Sei sulla pagina 1di 14

PSICOLOGIA GENERALE (2 domande aperte, 20 min)

Temi:
1. Cos’è la psicologia
2. La relazione mente e cervello
3. Le teorie e i processi alla base dell’apprendimento

PSICOLOGIA GENERALE
Non è un riassunto di tutta la psicologia. È lo studio scientifico delle funzioni psicologiche di base (processi
interni) e il comportamento umano (processo esterno) attraverso metodologie sperimentali. Si estende
quindi dalla medicina alle scienze biologiche fino alle scienze sociali.
Scientifico: l’utilizzo di tecniche misurabili e replicabili nel formulare ipotesi e raccogliere e analizzare dati
per testare la validità di una teoria. Le risposte che cerchiamo di dare si avvalgono di una raccolta
sistematica, di analisi di dati osservabili oggettivamente e di spiegazioni del funzionamento e dello sviluppo
della mente.
Funzioni psicologiche di base:
si dividono in funzioni cognitive di baso livello (percezioni sensoriali) e funzioni cognitive superiori
(ragionamento e linguaggio). Vengono chiamate anche processi interiori perché non visibili direttamente.
Per comportamento intendiamo una serie di azioni e risposte che sono osservabili.
Metodologie sperimentali:
i processi cognitivi sono studiati in differenti ambiti, usando differenti approcci e metodi d’indagine:
-studi comportamentali (tempi di reazione)
-studi neuropsicologici (pazienti con lesioni cerebrali)
-studi di neuroimmaging (studio di visualizzazione cerebrale)

Cenni storici: la psicologia generale è nata ufficialmente in Europa nella seconda metà dell’800 e si è poi
diffusa negli Usa e nel resto del mondo. In occidente, filosofi, uomini di scienza e di cultura si sono sempre
occupati di questioni riguardanti il rapporto mente-corpo. In Grecia ci si interrogava della relazione tra stati
fisici e stati mentali (filosofia della mente). Platone sosteneva l’innatismo, cioè credeva che certi tipi di
conoscenze fossero innate. Per Platone l’anima, la mente, è l’essenza dell’uomo, ed è distante dal corpo. A
sua differenza Aristotele riteneva che anima e corpo fossero strettamente legati. Durante il medioevo fu
eliminato lo studio della mente e venne ripreso durante l’umanesimo con Cartesio. Cartesio parla di res
extensa e res cogitans, cogito ergo sum sintesi del dualismo. Nello stesso periodo si afferma il monismo
che sostiene la tesi contraria del dualismo, mente e corpo sono legati. Il monismo apre la strada alla
psicologia, si inizia a pensare di poter studiare la mente. Nel 1800 nascono i primi studi delle neuroscienze
con l’introduzione del concetto di fibre nervose, di nervi che trasportano stimoli nervosi sensoriali. Si
capisce così che esiste uno stretto legame tra attività mentale e attività fisica psicologica. Gall formula la
teoria della frenologia secondo la quale le singole funzioni psicologiche dipenderebbero da particolari zone
o aree del cervello. Broca nel 1861 individua l’area per la produzione del linguaggio e Wernicke nel 1874
individua l’area della comprensione del linguaggio. I precursori della psicologia generale sono la medicina e
la filosofia. La medicina studia la composizione dei tessuti nervosi e la modalità di neurotrasmissione, la
filosofia indaga i limiti della percezione. Nel 1879 nasce il primo laboratorio di psicologia sperimentale
grazie a Wundt.
Wundt e lo strutturalismo:
Oggetto di studio: analisi dei contenuti di coscienza, esperienza diretta o immediata.
Metodo: introspezione, ovvero l’analisi o l’osservazione diretta del proprio mondo interno.
Assunzione forte: si ha accesso ai processi mentali e si è in grado di descriverli.
Situazione sperimentale:
1. Somministrazione di uno stimolo
2. Resoconto del soggetto
3. Manipolazione di alcuni parametri della stimolazione
4. Nuovo resoconto dei soggetti
L’introspezione: secondo i strutturalisti per comprendere la mente si deve capire la sua struttura,
scomponendola nei suoi elementi di base. I suoi limiti sono quindi nella difficoltà dello studio della memoria,
l’immaginazione, lo studio degli affetti e la psicologia sociale. Mancava un’oggettività dei risultati, il
resoconto che veniva dato era prettamente soggettivo rispetto al soggetto sperimentale. Dagli studi di
Wundt nascono studi di pensiero in Usa e in Europa.
James e il funzionalismo (Usa)
Nel funzionalismo si cercava di capire la funzione di una determinata abilità, forte influenza darwiniana,
cercava il senso delle funzioni mentali, utilizzava però lo stesso metodo introspettivo di Wundt pur
criticandolo. James capisce che c’è un nesso tra funzioni cognitive e perché le possediamo.
Wertheimer e la psicologia della Gestalt (900)
Questo approccio si focalizza sull’organizzazione della percezione e del pensiero in termini di un insieme
piuttosto che sugli elementi singoli. L’esperienza percettiva è mediata dall’attività mentale che la organizza
e la influenza, la mente tende a percepire l’intero, l’organizzazione globale è logicamente precedente
rispetto ai singoli elementi, la mente impone un’organizzazione a ciò che percepisce.
Le teorie moderne fanno riferimento a:
-psicodinamica (Freud), lavoro clinico su pazienti isterici, focus sui traumi infantili che creavano ricordi non
superati e provocavano delle patologie. La mente è inconscia e influenza la nostra vita quotidiana, non
segue la teoria sperimentale. Il suo modello non deriva da soggetti sani ma da soggetti problematici.
-comportamentismo (Watson) ispirato dagli studi di Pavlov sulla fisiologia animale, è una reazione allo
strutturalismo e al funzionalismo, rinuncia a una descrizione degli stati interni (perché non oggettiva) non si
occupano dei processi interni e chiamano la mente black box perché non possono indagarla; studiano lo
stimolo e la risposta comportamentale, studiano quindi il comportamento, non indagano sulla mente.
Secondo loro nulla è innato e tutto è determinato dall’ambiente. Ci sono dei limiti a questa tesi, eliminano
dal loro approccio i processi interni, memoria, emozioni… si occuperanno molto di apprendimento.
-cognitivismo (anni 60) nasce dalle critiche del comportamentismo e cercano di formulare una nuova
teoria sul funzionamento della mente, studiano dunque la black box scartata dai comportamentisti, i
processi mentali vengono assimilati alle funzioni di un computer.
-interazionismo, soggetto in interazione con il mondo e con altri soggetti. Il soggetto si definisce in base
alle sue relazioni e il suo cambiamento avviene solo cambiando il sistema (es famiglia), le attività mentali si
sviluppano in una graduale azione di co-ordinamento tra l’individuo e il mondo.
Oggi si parla di neuroscienze cognitive e della mente embodied, questa teoria si fonda su tre principi:
1. La mente ha un corpo, quindi, è integrata con la struttura cerebrale
2. Le funzioni cognitive sono relational mind, sono in costante interazione e non sono isolati
3. La mente emerge dalle attività del cervello, le cui strutture e funzioni sono direttamente influenzate
dalle esperienze interpersonali percettive e sociali
Approccio interdisciplinare che integra le neuroscienze con la psicologia cognitiva.

