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Nummer 105

Oktober 1982

_a grecità nell'Italia meridionale

ntroduzione e bibliografia 1953-1981

=lomansk lnstitut
~0benhavns Universitet
~jalsgade 78=80
~300 Kbh. S Gebyr 5,00 kr.
3

INDHOLDSFORTEGNELSE

Prefazione .....• , , .....................•........•......... .s ::l


c;
A~ I:::lt::t"'oè.uzio:rle
4 ~ ~
.... ~ ~ ~ ~ ~ ~
• 6 ~
.......~ s •••••••• • ............ . ./

Grecità magnogreca o grecità bizantina ................ . s '7


l

Latinizzazione o neoromanizzazione? -~~··~*·• ... •<&•~··ç E: lo


B. Argomenti linguistici .................................. , s 12
Arcaicità italogreca ......... ···~····~·· ··G~····~ .. . s 13
Innovazi.one i talogreca ............................. . s l?
Arcaici·tà rornanza .............. ~ •• ~. , .........•••.•.• s. 2o
Prestiti italogrecj_ nel romal1ZO •••m • • • • • • • • • • • • • • e•• s ?l
Pl'es·t::i tj_ romanz1 nell i ·t-r-ilcgreco " ....•
1
~. ~ ~ e ••••• ". •• s ')ç::
L_/

AtbJ. . s·viazionj_ . ~ ....... ~ ......... ~., .... ~. ~ ~ ......... ~ ~ ~. s 26


C. Bibliografia 1953-1981 ................•.•.............. 8 27
Opere t-i bliogr·a.ficlle .. ~ .... ~ .... ~ ~ t ••••• ~ • ~ ............. . ,s 39
4
5

Prefazione

Un problema ài notevole complessità come quella della durata


e dell'estensione della grecità dell'Italia meridionale non può na-
turalmente essere risolto in queste poche pagine, e tanto meno in
quanto non mi posso vantare ài essermi basato su ricerche personali
condotte in situ. Quelle che mi sono proposto è un breve saggio eU.
carattere, direi, amministrativo; hc voluto cioè ccmpilare un manua-
letto che riassumesse i problemi scaturiti dal dibattito, sin. che
riguardassero le due tesi J_n se sj_a che riguardasse:r·o ~~-li a!'gomenti
e i fatti linguistici.
La prima parte dello scritto (A) vuole mettere in evidenza gli
argomenti su cui si fondano le due tesi, quella dell'origine antica
e quella dell'origine bizantina dell'italo-greco. La second2 parte
(B) è un repertorio Cei princ.::_palj_ dati lir.ì.guistic.1, con inòj_cazie;ni.
bibliografiche che possono facilitare al lettore l'accesse alla let-
teratura rilevante per l'argomento che gli interesse.~ La terza e uJ.-
tima parte (C) è lJ...:.na b:i-01icgrafj_s. che cerca di registrare i contTi-
buti al dibatti t o avuti si dal 1953 fino ad. oggi, vuole cioè costi-
tuire un aggiornamento c1ella bibliografia di O;> Pa:r·langèJ.i (P RP
179-187). Essa è preceduta da ur; elenco dei lavori citai:.i ed abbre-
viati nelle parti precedenti.

A. Introduz·i one

La conquista greca dell'Italia meridionale cominciè già nel


sec. VIII a.C. con la colonizzazione dei luoghi, pochi e sparsi
all'inizio, che per loro natura permettevano l'ingresso delle navi
greche e dai quali .si. poteva entrare in commerci.o con le popoli:-
zioni dell'interno. Dalle ceste i. l traffj_co greco penetrava ~~el

paese e nelle zone montagnose circostanl:::,.i e con e·sso si propagsva


certamente anche l'influsso culturale e linguistico greco. La domi-
nanza della civiltà greca e la vitalità dE:1la lir~gua greca è pro-
vata dalle testimonianze storiche almeno fino al secondo secolo d.C.
Da questo periodo comincia la caduta del predominio culturale greco:
esistono tracce archeologiche e storiche di una resistenza opposta
alla società romanza per due secoli ancora.
Nel secolo scorso si scoprì 1' esistenza di alcwle isole l iL-·
6

guistiche greche nelle parti estreme della Calabria e della Puglia.


In esse la lingua greca è viva tuttora anche se parlata soprattutto
dagli anziani. Nella Calabria quelle isole alloglotte si trovano
nella parte meridionale della provincia di Reggio, in una zona mon-
tagnosa e fino ad epoche recenti poco accessibile, l'Aspromonte.
In questa zona un dialetto greco è oggi in vigore soltanto presso
gli abitanti anziani dei paesi di Choriò to Roghudi e Gallicianò
(Condòfuri), cfr. Martino 1979 3o8. In Puglia, poi, nell'estremo
sud della penisola salentina, in una zona che, al contrario di quel-
la calabrese, è pianeggiante e facilmente raggiungibile, troviamo
un'altra popolazione grecofona. Il grico - nome con cui la popola-
zione locale designa il loro idioma - è parlato comunemente nei pae-
si di Calimera, Coriglianò e Sternatia da circa 15.ooo persone (Ka-
ranastasis l974b 23), mentre il numero dei grecofoni calabresi non
oltrepassa le 4ooo persone (Martino, l.c.). La maggioranza degli
abitanti di queste due isole linguistiche, entrambe d'altronde as-
sai più estese in tempi passati (cfr. R NSL cart. 2 e 3 per l'esten-
sione nel '6oo), sanno ancora parlare il romaico (o italo-greco),
ma lo parlano quasi esclusivamente all'interno della famiglia o fra
compaesani, usando invece il dialetto romanzo in ogni altra circo-
stanza. Certi sintomi oggi indicherebbero che il processo di estin-
zione del romaico stia, se non arrestandosi, almeno rallentando
(Martino 1979, 32o-23 per l 1 er1umerazione dei fattori decisivi per
la decaduta del bovese, e 326ss per il recupero della coscienza lin-
guistica).
Il primo linguista ad interessarsi seriamente a queste zone fu
Giovanni Morosi (l87o, v. P RR Bibl. no. 18,19,24). La sua tesi,
secondo cui quei gruppi allofoni costituivano gli ultimi residui di
insediamenti greci stabilitisi colà nell'età bizantina, veniva negli
anni venti di questo secolo respinta dallo studioso tedesco Gerhard
Rohlfs. Questi, che ripetutamente ha ripreso l'argomento, in parte
modificando la sua impostazione (v. oltre p S,lo), sostiene che al
sud di LL"la linea che in Calabria va da Nio astro (ad ovest) fino a
Catanzaro (ad est), e nel Salento all'incirca da Lecce ad Otranto,
la lingua greca si è mantenuta fin dai tempi antichi. La grecità
oggi limitata alle zone n;enzionate sarebbe l'ultimo avanzo della
colonizzazione greca del !llezzogiorno, databile, dunque, "ex tempo-
ribus antiquis" (come il Rohlfs usa esprimersi). In Puglia la lin-
gua greca, secondo Rohlfs, è probabilmente sempre esistita accanto
alla lingua romanza, non essendo il romaico mai stata lingua domi-
nante come lo fu invece in Calabria. Rohlfs ha poi sviluppate una
7
teoria simile alla teoria 'bilingue' salentina anche per la Sici-
lia: ritiene probabile che u11 dialetto greco coesistesse lì insieme
ad altri idiomi, e specialmente dove le testimonianze storiche
greche sono piu intense, nell'angolo messinese dell'isola, fino
all'XI sec.
La tesi rohlfsiana fu contestata g·ià negli anni venti e trenta
soprattutto da parte di dialettologi italiani come Clemente l'lerlo e
Giovam1i Battisti. Negli anni del dopoguerra, poi, Giovanni Alessio
e Oronzo Parle.ngè1i pervenivano a mettere jn dubbio parti essenzie.li
della teoria della continuità "ex temporibus antiquis 11 •
Per l'andamento deJ. dibattito e lo sviluppo storico della di-
scussione rimando il lettore a R NSL 1-7 e P Ancora 118-119.
Esporrò qui, in sintesi, gli argomenti dei 1 bizantinisb.' , e
soprattutto del più insigne di loro, O. Parlangèli:
a. I greci (della Magna Grecia) noE vollero o non seppero imporTe
11

