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P MISCELLANEA
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Marzia Pontone

AMBROGIO TRAVERSARI
MONACO E UMANISTA
FRA SCRITTURA LATINA E SCRITTURA GRECA

Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento


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Marzia Pontone

AMBROGIO TRAVERSARI
MONACO E UMANISTA
FRA SCRITTURA LATINA E SCRITTURA GRECA

Nino Aragno Editore


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SOMMARIO

I. L’UOMO: VITA E CULTURA


1. Un umanista nel chiostro 1
2. Il tempo dei viaggi 21
2.1 Mito della renovatio e ricerca filologica nei primi an-
ni del generalato 22
2.2 Basilea 1435: la diplomazia traversariana al servizio
del pontefice 28
2.3 Il concilio di Ferrara e Firenze tra Oriente greco e
Occidente latino 32
3. Due secoli di oblio 36

II. CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO


NEL PANORAMA DELLE SCRITTURE LIBRARIE POSATE
1. Premessa. Un problema storiografico ‘recente’:
l’origine della riforma grafica umanistica 47
2. Il mito dell’antico nei primi anni di attività scrit-
toria 56
3. Minuscola tardo-tricliniana e piccola onciale agli
albori della rinascita del greco in Occidente 73
4. Un’incursione nell’età matura: l’antiqua latina tra
forzature posate e tendenze corsive 101

III. LO SFACCETTATO UNIVERSO DELLE CORSIVE TRA-


VERSARIANE
1. Corsiva usuale e cancelleresca formale nei docu-
menti amministrativi del monastero degli Angeli 113
2. Il travestimento all’antica della corsiva latina 124
3. I manoscritti di lavoro delle versioni dal greco 130
3.1 Le Vitae patrum 131
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VI SOMMARIO

3.2 Il Laerzio latino e gli esiti maturi della minuscola


greca tardo-tricliniana 139
3.3 Le omelie di Giovanni Crisostomo 151
3.4 Atanasio in formato tascabile 157
3.5 Un autografo mancato: il Gaddiano 113 159

IV. LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ


GRAFICA (1431-1439)
1. La forma lettera come tramite privilegiato del
messaggio politico 161
1.1 L’epistolario: sillogi ed edizioni 185
2. Concilio di Basilea e impegno letterario 197
3. Lo sconfinamento della corsiva all’antica nella
produzione documentaria 205
4. Epilogo. Il naufragio dei deperditi 215

V. CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE


1. Testimonianze autografe 229
2. Testimonianze erroneamente ritenute autografe 279
3. Testimonianze non reperite 294

Abbreviazioni bibliografiche 301


Indice delle fonti archivistiche 343
Indice dei manoscritti 344
Indice dei nomi 347
Elenco delle tavole 357
Tavole 359
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L’UOMO: VITA E CULTURA

1. Un umanista nel chiostro

Ambrogio Traversari, monaco camaldolese e umanista fio-


rentino attivo nella prima metà del Quattrocento, nacque a
Portico di Romagna, da nobile famiglia ravennate, il 16 set-
tembre 1386.1 Compiuta la prima educazione letteraria a
Galeata, 2 all’età di soli quattordici anni entrò nel celebre ce-
nobio fiorentino di S. Maria degli Angeli (8 ottobre 1400),
un monastero di clausura della congregazione dei Benedetti-
ni camaldolesi.3 Qui fece la sua professione il 6 novembre
dell’anno successivo (1401) e non ne uscì fino al 1431, quan-
do fu nominato generale della propria congregazione per vo-
lere del papa Eugenio IV.

1
Per la ricostruzione della biografia di Ambrogio Traversari rimane an-
cora fondamentale la Vita Ambrosii Traversarii Generalis Camaldulensium premessa
da Lorenzo Mehus all’edizione dell’epistolario curata da Pietro Canneti (cfr.
MEHUS 1759). A essa sono da sempre debitori tutti i successivi lavori relativi
alla vita del monaco, tra cui meritano una menzione particolare, in anni re-
centi, quelli di STINGER 1977, SOMIGLI-BARGELLINI 1986 e FRIGERIO 1988. La
discendenza del Camaldolese da nobile famiglia ravennate è stata provata in
via definitiva da DINI-TRAVERSARI 1912, pp. 24-26, che ha ricostruito anche
l’albero genealogico della famiglia in Appendice seconda. Albero genealogico della Fa-
miglia Traversari di Ravenna ricostruito dall’avv. Alessandro Dini-Traversari.
2
La notizia è tramandata dallo stesso Traversari nell’Hodoeporicon: «Cum po-
stridie ex Galliata, ubi pueri quondam educati eramus […]» (TRAVERSARI, Ho-
doeporicon, 1912, p. 96 = TRAVERSARI, Hodoeporicon, 1985, p. 185). SOMIGLI 1988,
p. 196 precisa tuttavia che non si è autorizzati a postulare un apprendistato
letterario nel celebre monastero di S. Ellero, da cui Galeata dipese fino al 1411.
Si ricordi inoltre che nei monasteri della congregazione non si accoglievano no-
vizi analfabeti: cfr. da ultimo MAGHERI CATALUCCIO-FOSSA 1979, p. 81.
3
Cfr. PAGNANI 1949, pp. 70-71.
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2 CAPITOLO PRIMO

Il monastero degli Angeli, già dal Trecento fiorente cen-


tro di studi, 4 si rivelò un ambiente propizio al perfeziona-
mento degli studia humanitatis del giovane camaldolese, anche
se gli anni della sua formazione intellettuale e grafica restano
per noi abbastanza oscuri, dal momento che la stessa rac-
colta di missive traversariane trascura il periodo, privilegian-
do piuttosto la corrispondenza successiva al 1431. Sono co-
munque accertati scambi epistolari giovanili, quasi esclusiva-
mente di argomento bibliologico, con la cerchia dei patrizi
veneziani riuniti intorno a Francesco Barbaro e a Leonardo
Giustiniani, 5 nonché – ovviamente – con gli umanisti fioren-
ti del tempo, 6 tra cui in particolare Niccolò Niccoli 7 e i fra-
telli Cosimo e Lorenzo de’ Medici.8
4
Al tempo del Traversari, il monastero degli Angeli ospitava una fiorente
scuola di arti pittoriche e scrittorie, fondata intorno al 1330 dal priore Filippo
Nelli. Era rinomato anche per l’arte della tessitura di arazzi, un settore in cui
eccelleva il fratello dello stesso Ambrogio, Girolamo. Vi risiedevano inoltre illu-
stri monaci, tra cui Giovanni da S. Miniato, noto traduttore dal latino in volga-
re, e miniatori di fama, i più importanti dei quali furono Lorenzo monaco e il
suo allievo Beato Angelico. Su lettere e arti in S. Maria degli Angeli si vedano
IGNESTI 1987 e CABY 1999, pp. 281-290. Sulle origini del monastero, ricostruite
attraverso i più antichi documenti originali conservati, cfr. invece RAGUSI 1987.
5
Le numerose lettere indirizzate a Francesco Barbaro datano addirittura
a partire dal 1415, mentre quelle a Leonardo Giustiniani dal 1425. Entram-
be le selezioni sono raccolte nel VI libro dell’epistolario traversariano edito in
TRAVERSARI, Epistolae, 1759, II, coll. 274-322. Per le datazioni delle lettere,
qui e in seguito, mi fondo sul riordinamento dell’epistolario traversariano ad
opera di LUISO 1898-1903, 3 voll.
6
È significativa in proposito la testimonianza di Vespasiano da Bisticci, che
documenta rapporti personali di fiducia e amicizia con il gruppo degli intellet-
tuali fiorentini: «Quanti uomini degni aveva la città in questo tempo, radi dì
era che non andassino a visitare frate Ambruogio, ché nel tempo suo Firenze
fioriva d’uomini degni. Nicolaio Nicoli, Cosimo de’ Medici, Lorenzo suo fratel-
lo, meser Carlo d’Arezo [scil. Carlo Marsuppini], meser Gianozo Manetti, mae-
stro Pagolo [scil. Paolo Dal Pozzo Toscanelli], ser Filippo di ser Ugolino [scil.
Peruzzi] radi dì era che non vi fussino» (VESPASIANO, Vite, 1970-76, I, p. 451).
Per uno sguardo d’insieme sulle relazioni intercorse tra Ambrogio Traversari e
i circoli degli umanisti fiorentini, veneziani e romani, si vedano DINI-TRAVER-
SARI 1912, pp. 40-82 e STINGER 1977, pp. 28-51. Accanto ai nomi degli uma-
nisti più famosi, però, non andranno dimenticati quelli di personaggi di secon-
do piano, ma pur sempre inseriti nel contesto culturale umanistico della Firen-
ze del primo Quattrocento: ad esempio, sui rapporti tra Ambrogio Traversari
e il poco noto canonico fiorentino Antonio Ferrantini cfr. MANFREDI 2005.
7
Le lettere di Ambrogio Traversari a Niccolò Niccoli, datate a partire dal
1421, occupano per intero il libro VIII dell’edizione TRAVERSARI, Epistolae,
1759, vol. II, coll. 349-424.
8
Le lettere conservate ai fratelli Medici datano solo a partire dal 1432,
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L’UOMO: VITA E CULTURA 3

Da queste e poche altre lettere precedenti la nomina a ge-


nerale dei Camaldolesi emerge la figura di un monaco inte-
ramente dedito, oltre che alle consuete pratiche religiose, al-
le traduzioni patristiche dal greco (una lingua che il Traver-
sari ebbe modo di apprendere una quindicina d’anni dopo
l’ingresso in S. Maria degli Angeli) e, più in generale, alla
lettura e allo studio di classici pagani e Padri della Chiesa
delle origini, tanto latini quanto greci, affiancati da trattati,
traduzioni e orazioni di umanisti del suo tempo.
Anche se è sostanzialmente impossibile ricostruire esausti-
vamente una biblioteca patrimoniale di volumi realmente
conservati dal monaco nella sua cella durante gli anni tra-
scorsi nella clausura degli Angeli, 9 gli accenni contenuti nel-
le non numerose epistole del periodo permettono quanto me-
no di ricostruire, seppure in modo parziale, una biblioteca
ideale di letture giovanili in cui opere dell’antichità pagana
e cristiana, affiancate da scritti e traduzioni di umanisti co-
evi, concorrono insieme a delineare le due componenti fon-
damentali della successiva fisionomia intellettuale del Camal-
dolese, umanista tra gli umanisti e cristiano militante al ser-

ma l’amicizia risaliva almeno al 1416. Infatti, già in TRAVERSARI, Epistolae,


1759, VI, 5 = vol. II, col. 281 del 28 febbraio 1416 a Francesco Barbaro,
Cosimo è menzionato come «noster ornatissimus, atque sapientissimus adole-
scens». Il legame con i Medici fu anche di carattere politico: nell’autunno del
1433, in occasione dell’imprigionamento di Cosimo e dell’esilio veneziano di
Lorenzo ad opera di Renato degli Albizzi, Ambrogio Traversari intervenne
con tutta la sua influenza a favore dei due fratelli in difficoltà, tornando ad-
dirittura a Firenze da Ferrara, dove aveva appena ottenuto udienza presso
l’imperatore Sigismondo di Lussemburgo: cfr. STINGER 1977, pp. 31-32 e
CABY 1999, pp. 570-574.
9
Nonostante gli Statuti di Camaldoli vietassero rigorosamente il possesso
di beni personali e di denaro, già le Constitutiones «de moribus» emanate nel 1253
dall’allora priore generale Martino III prevedevano un’eccezione specifica ri-
guardo ai libri: ciascun monaco poteva conservare l’uso personale dei volumi
copiati in monastero di propria mano o condotti con sé in occasione dell’in-
gresso nell’ordine, ma alla morte del proprietario essi entravano a far parte
della raccolta libraria del monastero dove costui li aveva trascritti o dove ave-
va rivestito l’abito monastico (cfr. MAGHERI CATALUCCIO-FOSSA 1979, pp. 70-
71). Proprio in virtù della possibilità giuridica concessa da Martino III, le cel-
le di alcuni monaci ed eremiti camaldolesi potevano diventare vere e proprie
biblioteche personali, per quanto di dimensioni ridotte. Per un ampio contri-
buto sull’evoluzione della legislazione camaldolese nel XIII secolo si legga
CABY 1999, pp. 121-147.
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4 CAPITOLO PRIMO

vizio della Chiesa. Oltre ai codici trascritti dal Traversari


stesso, con relativi antigrafi, e ai manoscritti greci usati per
le proprie traduzioni latine, 10 nella cella del monaco trova-
vano infatti temporaneamente alloggio svariati volumi rice-
vuti in prestito o in custodia da amici e corrispondenti, in
primo luogo da Niccolò Niccoli, che per tutta la vita mise
generosamente a disposizione del Camaldolese la propria ric-
chissima biblioteca, ma anche dai patrizi veneziani France-
sco Barbaro e Leonardo Giustiniani, nonché da umanisti di
fama come Guarino Veronese e Giovanni Aurispa.11

Negli anni che vanno dal 1415 al 1420 la fitta corrispondenza


con Francesco Barbaro documenta ad esempio richieste e scambi
di una trascrizione traversariana di epistole crisolorine, 12 un volu-
me di Lattanzio per il quale si rendeva indispensabile l’intervento
filologico del Camaldolese, 13 l’Agesilao di Senofonte, 14 le epistole di

10
Sulle versioni traversariane dal greco cfr. infra in questo stesso paragrafo.
11
Sulla base di un’embrionale raccolta di dati in DINI-TRAVERSARI 1912,
pp. 99-105, già STINGER 1977 ha proposto una ricostruzione della – per co-
sì dire – biblioteca del Traversari, privilegiando in particolare gli interessi del
monaco per la patristica, distinta con rigore in latina (STINGER 1977, pp. 113-
124) e greca (STINGER 1977, pp. 124-166). Le poche pagine che qui segui-
ranno, pur scevre di ogni pretesa di esaustività, vorrebbero solo contribuire a
ricostruire una fisionomia intellettuale a tutto tondo durante gli anni della
clausura monastica.
12
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 4 = vol. II, col. 278; VI, 5 = vol.
II, col. 279; ZORZI 1997, p. 625, rr. 19-21.
13
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 5 = vol. II, col. 280; VI, 6 = vol.
II, col. 282; VI, 7 = vol. II, coll. 283-284; VI, 15 = vol. II, col. 294; VI, 16
= vol. II, col. 294.
14
A proposito di questo testo, Ambrogio Traversari promise inizialmente
a Francesco Barbaro una copia autografa o di mano di Demetrio Scarano
(cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 5 = vol. II, col. 281; VI, 6 = vol. II,
col. 282), ma poi preferì affidare la trascrizione all’anziano monaco greco (cfr.
TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 7 = vol. II, col. 284). Cfr. anche DILLER
1963, p. 258 ed ELEUTERI 2006, p. 78. Tuttavia, l’esame paleografico non
permette di riconoscere nel manoscritto di Wolfenbüttel, Herzog-August-Bi-
bliothek, 56. 22 Aug. 8o la copia approntata da quest’ultimo per il nobile ve-
neziano (pace DILLER 1961, pp. 319, 320-321), dal momento che si tratta di
un autografo di Gerardo di Patrasso (cfr. GAMILLSCHEG-HARLFINGER 1981-97,
I. A, p. 65).
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L’UOMO: VITA E CULTURA 5

Plutarco, 15 le Epistulae ad Atticum di Cicerone, 16 Nicandro, 17 la Con-


tro Ctesifonte di Eschine, 18 un Commentario di Alessandro di Afrodisia
ad Aristotele, 19 i Commentaria de re uxoria di Francesco Barbaro, 20 la
traduzione delle vite plutarchee di Catone e Aristide approntata
sempre dal Barbaro e delle vite di Lucullo e Cimone realizzata in-
vece da Leonardo Giustiniani, 21 le epistole di Basilio, 22 alcune ora-
zioni ancora una volta di Francesco Barbaro, 23 Tucidide, 24 «opu-
scula […] breviora, atque peregrina» di Senofonte, 25 le orazioni ci-
ceroniane riscoperte da Poggio, 26 la Vita di Apollonio di Tiana scritta
da Filostrato, 27 una laudatio funebris composta dall’imperatore bi-
zantino Manuele Paleologo, 28 Pausania, 29 Pompeo Trogo, 30 la tra-

15
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 6 = vol. II, col. 282; VI, 7 = vol.
II, col. 284. Cfr. anche ELEUTERI 2006, p. 78.
16
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 6 = vol. II, coll. 282-283; VI, 7
= vol. II, col. 284. Il manoscritto, con i passi greci restituiti da Manuele Cri-
solora, andrà identificato con il Laurenziano Plut. 49. 18 (cfr. da ultimo FE-
RA 2002, p. 17 e ROLLO 2002, pp. 79-80, con bibliografia precedente).
17
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 6 = vol. II, col. 282; VI, 7 = vol.
II, col. 284; VI, 14 = vol. II, col. 292; VI, 12 = vol. II, col. 289. Cfr. an-
che ELEUTERI 2006, p. 78.
18
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 6 = vol. II, col. 283.
19
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 7 = vol. II, col. 284.
20
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 15 = vol. II, col. 294.
21
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 16 = vol. II, col. 295; VI, 17 =
vol. II, col. 296.
22
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 16 = vol. II, col. 295; VI, 17 =
vol. II, coll. 295-296; VI, 9 = vol. II, col. 286; VI, 10 = vol. II, col. 287.
Cfr. anche DILLER 1963, p. 258 ed ELEUTERI 2006, p. 78. GAIN 1985, p. 60
ha proposto di identificare il manoscritto acefalo che il Traversari ebbe in pre-
stito da Francesco Barbaro con quello dell’XI secolo attualmente a Parigi, Bi-
bliothèque de l’Arsenal, P 37 (Arsenal 234).
23
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 17 = vol. II, col. 296.
24
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 8 = vol. II, col. 285.
25
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 14 = vol. II, col. 293.
26
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 8 = vol. II, col. 285; VI, 14 =
vol. II, col. 292.
27
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 10 = vol. II, col. 287; VI, 14 =
vol. II, col. 292; VI, 12 = vol. II, col. 289. La copia di Filostrato trascritta
da Demetrio Scarano è stata identificata da SOTTILI 1984, p. 731 con il Lau-
renziano Plut. 69. 26. Cfr. anche ELEUTERI 2006, p. 78.
28
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 14 = vol. II, col. 292.
29
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 14 = vol. II, col. 292. Si tratta for-
se del perduto archetipo di tutti i nostri manoscritti di Pausania: cfr. ULLMAN-
STADTER 1972, p. 261, n. 1186; PETITMENGIN-CICCOLINI 2005, p. 297, n. 322.
30
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 14 = vol. II, col. 292.
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6 CAPITOLO PRIMO

duzione bruniana dei Commentaria de primo bello Punico di Polibio, 31


l’invettiva di Francesco Filelfo contro Niccolò Niccoli.32
In un’epistola del 1417 a Guarino Veronese, Ambrogio Traver-
sari accenna invece alle Decades di Tito Livio e ai già menzionati
opuscoli rariora di Senofonte, 33 mentre in una del 1421 a Niccolò
Niccoli menziona i Commentaria di Cesare tenuti in custodia per l’ar-
civescovo di Creta, un volume di Quintiliano, in cui il Camaldo-
lese aveva provveduto ad emendare i passi greci, e gli Schemata Le-
xeos di Rutilio Lupo.34
La corrispondenza col Niccoli si infittisce in particolare negli an-
ni che vanno dal 1423 al 1426. Numerose sono le descrizioni di co-
dici visti, letti o trascritti, nonché le opere e gli autori menzionati,
in merito ai quali i due amici si scambiano osservazioni e commenti.
Tra essi vorrei ricordare almeno uno Svetonio portato da Siena, 35 il
commentario omiletico di Gregorio di Nissa al Cantico dei Cantici, 36
un volume di Plinio procurato da Cosimo de’ Medici, 37 il lunga-
mente desiderato (ma mai visto!) Archimede «de instrumentis belli-
cis, et aquaticis cum pictura» di proprietà di Rinuccio Aretino, 38 la
traduzione bruniana dell’Apologia di Socrate e del Fedro platonici, 39 l’A-
pologetico di Tertulliano, 40 la silloge atanasiana dello stesso Niccoli, 41

31
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 14 = vol. II, col 292.
32
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 21 = vol. II, col. 302.
33
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, V, 33 = vol. II, coll. 267-268.
34
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 7 = vol. II, coll. 365-366.
35
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 4 = vol. II, col. 358.
36
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 5 = vol. II, col. 360; VIII, 3 =
vol. II, col. 356. Si tratta del Laurenziano Plut. 7. 30: cfr. ULLMAN-STADTER
1972, pp. 249, n. 1059, 273; PETITMENGIN-CICCOLINI 2005, pp. 271, n. 149,
315, n. 15, 323-324, n. 11.
37
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 5 = vol. II, col. 360; VIII, 17
= vol. II, col. 380.
38
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 5 = vol. II, col. 361; VIII, 6 =
vol. II, col. 365; VIII, 3 = vol. II, col. 356; VIII, 11 = vol. II, col. 375; VIII,
12 = vol. II, col. 376; VIII, 8 = vol. II, col. 370; VIII, 28 = vol. II, col. 386.
Gli sforzi del Traversari per ottenere l’Archimede illustrato sulle macchine bel-
liche e idrauliche si rivelarono vani; del resto, il volume, se davvero esisteva,
era quasi sicuramente spurio (cfr. STINGER 1977, p. 35).
39
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 5 = vol. II, col. 361; VIII, 3 =
vol. II, coll. 356-357; VIII, 8 = vol. II, col. 370; VIII, 9 = vol. II, col. 372.
40
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 5 = vol. II, col. 361; VIII, 3 =
vol. II, col. 357; VIII, 10 = vol. II, col. 373; VIII, 8 = vol. II, col. 370.
41
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 6 = vol. II, col. 363; VIII, 12
= vol. II, coll. 375-376. Si tratta del codice di Firenze, Biblioteca Medicea
Laurenziana, San Marco 695 (cfr. SOTTILI 1965, p. 6; ULLMAN-STADTER
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L’UOMO: VITA E CULTURA 7

un volume di Acta Conciliorum, 42 la Geographia di Tolomeo, 43 il Chro-


nicon di Eusebio di Cesarea, 44 l’Onomasticon di Polluce, 45 l’epistola di
Ignazio tradotta da Rufino d’Aquileia, 46 i Moralia di Gregorio Ma-
gno, 47 il commento di Origene all’epistola di Paolo ai Romani, 48 i
Dialogi de miraculis S. Benedicti di Desiderio e il Chronicon Casinense
procurati forse tramite Cosimo, 49 l’Historia ecclesiastica di Eusebio di
Cesarea letta in soli dieci giorni, 50 alcuni opuscoli di Agostino («de
Trinitate, contra Academicos, de utilitate credendi […] de Doctri-
na Christiana») 51 e altri non meglio precisati di Cipriano, 52 l’ora-
zione di Alberto da Sarzana sul Sacramento del Corpo di Cristo, 53
Frontone, 54 il famoso codice Laurenziano contenente le tragedie di
Eschilo e Sofocle insieme alle Argonautiche di Apollonio Rodio, 55 al-
tre epistole di Ignazio, 56 un volumetto trascritto dal Traversari con-
tenente centosessanta definitiones platoniche sul giorno, la notte e il
sole, oltre alle tre epistole di Abaride a Stilaride, e a quelle di Pi-

1972, pp. 252, n. 1095, 275; PETITMENGIN-CICCOLINI 2005, pp. 277, n. 198,
308, n. 387, 316, n. 22, 326, n. 39); su questo manoscritto fu condotta la tra-
duzione traversariana delle opere di Atanasio (cfr. VITI 1988, in particolare
pp. 486-487, 490-492).
42
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 6 = vol. II, coll. 363-364; VIII,
3 = vol. II, coll. 357-358.
43
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 6 = vol. II, col 365.
44
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 3 = vol. II, col. 355; VIII, 12
= vol. II, col. 376.
45
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 3 = vol. II, col. 355; VIII, 12
= vol. II, col. 376; VIII, 8 = vol. II, col. 369; VIII, 28 = vol. II, col. 386.
46
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 3 = vol. II, col. 356.
47
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 11 = vol. II, col. 374.
48
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 11 = vol. II, col. 374.
49
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 11 = vol. II, col. 375; VIII, 10
= vol. II, col. 373; VIII, 8 = vol. II, col. 367; VIII, 9 = vol. II, col. 371.
Sulla revisione stilistica traversariana di Dialogi e Chronicon e sul manoscritto
più antico che la conserva (il codice – attualmente a Moskva, Rossiiskaia Go-
sudarstvennaia Biblioteka, fondo 218, N 389 – è stato ultimato nel 1434 pre-
sumibilmente da un giovane monaco di nome Niccolò per l’abate Paolo Ve-
nier del monastero di S. Michele di Murano a Venezia) si legga BROWN 1996.
50
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 12 = vol. II, col. 375.
51
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 12 = vol. II, coll. 376-377.
52
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 12 = vol. II, col. 377.
53
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 1 = vol. II, col. 350.
54
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 8 = vol. II, col. 368.
55
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 8 = vol. II, coll. 368-369. Lau-
renziano Plut. 32. 9.
56
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 9 = vol. II, col. 372.
01 23-02-2009 19:03 Pagina 8

8 CAPITOLO PRIMO

tagora a Ieronide e di Liside pitagorico a Ipparco, 57 il vecchio Lat-


tanzio cartaceo del Niccoli e la nuova copia trascritta da esso, 58 gli
scritti retorici di Cicerone De oratore, Orator e Brutus, 59 un trattato di
Boezio sulla dialettica, 60 il Tractatus de ponderibus et mensuris attribui-
to a Prisciano, 61 le Confessioni di Agostino, 62 la silloge di epistole di
Ambrogio, vescovo di Milano, e un volume di Instituta e Collationes
di Giovanni Cassiano.63
Infine, in una lettera del 1424 a Giovanni Aurispa si parla an-
cora degli scritti retorici e delle orazioni di Cicerone, 64 mentre in
una del 1425 a Francesco Barbaro della Vita Homeri pseudo-erodo-
tea e di un salterio greco.65
Ancora poco prima di essere eletto generale della propria con-
gregazione, il Traversari proseguiva la propria attività letteraria e
umanistica, scambiando libri e osservazioni con gli amici di sem-
pre. Nelle lettere del periodo 1429-1431 indirizzate a Leonardo
Giustiniani troviamo infatti menzionati il De musica di Agostino e i
salmi di Davide, 66 opuscoli vari dal titolo Medicina cordis, Textus sen-
tentiarum e Summa confessorum, 67 le Genealogiae Deorum del Boccaccio,
in cui il Traversari integrò per l’amico le citazioni omeriche, 68 un
volume di Filone Giudeo donato al monaco da Francesco Filelfo 69
e le Decades di Tito Livio.70 Invece in quelle spedite a Niccolò Nic-

57
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 28 = vol. II, col. 386.
58
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 29 = vol. II, col. 388; VIII, 39
= vol. II, col. 403; VIII, 40 = vol. II, col. 404. Il chartaceus vetus di Lattanzio
è stato identificato da POMARO 1988, p. 242 con il Riccardiano 264.
59
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 39 = vol. II, col. 402.
60
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 26 = vol. II, col. 384.
61
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 18 = vol. II, col. 381. Si veda
il manoscritto Laurenziano Ashburnham 259 (191) segnalato da PASSALACQUA
1978, p. 78.
62
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 23 = vol. II, col. 383.
63
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 16 = vol. II, col. 380.
64
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, V, 34 = vol. II, col. 269.
65
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 2 = vol. II, col. 275.
66
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 31= vol. II, col. 315.
67
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 33 = vol. II, col. 317; VI, 34 =
vol. II, col. 318.
68
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 24 = vol. II, col. 307.
69
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 30 = vol. II, col. 313. Sulla bi-
blioteca e la cultura greca del Filelfo cfr. CALDERINI 1913 (per Filone Giudeo
cfr. in particolare le pp. 351-353).
70
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 35 = vol. II, col. 320.
01 23-02-2009 19:03 Pagina 9

L’UOMO: VITA E CULTURA 9

coli si ricordano l’Etica di Aristotele, 71 il De plantis di Teofrasto


commissionato a Paolo Dal Pozzo Toscanelli, 72 Giuseppe Flavio, 73
l’antico codice delle commedie plautine di proprietà del cardinale
Orsini, 74 un commento di Ilario ai Salmi appartenuto a Tommaso
Parentucelli da Sarzana, una raccolta di epistole di Girolamo e an-
cora il Filone Giudeo del Filelfo.75

Scorrendo le epistole giovanili del Camaldolese ai corri-


spondenti di quegli anni, siamo quasi assaliti da una conge-
rie sterminata e caotica delle opere più disparate, apparen-
temente giustapposte per puro caso, ma sempre alimentate
da curiosità e passione intellettuale per l’antichità classica pa-
gana e cristiana. Sono invece stranamente assenti da questo
ricchissimo e variegato patrimonio culturale testi teologici e
giuridici di matrice scolastica, che pure il giovane Ambrogio
ebbe a disposizione nella ben fornita biblioteca del monaste-
ro, di cui restano pallide vestigia in un incompiuto inventa-
rio scritto nel 1513 dal monaco camaldolese Piero da Bib-
biena e conservato oggi alle cc. 34v-40v del codice Palagi 267
della Biblioteca Moreniana di Firenze.76 Nonostante le co-
spicue dispersioni, parte di questi volumi è ancora insieme
nei fondi Conventi Soppressi della Biblioteca Nazionale Cen-
trale e della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, 77 e

71
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 22 = vol. II, col. 382; VIII, 25
= vol. II, col. 383.
72
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 35 = vol. II, col. 394; VIII, 36
= vol. II, col. 395.
73
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 34 = vol. II, col. 392.
74
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 35 = vol. II, col. 394; VIII, 36 =
vol. II, col. 396. Si tratta del Vaticano lat. 3870 (cfr. RIZZO 1973, pp. 133, 165).
75
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 36 = vol. II, coll. 395-396. Sul-
l’epistolario di Girolamo si veda anche TRAVERSARI, Epistolae, 1759, V, 31 =
vol. II, col. 265.
76
L’edizione dell’inventario di Piero da Bibbiena è in BALDELLI CHERU-
BINI 1972, pp. 25-33.
77
Le identificazioni dei manoscritti ancora conservati agli inizi del Sette-
cento nello «scaffale L» della biblioteca di S. Maria degli Angeli sono pro-
poste da BALDELLI CHERUBINI 1972, pp. 33-43, assieme all’edizione dell’in-
ventario stilato nel 1729, attualmente conservato alle cc. 113r-119v del Con-
venti Soppr. G. IX. 291 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.
01 23-02-2009 19:03 Pagina 10

10 CAPITOLO PRIMO

il loro elenco permette di constatare come nella biblioteca di


S. Maria degli Angeli fossero raccolti in massima parte, ol-
tre a qualche opera letteraria e scientifica, proprio testi teo-
logici e giuridici di matrice scolastica. Non è pertanto invero-
simile che il Traversari, accanto agli studi più propriamente
in linea con i dettami dell’educazione letteraria umanistica,
avesse avuto modo di approfondire anche un’educazione più
tradizionalmente vicina agli orientamenti della congregazio-
ne camaldolese, che per secoli privilegiò il filone giuridico ri-
spetto a quello grammaticale e letterario.78
Di questa tipologia di studi, tuttavia, l’epistolario allestito
negli anni della piena maturità non conserva memoria, dal
momento che tende a proporre ai posteri una figura quasi
monolitica di intellettuale e umanista, epurata da quei con-
dizionamenti culturali percepiti ancora come medievali. L’i-
deale vicinanza ai nuovi orientamenti del XV secolo traspa-
re con ulteriore chiarezza dalle numerose traduzioni con cui
il monaco si cimentò per tutta la vita, a partire dagli anni
della clausura monastica. L’idea stessa di tradurre dal greco
in latino era profondamente umanistica e in linea con l’in-
tento di recuperare il mondo antico attraverso le parole dei
suoi stessi autori, in modo da contribuire alla renovatio della
società contemporanea. Ma Ambrogio Traversari, a differen-
za di altri, sostanziò il progetto di contenuti in linea con la
propria vocazione cristiana.
Il risultato fu di dubbia abilità filologica. Infatti, laddove
è stato proposto un confronto con l’originale greco o con
precedenti versioni medievali, le traduzioni del monaco sono
risultate ben lontane dai canoni oggi ritenuti filologicamente
accettabili, a causa dei numerosi errori di interpretazione di
cui sono costellate. Ciò non toglie che, nell’arco di circa
quindici anni, cioè prima di essere nominato generale della
propria congregazione nell’ottobre del 1431, il Camaldolese
volse ossessivamente in latino una ventina di testi, 79 quasi tut-

78
Cfr. le osservazioni al riguardo, più specificamente in merito allo scrip-
torium di Camaldoli, in MAGHERI CATALUCCIO-FOSSA 1979, pp. 82, 98-100.
79
Due liste antiche di traduzioni traversariane, ampie anche se incomple-
te, furono approntate già da Vespasiano da Bisticci (edizione in VESPASIANO,
01 23-02-2009 19:03 Pagina 11

L’UOMO: VITA E CULTURA 11

ti di contenuto patristico, sorretto da un consapevole intento


di apologetica cristiana.80

Il primo testo tradotto dal giovane monaco con intento lettera-


rio fu forse la seconda lettera dell’epistolario di Basilio di Cesarea
a Gregorio Nazianzeno, di cui il Traversari approntò una versione
latina, se non addirittura nel 1417, al più tardi entro il 1° novem-
bre 1419.81 All’incirca agli stessi anni ci riporta anche l’Adversus vi-
tuperatores vitae monasticae di Giovanni Crisostomo, tradotto ed emen-
dato per il 28 marzo 1417, con dedica al priore degli Angeli Mat-
teo Cardinali.82 Sempre all’anziano maestro il Traversari dedicò poi