BASI BIOLOGICHE DELLA PSICOLOGIA


Neuroscienze cognitive, sono una branca della psicologia che studia come il cervello e il sistema nervoso
determinano il comportamento e le varie funzioni cognitive. Si cerca di stabilire le base neurali delle
operazioni mentali.
Principio della scomposizione: il cervello è composto di molte aree isolabili, e ogni area ha una specifica
funzione.
Neuroscienze:
- Tecniche di neuro immagine, dalla semplice attività neuronale è possibile capire a cosa la mente
sta lavorando
Il cervello è costituito da più di 100 miliardi di neuroni che lavorano nel singolo e nel coordinato. Il neurone
riceve una determinata informazione e ne trasmette una nuova. Un messaggio viene trasmesso da una
parte all’altra del neurone avviene grazie al potenziale d’azione e il processo viene definito attivazione del
neurone.
Struttura del neurone:
- Dendriti: ricevono i messaggi dagli altri neuroni. Un gruppo di fibre che riceve i segnali in entrata.
Queste fibre sembrano rami contorti di un albero e contengono il corpo cellulare.
- Assone: trasporta i messaggi destinati ad altre cellule. La guaina mielinica è a membrana protettiva
che avvolge l’assone e aumenta la velocità dell’impulso elettrico.
- Bottone terminale: situato alla fine delle ramificazioni di un assone. Contribuisce alla trasmissione
del messaggio ad altri neuroni. struttura dalla forma di bulbo, situata alla fine delle ramificazioni di
un assone, contenente vescicole piene di neurotrasmettitore attraverso i quali messaggi agli altri
neuroni.
- Soma o corpo: E’ il corpo cellulare che coordina i compiti di elaborazione delle informazioni.
Contiene il nucleo che ospita i cromosomi con il nostro DNA.

Il potenziale d’azione è una


carica elettrica che può
attivare un messaggio
eccitatorio (muovere una
macchina) o inibitorio
(bloccare un movimento). Il potenziale d’azione dipende dalla differenza di carica elettrica dall’interno e
dall’esterno del neurone + o -. Quando il neurone è a riposo ha una concentrazione di ioni sia + che -, ma
prevale la carica – di ioni proteici (A-) che è di circa -70 millivolt. All’esterno prevale la carica positiva di ioni
sodio (NA+) e pochi di cloro (Cl-), questa situazione dove l’interno è carico negativamente rispetto
all’esterno è detta polarizzazione. La membrana ha il compito di mantenere il giusto equilibrio tra interno ed
esterno, grazie alle pompe ioniche. Al momento dell’attivazione la membrana cambia lo stato dei canali
della pompa. Al momento dell’inibizione la carica è pari a circa +40 millivolt, dove la carica interna è
positiva e all’esterno negativa, processo di depolarizzazione. Una volta raggiunto il picco di potenziale
d’azione si arriva ad un punto in cui il neurone si dice a riposo potenziale, periodo refrattario, in cui il
neurone “aspetta” di scendere di carica e rimane in attesa.

Stato di riposo: carica elettrica negativa all’interno del neurone (-70 millivolt).
Potenziale d’azione: un impulso elettrico nervoso che viaggia attraverso un neurone cambiando da
negativa in positiva la carica di una cellula (40 millivolt).
Legge del tutto o niente: i neuroni sono o attivati o disattivati.

I neuroni comunicano tra di loro grazie al processo detto trasmissione sinaptica. Le sinapsi sono gli spazi
tra un neurone e l’altro. La trasmissione sinaptica è lo scambio comunicativo che avviene nello spazio delle
sinapsi. Alla fine dei bottoni terminali sono presenti delle vescicole ricche di neuro trasmettitori, al momento
dell’impulso nervoso queste vescicole si aprono e il neurone successivo è pronto a ricevere i
neurotrasmettitori provenienti dall’altro neurone grazie ai suoi dendriti. Il neurone 1 è detto presinaptico il
neurone 2 che riceve è detto postsinaptico. I neurotrasmettitori sono dei messaggeri chimici, rilasciati da un
neurone e diretti ad altri, una volta svolto il suo compito può essere riassorbito o decomposto. I principali
neurotrasmettitori sono:
- Acetilcolina (eccitatorio): controllo motorio, attenzione e apprendimento.
- GABA (inibitorio): alimentazione, aggressività e sonno. Ruolo fondamentale in alcune
psicopatologie.
- Glutammato (eccitatorio): risposta emotiva, apprendimento e memoria.
- Dopamina (prevalentemente eccitatorio) e Seratonina (inibitorio).
- Endorfine (inibitorio): attenuazione del dolore, innalzamento del tono dell’umore (controllo del
piacere e del dolore, dette anche “chiavi del piacere”).
Esistono diverse classi di neuroni: motori, sensoriali, interneuroni.
Neuroni specchio: sono una scoperta recente del 94, fatta inizialmente sulle scimmie, che evidenziò un
comportamento particolare di alcuni neuroni che si attivavano sia in osservazione che in esecuzione. Il
nostro cervello ha dei neuroni che si attivano sia in 1 che 3 persona, nel cervello umano ci sono delle aree
che si attivano in 1 e 3 persona, questi neuroni servono per simulare dentro di me le azioni che vedo
nell’altro, servono alla comprensione dell’altro perché è come se provassi io in prima persona ciò che sta
vivendo l’altra persona. I neuroni specchio sono alla base della socialità.

SISTEMA NERVOSO:
Il sistema nervoso centrale ha la funzione di registrare, elaborare e rilevare informazioni che derivano sia
dall’esterno che dall’interno. Il sistema nervoso periferico è l’esecutore, fa quello che il SNC gli ha “detto” di
fare. Il SNC è composto da sostanza grigia (prevalentemente corpi cellulari e dendriti dei neuroni) e da
sostanza bianca (costituita da fasci di fibre nervose mieliniche). Sia l’encefalo che il midollo spinale sono
avvolti da tre membrane dette meningi: la dura madre, l’aracnoide e la pia madre. Tra la dura madre e
l’aracnoide c’è uno spazio detto subaracnoideo dove è presente il liquor.
Il sistema limbdico è coinvolto nel comportamento, nei processi di memoria e nell’alimentazione ed è
costituito da ippocampo e amigdala.
La corteccia cerebrale è la parte più vicina al cranio, è costituita da materia grigia e presenta le cosiddette
circonvoluzioni cerebrali. È divisa in quattro zone: lobo occipitale; lobo temporale; lobo parietale; lobo
frontale.

Aree associative del cervello: La maggior parte della nostra corteccia cerebrale è costituita dalle aree di
associazione, ovvero la sede dei processi mentali di livello superiore come ad es. i processi decisionali, il
linguaggio, la memoria. Cosa implica un danno nelle aree associative:

- Cambiamento di personalità (Il caso del signor Cage)

- Aprassia (l'incapacità di compiere gesti coordinati e diretti a un determinato scopo, ad es lavarsi i


denti)
- Afasia di Broca o di Wernicke

Il sistema nervoso non è un sistema statico ma è in continuo cambiamento, altamente flessibile, ogni cosa
che faccio o apprendo va a modificare le forme di comunicazione tra i miei neuroni, niente di ciò che
facciamo rimane senza traccia nel nostro cervello. Le aree del cervello si modificano. Questa caratteristica
è detta plasticità e avviene grazie agli stimoli esterni che vengono ricevuti, la plasticità dipende
dall’esperienza. Plasticità cerebrale: Capacità delle aree cerebrali di modificarsi in base agli input esterni
che vengono ricevuti. La plasticità dipende dall’esperienza (ambienti diversi, stimolazioni diversi).

Esperimento con i tassisti a Londra: Ricercatori dello University College di Londra hanno utilizzato le
tecniche di neuro immagine per studiare il cervello di una categoria di lavoratori particolare, i tassisti della
metropoli britannica. L’obiettivo era dimostrare come l’apprendimento possa modificare il nostro cervello.
Per ottenere la licenza, infatti, i tassisti di Londra devono imparare a memoria la complessa struttura di
circa 25000 strade e superare un complicato test la cui preparazione richiede dai tre ai quattro anni!

