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Cap.1 Cos’è l’Illuminismo? L’illuminismo è stato definito in molti modi diversi. A porsi la domanda fu una
rivista berlinese cui risposero anche illustri pensatori dell’epoca come l’ebreo Moses Mendelssohn, Kant e
tanti altri. Il primo sostenne che l’illuminismo fosse un processo incompleto dell’uomo all’uso della ragione
da cui nessuno doveva essere escluso “filosofia popolare”. Il filosofo prussiano annunciò che l’illuminismo
fosse l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli imputava sempre a se stesso attraverso l’uso della
ragione, senza la guida di altri. “Sapere aude!” abbi il coraggio di sapere come Kant scrisse all’inizio del suo
saggio, divenne il motto dell’illuminismo. Il filosofo usando interpretazioni divergenti del termine in
questione, fece considerare ai contemporanei, la sua opera una satira verso Federico II re di Prussia, il
quale incarnava tutti i significati contraddittori. Secondo Kant vi è una differenziazione dell’uso della
ragione tra la sfera privata e quella pubblica: in quest’ultima, non essendo vincolati agli obblighi imposti
dalla propria condizione, si è liberi di parlare e scrivere liberamente; nella prima i sudditi del sovrano,
avevano il dovere di fermare il proprio pensiero per rafforzare la volontà e il potere del sovrano. Kant
considera quindi questo processo pieno di ostacoli e problemi. Ci furono anche pensatori post-bellici che
s'interessarono di definire l’illuminismo: uno dei quali fu Peter Gay(anni 60). Esso ne definì il programma
ostile verso la religione e alla ricerca della ragione e lo considera un fenomeno unitario basandosi sulla vita
dei pensatori dell’epoca. Fu uno dei primi a collegare il movimento alle colonie inglesi in America e alla
proclamazione della dichiarazione di indipendenza degli USA. Negli anni 70 scrittori poco conosciuti
considerarono l’illuminismo fautore delle barbarie degli esseri umani che avevano conquistato sovranità
verso altri esseri viventi. L’esclusivo utilizzo della ragione portò a risolvere i conflitti con la forza (forni
crematori, camere a gas, mezzi di trasporto per gli ebrei). Secondo altri pensatori come Habermas
l’illuminismo faceva uso della cultura trasformandola in una merce tanto da portare a un'emancipazione
degli individui di tutte le classi sociale con la diffusione delle informazioni. Questa divulgazione fu portavoce
di una ricerca di ideali comuni come la pace,la libertà e la giustizia e la nascita di una sfera pubblica
contraria al pensiero delle forze tradizionali. Da questo punto di vista l’illuminismo fu descritto come un
movimento molto positivo.
Cap.2 I caffè e i loro clienti Il contesto sociale i caffè, le biblioteche, le conferenze ed i libri furono le
principali vie di diffusione del sapere. Questo portò a una produzione massiccia di giornali, riviste e
materiale cartaceo a un miglioramento dell’economia, l’aumento delle vendite da parte degli artigiani e la
nascita di grandi aziende industriali. Questa diffusione interessò oltre che gli stati europei anche le loro
colonie nelle Americhe, Caraibi, e India all’interno dei quali si sviluppò un traffico a doppio senso: in Europa
ci furono importazioni di caffè, zucchero e varie materie prime mentre nelle colonie ci fu una diffusione di
nuove idee e nuovi sistemi culturali. Da questo punto di vista possiamo vedere che avvennero
un’omogeneizzazione del mondo e una distruzione delle barriere culturali tra popolazioni indigene ed
europee. Questa facilità di trasporto di libri e opuscoli portò ad un aumento dell’alfabetizzazione che, però,
secondo Darnton nell’Europa cattolica, si espanse per rendere le persone capaci di seguire la messa in
latino. Vi fu un aumento delle vendite di riviste e giornali e della creazione di biblioteche aperte al pubblico
(Parigi) che diede maggior familiarità al ceto popolare con la parola scritta. Il passaggio da una lettura di
pochi libri (Bibbia, almanacchi, pilgrims’ progress) all’interno delle famiglie di basso ceto sociale a una
lettura di tipo estensivo (giornali, libri di viaggio, storia) portò a una rivoluzione della lettura. Questa facilità
di accesso a questi beni aventi prezzi abbordabili fu promotrice della nascita della Repubblica delle Lettere
formata da scrittori ed editori poco famosi(sopravvivevano con la vendita dei loro libri destinati alla
popolazione rurale) considerati però possessori di un potere uguale a quello delle istituzioni politiche.