Vite, 1970-76, I, pp. 459-461) e da Marco di Michele presbiter cortonensis, vis-


suto anch’egli nel XV secolo e autore di biografie di uomini illustri (edizione
in FOSSA 1987, p. 144). In anni recenti, la più ampia ricostruzione comples-
siva del corpus di versioni latine realizzate dal Camaldolese è stata realizzata
da STINGER 1977 nel corso del suo studio. Inoltre, nel sintetico profilo tra-
versariano delineato da CABY 1999, pp. 605-612 uno sguardo puntuale è ri-
servato proprio all’attività di traduttore del monaco. Il lungo elenco delle tra-
duzioni attribuite ad Ambrogio Traversari – corredato anche di riferimenti a
manoscritti, edizioni e bibliografia – si legge infine nel recente C.A.L.M.A.,
fasc. I.2, alla voce Ambrosius Traversarius curata da Lidia Caciolli (pp. 204-207).
80
Si leggano le interessanti osservazioni di FUBINI 2003, pp. 296-297, che
contrappone il piano di traduzioni patristiche del Camaldolese al programma
di traduzioni profane di Leonardo Bruni. L’ambiguità traversariana di ricon-
durre gli studia humanitatis nell’alveo della tradizione scritturale si rifletterebbe,
secondo lo studioso, anche nell’anonima Oratio in hypocritas scritta dallo stesso
Bruni nel 1417. Del resto, i dissapori tra i due umanisti furono evidentemente
gravi, se ne parlò già, e molto diffusamente, un contemporaneo come Ve-
spasiano da Bisticci, che ricondusse l’ostilità del Bruni nei confronti del Tra-
versari alla celebre e ben nota rottura col Niccoli avvenuta qualche anno do-
po l’invettiva bruniana (si veda il testo in VESPASIANO, Vite, 1970-76, I, pp.
455-458). La testimonianza di Vespasiano da Bisticci, seppur errata nella cro-
nologia e semplicistica nella motivazione, è stata tuttavia ritenuta attendibile
già dal Mehus (cfr. MEHUS 1759, I, pp. LVIII-LXIV) e recentemente da Lucia
Gualdo Rosa, che ha analizzato diffusamente le cause del dissidio Bruni-Tra-
versari (cfr. GUALDO ROSA 1987).
81
SOTTILI 1966, pp. 44-47. Per uno spoglio della tradizione latina cfr. BERTA-
LOT 1975b, p. 283; SOTTILI 1966, pp. 45-46; STINGER 1977, p. 267, nota 148 e
GAIN 1985, pp. 62-63. Sulle edizioni a stampa cfr. sempre GAIN 1985, pp. 64-66.
82
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 16 = vol. II, coll. 294-295; VI, 17
= vol. II, col. 296. Sull’identificazione dell’opera del Crisostomo con l’Adver-
sus vituperatores vitae monasticae piuttosto che con il De providentia Dei ad Stagirium
si veda SOTTILI 1966, pp. 47-49. Sulla fortuna umanistica della traduzione
traversariana cfr. invece SOTTILI 1979, pp. 69-75.
01 23-02-2009 19:03 Pagina 12

12 CAPITOLO PRIMO

una seconda traduzione, la Scala Paradisi di Giovanni Climaco, con-


clusa entro il 1° novembre 1419.83 Inoltre, nella prima metà del
1419, intraprese – o quanto meno ebbe in animo di intraprende-
re – anche la traduzione del Theophrastus sive dialogus de immortalita-
te animi di Enea di Gaza.84 Sul completamento dell’opuscolo gra-
varono però enormi difficoltà di reperimento di un originale greco
non mutilo, il che spiega perché l’opera sia stata inviata compiuta
ad Andreolo Giustiniani solo il 10 luglio 1435.85 Nel 1419, date le
difficoltà ad ultimare la traduzione del dialogo di Enea di Gaza,
Ambrogio Traversari decise di dedicarsi a un’altra opera di Gio-
vanni Crisostomo, il De providentia Dei ad Stagirium, 86 che curiosa-
mente, per quanto ultimato entro l’ottobre 1420, 87 fu dedicato al-
l’Infante Don Pedro di Portogallo, duca di Coimbra, solo parecchi
anni più tardi, e precisamente intorno al 1428.88 Nessuna possibi-

83
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 12 = vol. II, col. 289. Per una
prima indagine sulla tradizione manoscritta di questa versione traversariana
cfr. VARALDA 2002.
84
Si avverte qui che STINGER 1977, p. 254, nota 179 ha ipotizzato una
diversa cronologia del dialogo tradotto dal Traversari, pensando piuttosto al
periodo 1422-1423 oppure 1427-1431. Ma le evidenze dello scambio episto-
lare Traversari-Barbaro sembrano suggerire altrimenti: cfr. GRIGGIO 1988, pp.
357-359 e TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 12 = vol. II, col. 289.
85
La lettera con cui l’opera fu spedita al Giustiniani è edita in MERCATI
1939, pp. 26-29. Le ricerche di M. E. Colonna in ENEA DI GAZA, Teofrasto,
1958, pp. XXXVI-XXXVII sul testo greco del Theophrastus hanno messo in luce
che l’esemplare, oggi irreperibile, tenuto presente dal Traversari nella sua tra-
duzione sarebbe stato un collaterale del Monacense gr. 596, contaminato spo-
radicamente su un esemplare non identificato dell’altro ramo tradizionale e
«già ampiamente corrotto, confuso e incompleto». GRIGGIO 1988, p. 340 ha
però suggerito che il Camaldolese abbia potuto accedere al Monacense (o a
un suo apografo) solo più tardi, probabilmente dopo il 1430, recuperando per
collazione varianti poziori assenti nell’esemplare su cui aveva condotto già nel
1419 la primitiva traduzione. Ma il problema meriterebbe un ulteriore ap-
profondimento, volto in particolare a riconsiderare se la traduzione traversa-
riana presenti un cambio di modello in corso d’opera. Nonostante le difficol-
tà di elaborazione, la traduzione traversariana del Theophrastus di Enea di Ga-
za conobbe un buon successo nella tradizione manoscritta: cfr. SOTTILI 1979,
pp. 76-77. Per un esame specifico delle modalità di resa latina dell’originale
greco nella versione traversariana del Theophrastus si legga FIORAVANTI 1988.
86
Si veda l’epistola inviata il 1° novembre 1419 a Francesco Barbaro in
TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 12 = vol. II, col. 289. Per l’individuazione
del titolo dello scritto, non rivelato esplicitamente dal Traversari, cfr. STIN-
GER 1977, p. 270, nota 172.
87
TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 18 = vol. II, col. 297.
88
L’editio princeps dell’epistola dedicatoria indirizzata a Don Pedro di Co-
imbra è in BATTELLI 1939, pp. 614-616. Un ramo minoritario della tradizio-
01 23-02-2009 19:03 Pagina 13

L’UOMO: VITA E CULTURA 13

lità, invece, di datare con sicurezza la versione latina della prima


delle omelie De statuis, che tuttavia STINGER 1977, p. 133 suggeri-
sce di ricondurre sempre a questo primo periodo (1420 circa).89
Non oltre il 30 aprile 1423, 90 su specifica commissione di Martino
V, il Camaldolese curò la traduzione del Contra errores Graecorum di
Manuele Caleca († 1410), dedicata appunto allo stesso papa.91 Con-
temporaneamente, si occupò ancora una volta di un autore da lui
molto amato, Giovanni Crisostomo, di cui tradusse al più tardi en-
tro il 18 dicembre 1423 i Sermones contra Iudaeos.92 Alla fine del 1423,
tentò addirittura una retroversione dal latino al greco di alcune epi-
stole sinodiche di Gregorio di Nazianzo, rinvenute in un volume di
proprietà di Niccolò Niccoli, per esperire «si quid valeret tenue in-
geniolum in convertendis latinis monumentis in graecam lin-
guam».93 Nello stesso periodo il monaco si occupò anche del De ve-
ra integritate virginitatis, un lungo trattato patristico di Basilio di An-
cira, che però, a causa dei pressanti impegni religiosi, ancora nel
gennaio 1424 non era stato emendato.94 Il Camaldolese volse poi
in latino un’ulteriore operetta omiletica del Crisostomo, il Quod Deus

ne manoscritta indirizza invece la medesima traduzione al re di Napoli, Re-


nato d’Angiò (edizione dell’epistola dedicatoria a Renato d’Angiò in TRA-
VERSARI, Epistolae, 1759, XXIII, 8 = vol. II, coll. 964-965). Ma alle riserve
già espresse in MEHUS 1759, I, p. CCCXC e in SOTTILI 1966, p. 48, si ag-
giungono ora le osservazioni – a mio avviso conclusive – di STINGER 1977,
pp. 270-271, nota 172.
89
Sulla paternità traversariana di questa traduzione cfr. SOTTILI 1965, pp.
7-8. Una prima indagine sulla tradizione manoscritta della prima omelia De
statuis si legge in VARALDA 2004-05, che arriva anche a escludere che la ver-
sione del monaco possa essere basata sul Vaticano Barb. gr. 528.
90
Si veda la sottoscrizione dello scriba Antonio di Mario nel codice 391
(656) della Biblioteca Universitaria di Bologna.
91
La traduzione traversariana, al pari del trattato greco di Manuele Ca-
leca, non riscosse grande successo di pubblico: cfr. SOTTILI 1979, p. 66, in
particolare nota 4.
92
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 5 = vol. II, col. 361. Si veda
anche SOTTILI 1965, p. 8. Sull’apologetica anti-ebraica del Traversari cfr. FU-
BINI 2003, p. 297.
93
TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 6 = vol. II, col. 364. Per l’analisi di
questa lettera traversariana si veda STINGER 1977, pp. 136-137.
94
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 3 = vol. II, col. 356 del gennaio
1424 (segnalo qui che GAIN 1985, p. 71 data erroneamente la missiva all’8
luglio 1431). La traduzione del Traversari conobbe un ampio successo nella
tradizione manoscritta: cfr. LEROY 1972, p. 207; STINGER 1977, p. 268, nota
155; GAIN 1985, pp. 72-73 e U. FOSSA, Topografia traversariana, in FRIGERIO
1988, pp. 198-208. Sull’editio princeps della versione traversariana cfr. GAIN
1985, p. 73.
01 23-02-2009 19:03 Pagina 14

14 CAPITOLO PRIMO

incomprehensibilis sit, la cui trascrizione per l’arcivescovo di Genova


era quasi pronta il 27 febbraio 1424, come documenta una lettera
inviata in questa data a Niccolò Niccoli.95 In essa, il Camaldolese
accenna anche ad altri sei libelli crisostomiani, che alluderebbero
– secondo STINGER 1977, p. 271, nota 176 – al De sacerdotio Chri-
sti. Ma la paternità traversariana di questa traduzione resta forte-
mente sub iudice.96 A partire dal 1423-1424, inoltre, due lunghe tra-
duzioni di testi biografici impegnarono Ambrogio Traversari per
più anni, procedendo talvolta in parallelo: le Vitae patrum e le Vitae
philosophorum di Diogene Laerzio. L’appellativo Vitae patrum designa
una raccolta di opere agiografiche e ascetiche bizantine, tradotte a
più riprese dal 1423 al 1431, di cui si conserva la copia autografa
nel Conventi Soppr. G. IV. 844 della Biblioteca Nazionale Cen-
trale di Firenze.97 La versione latina delle Vitae philosophorum di Dio-
gene Laerzio, 98 iniziata il 16 novembre 1424 quasi in contempora-
nea con quella delle Vitae patrum, 99 vide la luce ancora più tardi,
addirittura nel 1433, con la copia di dedica a Cosimo de’ Medici
approntata da Michele monaco (attualmente Laurenziano Plut. 65.
21), anche se già in data 5 agosto 1425 ad Ambrogio Traversari
restava da tradurre soltanto il X libro delle Vitae laerziane.100 Ma
la versione della sezione epicurea si presentò da subito disperante
e ulteriori problemi furono posti dalla revisione complessiva dell’o-
pera.101 Nella seconda metà degli anni Venti, quando ancora non

95
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 12 = vol. II, col. 377. Un pri-
mo elenco di manoscritti contenenti il Quod Deus incomprehensibilis sit è fornito
da SOTTILI 1979, p. 77, nota 24.
96
Già MERCATI 1939, pp. 70-79 sollevò forti dubbi sulla paternità tra-
versariana della versione latina del De sacerdotio Christi a noi nota. Tale posi-
zione è stata rafforzata recentemente da LORINI 1999, che ha ravvisato nella
traduzione latina conservata dai manoscritti medievali e umanistici, finora
ascritta al Traversari, una più antica versione anonima dell’opuscolo in cir-
colazione fin dal IX secolo.
97
Una proposta di cronologia dei singoli opuscoli si legge in MIONI 1950,
pp. 321-325. Per alcune precisazioni in base all’analisi dell’autografo traver-
sariano cfr. infra, III.3.1.
98
Su questa traduzione molto è stato scritto, in particolare da GIGANTE
1988 e SOTTILI 1984 (soprattutto in merito all’omissione degli epigrammi laer-
ziani nella resa definitiva), ma anche in precedenza da STINGER 1977, pp. 70-
77. Tra gli studi anteriori riveste particolare importanza la pur breve nota di
GARIN 1959. Cfr. anche infra, III.3.2.
99
Cfr. PILEO DE MARINI, Carteggio, 1971, p. 164, n. 109.
100
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 27 = vol. II, col. 310.
101
Sulle cause della dilazione nel tempo cfr., ancora di recente, GIGANTE
1988, pp. 367-404. A proposito della fortuna manoscritta umanistica della ver-
01 23-02-2009 19:03 Pagina 15

L’UOMO: VITA E CULTURA 15

erano state concluse le precedenti traduzioni delle Vitae patrum e


delle Vitae laerziane, il Camaldolese si impegnò in altre versioni dal
greco. Nel 1426 tradusse e dedicò a Cosimo de’ Medici una rac-
colta di 19 Sermones di Efrem Siro, 102 a cui pensò di aggiungerne
un ventesimo De laudibus Ioseph già nello stesso anno.103 Alla fine de-
gli anni Venti si impegnò anche nella traduzione di alcune omelie
di Giovanni Crisostomo sulle epistole paoline, di cui si conserva
l’autografo di lavoro nell’attuale Conventi Soppr. J. VI. 6 della Bi-
blioteca Nazionale Centrale di Firenze.104 Tradusse inoltre, verosi-
milmente già agli inizi degli anni Trenta, 105 il Contra Gentiles e il De
incarnatione Verbi di Atanasio, nonché la parte iniziale della Disputa-
tio contra Arium, di cui sopravvive ancora una volta l’autografo di la-
voro nel Conventi Soppr. J. VIII. 8 della Biblioteca Nazionale
Centrale di Firenze. Prima di essere quasi completamente assorbi-
to dalle preoccupazioni del generalato – si ricordi che Ambrogio
Traversari vi fu eletto nel 1431 – il monaco riuscì a dedicarsi an-
cora a due scritti biografici, la Vita Gregorii Nazianzeni di Gregorio
Presbitero, completata entro il novembre del 1430 e dedicata a
Giuliano Cesarini in occasione della nomina a cardinale, 106 nonché
la Vita Iohannis Chrysostomi di Palladio, tradotta, emendata e affida-
ta a copisti di professione nell’arco del solo mese di marzo del
1432.107 Infine, in contemporanea ai due scritti biografici, Ambro-

sione traversariana cfr. SOTTILI 1984, pp. 705-706 e 707, nota 21. Sulle due
editiones principes della versio ambrosiana (la romana del 1472 di Francesco Elio
Marchese e la veneziana del 1475 di Benedetto Brugnoli) cfr. GIGANTE 1988,
pp. 406-414.
102
Cfr. MITTARELLI-COSTADONI 1755-73, vol. VI, p. 313.
103
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 18 = vol. II, col. 381.
104
Per la cronologia dei singoli gruppi di omelie crisostomiane tradotte da
Ambrogio Traversari cfr. infra, III.3.3.
105
Sulla probabile datazione tarda delle versioni atanasiane cfr. infra,
III.3.4. Queste traduzioni non conobbero un grande successo nella tradizione
manoscritta, in parte anche perché la Disputatio contra Arium era stata lasciata
interrotta dallo stesso traduttore: per l’elenco dei manoscritti – non molti, in
verità – che le contengono si veda U. FOSSA, Topografia traversariana, in FRI-
GERIO 1988, pp. 198-208.
106
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, II, 30 = vol. II, col. 101. Un primo
elenco dei manoscritti che conservano questa versione traversariana è raccol-
to in WAY 1971, pp. 174-175; a essi andrà aggiunto il Vaticano Ross. lat. 50
ricordato da STINGER 1977, p. 276, nota 228.
107
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 42 = vol. II, col. 408; XI, 24
= vol. II, col. 509. La traduzione traversariana della vita del Crisostomo ri-
scosse un notevole successo già durante la vita del monaco, che ne donò ben
due copie al pontefice (cfr. TRAVERSARI, Hodoeporicon, 1912, p. 30 = TRA-
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16 CAPITOLO PRIMO

gio Traversari iniziò anche a tradurre il corpus dello Pseudo-Dioni-


gi l’Areopagita.108 Nel marzo 1431 scriveva infatti a Niccolò Nic-
coli di avere abbandonato il primo tentativo di traduzione dell’o-
pera, ma di avere anche già ultimato la seconda versione del De
coelesti hierarchia e di buona parte del De ecclesiastica hierarchia; 109 inol-
tre, al più tardi entro il maggio di quello stesso anno, erano pron-
te anche le lettere aggiunte ai trattati.110 Ma a partire dal 1431 gli
impegni del generalato assorbirono completamente il Camaldolese
e sarebbero passati ancora alcuni anni prima che potesse nuova-
mente porre mano alla traduzione dei due trattati mancanti: il De
divinis nominibus e il De mystica theologia.

Nel coerente complesso di traduzioni giovanili traversaria-


ne si registra una sola eccezione: la versione latina delle Vi-
tae philosophorum di Diogene Laerzio, intrapresa e compiuta in
massima parte tra il 1424 e il 1425, ma ultimata solo nel
1433. Nonostante le numerose pecche stilistiche, fu una del-
le traduzioni del monaco più ampiamente diffuse (anche se
forse non al livello del corpus dello Pseudo-Dionigi l’Areopa-
gita), in quanto offriva un sintetico e agile panorama sulla vi-
ta e sul pensiero degli antichi filosofi greci. È stata anche, fi-
no ad anni recenti, l’opera traversariana più indagata dalla
critica per il contenuto di ‘classico pagano’, dal momento che
l’esigenza di focalizzare l’attenzione sulla riscoperta dei clas-

VERSARI, Hodoeporicon, 1985, p. 60 e TRAVERSARI, Hodoeporicon, 1912, p. 134 =


TRAVERSARI, Hodoeporicon, 1985, p. 253) e una all’imperatore Sigismondo di
Lussemburgo (cfr. TRAVERSARI, Hodoeporicon, 1912, p. 84 = TRAVERSARI, Ho-
doeporicon, 1985, p. 161), oltre a farne preparare una per il cardinale Giorda-
no Orsini (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, II, 9 = vol. II, col. 78) e altre per
gli amici veneziani e bolognesi (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XI, 75 = vol.
II, col. 565; XII, 20 = vol. II, col. 588; XIII, 8 = vol. II, col. 619). Tutta-
via, a dispetto dell’interesse immediatamente suscitato dallo scritto, i codici
della vita del Crisostomo giunti fino a noi sono sorprendentemente pochi. Per
quelli conservati nelle biblioteche italiane si veda la Topografia traversariana a cu-
ra di Ugo Fossa (in FRIGERIO 1988, pp. 198-208). Cfr. anche STINGER 1977,
p. 278, nota 244.
108
Su questa traduzione cfr. STINGER 1977, pp. 158-162.
109
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 36 = vol. II, coll. 395-396.
110
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XXIV, 4 = vol. II, col. 975.
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L’UOMO: VITA E CULTURA 17

sici in età umanistica ha rappresentato proprio uno dei temi


dominanti della storiografia a partire da metà Ottocento. Ep-
pure, curiosamente, questa traduzione è l’unica veramente
difforme rispetto al programma di versioni patristiche ideato
e perseguito da Ambrogio Traversari per tutta la vita.
Il Traversari faticò molto a tradurre il testo di Diogene
Laerzio, non solo per le asperità linguistiche e retoriche, ma
anche e soprattutto per le difficoltà ideologiche e religiose,
inasprite in particolare dalla lettura del X libro sulla filosofia
di Epicuro, che rimase infatti incompiuto per anni (dal 1425
al 1433). Fu solo cedendo alle insistenze di una committen-
za forte, in particolare di Cosimo de’ Medici e dell’arcive-
scovo di Genova Pileo de Marini, che il Camaldolese portò
a compimento la traduzione delle Vitae laerziane. Almeno, co-
sì il Traversari volle presentare ai contemporanei e ai poste-
ri, nelle pagine del suo epistolario, le alterne vicende di que-
sta impresa. Le cause della dilazione nel tempo furono pro-
babilmente numerose, e non andranno esclusi gli inevitabili
impegni religiosi, ma un ruolo preponderante fu indubitabil-
mente giocato, in primo luogo, dalle oggettive difficoltà di re-
sa di un greco tanto distante da quello bizantino dei Padri
della Chiesa e del monachesimo orientale a cui il Traversari
era abituato; in secondo luogo – e soprattutto – dal conflit-
to tra la vocazione cristiana che animava il monaco nelle sue
opere di traduzione e l’opportunità di volgere in latino un
autore e un testo dalla tematica così marcatamente pagana.111
Il netto rifiuto morale delle Vitae laerziane sembra eviden-
ziare un mutato atteggiamento del Traversari rispetto al con-
sueto riconoscimento del valore formativo dei classici pagani
greci e latini accanto ai Padri della Chiesa delle origini. Du-
rante gli anni trascorsi nella clausura degli Angeli, il giovane
monaco non aveva affatto escluso i classici dallo studio e dal-
la trascrizione, e anche nei successivi anni del generalato, in
occasione di visite a biblioteche monastiche o private, avreb-
be sempre ricordato e descritto, gli uni accanto agli altri, te-
sti classici e patristici. La spiegazione del mutato atteggia-

111
Il calvario dell’iter ad Laertium e le relative motivazioni sono stati am-
piamente indagati ancora di recente da GIGANTE 1988, pp. 367-404.
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18 CAPITOLO PRIMO

mento, esclusivamente nei confronti della traduzione di Dio-


gene Laerzio, andrà forse intravista nel fatto che, per Am-
brogio, altro era studiare in prima persona gli auctores paga-
ni, altro renderli accessibili al vasto pubblico con una tradu-
zione latina. Non a caso questa concezione elitaria, timorosa
che certe letture potessero sviare i semplici, è ribadita anche
dallo stesso Traversari nel proemio alla propria versione del-
le Vitae laerziane.112 Eppure, nonostante gli scrupoli dell’uo-
mo di Chiesa, l’impresa fu portata a termine, a riprova del-
la consapevolezza di quanto fosse necessario indagare la ra-
dice storica della sapientia graeca in ogni sua sfaccettatura per
poter comprendere fino in fondo l’Oriente contemporaneo.113
Alla base del programma di traduzioni perseguito da Am-
brogio Traversari andrà dunque riconosciuto un forte inten-
to didascalico e ideologico, da cui conseguiva la spinta a pri-
vilegiare esclusivamente testi di carattere patristico. La voca-
zione cristiana lo induceva ad applicare anche alla comunità
dei fedeli quel mito della renovatio proprio di tanta letteratu-
ra umanistica coeva e a sostanziarlo dell’ideale di un ritorno
all’antico, non pagano, bensì cristiano e patristico. Per il Ca-
maldolese, il rinnovamento della Chiesa dei suoi tempi sa-
rebbe potuto nascere solo volgendo lo sguardo alla Chiesa
del passato, le cui doti idealizzate di povertà e unità erano
esaltate nelle pagine dei Padri delle origini.114 Del resto, il
discorso teorico elaborato al tempo delle traduzioni in S.
Maria degli Angeli avrebbe trovato applicazione pratica ne-
gli anni successivi alla nomina a generale, da un lato nel ten-
tativo di ricondurre alla primitiva regola di povertà i mona-
steri della propria congregazione, dall’altro nell’impegno pro-
fuso per riunificare le Chiese d’Oriente e d’Occidente.
Un ultimo punto qualificante del programma ideologico
delle versioni traversariane merita qui di essere ricordato: la
difesa della condizione monastica contemplativa ed eremitica,

112
La redazione originaria del proemio, basata sull’esemplare di mano di
Michele monaco (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 65. 21), è
edita in GIGANTE 1988, pp. 398-400.
113
Cfr. VASOLI 1988, pp. 83-84, 87.
114
Cfr. C. VASOLI, I fondamenti umanistici della ripresa dei Padri, in Umanesimo
e Padri 1997, p. 26.
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L’UOMO: VITA E CULTURA 19

un modello a volte avversato nell’Occidente latino in quanto


distante dalla prassi dominante, ma tipico della cristianità
orientale fin dai primi secoli e per tutta l’età medievale. Nel-
la selezione dei testi tradotti con l’intento dichiarato di difen-
dere la vita monastica 115 giocò un ruolo fondamentale la vo-
lontà di salvaguardare se stesso e la propria congregazione,
oltre al desiderio di rendere più familiare un mondo lontano,
in vista della successiva riunificazione tra le due Chiese.
Tuttavia, se la scelta di volgere in latino testi patristici
sembra allontanare Ambrogio Traversari dalla dimensione
vulgata di umanista, prevalentemente dedito a testi di stori-
ci come Plutarco e Polibio o di filosofi come Platone, la sua
adesione al programma di rinascita degli studia humanitatis si
palesa in un altro ambito della traduzione, che riguarda non
tanto il contenuto, quanto piuttosto la forma e lo stile.
Nell’epistola dedicatoria della Scala Paradisi di Giovanni
Climaco, tradotta dal Camaldolese al più tardi entro la fine
del 1419, il monaco polemizza lungamente con Angelo
Clareno da Cingoli, interprete medievale del medesimo testo
a cavallo tra Duecento e Trecento, vantando la propria ver-
sione modernizzata e rispondente al nuovo gusto retorico
umanistico, non più de verbo ad verbum, ma ad sententiam.116 In
realtà, il risultato conseguito fu molto meno rivoluzionario
del previsto, e forse Ambrogio Traversari doveva al suo pre-
decessore più di quanto lui stesso volesse ammettere. Il con-
fronto puntuale tra la versione latina di Angelo Clareno e
quella di Ambrogio Traversari mostra infatti che il monaco
non lavorò solo sull’originale greco, ma tenne anche presen-
te la traduzione del suo predecessore, da cui in più punti di-
pende senza ombra di dubbio, 117 anche se sarebbe riduttivo

115
Si veda ad esempio, per limitarmi a citare il caso più lampante, la ver-
sione latina dell’Adversus vituperatores vitae monasticae di Giovanni Crisostomo.
116
L’epistola prefatoria della versione traversariana della Scala Paradisi è edi-
ta in TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XXIII, 7 = vol. II, coll. 962-964. Sulla tec-
nica di traduzione traversariana, volta a perseguire il senso del testo, piuttosto
che la lettera, cfr. le valutazioni generali di STINGER 1977, pp. 100-113. Per
un’analisi specifica delle diverse modalità di traduzione della Scala climachea
in Angelo Clareno da Cingoli e in Ambrogio Traversari cfr. VARALDA 2004.
117
Cfr. SOTTILI 1981, pp. 170-177 e VARALDA 2004, pp. 51-52.
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20 CAPITOLO PRIMO

affermare che la traduzione traversariana fu un semplice


rimaneggiamento della precedente.118 Evidente è lo sforzo di
migliorare l’intelligibilità del testo, eliminando improprietà
e fraintendimenti lessicali di Clareno oppure amplificando
con abbellimenti retorici il messaggio originale.119 Tuttavia,
non sempre la revisione stilistica in senso ciceroniano, volta
a liberare la traduzione dalla patina del latino medievale,
aiuta la comprensione del greco, e introduce invece a volte
nuovi e più gravi errori. Eppure, nonostante i limiti filologi-
ci, resta indiscutibile l’intento prevalente di recepire i para-
metri umanistici, già enunciati da Manuele Crisolora, di una
traduzione ad sensum, in grado di tutelare fedelmente il sen-
so del testo, pur adeguandosi ai dettami estetici del latino
ciceroniano.120
L’ideale di una versione latina non più de verbo ad verbum,
come in età medievale, esplicitamente avversata nelle dichia-
razioni programmatiche dell’epistola dedicatoria della Scala
Paradisi, inserisce dunque a pieno titolo il Camaldolese nel
movimento umanista di inizi Quattrocento.121 Le traduzioni
traversariane, nonostante il contenuto patristico apparente-
mente difforme, sono di fatto, per l’intuizione stessa di volge-
re un testo dal greco in latino, ma ancor più per la forma e
lo stile in cui ciò si realizza, delle vere e proprie traduzioni
umanistiche. La scelta di privilegiare i contenuti patristici non

118
Così VARALDA 2004, p. 56.
119
Cfr. VARALDA 2004, pp. 56-61.
120
Sulla discrepanza tra enunciazioni teoriche e risultati pratici nelle tra-
duzioni dal greco in età umanistica si legga la felice sintesi di CORTESI 1995,
pp. 470-484. Un accenno particolare alle versioni di Ambrogio Traversari è
a p. 475.
121
L’importanza dell’aspetto retorico come parametro privilegiato per va-
lutare quanto una traduzione fosse rispondente al nuovo gusto umanistico è
stata particolarmente evidenziata dai lavori di Kristeller agli inizi della se-
conda metà del Novecento (per la bibliografia su Kristeller cfr. infra, I.3, no-
ta 185). Nonostante l’attenzione tributata dallo studioso alla forma fosse for-
se eccessiva, mi sembra tuttavia che essa possa essere ancora assunta come cri-
terio distintivo di una maggiore o minore adesione al programma di
rinnovamento umanistico di inizi Quattrocento. Sul ciceronianismo stilistico di
Ambrogio Traversari, capace di rinnovare l’umanesimo religioso mediante un
linguaggio accreditato presso i nuovi raffinati cultori dell’età antica, si legga-
no anche i veloci, ma acuti accenni di WITT 2000, pp. 393, 504.
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L’UOMO: VITA E CULTURA 21

rappresenta un ridimensionamento dell’umanesimo traversa-


riano, ma una sua connotazione specifica e qualificante, coe-
rente con l’istanza religiosa che animò la vita del monaco.

2. Il tempo dei viaggi

A partire dal 1431 si delinea uno spartiacque fondamen-


tale nella vita di Ambrogio Traversari. Con l’elezione a prio-
re generale della propria congregazione il 26 ottobre di quel-
l’anno, egli fu costretto ad abbandonare la tranquillità del
monastero e ad affrontare le onerose incombenze della nuo-
va carica. Nel pur breve arco cronologico della sua vita pub-
blica, conclusa prematuramente dalla morte il 21 ottobre
1439, si riconoscono tre momenti fondamentali. Dalla fine
del 1431 al 1434 il neoeletto generale compì una lunga se-
rie di viaggi, prima tra i monasteri della propria congrega-
zione e presso la curia romana per la ratifica della carica,
poi ancora tra i monasteri camaldolesi e vallombrosiani, nel
tentativo di restaurare la primitiva regola monastica. Nella
seconda metà del 1435, invece, si recò in qualità di amba-
sciatore al concilio di Basilea, dove difese gli interessi del
pontefice, e successivamente al cospetto dell’imperatore Sigi-
smondo di Lussemburgo ad Alba Regale (odierna Székesfe-
hérvár in Ungheria), con l’intento di guadagnare il sovrano
alla causa del papa. Infine, a partire dal febbraio del 1438 e
fino a pochi mesi prima della morte, il monaco partecipò ai
lavori del concilio trasferito prima a Ferrara, poi a Firenze,
e collaborò attivamente alle trattative per la riunificazione tra
le Chiese d’Oriente e d’Occidente.
Vennero quindi a mancargli il tempo e l’agio goduti in
precedenza per dedicarsi agli otia litterarum e proseguire nel
progetto di un corpus di traduzioni patristiche che ripropo-
nessero i capisaldi idealizzati della Chiesa delle origini. Tut-
tavia, anche durante le turbolenze della vita pubblica, il Ca-
maldolese continuò a coltivare la passione per gli studia hu-
manitatis, seppure con modalità diverse rispetto agli anni della
clausura monastica, mentre la tensione morale e riformatrice
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22 CAPITOLO PRIMO

che aveva animato le traduzioni patristiche veniva ora mes-


sa alla prova nella prassi della vita quotidiana.