Il cervello è diviso in due emisferi. I due emisferi sono più o meno simmetrici nell’aspetto e in parte anche
nelle loro funzioni. Ma ciascun emisfero controlla le funzioni del lato opposto del corpo (controllo
controlaterale). Alcune aree sono invece soltanto in un emisfero (ad es. area di Broca a sinistra) e si parla
di lateralizzazione. Grazie agli studi su pazienti split brain, sappiamo che diverse funzioni sono
lateralizzate. Si parla di laterizzazione quando una funzione per essere realizzata necessita di un emisfero
che svolge un ruolo primario. Il linguaggio è forse la funzione cerebrale più lateralizzata (emisfero sinistro),
e lesioni in questa area provocano un deficit di linguaggio. L’emisfero destro invece sembra essere
coinvolto in compiti di relazione spaziale e sulle espressioni facciali. In generale è l’azione combinata dei
due emisferi a dare pienezza alle nostre esperienze!

Corpo Calloso: I due emisferi sono collegati tra di loro tramite delle commessure, ovvero un fascio di assoni
che rendono possibile la comunicazione tra le aree della corteccia di ciascun emisfero. La più voluminosa
di queste commessure è il corpo calloso. Split brain o cervello diviso: in alcune forme grave di epilessie
gravi, i neurochirurghi posso recidere il corpo calloso per ridurre gli attacchi epilettici, tecnica chiamata
split-brain.

Cosa comporta avere un cervello diviso? Inizialmente sembrava che questi pazienti non risentissero nella
loro vita quotidiana di questo intervento. Vennero così ideati degli esperimenti sul cervello diviso (Sperry e
Gazzanica).

NEUROIMMAGING:
Spiegano come processi mentali e funzioni cognitive sono implementati nel cervello attraverso metodiche
non invasive utilizzando un approccio multidisciplinare. Nello specifico, le tecniche di neuroimmagine
contribuiscono a:
- Fare diagnosi in ambito psicopatologico e neurologico
- Verificare e ampliare i modelli teorici in ambito psicopatologico
- La neuroimmagine come trattamento in ambito psicopatologico
EEG: ELETTROENCEFALOGRAMMA
L’EEG è la registrazione dell’attività elettrica del nostro cervello durante l’esecuzione di un determinato
compito. La registrazione avviene tramite elettrodi, ovvero variazioni di potenziale elettrico generato da
ampie popolazioni di neuroni. I segnali provenienti da questi elettrodi vengono registrati e raccolti in forma
di tracciato.
fMRI: RISONANZA MAGNETICA FUNZIONALE
Uno studio comportamentale in cui contemporaneamente viene registrata la risposta neuronale del
paziente.
Principi delle tecniche di neuroimmaging:
- Il cervello è sempre attivo e ha un bisogno costante di erogazione di flusso sanguigno.
- Per individuare quali aree sono più attive (o funzionali) dobbiamo individuare una differenza relativa
di attivazione cerebrale (metodo sottrattivo)
- Se una regione x dimostra un aumento di flusso sanguigno capisco che è l’area che in quel
momento lavorava maggiormente
TMS: stimolazione magnetica trans cranica
Utilizzo di una bobina (solenoide, coil) nella quale viene fatta passare una corrente elettrica. Questa bobina
viene appoggiata sullo scalpo e simula un potenziale d’azione. Stimolando una certa regione del cervello si
interferisce con la normale attività dei neuroni sottostanti. L’interferenza può essere facilitatoria o inibitoria
(dipende dai parametri di stimolazione). Rispetto alle altre tecniche di esplorazione funzionale del cervello,
la TMS non produce immagini del cervello, ma produce effetti sulla risposta neuronale-motoria del paziente
analizzato.
HYPERSCANNING
L’attività neuronale di una persona è influenzata dall’attività neuronale di un’altra persona. Attraverso
l’hyperscanning si può misurare la presenza e l’intensità della sintonizzazione tra due o più individui a
livello cerebrale durante un’interazione sociale. Gli individui si adattano reciprocamente al ritmo neuronale
di un altro durante un compito sociale (sincronizzazione). Si parla di cervelli interconnessi e si possono
utilizzare diverse metodologie come ad esempio l’fMRI oppure l’EEG.

APPRENDIMENTO: ESPERIENZA E CAMBIAMENTO


L’apprendimento è un cambiamento del nostro comportamento in conseguenza a una determinata
esperienza. È un processo continuo, basato sull’esperienza, sia positiva che negativa, che si traduce in un
cambiamento relativamente stabile e duraturo nel comportamento di un organismo. È un meccanismo
fondamentale per l’acquisizione di conoscenze sul mondo. L’apprendimento può avvenire solo previa
esperienza in prima persona:
1. Fase di raccolta di informazioni (memoria)
2. Fase di azione
I cambiamenti duraturi nel comportamento riguardano una certa pratica che si può mettere in atto soltanto
dopo un processo di maturazione biologica (tappe evolutive).
I cambiamenti possono essere valutati attraverso l’osservazione di un risultato, la cosiddetta prestazione. I
cambiamenti possono essere osservati anche in modo diretto attraverso l’osservazione di cambiamenti
neuronali (plasticità neuronale, sinapsi che si modificano con l’esperienza). Un comportamento per definirsi
appreso, deve mantenersi costante nel tempo, l’apprendimento è intrinseco all’esperienza degli esseri
umani e riusciamo ad apprendere sempre in qualsiasi condizione (a volte anche in modo inconsapevole).
Abituazione: diminuzione della risposta comportamentale (emotiva) in seguito alla ripetuta presenza dello
stimolo. Essa aiuta a concentrare la propria attenzione ad eventi nuovi presenti nell’ambiente (perché si
riduce lo sforzo impiegato per stimoli già incontrati).
Sensibilizzazione: fenomeno opposto dell’abituazione, ovvero aumento della risposta comportamentale (o
emotiva) spesso legate a esperienze dolorose o negative. Il soggetto diventa ipersensibile.
Entrambi i concetti (abituazione e sensibilizzazione) ben si adattano alla definizione di apprendimento
perché ripetute esperienze a un determinato stimolo portano a un cambiamento costante nella risposta
comportamentale.
Varie forme di apprendimento:
1. Il comportamentismo: apprendimento associativo
L’apprendimento nasce dall’associazione di un evento o stimoli esterni. L’apprendimento è misurato come
variazione delle risposte comportamentali.
Condizionamento classico: un determinato stimolo mi predice il verificarsi di un secondo evento.
Processo per cui un organismo impara ad associare due stimoli, in modo tale che l’uno venga a suscitare
una reazione che in origine veniva suscitata solo dall’altro. Il primo che si occupò di condizionamento
classico fu Pavlov. Egli studiò la reazione di salivazione di un cane alla presenza di cibo. Notò che la
salivazione compariva in diverse situazioni. Pavlov studia la fisiologia della digestione e soprattutto la
reazione di salivazione prodotta dalla presentazione di cibo. La reazione di salivazione, nota Pavlov, non si
produce tuttavia solo al momento della presentazione del cibo. In molti casi la precede e il cane inizia a
salivare già nel momento in cui viene imbrigliato, prima di essere nutriti. Perché? In realtà, notò anche che
la salivazione compariva anche alla sola vista dell’assistente che portava il cibo o ai rumori dei suoi passi.
Sembrava che ogni stimolo che precedeva con regolarità la comparsa del cibo attirava la produzione della
saliva. Quindi quasi per caso, Pavlov osservò che l’apprendimento avrebbe potuto essere l’esito di
associazione fra due eventi.
Prima del condizionamento, lo stimolo incondizionato (SI) attiva fisiologicamente la risposta incondizionata
(RI). Uno stimolo neutro, come un suono, non ha nessuna capacità di attivazione. Durante il
condizionamento, lo stimolo neutro è abbinato con lo SI e attraverso questa associazione diventa uno
stimolo condizionato (SC) e attiva una risposta condizionata (RC) che è simile alla RI.
Acquisizione, estinzione e recupero spontaneo:
Durante l’acquisizione la forza della RC aumenta rapidamente.
Estinzione: Si ha quando una precedentemente condizionata diminuisce in frequenza e alla fine scompare
Ricupero spontaneo: Ricomparsa di una risposta condizionata estinta dopo un periodo di riposo e senza
ulteriore condizionamento.
Condizionamento classico: Applicazioni al comportamento umano
- Pubblicità (SC: potente automobile; SI: bella donna; prodotti surgelati-famiglia felice)
- Star male dopo aver mangiato un certo cibo
- Paura esagerata verso un cane che ci ha morso
- Decondizionamento o desensibilizzazione sistematica: tecnica psicoterapica che implica l’estinzione di un
determinato comportamento o fobia