la loro lingua a tutte le popolazioni dell'Italia meridionale


che sottomisero politicamente o anche sol tanto cul ture.lmente.
b. Sino alla conquista romana le popolazioni meridionali conti-
nuarono a usare le loro lingue.
c. Dopo la conquista romana tutta l'I tal i. a merid:i anale fu più o
meno presto latinizzata.
d. Il dialettc, romanzo oarlatc nel Salento ha chiari segni di in-
interrotta antichità~
e. Solo con la dominazione bizan·tina si stabilirono nel Salento
(e nella Calabria) e forse anche altrove colonie greche.
f. Neppure la dominazione b.i.zanti.na grecizzò completamente il Sa-
lento e la Calabria.
g. Essa invece contribui decisamente a preservare i dialetti sa-
lentini e calabresi da molte innovazioni".
(P Ri=\. 169)
S.i. noterà che il è.isaccordc verte principalmente! l) sulls. pre-
Slmta antichità del1' idioma greco é.ella Calabria (che tratterò alle
pp.S-lo), 2) sull'estensione della grecizzazione dell'Ita1ia meri-
dionale, e 3) sulla origine e la permanenza dei dialetti romanzi
finitimi (cui pp.ll-12).

Grec.i tà magq_ç_..,greca o gr e c i t.à bi zantj_na

Il problema della arrt,i_chità del romaico i.nveste in re2.1tà due


prcblemi complementar1 ~ cioè l i età del romanzo (e con es.s2. la co-
siddetta teoria della neoromanizzazione) - della quale tratterò nel
capi tolette .seguente - nonché la determinazione dei tratti di ar-
caicità del·romaico. Prima di tutto bisogna stabilire che cosa si
intende per arcaismo. Un presunto tale deve in primo luogo essere
8

attestato nel greco antico fino all'epoca in cui terminò la colo-


nizzazione antica della Magna Grecia. In secondo luogo deve restare
inattestato nel greco balcanico, dalla fine della colonizzazione
antica fir:o al compimen·to della presunta emigrazione bizantina in
Italia. Il valore probatorio di un presunto arcaismo cadrebbe dun-
que significativamente se esso risulta esistente anche nel greco
balcanico o nei dialetti greci centrali prima che sia compiuta l'emi-
grazione in Italia ipotizzata dai 'bizantinisti'. Tuttavia, grazie
al carattere conservatore dei dialetti periferici, il valore arcaico
di un fenomeno romaico non diminuisce se trova riscontro, diciamo,
nel dialetto di Cipro o nel dialetto zaconico.
Nella linguistica greca nazionale le varie zone dialettali del
greco odierno sono state spiegate in rapporto alle differenze dia-
lettali del greco determinatesi dopo la koinè e nonostante la poten-
za livellatrice di essa. In questo campo il dialettologo A.G. Tso-
panakis (1955), in polemica coi 'bizantinisti', ha rilevato l'esi-
stenza d:L una zona dialettale dorica che da Cipro, attraverso i dia-
letti arcaici dellr3 isole dodecanesiche, di Creta e dello zaconico,
anch'esso fortemente conservativo, si estenderebbe fino ai residui
linguistici greci nell'Italia meridionale.
Anche il Rohlfs, sin dall'inizio del suo lavoro sull'itala-
greco, insistette sull'esistenza di tracce doriche romaiche, fra le
quali include la 'a' dorica (che in altre zone dà n, invece della
~mantenuta nell'italogreco), riscontrabile in poche parole ro-
maiche (R GSDI lla). Ha poi aggiunto degli elenchi tanto di arcai-
smi lessicali romaici (R NSL 93-lo8) quanto di prestiti romaici nel
romanzo (R NSL 26s), ambedue nella prospettiva di una 'kcinè dori-
co-sicula' poi scomparsa (cfr. anche R SL 16o).
La correttezza degli arcaismi lessicali del Rohlfs è stata vi-
gorosamente contestata, tanto che lo studioso tedesco ha dovuto mo-
dificare più volte il suo catalogo, soprattutto dopo gli interventi
parlangeliani (P RR llo-12). Nei NSL (93ss) il numero di parole non
esistenti nel neogreco ma attestate tanto nel greco antico quanto
nei dialetti romaici è cosi sceso dalle 5o della prima edizione a
una dozzina. Giovanni Alessio, con gli innumerevoli interventi che
costituiscono quasi una vera campagna contro la teoria rohlfsiana,
si è valso della possibilità di spiegare una forma romanza ritenu-
ta dai 'continuisti' un pr8stito romaico, come prestito entrato nel
latino dal modello greco, e poi rientrato nel greco degli immigrati
bizantini. Uno studio dei calchi linguistici paragonabili nelle due
9
lingue mostra per l'Alessio (P RR Bibl. no. 2o7) la posizione domi-
nante del romanzo, perché appu11to lingua prestatrice, mentre il
Rohlfs (Studi 297-3o5), invece, vuole che sia stato il romanzo ad
accogliere dal romaico gli stessi calchi.
Con queste notizie siamo già entrati. nei problemi spinosi ri-
guardanti 1 1 uso che si fa dei dati linguisti. ci accessibili ( fonU.
scritti, toponimi, patronimici ecc.). Riporterò pochi esempi per
mostrare che una discussi.one come la nostra, per certi versi addi-
rittura feroce~ fa sì che il materiale esistente venga sfruttate
anche que.ndo Jn. realtà non cos-tituisce nessuna premessa valida al1a
conclusione che ci si propone.
La già menzionata teoria alessiana dei presunti arcaismi che
sarebbero penetrati nel latino fin dal tempo delle colonie greche
per poi riapparj_re nella posteriore lingua romanza regionale e in-
fi'i-le ri.introdursi nella parlata greca dei colonizzatori bizanti.ni
(spiegando cc sì lo loro esistenza nel l 1 od:ierno romaico), benché va-
lida come ipotesi, non può in nessun modo essere provata o negata.
In ultime. analisi una siE1ile ipotesi richiede la certezza che nes-
sun arcaismo (o presunto tale ciai 'continuisti') sia penetrato nel
latino regionale: una prova, insomma, che dal materie.le lingui.stico
esistente si può difficilmente ricavare. Se accettassimo questa teo-
ria alessiana, non ci resterebbero altri arcaismi se non quelli che,
per ragioni fonetiche, mostrano di essere stati estranei al con-
tatto col latino. Anche l'esigenza parlangeliana (P Pu\ 116, 122) di
una corrispondenza (genetica) fra il dialet·to delJ_' antica colonia
tarentina (della quale non si sa quasi niente) e l'odierno romaico,
eone unica prova di una continuità 'ex temporibus antiquis', pare
esigenza troppo asso l uta e in ogni caso non mai accer·tabile sulla
scorta delle fonti a d.isposizione. In.fine Falcone (F DRB passirn)
sembra disposto a riconoscere la legittimità di un presunto arcai-
smo, solo se questo non trova riscontro in ne.ssun altro dialet·to
greco, balcanico o insulare (ma, strano a dirsi, anche agli occhi
di Rohlfs il valore probatorio di un presunto arcaismo pare essere
inversamente proporzionale all'estensione geografica di esso nelle
Grecia (per i dialetti conservatori periferici, cfr. P RR 123 per
commenti)).
Come parte integrante del primo abbozzo della sua teoria della
continuità del romaico, il Rohlfs sottolineò il nesso organico fra
le due isole linguistiche della Calabria e del Salento, in base
all'ipotesi secondo cui la lingua greca anticamente avrebbe coperto
una vasta zona dell'Italia meridionale, ormai ridotta ai residui
lo