2.1. Mito della ‘renovatio’ e ricerca filologica nei primi anni del
generalato

Già a partire dagli anni immediatamente successivi alla


nomina a generale, durante la lunga serie di viaggi attraver-
so i monasteri camaldolesi e vallombrosiani, Ambrogio Tra-
versari tentò di ricondurre le comunità di religiosi all’antica
osservanza della regola benedettina, secondo l’ideale di rin-
novamento della Chiesa perseguito prima da Martino V e ri-
preso poi dal suo successore Eugenio IV.122 Il progetto di ri-
forma monastica, per quanto sostenuto con vigore, risultò, a
conti fatti, un fallimento. Eppure, proprio in questo tentati-
vo non riuscito si scorge il vagheggiato mito della renovatio
pauperistica della Chiesa già sostenuto dal monaco a livello
teorico con le traduzioni degli anni giovanili.
Il Traversari ne ebbe evidentemente consapevolezza, se ri-
tenne opportuno raccontare la propria esperienza di rinnova-
mento dei monasteri camaldolesi e vallombrosiani nell’Hodoe-
poricon (ovvero Commentariolum), 123 un vero e proprio diario di
viaggio composto in uno stile annalistico asciutto ed essen-
ziale, 124 che il Traversari scrisse con il duplice intento di raf-

122
Per una ricostruzione puntuale delle tappe dei viaggi affrontati dal Ca-
maldolese si veda FRIGERIO 1988, pp. 60-63.
123
Perplessità sul titolo di Hodoeporicon, invalso nell’uso a partire dall’edi-
zione lucchese del 1681, già in MEHUS 1759, I, p. XCII. I vari aspetti del pro-
blema sono stati riassunti recentemente da IARIA 2005b, pp. 101-103, che, pur
riconoscendo l’incertezza tradizionale tra i termini Hodoeporicon, Commentariolum
e Itinerarium, non ritiene che uno di essi abbia l’autorità di sostituirsi al nome
tradizionale. Tuttavia, secondo SOMIGLI 1988, p. 197, Ambrogio Traversari
avrebbe preferito il termine Commentariolum, perché si riferisce così al suo scrit-
to in una lettera indirizzata al fratello Girolamo (TRAVERSARI, Epistolae, 1759,
XI, 6 = vol. II, col. 483).
124
L’Hodoeporicon si apre con la partenza del monaco per il capitolo gene-
rale di Bertinoro (11 ottobre 1431) e si chiude con la fuga di Eugenio IV da
Roma e il suo successivo ricovero prima a Pisa, poi a Firenze (giugno 1434).
Sulla valenza autobiografica dello scritto traversariano, connotato da una for-
te impronta soggettivistica dal risvolto autocelebrativo, si veda PITTALUGA
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L’UOMO: VITA E CULTURA 23

forzare la sua autorità sulla congregazione camaldolese e di


assicurarsi l’obbedienza dei sottoposti, ma anche per additare

1998, pp. 301-303. La narrazione sembra chiaramente interrotta, e forse il


Traversari intendeva proseguirla, ma gli impegni del generalato prima, la
morte poi, glielo impedirono. Secondo Tamburini (in TRAVERSARI, Hodoepori-
con, 1985, p. 11), la stesura definitiva dell’Hodoeporicon andrebbe collocata al
più tardi entro l’anno successivo agli eventi narrati, e precisamente entro il
18 maggio 1435. Più cauta la posizione di IARIA 2005b, p. 100, che, dopo
aver ricostruito un quadro articolato dei tempi di scrittura traversariani nella
stesura dell’Hodoeporicon, pur nella scarsità di indizi in nostro possesso (IARIA
2005b, pp. 97-100), arriva a ritenere plausibile che il monaco possa aver la-
vorato al suo diario di viaggio tra la seconda metà del 1434 e la prima me-
tà del 1435. Tuttavia, anche se sembra difficile stabilire con esattezza quan-
do fu ultimata la redazione definitiva del testo, è indiscutibile che Ambrogio
Traversari non scrisse il racconto interamente a posteriori, ma si avvalse anche
di note e appunti registrati currenti calamo lungo un arco di circa tre anni (cfr.
IARIA 2005b, p. 99). Interessante è pure la stretta correlazione, talora addi-
rittura l’esatta corrispondenza, tra il testo dell’Hodoeporicon e quello delle let-
tere spedite dal Traversari negli stessi anni (cfr. da ultimo sempre IARIA
2005b, pp. 98-99). Nessun manoscritto che conserva il testo dell’Hodoeporicon
traversariano, però, è l’autografo di lavoro del monaco. I due codici più an-
tichi finora noti sono rispettivamente un volume di provenienza medicea scrit-
to da una mano molto simile a quella di Michele monaco (Firenze, Bibliote-
ca Medicea Laurenziana, Plut. 13. 12: cfr. IARIA 2005b, pp. 99, 104-107, 118)
e una copia proveniente dall’eremo di Camaldoli scritta dal frate Giovanni da
Laterina intorno al 1465-1470 (Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Con-
venti Soppr. D. III. 34: cfr. IARIA 2005b, pp. 110-111). L’abate Lorenzo Me-
hus ritenne di avere visto l’autografo traversariano tra i volumi dalla biblio-
teca di S. Maria degli Angeli e ne lasciò una lunga descrizione in MEHUS
1759, I, pp. XCI-XCII, oltre alle lezioni da lui stesso annotate sui margini di
un esemplare dell’edizione lucchese a stampa del 1681, attualmente in Bi-
blioteca Riccardiana, Stamp. 3869-3892 (cfr. MEHUS 1759, I, p. XCI). Tutta-
via, il recente riesame della tradizione manoscritta dell’Hodoeporicon compiuto
da IARIA 2005b, pp. 103-112 ha permesso di individuare il volume di S. Ma-
ria degli Angeli in un manoscritto ora a Berlino (Staatsbibliothek zu Berlin –
Preussischer Kulturbesitz, lat. qu. 308) e di escludere con sicurezza che pos-
sa trattarsi dell’originale di lavoro del monaco: cfr. in particolare IARIA 2005b,
pp. 107-109. La prima edizione a stampa dell’Hodoeporicon, pubblicata a Luc-
ca nel 1681 da Niccolò Bartolino per volontà di Antonio Magliabechi, si ba-
sò sul codice mediceo Laurenziano Plut. 13. 12. Una seconda edizione a stam-
pa fu curata poi da DINI-TRAVERSARI 1912, che collazionò il testo dell’edi-
zione lucchese recante a margine le correzioni del Mehus con il codice
proveniente dall’Eremo di Camaldoli (cfr. TRAVERSARI, Hodoeporicon, 1912, p.
5). Tuttavia, per quanto provvista di apparato critico, l’edizione di Dini-Tra-
versari presenta numerosi errori testuali, che rendono auspicabile una sua ri-
edizione, di cui si è occupata Simona Iaria per la tesi di dottorato discussa
presso l’Università di Firenze. Andrà infine segnalata la recente traduzione ita-
liana di Tamburini, che «tiene conto sia dei codd. Mediceo-Laurenziano e
Camaldolese, sia delle correzioni apportate dal Mehus alla edizione lucchese,
eliminando in pari tempo gli errori testuali, riscontrabili nel testo latino pro-
posto dal Dini Traversari» (così TRAVERSARI, Hodoeporicon, 1985, p. XIV).
01 23-02-2009 19:03 Pagina 24

24 CAPITOLO PRIMO

ai confratelli un moderno exemplum di virtù monastica, quasi


una sorta di Vita di un Padre della Chiesa dei propri tempi.
Nel contempo, il monaco – da buon umanista – approfit-
tò del viaggio anche per visitare il maggior numero possibi-
le di biblioteche, appartenenti sia a enti religiosi che a pri-
vati, alla scoperta di testi ancora sconosciuti alla cerchia de-
gli amici fiorentini.125 Un’attività umanistica in piena regola,
dunque, a cui da tempo erano dediti altri studiosi.126 Del re-
sto, ancora pochi mesi prima di essere nominato generale
della congregazione camaldolese, il Traversari aveva esaltato
l’attività di ricerca d’oltralpe.127 Adesso, rotto il vincolo del-
la clausura, poteva dare il suo personale contributo all’im-
presa. I frutti del paziente e lungo lavoro non furono quelli
sperati, dal momento che vennero riportati alla luce solo po-
chi opuscoli di minore importanza.128 In ogni caso, però, non

125
Saltuariamente, Ambrogio Traversari ebbe modo di soddisfare anche le
proprie curiosità antiquarie. A Venezia, nel 1433, Ciriaco d’Ancona gli pre-
sentò antiche iscrizioni e monete preziose con i volti di Lisimaco, Filippo e
Alessandro, oltre a un’effigie di Scipione Minore su un’onice; inoltre, il me-
dico veneziano Pietro Tommasi gliene mostrò una di Alessandro Magno con
il nome del condottiero in vetustissimae literae graecae (cfr. TRAVERSARI, Hodoepo-
ricon, 1912, p. 65-66 = TRAVERSARI, Hodoeporicon, 1985, p. 126; TRAVERSARI,
Epistolae, 1759, VIII, 45 = vol. II, col. 412). Pochi giorni dopo, sempre a Ve-
nezia, il Camaldolese riuscì a vedere presso Benedetto Dandalo la moneta d’o-
ro di Berenice, di cui fece approntare un calco in bronzo per il Niccoli, men-
tre non fu altrettanto fortunato con l’immagine in cristallo di Alessandro Ma-
gno (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 47 = vol. II, col. 416; VIII, 48
= vol. II, col. 417; VIII, 49 = vol. II, col. 418; XI, 76 = vol. II, col. 566).
Merita infine di essere ricordata una lettera del 1431 a Niccolò Niccoli, da
cui trapela la trepidazione e l’incredulità per il possibile ritrovamento di «mil-
le signa tum lapidea, tum marmorea antiqui operis» ammassati da un mona-
co a Roma tra le pareti domestiche (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII,
38 = vol. II, col. 400).
126
Le pazienti e laboriose ricerche svolte dai primi umanisti per liberare
gli auctores del passato dalle catene dei monasteri medievali, dove erano sepolti
da secoli, sono state messe in luce nell’ancora insuperato capolavoro di SAB-
BADINI 1967. Sulle ricerche di codici contenenti testi patristici fatte svolgere o
compiute in prima persona da Niccolò Niccoli e Ambrogio Traversari tra gli
anni Venti e Trenta del Quattrocento si legga anche la ricostruzione propo-
sta da S. GENTILE, Umanesimo fiorentino e riscoperta dei Padri, in Umanesimo e Pa-
dri 1997, pp. 49-61.
127
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 2 = vol. II, col. 353.
128
L’elenco dei pochi opuscoli riscoperti e delle biblioteche visitate dal Tra-
versari nel corso dei suoi lunghi viaggi è già stato ricostruito da DINI-TRAVER-
01 23-02-2009 19:03 Pagina 25

L’UOMO: VITA E CULTURA 25

vennero meno l’impegno e la cura dimostrati dal Traversari


nella ricerca, nonché la notevole attitudine critica e filologi-
ca nel valutare, da un punto di vista materiale e testuale, i
documenti ritrovati.
Anche nella descrizione dei codici visti, riscoperti e tra-
scritti nel corso dei lunghi viaggi, Ambrogio Traversari ri-
sponde pienamente agli orientamenti umanistici del tempo.
Già durante gli anni della clausura monastica in S. Maria
degli Angeli, il monaco aveva teorizzato l’importanza della
descrizione fisica del documento, accanto a quella contenuti-
stica, per la ricerca di esemplari vetusti e di pregio dei sin-
goli testi. Infatti, in una lettera del 20 ottobre 1415 a Fran-
cesco Barbaro aveva criticato la negligenza dell’amico nel re-
digere l’indice dei libri di Leonardo Giustiniani e lo aveva
invitato a segnalare, manoscritto per manoscritto, «quidquid
in quolibet codice continetur singulatim, qua namque sit li-
terarum facie, cuius magnitudinis».129 Anche in una seconda
lettera del successivo 11 marzo, sempre al Barbaro, il Ca-
maldolese aveva riproposto il binomio forma-contenuto in
merito alla descrizione di un volume di Alessandro di Afro-
disia posseduto dall’amico.130
Tuttavia, nonostante la buona premessa teorica circa l’op-
portunità di caratterizzare ogni testimone anche dal punto di
vista materiale, nella pratica delle proprie descrizioni Am-
brogio Traversari limitava fortemente i dati esterni del do-
cumento a poche scarne notizie, privilegiando invece la det-
tagliata elencazione dei testi in esso contenuti.131 È pur vero

SARI 1912, pp. 106-115 e STINGER 1977, pp. 116-117, con rimandi puntuali al-
l’epistolario e al diario di viaggio del monaco.
129
TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 4 = vol. II, col. 278. Sull’importanza
di questa famosa lettera traversariana cfr. almeno PETRUCCI 2001, p. 20.
130
«Alexander ille Aphrodiseus cuiusmodi sit, qua magnitudine, quave li-
terarum facie, quosve Aristotelis libros exponat scire plenius cupio» (TRAVER-
SARI, Epistolae, 1759, VI, 7 = vol. II, col. 284).
131
Mi limito qui a richiamare solo alcuni esempi di codici descritti da Am-
brogio Traversari: il Laurenziano Plut. 7. 30, contenente il commento di Gre-
gorio di Nissa al Cantico dei Cantici, di proprietà di Niccolò Niccoli (cfr. TRA-
VERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 5 = vol. II, col. 360 [18 dicembre 1423]); un
volume dei Concili, sempre appartenuto al Niccoli (cfr. TRAVERSARI, Epistolae,
1759, VIII, 3 = vol. II, coll. 357-358 [gennaio 1424]); il celebre Laurenzia-
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26 CAPITOLO PRIMO

che nelle epistole traversariane le definizioni delle diverse


scritture, che in pochi casi fortunati possiamo confrontare col
codice a cui furono applicate, 132 si rivelano nel complesso
precise e rispondenti alla terminologia paleografica in uso tra
gli umanisti del primo Quattrocento italiano, 133 mentre mag-
giori incertezze trapelano in merito alle cronologie, che non

no Plut. 32. 9, contenente Eschilo, Sofocle e Apollonio Rodio, ancora una vol-
ta del Niccoli (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 8 = vol. II, coll. 368-
369 [25 maggio 1424]); il Tertulliano di proprietà del card. Orsini, attual-
mente Conventi Soppr. J. VI. 10 della Biblioteca Nazionale Centrale di Fi-
renze (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 37 = vol. II, coll. 398-399 [23
giugno 1431]); un manoscritto ebraico donato al Traversari da Stefano Por-
cari (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XI, 16 = vol. II, col. 497 [18 febbraio
1432]); le 39 omelie origeniane su Luca nella versione di Girolamo, riscoper-
te dal monaco in S. Cecilia a Roma, forse attualmente Laurenziano San Mar-
co 610 (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XI, 16 = vol. II, col. 497 [18 feb-
braio 1432]; VIII, 42 = vol. II, coll. 406-407 [3 marzo 1432]); un volume
miscellaneo avuto in prestito da Marco Lippomani (cfr. TRAVERSARI, Episto-
lae, 1759, XI, 24 = vol. II, col. 508 [31 marzo 1432]); un antichissimo qua-
ternione contenente epigrammi di Roma «non maiusculis, sed communibus li-
teris», da restituire a Poggio (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XI, 27 = vol.
II, col. 512 [11 aprile 1432]); i volumi della biblioteca di Pietro Tommasi,
medico veneziano, e quelli donati al Traversari da Francesco Barbaro (cfr.
TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 46 = vol. II, col. 413 [6 giugno 1433]); le
epistole di Agostino viste a Treviso (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 47
= vol. II, col. 415 [20 giugno 1433]).
132
Un primo confronto sicuro – istituito già da RIZZO 1973, pp. 133-134
– concerne il Tertulliano di proprietà del card. Orsini, la cui grafia, descrit-
ta dal Traversari come «novae et barbarae literae» (cfr. TRAVERSARI, Episto-
lae, 1759, VIII, 37 = vol. II, coll. 398-399 [23 giugno 1431]) corrisponde al-
la brutta gotica corsiva di mano tedesca dell’attuale Conventi Soppr. J. VI.
10 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. A esso si aggiunge la pro-
babile identificazione – suggerita sempre da RIZZO 1973, p. 124 – tra il Lau-
renziano San Marco 610, in scrittura insulare, e il codice contenente le 39
omelie origeniane al Vangelo di Luca, descritto dal Traversari come un ve-
tusto volume «literis longobardis» (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XI, 16 =
vol. II, col. 497 [18 febbraio 1432]; VIII, 42 = vol. II, coll. 406-407 [3 mar-
zo 1432]).
133
I significati che gli umanisti quattrocenteschi attribuivano ai termini pa-
leografici adottati nelle descrizioni dei manoscritti e la loro sostanziale dipen-
denza dalla prassi di età medievale sono stati lungamente indagati in una se-
rie di importanti contributi di Emanuele Casamassima, Silvia Rizzo e Stefa-
no Zamponi. La notorietà dei risultati di questi lavori mi permette di
limitarmi qui, per ragioni di spazio, a un sommario rinvio bibliografico: si ve-
dano in particolare CASAMASSIMA 1960, CASAMASSIMA 1964a, CASAMASSIMA
1964b (che raccoglie e amplia i due precedenti contributi), RIZZO 1973, pp.
114-147, RIZZO 1984 e ZAMPONI 1984.
01 23-02-2009 19:03 Pagina 27

L’UOMO: VITA E CULTURA 27

si lasciano ricondurre a una precisa datazione per secoli.134


Ma, a prescindere dalle osservazioni puntuali, il dato di fon-
do non cambia: nel Camaldolese la prassi di lettore e tra-
duttore tende di continuo a prendere il sopravvento sulla teo-
ria catalografica e l’interesse del monaco si rivolge piuttosto
ai contenuti dei libri che alle loro forme grafiche.
Talvolta poi, nelle lettere scritte durante i suoi lunghi viag-
gi, il monaco indulge ad acute osservazioni filologiche, in
particolare relative ad aspetti stilistici e retorici dei testi letti
ed esaminati. In un’interessante missiva a Niccolò Niccoli, in-
viata da Roma il 27 aprile 1432, il Traversari prima attri-
buisce a Origene, in base allo stile, le dodici omelie su Isaia
viste a Montecassino, poi mette in dubbio, sempre per le pe-
culiarità linguistiche del dettato, la paternità ciceroniana di
un opuscolo di Synonyma e Differentiae verborum.135 Degna di no-
ta è anche un’altra lettera al Niccoli di pochi giorni prima
(12 aprile 1432), in cui la corretta lettura di Frontini al posto
di Frontonis restituisce al primo lo scritto De aquaeductibus ri-
scoperto da Poggio.136
Anche l’acribia filologica risulta decisamente in linea con
l’attività degli umanisti del tempo, nonostante nel Camaldo-
lese essa appaia spesso ridimensionata dai pressanti impegni
religiosi. Eppure, non appena se ne presentavano il tempo e
l’occasione, la propensione umanistica tornava a reclamare lo
spazio di sempre.

134
Non inganni la datazione traversariana «ante sexcentesimum annum»,
che RIZZO 1973, p. 164 ritiene precisa in relazione al Laurenziano Plut. 32.
9 dei tragici e di Apollonio Rodio, mentre a me sembra piuttosto una sorta
di formula fissa, adoperata più volte dal monaco nel significato di «moltissi-
mo tempo fa» (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 3 = vol. II, coll. 357-
358 [gennaio 1424]; VIII, 8 = vol. II, coll. 368-369 [25 maggio 1424]). Sul-
la terminologia adottata dal Poliziano e da altri umanisti circa la datazione
dei codici si veda RIZZO 1973, pp. 147-167.
135
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 44 = vol. II, coll. 410-411. Sul-
l’attento spirito filologico del Traversari in questa epistola si veda STINGER
1977, p. 55.
136
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 43 = vol. II, col. 409.
01 23-02-2009 19:03 Pagina 28

28 CAPITOLO PRIMO

2.2 Basilea 1435: la diplomazia traversariana al servizio del pontefice

La duplice natura di umanista e cristiano militante ac-


compagnò Ambrogio Traversari anche nei successivi anni del
generalato. Al concilio di Basilea, insediato fin dal 1431, la
fazione avversa al papa aveva preso rapidamente il soprav-
vento. Nell’estate del 1435, pertanto, in virtù dei legami per-
sonali con Eugenio IV e dell’indiscussa abilità diplomatica, il
Camaldolese fu inviato nella città d’oltralpe per partecipare
ai lavori conciliari. Il suo compito era difendere l’autorità pa-
pale, ma soprattutto ottenere la revoca del cosiddetto decre-
to sulle annate, un decreto che vietava alla curia romana di
riscuotere le tasse fino a quel momento dovute da ogni de-
stinatario delle bolle pontificie elargenti un beneficio eccle-
siastico.137
In quest’occasione, coerentemente al monito teorico delle
traduzioni giovanili, il Traversari si adoperò per difendere l’u-
nità della Chiesa latina. A qualcuno sembrerà di scorgere
un’intima contraddizione tra lo screditamento del concilio di
Basilea, che propugnava la necessità di una renovatio della co-
munità cristiana in capite et membris, e la precedente restaura-
zione dell’osservanza della regola nei monasteri camaldolesi e
vallombrosiani. Ma, a prescindere dalla fedeltà politica al pon-
tefice, probabilmente il monaco stimava il rischio di scisma
sotteso al concilio un male persino più grave dello sfrenato
lusso e della corruzione delle alte gerarchie ecclesiastiche.138
Infatti, il 26 agosto del 1435, in occasione della lunga ora-
zione tenuta davanti all’assemblea dei Padri conciliari, Am-
brogio Traversari insistette particolarmente proprio sul tema
della pace e dell’unità,139 affrontando gli argomenti teologici

137
Sul concilio di Basilea cfr. WOHLMUTH 1990, pp. 240-259, con biblio-
grafia alle pp. 277-281. Sulla questione delle annate cfr. anche Storia della Chie-
sa 1979, pp. 357-358.
138
«Traversari’s support for papal authority is unquestionably genuine. He
longed for reform, but he feared schism more»: così STINGER 1977, p. 192.
Sulla fedeltà dimostrata dal Traversari al papa in occasione del concilio di Ba-
silea si legga anche CABY 1999, pp. 675-682.
139
Il testo dell’orazione è edito in TRAVERSARI, Epistolae, 1759, Oratio II.
De pace et unitate servanda in Concilio Basileensi = vol. II, coll. 1143-1152. A pro-
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L’UOMO: VITA E CULTURA 29

ed ecclesiologici secondo una prospettiva storico-retorica, con


riferimenti puntuali alle vicende della Chiesa delle origini stu-
diate nelle traduzioni degli anni giovanili.140
Il tema della pace ritorna inoltre nelle traduzioni patristi-
che delle tre orazioni De pace (orr. 6, 23, 22) di Gregorio Na-
zianzeno, volte in latino insieme alla De obitu patris (or. 18)
sempre durante le concitate giornate conciliari.141 Se però è
evidente il motivo per cui il Traversari volle tradurre e dedi-
care la De obitu patris ad Alonso García vescovo di Burgos,

posito di questo scritto traversariano, Vespasiano da Bisticci racconta un cu-


rioso aneddoto: «Avendo cominciata la sua oratione [scil. Ambrogio Traver-
sari], quando fu circa il mezo si ismarrì. Veduto a questo modo, sendo in tan-
to numero di degni uomini, avendo l’oratione nella manica, iscritta, subito la
cavò et apersela, et ritrovò dov’egli aveva mancato et riprese, et seguitò la sua
oratione infino alla fine, sanza altro impedimento» (VESPASIANO, Vite, 1970-
76, I, pp. 452-453). Ma il testo diffuso successivamente dal Camaldolese, ri-
spetto a quello realmente pronunciato, si presenta rimaneggiato, come con-
fessava lo stesso Traversari a Cristoforo da S. Marcello, vescovo di Rimini,
in una lettera spedita il 4 ottobre 1435 da Basilea (cfr. TRAVERSARI, Epistolae,
1759, III, 44 = vol. II, col. 164). Non sono a conoscenza di manoscritti che
abbiano conservato la stesura primitiva dell’orazione in esame.
140
Sull’attitudine storico-retorica con cui il Traversari approcciò la materia
teologica ed ecclesiologica in quest’orazione si veda STINGER 1977, pp. 190-192.
141
Di questo compatto gruppo di orazioni si sono occupati in maniera
esauriente WAY 1961, pp. 91-96; WAY 1971, pp. 135-136; SOTTILI 1988, pp.
306-309, 320-327 (lettere I-II); GENTILE 2000b, pp. 95-102. La versione della
De obitu patris, intrapresa dal Traversari per consolare il vescovo di Burgos del-
la scomparsa del padre (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, III, 46 = vol. II, col.
168), era già del tutto compiuta pochi giorni prima del 13 luglio 1436, data
in cui il Traversari prese contatto col monaco Michele per incaricarlo di co-
piare un esemplare da spedire al dedicatario (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759,
XIII, 7 = vol. II, col. 618). Invece, la versione delle tre De pace, per quanto
annunciata nella già menzionata lettera del 13 luglio a Michele, non fece mol-
ti progressi neppure nei mesi successivi; ancora in data 10 settembre l’arcive-
scovo di Milano Francesco Pizolpasso non l’aveva ricevuta (cfr. SOTTILI 1988,
p. 327, lettera II). Tuttavia, i dubbi di SOTTILI 1988, pp. 307-309, circa un
eventuale abbandono dell’impresa, sono stati definitivamente fugati da GENTI-
LE 2000b, p. 97, che ha riscoperto la terza De pace tra le carte del Vaticano
Ottob. lat. 1677, dopo che WAY 1961, pp. 94-95 e 1971, p. 135 aveva già
proposto di attribuire al Camaldolese le traduzioni anonime delle prime due
De pace individuate in tre manoscritti del XV secolo: il codice A. D. IX. 12
della Biblioteca Nazionale Braidense di Milano (cc. 251-262: De pace I; cc. 262-
269: De pace II), il Vaticano lat. 555 (cc. 27v-33v: De pace I; cc. 33v-37v: De pa-
ce II) e infine il Vaticano Reg. lat. 1612 (cc. 1-9r: De pace I; cc. 9v-12v: parte
iniziale della De pace II), successivamente riconosciuto come autografo da GEN-
TILE 2000b, p. 98.
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30 CAPITOLO PRIMO

che aveva da poco perso il padre, l’intenzione sottesa alla


versione delle tre De pace, dedicate invece a Francesco Pizol-
passo arcivescovo di Milano, fu piuttosto di ribadire il rischio
di scisma a cui sarebbe andato incontro il concilio, se avesse
radicalizzato la propria opposizione al pontefice.142
I risultati dell’intervento diplomatico del Camaldolese non
furono misurabili nell’immediato, ma egli riuscì quanto me-
no a guadagnare alla causa papale il cardinale Giuliano Ce-
sarini, legato pontificio e presidente dell’assemblea dei Padri
conciliari, inducendolo successivamente ad abbandonare la
città d’oltralpe.
Nel frattempo, però, dal momento che non riusciva ad ot-
tenere altro a Basilea, il monaco tentò un’ultima ambasceria
presso l’imperatore Sigismondo di Lussemburgo, da cui fu ri-
cevuto ad Alba Regale e ascoltato per ben due volte, prima
in udienza pubblica davanti all’intera assemblea di principi,
alti prelati e legati del concilio (26 dicembre 1435), pochi
giorni dopo (gennaio 1436) in udienza privata al cospetto del
solo imperatore e dei suoi collaboratori.143 In quest’ultimo e
più decisivo incontro il Camaldolese non si limitò a chiede-
re la sospensione del decreto sulle annate, ma ripropose co-
me capo d’accusa fondamentale la presunta volontà scisma-
tica del concilio.
Eppure, nonostante Ambrogio Traversari avesse avuto mo-
do già in precedenza di conferire direttamente con l’impera-
tore, 144 non sortì in questo caso gli effetti sperati e si vide co-

142
Si veda in proposito GENTILE 2000b, p. 100: «Il tema della pace, svol-
to dal Nazianzeno in tempi e luoghi diversi, non era stato affatto scelto per
una semplice esercitazione retorica: le tre orazioni costituivano tre distinti ap-
pelli a ricostruire, a mantenere la pace e a contenere i dissidi all’interno del-
la Chiesa».
143
Si tratta rispettivamente delle orazioni edite in TRAVERSARI, Epistolae,
1759, Oratio III. De rebus Concilii Basileensis ad Imperatorem Sigismundum = vol. II,
coll. 1151-1158 e TRAVERSARI, Epistolae, 1759, Oratio IV. In Basileenses ad Sigi-
smundum Imperatorem = vol. II, coll. 1157-1162.
144
Ambrogio Traversari aveva già incontrato Sigismondo di Lussemburgo
nel 1433 a Ferrara per ottenere conferma dei privilegi concessi ai Camaldo-
lesi dal padre dell’imperatore, Carlo IV di Lussemburgo. Se ne legga il rac-
conto in TRAVERSARI, Hodoeporicon, 1912, pp. 83-84 = TRAVERSARI, Hodoepo-
ricon, 1985, pp. 159-162. In quell’occasione il monaco donò a Sigismondo la
propria traduzione della Vita del Crisostomo e pronunciò un’orazione edita in
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L’UOMO: VITA E CULTURA 31

stretto a rientrare in Italia. Al ritorno da Basilea, nella tran-


quillità dell’eremo di Camaldoli, poté dedicarsi nuovamente
agli studia humanitatis e portare a compimento la versione del
corpus dello Pseudo-Dionigi l’Areopagita, lasciata in sospeso
ormai da alcuni anni.145 Nel contempo, il monaco progettò
anche un’altra traduzione, forse addirittura più ambiziosa:
quella delle novanta omelie di Giovanni Crisostomo sul Van-
gelo di Matteo.146 L’attività umanistica degli anni giovanili

TRAVERSARI, Epistolae, 1759, Oratio I. Pro privilegiorum Camaldulensium confirmatio-


ne ad Imperatorem Sigismundum = vol. II, coll. 1141-1144.
145
Entro la primavera del 1431, prima di essere nominato generale della
propria congregazione, il Camaldolese aveva tradotto le lettere e i primi due
trattati dello Pseudo-Dionigi l’Areopagita: il De coelesti hierarchia e il De ecclesia-
stica hierarchia. Mancavano però ancora due scritti: il De divinis nominibus e il
De mystica theologia – su cui si veda in particolare STINGER 1977, pp. 160-161.
Il 21 aprile 1436 il Traversari scrisse a Cristoforo da S. Marcello, vescovo di
Rimini, di essere nuovamente tornato al proposito di tradurre lo Pseudo-Dio-
nigi (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, III, 53 = vol. II, coll. 179-180). Ci vol-
le del tempo, ma finalmente, in data 2 aprile 1437, il Traversari poté an-
nunciare a frate Michele la fine del lavoro (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759,
XIII, 11 = vol. II, col. 621). Entro l’inizio d’aprile del 1437, dunque, la tra-
duzione traversariana del corpus dello Pseudo-Dionigi l’Areopagita era stata
conclusa e senza dubbio fu pubblicata di lì a poco. Sarebbe stata un grande
successo: fu probabilmente una tra le più lette versioni di Ambrogio Traver-
sari, e sicuramente una delle più apprezzate.
146
Si veda SOTTILI 1966, pp. 42-43 e STINGER 1977, pp. 154-156. Già
agli inizi dell’estate del 1436, di ritorno dal viaggio d’oltralpe come legato
apostolico, il Camaldolese doveva avere in mente di intraprendere la versio-
ne del commento omiletico a Matteo, se cercò di procurarsi buoni manoscritti
greci del testo (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XIII, 6 = vol. II, col. 617;
VII, 9 = vol. II, coll. 339-340; XIII, 9 = vol. II, col. 620). Nonostante non
avesse avuto risposta alcuna, l’11 gennaio 1437 il Traversari informò Placido
Pavanelli di avere quasi ultimato la traduzione del corpus dello Pseudo-Dioni-
gi e di essere ormai in procinto di iniziare quella crisostomiana (cfr. TRA-
VERSARI, Epistolae, 1759, IV, 29 = vol. II, col. 228). Durante gli affannosi ne-
goziati del concilio di Ferrara e Firenze il monaco sperò ancora di riprende-
re in mano la lunga traduzione (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XIII, 17 =
vol. II, col. 625; I, 31 = vol. II, col. 62). Ma questi sono gli ultimi riferimenti
alle omelie su Matteo che si incontrino nell’epistolario traversariano. Il Ca-
maldolese sarebbe stato di lì a poco completamente assorbito dalle discussio-
ni conciliari, e sembra quindi improbabile che fosse riuscito a tradurre una
parte significativa del testo. La morte, sopraggiunta pochi mesi dopo la fine
del concilio, avrebbe costituito l’estremo impedimento. Del resto, non è stato
riscoperto alcun manoscritto contenente questa traduzione, e sarà opportuno
ricordare – con STINGER 1977, p. 156 – che, solo una decina di anni più tar-
di, Niccolò V avrebbe commissionato la versione della stessa opera a Giorgio
01 23-02-2009 19:03 Pagina 32

32 CAPITOLO PRIMO

sembrò prendere ancora una volta il sopravvento nella vita


del monaco. Ma un nuovo impedimento stava per soprag-
giungere.