Questi scrittori formarono una comunità chiamata Grub Street, indipendente dal mecenatismo e possessori
di una minore ricchezza rispetto a scrittori famosi come Diderot e D’Alembert. Questa Repubblica delle
Lettere si può constatare caratterizzata da una poca uguaglianza di ricchezza e da una forte disuguaglianza
tra i sessi: le donne furono considerate incapaci di produrre idee, aventi le uniche funzioni di compagna
dell’uomo e di riproduttività. Tutto ciò portò a considerarle una minaccia per la RDL. L’illuminismo su
questo versante non è caratterizzato da un completo universalismo. Numerose istituzioni nacquero grazie
alla diffusione delle idee illuministe, tra le più importanti troviamo: la società letteraria e filosofica a
Manchester; la società lunare (industriale, intellettuali e scienziati) a Birmingham e la massoneria avente
degli iscritti in segreto. In alcune parti la massoneria fu condannata dalla Chiesa Cattolica in quanto alcuni
massoni chiamati illuminati istituirono società segrete con lo scopo di costruire una nuova classe di
governo. Le accademie più erudite si trovarono in Italia e in Francia nelle quali l’iscrizione era a pagamento
e limitate alle èlite aristocratiche. E’ importante segnalare la figura del servitore domestico che fu il
trasmettitore delle idee tra campagna e città eliminando ogni distinzione tra alta cultura e popolare.
Cap.3 L’illuminismo e potere: continuità e innovazione Nel periodo illuminista si parla di assolutismo
illuminato: una forma di monarchia influenzata dalle idee illuministe nella quale il sovrano si considera il
primo sostenitore del popolo come Federico II di Prussia. Dopo la prima guerra mondiale si parla di
Dispotismo Illuminato, criticato dopo la seconda. Questo fenomeno non permetteva di distinguere atti di
governo dovuti da principi illuministi da atti dettati dalla ricerca del tornaconto personale, ma venne
appunto discusso in quanto nessun sovrano del 700 governò senza freno dalla legge e dall’ostacolo di
gruppi di èlite. Marx vide l’illuminismo come un’ideologia borghese e pensò che l’assolutismo esistesse per
difendere gli interessi dell’aristocrazia feudale. Il rapporto tra potere e illuminismo fu diverso a seconda
dell’estensione dello stato e della sua forma di governo. Nelle aree europee di lingua tedesca e austriaca
comprese Svezia, Danimarca e Russia s'istaurò il cameralismo: il sovrano doveva regolare le vite dei sudditi
per dare forza, sanità, lealtà al proprio popolo. Le idee illuministe furono diffuse anche grazie alle università
nelle quali alcuni insegnanti possedevano cariche con poteri governativi, questo portò ad un’omogeneità
del pensiero amministrativo e ad una limitazione del potere governativo. In paesi come la Francia, il potere
restò maggiormente nelle mani dell’aristocrazia che istaurarono scarsi accordi con gli intellettuali: ci furono
divisioni all’interno del governo poiché alcuni ambivano alla diminuzione dei poteri della corona (per
evitare il dispotismo) e chi ambiva a un suo aumento per mantenere una coesione maggiore all’interno
dello stato. Furono attuati anche movimenti di riforma religiosa come il giansenismo che permise al
sovrano Guglielmo I di Prussia di legittimare programmi di riforma della Chiesa nel’interesse della
monarchia. L’obiettivo del giansenismo era il ritorno alla semplicità di vita e fu gradito ai governi in quanto
potevano ridimensionare il potere della Chiesa Cattolica attuando una riduzione del numero eccessivo di
monaci e suore e la chiusura mi molti istituti religiosi considerati improduttivi. Alla fine del 700 il monarca
non fu più considerato l’agente di Dio in terra (anche se alcuni mantennero questa figura come Luigi XVI)
giacché si diffuse l’idea che gli esseri umani avessero diritti non ignorabili dal governo ma che fu ritenuta
inapplicabile al tempo. In sostanza pose dei limiti alle monarchie e fu di grande importanza per le riforme.