oggi conosciuti. Questa parte della teoria, che fra l'altro si ri-
connette a quella, pure di Rohlfs, della neoromanizzazione di una
grande parte del Mezzogiorno e della Sicilia, è stata modificata
negli anni succesivi alla prima edizione dei SL. Oggi Rohlfs è
~ell'opi~ione (R SL 5ss) che il greco del Salento sia vissut~ ac-
cunto al la-c~1!1o e che tale convivenza abbia affrettato l'erosione
del grico. A lui pare, insomma, che j_l bovese sia il più arcaico
fra i due dialetti greci d'Italia. Così, la penetrazione nel romanzo
calabrese di un numero considerevole di presti ti dal remai co (con--
siderevole se comparato ai prestiti penetrati nel romanzo salen-
tino) costituirebbe una testimonianza significativa dell'antica
forza e vi tali tà del bo ve; se (R NSL 6). Questo cambiamento di opi-
nione dello studioso tedesco è senza dubbio dovuto alle penetranti
analise fatte dal Parlangèli della sua lingua materna salentina. Ma.
P. stesso, citando a conf8rma il grecista francese Hubert Pernot,
non ha dubbi che il 'bovese in alcuni ca.si mo.stra uno sviluppo leg--
germente più avanzato del grico' (P RR 127).
'E spesso .stato osservato come le condizioni geografiche di
una lingua influiscano sullo sviluppo di e.ssa. L'inaccessibilità
del terreno della Bovesia (R SL 76, Rossl-Taibbi 1959 XVII-XX) co-
stituisce senza dubbio una barriera linguistica. anche verso i paesi
rornanz ;_ circostanti. Il Salento, invece, dà prova d i uno sviluppo
linguistico forse più avanzato, anche perché è facilmente accessi-
bile, con la sua conformazione pianeggiante che non ha offerto im-
pedimenti r::aturali ai contatti fra le casate grecofone ed i loro
vicini i talofoni. Pertanto, anche prescindendo dalL1 rispetti va
arcaicità delle due isole linguistiche basta la geografia lingui-
stica - per così dire - a spiegare la presenza in Calabria di un nu-
mero maggiore di probabili arcaismi lessical:L. Sempre in rapporto
al Salento, come osserva P RR 111, da 55 parole arcaiche del R (SL
l. ed.) soltanto 15 sono anche del romaico salentino, cfr. anche
Caratzas 1958 129-144.

Latinizzazione o neoromanizzazione

Complementare al prcbJema dell'origine del romaico è il pro-


"l.ema di determinare l'ets in cui sorgono i dialetti romanzi del
.•e?.zogiorno, sia in rapporto fra di loro, sia rispetto all'Italia
centrale e settentrionale.
L'ipotesi da cui partono tanto i 'continuisti' quanto i 'bizan-
tinisti' (l'argomento pero e stato rilevato dai primi) è che una
detere-,inazione precisa della durata deJ.l' insediamento romanzo nella
regione in questione potrebbe procurerei notjzie nrezj_ose anche
.sulla persistenza nella stessa regj_one del rornaico. Siccome uua "c:r2-~
dizione romanze ininterrotta smentirebbe la ·teoria dell'antichità
del romaico bisov1a, se si è 'contin,~isti 1 , pcter di~ostr·ar·e che le
j_nnovazionì sono riflessi è i una latin1 t3 più. recsntE:"
Questa· è infatti l'ipotesi del Rohlfs, il quale co11 la dottri-
na. de1la I'leoromanizzazione delle zone rrE:csàemente grecofor:e ~ cc;~
stiene che il calabrese meridionale, il sicili.ano s il sele~~iGo
odierni rappresentiT~o 1.JJ10 stadio avanzato ( sericre) rispettc s.J.. c J éi·-·
letti meridionali in generale. Cosi, per la Sicilia, lo studioso te-
de:-;co dist1ngue due :comani tà: la prima, cominciata con la cnnqu:i .o:: t~~.
romana dell'isola, non sarebbe maj_ penetra. tu j nter'emente ncl1a =~:L:--:~-
gua del popolo, perché nella stessa e~oca i l grecc - e
l'arabo e di nuovo il greco -, come
commercianti, degli eccles-:s.stic2_, sì era re_dtcato p:!.-ofonder:.:er:te
nel pcpalo6 Il grecc i~pediva cioè al latino di penetrare nella ~c~-
ci età fino a sosti tuirlo c eme lingua dominante La si tue.zìo:(JC csn~­
6

bjÒ però profondamAnte quando nella seconda metà del sec~ XIII av~
venne una imrn.l.grazio:'lE'ò in Sì c ili a di gentj_ liguri (gallo i ·caJ.:Lar:i) c
piemontesi e france.si (galloromanz.i). L! incorporamento di c_ruE:st.:i
gruppi di stranierj_ avrebbe creato, secondo il Rohlfs, una nuovE; re-
mani tà o~ se si vuole, una Eeolatini zzazione, in ccmp:l esse. se:c1c:;::~E
(nel senso dì Bartoli) rispetto al romanzo meridionale i.n gcor,er-e;
:LI siciliano dice dumani invece di crai, usa habere per tenere,
invece dj_ cauu, ecc. (per un quadro sinottico della problemstics
cfr. Palermo 1968).
Anche la funzione del romaico come barriera opposta ad eme reé .
latinizzazione della Sicilj_a, proveniente dal nord, viene sottol:i-
neata dal Rohlfs: l'immigrazione infatt:L gj_unse in Sj cilis dal
In una serie di. articoli (cfr~ R SL 63r.s~ H Studi 246-272) i~L
ha aggiunto ancora dGlle prove in merito, fra cui la dj_v:csi_o,-,e
Calabria in una zona settentrionale arcaica ed una merj_di. ona~èe p::·
giovane ( seriore) . Si tratta della già me:1zionata linea li:cgui stù:2.
Nicastro-Catanzaro che non solo dimostrerebbe l' sstensione ma.ss5.r:'a
della liEgua greca nel passato, ma j_ndicherebbe anche fin.o a do'J"
sia parlata una ling.la dj_ vera discendenza latina (R Studi 236) . A~
sud di questa linea il romanzo sarebbe appunto di discen.denz<è te.,·,'c
latina e probabilmente si sarebbe esteso fino a quel limi te ':i: : _..
lendo dalla Sicilia attraverso lo Stretto.
12

La tesi rohlfsiana della neoromanizzazione ha dovuto dimostrare


la sua solidità proprio per le sue implicazioni salentine, (la teo-
ria nel suo insieme presuppone infatti che una doppia romanità sia
riscontrabile anche nel Salento) ed è stata energicamente contesta-
ta da parte della maggioranza dei dialettologi .i talìs.ni. Parlangè.d
( StorLing) ha il meri t o di aver contribui t o alla ques c. ione non 2olo
con argomenti linguistici, ma anche storici, szJttolineando la co-
incidenza delle isoglosse con le demarcazioni geografico-eccJesia-
stiche antiche, con riguardo anche ai limiti della presenza longa-
barda nel Salento. Similmente IV!ario d 'Elia ha pubblicato un tratta--
to 'sul problema dell'estensione dell'area greca nel Salento' (d'E-
lia 196o) , ricerca minuzi.osa della dittongazione condizionata e dei
gruppi con nasali nel Salento.
Per la corretta valutazione dei fenomeni in questione bisogna
anche tenere conto dei problemi suscitati dalla coes.istenza delle
due lingue, romanzo e remai co. Indagando i fenomeni cì.' .interferenza
constatiamo che certuni di essi sono spiegabili come effetti del
contatto e perciò non forniscono prove sicure nè alla tesi dell'ar-
caicità nè a quella dell'innovazione. Se invece è possibile provare
che un tratto romanzo poi scomparso o sviluppatosi ulteriormente
sia stato accolto nella sua forma originaria dal romaico abbiamo una
prova più sicura sulla esistenza effettiva del romaico all'epoca in
questione. Infine i fenomerli di contatto di un dialetto ÙerifE:rico
(com'è il romaico rispetto al greco) possor;.o contribui.re a un& co-
noscenza più. precisa di uno sviluppo o cambiamento for.etico che
nella lingua madre resta senza spiegazione (v. qui p. 14).