2.3. Il concilio di Ferrara e Firenze tra Oriente greco e Occidente latino

Il 18 settembre del 1437 Eugenio IV trasferì il concilio a


Ferrara, una città non ostile al pontefice e gradita anche ai
bizantini in vista dei negoziati per la riunificazione tra le due
Chiese, che avrebbe restituito al papa la forza necessaria a
dialogare con i Padri ancora riuniti a Basilea. L’intento di
Eugenio IV era infatti ricreare una oijkoumevnh cristiana, da
una sponda all’altra del Mediterraneo, che riconoscesse il pri-
mato papale in cambio del sostegno militare offerto ai Gre-
ci dall’Occidente latino nella guerra contro i Turchi.147 Pe-
raltro, la rinnovata unità dei cristiani era un progetto anti-
co, che la Chiesa aveva già tentato di attuare nel precedente
concilio Lionese II 148 e che era tornato in primo piano a se-
guito della ricomposizione dello scisma d’Occidente.149
Gli ultimi due anni di generalato si rivelarono dunque per
il Traversari i più densi di impegno diplomatico al servizio
della Chiesa, mentre il programma giovanile di traduzioni
patristiche, mirante a ricondurre la comunità cristiana del
suo tempo alla mitizzata povertà e unità originaria, oltre ad
avvicinarla alla spiritualità orientale del monachesimo con-
templativo, trovò nel concilio di Ferrara e Firenze il più ar-
duo terreno di attuazione pratica.150

di Trebisonda, il che sarebbe stato quanto meno strano, se avesse avuto a di-
sposizione la traduzione dello stimato monaco e amico.
147
Per una sintetica e brillante analisi delle ragioni sottese all’unione rea-
lizzata nel concilio del 1439 si legga PROCH 1990, pp. 300-319. Sulle com-
plesse vicende conciliari e sulle controversie dogmatiche cfr. pure l’ampio sag-
gio, utile anche se datato, di GILL 1959.
148
Sul II concilio di Lione (1274) cfr. PROCH 1990, pp. 285-299, con bi-
bliografia.
149
Sul concilio di Costanza (1414-1418), dove si concluse lo scisma d’Oc-
cidente con l’elezione di Martino V al soglio pontificio (1417), cfr. WOHL-
MUTH 1990, pp. 222-239, con bibliografia alle pp. 277-281.
150
Sull’attività del Traversari al concilio di Ferrara e Firenze esiste una bi-
01 23-02-2009 19:03 Pagina 33

L’UOMO: VITA E CULTURA 33

Deciso fautore del ravvicinamento tra l’Oriente greco e


l’Occidente latino, il 9 febbraio 1438 il Camaldolese raggiun-
se a Venezia i Greci ivi convenuti il giorno prima al seguito
dell’imperatore Giovanni VIII Paleologo e del patriarca di Co-
stantinopoli Giuseppe II. Per celebrare la solennità dell’even-
to aveva anche scritto un’orazione in greco, successivamente
tradotta in latino,151 che però non fu mai pronunciata.152
Nei successivi due anni il monaco avrebbe seguito gli spo-
stamenti del concilio a Ferrara prima e a Firenze poi, dove
esso fu trasferito agli inizi del 1439 a causa della peste e del-
le ristrettezze finanziarie delle casse pontificie, ma anche per
assicurare una maggiore stabilità politica, minacciata dalle
operazioni militari di Filippo Maria Visconti.153 La vasta co-
noscenza della patristica greca e l’incessante attività di tra-
duttore furono gli strumenti con cui il Traversari contribuì
maggiormente alla riuscita dello storico evento, al punto che,
quando dovette assentarsi dal luogo dei dibattiti, fu più vol-
te sollecitato a tornarvi dal cardinale Cesarini 154 e dallo stes-
so papa Eugenio IV.155
Infatti, a prescindere dal precedente bagaglio di letture e
versioni giovanili, tradusse ex novo alcuni spezzoni dell’Adver-

bliografia discretamente ricca, che si è infittita negli anni successivi al conci-


lio Vaticano II. Mi limito qui a richiamare i lavori più significativi: DÉCAR-
REAUX 1957; SOMIGLI 1964; SOTTILI 1977, pp. 203-222; PROCH 1988; CA-
CIOLLI 1994; PONTANI 1994, pp. 761-765; RAO 1994 (questi ultimi tre con-
tributi fanno parte di una più ampia serie di studi raccolti in occasione del
convegno Firenze e il Concilio del 1439, tenuto a Firenze nel 1989); CABY 1999,
pp. 683-691.
151
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XIII, 16 = vol. II, col. 624. Della
versione latina dell’orazione è conservato il testo, edito in TRAVERSARI, Epi-
stolae, 1759, Oratio V. Ad Ioannem Palaeologum Imperatorem Graecorum, Iosephum Pa-
triarcham Constantinopolitanum, ceterosque Praesules Graecos in eorum adventu ad Conci-
lium = vol. II, coll. 1161-1166.
152
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, I, 30 = vol. II, col. 58; III, 65 = vol.
II, col. 196.
153
Così PROCH 1990, p. 305. Il trasferimento del concilio a Firenze consa-
crò il potere personale di Cosimo de’ Medici alla guida della città toscana, che
già da alcuni anni ospitava il papa esule da Roma, finanziandone la politica
di strenua opposizione ai Visconti di Milano: cfr. FUBINI 1994, pp. 62-86.
154
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XXIV, 5 = vol. II, col. 977; XXIV,
6 = vol. II, col. 977.
155
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XXIV, 3 = vol. II, col. 974.
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34 CAPITOLO PRIMO

sus Eunomium di Basilio di Cesarea, di cui Giovanni da Mon-


tenero si servì durante la quinta sessione dogmatica del 14
marzo 1439.156 È interessante anche la testimonianza resa
sempre da Giovanni da Montenero durante la quarta sessio-
ne dogmatica del 10 marzo: il teologo latino dichiarò che,
due giorni prima, Ambrogio Traversari aveva letto in casa
del Cesarini un’omelia di Basilio sullo Spirito Santo, tradu-
cendola all’impronta da un codice greco molto antico in per-
gamena.157 Dunque, non solo versioni scritte, ma anche ver-
sioni orali, dettate dalla necessità di ridurre i tempi nei fre-
netici mesi conciliari.
Tuttavia l’attività del Traversari al concilio di Ferrara e
Firenze non si esaurì nel lavoro di traduzione.158 In primo
luogo, infatti, il monaco fu attivo interlocutore dei prelati bi-
zantini anche sul piano dei rapporti informali, grazie alla
buona padronanza del greco parlato.159 Inoltre, il concilio
rappresentò il momento in cui numerosi manoscritti, molti
dei quali antichi, arrivarono in Italia dall’Oriente. Fu quindi
un’occasione privilegiata di scambio, dono e lettura di testi
prima sconosciuti o poco noti all’Occidente latino, magari
perché posseduti solo in esemplari mutili o lacunosi.160 An-

156
Cfr. STINGER 1977, pp. 216-217 e GAIN 1985, pp. 74-75.
157
Cfr. STINGER 1977, p. 217. Sulla conoscenza delle omelie di Basilio da
parte di Ambrogio Traversari negli anni precedenti il concilio si veda GAIN
1985, pp. 67-68.
158
Sul ruolo rivestito da Ambrogio Traversari al concilio di Ferrara e
Firenze si legga l’agile, ma completa sintesi di CORTESI 1995, pp. 490-492.
Cfr. anche M. CORTESI, Umanisti alla ricerca dei Padri greci, in Umanesimo e Pa-
dri 1997, p. 71.
159
Sulla documentata padronanza traversariana del greco parlato cfr. PON-
TANI 1994, pp. 762-765. Il monaco, tuttavia, non rivestì mai il ruolo di inter-
prete ufficiale al concilio di Ferrara e Firenze, dal momento che l’incarico fu
riservato al solo Nicola Sekoundinòs (cfr. sempre PONTANI 1994, pp. 761-762).
160
È interessante la lettera scritta dal Traversari a Filippo di ser Ugolino
Peruzzi durante una pausa nei lavori del concilio (cfr. MERCATI 1939, pp. 24-
26). In essa il monaco elenca alcuni codici visti presso il Paleologo: un Pla-
tone, un Plutarco e un Aristotele con commento di Simplicio. Descrive inol-
tre parte della biblioteca del Bessarione, che includeva numerosi testi mate-
matici, tra cui opere di Euclide e un Tolomeo illustrato, oltre al Contra
Iulianum Apostatam di Cirillo d’Alessandria. Il ruolo privilegiato del concilio di
Ferrara e Firenze come momento d’incontro e scambio culturale tra umani-
sti greci e latini è ben riassunto in PERTUSI 1980, pp. 212-225. Del resto, an-
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L’UOMO: VITA E CULTURA 35

cora una volta, come già durante i viaggi degli anni prece-
denti, il Camaldolese fu conquistato da una passione tutta
umanistica: la ricerca e la riscoperta di testi antichi.
Finalmente il 6 luglio 1439, a coronamento di un lungo e
paziente lavoro durato più di un anno, fu firmato a Firenze
il decreto d’unione tra le due Chiese, la bolla Laetentur coeli.
Il Traversari stesso firmò il documento, in qualità di gene-
rale dei Camaldolesi, dopo avere partecipato alla stesura del
testo, forse all’interno di una commissione composta sia da
latini che da greci.161
Una volta conclusi i lavori del concilio, il monaco si riti-
rò nel monastero di Fontebona, a Camaldoli, con la speran-
za di potersi dedicare nuovamente alle traduzioni dal greco.
Questo almeno scriveva a Lorenzo de’ Medici il 20 settem-
bre del 1439, nell’ultima lettera conservata dall’epistolario.162
Invece, il successivo 21 ottobre, Ambrogio Traversari morì
improvvisamente nel monastero di S. Salvatore a Firenze. Si
parlò di peste, ma si sospettò anche l’avvelenamento.163 Le
cause della morte non furono mai chiarite.
I risultati della paziente azione diplomatica del Camaldo-
lese sarebbero sfumati dopo soli pochi anni. Diversa fu in-
vece la sorte delle sue traduzioni. Lette, copiate a mano e
poi riprodotte in numerose edizioni a stampa, molte di esse
entrarono a far parte delle principali biblioteche umanistiche
del Quattro-Cinquecento, rendendo accessibile a quanti an-
cora non conoscevano il greco i testi dei Padri della Chiesa
delle origini.

che in occasione del precedente concilio d’unione Lionese II (1274) a Bisan-


zio si era infittita la ricerca e la traduzione latina di fonti patristiche: si veda
RIGOTTI 2000, pp. 273-274.
161
Così PROCH 1988, p. 155. Meno probabile l’ipotesi che Ambrogio Tra-
versari sia stato l’unico autore del testo della Laetentur coeli, nonostante sia pur
vero quanto scriveva SOTTILI 1964, pp. 123-128, cioè che vi sono notevoli
punti in comune e affinità di concetti tra la prima parte del decreto d’unio-
ne e l’orazione, scritta ma mai pronunciata, che il Camaldolese aveva prepa-
rato per salutare l’arrivo dei Greci a Venezia nel febbraio 1438. Sulla com-
plessa genesi del testo contenuto nel decreto d’unione, frutto di una lunga ed
estenuante trattativa, cfr. sempre PROCH 1988, pp. 154-163.
162
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VII, 18 = vol. II, coll. 346-349.
163
Una diversa ipotesi di malattia in SOMIGLI 1988, p. 200.
01 23-02-2009 19:03 Pagina 36

36 CAPITOLO PRIMO

3. Due secoli di oblio

Curiosamente, però, proprio la natura di umanista cristia-


no, che ai nostri occhi rende l’esperienza di Ambrogio Tra-
versari così peculiare, sembra avere determinato nel corso dei
secoli un abbandono storiografico da cui, ancora oggi, la sua
figura stenta a risollevarsi.
Punto di partenza obbligato per indagare la fortuna del
Camaldolese è l’edizione dell’epistolario, curata da Pietro
Canneti, ma stampata nel 1759 dopo la sua morte sotto la
supervisione di Lorenzo Mehus.164 Nel numero 47 delle «No-
velle Letterarie» di Firenze, che reca la data del 18 novem-
bre 1740, era già stata annunciata l’imminente pubblicazio-
ne, presso il libraio fiorentino Giuseppe Rigacci, degli epi-
stolari di ben quarantatré umanisti del Quattrocento italiano
– tra cui anche il Traversari – a cura dello stesso Mehus.165
La stampa della raccolta di lettere traversariane nasceva
quindi non come esperimento isolato, bensì nell’ambito di un
più vasto progetto editoriale che, oltre a riconoscere la ne-
cessità di rendere accessibili a molti i carteggi quattrocente-
schi, presupponeva un universo umanistico non esclusiva-
mente Firenze-centrico e non soltanto limitato ai grandi no-
mi che si sarebbero imposti in seguito. Purtroppo l’impresa
si arenò ancora agli albori, e il Mehus dovette aspettare il
1759 per vedere pubblicato l’ampio lavoro sul Camaldolese.
Al vero e proprio epistolario traversariano egli aggiunse
inoltre un’imponente introduzione storico-erudita sull’historia
litteraria florentina ab anno MCXCII usque ad annum MCCCCXL,
che culmina in una ricostruzione della vita Ambrosii. L’im-
menso numero di fonti da cui attinse il Mehus impressiona
non soltanto per la mole quantitativamente ragguardevole,
ma anche per il vaglio critico a cui ciascuna di esse fu sot-
toposta.166 Si tratta di un lungo elenco di nomi, che inizia

Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, 2 voll.


164

Cfr. PEROSA 2000a, pp. 10-11.


165

166
Per l’ineguagliabile esperienza dei materiali sepolti nelle biblioteche e
negli archivi fiorentini, nonché per la perizia tecnica e la metodologia filolo-
01 23-02-2009 19:03 Pagina 37

L’UOMO: VITA E CULTURA 37

dai contemporanei dello stesso Traversari (tra cui un posto


di rilievo è riservato al Commentario della vita di frate Ambruogio
degli Agnoli scritto in volgare da Vespasiano da Bisticci) 167 per
arrivare fino al Centifolium Camaldulense di Magnoaldo Ziegel-
baur, edito a Venezia solo pochi anni prima dell’epistolario
traversariano.168
La summa di tre secoli di notizie, reali e leggendarie, sul-
la vita del monaco, per quanto vagliate con spirito filologi-
camente maturo, risultò a conti fatti una caotica congerie di
dati storici ed eruditi. Eppure, proprio l’affastellamento dei
materiali, ma contemporaneamente la loro ricchezza e va-
rietà, avrebbero ragionevolmente fatto supporre un’ulteriore
elaborazione critica tra Sette e Ottocento. Per più di due se-
coli, invece, un lungo silenzio avvolse la figura di Ambrogio

gica matura con cui affrontava i documenti, Lorenzo Mehus ci appare dav-
vero come una delle vette dell’erudizione toscana del Settecento: se ne legga
il profilo tratteggiato da CAMPANA 2004 (sull’epistolario traversariano cfr. in
particolare le pp. 12-13). Sulla sostanziale alterità di Lorenzo Mehus rispetto
agli orientamenti «maurino-muratoriani» dominanti nell’erudizione toscana del
Settecento e sulla sua ripresa consapevole della tradizione filologica olandese
e tedesca, si veda ROSA 1962 (alcune osservazioni più puntuali sull’edizione
dell’epistolario del Traversari sono alle pp. 43, 56, 63, 65, 72, 87). Ma, con-
trariamente a quanto sostiene l’autore del saggio (p. 56) – cioè che «era esi-
genza giusta, quella agitata dal Lami, delle note esplicative e dell’ordinamen-
to cronologico delle lettere, che il Mehus aveva tralasciato tanto per l’episto-
lario del Bruni quanto per quello del Salutati (come tralascerà poi per
l’epistolario del Traversari)» – si può osservare che nell’edizione dell’epistola-
rio traversariano il Mehus compì un salto qualitativo, ribadendo a livello teo-
rico l’importanza dell’ordinamento cronologico delle singole lettere («Ego ve-
ro pace Cl. Cannetii dicam, hanc Epistolarum compagem non per Classes, sed
per tempora ordine scilicet chronologico nullo habito scribentium discrimine
digessissem […]. Nam quid informius, quam legere Epistolam mense Novem-
bri an. 1430 datam, quum paulo supra in eodem Libro plures exstent an.
1437, atque adeo an. 1438 scriptae?»: così MEHUS 1759, I, p. X) e addirittu-
ra affiancando all’edizione per classes del Canneti un embrionale indice cro-
nologico (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, Index I, qui digerit potiores Ambrosii
Traversarii epistolas ea temporis ratione, qua scriptae sunt = vol. II, coll. 1173-1180).
Tuttavia, per un completo riordinamento cronologico dell’epistolario traver-
sariano si è dovuto attendere il lavoro di LUISO 1898-1903, 3 voll.
167
Cfr. MEHUS 1759, I, pp. XCIII-C.
168
ZIEGELBAUR 1750 (la vita di Ambrogio Traversari è alle pp. 1-7 del to-
mo I): cfr. MEHUS 1759, I, p. CXVIII. La storiografia camaldolese sul Traver-
sari dal Quattrocento al Settecento è ripercorsa nel lavoro di FOSSA 1988. Per
un contributo più generale sulla storiografia camaldolese e sulle sue fonti si
veda CABY 1999, pp. 9-56.
01 23-02-2009 19:03 Pagina 38

38 CAPITOLO PRIMO

Traversari. Silenzio tanto più curioso, se si pensa al con-


temporaneo fiorire di studi e ricerche sull’età rinascimentale.
Ma, fino alla pubblicazione nel 1964 del volume di Costan-
zo Somigli Un amico dei greci, che mette in luce l’impegno del
Camaldolese al concilio di Ferrara e Firenze, 169 si registra
una generale assenza di contributi di ampio respiro sul mo-
naco e sulla sua duplice attività di cristiano militante e, nel
contempo, di umanista.
In occasione del quinto centenario dalla morte (1939) non
sono mancati lavori pregevoli come quello di Giovanni Mer-
cati, 170 ricchissimo di osservazioni erudite e filologiche sul
contributo apportato dal Camaldolese alla fioritura culturale
della Firenze della prima metà del XV secolo; oppure anche
la meno pregevole, ma spesso citata, biografia traversariana
del Ricci, 171 che focalizza l’attenzione soprattutto sulle sue
doti di monaco e diplomatico al servizio della Chiesa. Ma
questi studi, oltre a essere dettati da una circostanza ben pre-
cisa (le celebrazioni per il cinquecentenario dalla morte), si
configurano necessariamente come lavori parziali, dal mo-
mento che privilegiano solo uno dei due aspetti della perso-
nalità traversariana.
Di fatto però, a parte sporadiche eccezioni 172 e contributi
eruditi specifici, 173 la figura di Ambrogio Traversari è stata
di norma trascurata fino agli anni Settanta e Ottanta del se-
colo scorso, quando, dopo il già citato lavoro di Somigli, vi-
dero la luce in rapida successione un saggio di Stinger, che

169
Cfr. SOMIGLI 1964. Merita qui di essere ricordato l’articolo di DÉCAR-
REAUX 1957, che anticipa in parte il lavoro di SOMIGLI 1964, ripercorrendo
l’attività traversariana al concilio di Ferrara e Firenze, da un punto di vista
però più schiettamente storico.
170
MERCATI 1939.
171
RICCI 1939.
172
Si ricordi qui il voluminoso lavoro, purtroppo di discutibile valore cri-
tico, di DINI-TRAVERSARI 1912, che, oltre alla ricostruzione biografica e cul-
turale dell’attività del Camaldolese, vanta alcune appendici storico-erudite, tra
cui in particolare la riedizione dell’Hodoeporicon traversariano.
173
Si vedano ad esempio il riordinamento cronologico dell’epistolario del
Traversari a cura di LUISO 1898-1903 e l’edizione di lettere inedite in LU-
GANO 1913, BERTALOT 1975a, BATTELLI 1939 e BULLETTI 1944-47. Si con-
tano anche alcuni isolati lavori sulle traduzioni del monaco in MIONI 1950,
WAY 1961, SOTTILI 1965 e SOTTILI 1966.
01 23-02-2009 19:03 Pagina 39

L’UOMO: VITA E CULTURA 39

ripercorre l’intera vicenda biografica e intellettuale del Ca-


maldolese a partire dall’epistolario e dall’Hodoeporicon, 174 un
ulteriore studio biografico curato da Somigli e Bargellini, 175
e una ricca serie di contributi di vario argomento pubblica-
ti in occasione del sesto centenario dalla nascita di Ambro-
gio Traversari, sia in un numero speciale di «Vita monasti-
ca»176 che negli atti del Convegno Internazionale di Studi te-
nuto a Camaldoli dal 15 al 18 settembre 1986.177
Forse è ancora troppo presto perché si arrivi alla riedi-
zione dell’epistolario, già auspicata nel 1939 dal Mercati, 178
o almeno a un’edizione critica attendibile dell’Hodoeporicon, 179
quanto meno però negli ultimi anni sembra essere rifiorito
l’interesse per il Camaldolese, che è culminato nella mostra
dal titolo Umanesimo e Padri della Chiesa – tenuta a Firenze dal
5 febbraio al 9 agosto 1997 – dove ampio spazio è stato de-
dicato appunto ai manoscritti trascritti e integrati dal mona-
co, o contenenti sue traduzioni dal greco.180
Ma come spiegare il disinteresse critico nei confronti di
Ambrogio Traversari tra la fine del Settecento e la prima
metà del Novecento? Pur senza alcuna pretesa di rispondere
in modo definitivo alla domanda, 181 non è possibile trascu-

174
STINGER 1977.
175
SOMIGLI-BARGELLINI 1986.
176
Ambrogio Traversari Camaldolese nel VI centenario dalla nascita 1386-1986, nu-
mero speciale di «Vita monastica», CLXVIII-CLXIX, 1987.
177
Ambrogio Traversari nel VI centenario della nascita, Convegno internazionale
di studi, Camaldoli-Firenze, 15-18 settembre 1986, a cura di G. C. GARFA-
GNINI, Firenze, Olschki 1988.
178
Cfr. MERCATI 1939, p. 50. L’edizione di riferimento per la raccolta di
lettere del Traversari è ancora quella di TRAVERSARI, Epistolae, 1759, vol. II.
È inoltre stata approntata una nuova edizione con commento delle epistole a
Niccolò Niccoli, curata da Anna Favi, in occasione della tesi di dottorato di-
scussa presso l’Università di Firenze nel 2004 (cfr. già FAVI 2001).
179
Per l’Hodoeporicon traversariano si deve ricorrere ancora alla scadente
edizione in DINI-TRAVERSARI 1912. Decisamente migliore, invece, la recente
traduzione italiana di Tamburini: TRAVERSARI, Hodoeporicon, 1985. È tuttavia
in preparazione (come accennavo supra, I.2.1, nota 124) una riedizione del te-
sto latino a cura di Simona Iaria.
180
Umanesimo e Padri 1997.
181
Una precisazione si rende indispensabile. Non saranno ripercorse in to-
to la storia della storiografia sull’età rinascimentale, né le singole correnti del-
01 23-02-2009 19:03 Pagina 40

40 CAPITOLO PRIMO

rare la forte cesura operata nel campo degli studi storici dal-
la famosa opera del Burckhardt Die Kultur der Renaissance in
Italien (edita a Basilea nel 1860), che, se da un lato si pone
come punto d’approdo del dibattito culturale di metà Otto-
cento sull’argomento, dall’altro rappresenta senza dubbio il
punto di partenza di ogni successiva discussione sul concetto
di Rinascimento. Molto è stato scritto sul saggio in esame,
ma quello che mi preme ricordare in questa sede è che – co-
me è noto – il Burckhardt tendeva a privilegiare la matrice
pagana della riscoperta dei classici antichi durante l’età ri-
nascimentale, nel tentativo di sottolineare con forza l’alterità
della nuova fase storica rispetto alla precedente.182
Tuttavia, mentre la revisione della tesi del Burckhardt ad
opera del Burdach, agli inizi del Novecento, apriva per la
prima volta il campo a una rivalutazione dell’intensa religio-
sità di cui era intessuta tutta l’età rinascimentale, come già
in precedenza quella medievale, 183 la critica successiva im-
postò piuttosto il discorso sulla questione della rivalutazione
del Medioevo e dell’esistenza di una frattura, o al contrario
di una continuità, tra quest’ultimo e il Rinascimento. 184 In ri-
sposta alle distorsioni di quanti non vedevano discontinuità
alcuna tra le due epoche, arrivando a negare l’esistenza di
una fase rinascimentale distinta dalla precedente, il filone sto-

la critica dall’Ottocento ai giorni nostri. Per una ricerca di così ampio respi-
ro si veda il pregevole lavoro di FUBINI 2001, pp. 211-336. Una sintetica pa-
noramica sull’argomento è offerta anche dal più datato saggio di HAY 1979.
Qui mi preme mettere in evidenza gli aspetti – e solo quegli aspetti – che
permettono di rispondere al quesito relativo al lungo abbandono storiografico
di Ambrogio Traversari.
182
L’idea di un Rinascimento unitario e antagonista al Medioevo non na-
sceva in Burckhardt come una suggestione isolata, ma affondava le proprie ra-
dici in una concezione diffusa, comune a più discipline. «Fu Hegel [HEGEL
1837, pp. 413-415], più ancora che Burckhardt, il primo a presentare una vi-
sione unitaria del Rinascimento come una travolgente spinta in avanti dello
spirito» (così GOMBRICH 1967, p. 129).
183
Burdach lavorò lungamente alla revisione della tesi di Burckhardt, pub-
blicando ben 11 volumi tra il 1912 e il 1939. Mi limito a segnalare una del-
le sue opere di maggiore importanza e notorietà: BURDACH 1926.
184
Sulla varietà di approcci e di risposte al problema si veda la sintesi di
HAY 1979, pp. 4-10 e si ricordino almeno i nomi e le opere fondamentali di
THODE 1885, HASKINS 1927, TOFFANIN 1933 e GILSON 1938.
01 23-02-2009 19:03 Pagina 41

L’UOMO: VITA E CULTURA 41

riografico dominante si concentrò sulla ricerca degli aspetti


peculiari della nuova stagione storica, oscurandone il dato re-
ligioso che, forse più di altri, appariva costituire un ponte tra
Medioevo e Rinascimento. Anche l’analisi più matura della
seconda metà del secolo, incarnata in primo luogo da due
grandi studiosi e filosofi, benché fra loro molto diversi, qua-
li Kristeller e Garin,185 ha continuato a porsi come obiettivo
principale la ricerca degli elementi formali specifici di ognu-
na delle due epoche, pur nella continuità del divenire storico.
Con questo non si vuole affatto sostenere che la critica no-
vecentesca trascurò in toto la vena religiosa dell’età rinasci-
mentale e l’importanza del ritorno ai Padri. Lo stesso Kri-
steller, ad esempio, tenne già nel 1954 una conferenza dal
titolo Paganism and Christianity.186 Ma si trattava prevalente-
mente di ricerche marginali rispetto all’orientamento princi-
pale degli studi, spesso funzionali solo a giustificare i succes-
sivi moti di Riforma e Controriforma.187
Curiosamente, però, Ambrogio Traversari continuava a es-
sere trascurato anche dal filone storiografico minoritario di
matrice cattolica. Non andrà dimenticato – è vero – l’ormai
datato lavoro di Corsano, che dedica un inquadramento spe-
cifico alla figura del Camaldolese, 188 cogliendone l’originalità
riformatrice di «umanista cristiano e frate», a fronte dell’in-
comprensione di quanti postulavano un dissidio «tra i prin-
cipi cristiani e le tendenze pagane, tra i doveri del monaco
e le aspirazioni del letterato».189 Tuttavia, si tratta pur sem-
pre di un intervento critico di modesta entità, che per giun-
ta tendeva a mettere in secondo piano l’impegno speso dal

185
Si segnalano alcuni ausilii per ripercorrere la vasta produzione biblio-
grafica di Eugenio Garin e Paul Oskar Kristeller. Per i lavori di Garin fino
al 1999 si veda Bibliografia 1999. Gli scritti di Kristeller dal 1929 al 1974 so-
no elencati in Philosophy and Humanism 1976, pp. 543-589.
186
Il testo della conferenza fu successivamente edito in KRISTELLER 1955,
pp. 70-91.
187
Sull’opportunità di approfondire ancora la ricerca sulla storia culturale
e spirituale della Chiesa in Italia tra XIV e XV secolo si veda HAY 1979, pp.
29-33. Per una storia della critica sul problema religioso del Rinascimento,
con ampia rassegna bibliografica, si veda ANGELERI 1952.
188
Cfr. CORSANO 1935, pp. 9-13 (ried. in CORSANO 1937, pp. 10-15).
189
Così CORSANO 1935, p. 9, nota 1.
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42 CAPITOLO PRIMO

Traversari a favore della riunificazione tra le Chiese d’O-


riente e d’Occidente. Non è forse un caso che questa carat-
teristica scomoda del monaco «amico dei Greci» sia stata
oscurata nel lavoro di Corsano (1937), mentre il primo libro
sull’argomento sia stato pubblicato nel 1964 all’indomani del
concilio Vaticano II, nel nuovo clima di distensione ecume-
nica promosso dalla Chiesa.190
Se però un ramo minoritario della critica continuò a in-
dagare, sulla strada aperta dal Burdach, lo spirito profonda-
mente religioso del Rinascimento, faticò per anni ad affer-
marsi il concetto che l’età umanistica e rinascimentale non fu
un blocco monolitico (neppure nell’ambito della stessa Firen-
ze su cui in prevalenza si concentrarono le ricerche), ma che
anche al suo interno si agitavano diverse tendenze, una del-
le quali era appunto di impronta religiosa.191 Non aiutarono
gli imponenti studi del Baron, che, creando la nuova cate-
goria di «umanesimo civile» ed enfatizzando lo stretto lega-
me tra letteratura civile e vita pubblica, videro in Leonardo
Bruni l’anima del Rinascimento fiorentino e accantonarono
le esperienze diverse, come quella di Ambrogio Traversari.192

190
Si tratta del volume di SOMIGLI 1964, che inaugurò una nuova stagio-
ne di studi sul Traversari.
191
Ad esempio, ancora recentemente FUBINI 1990, pur riconoscendo che
è esistito un umanesimo patristico incarnato in primo luogo da Ambrogio Tra-
versari (pp. XII-XIII), ha scelto di privilegiare una ricostruzione storica che ri-
percorre la parabola della contrapposizione tra umanesimo e cultura cristia-
na dal Petrarca al Valla (pp. 137-181). Anche il più recente saggio di WITT
2000 – che traccia un eccellente profilo dello sviluppo dell’umanesimo dal
1250 al 1420 circa, mettendo in relazione i nuovi orizzonti culturali (partico-
larmente approfonditi dal punto di vista della forma stilistica, grammaticale e
retorica) con i vasti mutamenti che stavano avvenendo nella vita politica, eco-
nomica e sociale italiana del tempo – lascia di fatto in disparte la figura del
Camaldolese, per quanto lo studioso riconosca la carenza degli studi in me-
rito al rinnovamento dell’umanesimo religioso mediante un linguaggio ispira-
to a Cicerone, un ambito in cui proprio il Traversari giocò probabilmente un
ruolo centrale (così WITT 2000, p. 504).
192
Tra i contributi più significativi di Hans Baron si ricordino almeno:
BRUNI, Schriften, 1928, BARON 1938a, BARON 1938b, BARON 1955a, BARON
1955b. Sulle critiche avanzate dallo stesso al presunto classicismo pedantesco
e al disimpegno politico di Niccolò Niccoli, con l’intento di evidenziare per
contrasto l’umanesimo civile di Leonardo Bruni, si veda l’equilibrata valuta-
zione di GOMBRICH 1967, p. 136.
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L’UOMO: VITA E CULTURA 43

Solo recentemente, esauritasi la necessità di individuare gli


elementi comuni a tutta un’età per contrapporla a un’altra,
si è riconosciuta pienamente la natura multiforme e sfaccet-
tata dell’età rinascimentale.193 Si è quindi restituito implicita-
mente valore al programma di edizioni del Mehus, in cui le
esperienze umanistiche più diverse, dagli albori del movi-
mento alla sua fase matura, erano poste senza discrimina-
zioni le une accanto alle altre, nel tentativo di ricomporre un
quadro il più possibile completo, non necessariamente Firen-
ze-centrico e ‘civile’, di quegli anni importanti che segnaro-
no il trapasso da un’età a un’altra.
Del resto, lo stesso Traversari non si ritenne mai ai mar-
gini del movimento umanista, né tale fu ritenuto dai suoi
contemporanei. Ad esempio, durante l’estate del 1433, nel
corso della visita ai monasteri della sua congregazione, deviò
in direzione dei colli Euganei per visitare ad Arquà la tom-
ba del Petrarca, padre di quegli studia humanitatis a cui lui
stesso si era dedicato per anni.194 Sempre in occasione dei
propri viaggi di carattere riformatore e diplomatico, ebbe an-
che modo di incontrare personaggi di spicco del movimento
umanista, come Francesco Barbaro, Leonardo Giustiniani e
Vittorino da Feltre, 195 dai quali fu accolto con grandi onori

193
Meritano di essere segnalati, per la profonda consapevolezza critica del
problema, i recenti saggi introduttivi al catalogo di mostra Umanesimo e Padri
1997: C. VASOLI, I fondamenti umanistici della ripresa dei Padri, pp. 25-31; S. GEN-
TILE, Umanesimo fiorentino e riscoperta dei Padri, pp. 45-62; M. CORTESI, Umanisti
alla ricerca dei Padri greci, pp. 63-75. In precedenza, già FERRARI 1995, p. 436
aveva lamentato la difficoltà di valutare il rilancio dei Padri in età umanisti-
ca, a causa delle carenze bibliografiche sull’argomento.
194
L’episodio è raccontato dal monaco nell’Hodoeporicon: «Placuit medio ex
itinere, veluti ex curriculo, deflectere paulisper, ut Francisci Petrarchae tu-
mulum in villa Arqua cerneremus. Vir enim nobilis erat aetate nostra et lite-
ris deditus a quo ferme sunt excitata studia humanitatis, ut Mausoleum suum
visere cuperem, facile de me obtinuerat. Eo salutato, precibusque pro illius re-
quie fusis, contendimus ad Monasterium» (TRAVERSARI, Hodoeporicon, 1912, pp.
71-72 = TRAVERSARI, Hodoeporicon, 1985, p. 138).
195
Ambrogio Traversari stesso racconta vivacemente i due incontri con
Vittorino da Feltre, il primo avvenuto il 16 luglio 1433, in occasione della vi-
sita ai monasteri camaldolesi e vallombrosiani (cfr. il passo dell’Hodoeporicon in
TRAVERSARI, Hodoeporicon, 1912, pp. 73-74 = TRAVERSARI, Hodoeporicon, 1985,
pp. 140-142), il secondo invece nell’agosto 1435, durante il viaggio per il con-
cilio di Basilea (cfr. l’epistola a Cosimo de’ Medici in TRAVERSARI, Epistolae,
01 23-02-2009 19:03 Pagina 44

44 CAPITOLO PRIMO

per via della fitta corrispondenza scambiata già durante gli


anni della clausura in S. Maria degli Angeli. Arrivò addirit-
tura a ispirare le creazioni fiorentine di celebri architetti e
scultori dell’epoca.196
Non dobbiamo infine dimenticare che, se la militanza nel-
la Chiesa rende Ambrogio Traversari un rappresentante un
po’ particolare del movimento umanista, altri erano nella sua
stessa condizione: l’arcivescovo di Genova Pileo de Marini,
che già nel 1424 aveva insistito perché il monaco traducesse
le Vitae philosophorum di Diogene Laerzio; Cristoforo da S.
Marcello vescovo di Rimini, committente principale di più
edizioni di epistole traversariane; l’arcivescovo milanese Fran-
cesco Pizolpasso, corrispondente del Camaldolese e dedicata-
rio di sue traduzioni; 197 il cardinale e legato pontificio Giu-
liano Cesarini, a cui il monaco cercò addirittura di insegna-
re il greco in occasione del concilio di Basilea; Tommaso
Parentucelli da Sarzana, prima segretario del cardinale Al-
bergati, poi papa col nome di Niccolò V; 198 e perfino Enea
Silvio Piccolomini, anche lui futuro papa col nome di Pio II.

1759, VII, 3 = vol. II, col. 332 e quella a Mariotto Allegri in TRAVERSARI,
Epistolae, 1759, XV, 38 = vol. II, coll. 707-708). Sui volumi della biblioteca
di Vittorino visti dal Traversari nel 1433 cfr. da ultimo CORTESI 1995, p. 500.
196
STINGER 1978 ha proposto che Ambrogio Traversari avesse suggerito al
Brunelleschi di costruire il Tempio degli Scolari in S. Maria degli Angeli (ini-
ziato nel 1434) imitando la struttura della chiesa di S. Vitale a Ravenna, vi-
sta durante il viaggio tra i monasteri della propria congregazione, in modo che
la pianta ottagonale richiamasse insieme l’architettura classica e paleocristiana
(sulle valutazioni estetiche del Traversari in occasione del soggiorno ravenna-
te cfr. CASTELLI 1988). CASTELLI 1982, invece, ha ricordato lo stretto rapporto
tra il Camaldolese e Lorenzo Ghiberti in relazione al trasferimento in S. Ma-
ria degli Angeli delle spoglie dei martiri Proto, Giacinto e Nemesio (1428).
197
Sulla ricca biblioteca umanistica del Pizolpasso cfr. in particolare PA-
REDI 1961.
198
Sull’attività umanistica di riscoperta e diffusione dei testi di antichi teo-
logi mediata o addirittura promossa da Tommaso Parentucelli cfr. MANFREDI
1989. Grande l’attenzione dedicata alle opere di sant’Agostino (cfr. MANFRE-
DI 2003, in particolare pp. 46-50). Non andrà infine dimenticato che la pas-
sione per gli studi patristici del futuro papa Niccolò V fu inizialmente ali-
mentata dallo stesso Traversari, con cui il Parentucelli collaborò insieme al
Niccoli e al cardinale Albergati nella ricerca di opere patristiche: cfr. sempre
MANFREDI 1989, pp. 155, 158-162, 184-187, 202. Sulle numerose ricerche di
codici patristici condotte da Tommaso Parentucelli assieme al Traversari e al
Niccoli si legga anche GENTILE 2000a.
01 23-02-2009 19:03 Pagina 45

L’UOMO: VITA E CULTURA 45

Inoltre, negli stessi ambienti laici della Firenze degli inizi del
Quattrocento l’istanza religiosa permeava la vita di figure di
spicco, tra cui l’anziano cancelliere Coluccio Salutati e lo
stesso Niccolò Niccoli, la cui biblioteca ospitava per più del-
la metà codici di contenuto patristico, trascritti in buona par-
te di sua mano già in data molto alta.199
La ricostruzione della biografia umana e intellettuale del
Traversari restituisce dunque la figura di un umanista cri-
stiano, fortemente motivato da istanze religiose durante tut-
ta la vita (dall’attività diplomatica alla scelta dei testi da tra-
durre), ma non per questo meno determinante accanto ai
fondatori di quel movimento destinato a mutare il corso del-
la cultura europea.