Cap.4 Economia politica: scienza dello stato e mercato I fisiocrati Riquetì, Quesnay e De Nerrours furono
considerati una setta in quanto molto uniti ideologicamente: essi pensavano che l’economia francese
dovesse basarsi sull’agricoltura e sul libero mercato in quanto il settore primario era in grado di realizzare
un prodotto netto al contrario della manifattura ed il commercio che dipendevano
dall’approvvigionamento delle materie prime e dalla manodopera e possedeva fonti naturali e quindi
inesorabili. I fisiocrati optavano per un dispotismo legale in quanto la monarchia era il principale agente del
prodotto netto e libera all’azione dei parlements. Vollero che l’imposta fondiaria fosse ripartita su tutti i
proprietari con l’instaurazione di un capitalismo agrario abolendo i controlli sul commercio del grano per
incrementare il prodotto netto. Secondo essi questo avrebbe aumentato il prezzo dei cereali e accresciuto i
profitti e gli investimenti trasformando aziende piccole ed inefficienti in aziende grandi e moderne. I
fisiocrati però non tennero conto che l’aumento del prezzo avrebbe causato problemi economici agli operai
e contadini poveri. Ci furono molte rivolte (guerre des farines). In momenti di crisi di sussistenza e di ordine
la monarchia era poco convinta che il sistema del "laissez faire" riuscisse a ribaltare questi problemi con la
fiducia alle forze di mercato. Nemici ideologici dei fisiocrati furono gli stati cameralisti tedeschi che, non
possedendo colonie, individuavano nel rafforzamento dello stato come unità amministrativa con la
regolazione di scambi grazie alle barriere doganali e ai divieti di esportazione. I cameralisti vedevano
nell’economia un gioco in cui i profitti di uno stato corrispondevano alle perdite dell’altro. Il mercantilismo
presente negli stati europei aventi colonie (Gran Bretagna, USA), decretava il loro monopolio sulla
produzione di materie prime nelle colonie e vigeva l’obbligo di commercio con la madrepatria la quale,
rivendendo in altri paesi, potessero avere profitti maggiori. Adam Smith considerato il più grande
economista nel periodo illuminista sostenne che il mercantilismo avesse favorito una forte crescita sia in
Gran Bretagna sia nelle colonie ma che la crescita della madrepatria fosse inferiore a causa delle leggi sulla
navigazione. Il pensiero di Smith si spinse anche verso una critica verso i fisiocrati, dopo un suo viaggio a
Parigi, sulla teoria di una sola tassa e al concetto di sterilità della manifattura e del commercio, inoltre, il
"laissez faire" era violato dalla relazione mercantilistica tra madrepatria e colonie. Smith considerava la
divisione del lavoro, un elemento chiave dell’economia, anche se provoca la perdita della lucidità
dell’operaio, tanto che si deve applicare al processo del ragionamento filosofico: la filosofia si divide in rami
nei quali ogni filosofo si colloca e diventa esperto del suo particolare ramo. L’attività economica secondo
Smith era totalmente indipendente dalla moralità: l’uomo invano si aspetterebbe un aiuto soltanto per la
loro benevolenza, dovrà mostrare che sarà vantaggioso anche per loro. Commercio e manifatture
introducono l’ordine e il buon governo e con essi la libertà e la sicurezza individuale. Le idee di Smith
furono criticate da Ferguson perché la società commerciale non genera libertà bensì un desiderio di
tranquillità ed efficienza che può favorire il dispotismo. Un’altra riflessione fu fatta nei confronti della
concezione pessimistica di Smith della natura umana nella quale opera l’avarizia ed il desiderio di guadagno
opera in tutti tempi, uomini e luoghi. Queste due caratteristiche furono definite passioni che rendevano
possibile un’attività economica: tutto al mondo, secondo Hume, si acquista con il lavoro, anche le passioni.