B. Argomenti linguistici

Per facilitare al lettore l 1 accesso alla letterat;1ra sugli ar-


gomenti linguistici pro o contro la teoria bizantinista -- lettera-
tura d i.ffioilmente rintraccia bile per che sparsa in numercse ri v:i.ste -
dÒ qui, :.nsieme alle indicazioni bibliografiche, un sommario delle
opinioni sui principali argomenti.
Le abbreviazioni sono quel.le già note al lettore, rifer-en-cesi.
cioè o a p. 26 di questo seri tto o alla bibliogre.fia.
Per mc'U vi pratici e storici verrà di solito riferita l 1 opi-
nione dei 1 continuisti' seguita cì.ai controargomenti de;. bizanti-
l'listi. La ··i visione del materiale riflette i due nocti centrali:
13

1.1 Arcaicità italogreca


1.2 Innovazione italogreca
2.1 Arcaicità romanza
3.1 Prestiti italogreci nel romanzo
3.2 Prestiti romanzi nell'italogreco

A 'dorico'
Secondo R SL 158ss l'antico dialetto dorico che sta alla base
del romaico odierno ha lasciato delle testimonianze ancor oggi rin-
tracciabili; 1n' simile residuo è la conservazione dell'~' 'dorico'
il quale nel greco balcanico ha dato n , p. es (R NSL 4, 93ss, R GSDI
lla) nel bov. pasta (di rraKTa = rrnKTn ) , lan6 (di Àav6ç = Ànv6ç ) e
nasioa (di *vaol.6a=v110l.6o: ) • Kaps BZ 32ls cerca di aumentare il nu-
mero di dorismi; i suoi esempi daR GSDI lla giudicati 'discutibi-
li'. I dorismi di R sono stati negati soprattutto per via etimolo-
gica di Alessio. Il P (FLR 112) ritiene che i dorismi sopravvissuti,
specie quelli in -~-. siano troppo sporadici per fornire informa-
zione sicura sull'età e sulla provenienza del romaico. Cfr. Tsopa-
nakis 1955 55-57, Kahane 1981 lll.

Consonante geminate
Questo fatto molto discusso è specialmente stato trattato da
Caratzas 79-143. Si è d'accordo, pare, che le consonanti antiche ge-
minate già nel greco ellenistico hanno cominciato un lento sviluppo
verso lo scempiamento; le geminate però sono state mantenute in una
zona periferica coprendo l'italogreco, i dialetti del Cipro, Rodo,
Scarpanto, Cos, Icaria e Chies (dialetti dell'est). Ora, secondo Car-
atzas uno dei primi passi dello scempiamento fu pp<p , che oggi vale
per tutta la Grecia salvo l'i tal o greco. Un'iscrizione (o o o o; ) della
colonia tarentina Eraclea dal IV sec. a. C. è stata accostata al
gri o odierno ossopu 'quando' (daR NSL 62 sulla scorta di Caratzas
94ss ma rifiutata da P RR lo9). P osserva (P RR 126) che il romaico
con il greco balcanico innova nei suffissi verbali -ano, -~, -ino
(invece di -.§.Q!22, ecc.): R GSDI 52 e Kaps BZ 327 vuole che lo scem-
piamento in questo caso sia dovuto all'accento. Per commenti alla
conclusione di Caratzas, v. P 1959a 75ss con esempi da iscrizioni si-
ciliane. Cfr. R SL 167, R GSDI 75, Aerts 1965 l2o n.l, Falc DRB 226,
R 1976a 355, Caracausi l98o.
14
Assimilazione di ve 1:1:

Questo nesso si sviluppa nel Salento a tt, nel calabrese in-


vece oscilla fra tt e 88 (da R NSL 72s giustificata come correzione
intervenuta in tempi bizantini). Altri dialetti greci tinti dal do-
rico (sec. il concetto di Kaps BZ) mantiene un'esito simile (cioè
uno sviluppo verso l'assimilazione), per cui il fenomeno romaico
da R è visto come indizio di discendenza dorica. Pernot (P RR Bibl
no. 149) penserebbe piuttosto ad una influenza dei dialetti fini-
timi romanzi ma Caratzas ll7ss (e l36ss) addita delle contraddizioni
interne nel lavoro del grecista francese, concludendo che si tratti
piuttosto di un cambiamento condizionato dallo sviluppo interno
della lingua greca (in questo modo si spiega anche l'esistenza
dell'assimilazione in altri dialetti greci).

La zeta come affricata sonora (C::)


Il dialetto romaico, perché anch'essa presunta arcaica, ci da-
rebbe un'idea di come i greci antichi effettivamente pronunciavano
questo suo;1o. R NSL 63ss, R GSDI 39 sostiene che la pronuncia man-
tenuta nel romaico, cioè la affricata sonora, sia stata la pronw."l-
cia antica. Nella Grecia centrale è oggi una fricativa sonora, ma
secondo R., la pronuncia mantenuta nel Mezzogiorno e in qualche dia-
letto greco periferico lascia supporre quale fosse la pronunsia an-
tica. Per Falc DRB 169 esiste in greco moderno come in bovese una
sola pronuncia: sibilante sonora. Falc non fa menzione dei paesi di
Bova Superi. ore e Gallicianò, dove il R ha incontrato, in terra cala-
brese, la pronuncia dell'affricata. Cfr. Caracausi 1975.

Desinenze dell'aoristo passivo


Di queste desinenze R GSDI 151 osserva che sono rimaste fedeli
alle desinenze antiche (bov: egrastina = agr: ~ypaqJ8nv , sal: egraf-
timo formato dall'imperfetto nella l., 4. e 5. persona), dove il
neo greco invece ha innovato con il :3uffi sso -Kcx-. P RR ll9s rj tiene,
con Pernot e Hatzidakis, che il tipo iL -Kcx- non sia esteso a tutta
la Grecia e che sia un 1 innovazione recente di diffusi_ one minima. S:'
vedano gli esempi di concordanza fra il bovese e dialetti greci in
Falc DRB 292s. Cfr. Yahane 1981 125.

Formazione del piuccheper:fetto


Il piuccheper:fetto neogreco è reso come tempo composto dell'imper-
fetto diEX0l 'avere' o i:q1cxL 'essere' più l'infinito. Il :!:'omaL;c
usa, non l'infinito, ma il participio dell'aoristo attivo, il quale
15

nella Calabria si congiunge all'imperfetto imnlo (ngr n~ouv 1 ero 1 ) ,


nel Salento a iha (= ngr ~cxa'avevo'). La forma salentina si av-
vicinerebbe di più alla soluzione antica (Ecxov più il participio
dell'aoristo), che altrove scomparve prima dell'epoca bizantina, se-
condo R NSL 81-83, R GSDI 324. P RR 115 si limita a menzionare la
.sopravvivenza del participio dell'aoristo attivo che non gli è parsa
eccezionale, lasciando senza coffilllento la costruzione. Falc DRB 289s
spiega la variante bovese come interferenza recente dall'adstrato
romanze (del romanzo dell'area reggina), il' cui è comune la forma
con 'essere' (Falc nota che J"el romanze reggino non si tengono
distinti l'attivo e il passivo). Secondo lo stesso autore gli esempi
del R NSL 82 (che dovrebbero dimostrare l'arcaicità del fenomeno)
sono passi vi, con il CÌL? 1' argc.mento del R cadrebbe del tutto. Cfr.
P Ancora 126-7, R 1959 b 92, Aerts 1965 115ss, Aerts 1976 296-7.