199
L’osservazione, già in ULLMAN-STADTER 1972, pp. 79-81, è stata ri-
presa e ampliata da S. GENTILE, Umanesimo fiorentino e riscoperta dei Padri, in
Umanesimo e Padri 1997, pp. 48-49. Sul grande interesse del Niccoli per le ope-
re di sant’Agostino cfr. MANFREDI 2003, in particolare pp. 43-46.
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II

CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI


A CONFRONTO NEL PANORAMA
DELLE SCRITTURE LIBRARIE POSATE

1. Premessa. Un problema storiografico ‘recente’: l’origine della rifor-


ma grafica umanistica

Il nome di Ambrogio Traversari, trascurato dalla storio-


grafia sul Rinascimento, anche di matrice cattolica, fino agli
anni Sessanta del Novecento, è stato relegato al margine de-
gli studi pure in campo paleografico. La causa andrà in par-
te intravista proprio nell’abbandono decretato dalla critica
storiografica, fino al lento mutare di prospettive negli ultimi
quarant’anni. Ma questo aiuta a spiegare la questione solo
parzialmente. In realtà, le cause profonde della mancanza di
attenzione nel settore paleografico sono anche, e soprattutto,
di altro genere.
In primo luogo, il problema storiografico relativo alla ri-
forma grafica umanistica si affacciò tardi nell’universo degli
studi paleografici.1 Dopo le prime sporadiche riflessioni di
Hessel e Battelli negli anni Trenta del secolo scorso, 2 il te-

1
Di questa e altre interessanti osservazioni sono debitrice a Stefano Zam-
poni, che, durante l’anno accademico 1999/2000, tenne un seminario sulle
scritture umanistiche presso l’Università di Firenze.
2
Cfr. HESSEL 1933 e BATTELLI 1949, pp. 245-249. Merita qui di essere ri-
cordato anche il lavoro di MORISON 1944 che, per quanto ancora acerbo nei
risultati, rappresenta un primo tentativo di sintesi organica sull’umanistica for-
male delle origini, indagata attraverso le personalità più significative della Fi-
renze d’inizio Quattrocento (Petrarca, Salutati, Niccoli, Poggio e Antonio di Ma-
rio), con uno sguardo sempre rivolto alla canonizzazione del nuovo modello gra-
fico nei più tardi esemplari manoscritti e nelle successive edizioni a stampa.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 48

48 CAPITOLO SECONDO

ma fu ripreso e affrontato con decisione solo a partire dagli


anni Sessanta con i lavori di Wardrop 3 e di Ullman.4 Anche
allora, però, il problema storiografico non fu affrontato se-
condo una pluralità di prospettive, ma prese corpo in un’u-
nica e ben precisa domanda: individuare l’origine della ri-
forma grafica umanistica, determinandone i tempi, i luoghi,
i modi e le cause. In quest’ottica, il monaco camaldolese è
stato trascurato quasi di necessità.
Ambrogio Traversari, infatti, si colloca cronologicamente
circa quindici anni più tardi rispetto alla fase creativa della
riforma grafica umanistica ed è sovrastato da personalità in-
gombranti come Coluccio Salutati, Poggio Bracciolini e Nic-
colò Niccoli, esse sole consacrate da Ullman nel suo pionie-
ristico lavoro, con cui si impose la facile schematizzazione
che additava nel primo l’ispiratore del movimento, mentre
negli altri due rispettivamente «l’inventore» dell’antiqua diret-
tamente imitata dalla carolina e il propugnatore di un «si-
stema rivale» imperniato sulla corsiva.5 Peraltro, l’individua-

3
Cfr. WARDROP 1963. Il volume raccoglie tre lezioni tenute da Wardrop
nel marzo 1952 presso il King’s College di Strand. Si segnalano come parti-
colarmente interessanti le prime due, dedicate rispettivamente alle origini del-
l’umanistica corsiva e alla sua applicazione libraria incarnata da un calligra-
fo d’eccezione: Bartolomeo Sanvito da Padova.
4
Cfr. ULLMAN 1960. Lo scritto di Ullman è la prima trattazione ampia e
articolata interamente dedicata allo studio delle scritture umanistiche, alla lo-
ro origine e alla successiva evoluzione fino all’età della stampa. L’analisi, che
spazia dalle librarie di diretta imitazione della carolina alle corsive travestite
all’antica, ripercorre la storia di una rivoluzione grafica che interessò tutta
l’Europa latina, attraverso i nomi delle sue personalità più significative, e si
conferma ancor oggi come punto di partenza obbligato per ogni ricerca sul-
l’argomento.
5
I primi tre capitoli di ULLMAN 1960, pp. 11-77 sono infatti dedicati, nel-
l’ordine, a Coluccio Salutati («Background and Ispiration – Coluccio Saluta-
ti»), a Poggio Bracciolini («The Inventor – Poggio Bracciolini») e a Niccolò
Niccoli («A Rival System – Niccolò Niccoli»). Il mito di una netta bipartizio-
ne dell’universo grafico umanistico, posato e corsivo, tra i nomi di Poggio e
Niccoli fu però sfatato da Albinia de la Mare, che per prima individuò la for-
mal hand del Niccoli in interventi marginali e restauri testuali, oltre che nella
vera e propria trascrizione di estese porzioni testuali in alcuni manoscritti, da-
tabili almeno a partire dal 1408, se non addirittura dal 1400 ca. (cfr. DE LA
MARE 1973, pp. 52-55, 57-59, con relative tavv. e DE LA MARE 1977, pp. 91,
nota 7, 95-97, figg. 1-3). In direzione di una maggiore complessità del siste-
ma grafico niccoliano muovono anche le più recenti ricerche di DE ROBERTIS
1990 e 1995 (che ha individuato, ad esempio, un’ulteriore attestazione di an-
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CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 49

zione di una linea che parte da Petrarca per arrivare a Nic-


colò Niccoli e Poggio Bracciolini, attraverso l’anziano cancel-
liere Coluccio Salutati, ha sfavorito l’ingresso di altri nomi nel
Gotha delle personalità promotrici della riforma.6 La ricerca
paleografica si è dedicata piuttosto ad arretrare nel tempo il
Wendepunkt della riforma scrittoria propriamente detta, con
l’intento di legarla a una personalità ben precisa, da una par-
te riconoscendo il carattere di pre-antiqua ad alcuni esperi-
menti grafici maturi di Coluccio Salutati, dall’altra inseguen-
do a ritroso i più antichi tentativi di scrittura all’antica in

tiqua niccoliana nella copia del Peri; ajrcw'n di Origene, attualmente Lauren-
ziano San Marco 612: cfr. DE ROBERTIS 1995, pp. 497-503). Tuttavia la mi-
tizzata triade Salutati-Poggio-Niccoli, impostasi con schematica semplicità a
partire dal lavoro di ULLMAN 1960, fatica a lasciare spazio ad altre persona-
lità, alcune delle quali davvero poco note, ma che non possono più essere con-
siderate ‘minori’. È il caso di Luigi di ser Michele, portato recentemente al-
l’attenzione da DE ROBERTIS 2006, pp. 112-125: copista prolifico di manoscritti
in littera antiqua trascritti a partire dai primi anni del secolo ed essenzialmen-
te dedito alla poesia, inoltre eccellente miniatore di iniziali a bianchi girari
precoci e sicuramente datate, Luigi di ser Michele si impone sulla scena fio-
rentina come una figura interlocutoria, capace di mettere in discussione anni
di ricostruzioni storiche facili perché limitate ai soliti pochi celebri nomi.
6
Ad esempio, in DE LA MARE 1973 la linea Petrarca-Salutati-Niccoli-Pog-
gio è riproposta in modo macroscopico addirittura nell’ordine assegnato alle
schede paleografiche. Sarebbe troppo lungo ripercorrere qui, anche breve-
mente, la complessa dinamica di posizioni critiche in merito al contributo ap-
portato dal Petrarca alla nascita della nuova scrittura umanistica. Basti dire
che forse, da un punto di vista strettamente grafico, si conferma sostanzial-
mente corretta la posizione già di CASAMASSIMA 1985-86, pp. 19-34, il quale
nega ogni tentativo, anche embrionale, da parte del Petrarca di modificare
consapevolmente all’antica la propria textualis (fatto salvo l’innovativo innesto
di capitali maiuscole che riecheggiano modelli antichi). Sulla stessa linea si at-
testa anche l’accuratissima analisi della mano petrarchesca condotta da ZAM-
PONI 2004a, pp. 45-53 sull’autografo dei Rerum Vulgarium Fragmenta Vaticano
lat. 3195. All’opposto PETRUCCI 1967, pp. 71-86 e, ancora recentemente, SU-
PINO MARTINI 1998 riconoscono invece nella cosiddetta semigotica petrarche-
sca la prima e innovativa risposta data dagli umanisti italiani alle forme po-
co leggibili della scrittura medievale, attingendo da una matrice carolina. In
ogni caso, non si può dimenticare, in una prospettiva culturale più ampia, la
rielaborazione petrarchesca dei canoni estetici dominanti in campo grafico (cfr.
PETRUCCI 1967, pp. 58-70) e l’influsso esercitato dal letterato sugli umanisti
della prima generazione fiorentina, che peraltro non facevano mistero di con-
siderarsi suoi discepoli ideali (cfr. PETRUCCI 1967, pp. 87-88). Tra i saggi più
affascinanti per lo sguardo d’insieme offerto sulla nuova cultura umanistica in
relazione alle mutate condizioni storiche, politiche e sociali, si ricordino al-
meno GOMBRICH 1967, MORISON 1972, PETRUCCI 1979 e PETRUCCI 1988.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 50

50 CAPITOLO SECONDO

Poggio Bracciolini e Niccolò Niccoli.7 Ma il Camaldolese fu


attivo in anni troppo bassi per essere inserito a pieno titolo
nei lavori sul laboratorio grafico della Firenze dei primi del

7
PETRUCCI 1964, pp. 32-41 ha suggerito di riconoscere in alcuni testi tra-
scritti dal cancelliere fiorentino nel quindicennio che va dal 1392 alla morte
nel 1406 (in particolare in qualche epistola del Vaticano Capp. lat. 147 e nel-
le porzioni autografe dei Vaticani lat. 989, 2063 e 3110) una modificazione
della semigotica colucciana sulla base del modello carolino tale da giustificare
il nome di pre-antiqua per la nuova scrittura. A parte si collocano invece le
due epistole di Plinio il Giovane aggiunte dal Salutati nelle carte finali del
Laurenziano San Marco 284 (segnalate già da ULLMAN 1960, pp. 16-19), in
cui, più che altrove, traspare la crisi del sistema grafico medievale e il tenta-
tivo di rinnovarlo attraverso l’innesto di elementi all’antica. Tuttavia siamo an-
cora lontani da una sistematica aderenza al modello carolino che autorizzi a
vedere in queste poche righe la vera e propria rinascita dell’antiqua (così PE-
TRUCCI 1964, p. 42), per la quale si sarebbe dovuto attendere un altro nome.
ULLMAN 1960, pp. 21-57, che vedeva nell’umanistica posata incarnata da Pog-
gio Bracciolini la tipologia più significativa di ritorno all’antico, ha riconosciuto
in quest’ultimo, peraltro direttamente istruito dal Salutati, l’inventore del nuo-
vo sistema grafico. Coerentemente, dunque, la riforma grafica umanistica da-
terebbe per Ullman dalla più antica trascrizione di Poggio, da lui individuata
nel De Verecundia salutatiano, finito di copiare tra il 1402 e il 1403. Sulla scia
di Ullman, DE LA MARE-THOMSON 1973 e BILLANOVICH 1981 hanno poi pro-
vato ad arretrare la ‘data di nascita’ della scrittura umanistica, attribuendo a
Poggio due manoscritti databili rispettivamente al 1400-1402 (Venezia, Biblio-
teca Nazionale Marciana, Marc. lat. XII. 80; ma dubitano dell’attribuzione
ZAMPONI 2004b, p. 470, nota 10 e DE ROBERTIS 2006, pp. 126-128, che pro-
pone invece il nome di Luigi di ser Michele, soprattutto per le carte 31v, r.
5-42v del cosiddetto «type C») e al 1397 (Città del Vaticano, Biblioteca Apo-
stolica Vaticana, Pal. lat. 903), nei quali la base ancora gotica lascerebbe pre-
sagire il sistematico travestimento all’antica che il copista avrebbe attuato ne-
gli anni successivi. Tuttavia – venuta meno la rigida bipartizione dell’univer-
so grafico umanistico, posato e corsivo, tra i nomi di Poggio e Niccoli, con
l’individuazione di una formal hand niccoliana in testimonianze grafiche risalenti
almeno al 1408, se non addirittura al 1400 ca. (cfr. DE LA MARE 1973, pp.
52-55, 57-59, con relative tavv. e DE LA MARE 1977, pp. 91, nota 7, 95-97,
figg. 1-3), a cui si aggiungono le cc. 25-34 dell’attuale manoscritto II. IX. 125
della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze segnalato da BUTRICA 1981, pp.
290-292 – DE ROBERTIS 1990, pp. 111-117 ha potuto attribuire a Niccolò Nic-
coli l’embrionale antiqua del Riccardiano 264, databile addirittura ante 1397, e
valorizzare di conseguenza l’apporto dell’erudito fiorentino alla riforma grafi-
ca umanistica. Più giovane di Coluccio, e quindi capace di abbandonare del
tutto il sistema grafico moderno, ma più anziano e maturo di Poggio, Nicco-
lò Niccoli appare a Teresa de Robertis il candidato favorito al ruolo di teori-
co del rinnovamento grafico e lo sperimentatore di una pluralità di scritture
nella Firenze di inizi Quattrocento. Del resto, già DE LA MARE 1977, p. 93
aveva riconosciuto l’opportunità di attribuire al Niccoli il giusto spazio nell’e-
laborazione della nuova scrittura. Sul ruolo fondamentale di Niccolò Niccoli
cfr. anche, da ultimo, ZAMPONI 2004b, pp. 472-474.
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CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 51

Quattrocento, 8 eppure nel contempo troppo alti per figurare


in quelli sugli sviluppi maturi della scrittura umanistica, 9 tro-
vandosi dunque relegato ai margini del movimento, sia in un
senso che nell’altro.
Il Traversari, inoltre, non fu nemmeno un copista di pro-
fessione e non apportò quindi un contributo significativo né
alla canonizzazione del nuovo modello scrittorio direttamen-
te imitato dalla carolina, né alla formalizzazione della corsi-
va umanistica travestita all’antica, che pur il monaco predi-
ligeva nella pratica quotidiana. Da questo punto di vista, il
Camaldolese non è mai riuscito a suscitare alcun tipo d’in-
teresse, come invece altri copisti d’eccezione, tra cui ad esem-
pio Giovanni Aretino, Giacomo Curlo e Antonio di Mario.10
Infine, non andrà dimenticato che negli ultimi anni la ri-
cerca paleografica ha preferito spostare la propria attenzione
da Firenze ad altre aree grafiche, in particolare a quella pa-
dano-veneta e ai suoi centri più significativi, tra cui Venezia 11

8
Dopo il breve capitolo dedicato da ULLMAN 1960, pp. 79-89 all’iniziale
diffusione del modello grafico poggiano durante la prima decade del Quat-
trocento, il più importante contributo volto a riconsiderare l’embrionale svi-
luppo della scrittura umanistica, nel periodo di transizione che andò dalla fi-
ne del Trecento al 1410 circa, è stato quello di DE LA MARE 1977. Anche in
quest’ultimo, tuttavia, come già in quello di Ullman, si registra la totale as-
senza di Ambrogio Traversari.
9
Ambrogio Traversari morì nel 1439. Di conseguenza, risulta necessaria-
mente assente dai lavori relativi all’evoluzione calligrafica della scrittura uma-
nistica a Firenze nella seconda metà del secolo: si vedano almeno il capitolo
dedicato all’argomento da ULLMAN 1960, pp. 111-134 e l’imponente censi-
mento di scribi fiorentini del Rinascimento compilato da DE LA MARE 1985,
pp. 393-600 limitatamente agli anni dal 1440 al 1525.
10
Ad essi è dedicato un intero capitolo già in ULLMAN 1960, pp. 91-109.
11
L’area padano-veneta ha attirato già da tempo l’interesse degli studiosi,
in quanto terra d’origine, intorno alla metà del Quattrocento, delle maiusco-
le umanistiche di stampo epigrafico direttamente imitate da modelli lapidari
romani classici: esse furono esportate a Firenze solo nella seconda metà del
secolo, dove si imposero uniformando il precedente panorama di forme gra-
fiche mediate attraverso monumenti romanici e manoscritti carolini tardi. La
tesi storica di MEISS 1960 – che riteneva Andrea Mantegna, insieme a Felice
Feliciano e Giovanni Marcanova, un possibile ideatore del nuovo modello epi-
grafico – è stata poi ripresa, seppur con rettifiche, da ALEXANDER 1988, pp.
149-150. Ma, anche se l’individuazione di numerosi manoscritti con maiusco-
le lapidarie (spesso associate a iniziali miniate «faceted initials» che fingono
tramite il chiaroscuro il rilievo nel marmo: cfr. ALEXANDER 1988, pp. 147,
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52 CAPITOLO SECONDO

e in misura minore Milano, 12 al fine di far emergere ulteriori


tentativi di ritorno all’antico, non più esclusivamente incen-

150-152) vanifica la possibilità di dare un nome all’inventore del nuovo mo-


dello grafico, resta pur sempre accertata l’origine padano-veneta e non fio-
rentina delle capitali lapidarie. Tra i numerosi studi che affrontano la restau-
razione della capitale di modello epigrafico classico si vedano almeno (oltre ai
già menzionati MEISS 1960 e ALEXANDER 1988) CASAMASSIMA 1967, pp. 17-
36, CASAMASSIMA 1974, pp. X-XII, PETRUCCI 1986, pp. 21-25 con bibliogra-
fia alle pp. 170-171, PONTANI 1992, pp. 133-134 e ZAMPONI 2006, pp. 39-60.
Per un’indagine specifica sull’introduzione delle capitali epigrafiche nei dipin-
ti fiorentini a partire dagli anni Settanta del Quattrocento cfr. invece COVI
1963, pp. 8-11. Recentemente, si sono infittite anche le ricerche sulla littera
antiqua ideata a Venezia nella cerchia di Guarino, Francesco Barbaro e Leo-
nardo Giustiniani, una scrittura per molti aspetti distante dal canone poggia-
no fiorentino. All’iniziale individuazione di questo filone grafico (cfr. CASA-
MASSIMA 1974, pp. XIV-XXI) hanno fatto seguito gli imponenti lavori di Elisa-
betta Barile che, dopo un primo saggio dedicato a Michele Selvatico (in
MANTOVANI-PROSDOCIMI-BARILE 1993, pp. 53-103), ha studiato la duplice at-
tività professionale di figure come Ruggero Cataldo, Sebastiano Borsa, Barto-
lomeo Fasolo e ancora Michele Selvatico, notai nella cancelleria veneziana e
copisti di codici nei circoli umanistici della città (cfr. BARILE 1994, pp. 13-47).
La corsività della loro antiqua non viene ricondotta dalla studiosa a un pre-
sunto modello carolino del IX-X secolo (come aveva invece suggerito CASA-
MASSIMA 1974, pp. XIV-XV e ripropone ancora DE ROBERTIS 1998, p. 73), ben-
sì al persistere di forme di scrittura usuale (BARILE 1994, pp. 49-66), mentre
la presenza nelle loro scritture di elementi alla greca è spiegata ricordando la
familiarità che Venezia sempre ebbe con il mondo greco, soprattutto in am-
bito cancelleresco-notarile (BARILE 1994, pp. 67-137), piuttosto che ipotizzan-
do una ripresa imitativa dell’epigrafia alla greca di età romanica (così invece
PETRUCCI 1991b, che per primo ha indagato approfonditamente l’argomento;
sullo «scrivere alla greca» cfr. anche MORISON 1952). Sull’esotismo degli an-
tiquari veneti cfr. anche ZAMPONI 2004b, p. 478. Questi dati, insieme ad al-
tri caratteri peculiari della scrittura umanistica in area padano-veneta (r che
scende al di sotto del rigo e maiuscole usate in funzione di minuscole anche
in corpo di parola), rendono ragione di quanto davvero sia lontana la tradi-
zione fiorentina. Sulla possibilità di mettere in relazione questo filone grafico
alternativo con l’attività di Guarino Veronese, a cui sembra risalire il più an-
tico esempio di scrittura all’antica con stilemi bizantini, inteso come «motivo
fondante di un progettato, consapevole recupero di forme antiche», cfr. DE
ROBERTIS 1998, pp. 69-74 (cit. da p. 71). Un’agile sintesi sulle differenze del-
l’esperienza padano-veneta rispetto alla tradizione fiorentina si legge di recente
in ZAMPONI 2004b, pp. 475-479. Infine, per un approfondimento sulla nor-
malizzazione ‘classicista’ esercitata già nel settimo decennio del Quattrocento
dalle nuove capitali epigrafiche nate in area padano-veneta sulle scritture del
testo (littera antiqua e corsiva all’antica) si veda ZAMPONI 2006, pp. 60-64.
12
Le ricerche sull’importazione della scrittura umanistica a Milano sono
ancora a un livello embrionale. Merita di essere qui ricordato il pur breve
saggio di FERRARI 1988, che mette in relazione l’avvento dei nuovi modelli
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CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 53

trati su Firenze. Del resto, se confrontate con le indagini ap-


pena avviate o quasi del tutto inesistenti relative ad altri pa-
norami scrittorî, le ricerche sul capoluogo toscano possono
sembrare in una certa misura esaurienti, nonostante questo
abbia comportato il sacrificio di personalità per così dire ‘mi-
nori’. E Ambrogio Traversari, per i motivi già prospettati, è
proprio una di quelle.
Non si vuole qui negare il ruolo di secondo piano di Am-
brogio Traversari rispetto al movimento grafico umanistico,
che ebbe in altri esponenti della Firenze d’inizio Quattro-
cento i principali promotori della riforma. Tuttavia, altri
aspetti ci ricordano l’importanza della sua figura, accanto a
nomi più famosi e meglio indagati.
Innanzi tutto, oltre alla necessità di considerare il Camal-
dolese un umanista a pieno titolo, nonostante la vocazione
profondamente cristiana che lo ha reso agli occhi della sto-
riografia otto e novecentesca un outsider del movimento, non
possiamo dimenticare che proprio la condizione di religioso
e l’educazione ricevuta nel monastero, fin dalla più giovane
età, rendono il suo percorso formativo così interessante, in
quanto decisamente altro rispetto a quelli più canonici per la
maggior parte degli umanisti del suo tempo, mercanti come
Niccolò Niccoli, ma soprattutto – per limitarci alla sola Fi-
renze – cancellieri e notai come Coluccio Salutati, Poggio
Bracciolini e Leonardo Bruni. Infatti, per quanto S. Maria
degli Angeli non fosse affatto un luogo separato dalla vita ci-
vile della città e la stessa società fiorentina dell’epoca fosse
permeata nel profondo da istanze religiose, il modello di vi-
ta e di educazione cristiano-monastica era e restava sensibil-
mente diverso da quello laico.13

grafici a Milano, tra 1422 e 1430 circa, con la riscoperta dell’antico codex Lau-
densis di Cicerone (rinvenuto a Lodi nel 1421) e con l’attività di copisti come
Flavio Biondo e Modesto Decembrio, oltre a sottolineare l’importanza rive-
stita dal concilio di Basilea per la diffusione degli ideali umanistici tra i pre-
lati lombardi convenuti nella città d’oltralpe. È stato inoltre tentato da ZAG-
GIA 1993 un primo censimento di copisti di codici a Milano nella prima me-
tà del Quattrocento.
13
Ad esempio, anche se all’istituto scolastico voluto da Ambrogio Traver-
sari dopo la nomina a generale dell’ordine erano ammessi sia laici che novi-
zi votati alla vita religiosa, secondo un unico ideale di formazione cristiana
02 6-11-2009 20:07 Pagina 54

54 CAPITOLO SECONDO

In secondo luogo, non andrà trascurata l’importante ami-


cizia che intercorse tra Ambrogio Traversari e Niccolò Nic-
coli, e che, anche se non pone il Camaldolese tra i promo-
tori del rinnovamento grafico umanistico, concorre sicura-
mente a rivalutare il suo apporto in merito al travestimento
all’antica della corsiva, una tipologia grafica sperimentata dal
Niccoli (verosimilmente per primo) già tra il 1415 e il 1420,
ma subito adottata senza esitazioni dal monaco. A partire dal
Quattrocento, inoltre, i rapporti personali tra umanisti ac-
quisiscono un’importanza estranea alla cultura dell’età me-
dievale e concorrono a giustificare fenomeni di mimesi tra le
scritture di personalità apparentemente distanti, che proprio
per questo meritano di essere studiate singolarmente.
Infine – e non si tratta certo di un aspetto secondario – an-
drà considerato il contributo apportato dal Camaldolese alla
rinascita del greco in Occidente dopo l’arrivo di Manuele Cri-
solora, innanzi tutto attraverso la trascrizione in prima perso-
na di testi bizantini e la restituzione dei passi greci nei ma-
noscritti in latino, ma anche grazie all’influenza esercitata dal
suo modello grafico sui monaci di S. Maria degli Angeli, tra
cui non possiamo non ricordare qui almeno Michele, uno de-
gli allievi prediletti. Alla trascuratezza di questo settore pecu-
liare dell’attività traversariana avrà senza dubbio contribuito il
generale ritardo negli studi paleografici sul greco occidentale, 14

valido tanto per il buon monaco quanto per il buon cittadino, il modello cul-
turale della scuola di Camaldoli era pur sempre strutturato secondo i più ri-
gidi dettami dell’educazione monastica cristiana (si veda il programma di stu-
dio dell’istituto, esposto dallo stesso Traversari a Cristoforo da S. Marcello,
vescovo di Rimini, in una lunga lettera del 21 marzo 1435: cfr. TRAVERSARI,
Epistolae, 1759, III, 31 = vol. II, coll. 136-137). In questo, l’insegnamento im-
partito dal Traversari e dai confratelli preposti alla cura della scuola (in pri-
mo luogo il monaco Mariotto Allegri, già allievo di Guarino Veronese) era
profondamente diverso da quello laico ideato dal più celebre maestro del tem-
po, Vittorino da Feltre. Sull’istituto fondato dal Traversari per l’educazione
dei giovani e sui programmi educativi in esso adottati si vedano in particola-
re STINGER 1977, pp. 66-68 e CABY 1999, pp. 648-652. Sul tipo di insegna-
mento impartito da Vittorino si veda invece VERONESI 1988, che rimanda a
bibliografia precedente.
14
Solo di recente (a prescindere dal repertorio di ELEUTERI-CANART 1991
sulle scritture greche nell’umanesimo italiano) si è cominciato ad affrontare,
da un punto di vista specificamente paleografico, l’attività di Manuele Criso-
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CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 55

ma anche la secolare incomunicabilità tra paleografia greca


e latina.15
Del resto, discipline identiche, ma isolate da distinti codici
linguistici e grafici, raramente dialogano tra loro. Ad esempio,
anche se lo stesso Traversari apprese in tarda età l’ebraico, 16
finora nessuno ha mai cercato o indagato i testi da lui letti o
trascritti in quest’ambito. E invece la ricerca potrebbe apporta-

lora e dei singoli umanisti italiani educati alla sua scuola di greco. Dal mo-
mento che sarebbe troppo lungo riepilogare i singoli contributi, mi limiterò a
citare brevemente i più importanti. Le ricerche sul dotto bizantino vantano
esaurienti studi sulla biblioteca di famiglia (si vedano almeno PONTANI 1995
e ZORZI 2002) e sul lungo autografo Laurenziano Plut. 6. 20 (cfr. ROLLO
1993-94 in relazione all’epistola consolatoria a Palla Strozzi e Roma parte del
cielo 2000 in merito alla Comparatio veteris et novae Romae). Problemi e prospet-
tive delle ricerche in corso sull’erudito e su alcuni dei suoi allievi italiani so-
no delineati anche in ROLLO 2002. Per il trattato sugli spiriti del Crisolora e
la relativa redazione guariniana cfr. ancora ROLLO 2003. Un articolato per-
corso di ricerca tra gli autografi di Antonio Corbinelli è ricostruito sempre in
ROLLO 2004a. Per la mano greca di Palla Strozzi si vedano le osservazioni
di DE GREGORIO 2000b, pp. 328-329 e soprattutto DE GREGORIO 2002, pp.
65-88, che ne presenta un quadro articolato a partire dai marginalia dell’Ero-
doto Vaticano Urb. gr. 88. Invece per la grafia (in verità controversa) di Leo-
nardo Bruni nel Bodmeriano 136 e nei Vaticani Urb. gr. 32 e 33 si ricordi
almeno BERTI 1995, pp. 284-291. Sul problema dell’identificazione delle ma-
ni umanistiche che, nel circolo fiorentino del Salutati, integravano le tradu-
zioni interlineari dal greco sui margini dei manoscritti cfr. da ultimo BIANCA
2002, con bibliografia precedente. In merito al restauro crisolorino del greco
nei testi letterari latini si veda anche FERA 2002, p. 17.
15
Sulla divaricazione dei percorsi tra le due discipline dal Settecento ai
giorni nostri e sulla difficoltà di avviare una vera e propria «paleografia gre-
co-latina» cfr. PETRUCCI 1991a, I, pp. 464-470.
16
Ambrogio Traversari si sforzò di apprendere l’ebraico forse intorno al
1430 e, anche se non divenne un esperto traduttore, acquisì pur sempre una
qualche conoscenza della lingua. Racconta infatti Vespasiano da Bisticci: «Fat-
tosi dotissimo nell’una lingua et nell’altra [scil. latino e greco], dette opera al-
le lettere ebree, et di quelle ebe qualche notitia» (VESPASIANO, Vite, 1970-76,
I, p. 450). La sua esperienza in questo campo è documentata anche da alcu-
ni episodi biografici. Durante la permanenza a Roma, nel febbraio 1432, il
giovane nobile Mariano Porcari gli donò un manoscritto in ebraico contenente
alcuni libri veterotestamentari (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XI, 16 = vol.
II, col. 497; lo stesso episodio è ricordato anche in TRAVERSARI, Hodoeporicon,
1912, p. 30 = TRAVERSARI, Hodoeporicon, 1985, pp. 59-60). Inoltre, in una let-
tera al confratello Michele (priva di data, ma probabilmente scritta nel 1434-
1435: cfr. STINGER 1977, p. 246, nota 95), Ambrogio chiese che gli venisse
inviato il volume membranaceo con il sistema dei verbi ebraici, perché po-
tesse insegnarlo al monaco Simone (cfr. MORELLI 1776, p. 106 [ried. in DI-
NI-TRAVERSARI 1912, Appendice prima, p. 6, documento 4]).
02 6-11-2009 20:07 Pagina 56

56 CAPITOLO SECONDO

re contributi interessanti, perché il Camaldolese fu uno dei pri-


mi umanisti italiani a studiare le tre lingue antiche (latino, gre-
co, ebraico) e a insegnarle al proprio allievo Giannozzo Ma-
netti, 17 inaugurando una tradizione di studi eruditi che si sa-
rebbe perpetuata inalterata fino a tutto il Settecento europeo.18

2. Il mito dell’antico nei primi anni di attività scrittoria

Il 16 gennaio del 1414 Ambrogio Traversari apponeva l’ex-


plicit alla copia del settimo e ultimo libro delle Divinae institu-
tiones di Lattanzio, terminando così la propria trascrizione-edi-
zione del testo patristico: Firmiani Lactantii Institutionum adversus
gentiles liber septimus et ultimus explicit feliciter. Scripsit Ambrosius mo-
nachus, complevitque XVII kl. februarias, anno a nativitate Domini mil-
lesimo quadringentesimo quartodecimo.19 L’esemplare di lusso, inte-
ramente vergato in littera antiqua su pergamena bianca e fi-
nissima dal quasi trentenne umanista fiorentino, è attualmente
conservato nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze,
con segnatura Conventi Soppr. B. IV. 2609 [Tav. 17].

