coppia con
il tamburo nel ruolo del tutto nuovo di strumento militare al
seguito della fanteria svizzera e lanzichenecca, il loro continum
sonoro accompagnava e infondeva coraggio ai soldati in battaglia
e la loro presenza accanto alle insegne costituiva un punto di
riferimento. A quanto riferito da Thoinot Arbeau, il flauto suonava
melodie in modo frigio perché questo incitava per natura alla
collera e all’aggressività. Un altro compito dello spiel, com’era
chiamata la coppia di flauto e tamburo delle truppe
lanzichenecche, era quello di segnare il tempo durante le marce
cadenzate. Studiando i primi trattati sul flauto traverso scopriamo
che il flauto militare è leggermente più corto e stretto del flauto
tenore con un suono più forte e penetrante
Il flauto a corte
La fortuna del flauto nel rinascimento raggiunse il suo culmine nelle accademie musicali
dell’aristocrazia e elle cappelle private delle corti di tutta Europa. A partire dai primi decenni del
XVI secolo le cappelle di corte vennero potenziate nel numero e nella varietà degli strumenti in
diretto rapporto con il rilievo assunto dalla musica strumentale. Polistrumentisti a fiato furono
assunti con sempre maggiore frequenza con il doppio incarico di far parte della banda di corte e di
partecipare con diversi tipi di strumenti alle musiche pubbliche e private. Un esempio di inventario
di strumenti musicali è quella di Enrico VII redatto nel 1547 che riporta la presenza di 16 cornetti,
18 cromorni, 13 dulciane, 2 flauti militari, 72 flauti traversi, 1 flauto a tre buchi, 74 flauti a becco, e
17 bombardo. Il flauto traverso ha una presenza di spicco i questo e in molti altre corti in tutta
Europee.
Se gli inventari di corte ci segnalano l’alta considerazione di cui godette il flauto a corte, altre fonti
ci illustrano le occasioni musicali e le formazioni strumentali di questo ambiente. Il coro omogeneo
di flauti è presente in tutte le corti europee, sia autonomamente sia inserito in gruppi misti di ogni
dimensione. Le due formazioni più usuali utilizzate in questo periodo sono flauto e liuto; e flauto,
voce e liuto, Ma anche con l’aggiunta di viole da gamba e arpa. I fiati che vengono accostati al
flauto traverso sono quasi sempre strumenti dalla sonorità contenuta, come la dolzaina, il cornetto
muto e la corna musa (non è la cornamusa pastorale ma uno strumento a doppia ancia incapsulata),
oppure strumenti dalle potenzialità dinamiche tali da permettere sempre l’equilibrio sonoro tra le
parti, come il cornetto, il trombone.
Lo strumento
Caratteristiche dello strumento
Il flauto traverso rinascimentale si presenta con una forma cilindrica, sia all’interno che all’esterno,
con sette fori allineati: uno per l’imboccatura e sei per le dita. I flauti tenori sono costruiti in un
unico pezzo, i bassi in due. Il flauto rinascimentale ha dunque una struttura semplice, accompagnata
però da una fattura raffinata Durante il rinascimento la famiglia del flauto traverso era composta da
tre differenti taglie, soprano, tenore e basso. Non tutti i trattatisti però riportano tutte e tre le tagli
nelle loro opere, Jambe de Fer e Mersenne indicano soltanto il flauto basso e tenore, Zacconi e
Virgiliano solo il tenore e Van Eyck infine soltanto il soprano.
È evidente comunque che, quando compaiono, le taglie sono tagliate allo stesso modo: il basso in
Sol2, il tenore in Re3 e il soprano in La3, quindi a distanza di quinta. l’unica eccezione è il soprano
di Van Eyck che è tagliato in Sol3.
Il principio di intonazione per quinte tra gli strumenti della famiglia, se da un lato ha dei vantaggio,
dall’altro sembra comportare qualche difficoltà nel mettere insieme i diversi strumenti in
un’esecuzione d’insieme in coro omogeneo, in quanto il flauto soprano (La3) e il flauto basso
(Sol2) saranno a distanza di una nona e si viene a creare perciò una differenza di due diesis tra le
scale fondamentali dei due strumenti, fatto che comporta il frequente utilizzo di semitoni cromatici
per l’una o l’altra taglia.