Esistenza dell'infinito
L'infinito verbale è stato sostituito in tutta l 1 area del neo-
gr·eco d2 una proposizione subordine.ta ècpo il verbo reggente, del
tipo (voglio dormire ~) 'voglio che dormo'~ Eccezione unica è il
IVIezzogiorno dove l' i.nfini to a:r:cora è obblìgator.to dopo bov: sònno,
otr: sòzo (rio pcsso'), e fa col tati vo Ciopo c8.nno ( 1 io faccio')~ l-çuc
(
1
io sento 1 ) bov: fsolJ:!_, otr: ~ ('io so'), afinno ( 1 .io lascio')
e è ho ('io ho da.,.'). Nei casi fa col tati v:i il roma ice usa anche la
perifrasi del neo greco con na (=::\?a. 'che') .. Lo .stato della lingua
greca che il romaico riflette con questo .suo tratto risale secondo
R NSL 76-78 ai primi .secoli d. C., v. R GSDI 148, )18. H GSDI 318
aggj_unge che la possibilità di usare 1 1 infin.i to ec.ìste anche dopo
bov: eelo, otr: telo (rio voglio') ed Jrta ('io sono venUto') ed
inoltre nelle proposizioni interrogative dirette e indirette. L'in-
finito in uso facoltativo sono quello dell'aoristo, caratteristico
anche del pontico. Secondo P RR 114 la costruzione con l'infinito
dell t aoristo sia ormai tanto rara da non dimostr·are niente [ sic!].
P. cita Herselj_ng, secondo cui l 1 infinite scOI:lparve solo dopo il
XVI sec., mentre R GSDI 318 fa risalire una prima sostituzione
dell'infinj_i;o ai primi due secoli d. C. F'alc DRB 29oss riferisce le
ricerche dello Hatzidakis dooumantando un numero cospicuo di esem-
pi di uso moderno dell':i.nfinito (dal XII sec. ad oggi), in primo luo-
go però come perifrasi del futuro, ma anche come parte del perfetto
e del piuccheperfetto. Falc DRB 29oss osserva che l'uso dell'infini-
to in bovese è ristretto ai verbi reggenti di sònno, 8elo ed èho
16

(solo gli ultimi due sono facoltativi in questo rispetto). Il pro-


blema della datazione della sostituzione dell'infinito mediante la
subordinazione non è stato discusso da R dopo GSDI (che riproduce
Hist Gram). Kaps BZ 333 pensa che la impossibilità di declinare gli
infiniti sostantivati nel romaico (contrariamente al neogreco, dove
gli infiniti sostantivati sono perfettamente declinabili) sia da
collegare alla vitalità dell'infinito romaico (v.a. qui p 24). Cfr.
R l959b 94-95.

L'occlusiva sorda mantenuta dopo nasale (Salento)


La occlusiva sorda dopo il nasale si è convertita nella Cala-
bria, come nel greco balcanico, in quella sonora: v1: >nd, ~rr >mb, YK >
ng. Il Salento si oppone alla Calabria, conservando la consonante
sorda: pente 'cinque', anche in nessi fonosintattici, con assimila-
zione regressiva: to spitittu 'la casa di lui', ma bov: to spitindu.
R NSL 65ss fa risalire l'inizio della sonorizzazione avvenuta nel
greco comune (v.a. R 1976 a 356s) al IV sec. d. C., escludendo in
questo modo ogni possibilità che il tratto sia arrivato in tempi bi-
zantini. R GSDI 54 nota che un'assimilazione simile a quella cala-
brese nel dialetto di Scarpanto è limitata a posizione fonosintat-
tica. P RR 127 spiega la sonorizzazione bovese attraverso un sup-
posto influsso dall'adstrato romanzo (analogico al latino ventus,
campus, rumpere, juvencus ecc.), mentre R NSL 68 n 151 si limita a
dire che la pronuncia sorda si è potuta mantenere 'con maggiore fa-
cilità' a causa della esistenza di essa nel romanzo. Cfr. R SL 167,
R l976a, e qui p. 2o.

Labilità delle occlusive (Salento)


All' in.izio di parola, in posizione intervocalica e davanti a
L il romaico salentino accetta sia una consonante sorda sia una so-
nora: deka accanto a teka 'dieci', gjunno accanto a kjunno 'ignudo'
ecc. Cfr. R NSL 74-75, GSDI 74 (Hist. Gram 74), P 1955 128, P 1958b
763.

Desinenze dell'aoristo attivo (Calabria)


Queste desinenze sono, sec R GSDI 144, simili alle antiche
desinenze le quali sarebbero 'bene conservate in Calabria'. Il P RR
118 domanda giustamente una precisazione (le desinenze del bovese
17

sono infatti quasi uguali a quelle del neogreco). La dichiarazione


del R comparve e si è mantenuta fin dalla I-:list Gram. Il vero pro-
blema intorno all'aoristo attivo sta più propriamente nelle desi-
nenze in -Q- della 4. e 5. persona del grico. Da P RR 119 sono spie-
gate come formazioni analogiche sull'imperfetto dell'imme ('essere')
ma non sono ancora spiegate dal R. Contrariamen-te al P., il quale,
loc. cit., osservò parallelismi moderni nel cipriotico, Kaps BZ 335
trova aggiustamenti simili nella koinè (un papiro egiziano). Lo
stesso autore vede, loc. cit., nella formazione dell'aoristo asi&-Qa-
tico in -ka-, invece di -sa-, "alte Perfekte mit Augment statt Re-
duplikation bzw. ohne Reduplikation".

Aggettivi di due generi (Calabria)


Nel greco antico esisteva U!:i.a cla.sse di aggettivi ad accentua-
zione sdrucciola con forma comur:e per il maschile ed il feminile ed
una seconda forma per il neutro, (tipo i'xt-n8J'1ç àt-n82ç). In età elle-
nistica è passata nella classe di tre desir:enze (che distingueva
cioè il genere maschile e femminile, tipo:Kal\6ç KaÀ~ KaÀ6v ). Sol-
tanto in Calabria, nello zaconico e nel pontico (dialetti fortemente
arcaici) questa classe esiste ancora. Cfr. R NSL 9lss, GSDI 111,
Falc DRB 265.

1~~=è:mJ~~~~~~lJ~=~~g1~§r;~~g (qui sono enumerati pochi tratti, per lo


più di natura morfosintattica, che per via di uno stadj_o più pro-
gredì te differisce _,o dallo standar<i del neo greco (anche gli arcai-
smi deviano dalla norma, ma perché relitti di uno staciio anteriore
(meno sviluppato) rispetto alla norma del neogreco)).

Desinenza degli aggettivi antichi in --uç_


Questi aggettivi compaiono in Salento con un -.§. finale tonica
( varéo 'pesante') in analogia al maschi.le ed il plurale del femi-
nile, in Calabria hanno invece un -l finale tonica (varìo). Il para-
digma salentino si ritrova nel medio greco ed è presupposto da al-
cuni dialetti neogreoi, mentre invece quello calabrese pare essere
ur1a innovazione locale, sviluppata in base alla forma con -.§. tcnica
(ìo<éo). Da cìò P RR l27s trae due conseguenze: il bovese mostre-
rebbe u.no sviluppo leggermente più avanzato del grico ed il bovese -
ed è importante per la datazione avrebbe partecipato agli svi-
luppi oaratteriotioi della koinè e poi del medio greco. Il romaico
18

il cont~t-toal futuro neogreco, se cosl


'XI sPc. R GSDI llo non commenta le
261, Kahane 1981 122-23.