Fra tutti gli stati moderni, la Gran Bretagna fu considerata la patria dell’inizio dell’economia moderna
perché lo scambio di idee e tecniche era più agevole in un’entità cosi tollerante rispetto alla monarchia
francese(tariffe interne,regime fiscale non equo) in ambienti come le biblioteche,giornali e caffè.
Cap.6Il problema della schiavitù nell’illuminismo La schiavitù è la forma estrema del lavoro asservito e
durante il corso della storia è stata a lungo un argomento di forte dibattito. Nei secoli compresi da
Aristotele (considerava la schiavitù una condizione naturale di alcuni uomini) molti avevano chiesto un
trattamento più umano degli schiavi ma gruppi organizzati contro la schiavitù nacquero solamente dopo il
1770(Société des amis des Noirs). L’emancipazione degli schiavi avvenne, in questo periodo, in
Pennsylvania, Connecticut, Santo Domingo, Guadalupa, Caraibi, Brasile. Il perdurare della schiavitù
nell’epoca in cui si diffusero le idee dell’uguaglianza, della libertà e dei freni al potere ha del paradossale.
Questo paradosso fu presente a causa della domanda europea di prodotti che richiedevano un tipo di
agricoltura intensivo (tabacco, caffè, indaco): le piantagioni giovavano di una forza lavoro composta da
schiavi privi di legami con la società ed in pieno potere dei padroni il cui costo del lavoro era inferiore a
qualsiasi prezzo di mercato. Le economie e i profitti coloniali dipendevano dalla schiavitù e quindi le
economie metropolitane (Nantes, Bordeaux ,Liverpool) dipendevano da essa. L’integrazione economica
quindi ostacolò l’integrazione morale: da un lato i forti interessi economici erano a favore della schiavitù;
dall’altro le ragioni morali per la sua abolizioni erano ambigue. Un altro fattore di ambiguità era dato dal
Nuovo e dall’Antico Testamento della Bibbia perché in essa si dice che i patriarchi (Abramo) possedevano
schiavi e Cristo, sceso in terra, non vietò la schiavitù ma lasciò comandamenti per regolare i rapporti tra
servo e padrone. Si deduce che ci fu una forte contraddizione tra uguaglianza spirituale e condizione
giuridica degli schiavi (un esempio lampante è quello degli schiavi afro - moravi). Divenne possibile il nesso
tra schiavitù e razza in quanto per gli illuministi l’anima non venne considerata come un criterio di
definizione per l’essere umano e per il loro interesse a classificare tutti gli oggetti naturali compreso
l’uomo. Nel 700 le teorie di Cartesio secondo le quali le caratteristiche degli uomini erano definite da Dio
furono discusse da personaggi come Montesquieu e Buffon sostenendo che esse venivano modellate dal
clima e dalla geografia(esposizione a climi caldi). Alla fine del secolo si passò a uno studio più anatomico
dell’uomo (strutture interne del corpo) il quale, essendo meno flessibile rispetto alle teorie d'inizio secolo,
portò a inevitabili differenze razziali: gli anatomisti indirettamente quindi aumentarono il sostegno allo
schiavismo e il risultato fu una reviviscenza delle teorie di Aristotele secondo il quale alcuni uomini erano in
accordo con la loro natura umana solamente essendo schiavi. Anche Jefferson (terzo presidente degli USA)
nella sua opera Notes on the State of Virginia dichiarava che opporsi alla schiavitù non significava credere
nell’uguaglianza dei neri rispetto ai bianchi, il presidente, inoltre, considerava gli schiavi essere umani simili
ai bianchi ma non voleva che intrecciassero relazioni con i bianchi: questo a causa del richiamo alla prova
scientifica e alla crescente autorità della scienza acquisita in quel secolo. Questa situazione complessa la
ritroviamo accostando gli schiavi al concetto di proprietà. La libertà e la proprietà erano concetti sincronici
giacché la seconda aveva effetti stabilizzanti in campo sociale ed economico e preveniva il caos che avrebbe
privato tutti della libertà. Il caso più famoso fu quello della fuga da parte dello schiavo Somerset di
proprietà del piantatore Stuart il quale lo fece riprendere e lo imprigionò: il giudice sentenziò il rilascio
dell’uomo dando vittoria agli antischiavisti, in quanto non poteva essere trattato come un oggetto