Condizionamento operante: è una forma di apprendimento in cui una risposta volontaria viene rinforzata
o indebolita a seconda che le sue conseguenze siano favorevoli o sfavorevoli. Non riguarda risposte
riflesse ma conseguenze legate ad un’azione volontaria. Non è un’associazione tra due stimoli ma tra un
comportamento dell’individuo e un evento di rinforzo. Induce il soggetto ad agire rispetto allo stimolo: non
processo automatico determinato dallo stimolo ma dal rinforzo/punizione.
Legge dell’effetto di THORNDIKE: è più probabile che vengano ripetute delle risposte che producono effetti
positivi. Una risposta se seguita da esiti soddisfacenti diventa più probabile, mentre una risposta seguita da
conseguenze spiacevoli diventa meno probabile. Si parla di connessione stimolo-risposta (S-R), ovvero la
relazione tra il comportamento e le sue conseguenze. Skinner condivideva la prospettiva di Thorndike
secondo cui le conseguenze ambientali di un determinato comportamento possano rafforzare o ridurre un
comportamento. Ideò un programma di ricerca per indagare in che modo le variazioni influenzano la
probabilità che un determinato comportamento si verifichi. Questa procedura è chiamata
CONDIZIONAMENTO OPERANTE: Manipolazione delle conseguenze di un determinato comportamento
al fine di valutarne l’effetto sul comportamento successivo.
Proprietà dei rinforzi: qualsiasi oggetto
che soddisfa un mio bisogno innato o
fisiologico (rinforzi primari), sono stimoli
neutri che diventano rinforzanti associati ad
un rinforzatore primario (rinforzatori
secondari). Un rinforzo, quindi, è un
qualunque stimolo che, somministrato in
modo contingente ad una risposta,
aumenta la probabilità che quella risposta
si verifichi. Esistono rinforzi positivi e
rinforzi negativi. Un rinforzo positivo è uno
stimolo POSITIVO (ad es. cibo) aggiunto all’ambiente che aumenta la probabilità di quel comportamento.
Un rinforzo negativo si verifica quando un comportamento è seguito della rimozione di uno stimolo
Negativo o avversivo (scossa elettrica), aumentando così la probabilità che quel comportamento si ripeta
nel futuro.
La punizione invece diminuisce la probabilità che si verifichi un comportamento, è l’opposto del rinforzo,
serve da dissuasore di un determinato comportamento.

2. Il cognitivismo: apprendimento cognitivo


L’apprendimento comportamentista sembrava cieco e meccanico poiché le situazioni sperimentali
impiegate davano poco possibilità di studiare i comportamenti spontanei. Ai comportamentisti veniva anche
criticato di mettere gli animali in condizioni troppo controllate e poco naturali. In queste condizioni, l’animale
non aveva la possibilità di esprimere comportamenti creativi e intuitivi. Secondo l’approccio cognitivista,
l’apprendimento non consiste in cambiamenti comportamentali ma nella capacità di formarsi delle
rappresentazioni mentali del mondo e di operare su di esse piuttosto che sul mondo reale.
È possibile trovare delle soluzioni non perché associamo qualcosa agli stimoli, ma perché colleghiamo in
modo unitario elementi apparentemente scollegati, con un processo chiamato insight, intuizione.
L’apprendimento avviene come soluzione improvvisa e dipende dalla capacità della persona di ristrutturare
gli elementi cognitivi in una nuova totalità. Si può apprendere non soltanto utilizzando meccanicamente
risposte condizionate, ma si può imparare tramite insight, ovvero attraverso una riorganizzazione della
propria percezione dei problemi (quindi un processo più mentale che comportamentale). In questo modo è
anche più probabile non dimenticare la soluzione.
Secondo Tolman l’apprendimento non dipende da un’associazione stimolo-risposta, ma richiede che tra
comportamento e rinforzo l’organismo inserisca un significato, un’intuizione. Tolman introduce anche
l’aspetto latente dell’apprendimento: si apprende qualcosa ma tale apprendimento non si manifesta in
cambiamento comportamentale fino ad un certo momento.
L’insight e l’apprendimento latente ci mostrano che il condizionamento operante implica molto di più una
risposta a un animale. Probabilmente essi si sono creati delle rappresentazioni mentali del mondo.

Cognizione sociale e la comprensione degli altri:


La cognizione sociale è l’insieme dei processi mentali attraverso i quali un individuo giunge a comprendere
il comportamento, le azioni, le intenzioni e le emozioni di un altro individuo. Ci sono due meccanismi
neurobiologici che ci aiutano a comprendere gli altri: neuroni specchio e teoria della mente.
- Teoria della mente (ToM), abilità di spiegare e predire le azioni altrui attraverso l’attribuzione di stati
mentali indipendenti dai propri in base alle sue intenzioni, credenze e desideri. Funzioni della teoria
della mente: spiegare e dare senso al comportamento altrui, predirlo, riconoscere credenze
conoscenze e desideri, ingannare, e aggirare il suo pensiero.
- Neuroni specchio, ciò che vedo è immediatamente interpretato e capito. L’ipotesi è che i neuroni
specchio contribuiscono a creare una rappresentazione interna dell’azione o dell’emozione altrui
attraverso un processo di simulazione. I neuroni specchio favoriscono una comprensione diretta e
implicita del significato delle azioni altrui. Il sistema dei neuroni specchio rappresenta un ponte tra
percezione (osservazione) e azione favorendo la simulazione nel nostro corpo delle esperienze e
stati dell’altro. Immediatezza delle emozioni, senza ragionamento.
Entrambi i meccanismi, Mirror e ToM (sono responsabili di uno sviluppo disfunzionale delle capacità sociali
nell’autismo. L‘Autismo è un disturbo dello sviluppo, caratterizzato dalla mancanza d’attenzione implicita a
stimoli socialmente rilevanti. Pazienti con autismo mostrano una difficoltà a dirigere il loro sguardo (o a
prestare attenzione) ad aspetti rilevanti per l’interazione sociale (concentrandosi su altro) impedendo di fare
esperienze adeguate nelle situazioni interattive.

Come avviene la comunicazione?


La comunicazione è:
- Attività sociale, socialità e comunicazione sono intrinsecamente interdipendenti. La comunicazione
è frutto di un accordo reciproco tra persone con uno scopo comune.
- Partecipazione, comunicare implica la condivisione di significati, sistemi di segnalazione e regole
- Attività cognitiva, è una funzione mentale di tipo superiore (Esplicitazione di pensiero e intenzioni)
- Connessa con l’azione, mette in atto un cambiamento nell’agire delle persone (es. quando dico “ti
lascio” non è solo una frase, implica una serie di cambiamenti). Non sono solo parole, hanno un
significato intrinseco di azione.