L’estensione attribuita al flauto varia sensibilmente a seconda del trattato e della taglia presa in
considerazione. Agricola nel suo primo trattato riporta ben 3 ottave di estensione, le quale vengono
ridotte nella seconda edizione del 1545. la gamma dei suoni del flauto basso si identifica con quella
di Mersenne, ma è ancora più ampia di una quinta rispetto a quella di Jambe de Fer e di Pretorius.
Anche il flauto soprano nell’edizione del 1545 di Agricola ha ancora un’estensione molto più ampia
di quella di Pretorius e una quarta in più di quella di Van Eyck.
Il flauto tenore invece vanta un’estensione più omogenea, 2 ottave più una estensione eccezionale di
una quinta.
I fiati rinascimentali hanno spesso un diapason molto variabile. Questa constatazione suscita subito
la domanda su quali fossero le modalità utilizzate per effettuare l’intonazione sia tra di loro sia con
gli altri strumenti. Il diapason era stabilito da tradizioni locali, legate in primo luogo all’intonazione
dell’organo della chiesa principale; tuttavia nello stesso luogo vi potevano essere variazioni di
diapason a seconda dell’occasione musicale.
La notazione
“storia e tecnologia dello strumento” 5
per quanto riguarda la notazione dei suoni riportata nei trattati, si può osservare che essa non
corrisponde ai suoni reali degli strumenti. Infatti il flauto veniva considerato uno strumento a 4
piedi (il piede è un’unità di misura organistica usata per definire l’altezza di un registro), cioè che
suona di effetto all’ottava superiore. Pretorius fu il primo a riportare l’altezza reale dei suoni ed a
consigliarne l’uso, anche se lui stesso, successivamente, lo continuerà a trattare come strumento a 4
piedi.
Il repertorio
analizzando le fonti dell’epoca si intuisce che non è il tipo di scrittura, né il carattere del brano, né il
genere a determinare il repertorio dello strumento ma secondo questo ragionamento qualunque
brano potrebbe essere eseguito con un flauto. I teorici del tempo non si soffermano su questo
particolare ma piuttosto si preoccupano della distribuzione delle voci negli ensemble , basandosi su
l’estensione, i modi e le eventuali trasposizioni possibili. A proposito dei modi adatti al flauto
Jambe de Fer consigli i modi con i bemolli rispetto a quelli con i diesis , in particolare i modi
dorico, ipodorico e ipoeolico alla seconda inferiore. Si nota che tutti questi modi comportano
l’utilizzo di alcune diteggiature a forchetta, che danno al flauto, una sonorità più dolce.
Se fu grazie alla musica francese che il flauto si diffuse in Europa a cavallo tra il XVII e XVIII
secolo, la fase successiva; dell’assimilazione nella cultura popolare e tra i dilettanti, fu invece
l’Italia che generò un flusso di compositori, cantanti e di strumentisti verso le capitali e le corti
europee.
Il flauto si trova ora senza una propria letteratura, questo comportò la sperimentazione di nuovi
generi adatti al carattere dello strumento, innanzitutto i modelli da imitare furono i cantanti, come
fonte di di ispirazione espressiva per la cantabilità e successivamente il repertorio italiano per flauto
si incominciò a servire di adattamenti e trascrizioni di sonate per violino, dove la cantabilità,
mediata dal repertorio vocale, si trovava prevalentemente negli adagi e dove sono decisamente più
strumentali i tempi allegri con sequenze di rapidi salti e di arpeggi.
Alla fine di questo secondo semi-periodo, intorno al 1722, si sviluppo anche l’abitudine a dividere il
corpo in due, questo permetteva l’utilizzo di pezzi di legno più corti e per rendere più accessibile la
cavità media per eseguire correzioni d’intonazione.
La divisione del corpo permetteva inoltre di compensare il problema dei diversi diapason regionale,
in quanto la seconda metà del corpo poteva essere sostituita con un’altra metà con un altro
diapason, i cosiddetti corpi di ricambio.
Bibliografia
Lazzari, Gianni
“Il flauto traverso: Storia, Tecnica ed Acustica”
Torino: EDT, 2003
Sachs, Curt
“Storia degli strumenti musicali”
Milano: Oscar Mondadori: 2009 (I edizione 1980)
“The New Grove Dictionary of Music and Musicians”
New York: Stanley Sadie 1980
“Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti”
Torino: Unione Tipografica-Editrice Torinese (UTET) 1988