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Questo rapporto fra struttura e ambiente può venire alterato sia per cause
inerenti la struttura (cause endogene), sia per cause inerenti l’ambiente (cause
esogene). La modellizzazione delle funzioni mentali come proprietà emergenti
dalla struttura in relazione con l’ambiente, permette di definire i disturbi del
comportamento come disturbi della funzione che, indipendentemente dalla loro
eziologia neurologica o psicoambientale, riconoscono una patogenesi unitaria,
centrata su un alterazione della relazione struttura/ambiente. Si arriva quindi
alla formulazione di un modello neurobiologico integrato, grazie non solo ai
risultati prodotti dalle neuroscienze, ma anche grazie alla formulazione del DSM-
IV nel 1994 in cui scompare la distinzione tra disturbi mentali organici e non
organici.
Il lobo frontale è situato nella zona rostrale di ciascun emisfero cerebrale e può
venire suddiviso in una componente caudale che contiene la corteccia motoria
ed in una rostrale denominata prefrontale.
Le aree prefrontali sono deputate all’elaborazione ed al controllo delle funzioni
cognitive e dei processi emozionali e costituiscono la sede delle più alte funzioni
cerebrali.
La corteccia dorsolaterale prefrontale svolge un ruolo nella organizzazione
temporale del comportamento, permettendo l’elaborazione di sequenze di
azioni volontarie temporalmente e logicamente ordinate, necessarie per la
programmazione motoria. Di conseguenza pazienti con un danno localizzato in
questa zona mostreranno una ridotta flessibilità cognitiva, una tendenza alla
perseverazione e una riduzione della fluidità verbale, con deficit nelle funzioni
cognitive o nell’umore come l’apatia.
La corteccia orbitoventromediale è caratterizzata da proprietà anatomiche e
funzionali del tutto diverse. Svolge una funzione di inibizione e regolazione della
attività motoria, dei processi cognitivi, delle spinte istintuali e sulla interferenza
degli stimoli provenienti dall’ambiente esterno o interno dell’organismo. Essa
provvede ad inibire le informazioni e gli stimoli meno appropriati in favore di
quelli richiesti dall’obiettivo da raggiungere. Pazienti con un danno in
quest’area, non riescono ad inibire determinati comportamenti motori e
mostrano drammatici cambiamenti di personalità , con perdita di insight e
disturbi della condotta sociale. Essa controlla anche l’aggressività e l’umore della
persona.
La corteccia del giro cingolato anteriore è importante per la motivazione e
per l’iniziativa, sia nell’ambito motorio che in quello cognitivo ed emozionale.
Lesioni di questa regione o delle sue connessioni sono spesso associate alla
comparsa di acinesia, di apatia-abulia e di mutismo.
Le strutture neocorticali, invece, permettono un repertorio di comportamenti
improntati a una maggiore flessibilità cognitiva, alla ricerca di strategie
appropriate e all’adattamento a situazioni diverse. A questo livello compare la
coscienza.
John Hughlings-Jackson, nel XIX secolo ha ritenuto che la lesione di una
struttura non fosse funzionalmente confinata alla sola zona del danno cerebrale
ma determinasse nuovi modi di funzionamento nelle rimanenti parti del sistema.
Il comportamento di un soggetto successivamente ad un danno cerebrale non
potrà , quindi, essere la risultante di una semplice sottrazione di una o più
componenti del sistema funzionale dalle altre rimaste integre, ma risulterà
essere una combinazione della perdita delle funzioni alterate per effetto della
lesione e dei cambiamenti nella funzionalità di altre strutture che erano
precedentemente in rapporto con quelle in cui ha sede la lesione.
L’autismo infantile di Kanner è una malattia le cui basi eziopatogenetiche sono
state associate ad una disfunzione del sistema frontale, limbico e del cervelletto
mostrando sintomi quali l’incapacità a stabilire un contatto affettivo con gli altri,
l’incapacità a usare il linguaggio ai fini comunicativi, la ricerca ansiosa e
ossessiva del mantenimento della costanza dell’ambiente personale insieme alla
riduzione dell’attività spontanea, comportamenti ripetitivi e ritualizzati.
Nel ritardo mentale grave, prevalgono disturbi comportamentali secondari in
prevalenza ad una disfunzione del sistema frontale e di altre aree neocorticali e
del sistema limbico, con il conseguente impoverimento dei repertori
comportamentali.
Le basi neurobiologiche del disturbo ossessivo-compulsivo, furono studiate
Schilder che rilevò la presenza di segni neurologici come ipomimia, tremore,
ipertonia, impulsi a camminare o a parlare in circa un terzo dei pazienti con
manifestazioni ossessivo compulsive. Secondo le sue ipotesi alterazioni cerebrali
organiche, indotte da fattori costituzionali o da lesioni insorte nella vita fetale o
dopo il parto, potevano liberare impulsi motori che davano luogo a
comportamenti compulsivi. Altri autori individuarono come centro del problema
e delle disfunzioni il corpo striato. Sulla base di dati biochimici, farmacologici e
morfo-funzionali, sono stati sviluppati alcuni modelli patogenetici che hanno
cercato di spiegare il disturbo inteso come una manifestazione legata alla
disfunzione di un circuito fronto-sottocorticale che collega la corteccia
prefrontale, orbitofrontale e cingolata, con il complesso gangli della
base/limbico-striato e i nuclei mediali talamici.