inanimato. Questo caso, pur non abolendo la schiavitù fu un successo pubblicitario per il partito
antischiavista in Gran Bretagna. Poiché l’illuminismo mirava a creare un soggetto umano universale dotato
di razionalità, un economista libero, la schiavitù rappresentava un forte impedimento e proprio per questo
nel periodo in considerazione questa pratica divenne inaccettabile per la maggioranza delle persone
(petizioni antischiaviste) soprattutto in Gran Bretagna. La diffusione delle idee che valorizzavano il
sentimento, l’umanità e la benevolenza ebbero un ruolo fondamentale per questo processo di stampo
prevalentemente inglese che portò il proprio compimento dopo molto altro tempo a causa degli interessi
economici e politici dei riformatori.
Cap.8Scienza e illuminismo: l’ordine divino e l’intelletto umano La scienza nel XIX secolo è la componente
più potente della cultura determinando il nostro controllo sull’ambiente,economia e tecnologia. Nel
Settecento la scienza e le sue organizzazioni istituzionali avevano un carattere debole e per questo nessuna
istituzione scientifica figurava tra i grandi datori di lavoro. In questo periodo comunque la scienza ha il ruolo
di anticipatrice della sua espansione che avvenne nei secoli seguenti. Le parole scienza e scienziato vennero
coniate dopo il 1830 in Inghilterra, prima di allora si utilizzava l’espressione di filosofia naturale: science in
francese significava conoscenza ma non necessariamente collegata alla natura. La scienza stessa quindi non
era distinta da altri ambiti intellettuali. Lo studio della scienza illuminista, nella maggioranza degli stati
europei, aveva luogo all’interno di altre discipline raggruppate nella filosofia naturale e l’oggetto di studio
era la natura ed il mondo in quanto creazioni divine: la scienza,quindi,era in grado di offrire informazioni su
Dio e su fonti irrazionali dal punto di vista teologico. Questo nesso tra filosofia naturale e teologia non era
facilmente separabile in quanto, la prima, nei paesi protestanti apparteneva al clero. Natura alludeva a
qualcosa di buono, semplice, incontaminato opposta alla civiltà corrotta che poteva risiedere nel cuore
degli uomini.
Storici come Gianbattista Vico sostennero che la filosofia naturale non fosse una forma sicura del sapere e
si dovevano prendere in riferimento le cose create dall’uomo. La scienza, nel periodo illuminista, fu divisa in
scienza fisica che tratta entità delle quali non si può avere esperienza diretta e in certezza intuitiva
derivante da un’esperienza comune appartenente agli uomini durante i secoli:quest’ultima visione fece si
che i giudizi degli storici e dei letterati ebbero un importanza maggiore rispetto alla conoscenza della
natura. La filosofia sosteneva che vi fosse una limitata possibilità da parte degli uomini di raggiungere una
conoscenza profonda delle cose nonostante vi fosse un nesso tra la filosofia naturale e la teologia. Hume
sosteneva che il balzo dalle impressioni sensoriali a quelle del mondo naturale derivasse dall’abitudine degli
uomini e il collegamento di eventi in termini causali fosse collegato dalle esperienze precedenti a questioni
analoghe: questo non ci garantisce una verità assoluta ma collega la coerenza alle apparenze. Verso la fine
del secolo per molti aspetti la filosofia naturale si staccò dalle finalità teologiche. Su quest'aspetto affiorano
le teorie di Newton che descrivevano l’universo in termini matematici, ma la matematica non era possibile
utilizzarla per rispondere a domande come il modo in cui l’universo era tenuto in movimento: la causa
prima che mantenesse in funzione l’universo non era collegata al Dio dei testamenti. Questo pensiero di
Newton secondo alcuni filosofi furono considerate forme di ateismo ed eresia. Un argomento caro agli
illuministi erano anche le relazioni tra gli esseri viventi: vennero distinti in esseri viventi e no e questo
sistema naturale dell’universo, da alcuni studiosi come Linneo, era considerato una creazione di Dio. Il
pensiero fu criticato da Buffon il quale sosteneva che la vita e il mondo fossero più antichi di quanto scritto
nella Genesi: le specie non erano quindi non mutabili e non erano una creazione della mano di Dio.