17
Cfr. STINGER 1977, p. 52.
18
Sulla contraddittoria e non certo univoca visione della cultura ebraica da
parte degli umanisti fiorentini del Quattrocento cfr. FUBINI 2003, pp. 291-304,
che, se da una parte riconosce nel secolare intento apologetico della Chiesa cri-
stiana il movente principale dello studio dell’ebraico prima per il Traversari
(pp. 296-297), poi anche per Giannozzo Manetti (pp. 297-304), dall’altra ri-
chiama il contrapposto indirizzo secolare degli studia humanitatis a fondamento
greco-latino, e dunque poco propenso allo studio dell’ebraico, perseguito da uo-
mini come Leonardo Bruni, Poggio Bracciolini e Lorenzo Valla (pp. 293-296).
19
La sottoscrizione (riportata a c. 147r dell’attuale Conventi Soppr. B. IV.
2609 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze) risulta controversa in me-
rito all’indicazione dell’anno, che, se interpretato secondo lo stile fiorentino
dell’incarnazione, riconduce al 1415, se invece secondo quello della natività,
diffuso in Romagna, da dove non a caso il Traversari proveniva, suggerisce
piuttosto il 1414. Nonostante il monaco usasse anche lo stile fiorentino del-
l’incarnazione (si legga ad esempio l’explicit della traduzione dello Pseudo-Dio-
nigi l’Areopagita, riportato nella nota successiva), nel caso del Lattanzio Con-
venti Soppr. B. IV. 2609 ritengo preferibile l’ipotesi dello stile della natività,
in primo luogo perché la formula della data cronica suona anno a nativitate Do-
mini, in secondo luogo – e soprattutto – perché nel manoscritto sono presenti
inserti di mano di Guarino Veronese (cfr. infra, II.3), che abbandonò Firenze
non oltre il 1414. Così anche ROLLO 2004a, p. 57, nota 1.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 57

CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 57

Questo manoscritto costituisce la più antica attestazione


certa e datata della mano latina del monaco, in quanto prov-
visto di sottoscrizione. È pur vero che la sola presenza di
quest’ultima non sarebbe magari sufficiente a identificare
l’Ambrosius monachus del Lattanzio fiorentino con Ambrogio
Traversari.20 Tuttavia, la consonanza del periodo e dell’am-
biente grafico, 21 la tipologia patristica del testo trascritto (de-
cisamente familiare al Camaldolese in quegli anni), 22 la so-
stanziale uniformità ortografica con i più tardi autografi del-
le traduzioni dal greco 23 e, infine, il ricorrere della medesima
mano in associazione alla piccola onciale greca in un secon-
do manoscritto sicuramente prodotto e miniato nel monaste-

20
Non sono infrequenti, anche nella tradizione manoscritta delle versioni
latine traversariane, casi di copie seriori in cui, prima o addirittura in assen-
za della sottoscrizione del trascrittore, è riportato per intero il testo dell’anti-
ca sottoscrizione autografa del monaco. Un esempio macroscopico è rappre-
sentato dalla traduzione del corpus dello Pseudo-Dionigi l’Areopagita. Infatti,
pur in assenza dell’autografo di lavoro del monaco, numerosi esemplari più
tardi presentano, con varianti ortografiche minime, l’explicit traversariano:
Dionysii Areopagitae de mystica theologia liber explicit feliciter. Absolvi Ambrosius pecca-
tor Dyonisii opuscola in monasterio Fontis Boni XV Kalendas Aprilis anno Dominicae In-
carnationis 1436 indictione XV. Emendavi et cum Graeco contuli in Heremo III Idus
Aprilis. Laus Deo sit semper. È il caso, ad esempio, del Laurenziano Gaddi 85
(c. 38v) e del Vaticano Pal. lat. 148 (c. 106v), riprodotto da GRAFTON 1993,
p. 114, tav. 92. Talvolta l’antico colofone traversariano è riportato fedelmen-
te addirittura in presenza della più recente sottoscrizione del copista vero e
proprio. Ad esempio, infatti, nel Laurenziano Plut. 17. 23 (c. 97r) la medesi-
ma pagina ospita in sequenza le parole del monaco e la nuova annotazione:
Ego vero Laurentius Silvestri .C.S.L. hec Dionysii opera transcripsi XVI kalendas septem-
bris hora quasi XVII anno domini 1474. Laus deo.
21
Mi riferisco ovviamente alla Firenze del secondo decennio del Quattro-
cento. Si ricordi che Ambrogio Traversari era entrato fin dal 1400, all’età di
soli quattordici anni, nel monastero fiorentino di S. Maria degli Angeli, dove
aveva perfezionato le proprie competenze nel campo del latino e appreso il
greco, oltre a venire in contatto con i circoli umanistici della città e della lon-
tana Venezia.
22
Il profondo interesse del Camaldolese per le Divinae institutiones di Lat-
tanzio e la sua indiscussa autorità in materia, che spinse Francesco Barbaro a
spedirgli da Venezia un volume da emendare, nonostante il rischio che que-
sto comportava, sono documentati in varie lettere scambiate con l’amico tra il
1416 e il 1417: cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 5 = vol. II, col. 280; VI,
6 = vol. II, col. 282; VI, 7 = vol. II, coll. 283-284; VI, 15 = vol. II, col. 294;
VI, 16 = vol. II, col. 294.
23
Sono debitrice di questa osservazione a Simona Iaria, che nella tesi di
dottorato discussa presso l’Università di Firenze ha confrontato gli usi orto-
grafici del Lattanzio Conventi Soppr. B. IV. 2609 e della versione latina del-
le Vitae philosophorum laerziane conservata nel Laurenziano Strozzi 64.
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58 CAPITOLO SECONDO

ro di S. Maria degli Angeli (Firenze, Biblioteca Nazionale


Centrale, Conventi Soppr. J. VI. 23) 24 inducono a ritenere
corretta l’attribuzione del codice ad Ambrogio Traversari,
confermando, a due secoli e mezzo di distanza, l’identifica-
zione già proposta da Lorenzo Mehus.25
Il Lattanzio Conventi Soppr. B. IV. 2609 rappresenta
dunque un punto di partenza ideale per iniziare a descrive-
re l’attività scrittoria e il programma culturale del Camaldo-
lese, anche perché in questo codice l’intervento traversariano
non si limita a sporadiche inserzioni autografe, ma ne rap-
presenta l’interezza – da un punto di vista sia grafico che co-
dicologico e forse anche decorativo – e ciò contribuisce a
confermare l’immagine di monaco e umanista, idealmente vi-
cino alla cerchia di Coluccio, Poggio e Niccoli, che una
quindicina d’anni prima avevano dato vita a una vera e pro-
pria rivoluzione culturale e grafica.
Per quanto concerne nello specifico la trascrizione dei co-
dici, gli umanisti fiorentini degli inizi del Quattrocento ave-
vano infatti imposto l’adozione della littera antiqua come via
privilegiata di ritorno all’antico, come tentativo consapevole
di recupero del passato rifacendosi ai suoi modelli, pur sen-
za cadere, almeno non sempre, nel facile errore di ritenere
la carolina realmente la scrittura di Roma repubblicana e
imperiale, che si sapeva o si intuiva essere stata in caratteri
maiuscoli.26 Dopo i primi esperimenti grafici alla fine del
Trecento, 27 il mito si era attuato agli inizi del Quattrocento
nelle realizzazioni mirabilmente mature di Poggio Braccioli-
ni e Niccolò Niccoli, 28 ma anche di altri copisti, molti dei

24
Dal momento che non risulta documentata in S. Maria degli Angeli l’at-
tività di un secondo Ambrosius monachus, esperto tanto di antiqua latina quanto
di lingua e scrittura greca, il dato sembra confermare in via definitiva la pa-
ternità traversariana del Lattanzio fiorentino.
25
Cfr. MEHUS 1759, I, p. CCCLXXXVII.
26
Sul problema della consapevolezza per gli umanisti di quale fosse real-
mente la scrittura degli antichi romani cfr. CASAMASSIMA 1964, p. 547; RIZ-
ZO 1985, pp. 225-227; DE ROBERTIS 1998, pp. 67-68.
27
Casi famosi di embrionali tentativi di ritorno all’antico tra gli umanisti
fiorentini sono citati supra, II.1, nota 7.
28
Per una rapida sintesi bibliografica sull’attività scrittoria di Niccolò Nic-
coli e Poggio Bracciolini cfr. supra, II.1, nota 5.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 59

CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 59

quali senza nome o poco noti, 29 che inseguivano l’ideale pro-


pagandato dalla cerchia umanistica, anche se talvolta attra-
verso forme grafiche distanti dal modello poggiano.30
È pur vero che l’adozione consapevole di nuove forme di
lettere non comportò un meccanico rifiuto delle più funzionali
tecniche scrittorie di età tardo-medievale, a cui da secoli gli
scriventi erano assuefatti. Immutata rimase infatti l’esecuzione
del tracciato – realizzato con una penna identica a quella del-
la gotica 31 – e altrettanto immutata rimase la consuetudine di
separare tramite spazi bianchi le parole grafiche, un uso scrit-
torio ben consolidato che continuò a essere preferito alla più
‘antica’ scriptio continua della carolina altomedievale.32
Tuttavia, è altrettanto innegabile che l’aspetto complessi-
vo della nuova pagina umanistica appariva decisamente altro
rispetto alla vecchia pagina gotica e rivelava con chiarezza il
tentativo di riecheggiare un’antichità ideale di cui, pur at-
traverso il filtro di un modello medievale, si cercava di imi-
tare davvero tutto: il formato, la disposizione del testo, la ri-
gatura a secco, la decorazione, ma soprattutto la forma del-
le lettere maiuscole e minuscole.33
Nel 1414, dunque, anche Ambrogio Traversari offrì il pro-
prio contributo, sul versante grafico, al progetto degli intel-
lettuali fiorentini. Il Lattanzio trascritto dal monaco si con-
ferma infatti un prodotto perfettamente rispondente agli idea-
li estetici elaborati nella città toscana agli inizi del XV secolo
e rappresenta uno splendido esempio di come venisse attua-
ta, nei suoi esiti librari più alti, la restaurazione umanistica
del nuovo libro «modernamente antico».34
Il nuovo canone imitato da modelli carolini è rispettato in-
nanzi tutto nella strutturazione materiale e nella facies codi-

29
ZAMPONI 2004b, p. 470, nota 12 cita ad esempio Piero Nerucci, Nic-
colò Chianigiani e Luigi di ser Michele (su cui cfr. l’interessante articolo di
DE ROBERTIS 2006, in particolare pp. 112-125).
30
Il problema delle cause di tanta varietà nella restituzione della littera an-
tiqua a Firenze e, dopo il 1410, anche in altre città italiane resta ancora den-
so di interrogativi: si veda ZAMPONI 2004b, pp. 470-471.
31
Cfr. CASAMASSIMA 1974, pp. XII-XIII.
32
Cfr. SAENGER 1997, pp. 271-272 e ZAMPONI 2004b, pp. 471-472.
33
Cfr. PETRUCCI 1988, p. 5.
34
Cfr. PETRUCCI 1979.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 60

60 CAPITOLO SECONDO

cologica del volume, 35 che, nella rigatura a secco con scrit-


tura al di sopra del rigo di giustificazione superiore 36 e nel-
la disposizione del testo a piena pagina, 37 nonché nel rap-

35
Il manoscritto misura 295×215 mm dopo rifilatura: è di formato me-
dio-grande secondo i raggruppamenti di DEROLEZ 1984, I, pp. 26-29, adatto
quindi alla tipologia del testo trascritto (Lattanzio, Divinae institutiones) e alla de-
stinazione per la biblioteca di un committente privato (infatti, prima di en-
trare a far parte della raccolta della Badia Fiorentina, il Conventi Soppr. B.
IV. 2609 appartenne forse ad Antonio Corbinelli). Anche il rapporto di 0,71
tra larghezza e altezza di ciascun foglio (che DEROLEZ 1984, I, p. 26 defini-
sce «formato relativo» o «proporzione del foglio» = PF) non presenta alcuno
scarto dalla normale forbice tra 0,63 e 0,73 individuata da DEROLEZ 1984, I,
pp. 29-32 per i manoscritti in antiqua su pergamena datati tra il 1401 e il
1500. Per quanto concerne la fascicolazione, si ricordi che il Lattanzio tra-
versariano – come di solito i manoscritti umanistici prodotti in Italia nel XV
secolo: cfr. DEROLEZ 1984, I, pp. 33-39 – è composto da quinioni che ri-
spettano in modo assoluto la cosiddetta legge di Gregory. Perfettamente in li-
nea con la prassi attestata nella maggioranza dei manoscritti umanistici è an-
che la presenza in fine di fascicolo di richiami orizzontali collocati a destra o
sopra la linea di giustificazione del margine interno, nei primi due fascicoli
attorniati anche da punti ornamentali (DEROLEZ 1984, I, p. 53, tipi 3-4). L’u-
so del richiamo, infatti, nonostante fosse una tecnica tutta medievale per as-
sicurare l’ordine dei fascicoli nel codice, conobbe uno straordinario successo
nella produzione manoscritta umanistica (DEROLEZ 1984, I, pp. 48-50), di nor-
ma in assenza della corrispondente segnatura del fascicolo di matrice caroli-
na (DEROLEZ 1984, I, p. 63).
36
Dopo che nel libro gotico aveva prevalso la rigatura con mina metalli-
ca e inchiostro, con scrittura per lo più al di sotto della linea di giustifica-
zione superiore dello specchio di scrittura, in età umanistica si tornò alla ri-
gatura a secco dei manoscritti carolini, in un primo momento disponendo la
scrittura al di sopra della linea di giustificazione superiore, come negli esem-
plari di XI e XII secolo assunti a modello, in un secondo momento, invece,
tornando alla disposizione moderna all’interno dello specchio di scrittura (si
veda la sintesi di DEROLEZ 1984, I, pp. 79, 83-84). Nel Conventi Soppr. B.
IV. 2609, copiato da Ambrogio Traversari, l’adesione al modello teorico idea-
to dai primi umanisti fiorentini è totale, dal momento che il testo, vergato in
antiqua e a piena pagina, è disposto anche al di sopra del rigo di giustifica-
zione superiore dello specchio di scrittura. La medesima prassi ritornerà an-
che nei volumi cartacei delle proprie versioni dal greco, trascritti tutti in cor-
siva all’antica.
37
Lo specchio di scrittura del Lattanzio traversariano misura 7+185+7 ×
7+127+7 mm ed è delimitato da quattro rettrici maggiori (due superiori e due
inferiori) e da quattro linee di giustificazione verticali (due nel margine inter-
no e due in quello esterno) secondo lo schema di rigatura 36 di DEROLEZ
1984, I, pp. 107-114, che può essere considerato «le plus représentatif des ré-
glures rencontrées dans les mss. humanistiques». Ciascuna pagina presenta poi
28 righi di scrittura, la cui unità di rigatura (cioè la distanza in millimetri che
separa due linee orizzontali successive nella rigatura di base: cfr. DEROLEZ
02 6-11-2009 20:07 Pagina 61

CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 61

porto tra spazi bianchi e spazi deputati alla scrittura, 38 ri-


corda l’idea di libro alimentata a Firenze dalle manìe anti-
quarie di Niccolò Niccoli.39 Nasceva infatti in quegli anni il
nuovo modello di manoscritto umanistico che, per alcune ti-
pologie di testi (in particolare per i classici), avrebbe guada-
gnato nel tempo sempre più terreno, consacrato dalle gran-
di campagne d’acquisto con cui Cosimo de’ Medici popola-
va le biblioteche pubbliche fiorentine, ‘complice’ il più
famoso libraio del tempo, Vespasiano da Bisticci.40
Ad apertura di volume si impongono allo sguardo le maiu-
scole ornate a bianchi girari, che arricchiscono le carte ini-
ziali dei singoli libri delle Divinae institutiones, riecheggiando
analoghe decorazioni di manoscritti carolini di XI e XII se-
colo.41 Disegnatore e miniatore restano sconosciuti, ma non

1984, I, p. 122) è di 7 mm, la stessa che ritroveremo nell’esemplare più li-


brario delle minute di traduzione traversariane: la versione latina della Vita
Sanctorum Eugeniae, Proti et Hyacinti, attualmente rilegata alle cc. 112-113 del
Conventi Soppr. G. IV. 844 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.
Cfr. infra, III.3.1.
38
Lo specchio di scrittura di Ambrogio Traversari, decisamente simile a
quello proposto da Niccolò Niccoli nei suoi autografi in formal hand, si pre-
senta «piuttosto stretto e allungato, decisamente spostato verso l’interno e ver-
so l’alto, fatto che determina un ampio margine all’esterno e in basso» (così
DE ROBERTIS 1995, p. 500).
39
La struttura materiale dei manoscritti copiati da Niccolò Niccoli, o fat-
ti copiare per la sua biblioteca da Poggio Bracciolini, sembra suggerire a DE
ROBERTIS 1995, pp. 499-500 un progetto comune, un modello ideale di libro.
Misure e proporzioni del Lattanzio traversariano non coincidono con gli esem-
plari niccoliani, ma ciò non stupisce, dal momento che il volume non fu com-
missionato al Camaldolese dall’erudito fiorentino. Non è invece possibile ten-
tare per Ambrogio Traversari – come fa Teresa de Robertis per il Niccoli –
un raffronto sistematico tra i rapporti statistici di suoi manoscritti in antiqua,
dato che il Conventi Soppr. B. IV. 2609 è l’unico testimone conservato di
questa tipologia.
40
Sulla fornitura di libri procurata da Cosimo de’ Medici alle biblioteche
del convento di S. Marco e della Badia fiesolana si legga il racconto dello stes-
so Vespasiano da Bisticci in VESPASIANO, Vite, 1970-76, II, pp. 179, 183-189.
41
Il primo ad avere indicato nelle iniziali ornate a bianchi girari dei ma-
noscritti medievali (in particolare italiani e del XII secolo) il possibile model-
lo della corrispondente decorazione umanistica fu PÄCHT 1957, pp. 188-190,
che pose a confronto visivo e diretto un manoscritto del XII secolo (Oxford,
Bodleian Library, Canon. Pat. lat. 105, c. 3v) e uno degli inizi del XV (Ox-
ford, Bodleian Library, Laud Misc. 531, c. 3r). Dopo il breve contributo del
Pächt, si sono moltiplicate le segnalazioni di possibili modelli dei secoli XI e
02 6-11-2009 20:07 Pagina 62

62 CAPITOLO SECONDO

è escluso che possa trattarsi dello stesso Traversari, dal mo-


mento che in una sua lettera, per quanto più tarda di una
quindicina d’anni, il monaco si sarebbe vantato della propria
abilità nell’ornare i manoscritti.42 In ogni caso, anche la de-
corazione del Conventi Soppr. B. IV. 2609 rivela una tota-
le consonanza con i modelli umanistici elaborati a Firenze
nel primo decennio del Quattrocento.43 Le iniziali miniate
del Lattanzio traversariano appaiono infatti piuttosto piccole
e sobrie, con la lettera maiuscola riempita in giallo paglieri-
no (non in oro) e intrecciata a girari bianchi su fondo blu,
rosso e verde; il tutto racchiuso all’interno di un profilo ret-
tangolare dai contorni non ancora mossi.44 Degna di nota è

XII (prevalentemente dell’Italia centrale) posti a confronto con le prime co-


pie umanistiche: si vedano PÄCHT-ALEXANDER 1970, p. 4 e tav. IV, nn. 34,
36-37, pp. 21-23 e tavv. XIX-XX, nn. 209-211, 214, 216, 224; ALEXANDER
1977, pp. 12-13; AMES-LEWIS 1984, p. 142; DE HAMEL 1987, pp. 220-221. Un
ampio repertorio di riproduzioni fotografiche di iniziali ornate a bianchi gi-
rari in manoscritti toscani del XII secolo è inoltre consultabile in calce allo
studio di BERG 1968. Infine, DE LA MARE-THOMSON 1973, p. 192 e poi di
nuovo DE LA MARE 1985, pp. 396-397 hanno sottolineato un più stretto le-
game tra le iniziali miniate umanistiche e le corrispondenti iniziali dei mano-
scritti liturgici, biblici o patristici, copiati in Toscana a partire dalla metà del
XII secolo, che forse esercitarono una suggestione più profonda anche sul Lat-
tanzio traversariano prodotto non a caso in ambiente monastico.
42
Infatti, nell’epistola spedita il 1° agosto del 1429 a Leonardo Giustinia-
ni, il monaco lamenta di non essere riuscito a miniare di propria mano, co-
me avrebbe voluto, il libello inviatogli dall’amico e di avere invece dovuto af-
fidare il lavoro a monaci giovani e inesperti: cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759,
VI, 26 = vol. II, col. 309.
43
PÄCHT 1957, p. 188 (seguito da DE LA MARE 1973, p. 50 e DE RO-
BERTIS 1990, p. 117, nota 26) suggerì che il recupero della miniatura all’an-
tica a bianchi girari, nella Firenze di inizi Quattrocento, fosse dovuto a Nic-
colò Niccoli. Ma il Pächt – come osservò DE LA MARE 1985, p. 397, nota 9
– non si rese conto di quanto precocemente le iniziali a bianchi girari aves-
sero iniziato a proliferare nei codici di produzione umanistica. Per limitarci a
un esempio notissimo, si ricordi almeno il Laurenziano Strozzi 96, che con-
tiene l’autografo poggiano del De verecundia di Coluccio Salutati, trascritto ad-
dirittura ante 1402-1403 e segnalato già da ULLMAN 1960, pp. 21-30, 34-35,
54-56, 59, 79, 127, 129 (cfr. le riproduzioni in ULLMAN 1960, tavv. 13-14 e
DE LA MARE-THOMSON 1973, tav. VIII).
44
Manca ancora, purtroppo, uno studio interamente dedicato all’evolu-
zione cronologica dei caratteri peculiari delle iniziali a bianchi girari, in par-
ticolare durante i primi vent’anni della riforma grafica umanistica a Firenze,
che qui specialmente interesserebbero. Per una panoramica d’insieme sulla mi-
niatura nei codici rinascimentali, che tenga conto di una prospettiva non
02 6-11-2009 20:07 Pagina 63

CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 63

l’iniziale ornata del secondo libro, in quanto presenta un in-


teressante motivo zoomorfo che fuoriesce dalla cornice e che
ricorda la bella iniziale disegnata a penna a c. 35r del Lau-
renziano Conventi Soppr. 287, sempre all’inizio del secondo
libro di una copia delle Divinae institutiones, trascritte da An-
tonio di Mario nel 1417.45
Nell’ideale gerarchia grafica della pagina seguono poi le
maiuscole capitali impiegate per segnalare incipit ed explicit dei
singoli libri dell’opera di Lattanzio. Il sistema delle maiusco-
le del libro gotico risulta completamente soppiantato dalla
nuova capitale umanistica, 46 che qui è realizzata in una for-
ma piuttosto sobria, con trattini di completamento non mol-
to accentuati alla base delle lettere e con abbreviazioni ri-
dotte al minimo indispensabile. Il parallelo più convincente,
già suggerito da Gabriella Pomaro, 47 è con le maiuscole di
Niccolò Niccoli, anche se gli apici delle lettere sono meno ac-
centuati rispetto a queste ultime: lo diventeranno però nel
corso degli anni, avvicinando ulteriormente le scritture dei
due umanisti e amici. Simile è l’aspetto generale delle lette-
re: alte, leggere, inserite in un modulo rettangolare. Simile è
anche la tendenza dei verticali di l e i (di norma la seconda
di due i consecutive) a rompere il bilineo e la forma di al-
cune lettere significative, come f (ora con ricciolo ora senza),

esclusivamente Firenze-centrica, cfr. la concisa, ma istruttiva introduzione di


ALEXANDER 1977, pp. 9-28. Si veda anche, per quanto di carattere più di-
vulgativo, il contributo di RUYSSCHAERT 1979. Invece, per una prima analisi
dello sviluppo della decorazione nei manoscritti fiorentini si tenga presente
AMES-LEWIS 1984, pp. 141-166, che tuttavia privilegia le testimonianze data-
te a partire dagli anni Trenta del Quattrocento, fino allo stile maturo di Fran-
cesco d’Antonio del Chierico agli inizi degli anni Sessanta del secolo.
45
La vicinanza tra i due esemplari di Lattanzio è suggerita anche dal fat-
to che i passi greci del Laurenziano Conventi Soppr. 287, integrati da Leo-
nardo Bruni, dipendono da quelli del manoscritto traversariano: cfr. I. G.
RAO in Umanesimo e Padri 1997, pp. 182-185 (scheda 19) con relative tavole.
46
Il recupero delle maiuscole capitali in luogo delle corrispondenti forme
gotiche fu uno dei primi e più vistosi segni del ritorno all’antico propugnato
dalla riforma grafica umanistica. Osserva infatti DE ROBERTIS 1988, p. 79 che
«già Petrarca o Boccaccio, in un contesto che rimaneva coerentemente, tena-
cemente ‘moderno’ o gotico, avevano già proceduto al restauro di alcune va-
rianti capitali (A; E; M; N; H; U)».
47
Cfr. POMARO 1979, p. 106.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 64

64 CAPITOLO SECONDO

r allungata a completamento del rigo, ma soprattutto m e u


che ricordano i modelli librari della capitale rustica nei co-
dici carolini piuttosto che le corrispondenti forme delle iscri-
zioni lapidarie.
Ancora lontane sono le capitali epigrafiche direttamente
imitate da epigrafi classiche.48 Le maiuscole traversariane so-
no invece conformi alla tipologia adottata nei codici prodot-
ti a Firenze agli inizi del XV secolo, dove, all’iniziale incer-
tezza sul tipo di maiuscole da reintrodurre (tanto che i più
antichi manoscritti all’antica di Poggio e Niccoli, pur aven-
do gli spazi predisposti, risultano privi di titula), 49 avevano
fatto seguito diversi tentativi di restituzione delle stesse, che
riecheggiavano l’antico imitando in forma ibrida le capitali
epigrafiche dei monumenti romanici di XI e XII secolo, ol-
tre a subire la suggestione diretta della capitale rustica usata
in funzione distintiva e d’apparato nei manoscritti carolini as-
sunti a modello.50 Eppure, per quanto le maiuscole elabora-

48
Sulle capitali epigrafiche restituite in area padano-veneta a partire dal-
la seconda metà del Quattrocento cfr. supra, II.1, nota 11.
49
Cfr. DE ROBERTIS 1988, p. 78.
50
Sulla centralità del Basso Medioevo come filtro dell’antichità romana
agli occhi dei primi umanisti fiorentini si veda la felice sintesi di CASAMASSI-
MA 1974, pp. X-XI. Le maiuscole del passato, mediate attraverso lo schermo
dell’età medievale, furono interpretate dai primi umanisti fiorentini con gran-
de libertà, dando vita alle realizzazioni indipendenti di Poggio Bracciolini, in-
fluenzato maggiormente da modelli lapidari squadrati e senza apici, e di Nic-
colò Niccoli, le cui maiuscole sottili, allungate e con apici sembrano risentire
di un modello epigrafico generico, ma anche della capitale rustica dei codici
in carolina. Sui due sistemi rivali delle capitali di Poggio e Niccoli si leggano
anche CASAMASSIMA 1966, pp. 19-20; CASAMASSIMA 1974, p. XIII; DE RO-
BERTIS 1988, p. 78. CASAMASSIMA 1974, p. XIII arriva addirittura a ipotizza-
re per la capitale niccoliana modelli librari del IX secolo, ma non è escluso
che si tratti più semplicemente di una semplificazione e corsivizzazione del
modello poggiano: cfr. ZAMPONI 2004b, p. 475, nota 26. Ancora diverse ap-
paiono invece le maiuscole di Antonio di Mario, miste di forme capitali e on-
ciali (A, E, M, V), talvolta abbellite da forme di lettere fiorite (A, F), rego-
larmente arricchite da apici e da un punto al centro dei verticali di I, P, T,
che forse lasciano intuire un generico influsso di modelli bizantini: cfr. MO-
RISON 1972, pp. 283-284. Nella cerchia degli umanisti fiorentini si sarebbe
tentata anche una sorta di gerarchia grafica delle scritture distintive e d’ap-
parato, desunta direttamente da modelli librari. Per limitarci a un solo esem-
pio qui pertinente, nelle carte finali del Laurenziano Plut. 65. 21 (volume di
dedica della traduzione traversariana di Diogene Laerzio, approntata nel 1433
da Michele monaco per Cosimo de’ Medici) il copista fa seguire alla – per
02 6-11-2009 20:07 Pagina 65

CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 65

te a Firenze abbiano popolato per decenni i codici prodotti


nell’area toscana e siano addirittura approdate in campo epi-
grafico, 51 segnando il rigetto definitivo del canone gotico,
non riuscirono mai a imporsi veramente. La libertà d’inter-
pretazione e realizzazione, l’assenza di un canone esemplare
riproducibile all’infinito avrebbero determinato la sconfitta
del modello ‘alla fiorentina’, definitivamente soppiantato nel-
la seconda metà del Quattrocento dalla nuova moda delle
maiuscole epigrafiche realmente ‘antiche’, importate dall’area
padano-veneta.
Se dunque il primo prodotto librario sicuramente auto-
grafo di Ambrogio Traversari conferma già nelle caratteristi-
che codicologiche e decorative, nonché nel sistema delle
maiuscole, la totale adesione al programma di rinnovamento
culturale e grafico voluto dagli umanisti fiorentini agli inizi
del XV secolo, l’elemento più macroscopico di ritorno al-
l’antico resta pur sempre l’uso della carolina restaurata per
la trascrizione delle 149 carte attraverso cui si snoda il lun-
go testo lattanziano. Infatti, il Conventi Soppr. B. IV. 2609
è un manoscritto in littera antiqua di perfetta imitazione che
non presenta incertezze di sorta circa l’intento di abbando-
nare il sistema gotico, in particolare per quanto riguarda la
forma della g minuscola «with two bowls joined by a distinct
stroke» e della a onciale in funzione di minuscola, nonché
per l’uso regolare di d minuscola diritta, di r diritta anche
dopo lettera tonda e di s diritta in fine di parola, oltre a
quello dei caratteristici legamenti ct, st e del nesso et.52 È in-

così dire – capitale rustica di incipit ed explicit dei singoli libri una capitale epi-
grafica su modello librario, che nell’alternanza cromatica e nella forma della
g capitale ricorda da vicino i manoscritti liturgici e biblici del XII secolo.
51
Sulle prime attestazioni in campo epigrafico delle maiuscole alla fioren-
tina (mi riferisco in particolare all’epitaffio dell’antipapa Giovanni XXIII) e
sulla loro definitiva sostituzione – sia a Firenze, che nella Roma di Sisto IV
– con le capitali lapidarie nate in area padano-veneta si veda PETRUCCI 1995,
pp. 95-103. Sulle maiuscole sans-serifs di diretta ascendenza poggiana usate nel-
l’epigrafia lapidaria e su monete e medaglie si veda anche il più datato con-
tributo di MORISON 1972, pp. 269-277.
52
Per un sintetico ma esauriente elenco degli elementi basilari della nuo-
va scrittura umanistica cosiddetta poggiana si veda DE LA MARE 1977, p. 91,
da cui è tratta anche la citazione che descrive la forma della g minuscola.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 66

66 CAPITOLO SECONDO

vece costantemente evitato l’uso di d onciale e di et nota ta-


chigrafica in forma di 7, che pure il Traversari adotta ai li-
velli di esecuzione meno formale della corsiva all’antica ne-
gli autografi di lavoro delle traduzioni dal greco.
Ancora una volta, il modello a cui si ispirò Ambrogio Tra-
versari non era realmente antico. L’antecedente diretto a cui
guardarono il Camaldolese e un’intera generazione di entu-
siasti umanisti, che lo avevano preceduto di circa quindici
anni, furono i manoscritti in carolina copiati tra XI e XII se-
colo. Tuttavia, se da questa generica individuazione del pro-
totipo proviamo a proporne una più univoca, si incontrano
innegabili difficoltà, innanzi tutto a causa di una reale ca-
renza bibliografica, in quanto, se si eccettua il caso della mi-
nuscola romanesca, ristudiata da Paola Supino Martini, 53
mancano ricerche che consentano di identificare con sicu-
rezza altre tipizzazioni specifiche della tarda carolina.
Ma la difficoltà nell’individuare un preciso modello grafi-
co per la carolina restituita dagli umanisti fiorentini non è al-
tro che un sintomo della ben più profonda necessità di ri-
considerare i concreti processi di imitazione tra exemplar e co-
pia, tanto più che appare ormai chiaro come non sia mai
l’antigrafo concretamente davanti agli occhi del copista a de-
terminare la facies grafica del suo apografo.54 Si ha infatti
l’impressione che i primi umanisti fiorentini abbiano elabo-
rato il nuovo canone della moderna carolina a partire da
una pluralità di esemplari dei secoli XI e XII, a cui guar-
darono con l’intento di riprodurre l’assetto dell’antica pagina
in littera antiqua, ma da cui finirono per astrarre solo una lun-
ga serie di elementi (tra cui la disposizione del testo a piena
pagina, la rigatura a secco, le iniziali ornate a bianchi gira-
ri, il sistema delle maiuscole e soprattutto la forma delle let-
tere minuscole più macroscopicamente caroline) che andaro-
no a innestarsi sul precedente sostrato gotico, modificandolo
ma non cancellandolo del tutto.

Cfr. SUPINO MARTINI 1987.