Sia i l romaico che i l neogreco ha nel plurale lo stesso ar~i­


tl'femminile e per il maschile. Il ~agion~-
è che questo ·tratto rc;ià Rl tempo della
biza0tini .Ln Italia (VIII-IX sec) 'fossè un
carattere (~nche se sol~ in del neogreco che venivR
in Italia. Il romaico cosi è in grado di retrodatare questo sincre-
tismo, fino a1lora supposto in opera sòltm;to a
dal XIII sec. P H per U. 3110 silenzio riguardo
all'argomento (ma che dire?). A noi sembra più inter-
che la forma, nel bovese generalmente Jc, neT grèco oscilla
fra i ed 5t ( 1 Il pa~saggio çia 1 ad .= è sicuramente s8c6ndario r? P
lo c ci t) . R GSDI 85 osserva cl~ e 1 '.:2. sc.leYJti.na & L (l 'ar-
ticolo antico era o L per il maschile c, d c; L per il femmir: .:l. e) . Se
paese grecofono saientino abbii
gene~aHzzatò la .per i l naschile, comé ~ il c~~o del
g~nera1.izzato l 1 afticolo f.::mminile

àntico, non "è dei tutto chiaro. In R 1964, s.v. 6 s.i J..e~;ge;
'Der Pluralartikel e ~ ol. ist durch di.e Konfusion
Lmd a L als fem. Artikel' .

Present~±tt~o~det verbi i..:~- -ùl z -alù iproperisJ2~.n11


Qucista 6lasse c8n la 6ontrazione nella l. è speSS8
ne1l'area _df8.lettale greca a influssi da parte di altri
formanti, come e i.l caso nccl paradi.gma del presente attivo
per i l Sia P FlR l28s che R GSDI 17o riconosce la cronOlo-
gia di questa classe di verbl:!
Salento
di zio passo rifletterebbero le
formè , w1ico paesè salentino con
le fom;e cit., in cotltrastO a·R loc.

di:fferisce dallo 1 I I Stadium 1


che ne cita P stesso nel prc-
p rio R sono d'accordo riguardo
19

all'arcaicità relativa (che è poi la sola arcaicità ravvisabile sen-


za equivoci in dati del tipo). Il P considera la deviazione segnata
per Castrignano un prodotto di immigrazione proveniente da più pun-
ti della Grecia (ciò spiegherebbe cioè che lo stesso Salento ci da
due fasi dello sviluppo della stessa classe di verbi). Falc DRB
32o-2l contiene una bella esposizione del problema, dando le forme
alternative dialettali neogreche e le forme bovese confrontate con
il greco b~lcanico odierno. Riporta la 2. persona in -aise (R. ha
-ai) per il bovese. Conclude come P 126 che si tratta di 'fatti
squisitamente neogreci'. Cfr. Falcone 197ld 15ls.

L'imperfetto attivo dei verbi in -w< -cxw (perispomeni)


Sec. P RR 129s esistono per la l. pers tre forme diverse nel
Salento: agapon(n2a (Castrignano), igapitsa (Soleto) e agapiga
(Sternatia). Queste forme dovrebbero essere inserite fra il greco
antico nvémwv ed il neogreco aycxn:ucrcx • La forma di Sternatia sarebbe
dovuta a contaminazione dell'imperfetto passivo (agapiamo) con l'in-
serimento di un -g- per evitare l'iato. Ma il P accenna alla possi-
bilità che il -g- (Sternatia), -DiDl- (Castrignano), -ts- (Soleto)
risultino da "l'estensione del suffisso dal tema del presente (-vw.
-~w, -vw ) a tutte le forme di un particolare tempo (l'imperfetto
dei verbi perispomeni)" (P RR 13o); in seguito sarebbero stati mor-
fologizzati perdendo il loro significato originario. Conclude che
"le forme italiote presentano numerose innovazioni ma esse sono
tutte chiaramente d'origine neogreca". Falc DRB 322s raffronta un
paradigma bovese e un paradigma da Chios, riconducendoli "ad un u-
nico paradigma ibrido", il quale rifleterebbe "inconfondibilmente
condizioni chiote". Dall'esposizione di Falcone risulta l'esistenza
anche in Calabria della forma in -Q- (magari anche lì un suffisso?).
R GSDI 17o non discute le forme messe in campo da P, ma riferisce
come il P le forme della Grecia dialettale (il punto di P è, come
si sa, la dimostrazione (ora anche del R!) del quadro neogreco del
romaico). Tsopanakis 1968 2o-22 per la l. pers. del bovese non vede
nessun ca~biamento fin dall'antichità e sostiene, sullo sfondo di
un paradigma ricostruito che lo sviluppo calabrese non sia da porre
in contatto col neogreco, ciò che invece necessitino le forme del
grico. Da ciò l'autore deriva una concezione cronologica in favore
dei 'continuisti'. Cfr. Falcone 197ld 15ls.
2o

Metafonia
In tutta la penisola salentina la~ lat. si è dittongizzata,
mentre invece la Q soltanto nel nord dà luogo a uo (ma nemmeno la
dittongazione di ~ è stata applicata dappertutto con uguale conse-
guenza, v. R NSL 142). Il P RR l6o-63 ne deduce che la dittonga-
zione di ~ sia anteriore a quella di Q., che cioè la dittongazione
di Q non fosse ancora cominciata quando i colonizzatori greco-bizan-
tini si sono avviati verso l'Italia, formando con la loro presenza
alloglotta una barriera che impediva alle innovazioni provenienti
dal nord di inoltrarsi nel sud. Sec. il P la dittongazione di ~ co-
minciò a propagarsi nel VI sec. Per R NSL l4ls ambe i dittonghi sono
sorti allo stesso periodo, ma la fortuna del gruppo ie sarebbe do-
vuta a delle cause "fonico-eufoniche" per cui ie fosse più adatto
ad essere assimilato da un sistema fonetico diverso da quello ini-
ziale, più conforme ad altri sistemi fonetici, più facilmente esten-
dibile a loro. Il punto di vista parlangeliano viene applicato anche
ad altri elementi del sistema vocalico in RR 122-23, P Stor Ling
31-35, 46-52. Cfr. Bonfante 1954 94-lo5 (sul sistema vocalico dei
nostri dialetti), R Studi 256, Mancarella 1979, Mocciaro l98o 296-98
(riassunto), Lausberg 1974 (per le implicazioni della zona calabro-
lucana).

Nessi consonantici con nasale


Sulla conservazione oppure restaurazione dei nessi consonantici
con nasale nel Mezzogiorno esiste una bibliografia stermi-
nata; si tratta in breve di decidere se la concordanza fra la Cala-
bria meridionale, il Salento e una parte della Sicilia nel non as-
similare nd>nn e mb>~ - come succede altrove in Italia meridionale -
sia dovuta a una neoromanizzazione di queste tre zone o sia invece
"un relitto arcaicissimo" (Bonfante 1954 295) ·, e infine, quale fosse
il ruolo degli insediamenti greci nella formazione dei diversi esi-
ti. Secondo i risultati dell'indagine minuziosa condotta da D'Elia
(196o) su principi geolinguistici, la parte meridionale del Salen-
to ha assimilato insieme ad alcune zone del salentino settentrio-
nale (qui per lo più nelle città e spesso assimilando solo mb). La
zona di mezzo, qui compresa la popolazione greca bilinguale, con-
serva invece sia nd che mb. Per i 'continuisti' è sev1o che l'assi-
21

milazione sia un fenomeno recente (o relativamente recente), ciò


che inoltre sarebbe confermato dall'assimilazione mancata nelle a-
ree in cui l'influenza alloglotta greca è stata più forte: la Cala-
bria e la Sicilia nord-orlentale. Dalla teoria della neoromanizza-
zione del R segue che questi gruppi con nasale apparentemente con-
servati sin dalla latinità siano in verità importazioni dal nord,
senza assimilazione dei nessi in questione. Per la nasale più ori-
ginale sorda la sonorizzazione si è estesa a tutto il f1ezzogiorno;
la situazione in una parte della Calabria meridionale viene ascrit-
ta (R Grammatica storica della lingua italiana (GSLI) l, 257) al-
l'influsso greco (nel neogreco come nel romaico calabrese è di re-
gola la sonorizzazione di questi nessi). Cfr. a. R Studi 256. Cfr.
R GSLI l 253, Bonfante 1955 619-53, e, da ultimo, Fanciullo 1976.