Secondo Foucault questa teoria diede la spinta alla teoria darwiniana e la visione della natura come una
serie di processi evolutivi. In Europa continentale fu messa in discussione la posizione dell’uomo all’interno
dell’universo e ci fu uno sviluppo editoriale di testi di divulgazione scientifica, di conferenze e della
creazione di accademie scientifiche pubbliche e private (Italia, Francia, Olanda, Gran Bretagna). In seguito
nacquero sottobranchie della scienza come la veterinaria e la botanica (donne). Bisogna considerare che la
scienza dell’illuminismo fosse teorica e non pratica.
Cap.9La nascita del paganesimo moderno? Religione e illuminismo Secondo alcuni storici conservatori
l’illuminismo era visto come un periodo caratterizzato da tentativi di minare la fede e le organizzazioni
religiose:Dio veniva considerato autore di azioni mediante cause naturali accessibili agli uomini e per
questo motivo molti storici(Gay,Vavelle,Thomas) parlano di declino della religione misteriosa e
soprannaturale(scristianizzazione). Secondo Hegel l’illuminismo fu un movimento che proseguì la riforma
luterana in forma differente con l’obiettivo della libertà spirituale dell’uomo. Secondo il filosofo
l’illuminismo aveva sbagliato strada affermando che la fede dovesse essere convalidata dalla ragione e che
le idee autentiche provenissero dall’esperienza dei sensi: l’uomo diventò fine a se stesso spogliato
dall’aspirazione religiosa incapace di stringere rapporto con altri (autosufficienza dell’uomo). Durante
questo periodo vi furono una tolleranza e un rafforzamento della religione: il parlamento inglese
(Tolleration Act) ridusse le pene ai non cattolici e in Francia vi fu una riduzione di sanzioni per i protestanti.
Si volle risolvere la questione della tolleranza religiosa negli stati europei, dove coloro che nutrivano idee
religiose differenti erano considerati infedeli e la loro esistenza metteva a repentaglio la stabilità dello
stato. La pace di Westfalia (1648) pose fine alla lotta tra cattolici e protestanti in Francia e in Gran Bretagna.
Questa tendenza tollerante poteva cambiare la natura dello stato e della monarchia in quanto i monarchi
provenivano da dinastie legittimate in parte da una particolare confessione. Ci fu un periodo di transizione
tra uno stato unito nella fede dei sudditi a uno impersonale la cui fedeltà era distinta da quella religiosa
(Federico II Prussia VS Maria Teresa). L’impulso della costruzione di un cristianesimo ragionevole si celava
dietro la memoria delle lotte confessionali ma metteva in discussione il prestigio e l’autorità della Bibbia
caratterizzata da episodi irrazionali come i miracoli di Cristo. La nascita dello studio di diverse religioni portò
alla nascita della teologia comparata. Un altro elemento di confusione nel periodo dei lumi fu la diversa
concezione dei philosophes e dei teologi ortodossi riguardante la visione dell’uomo nella natura: i primi
vedevano nell’uomo la bontà e la perfezione, i secondi la peccaminosità dovuta dal peccato originale di Eva
che comportò il castigo divino. Fu così messo in discussione il principio centrale della cristianità: il sacrificio
della croce da parte di Cristo per redimere l’uomo dal peccato originale. La divinità di Cristo venne anche
attaccata per la mancanza di prove di risurrezioni e di miracoli in quell’epoca compiuti da Cristo nei
testamenti.