53

Cfr. recentemente ZAMPONI 2004b, pp. 469-472 e DE ROBERTIS 2006,


54

pp. 109-112, che a p. 110 documenta il fenomeno confrontando in partico-


lare due manoscritti famosi: il Catullo Vaticano Ottob. lat. 1829 e la sua co-
pia umanistica diretta Marciano lat. XII. 80.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 67

CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 67

Pluralità di modelli grafici e costituzione di un canone


astratto di elementi percepiti come antichi spiegherebbero,
anche nel caso del Traversari, la difficoltà di individuare un
preciso modello scrittorio di riferimento. Se infatti è vero che
non è stato identificato il concreto antigrafo del Lattanzio
traversariano, non è neppure escluso che un suo eventuale
reperimento possa riservare impreviste sorprese.55
Non andrà inoltre dimenticato che il volume del Camal-
dolese fu trascritto in data piuttosto bassa (1414), quando, do-
po che la fase creativa e normativa del nuovo sistema grafi-
co si era esaurita da più di un decennio, gli umanisti di se-
conda generazione affiancarono al primitivo modello un
modello di secondo grado ulteriormente mediato, cioè i ma-
noscritti realizzati dai loro predecessori, più fedeli degli stessi
codici carolini nell’uso regolare di varianti grafiche come d di-
ritta, r diritta anche dopo lettera tonda, s diritta in fine di pa-
rola, nesso et, ct e st in legamento.
Del resto, anche nell’epistolario del monaco troviamo
menzionati a livello teorico, l’uno accanto all’altro, i due mo-
delli passibili di imitazione, quello carolino e quello umani-
stico, senza che a nessuno di essi venga accordata una pre-
ferenza specifica. In una famosa lettera al fratello Girolamo,
Ambrogio Traversari invita l’interlocutore a non trascurare la
mano libraria, esercitandola con la fedele imitazione di un
codice vetusto e filologicamente corretto.56 Il riferimento è

55
I manoscritti delle Institutiones lattanziane successivi al X secolo – tra cui
potrebbe celarsi l’esemplare assunto a modello dal Traversari – sono circa un
centinaio, ma essi non risultano censiti nelle moderne edizioni critiche, e nep-
pure nel più recente lavoro a me noto sul testo in esame, quello di POMARO
1988, che privilegia piuttosto i rami bassi dello stemma costituiti in età uma-
nistica. Inoltre, non sono nemmeno stati identificati i volumi di Lattanzio cen-
siti rispettivamente ai numeri 130 del catalogo di S. Marco (ULLMAN-STAD-
TER 1972, p. 139) e 236-237 del più antico inventario di S. Maria degli An-
geli (BALDELLI CHERUBINI 1972, p. 31).
56
«Nec illud quidem admonere desistam uti non negligas manum libra-
riam, quam optimam, atque perquam celerem, atque fidelissimam tibi compa-
rare, studeasque priscam illam in scribendo imitari puritatem, ac suavitatem.
Quod tunc adsequere facilius, si ex emendatissimo, antiquoque codice quid-
piam tibi transcribendum deligas, totoque annisu ad unguem exemplar fidum
imitari [forse imiteris, cfr. RIZZO 1973, p. 143]» (TRAVERSARI, Epistolae, 1759,
XI, 19 = vol. II, col. 501). L’epistola traversariana è una fonte letteraria ri-
petutamente citata nei lavori di paleografia umanistica a partire dalla fine del-
02 6-11-2009 20:07 Pagina 68

68 CAPITOLO SECONDO

qui a un generico esemplare carolino, quindi a un mano-


scritto davvero antico. Ma, in una seconda missiva inviata il
28 aprile del 1433 al confratello Agostino da Portico, il Ca-
maldolese sembra accontentarsi di additare un coevo model-
lo umanistico per rendere «honestiorem» la «faciem litera-
rum».57 Anche in una lettera piuttosto tarda (aprile-agosto
1437) all’allievo prediletto, Michele monaco, il Traversari in-
vita a trascrivere la copia definitiva del proprio epistolario te-
nendo presente un suo stesso autografo giovanile delle epi-
stole di sant’Ambrogio.58 E, in effetti, l’esito documentato dal
Laurenziano Strozzi 102, cioè il monumentum dell’epistolario
traversariano trascritto da Michele per Cosimo de’ Medici
dopo la morte del suo superiore, induce a ritenere che an-
che la raccolta ambrosiana non ancora rintracciata – e for-
se perduta per sempre – fosse perfettamente coerente con la
tipologia grafica elaborata nella Firenze d’inizio secolo. Del

l’Ottocento, al punto da diventare un filtro quasi obbligato nell’interpretazio-


ne dei fenomeni di imitazione grafica messi in atto dai primi umanisti fioren-
tini (cfr. ZAMPONI 2004b, p. 471). Tuttavia, gli studiosi di cose umanistiche
hanno spesso trascurato il fatto che la lettera, pur priva di data, andrà vero-
similmente ricondotta al periodo successivo al 26 ottobre 1431, quando Am-
brogio Traversari uscì per sempre da S. Maria degli Angeli e inaugurò una
fitta corrispondenza con il fratello rimasto nel cenobio fiorentino, ed è sen-
z’altro anteriore al 7 ottobre 1433, giorno della morte di Girolamo. La missi-
va si rivolge pertanto ai copisti della seconda generazione umanistica, che eb-
bero caratteristiche in parte diverse da quelle degli inventori e sperimentatori
di inizio secolo. L’epistola traversariana, inoltre, non andrà interpretata come
un testo isolato nell’ambito della più ampia documentazione epistolografica del
monaco, ma andrà sempre messa in relazione con le coeve lettere rivolte ad
altri confratelli in cui il Camaldolese invita a tenere presente un modello non
più realmente antico, bensì già umanistico: si veda TRAVERSARI, Epistolae, 1759,
XII, 8 = vol. II, col. 579 e XIII, 14 = vol. II, col. 622.
57
«Vellem honestiorem literarum faciem, dum scribis, nitereris exprimere,
et vel nostram imitari studeres, vel alterius doctioris manum; ut bene, ac pu-
re dicta gratiores literae commendarent» (TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XII, 8
= vol. II, col. 579).
58
«Epistolarum novarum libros quatuor proxime misimus ad te, sex item
alios fortasse missuri paullo post. Id abs te cupio, cum librario transigas, ut eas
habeat secretissimas apud se, neque a quovis alio transcribi patiatur. Sane vo-
lumus, ut principiis librorum spatia maiora sint, ut est solemne, et lineae quin-
que, aut sex ex anteriore parte paginae locum principali literae faciant, singulis
autem epistolae [forse epistolis] lineae duae, namque singulis adponi ex minio
principales literas placet; ut illae sunt Beati Ambrosii, quas manu propria in Mo-
nasterio scripsimus» (TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XIII, 14 = vol. II, col. 622).
02 6-11-2009 20:07 Pagina 69

CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 69

resto, la nuova scrittura avrebbe avuto proprio nell’iterata ri-


petizione di forme del passato, selezionate in quanto estranee
al sistema gotico e quindi percepite come ‘antiche’, il punto
di forza per imporsi nell’immediato e arrivare attraverso la
stampa fino ai giorni nostri.
Eppure, il rigore con cui il Camaldolese si attiene alle nor-
me del canone dell’antiqua nella stesura del Conventi Soppr.
B. IV. 2609 è apparentemente in contrasto con l’irregolarità
e l’incertezza esecutiva della mano, già notate da Gabriella
Pomaro nella propria indagine sul manoscritto.59 Il modulo
della scrittura si modifica più volte, anche nel corso di una
stessa carta; fenomeno del resto non del tutto anomalo nel
Traversari, in quanto si osserva anche in alcuni manoscritti
di lavoro delle traduzioni dal greco, ad esempio nel Lauren-
ziano Strozzi 64 (c. 26r) e nel Conventi Soppr. G. IV. 844
della Nazionale di Firenze (c. 99r). Si nota poi una certa pe-
santezza nel tracciato, che traspare dai marcati ritocchi trian-
golari alla sommità delle aste verticali, dagli evidenti punti di
attacco dei tratti costitutivi di alcune lettere (c, d, e), dai pie-
dini alla base di m e n, dal rigido tratteggio della g.
Il ricorrere di alcuni elementi, però, non permette di du-
bitare dell’unicità della mano. Ad esempio, forte continuità è
garantita dal macroscopico uso di uno stabile sistema inter-
puntivo e abbreviativo che riecheggia il canone della textua-
lis. Sono regolarmente impiegati il punto interrogativo e l’a-
pice sulla i doppia e singola; costanti restano le abbreviazio-
ni per -er e -us, per quia, per le forme del verbo esse e per
cum- (c sovrastata da lineetta orizzontale, non nota tachigra-
fica). L’unica modificazione di poco conto si registra nell’ab-
breviazione per pro-, che passa da una variante calligrafica
con svolazzo a una forma più semplificata. Rimane inoltre
costante il tratteggio delle singole lettere, in particolare quel-
lo della a minuscola con pancia angolosa.
Tutto questo ha indotto la stessa Pomaro a parlare di
«una fase di sperimentazione ancora in atto»; 60 mentre Ago-

59
Cfr. POMARO 1979, pp. 106-107.
60
Cfr. POMARO 1979, p. 107.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 70

70 CAPITOLO SECONDO

stino Sottili si è spinto addirittura oltre, arrivando a mettere


in dubbio l’identificazione della mano con quella del Ca-
maldolese.61
Alcune precisazioni si rendono tuttavia necessarie. In pri-
mo luogo, non sembra si debba porre in discussione l’identi-
ficazione della mano con Ambrogio Traversari. Infatti, no-
nostante ci si trovi di fronte a una scrittura posata, si regi-
strano alcuni punti di contatto con la corsiva all’antica usata
di norma nelle più tarde epistole sicuramente autografe e nei
manoscritti di lavoro delle traduzioni dal greco. Ad esempio,
la a maiuscola è eseguita di norma senza tratto orizzontale.
Si alternano varianti più o meno corsive di e, mentre la e ce-
digliata presenta un’ampia cediglia che talvolta si origina di-
rettamente dal secondo o terzo tratto della e. La m e la n
hanno marcati piedini alla base dei verticali, esattamente co-
me nelle varianti più posate del Conventi Soppr. G. IV. 844,
che contiene la versione traversariana autografa delle Vitae pa-
trum. Infine, accanto alle numerose false legature del Lattan-
zio Conventi Soppr. B. IV. 2609, se ne osservano alcune ve-
re e proprie, a loro volta non incompatibili con il più ampio
sistema della corsiva all’antica del Camaldolese e congruenti
con l’attitudine alla corsività di tutta la vita scrittoria del mo-
naco.62 Del resto, l’uso di legare lettere eseguite posatamente
in più tratti non è un fenomeno nuovo nella prassi traversa-
riana, dal momento che ritorna anche nelle pagine meno cor-
sive del Conventi Soppr. G. IV. 844, il più librario tra gli au-

61
Cfr. SOTTILI 1984, p. 709.
62
Se analizziamo ad esempio c. 1r del Conventi Soppr. B. IV. 2609, si
osservano le seguenti false legature, che tuttavia qua e là nel manoscritto si
trasformano in legature vere e proprie: a in entrata preceduta da e, f, g, r, t;
c in uscita seguita da i, t; d in entrata preceduta da e; e, a sua volta, in en-
trata preceduta da f, g, r, t e in uscita seguita da a, d, i, m, n, p, q, r (sia di-
ritta che in forma di 2), s, t, x; f in uscita seguita da a, e, i, r; g in uscita se-
guita da a, e, n; i in entrata preceduta da c, e, f, r, t; m in entrata preceduta
da e; n in entrata preceduta da e, g; o in entrata preceduta da t; p in entrata
preceduta da e, r; q in entrata preceduta da e, t; r in entrata preceduta da e,
f, r, t e in uscita seguita da a, e, i, p, r, s, t, u; s in entrata preceduta da e, r
e in uscita seguita da t; t in entrata preceduta da c, e, r, s e in uscita seguita
da a, e, i, o, q, r, u; u in entrata preceduta da r, t; x in entrata preceduta da
e. Ebbene, tutte queste legature non contrastano affatto con l’usus della corsi-
va traversariana, di cui parleremo più avanti.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 71

CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 71

tografi di lavoro del Traversari. Infine, un’ultima osservazio-


ne: l’antiqua del Conventi Soppr. B. IV. 2609 è caratterizza-
ta dal notevole sviluppo in alto e in basso delle aste vertica-
li delle lettere, il che garantisce una buona riconoscibilità dei
caratteri anche là dove il modulo della scrittura si fa più pic-
colo. Questa stessa prerogativa, cioè l’accentuazione dei ver-
ticali in funzione di una migliore grammatica della leggibili-
tà, ritornerà anche nella corsiva fino agli ultimi anni di vita
del Camaldolese, e rappresenta un notevole punto di contat-
to visivo tra i due sistemi grafici adottati dal Traversari a se-
conda delle diverse esigenze imposte dal testo scritto.
In secondo luogo, bisogna sempre ricordare che la speri-
mentazione testimoniata dal Conventi Soppr. B. IV. 2609
non andrà messa in relazione con la fase in cui fu elabora-
to a Firenze il canone grafico di ritorno all’antico. Infatti, la
datazione del manoscritto è troppo bassa – si diceva che il
volume fu ultimato nel 1414 – e questo, se anche non è dif-
forme rispetto alla cronologia delle testimonianze traversa-
riane conservate, 63 è comunque tardi in assoluto rispetto agli
anni che videro compiersi la riforma grafica umanistica.
Manca cioè per il Camaldolese un esempio di laboratorio
grafico in vista della costituzione del nuovo modello umani-
stico, a differenza di quanto è attestato nella stessa Firenze
dei primi anni del secolo per altri scriventi come Coluccio
Salutati, Poggio Bracciolini, Niccolò Niccoli, o anche il me-
no noto Luigi di ser Michele.64
L’incertezza che traspare dalle pagine del Lattanzio tra-
versariano riguarda piuttosto l’adeguamento del modo di scri-

63
Anche ammettendo l’autografia traversariana di alcuni documenti am-
ministrativi trascritti dal Camaldolese per le esigenze amministrative del mo-
nastero degli Angeli (per i quali cfr. infra, III.1) non sembra comunque possi-
bile risalire più indietro della metà del secondo decennio del Quattrocento.
64
Tra gli esempi più significativi del processo di trasformazione della lit-
tera textualis in littera antiqua si ricordino qui almeno i due manoscritti Riccar-
diano 264 e Riccardiano 549, il primo di mano del Niccoli, il secondo inve-
ce trascritto da Luigi di ser Michele, nei quali la scrittura lentamente trasco-
lora senza soluzione di continuità da un universo grafico all’altro, attraverso
l’inserimento graduale di varianti morfologiche percepite come antiche: prima
s diritta, poi g ‘poggiana’, infine nesso et e d diritta (cfr. DE ROBERTIS 2006,
pp. 120-125, 128-130).
02 6-11-2009 20:07 Pagina 72

72 CAPITOLO SECONDO

vere del monaco all’ideale prefissato, in particolare per quan-


to concerne la morfologia di alcuni elementi caratteristici del
modello umanistico, come la g, il nesso et e il legamento ct.
Del resto, si tratta di un fenomeno assai comprensibile, se
consideriamo che il Conventi Soppr. B. IV. 2609 potrebbe es-
sere uno dei primi tentativi traversariani di scrittura all’anti-
ca e che mancano confronti autografi coevi nella medesima
tipologia grafica. In altri termini, ciò che rende la scrittura del
manoscritto lattanziano leggermente innaturale sembra essere
l’adozione di un modello ancora faticoso da imitare per il Ca-
maldolese, che – per quanto nel 1414 avesse già 28 anni –
aveva forse privilegiato fino a quel momento realizzazioni gra-
fiche di natura corsiva oppure una diversa tipologia di scrit-
tura posata. Purtroppo, però, non ci è dato sapere in alcun
modo se veramente il monaco avesse appreso a scrivere an-
che in textualis, 65 cioè nella variante grafica adoperata per ec-
cellenza nei codici liturgici e di una certa pretesa formale tra-
scritti in S. Maria degli Angeli ancora per tutta la prima me-
tà del XV secolo. Induce tuttavia a sospettarlo il coerente
sistema interpuntivo e abbreviativo di sapore gotico usato nel
Conventi Soppr. B. IV. 2609, nonché l’aspetto generale del-
la scrittura, che sembra quasi – per così dire – compressa la-
teralmente, in quanto le lettere sono inscritte in un modulo
rettangolare, anch’esso forse retaggio di un sostrato testuale.66

65
A mia notizia, infatti, non è stato individuato alcun manoscritto in tex-
tualis con sottoscrizione di Ambrogio Traversari. Nonostante sia stato segnala-
to da ULLMAN 1963, pp. 267-268 (tavv. IX-XI) un gruppo di codici in pe-
sante gotica di stile bolognese, compatibili con il Camaldolese per localizza-
zione geografica e nome del copista – tal «Ambrosius de Florentia», che lavorò
per Coluccio Salutati tra Trecento e Quattrocento – non sembra possibile pro-
porne l’identificazione con il nostro. Contrastano con l’ipotesi in primo luogo
la cronologia dei manoscritti più antichi del gruppo, trascritti con mano ma-
tura verosimilmente prima che il Camaldolese entrasse in S. Maria degli An-
geli (1400), ma anche il testo della sottoscrizione vera e propria, nella quale
è omesso ogni riferimento alla condizione monastica ed è indicata Firenze (in
luogo di Portico di Romagna) come patria d’origine dello scrivente.
66
Più difficile mi sembra invece mettere in relazione l’apparente com-
pressione laterale della pagina traversariana con l’eventuale imitazione di
esemplari carolini d’oltralpe (francesi o tedeschi), a cui, nella generale difficoltà
di individuare precisi modelli grafici per la nuova scrittura umanistica, si è pur
fatto riferimento nella Diskussion che segue (pp. 109-110) il contributo di DE
LA MARE 1977. Si veda ZAMPONI 2004b, p. 471, nota 17.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 73

CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 73

3. Minuscola tardo-tricliniana e piccola onciale agli albori della rina-


scita del greco in Occidente

Il Conventi Soppr. B. IV. 2609, fin qui analizzato per la


parte latina, si rivela di fondamentale importanza anche per
iniziare ad affrontare il discorso relativo alle competenze di-
grafiche di Ambrogio Traversari e dei primi umanisti italia-
ni che, agli albori del Quattrocento, tentarono una riscoper-
ta delle proprie radici culturali attraverso l’apprendimento
della lingua e della cultura greca, dapprima recandosi nella
lontana Bisanzio, poi alla scuola fiorentina di Manuele Cri-
solora, dove imitarono, forse troppo rigidamente, 67 la scrit-
tura del maestro (stile erudito sobrio di ascendenza tardo-tri-
cliniana), 68 sostanziandola di tratti tipicamente latini e dan-
do vita a un vero e proprio filone di scritture comunemente
noto come greco occidentale.69

67
Sull’andamento rigido e poco naturale del greco dei primi umanisti ita-
liani cfr. DE GREGORIO 2002, pp. 70-71, nota 114.
68
Con il termine «corrente erudita» vengono inquadrate le numerose rea-
lizzazioni grafiche personali dei dotti bizantini a partire dalla fine del XIII se-
colo. Si parla anche di stile tricliniano (tardo-tricliniano per gli esempi più
maturi) dal nome di uno dei primi e più noti interpreti del filone in esame,
Demetrio Triclinio. Cfr. la rapida sintesi di ELEUTERI-CANART 1991, p. 10,
ma anche il più datato HARLFINGER 1977, pp. 333-334. Questa tipologia scrit-
toria perdurò con poche alterazioni fino agli inizi del Quattrocento, quando,
proprio perché familiare agli eruditi greci rifugiatisi in Occidente, fu trasmes-
sa anche ai loro allievi latini. Il caso più vistoso del rapporto diretto di filia-
zione delle scritture greche occidentali dai modelli orientali è senz’altro quel-
lo di Manuele Crisolora: l’erudito bizantino, infatti, pur inserendosi nel filo-
ne tricliniano, ne selezionò una personale variante dalle forme drasticamente
semplificate, sobrie, di modulo piccolo, con aste poco sviluppate e scarsità di
legamenti, che invitavano a un mimetismo grafico pressoché totale, al punto
che spesso diventa difficile distinguere tra la scrittura del maestro e quella dei
suoi discepoli (tra cui Palla Strozzi, Antonio Corbinelli, Leonardo Bruni e
molti altri). Si vedano ELEUTERI-CANART 1991, pp. 10-11 e il recente contri-
buto di ROLLO 2006, pp. 85-90.
69
Una sintetica ma valida panoramica relativa alle caratteristiche peculia-
ri e agli interpreti più significativi delle «calligrafie greche sotto influsso occi-
dentale» è riassunta in ELEUTERI-CANART 1991, pp. 16, 19. Un contributo
fondamentale sul mimetismo grafico degli allievi ‘latini’ di Manuele Crisolo-
ra, tanto di prima quanto di seconda generazione, si legge nel recente e ap-
profondito saggio di ROLLO 2006. Per una documentata introduzione di ca-
rattere generale sull’umanesimo greco in Italia cfr. CORTESI 1995. Si leggano
02 6-11-2009 20:07 Pagina 74

74 CAPITOLO SECONDO

A dire il vero, nel manoscritto in esame il Camaldolese


non rivela ancora, neppure a livello embrionale, alcun tipo di
conoscenza della lingua e della scrittura greca, dal momento
che si limita a vergare le isolate parole che compaiono a te-
sto alle cc. 67v, 68r, 68v e 72v, avvalendosi di un alfabeto
maiuscolo quasi identico alla capitale latina dei titula delle In-
stitutiones lattanziane. Non si tratta più dell’approssimativo gre-
co medievale usato per integrare i passi mancanti nei codici
prodotti nell’Occidente latino; ma siamo ancora molto lonta-
ni dalle realizzazioni – anche le più scadenti – del nuovo gre-
co di matrice bizantina appreso dagli umanisti italiani allo
Studio fiorentino, presso cui il Crisolora insegnò dal 1397 al
1400. Evidentemente, ancora nel 1414, nonostante la data sia
piuttosto bassa e quasi a ridosso della vivace stagione di tra-
duzioni patristiche a cui il monaco deve la sua fama nei se-
coli, Ambrogio Traversari non sapeva scrivere correntemente
in greco e tentava, laddove era impossibile evitarlo, una per-
sonale traslitterazione delle sporadiche parole greche incasto-
nate nel testo latino, avvalendosi della scrittura meno incom-
patibile con l’antiqua di quest’ultimo: la capitale maiuscola.
A causa delle difficoltà incontrate dal Camaldolese, i pas-
si greci nelle Divinae institutiones del Conventi Soppr. B. IV.
2609 furono dunque reinseriti, con traduzione interlineare li-
mitata ai primi sei libri, da una mano che Gabriella Poma-
ro, sulla base del latino, ha giustamente identificato con Gua-
rino Veronese.70 L’umanista scrive qui nella sua riconoscibi-
le antiqua intessuta di elementi estranei alla tradizione
fiorentina, tra i quali spiccano e garantiscono l’autografia la
r tonda, la s e la f con spalla molto ampia, la u angolare in
inizio di parola, oltre alla strana forma del nesso et con un
tratto per così dire mancante.71

anche le brevi e intense pagine del più datato, ma sempre fondamentale BER-
SCHIN 1989, pp. 329-341, che conclude proprio con gli albori dell’umanesimo
il lungo discorso sul Medioevo greco-latino.
70
La mano di Guarino è visibile alle cc. 3vbis, 5r-v, 6r-v, 7r, 9v, 10r, 11v,
13v, 15r, 17v, 21r, 22r, 23v, 25r, 33r, 37r, 38v, 39v, 40v, 41r, 67v, 68r, 72v,
73r, 74v, 75r, 76r, 77v, 78v, 79r.
71
In questa sede non mi è possibile soffermarmi sull’interessante instauratio
della littera antiquae formae attuata da Guarino Veronese in forme del tutto indi-
02 6-11-2009 20:07 Pagina 75

CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 75

Il greco di Guarino si rivela invece una sorpresa, in quan-


to costruito in chiave del tutto artificiosa nel tentativo di co-
stringere la scrittura entro un sistema bilineare. Infatti, accanto
a varianti di lettera che rivelano la precedente padronanza di
una minuscola usuale di ascendenza crisolorina – che a tratti
eccede addirittura in svolazzi cancellereschi – Guarino ha in-
nestato a forza una dose massiccia di forme maiuscole volu-
tamente arcaizzanti e angolose che ben si accompagnano al
recupero degli ormai desueti spiriti angolari. Così, accanto a
b, n, p, w minuscoli di forma moderna convivono b, n, p, w
maiuscoli di forma antica; l e doppio l seguono ora un mo-
dello moderno, ora uno arcaizzante; il r è di norma squa-
drato, anche nel nesso fr, salvo poi rivelarsi tondo in legatu-
re come ar; addirittura, in inizio di parola lettere maiuscole
come d, e, k, w rispecchiano le maiuscole greche epigrafiche
usate nei manoscritti in funzione distintiva e d’apparato dal
IX al XIV secolo.72 Inoltre, nel greco guariniano del Conventi
Soppr. B. IV. 2609 e in quello dei suoi allievi, in primo luo-
go Sozomeno da Pistoia, 73 ricorrono frequentemente giustap-

pendenti dai pur coevi esempi di tradizione fiorentina e poggiana. Le caratteri-


stiche della scrittura latina guariniana, impreziosita da elementi alla greca almeno
a partire dalla nota di possesso in calce al codice Vaticano Pal. gr. 116 (conte-
nente le commedie di Aristofane e gli Erotemata del Crisolora), sono state recen-
temente riprese in esame e delineate in dettaglio da DE ROBERTIS 1998, pp. 65-
74. Tra la bibliografia precedente, cfr. almeno CASAMASSIMA 1974, pp. 15-17.
72
Particolarmente significativa è la forma dell’omega epigrafico, realizzato
da Guarino nella variante non rara, ma minoritaria, a forma di due sigma lu-
nati affrontati e congiunti da un trattino di collegamento (cfr. HUNGER 1977b,
p. 196). Più in generale, sulla «epigraphische Auszeichnungsmajuskel» e sulle
sue evoluzioni nel corso dei secoli si veda lo studio di HUNGER 1977b, anti-
cipato dalla più breve nota in HUNGER 1977a, pp. 207-208.
73
Un articolato studio sul multigrafismo nel sistema latino di Zomino di
ser Bonifazio, ovvero Sozomeno da Pistoia, si legge in CASAMASSIMA-SAVINO
1995. Per quanto concerne il greco, sembra innegabile una filiazione diretta
della scrittura di Sozomeno dalla minuscola crisolorina di Guarino, che l’u-
manista pistoiese ebbe modo di incontrare a Firenze nel 1412, anche se non
è escluso un precedente apprendistato grafico e grammaticale da autodidatta:
cfr. DE LA MARE 1973, p. 91 e tavv. XXII e, f, g, h; ELEUTERI-CANART 1991,
pp. 152-154; CASAMASSIMA-SAVINO 1995, p. 192, nota 11 e tav. VIII (ripro-
duzione della splendida Iliade Fort. A. 55, uno dei primi esempi – come os-
servava Stefano Zamponi in una lezione tenuta presso la Biblioteca Forte-
guerriana di Pistoia il 29 febbraio 2000 – di codice «greco occidentale» con
maiuscole iniziali ornate a bianchi girari: cfr. SAVINO-CECCANTI 1990-91);
02 6-11-2009 20:07 Pagina 76

76 CAPITOLO SECONDO

posizioni di lettere a formare ou in falso legamento e gli al-


trettanto ben attestati gruppi to, tou e tw con tau sovrappo-
sto, anch’essi frequenti nelle scritture lapidarie bizantine.74
In effetti, il modello tenuto presente da Guarino nel pro-
porre qui il suo greco all’antica sembra proprio riflettere al-
cune varianti di natura epigrafica. L’umanista veneto po-
trebbe averle attinte, più che da un modello realmente lapi-
dario, dalle stilizzazioni librarie assunte dalle maiuscole
epigrafiche nei volumi a cui egli ebbe largo accesso, e che
talora acquistò, durante gli anni trascorsi in Oriente. Con-
corre a sostenere l’ipotesi la sistematica presenza nel Con-
venti Soppr. B. IV. 2609 del doppio lambda arcaizzante, ti-
pico delle scritture dei manoscritti greci in minuscola più an-
tichi e in seguito riproposto anche nelle scritture librarie
arcaizzanti della prima età dei Paleologi, 75 ma comprensibil-
mente assente, in quanto originato dalla sclerotizzazione di
un legamento di natura corsiva, dalle maiuscole lapidarie.
Più problematico è invece stabilire se Guarino fu ispirato da
esemplari realmente antichi (IX-X secolo) o piuttosto da vo-
lumi coevi arcaizzanti, dal momento che tanto le maiuscole
epigrafiche quanto le varianti di lettere segnalate ebbero una
vita lunga a cavallo di più secoli. In ogni caso resta valida
la conclusione che l’artificioso greco guariniano nel Conven-
ti Soppr. B. IV. 2609 volle essere a suo modo un primo ten-
tativo di ritorno all’antico, attuato anche per il greco accan-
to all’antiqua canonizzata da più di un decennio nella cerchia
degli umanisti fiorentini.76
Il reinserimento dei passi greci con relativa traduzione lati-
na nel Conventi Soppr. B. IV. 2609 non fu condotto piena-
mente a termine. Nelle cc. 138r, 140v, 141v, 142r, 144r-v, 145r

ROLLO 2006, pp. 100-101. Ulteriori esempi della mano greca di Sozomeno
sono riprodotti in Manoscritti medievali 1998, tavv. XX (Fort. C. 74), CLXXVIII
(Fort. A. 24), CCI (Fort. A. 55).
74
Per le identiche forme attestate nella «epigraphische Auszeichnungsma-
juskel» cfr. HUNGER 1977b, pp. 201-202.
75
Su queste ultime cfr. PRATO 1979.
76
Per un’indagine sistematica sul greco di Guarino Veronese, che qui sa-
rebbe impossibile affrontare, vorrei rimandare almeno ai lavori di ROLLO
2004a, pp. 55-58, ROLLO 2004b e, da ultimo, ROLLO 2006, pp. 97-100.
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CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 77

il greco, sempre di mano di Guarino, non è più integrato dal-


la traduzione interlineare dell’umanista veneto, bensì da quel-
la di una seconda mano quattrocentesca fortemente corsiveg-
giante, mentre una terza mano aggiunge la traduzione interli-
neare nel secondo inserto greco a c. 140v. La brusca
interruzione del lavoro di traduzione di Guarino Veronese an-
drà forse messa in relazione con la precipitosa partenza da Fi-
renze nel 1414 a seguito di contrasti con Niccolò Niccoli. Gua-
rino partiva da Firenze esportando il canone della littera anti-
qua di tipo poggiano, ma dopo avervi importato a sua volta la
personalissima proposta di tentare un’instauratio di varianti gra-
fiche del passato anche nei passi greci reinseriti nei manoscritti
in antiqua latina, costringendo quanto più possibile la scrittura
entro un sistema bilineare. Ne era risultata una sistematica
contaminazione tra la minuscola usuale degli eruditi bizantini
e l’atemporale maiuscola epigrafica usata in funzione distinti-
va e d’apparato nei prodotti librari più antichi e più recenti.
L’esperimento di Guarino non rimase un tentativo isolato.
Ogni umanista occidentale non digiuno di greco si cimentò
in un personale ritorno al passato, che, per quanto attuato
secondo tempi e modi differenti, mirava comunque al fine,
condiviso da tanti, di dare vita nei manoscritti a una degna
compagna della carolina rediviva. A partire dai cardini del
bilinearismo e dell’instauratio di caratteri maiuscoli dal sapore
antiquario, altri tentarono di restituire i passi greci dissemi-
nati nei testi latini in caratteri maiuscoli depurati quanto più
possibile dalle corrispondenti varianti minuscole, forse in
quanto si intuiva che la maiuscola fosse una delle più anti-
che scritture a cui attingere oppure – più verosimilmente –
per influenza del bilinearismo del greco medievale a cui da
secoli l’Occidente latino era assuefatto. Infatti, davanti al-
l’improbabile scriptio continua dei graeca nei manoscritti medie-
vali, i primi umanisti latini sembrano quasi trattenuti da una
sorta di reverenza, che forse suggerì loro di preservare l’al-
terità grafica degli inserti attraverso forme e modi distintivi
di volta in volta differenti.77 È questo il caso di Poggio Brac-

77
Una prima indagine su questa specifica categoria di scritture è stata abboz-
zata, seppur brevemente, da RIZZO 1985, pp. 238-241. Sull’interessante proble-
ma si leggano anche le opportune osservazioni di ROLLO 2006, p. 103, nota 69.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 78

78 CAPITOLO SECONDO

ciolini che, pur avendo appreso fin dal 1408 la minuscola


usuale dei dotti bizantini, 78 intorno al 1428 si sforzò di inte-
grare in una sorta di maiuscola di glossa i passi greci del Va-
ticano Urb. lat. 309, segnalato da Silvia Rizzo.79 Un altro il-
lustre esempio, databile al 1433-1434, è il codice Classense
469 delle epistole ciceroniane, in cui, a partire da c. 34r, e
con maggior decisione da c. 48r, Giovanni Aurispa sostituì
alla minuscola comune a tanti eruditi bizantini una scrittura
quasi interamente costruita in caratteri maiuscoli, con spiriti
angolari, che riecheggia le forme della sua capitale latina.80
Da qui al desiderio di tentare una trascrizione integrale di
un testo greco in maiuscola il passo fu breve, ed effettiva-
mente fu tentato, anche se dovettero passare ancora alcuni
anni. Mi riferisco al ben noto Laurenziano Plut. 32. 1, con-
tenente Iliade e Batracomiomachia, che Teodoro Gaza trascrisse
per Francesco Filelfo tra il 1440 e il 1443 «de lettere maiu-
scole il testo e sopra ciascuno verso scripta de verzino la lin-
gua comune» – secondo la descrizione che ne fornì lo stesso
Filelfo nel dare in pegno il volume a Gasparino da Casale.81
La presunta scrittura maiuscola del Gaza è in realtà più che
altro una minuscola compressa in un sistema bilineare, sulla
quale però si innestano, soprattutto nelle carte finali del ma-
noscritto, forme di lettere capitali, 82 e ciò ricorda, pur con le

78
Mi riferisco al ben noto Hamilton 166 della Staatsbibliothek zu Berlin
Preussischer Kulturbesitz, un cui specimen grafico è riprodotto in ELEUTERI-CA-
NART 1991, p. 149. La minuscola greca di ascendenza crisolorina non fu ab-
bandonata dall’umanista fiorentino neppure col passare degli anni, tanto che
la troviamo attestata ancora nel Laurenziano Plut. 49. 24 del 1430 circa: cfr.
DE LA MARE 1973, tav. XVI g. Sul greco di Poggio si legga anche recente-
mente ROLLO 2006, pp. 105-106.
79
Cfr. RIZZO 1985, pp. 239-241.
80
Il manoscritto, erroneamente attribuito alla mano di Ambrogio Traver-
sari da SABBADINI 1971, pp. 70-71, è stato a ragione ricondotto a Giovanni
Aurispa, tanto per il greco quanto per il latino, da POMARO 1979, p. 115, se-
guita da A. DE LA MARE in Biblioteca Classense 1996, pp. 66-67. Il volume fu
verosimilmente trascritto intorno al 1433-1434, cioè durante gli anni del Con-
cilio di Basilea, ai cui eventi alludono infatti diverse annotazioni sparse lun-
go i margini del manoscritto: cfr. SABBADINI 1971, pp. 70-71.
81
Cfr. RIZZO 1985, pp. 234-238, che per prima ha segnalato il mano-
scritto, e PONTANI 1992, pp. 114-117.
82
PONTANI 1992, p. 115 ha suggerito di individuare i più immediati an-
tecedenti grafici della maiuscola di Teodoro Gaza «da un lato in un tipo di
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CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 79

dovute differenze, l’analoga operazione effettuata da Guarino


Veronese nel Lattanzio traversariano. Eppure, a prescindere
dal risultato, è significativo che Francesco Filelfo ritenesse
l’Omero laurenziano in caratteri maiuscoli.
Peraltro, la convinzione che le maiuscole capitali rappre-
sentassero la vera e unica forma da assumere a modello nei
nuovi libri umanistici divenne, nella seconda metà del Quat-
trocento, un’ossessione tale da ispirare anche nel sistema gra-
fico del latino due esperimenti assolutamente inconsueti di Fe-
lice Feliciano. I manoscritti B.P. 1099 della Biblioteca Civica
di Padova e Vaticano Reg. lat. 1388 tramandano infatti en-
trambi una traduzione latina dell’Hercules in bivio, trascritta dal
calligrafo veronese in capitale epigrafica intorno al 1463, e
realizzano l’esito estremo di una riforma grafica che, dopo
aver guardato alla carolina per far rivivere l’antichità classi-
ca, cercò poi di soppiantarla con le nuove forme lapidarie dei
marmi della latinità.83 Ma il progetto, per quanto sorretto da
una profonda vena antiquaria e pur essendo senz’altro filolo-
gicamente più corretto del precedente rinnovamento in scrit-
tura carolina, si rivelò un ramo morto dello sperimentalismo
grafico nell’ambito delle scritture latine.

scrittura distintiva di codici del Quattrocento […]; dall’altro in una tradizio-


ne epigrafica tardo-bizantina esemplata nell’iscrizione funebre di Mesembria
del 1428» riprodotta in HUNGER 1977b, tav. 20, ricordando anche la scrittu-
ra artificiosa di alcuni libri liturgici dei secoli XI-XII (definita da MINNS 1951
«big greek minuscule»). È possibile che modelli come quelli menzionati dalla
Pontani abbiano effettivamente influenzato il Gaza nell’elaborazione della pro-
pria artificiosa scrittura per così dire maiuscola, ma è doveroso ricordare –
con RIZZO 1985, pp. 236-237 – che la base grafica su cui vengono forzata-
mente innestati i caratteri maiuscoli, peraltro in misura significativa solo a par-
tire dalla fine dell’Iliade e nei due quaternioni della Batracomiomachia (attual-
mente rilegati alle cc. 1-16, ma probabilmente trascritti dopo l’Iliade, con i cui
fogli finali rivelano forte consonanza grafica: cfr. RIZZO 1985, p. 237, nota
52), rimane pur sempre la minuscola usata con scioltezza dall’erudito bizan-
tino nella parafrasi interlineare. In altri termini, non si può parlare di vera e
propria mimesi grafica di un modello ben preciso, bensì di contaminazione di
forme, secondo una tecnica ben attestata in età umanistica e attuata anche
da Felice Feliciano nelle trascrizioni dell’iscrizione greca del Tempio dei Dio-
scuri a Napoli, segnalata sempre da RIZZO 1985, p. 236, nota 49 (riprodu-
zione in CAMPANA 1973-74, tavv. XX-XXI).
83
Sul nuovo progetto di libro esperito da Felice Feliciano cfr. ZAMPONI
2003. Al manoscritto che contiene l’Ercole senofontio del Feliciano (Padova, Bi-
blioteca Civica, B.P. 1099) sono dedicati anche i contributi di MARCON 2006
e PIOVAN 2006.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 80