IL LINGUAGGIO:
Pinker è uno studioso che tra i primi ha analizzato il linguaggio nel 1994 (l’istinto del linguaggio). Tramite
l’utilizzo del linguaggio è possibile plasmare la mente altrui.
Il linguaggio è la capacità di utilizzare un codice per esprimere, comunicare e rappresentare la realtà
interna ed esterna. La caratteristica del linguaggio è la sua generatività: possibilità di realizzare un numero
infinito di enunciati attraverso l’impiego di un numero limitato di elementi e di regole di comunicazione.
Funzioni del linguaggio:
 Comunicare qualcosa agli altri: il linguaggio si è evoluto quando gli uomini hanno iniziato a riunirsi
per costituire unità sociali ampie. Necessità di suddividere il lavoro, cooperare, tramandare
conoscenza.
 Serve a inventare qualcosa che non esiste, per esempio una favola.
 Comunicare qualcosa a noi stessi, permette di condurre un ragionamento, collegando e generando
idee (inner speech).
Il linguaggio ci permette due tipo di sviluppo: sviluppo cognitivo (linguaggio alla base del pensiero del
ragionamento) e sviluppo sociale.
Unicità del linguaggio umano: il linguaggio umano parlato sembra essere apparso circa un milione di anni
fa, quello scritto solamente 6000 anni fa. Possiamo dire che il linguaggio umano è unico e si differenzia da
quello delle altre specie per almeno tre motivi:
- Struttura complessa (è capace di esprimere una gamma di concetti e di idee superiore e di molto a
tutte le altre specie)
- Concetti astratti
- Ci fa accedere alla nostra coscienza usiamo il linguaggio anche per descriverci la nostra esperienza
cosciente, per accedere, spiegarci e spiegare agli altri i nostri stati mentali

Sotto l’aspetto neurologico il cervello presenta due aree dedicate al linguaggio.


 AREA DI BROCA: formulazione del linguaggio
 AREA DI WERNICKE: comprensione del linguaggio
Afasia di Broca: capiscono bene il linguaggio ma non riescono a produrre un linguaggio chiaro.
Afasia di Wernicke: producono un linguaggio sintatticamente corretto ma privo di significato e hanno
problemi a comprendere l’altro.
Linguaggio  abilità legata alla biologia, facoltà mentale che permette agli esseri umani di comunicare tra
di loro, scambiarsi informazioni, coordinare le azioni di gruppo e formare legami sociali attraverso l’uso di
segnali che sono combinati secondo regole grammaticali e che trasmettono un significato.
Lingua  prodotto sociale storico che nasce ma può ance morire, è un’invenzione culturale.
Il linguaggio è un sistema combinatorio discreto. Discreto significa che si basa su elementi in numero
finito separati tra loro. Sistema combinatorio perché la combinazione degli elementi segue regole precise.
Gli elementi non sono semplicemente associati, ma combinati secondo regole precise.
Struttura gerarchica del linguaggio
Fonemi

Morfemi

Lessemi

Sintagmi

Frasi

Fonema: piccola unità sonora riconoscibile come suono non casuale, sprovvisto di significato ma in grado
di distinguere significati lessicali diversi in rapporto alla sua assenza/presenza.
Fonologia: definisce e descrive l’insieme degli elementi e delle regole di combinazione di suoni che
servono per la costituzione di una lingua. L’italiano possiede 30 fonemi. La pietra miliare della struttura
fonotattica dell’italiano è la sillaba piana consonante-vocale. Infatti, le prime parole dei bambini sono
composte da fonemi semplici. Successivamente avviene la duplicazione e la combinazione di due sillabe
piane. In una terza fase avviene la creazione di strutture sillabiche più complesse, come il gruppo
consonante-vocale-consonante o ccv.
Sviluppo fonologico:
La pietra miliare della struttura fonotattica dell’italiano è la sillaba piana Consonante-Vocale o CV (es.
“ma”). Le prime parole che il bambino pronuncia sono formate dalla replicazione della sillaba piana (ma-ma
pa-pa na-na). Successivamente la duplicazione viene variata e aumentano i suoni ti-to pa-ta no-na. In una
terza fase compaiono strutture sillabiche più complesse, come il gruppo CVC (es por-ta) o CCV (es. sca- in
scala)
Viene sviluppato in gran parte entro il 2 anno di vita e deve essere completato (prescrittività) entro il
compimento dei 3 anni (altrimenti disturbo del linguaggio).
Morfema: unità linguistica più piccola dotata di significato, solitamente è una sequenza di uno o più fonemi.
Sono divisibili in morfemi lessicali, nomi, verbi, aggettivi, che costituiscono i principali veicoli del significato
di una frase; e morfemi grammaticali, articoli, congiunzioni, preposizioni, prefissi e suffissi, che completano
la struttura grammaticale. Le parole possono essere composte da più morfemi; per esempio, la parola
“orso” è composta dal morfema ors- che è la radice, dal morfema -o- che è il suffisso che deriva il genere e
numero.
Lessico: è l’insieme delle parole conosciute da un individuo. Esiste il lessico passivo che sono le parole
comprese e il lessico attivo che invece sono le parole prodotte e utilizzate. Nello sviluppo del bambino
esistono due fasi della produzione del linguaggio. La prima fase consiste nella prima produzione di una
cinquantina di vocaboli e una comprensione di circa 200, la seconda fase, dopo i 17 mesi, viene detta
esplosione del vocabolario perché il bambino acquista una grande quantità di parole. Fino ai 18 mesi la
comunicazione è legata al contesto in cui il bambino è inserito, l’adulto lo sollecita e favorisce lo scambio
ma lo scambio è ristretto e le comunicazioni sono contestuali e ripetitive. Tra i 19 e 24 mesi i bambini non
hanno più bisogno di sollecitazioni per parlare, iniziano spontaneamente a indicare e a nominare ciò di cui
conoscono il nome.
Errori delle prime fasi dello sviluppo lessicale:
- Errore di sovra estensione: il bambino chiama “cane” qualsiasi animale a quattro zampe
- Errore di sotto estensione: il bambino chiama “bambola” esclusivamente la sua bambola preferita
- Errore di sovrapposizione: il bambino usa “aprire” per riferirsi non soltanto all’azione di aprire una
porta, ma anche all’azione di accendere la luce
Sintagma: è l’unità minima di una frase. Il sintagma nominale consiste in un nome a cui possono
aggiungersi un determinante e un numero indeterminato di aggettivi; il sintagma verbale consiste in un
verbo a cui possono aggiungersi un sintagma nominale oppure un avverbio.
La sintassi studia le regole che stabiliscono il posto che le parole occupano all’interno di una frase, come i
sintagmi si compongono di frasi, le frasi si compongono di periodi. (L’uomo con il cappello [SN] si alzò
improvvisamente [SV]. È un sintagma composto da due sintagmi).
Struttura profonda del linguaggio è il significato che una frase intende veicolare.
Struttura superficiale del linguaggio è l’ordine delle parole così come sono emesse dal parlante, il modo in
cui è espressa una frase.
Per generare una frase solitamente noi partiamo dalla struttura profonda, decidendo poi quale sia la
struttura superficiale più adatta per veicolare il significato, viceversa quando qualcuno ci parla il processo è
inverso: prima estraiamo la struttura superficiale e per poi arrivare a quella profonda.