~~é=~~~~~~~~=~~gé~è~~~~=~~é=~2illg~~~
(Per un'orientamento generale sul rapporto fra greco e latino v.
Bonfante 196o (enumera 24 esempi di contatto greco-romanzo))

Il presente in uso per il futuro


Questo fenomeno è una caratteristica del romaico che non sa
esprimere il futuro né con desinenze né con perifrasi. Il punto ar-
caico non sta nella mancanza di una formazione per il futuro, ma
nel fatto che non è neanche usato una delle perifrasi e particelle
tipiche per le soluzioni neogreche: il congiuntivo, ~ÉÀÀw, ~xw (il
futuro neogreco vi•ne oggi abitualmente espresso con la particella
Ga più il presente), sec R NSL 83-85, in parte frainteso da P RR
l3os (che però si basò sulla Hist Gram). R GSDI 32o nega l'esistan-
za di un futuro modale del tipo sxw va... = 1 ho da ... ' (come sup-
pongono Mathieu 1954 333, P. Ancora 127s (cita Blanken)). Dal si-
stema romaico il romanzo avrebbe tratto l'abitudine di usare il
presente in funzione di futuro (R NSL 84ss). La costruzione con il
presente è in vigore a sud della linea Viterbo-Perugia-Ancona. Che
l'uso meridionale sia in dipendenza dell'uso greco sarebbe dimostra-
to dal fatto che "la mancanza di un futuro specifico si manifesta
con maggiore evidenza in Calabria e nel Salento" (loc. cit.). Questo
argomento viene contrastato da P secondo cui esiste proprio una lo-
cuzione romanza simile, del tipo 'habeo dicere' (P: 'Il futuro pe-
rifrastico salentino habeo dicere' Atti del Sodalizio Glottologico
milanese, 2 (1949) l9-2o, ed in P l958a 754 n. lo). Cfr. a. Coromi-
nas 1956 7o, Mathieu 1954 333, P. Ancora 127s, Kaps BZ 343, R 1959b
93.
22

La mancanza di un perfetto composto


Il romanzo delle nostre zone (incluso quello siciliano) non co-
nosce altra forma per il perfetto che il passato remoto (R SL 61-63,
98, lo5). Quando si evidenziò uno scontro tra il perfetto semplice
e quello composto nelle lingue romanze scompareva di solito il per-
fetto semplice e non il passato prossimo (o composto) come invece
è il caso nell'Italia meridionale. Questo fatto va dai 'continu-
isti' spiegato con l'influsso esercitato dal sostrato ed adstrato
greco. Pisani (Paideia 6 (1951) 59) pensa che si tratti di un'arca-
ismo romanzo,perché anche nel latino tardo il perfetto semplice la-
tino precedeva in frequenza il perfetto composto. Di contro il R
Studi 316 n 28 mantiene che le zone romanze arcaiche della Sardegna
e della Calabria settentrionale nettamente distinguono il perfetto
semplice e quello composto, ambedue in uso colà. Per rendere conto
della dominanza del passato remoto in Sicilia, dove l'influenza gre-
ca era stata minore, R ha supposto che il fenomeno avrebbe tratto
origine anche dall'influsso arabo sulla isola (l'arabo infatti è
privo di un perfetto perifrastico). Bonfante 1954 ci informa che il
passato prossimo "ormai ha invaso tutto il Salento" (293 n 46). Pi-
sani (1973 329ss) sottolinea ancora una volta che il siciliano fe-
delmente continua l'uso latino del perfetto: guomodo dormisti=
come dormisti, guomodo manducasti = come mangiasti. Invece l'uso
del tipo 'ho fatto' deve essere, secondo il Pisani, in origine un cal-
co del tipo corrispondente greco (che inoltre dal latino volgare sa-
rebbe entrato nelle lingue germaniche). Bonfante l96o si esprime
sulla stessa linea ma riporta l'idea all'autorità di M. Bartoli
(174). Cfr. R Studi 258, 315-17, Kahane 1978a 84.

Imperfetto nel periodo ipotetico


Nella proposizione ipotetica del cosiddetto terzo tipo in cui
l'italiano usa il condizionale in riferimento al presente ('se po-
tessi, andrei'), il romanzo salentino e calabrese procede con l'im-
perfetto dell'indicativo sia nella proposizione principale sia in
quella retta ('ci putìa, scìa•), corrispondente ad un tipo latino vol-
gare 'si potebam, ibam' dal greco degli antichi colonizzatori 'an
ìsoza, Ìpia', vicino al modello antico greco (infatti un'arcaismo
romaico, v. R NSL 85ss, GSDI 321, Studi 3o7). Il fenomeno è di tut-
to il Salento fino a Bari, della Calabria solo nei dintorni dell'A-
spromonte. Un simile costrutto per il concetto ipotetico non si tro-
va in nessun dialetto italiano (R SL 87-89, NSL 85-89). P RR lo5ss
23

obietta che non sia legittima supporre un'influsso greco sul roman-
zo in questo caso, dato che il romanzo della Corsica e della Sar-
degna mostra anch'esso il procedimento con l'imperfetto. R NSL 88
n 264 risponde che per queste due isole si tratterebbe piuttosto di un'
alternativa stilistica al tipo romanzo corrente del condizionale,
mentre per il Salento e la Calabria il nostro tipo è l'unica possibili-
tà per esprimere questa variante della proposizione ipotetica. Per
la Calabria il R non dubbia di influssi esercitati dal sostrato
greco, per il Salento, invece, il R si immagina non un vero feno-
meno di sostrato per la grande estensione del tratto in questione,
ma preferisce parlare di un calco linguistico dal greco una volta
in uso in vaste zone del Mezzogiorno. Da quando la popolarità della
forma nel Mezzogiorno è diminuita sono rimaste quelle isole lingui-
stiche che ancora presentano il tipo, isole che il P non si era con-
vinto che si sarebbe potuto spiegare in base alla teoria rohlfsiana.
Per la datazione del fenomeno è da rilevare che la presenza del
tipo in tutta la penisola salentina comporta l'introduzione di esso
dopo l'unificazione del Salento (concetto parlangeliano: "o ante-
riormente al frazionamento del territorio o posteriormente alla u-
nificazione secondaria di esso 11 P RR l6o), per cui si potrebbe chie-
dere almeno una spiegazione che dà conto della provenienza del feno-
meno. Cfr. R GSDI 321 e 322, Studi 257, 3o6-15, NSL 85s,P StorLing
78-81.