Sviluppo del linguaggio: pur essendo un’abilità complessa il linguaggio è generalmente di facile
acquisizione. I bambini imparando il linguaggio molto in fretta (10.000 parole in 4/5 anni). Fanno pochi
errori rispetto alla mole di apprendimento. Hanno una padronanza passiva e attiva: in ogni fase dello
sviluppo del linguaggio, i bambini comprendono meglio di quanto parlino.
Fasi dello sviluppo del linguaggio:
- 1-3 mesi. Il neonato distingue il suono linguistico da un suono non linguistico (un rumore).
Emergono le prime vocalizzazioni.
- 4-6 mesi. Cominciano ad apparire i primi suoni balbettanti che contengono virtualmente i suoni di
tutte le lingue. Il bambino vocalizza in risposta alla verbalizzazione di altre persone.
(sincronizzazione)
- 7-11 mesi. I suoni balbettanti cominciano a ricordare i fonemi della lingua parlata. Il bambino muove
la lingua durante le vocalizzazioni (lallazione). Emergono prima alcune consonanti: D e T prima di
Me N. il bambino discrimina alcune parole più importanti per lui.
- 12-18 mesi. Il bambino acquisisce maggiore conoscenza del significato delle parole e comincia a
utilizzare singole parole per esprimere intere frasi o richieste; usa prevalentemente sostantivi
(pappa, ninna…)
- 18-24 mesi. Il vocabolario si espande fino a comprendere un numero di parole che va da 50 a 200.
Compaiono le prime fasi rudimentali, di solito formate da due parole con scarso o nullo uso di
articoli, congiunzioni…
- 2-4 anni. Il vocabolario si espande rapidamente al ritmo di diverse centinaia di parole ogni sei mesi.
Le frasi brevi lasciano il posto a frasi più lunghe che, anche se spesso grammaticalmente scorrette,
dimostrano una sintassi basilare della lingua. Il bambino comincia a esprimere concetti a parole e a
utilizzare il linguaggio per descrivere oggetti immaginari e idee. Le frasi diventano sintatticamente
più corrette.
- 4-5 anni. Il bambino ha imparato le regole grammaticali basilari per unire nomi, aggettivi, articoli,
congiunzioni e verbi e combinarle in frasi dotate di significato.

Come si apprende il linguaggio?


Teorie comportamentiste (Skinner)
Teorie innatiste (Chomsky, Pinker)
Teorie interazioniste (Bruner)

Teorie comportamentiste
L’apprendimento del linguaggio si basa su un condizionamento operante: l’infante produce vocalizzi, alcuni
non verranno rinforzati, altri lo saranno e aumenterà così la probabilità che l’infante li riproduca. Se l’infante
arriva a dire papà è semplicemente perché ogni volta che produce un suono vagamente simile a papà
riceve un rinforzo positivo ed è dunque indotto a ripetere il vocalizzo. Impariamo a parlare come impariamo
qualsiasi altra abilità. Le teorie comportamentiste offrono una spiegazione relativamente semplice dello
sviluppo del linguaggio. Ci sono tuttavia molte cose che non spiegano
- I genitori non dedicano molto tempo ad insegnare ai figli la grammatica parlata.
- I bambini possono generare delle frasi mai sentite, non hanno quindi mai ricevuto un rinforzo per
quella frase.
- Gli errori commessi dai bambini tendono a essere sovra generalizzazioni di regole grammaticali.
Le generalizzazioni sono errori interessanti perché abbastanza frequenti. I bambini sbagliano, ma il loro
sbagliare è casuale. Quando un bambino sbaglia non lo fa perché lo ha sentito ma perché applica un istinto
linguistico che lo porta a capire che ci sono delle regole.

Teorie innatiste
Lo sviluppo del linguaggio dipende da una capacità biologicamente innata, ovvero da un insieme di
processi che facilitano l’acquisizione del linguaggio (dispositivo di acquisizione del linguaggio). Per
imparare una lingua i bambini non hanno bisogno di imparare tutto, nascono già predisposti al linguaggio.

Dispositivo per l’acquisizione del linguaggio (LAD)


Programma biologico comune a tutti gli uomini per l’apprendimento del linguaggio: siamo dotati di un
sistema neurale che ci permette di comprendere una struttura di linguaggio ma anche di apprendere le
caratteristiche uniche della lingua madre. Secondo Chomsky il linguaggio è un fenomeno esclusivamente
umano dovuto alla LAD. Attraverso un processo naturale ed innato, il bambino scopre ed elabora
progressivamente le regole del linguaggio, partendo da quelle più semplice ed innate fino a quelle più
complesse. L’esposizione ad una determinata lingua fa in modo che il bambino assuma i parametri che
sono specifici di quella determinata lingua. Inoltre, ritiene che tutte le lingue del mondo condividano una
struttura comune, chiamata grammatica universale, ovvero l’insieme di tutti gli aspetti strutturali condivisi
da tutte le lingue. È necessario che questa esposizione avvenga in un determinato periodo dello sviluppo:
finestra critica. Si ritiene che questa finestra critica si estenda fino ai 6-7 anni.
Evidenze a favore di una predisposizione biologica all’acquisizione del linguaggio:
1. Ubiquità del linguaggio complesso. La complessità del linguaggio non sembra dipendere dal
grado di modernizzazione della società da cui è parlata (linguaggio Bantu del Kilimangiaro non è
meno complesso dell’italiano o dell’inglese).
2. Sensibilità dei neonati a vincoli fonologici, sintattici e semantici. Sensibilità ai vincoli: HASP o
paradigma, misurazione attentiva basato sulla suzione. È una procedura sperimentale di
abituazione/disabituazione in cui l’intensità della suzione è indice di interesse di un determinato
ascolto. A 12 ore dal parto c’è una preferenza per i suoni linguistici rispetto a suoni non linguistici
(>teoria innatista). A 4 giorni dal parto hanno una preferenza per i suoni della propria lingua. Quindi
c’è una preferenza molto forte per i suoni linguistici già da neonati, prova della teoria innatista.
Come sono sensibili ai vincoli fonologici, così sono sensibili ai vincoli sintattici. A 4 mesi i bambini
sono sensibili ai confini proposizionali (fine della frase). A 6 mesi
L’acquisizione della lingua comporta l’operazione di fissazione dei parametri della grammatica
universale sulla base dell’esperienza. Quindi l’acquisizione comporta una operazione di scelta: il
bambino selezione tra i meccanismi generati internamente nella mente, quelli che si conformano
all’esperienza, e scarta gli altri. Si è parlato a questo riguardo di apprendimento per dimenticanza,
imparare una lingua vuole dire, in un certo senso, dimenticare tutte le altre.
3. Creolizzazione. Quando persone parlanti lingue diverse devono comunicare tra loro creano un
gergo di fortuna chiamato pidgin. Si crea una lingua priva di strutture grammaticali su diversi livelli,
semplificazione della sintassi e della fonetica originale (epoca coloniale). Le generazioni successive
evolvono una lingua che deriva dal pidgin ma presente molte più strutture complesse e articolate.
Questo perché il nostro cervello ha bisogno di una struttura complessa e diversi modi di esprimere
un determinato oggetto o concetto. I bambini esposti ad un pidgin in modo spontaneo creano una
nuova lingua con struttura lessico-sintattica stabile, questa lingua viene definita creolo.

Teorie interazioniste
Le teorie interazioniste nascono dalla critica alle teorie innatiste, queste riconoscono una naturale
propensione all’acquisizione del linguaggio nei primi anni di vita, ma dicono poco sul come avviene questo
processo di acquisizione. Gli interazionisti (Bruner 1983, Farrar 1990) pongono l’accento sul fatto che
anche l’ambiente ha un ruolo nell’acquisizione del linguaggio. Questo perché il linguaggio è un’esperienza
sociale. Dipende dall’interazione tra una predisposizione biologica innata all’acquisizione del linguaggio e
l’esperienza ambientale. Secondo Bruner il LAD ipotizzato da Chomsky è necessario all’acquisizione del
linguaggio ma va accompagnato da quello che viene chiamato LASS, ovvero Language Acquisition
Support System. Il LASS è una stimolazione da parte di un adulto che interagisce con il bambino attraverso
un’attenzione condivisa. Attraverso l’interazione tra LAD e LASS il bambino vinee inserito in una comunità
linguistica.