Piuccheperfetto nel periodo ipotetico


Anche con riferimento al passato la proposlzlone ipotetica del
terzo tipo presenta delle differenze rispetto al tipo italiano ('ci
sarei andato, se avessi potuto'). Nel romanzo dell'estremo sud viene
impiegato il piuccheperfetto dell'indicativo sia nella frase princi-
pale sia in quella retta. P StorLing 78 n. 6 ha dubbi sull'influsso
greco, asserendo che si sarebbe potuto aspettare con maggiore di-
ritto il passato remoto in questa posizione, dato che nel modello
greco antico fu impiegato l'aoristo, funzionalmente equivalente al
passato remoto romanzo. Ma già nei primi due secoli, rileva R Studi
315, il piuccheperfetto competeva all'aoristo il posto nella frase
ipotetica del greco tardo ellenistico. Cfr. R NSL 86s, GSDI 322.
24

L'infinito
Dopo verbi semanticamente corrispondenti alla classe verbale
greca del tipo 8Éf..w ·va (ma non in quelli del tipo YOJ.ll1;W ~H ) , i l
romanzo del Mezzogiorno, fino a Bo km a nord di Bari e fino a llo
km a nord di Aspromonte mostra gli stessi procedimenti per subordi-
nazione come le isole linguistiche greche, v. qui p 15. Vuol dire,
notaR NSL 78, che dopo potere si usa sempre l'infinito e dopo fare
e sapere l'uso oscilla fra l'infinito e la subordinazione. "Al con-
trario delle regole greche" (= romaiche, R loc. cit.) dopo sentire
e vedere si ha sempre e soltanto l'infinito. Cfr a. R SL 59ss, 86ss,
lo4ss. Riguardo alle congiunzioni in uso nella proposizione subor-
dinata: ku nel Salento e~ nella Calabria corrispondenti al greco
va e ka in ambedue le zone per il greco OTL, P StorLing 81-88 ~1ole
posticipare l'apparizione di questa distinzione a tempi più recenti
rispetto alla datazione rohlfsiana. La distinzione si sarebbe persa
nel resto del Mezzogiorno, mantenendosi solo nelle nostre regioni.
La ragione di questa caduta sarebbe da cercare nella contaminazione
che facilnente si sarebbe instaurata fra i vocali in due congiun-
zioni proclitiche monosillabiche come ku/ka. Il P infatti, propone
che la distinzione piuttosto che dal modello greco tragga origine
da un modello latino, cioè 'quod 1 ( =ku) / 1 qui a'( =ka) • L'autore vede una
conferma della sua teoria nella netta separazione modale che segue
l'uso delle congiunzioni: perciò il salentino ku più il congiuntivo
sarebbe un tratto arcaico continuando il latino 'quod' più congiun-
tivo con valore consecutivo e finale (P StorLing 85s). Secondo Sa-
lamac 1976 268s le seguenti sono le norme per la costruzione nel
Salento: potere, dovere e volere sono sempre seguiti dall'infinito,
volere viene accompagnato qualche volta dall'infinito e altre volte
dalla subordinazione per mezzo di congiunzione. L'uso del congiun-
tivo raggiungerebbe la sua massima estensione nel Salento centrale
e meridionale, mentre nel nord avrebbe guadagnato terreno l'indica-
tivo. Vi si cita inoltre D'Elia 196o,secondo il quale la latinità sa-
lentina non è mai stata interrotta: il greco non ha potuto distrug-
gere l'infinito romanzo che si è sviluppato direttamente dal latino
regionale del meridione. Bonfante 1954, 291 pare approvare l'opi-
nione rohlfsiana; si tratterebbe, dice, di 'un ellenismo' nel ro-
manzo. Cfr. R 1957 5o7, R Studi 258, 318-332, 333-338, 343s, R GSLI
3 786a, Kahane l978a 84.
25

dd cacuminale da ll
In ambedue i gruppi di lingua greca in Italia la consonante
geminata 66 del greco antico si è sviluppata in ~~ c acuminale (o
retroflesso) attraverso w1a fa.se ll. Il suono dd fa parte anche del
assetto fonetico dei dialetti romanzi ed è di solito ritenuto un
riflesso di sostrato mediterraneo. Mentre R in NSL 71 nega l'influen-
za italiana - al massimo dd sarebbe passato attraverso lo stesso
sostrato mediterraneo in romaico ed in romanzo - nella GSDI 75 l'in-
flusso romanzo sul romai.co viene definito "assai probabile". Cfr.
P RR l6o, Bonfante 1954 292, Kaps BZ 329, D'Elia l96o ln-3 Fan-
ciullo 1979.

Spirantizzazione dell'occlusiva sonora


Nel romaico calabrese l'occlusiva sonora 6 dell'antico greco
si è sviluppata in una spirante sonora e similmente nel grico dove
si h2. uno stadio più a-vanzato del medesimo svil'.lppo, che riecheg-
gierebbero sviluppi uguali del romanzo sa.lentino. Ambedue gli svi-
luppi romaici sono da P l958a 766-67 n 59 considerati nella luce
dello sviluppo romanzo. Tsopanakis 1955 64ss deduce dal cambiamento
in questione ancora un'argomento in favore alla sua teoria dorica
della koinè, poiché il fenomeno trova riscontro ir: zone appartenen-
ti alle isole linguistiche doriche dal Cipro fino all'Italia.

La caduta dell's finale


In Calabria come in Salento il romaico ha subìto la caduta
dell's finale accanto alla caduta corrispondente nel romanzo. Si..c-
come la caduta dell 1 s in fine di parola sj_ è verificata anche nelle
parlate dello zaconico, del Maina e del Cargese (Corsica) non esiste
evidenza univocamente in favore a un supposto influsso romanzo. Sem-
bra che la caè.uta è cominciata a farsi sentire nel rcmaico dopo il
XIII sec. Nel bovese la -s finale si conserva bene in posizione fo-
nosintattica, prima della vocale, cfr. R GSDI 64 e Rossi-Taibbi •.05o
(P RR Bibl no. 214), 85-loo. Il Rossi-Taibbi sostiene che lo svi-
luppo sia avvenuto indipendentemente nelle due zone del romaico,
per la variazione dialettale molto più elevata del bavese rispetto
al grico. Cfr. Kaps BZ 328. Sec R GSDI 64, il fenomeno 'procede pa-
rallelamente all'ammutolirsi dell's finale in italiano, senza es-
sere direttamente influenzato da esso' .
26

Per altri influssi romanzi sul romaico, specie in tempi recen-


ti, v. Caracausi 1979 (per i l vocalismo) e 198o (sp. p. 4-29) per
il consonantismo.

Abbreviazioni
(P o R dav<:mti al titolo indica la paternità parlangeliana rispet-
tivamente rohlfsiana. Nel testo è citata la pagina o, per le gram-
mat.iche, i l paragrafo dopo il titolo)

Caratzas =Stam. C. Caratzas. L'origine des dialectes néc-grecs


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27

C. Bibliografia

La bibliografia che segue è un supplemento aggiornato alla


'Bibliografia cronologiGa dei dialetti greci dell'Italia meridiona-
le' di Parlangèli (RR 179-87). Anch'essa è sistemata cronologica-
mente, da 1953 a 1981, e, st<bordinatamente, in ordine alfabetico.
Le abbrevis.z:ioni sono quelle consuete (V. Hall, R.A., Jr. Biblio-
grafia della linguistica italiana. 2a edi.z. Firenze 1957. (e supple-
menti)). Faccio notare che, benché sì tratti di una bibliog~rafia
selettiva e non esauriente, dall''una parte ho schedato non pochi
lavori che per me sono stati inaccessibili (indicati con*), da 1 1
altra parte sono anche stati raccolti lavori di maggiore apertura,
se toccano in modo importante il trattamento della grecità lingui-
stica meridionale.
Infine, al contrario Jella bibliografia dello studioso ita-
liano, sono inclusi solo lavo l'i che direttamente trattano i proble-
mi linguistici. Le recensioni sono gem:l'almente r)messe sal ve d1;e o
tre perché toccano problemi che ritengo impo:::"tanU..

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