LINGUAGGIO DISTURBATO
- AFASIE
A seguito di un evidente danno neurologico c’è un disturbo del linguaggio.
Afasia di Broca: buona comprensione del linguaggio ma è incapace di produrre frasi o enunciati
comprensibili. Deficit marcato nella produzione: espressioni brevi con struttura grammaticale alterata.
Afasia di Wernicke: comprensione del linguaggio altamente deficitaria. Inoltre, il linguaggio è dotato di
strutture grammaticali ma produce frasi senza senso logico.

- DISTURBO SPECIFICO DEL LINGUAGGIO (DSL)


Non siamo in presenza di un danno neurologico. Quando la capacità di codificare tutte o alcune
componenti del sistema linguistico si manifesta in ritardo, in maniera alterata, allora si parla di disturbi del
linguaggio. Infatti, posiamo avere diversi disturbi di codifica: fonologica, sintattica e lessicale. Si
manifestano in soggetti indenni dal punto di vista neurologico, cognitivo, sensoriale e relazionale. È un
deficit presente sin dai primi stadi dello sviluppo in assenza di alterazioni neurologiche, compromissioni del
sistema sensoriale e ritardo mentale o fattori ambientali carenti. Oltre la metà dei DSL presenterà difficoltà
di apprendimento della lettura, scrittura e/o calcolo nei primi anni scolastici (DSA).
Indicatori di rischio:
>familiarità per ritardo/disturbo del linguaggio
>presenza di otiti ricorrenti nei primi due anni di vita
>difficoltà di comprensione del linguaggio verbale
>produzione inferiore alle 10 parole a 24 mesi
>produzione inferiore alle 50 parole nei primi 30 mesi
Più il disturbo è osservabile da piccoli più tende ad essere grave. Incidenza: 24 mesi, 15%; 5 anni, 3%; età
scolare 1-2%.
Classificazione dei DSL (Rapin 1996)
1. DISTURBI MISTI (RECETTIVO-ESPRESSIVI)
Agnosia uditiva: forma grave, caratterizzata da un grave deficit di comprensione e di decoding fonologico
con conseguente deficit espressivo. Il bambino neglige il linguaggio. Spesso accompagnata da
comportamenti tipici della condotta autistica.
Disordine fonologico-sintattico: hanno difficoltà di espressione e di ricezione, non si limitano al sistema
fonologico ma anche alle componenti morfosintattiche. Produzione verbale presente, con errori fonologici e
morfosintattici frequenti, ma con tendenza a miglioramento.
• Comprensione scadente.
• Latenza nella risposta.
• Tendenza a rivolgersi al genitore per la ripetizione dell’enunciato • Frequenti risposte non congruenti
• Fastidio per le situazioni di rumore (cocktail party)
La maggior parte dei DSL si situano in questa categoria.
2. DISTURBI ESPRESSIVI
Disprassia verbale: linguaggio non intellegibile caratterizzato da eloquio ipofluente. Lento completamento
del repertorio fonetico con difficoltà o impossibilità di trasformare immagini verbali in comandi motori per la
produzione del discorso. La fluenza del discorso risulta fortemente ridotta per la difficoltà a trovare i giusti
movimenti degli organi fonatori per emettere una parola, mentre la comprensione risulta meglio conservata.
Deficit di programmazione fonologica: il bambino sa articolare e sa produrre i singoli suoni della lingua,
ma stenta ad organizzarli tra loro. (prognosi benigna)
3. DISTURBI NEI PROCESSI LINGUISTICI INTEGRATIVI
Sindrome lessicale: usano delle parole inventate da loro. (raro)
Deficit semantico pragmatico: non c’è un problema dal punto di vista fonologico e grammaticale, ma con
difficoltà a livello dei contenuti: non capiscono le battute o il sarcasmo.

Prognosi
- Migliore DSL di tipo Espressivo Fonologico.
- Più sfavorevole DSL Espressivo Morfosintattico (più lunghi tempi di evoluzione).
- DSL misto Recettivo-Espressivo (per persistenza delle difficoltà linguistiche orali e difficoltà di
apprendimento del linguaggio scritto).
COME FACCIAMO A PROVARE LE EMOZIONI?
Le emozioni di base, dette primarie sono sei: felicità, paura, rabbia, sorpresa, disgusto e tristezza. Si
chiamano emozioni di base perché indipendentemente dall’etnia, dall’epoca…riusciamo ad attribuire
quell’emozione in base alla reazione, alla mimica.
Un’emozione è una sensazione soggettiva di coinvolgimento, positivo o negativo, che proviamo nei
confronti di un determinato oggetto (interno o esterno). È un’esperienza legata ad un particolare quadro
dell’attività fisiologica, un cambiamento fisiologico e cognitivo rivolto all’azione. È quindi uno stato o vissuto
personale che comporta un quadro di reazioni cognitive. Le emozioni sono una predisposizione innata di
reagire a determinati stimoli interni ed esterni con un cambiamento fisiologico e comportamentale.
Distinguiamo tra:
- Emozioni primarie di base e sono innate e presenti in ogni popolazione.
- Emozioni sociali, complesse o secondarie, sono una combinazione delle primarie e sono diverse
per cultura.
- Umore, è uno stato che permane più a lungo ma di intensità minore.
Ogni emozione ha una specifica funzione, possono essere regolate, ciò avviene quando facciamo delle
scelte.
Ci sono diversi modi per classificare le emozioni, esiste la classica classificazione categoriale che le
suddivide nelle sei categorie delle emozioni di base. Il modello di Russell è multidimensionale e si basa sul
grado di similarità tra diverse emozioni. Le dimensioni considerate sono due: arousal e valenza. Un livello
maggiore di arousal corrisponde ad un livello di allerta maggiore, ad una maggiore prontezza a ricevere e
rispondere ad uno stimolo interno o ambientale. Il modello di Plutchik o fiore delle emozioni, si tratta di un
modello categoriale delle emozioni che parte dalle emozioni primarie. È organizzato in modo che le
emozioni opposte si trovano sui lati opposti del cono. Tonalità diverse indicano gradi diversi di una stesa
emozione. Le emozioni comprese negli spazi fra settori diversi derivano dalla mescolanza di emozioni
primarie diverse.

Meccanismo neurofisiologico delle emozioni


L’emozione è sempre il risultato di una valutazione che può essere consapevole oppure no. Ma ogni volta
che ci emozioniamo avviene sempre un cambiamento fisiologico, ovvero:
- Complesso meccanismo di risposte chimiche e neurali. Queste risposte sono automaticamente
riprodotte in cervello sano quando esso rileva uno stimolo emotivo.
- Modificazione corporee (respiro, battito cardiaco, ecc) e non solo delle strutture cerebrali

Funzioni delle emozioni


- Funzione adattativa, preparare il corpo ad agire e ogni emozione ha la sua funzione.
- Funzione sociale, regolazione delle interazioni sociali; espressioni facciali danno un feedback agli
altri di come stiamo e di conseguenza come comportarsi con noi: empatia.
- Funzione motivazionale, ci aiutano a tenere separati le cose importanti da quelle meno. Ci aiutano a
valutare risultati ottenuti e come comportarci di conseguenza.

Teorie dell’emozione
1. Teoria di James e Lange (modello periferico)
Secondo James e lange un’esperienza emozionale è la conseguenza delle reazioni fisiologiche ad uno
stimolo. C’è una specificità fisiologica per ogni emozione. Le prove con cui James sosteneva la sua teoria
non derivavano da esperimenti, ma da introspezione. Auto-esaminando le proprie emozioni James arrivò a
concludere che, a differenza di quanto ritiene il senso comune, la componente fisiologica precede e causa
quella emotiva. Lo stimolo causa una risposta fisiologica: innesca una serie di modifiche fisiologiche che
sono funzionali a preparare l’organismo ad una risposta appropriata. Solo in un secondo momento la
persona proverà ad esempio paura. La teoria di James-Lange presuppone che le diverse emozioni siano
connotate da pattern fisiologici diversi. Il feedback inviato al cervello dai muscoli facciali ha un ruolo di
grande importanza nella determinazione della natura e dell’intensità dell’emozione.
Critiche:
- La risposta del sistema nervoso autonomo a volte è troppo lenta perché la componente fisiologica
possa causare la componente cognitiva, ad esempio l’imbarazzo arriva dopo 15-30 secondi.
- La stessa risposta fisiologica può essere associata a emozioni diverse. Esempio: reazione
attacco/fuga di fronte ad uno stimolo pericoloso. Sia l'attacco che la fuga sono associati ad un
aumento dell'attività metabolica e ad una attivazione del sistema simpatico. Le emozioni a cui sono
associati sono tuttavia diverse (rabbia/paura).

2. Teoria di Cannon e Bard (modello centrale)


La componente cognitiva e la componente fisiologica sono componenti indipendenti dell’emozione causati
da attività sottocorticale. L’attivazione cerebrale sottocorticale causa sia la componente fisiologica che la
componente affettiva. La stessa risposta fisiologica può essere associata a emozioni diverse (aspecificità
fisiologica). La componente cognitiva e la componente fisiologica sono indipendenti dell’emozione.
Entrambe le componenti sarebbero causate da un’attività cerebrale sottocorticale: L’informazione
sensoriale raggiunge il talamo, la struttura sottocorticale che filtra le informazioni relative alle diverse
modalità sensoriali. Dal talamo l’attività si propaga verso il sistema nervoso autonomo, responsabile della
componente fisiologica, e alla corteccia, responsabile della componente cognitiva delle emozioni.

3. La teoria dei due fattori di Schachter e Singer (bifattoriale)


L’idea di una relazione causale tra componente fisiologica e componente cognitiva è ripresa negli ‘60 da
Stanley Schachter e Jerome Singer. Come James, Schachter e Singer ritengono che la risposta fisiologica
giochi un ruolo causale nella generazione della componente affettiva. Sulla base di evidenze sperimentali
disponibili al tempo in cui il modello viene formulato, Schachter e Singer non ritengono tuttavia che le
emozioni siano contraddistinte da pattern fisiologici specifici.
L’emozione è frutto di un’interpretazione cognitiva (appraisal) sulle cause di un’attivazione fisiologica
indifferenziata (arousal). Quando una reazione fisiologica non è chiara ho sempre bisogno di una
valutazione cognitiva.
Arousal Attivazione fisiologica
Appraisal Valutazione cognitiva della situazione
L’arousal induce la ricerca di una spiegazione. La valutazione cognitiva attribuisce all’arousal una
spiegazione. Secondo Schacter e Singer, abbiamo dunque la stessa reazione di attivazione fisiologica a
tutti gli stimoli emozionali. Noi quando proviamo questa attivazione indistinta siamo portati a cercare la
causa che l’ha scatenata ed effettuiamo quello che viene chiamato appraisal, ovvero una valutazione
cognitiva della situazione che ha scatenato in noi lo stato di attivazione fisiologica.
Arousal e appraisal: l’esperimento dell’adrenalina
Iniezione di adrenalina a 180 studenti (“testare
un nuovo composto di vitamine”).
1. Alcuni partecipanti erano correttamente
informati delle conseguenze fisiologiche
dell’iniezione (aumento del battito cardiaco,
rossore al viso, tremore alle mani), altri non
erano informati correttamente delle
conseguenze dell’iniezione (mal di testa,
prurito, perdita di sensibilità ai piedi).
2. Interazione con un co-sperimentatore che
poteva mostrarsi euforico o arrabbiato
Condizioni:
- informato/euforico;
- informato/arrabbiato;
- disinformato/euforico;
- disinformato/arrabbiato

Tra pattern fisiologico ed emozione non sempre c’è una relazione causale semplice, è dunque possibile
che una stessa attivazione fisiologica sia interpretata diversamente a seconda del contesto in cui è
esperita.

Teorie neuroscientifiche
Recentemente le teorie neuroscientifiche si
sono chieste come viene elaborato a livello
cerebrale lo stimolo che provoca
un’attivazione cognitiva e fisiologica. LeDoux
ipotizza che a livello cerebrale l’elaborazione
di uno stimolo emotivo possa seguire due
vie: una via rapida e una via lenta.
Attraverso la via rapida, l’informazione
emotiva dal talamo raggiunge direttamente
l’amigdala, responsabile di un appraisal
rapido dello stimolo. Questo stimolo è rilevante per me? Fa paura? Se la risposta è sì, l’amigdala avvia
immediatamente i processi neurali che danno luogo ad una risposta corporea. Attraverso la via lenta, dal
talamo l’informazione è inviata alla corteccia, dove riceve una valutazione cognitiva lenta e completa, che
modula l’attivazione dell’amigdala, facilitando o inibendo l’attivazione dell’amigdala e quindi la produzione
di una risposta corporea.
La regolazione delle emozioni
Riconsiderazione cognitiva (re-appraisal):
essa rappresenta la strategia cognitiva più efficace: modificare la propria esperienza emozionale
cambiando il significato dello stimolo che ha scatenato quell’emozione. E’ lo stesso meccanismo su cui si
basa la psicoterapia: la regolazione delle emozioni si basa su un nuovo modo di affrontare e valutare quello
che ci accade. La regolazione delle emozioni
La regolazione delle emozioni è il processo che ci consente di regolare le esperienze emotive ed è
fondamentale per il benessere dell’individuo. Il processo di regolazione delle emozioni esprime il grado di
adattività degli individui. Possiamo usarla anche quando proviamo una determinata emozione in un
determinato contesto e si viene a creare una situazione instabile, cerchiamo di modulare l’esperienza
emotiva in modo tale da renderla coerente al contesto.

Empatia
È una capacità umana di condividere le emozioni altrui, sento l’emozione dell’altro come se la stessi
vivendo io. Empatizziamo sulle emozioni di base, ma anche per emozioni più complesse come la colpa o
l’imbarazzo. L’empatia è un’abilità fondamentale perché è alla base dell’altruismo. Alcune patologie sono
legate alla mancanza di empatia, disturbo della personalità narcisistico, psicopatici, sociopatici… sono
persone che non capiscono che stanno facendo del male agli altri quindi non si regolano, hanno magari
buona teoria della mente ma non sentono l’emozione dell’altro, non sentono quanto male stanno facendo
agli altri. Con l’empatia siamo isomorfi, ci immedesimiamo, è coinvolto il sistema mirror. Il sistema mirror ci
fa, ad esempio, percepire il dolore altrui, vedendo una situazione dolorosa nell’altro si attivano nel mio
cervello le stesse aree di chi sta provando dolore (rischio di burn-out  infermieri, psicoterapeuti…).
L’empatia è innata, ma può essere insegnata, ad esempio in Danimarca esiste un programma scolastico in
cui l’empatia viene insegnata ai bambini.

LA MEMORIA
La memoria è la capacità di immagazzinare informazioni e recuperarle nel tempo. È composta da tre
processi: registrazione, archiviazione e recupero. La memoria è un sistema di elaborazione con cui
codifichiamo, immagazziniamo e recuperiamo informazioni. La memoria non è semplicemente un
dispositivo passivo di registrazione, è un processo cognitivo attivo in continua trasformazione. I processi
mnestici sono tre:
1. Codifica – acquisizione. Registrazione iniziale delle informazioni.
2. Ritenzione – immagazzinamento. Salvataggio delle informazioni per l’uso futuro.
3. Recupero. Reperimento delle informazioni immagazzinate e codificate in precedenza, qualcosa di
non codificato non può essere recuperato dopo.

Potrebbero piacerti anche