80 CAPITOLO SECONDO

Gli ultimi tentativi di imporre i caratteri epigrafici per rea-


lizzare nuove edizioni critiche di autori del passato presero
corpo nella stampa. Il primo e più celebre caso è l’Anthologia
graeca stampata a Firenze nel 1494 da Giano Lascaris in col-
laborazione col tipografo veneziano Lorenzo d’Alopa, intera-
mente realizzata in caratteri maiuscoli che Anna Pontani ha
suggerito di definire antiquari, dal momento che «riflettono
non direttamente le epigrafi greche d’età classica […], bensì
una particolare stilizzazione elaborata a partire dalle capita-
li ripristinate da Ciriaco nell’uso epigrafico e calligrafico».84
L’esperimento tentato da Giano Lascaris sul versante tipogra-
fico è stato più volte preso in esame, in particolare perché
sostenuto da una consapevolezza teorica assente ad esempio
negli esperimenti felicianeschi. Infatti, nell’epistola dedicato-
ria a Pietro de’ Medici, il dotto bizantino, sulla base del prin-
cipio di unitarietà genetica della scrittura tanto greca quan-
to latina, teorizza proprio la necessità dell’«instauratio» del-
la «forma vetustissima et imprimis vera» delle capitali
maiuscole, senz’ombra di dubbio reale scrittura dell’antichità
greca.85 Il discorso a questo punto sarebbe lungo, e non è
forse necessario procedere oltre, ma mi preme ricordare an-

84
Così PONTANI 1992, p. 133. Alle pp. 117-118 la studiosa riassume con
chiarezza le caratteristiche che permettono di distinguere le maiuscole anti-
quarie dalle generiche maiuscole lapidarie o epigrafiche, liberamente ispirate
alle forme realmente antiche dell’epigrafia classica e cristiana antica: le maiu-
scole antiquarie sarebbero «una stilizzazione dei caratteri d’ispirazione epi-
grafica, precisamente la serie alfabetica maiuscola modellata in prevalenza sul-
le forme semplici e nitide delle iscrizioni dei sec. V-IV a.C. In questa serie
compaiono sempre e insieme: epsilon a tre tratti; theta con il puntino in mez-
zo; omega aperto in basso; le uniche varianti riguardano ny e pi che, oltre al-
la forma consueta, si possono trovare con il tratto verticale destro più corto
del sinistro […]; frequente è la presenza dello iota ascritto; se compaiono gli
spiriti, questi sono di forma angolare». La Pontani diverge in questo da BAR-
KER 1992, pp. 39-42, secondo cui le maiuscole dell’incunabolo lascariano ri-
fletterebbero invece proprio le epigrafi greche d’età classica, viste dall’erudito
bizantino in Grecia e in Oriente prima di emigrare in Italia o durante i viag-
gi compiuti in quelle terre nel triennio 1490-1492 per acquistare codici su
commissione di Lorenzo de’ Medici.
85
Cfr. CASAMASSIMA 1964b, pp. 527-541; RIZZO 1985, pp. 228-231; IRI-
GOIN 1992, pp. 23-25; e da ultimo l’ampio studio di PONTANI 1992, pp. 77-
137 e 208-227 (dove sono anche proposte edizione e traduzione, con relative
note al testo, dell’epistola dedicatoria lascariana).
02 6-11-2009 20:07 Pagina 81

CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 81

cora una volta che le maiuscole di Giano Lascaris si pongo-


no come anello conclusivo di una lunga catena di tentativi
falliti di ritorno all’antico nell’universo grafico del greco.
Questa volta avrebbe forse potuto funzionare, 86 complice la
riproducibilità di forme assicurata dal nuovo mezzo mecca-
nico, ma non fu così: l’ultima fallimentare instauratio di ca-
ratteri antiquari di lì a poco avrebbe definitivamente ceduto
il passo alla minuscola a stampa di Aldo Manuzio.
In altri termini, per quanto la strada non percorsa di un
ritorno all’antico anche per il greco si rivelò alla fine com-
pletamente sterile e non produsse i frutti dell’analogo tenta-
tivo realizzato attraverso la carolina nel sistema grafico del
latino – in primo luogo perché l’artificioso greco restaurato
dagli umanisti non ebbe mai la forza di costituirsi in cano-
ne facilmente riproducibile da copisti di professione – alcuni
dati possono dirsi acquisiti. Innanzi tutto, l’idea iniziale di far
rivivere l’antica Ellade attraverso l’instauratio di forme del pas-
sato, esattamente come era avvenuto da più di un decennio
per la Roma classica, maturò nei circoli degli umanisti occi-
dentali, non dei dotti bizantini trapiantati in Italia, almeno
per quanto concerne la prima metà del XV secolo. Feno-
meni di mimèsi grafica nella lunga storia della scrittura gre-
ca non sono infrequenti, 87 ma non è questo il caso. Lo stes-
so Manuele Crisolora non sembra aver contribuito in alcun
modo all’elaborazione di una, per così dire, antiqua greca,
tanto è vero che in nessuno dei suoi autografi noti è dato in-
dividuare segnali rivelatori in tal senso: la tipologia grafica
adottata dall’erudito bizantino (una nitida minuscola tardo-
tricliniana) perdura inalterata pur nella varietà dei registri
formali in cui si esprime, dalle copie di lavoro ricche di cor-
rezioni e riscritture 88 alle trascrizioni quasi definitive dei pro-

86
Osserva peraltro PONTANI 1992, pp. 134-137 che l’idea della praticabi-
lità della maiuscola greca in funzione di scrittura libraria appariva giustifica-
ta agli occhi del Lascaris dalla sua presenza, accanto alla capitale latina, nel-
le sillogi epigrafiche dei codici umanistici.
87
Per una rapida panoramica sul problema, si legga l’interessante artico-
lo di CAVALLO 1972.
88
Si veda ad esempio la lettera consolatoria a Palla Strozzi nell’attuale
Laurenziano Plut. 6. 20, cc. 25r-48r, recentemente studiata ed edita con un
02 6-11-2009 20:07 Pagina 82

82 CAPITOLO SECONDO

pri testi letterari.89 Invece, all’origine della catena di esperi-


menti falliti sembra porsi un’altra personalità ben precisa,
Guarino Veronese, uno dei primi e più affascinati cultori del-
la civiltà dei Greci d’Oriente. E, probabilmente, fu proprio
il tentativo esperito da Guarino nel Lattanzio traversariano a
ispirare il ritorno all’antico per il sistema del greco che an-
che il Camaldolese avrebbe proposto di lì a poco in un ri-
stretto gruppo di manoscritti, tutti datati o databili entro un
breve arco cronologico, tra il 1417-1418 e il 1425 circa.
Tuttavia, la personale e artificiosa antiqua greca del mo-
naco non rappresentò il terreno del suo apprendistato grafi-
co, dal momento che già in precedenza (anche se solo uno
o due anni prima) egli aveva appreso la scrittura bizantina
in forme non dissimili da quelle dei tanti umanisti italiani
che erano salpati alla volta dell’Oriente o avevano frequen-
tato la scuola fiorentina di Manuele Crisolora.

La vexata quaestio relativa a chi avrebbe insegnato il greco al gio-


vane Ambrogio non potrà forse mai avere una risposta univoca. A
Vespasiano da Bisticci risale la notizia che il monaco avesse ap-
preso il greco proprio alla scuola di Manuele Crisolora, 90 ma la
cronologia dei soggiorni fiorentini del maestro costantinopolitano
sembra smentire decisamente questa ipotesi, pur lungamente venti-
lata dai successivi studiosi del Traversari fino ad anni non lonta-
nissimi.91 Del resto, nell’epistolario e nell’Hodoeporicon traversariani

corredo di tavole da ROLLO 1993-94. Sulla velox manus del Crisolora, adope-
rata in particolare nelle numerose note marginali apposte durante la sua at-
tività di studio, cfr. da ultimo ROLLO 2006, pp. 89-90.
89
Si vedano ad esempio la Comparatio veteris et novae Romae, seguita dalle due
lettere a Giovanni e Demetrio Crisolora, sempre nell’attuale Laurenziano Plut.
6. 20, cc. 1r-23r, su cui cfr. Roma parte del cielo 2000. Sul registro più formale
della grafia crisolorina, impiegato oltre che nella copia di proprie opere anche
nella trascrizione di opere antiche, cfr. sempre ROLLO 2006, pp. 89-90.
90
«In brieve tempo imparò [scil. Ambrogio Traversari] le lettere latine, di
poi dette opera alle greche, sotto la disciplina di Emmanuello Grisolora» (VE-
SPASIANO, Vite, 1970-76, I, p. 450).
91
In effetti, se davvero – come sembra – il Traversari si recò a Firenze
solo nell’ottobre del 1400 per entrare nel monastero degli Angeli, non poté
incontrare il Crisolora, che aveva già lasciato da qualche tempo lo Studio fio-
02 6-11-2009 20:07 Pagina 83

CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 83

non compare alcun indizio che induca a ritenere il Camaldolese al-


lievo diretto del Crisolora, anche se tra i due intercorse senza dub-
bio un reciproco rapporto di stima intellettuale.92
All’inizio del secolo scorso, il ritrovamento di una nuova lettera
traversariana, indirizzata a un non meglio identificato domino Fran-
cisco Copule, sembrò risolvere definitivamente l’annoso problema: in
essa, infatti, il monaco stesso sosteneva di avere appreso il greco
da autodidatta, aiutandosi con un Salterio prima, con i Vangeli, le
epistole paoline e gli Atti degli Apostoli poi, secondo una tecnica
ampiamente consolidata fin dall’età medievale.93
Ma, se già sembra improbabile che il Traversari abbia potuto
apprendere interamente da solo una lingua al punto tale da acqui-
sire in essa la nomea di traduttore eccellente, ancora più opportu-
no sarà distinguere l’apprendimento grammaticale e letterario – a
cui la lettera sembra piuttosto riferirsi – dall’apprendistato grafico,
rispetto al quale sembra innegabile una dipendenza della minusco-
la greca del Camaldolese da quella del più anziano Demetrio Sca-

rentino. Le successive visite di Manuele Crisolora a Firenze al seguito di Gio-


vanni XXIII (una prima volta per alcuni mesi nell’estate del 1413, una se-
conda nel gennaio-febbraio 1414) furono forse troppo brevi perché si possa
ipotizzare un vero e proprio ciclo di lezioni. Tuttavia, ancora a favore di un
apprendistato grammaticale presso il Crisolora si è pronunciato PESENTI 1931,
pp. 94-96, supponendo che il Traversari avesse dimorato a Firenze, sia pure
per breve tempo, anche prima di entrare in monastero. Osserva infatti PE-
SENTI 1931, p. 95: «se è vera la notizia data già da Flavio Biondo, che Am-
brogio sia stato uditore di Giovanni da Ravenna [scil. Giovanni Malpaghini,
lettore presso lo Studio fiorentino dal 1397 al 1400], egli poté in Firenze udi-
re nel medesimo tempo il Crisolora, che leggeva privatamente greco».
92
L’alta considerazione di Ambrogio Traversari per Manuele Crisolora è
ben espressa in una lettera inviata a Francesco Barbaro il 28 febbraio del
1416, edita in TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 5 = vol. II, coll. 279-280. Del
resto, la stima era reciproca, se il 20 gennaio del 1417 Bartolomeo Arragazzi
da Montepulciano scriveva al monaco: «Summus vir Emmanuel Chrysolora,
quum se apud Ioannem Pont. Max. contulisset, multa mecum de tuis clarissi-
mis virtutibus periucunde quidem memorare solitus erat: neque ambigere te
inter nostrae aetatis viros non solum natura, et sanctimonia vitae, verum et
ingenio, studio, doctrina cum latinis, tum etiam graecis literis esse praestantis-
simum» (TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XXIV, 9 = vol. II, col. 981). Addirit-
tura, dalle parole di Bartolomeo sembra che Ambrogio Traversari e il dotto
bizantino avessero avuto modo di conoscersi personalmente durante una del-
le due visite del Crisolora a Firenze nel 1413-1414: così STINGER 1977, p. 17.
93
L’editio princeps della lettera è in BERTALOT 1975a [1915], pp. 262-263, n.
6. Hanno accolto pienamente quanto asserito dal Traversari sia MERCATI 1939,
pp. 7-8, nota 6 che, in tempi recenti, SOMIGLI 1988, p. 196 e CORTESI 1995,
p. 470. Più sfumata invece la posizione di STINGER 1977, p. 20, che ricorda an-
che l’importanza della presenza di Demetrio Scarano in S. Maria degli Angeli.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 84

84 CAPITOLO SECONDO

rano, dotto bizantino convertito al cattolicesimo, che risiedette co-


me oblato in S. Maria degli Angeli almeno dal 1416 fino alla mor-
te (1426), ma probabilmente già al servizio del monastero negli an-
ni precedenti.94 Infatti, per quanto non sia estraneo all’epoca l’uso
di tavole alfabetiche come modello grafico per ragioni d’apprendi-
mento linguistico o anche con finalità calligrafiche, 95 la forte con-
sonanza tra le scritture di Ambrogio Traversari e Demetrio Scara-
no ha indotto Agostino Sottili, ancora in anni recenti, a riproporre
sul versante più schiettamente grafico l’ipotesi di un apprendistato
da discepolo a maestro, 96 già suggerito dal Mehus sul piano della
mera probabilità: 97 chi, se non lo Scarano, avrebbe potuto inse-
gnare il greco al Traversari negli anni della clausura monastica? In
conclusione, anche se Ambrogio imparò i rudimenti grafici e gram-
maticali della nuova lingua confrontando da solo testi liturgici bi-
lingue, fu con ogni probabilità ulteriormente istruito in questo cam-
po dall’anziano monaco greco, da cui mutuò anche la scrittura del-
l’uso, comune ai dotti del tempo.
Le congetture sopra esposte non potranno forse mai essere di-
mostrate in via definitiva; mi sembra dunque più produttivo ab-
bandonare qui quello che ormai si configura come il falso proble-
ma dell’apprendistato del greco, per riepilogare piuttosto alcuni
punti fermi acquisiti in proposito. In primo luogo, Ambrogio Tra-

94
I due registri di professione di S. Maria degli Angeli, conservati nel-
l’Archivio di Stato di Firenze, non concordano sull’anno in cui lo Scarano en-
trò in S. Maria degli Angeli: il Conventi Soppr. 86. 95 (registro vecchio), c.
104r riporta 1416, mentre il Conventi Soppr. 86. 96 (registro nuovo), c. 46v
riporta 1406. Di norma è accolta la data del 1416, in quanto indicata sul re-
gistro vecchio, ma STINGER 1977, p. 235, nota 62 la ritiene sicuramente sba-
gliata, perché l’anziano Demetrio è menzionato come presente in monastero
già in una lettera del 20 ottobre 1415 (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 4
= vol. II, col. 278). Non è tuttavia da escludere che lo Scarano risiedesse nel
monastero anche prima della vera e propria professione monastica avvenuta
nel 1416. Il nodo cronologico è ancora irrisolto (cfr. ROLLO 2006, pp. 102-
103). Sembra invece accertata la data della morte, avvenuta il 24 settembre
del 1426 (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 31 = vol. II, coll. 388-389).
Sulla biografia di Demetrio Scarano si legga da ultimo ROLLO 2005, p. 246,
nota 30, con bibliografia precedente. Infine, in base all’identificazione della
mano dello Scarano alle cc. 73r-170v e 237r-243v del Par. gr. 1860, ROLLO
2005, pp. 247-249 ipotizza, per gli anni che vanno dal 1401 al 1403, un sog-
giorno di lavoro dello studioso bizantino a Milano, dove avrebbe collaborato
tra l’altro con Manuele Caleca e Manuele Crisolora, di cui era parente.
95
Si veda l’articolata disamina del problema in PONTANI 1992, pp. 183-194.
96
Cfr. SOTTILI 1988, pp. 731, nota 60, 739.
97
Cfr. MEHUS 1759, I, p. CCCLXV.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 85

CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 85

versari imparò il greco in età relativamente avanzata, intorno ai


trent’anni. Si ricordi, infatti, che ancora nel Lattanzio Conventi
Soppr. B. IV. 2609, copiato nel 1414 a 28 anni d’età, il monaco
si era limitato a vergare in greco solo poche parole inter scribendum,
per giunta in incerte maiuscole di stampo ancora medievale, men-
tre per integrare le citazioni greche mancanti era stato costretto a
rivolgersi a Guarino Veronese. Se ne deduce quindi che nel 1414
il Traversari non conosceva ancora il greco, né poté averlo appre-
so dallo stesso Guarino, perché non si spiegherebbe il ricorso al
maestro nel codice di Lattanzio. In linea con quanto appena af-
fermato, anche l’attività di copista e traduttore dal greco del Tra-
versari è documentata nel suo epistolario solo a partire da una da-
ta piuttosto bassa, non prima della fine del 1415.98
In secondo luogo, il Traversari apprese il greco in Italia, senza
recarsi mai a Costantinopoli. Tramontata l’epoca dei primi uma-
nisti, fiorentini e non, che salpavano per l’Oriente alla ricerca del-
le proprie radici culturali, il greco diventa un fatto di scuola, che
poteva ormai essere appreso e trasmesso anche nell’Occidente lati-
no, in un primo tempo da maestri bizantini, poi sempre più anche
da maestri di origine occidentale. Lo stesso Ambrogio Traversari
avrebbe insegnato il greco ad altri monaci del monastero degli An-
geli, e addirittura al famoso Giannozzo Manetti.99

Per quanto però non sia noto con sicurezza da chi Am-
brogio Traversari abbia desunto i caratteri peculiari della
propria grafia greca usuale, non è un caso che le due testi-
monianze più antiche finora note della sua mano (Riccar-

98
Un primo scambio epistolare tra Ambrogio Traversari e Francesco Bar-
baro, relativo all’invio della trascrizione di alcune lettere di Manuele Crisolora,
si apre proprio il 20 ottobre 1415 (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 4 = vol.
II, col. 278); è poi del 28 febbraio 1416 la lettera con cui il Traversari pro-
mette a Francesco Barbaro la trascrizione dell’Agesilao di Senofonte o di sua ma-
no o di mano di Demetrio Scarano (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI,
5 = vol. II, col. 281); ancora, è del 31 gennaio 1417 un’altra lettera all’amico
veneziano in cui lo informa del procedere della traduzione dell’Adversus vitupera-
tores vitae monasticae di Giovanni Crisostomo, una delle primissime traduzioni tra-
versariane (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 16 = vol. II, coll. 294-295).
99
Racconta infatti Vespasiano da Bisticci: «Lesse in Firenze a molti lette-
re greche, et nel convento a più frati lesse latino, et le greche a frate Iacopo
Tornaquinci, a frate Michele, secolari, a meser Gianozo Manetti et più altri
cittadini…» (VESPASIANO, Vite, 1970-76, I, p. 452).
02 6-11-2009 20:07 Pagina 86

86 CAPITOLO SECONDO

diano 264 e Parigino gr. 2012) siano vergate nella minusco-


la di ascendenza tardo-tricliniana, comune a tutti i dotti bi-
zantini del tempo nonché ai primi umanisti fiorentini della
cerchia crisolorina, chiaro segno di un’ideale adesione al pro-
gramma didattico dell’apprendimento della lingua, della scrit-
tura e della cultura greche, resuscitate nella Firenze d’inizio
Quattrocento.
Entrambi i manoscritti in esame sono stati attribuiti alla
mano del monaco per ragioni di natura meramente paleo-
grafica, 100 sulla base del confronto con autografi di sicura pa-
ternità traversariana decisamente più tardi, tra cui in parti-
colare il Laurenziano Strozzi 64 [Tav. 15], canovaccio di la-
voro della versione dal greco delle Vitae philosophorum di
Diogene Laerzio, di cui avrò modo di parlare più avanti e a
cui rimanderò anch’io come termine di paragone per il si-
stema dei tratteggi delle lettere e delle legature di questi pri-
mi autografi del monaco.
Il Riccardiano 264 [Tav. 22] è il famoso Lattanzio carta-
ceo di mano di Niccolò Niccoli, forse trascritto addirittura
prima dell’arrivo a Firenze di Manuele Crisolora, e poi co-
stantemente rivisto dal bibliofilo fiorentino nel corso degli an-
ni.101 In esso il Traversari si limitò ad aggiungere, nello spa-
zio rimasto libero sui margini, sopra o sotto le traduzioni la-

100
Per l’attribuzione al Camaldolese dei passi greci del Riccardiano 264 cfr.
POMARO 1979, pp. 107-110; per la segnalazione dell’autografia traversariana
delle cc. 43r-52v del Parigino gr. 2012 cfr. invece ROLLO 2002, p. 64, nota 121.
101
L’identificazione della mano di Niccolò Niccoli nel Riccardiano 264 è
stata accertata di recente da DE ROBERTIS 1990, pp. 111-113 e 115-117, di
cui mi limito qui a riepilogare le conclusioni. Nelle prime sei carte del codi-
ce il Niccoli si avvale di una minuta bastarda ‘moderna’ dalla trama inaspet-
tatamente cancelleresca; successivamente (c. 6v) passa invece a una grafia sem-
pre più vicina alla libraria umanistica all’antica. Di mano del Niccoli sono an-
che le inserzioni greche presenti a testo, in maiuscole greche di stampo ancora
medievale non emendate (il che induce a ritenere corretta una datazione an-
te 1397), accanto alle quali sarebbero andati a inserirsi, qualche tempo più tar-
di, gli interventi di riscrittura e correzione del Camaldolese. Col passare de-
gli anni, lo stesso Niccolò Niccoli sarebbe tornato più volte sull’amato mano-
scritto. Non molto dopo la copia del testo, aggiunse una traduzione non
letterale dei passi greci e una prima revisione del testo. Decisamente più tar-
di, invece, inserì anche i titula in capitale e le note di una seconda ma par-
ziale collazione (libri I-II), condotta frettolosamente nel 1431 sull’esemplare di
Lattanzio riscoperto a Nonantola (Bologna, Biblioteca Universitaria, ms. 701).
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CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 87

tine dell’amico, la versione corretta di numerosi passi greci,


presenti a testo in incerte maiuscole di sapore ancora medie-
vale vergate inter scribendum dallo stesso Niccoli.102 L’interven-
to traversariano si colloca cronologicamente parecchi anni do-
po la confezione originaria del volume. Terminus post quem è
senza dubbio l’anno in cui fu ultimato il Conventi Soppr. B.
IV. 2609 (1414), mentre terminus ante è il 1417-1418, quando
fu approntato il Conventi Soppr. J. VI. 23, il cui greco – co-
me ha dimostrato in modo convincente Gabriella Pomaro 103
– presuppone a livello testuale quello aggiunto dal Camaldo-
lese sui margini del Riccardiano 264, che di conseguenza sa-
rà precedente, anche se di poco.
All’incirca agli stessi anni (1415-1416) ritengo possa esse-
re datato anche il Parigino gr. 2012 [Tav. 27], un volumet-
to membranaceo il cui quinione finale (cc. 43r-52v) contiene
la Comparatio veteris et novae Romae di Manuele Crisolora, re-
centemente ricondotta da Antonio Rollo alla mano di Am-
brogio Traversari.104 Praticamente nulla è noto della storia
più antica di questo manoscritto. Tuttavia, almeno per quan-
to concerne le poche carte di sicura autografia traversariana,
mi sembra plausibile richiamare il serrato scambio epistolare
che il monaco e Francesco Barbaro ebbero proprio a caval-
lo tra il 1415 e il 1416 in merito all’invio di alcune trascri-
zioni di epistole crisolorine.105 Infatti, anche se nell’ultima

102
Cfr. le cc. 4r, 5r-v, 6r-v, 9v, 10r, 11r, 12v, 14r, 17r, 19r, 30v, 83v, 122v,
123r, 125r, 126r-v, 128v, 129r.
103
Cfr. POMARO 1988, pp. 245-246.
104
Cfr. ROLLO 2002, p. 64, nota 121 e ROLLO 2006, p. 89, nota 10. Ad
Ambrogio Traversari appartengono anche alcune delle pochissime annotazio-
ni presenti sui margini del manoscritto, mentre altre sono di mano anonima.
105
Per la ricostruzione dello scambio di lettere tra i due umanisti si legga
ZORZI 1997, da cui tuttavia non risulta del tutto perspicua la successione del-
le epistole traversariane. La loro cronologia dovrebbe però essere la seguen-
te: TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 4 = vol. II, col. 278 (20 ottobre 1415);
VI, 5 = vol. II, coll. 279-280 (28 febbraio 1416); ZORZI 1997, p. 625, rr. 19-
21 (28 settembre 1416). In merito ai contenuti, nell’epistola del 20 ottobre
1415 Ambrogio Traversari afferma di avere spedito in allegato alla lettera la
trascrizione autografa di due missive crisolorine, l’una de amicitia indirizzata al
Camaldolese stesso, l’altra de mensibus a Palla Strozzi. Nella seconda lettera si
parla invece del generico invio di un’altra o addirittura di altre epistole del
Crisolora. Nella terza, infine, si menziona un set di altre due missive «peri;
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88 CAPITOLO SECONDO

missiva scritta in greco all’amico si allude piuttosto alle due


lettere a Demetrio e Giovanni Crisolora, e non alla Compa-
ratio veteris et novae Romae, è pur vero che la corrispondenza
tra i due umanisti allude a una stagione di intense trascri-
zioni e relativi scambi di materiale crisolorino, su cui in se-
guito l’epistolario del monaco non si soffermerà più. Mi sem-
bra quindi ragionevole che anche la stesura del quinione tra-
versariano nel Parigino gr. 2012 debba essere ricondotta agli
stessi anni, e ciò del resto è sostenuto anche dal confronto
paleografico col Riccardiano 264, nel quale gli interventi tra-
versariani sono vergati nella medesima tipologia grafica, la
minuscola d’uso d’ascendenza tardo-tricliniana propria degli
eruditi bizantini.
Entrambe le più antiche testimonianze scrittorie di greco
del Traversari sembrano dunque risalire al 1415-1416 e ri-
velano, già in data così alta, la padronanza del sistema gra-
fico del greco, rapidamente acquisito dal Camaldolese nel
volgere di poco più di un anno. L’a si presenta in due va-
rianti, quella onciale, che nel corso degli anni tenderà a
scomparire, e quella corsiva (di norma tracciata in due tem-
pi sulla falsariga della a latina corsiva del monaco), che in-
vece tenderà a prevalere in linea con l’andamento sempre
più corsivo della minuscola usuale del monaco; si alternano
anche due forme di b, l’uno crisolorino, l’altro con due oc-
chielli; è usato quasi esclusivamente un g di forma maiusco-
la, sia basso che alto sul rigo, ma di norma alternati nella
combinazione del doppio gamma; lo z sinuoso, che termina
piegandosi a sinistra, sarà una costante della minuscola gre-
ca traversariana; h è rigorosamente maiuscolo, ma di modu-
lo piccolo; q è in genere chiuso, alto e stretto, mentre la va-
riante aperta è privilegiata nelle legature; l’asse dello x non
si è ancora stabilizzato e, mentre nelle prime carte del Pari-
gino gr. 2012 piega a sinistra, forse per l’influenza ancora
esercitata dal modello di Demetrio Scarano, nelle ultime, lad-

th'" eJkatevra" JRwvmh"» che HOFMANN 1953, p. 215 aveva proposto di identi-
ficare con la Comparatio veteris et novae Romae, mentre ZORZI 1997, pp. 627-631
– probabilmente a ragione – ha pensato piuttosto alle due epistole a Deme-
trio e Giovanni Crisolora sul medesimo argomento.
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CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 89

dove la scrittura acquisisce maggiore scioltezza e corsività,


piega decisamente a destra in linea con l’andamento genera-
le della mano; in fine di parola prevale l’uso di una forma
di " molto caratteristico, di norma in due tempi, che ricor-
da un tracciato latino; è usato indifferentemente il t basso o
alto sul rigo (tau a bandierina), più spesso con verticale cen-
trato che spostato a destra (come invece tenderà a prevalere
con l’andare degli anni, passando da due tempi a uno), di
norma alternati nella combinazione del doppio tau; infine, u
e y presentano un calice ampio. È caratteristica, accanto al
kai; per esteso, la forma k/, che nel corso degli anni tende-
rà ad imporsi. Tra i legamenti cristallizzati della minuscola
greca mi limito a segnalare almeno, in quanto caratteristici
della mano del Traversari, ei in due o tre tempi ed eu dal
tracciato ampio, con occhiello in alto.
Le forme grafiche, che qui abbiamo descritto per i più an-
tichi autografi noti del Camaldolese, tenderanno a ripropor-
si quasi inalterate nel corso degli anni, creando notevoli di-
sagi a chi voglia ricostruire una periodizzazione della scrit-
tura traversariana su base solo paleografica.106 Tuttavia, col
passare del tempo, si osserverà una progressiva corsivizzazio-
ne della minuscola greca del monaco, con conseguente ab-
bandono delle varianti di lettera più posate (in primo luogo
l’alpha onciale), abbattimento dei tempi d’esecuzione delle sin-
gole lettere e trasformazione dei falsi legamenti in legamenti
veri e propri, perfino tra lettere e segni diacritici, mentre nei
due manoscritti in esame – anche nelle ultime carte del Pa-
rigino gr. 2012, eseguite con maggiore scioltezza e velocità –
si osservano quasi esclusivamente falsi legamenti coerenti con
l’aspetto regolare e compassato della scrittura. Sono tuttavia
ammesse, anche se spesso solo a livello di giustapposizione di
tratti distinti, numerose legature potenziali che nel tempo, ad
esempio nello Strozzi 64, saranno eseguite come legature ve-
re e proprie.107

106
Sulla mancanza di sviluppo diacronico in entrambe le varianti grafiche
del greco traversariano cfr. anche ROLLO 2004a, pp. 81-82, nota 4.
107
Esse sono: a in entrata preceduto da g, d, s, t e in uscita seguito da i,
n, r; g solo in uscita seguito da a, e, i; d in entrata preceduto da g, o (in due
02 6-11-2009 20:07 Pagina 90

90 CAPITOLO SECONDO

Un’ultima osservazione. Nonostante Ambrogio Traversari


abbia adottato la medesima tipologia grafica sia nel Riccar-
diano 264 che nel Parigino gr. 2012, i due manoscritti rap-
presentano due prodotti librari nettamente distinti. Il Lat-
tanzio niccoliano è un manoscritto di studio e di lavoro, fit-
tamente costellato di correzioni e annotazioni marginali. La
trascrizione della Comparatio veteris et novae Romae di Manuele
Crisolora è invece l’unico esempio di fascicolo interamente
copiato dal Camaldolese con l’intento di garantirne la con-
servazione. Infatti, il supporto del manoscritto è membrana-
ceo, con rispetto assoluto della legge di Gregory; le pagine,
di piccolo formato, sono finemente rigate a secco e la scrit-
tura del monaco è ‘appesa’ con regolarità al rigo superiore,
come di norma nei coevi libri bizantini. Ma il formato ret-
tangolare della pagina traversariana (mm 240×150) e il de-
centramento dello specchio di scrittura verso l’angolo supe-
riore interno del foglio tradiscono la reminiscenza di un mo-
dello codicologico tutto occidentale. Del resto, nonostante la
stessa scrittura di Ambrogio Traversari non esca dal solco
della tradizione erudita tardo-tricliniana, l’esecuzione delle
lettere per tratti giustapposti e il tracciato di alcune di esse
(in particolare a e " in fine di parola) rivelano le incertezze
di una mano senza ombra di dubbio latina.
Fin qui nulla, o quasi, di sorprendente. Invece, appena
uno o due anni dopo aver elaborato il proprio sistema gra-
fico usuale sulla falsariga delle infinite realizzazioni persona-

tempi) e in uscita seguito da a, e, i, o, u, w; e in entrata preceduto da g, d,


s, c e in uscita seguito da i, k, n, p, f, oltre alle caratteristiche legature ei,
ex, er, eu; h solo in entrata preceduto da d, t; q in entrata preceduto da s e
in uscita seguito da a, o; i in entrata preceduto da a, g, d, e, t, u, c, y, w e
in uscita seguito da n; k solo in entrata preceduto da e; m solo in uscita se-
guito da n, u; n in entrata preceduto da a, e, m, o, u, c e in uscita seguito da
o; x solo in entrata preceduto da e; o in entrata preceduto da g, d, q, n, p, s,
t, c, y e in uscita seguito da d, n, oltre alla caratteristica legatura ou; p in en-
trata preceduto da e, s e in uscita seguito da o, r; r solo in entrata precedu-
to da a, d, p, oltre alle caratteristiche legature er, fr; s in entrata preceduto
da a, s, u e in uscita seguito da a, e, q, o, p, s, t, u, c, w; t in entrata pre-
ceduto da s e in uscita seguito da a, h, i, o, w; u in entrata preceduto da g,
d, e, m, s e in uscita seguito da i, n, s, oltre alla caratteristica legatura ou; f
solo in entrata preceduto da e, oltre alla caratteristica legatura fr; c in entrata
preceduto da a e in uscita seguito da e, i, n, o, w; y solo in uscita seguito da
i, o; w in entrata preceduto da d, s, t, c e in uscita seguito da i.
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CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 91

li dei dotti bizantini e dei primi umanisti italiani loro allievi,


il Camaldolese tentò un inconsueto esperimento grafico, che
probabilmente – come accennavo in precedenza – gli fu sug-
gerito da Guarino Veronese: la restituzione dei passi greci
nei manoscritti latini umanistici in una sorta di antiqua gre-
ca, condannata però a morire nel breve volgere di pochi an-
ni (1417-1425), come gli analoghi tentativi di quanti lo ave-
vano preceduto o lo avrebbero seguito.
Il primo codice che attesta la nuova tipologia grafica è
l’attuale Conventi Soppr. J. VI. 23 della Biblioteca Naziona-
le Centrale di Firenze, un Lattanzio in pesante littera textualis
su due colonne, arricchito da iniziali ornate di sapore anco-
ra gotico, nel caratteristico stile della scuola di miniatura di
S. Maria degli Angeli [Tav. 20]. Curiosamente, ancora una
volta le «fila traversariane» si annodano e si snodano attor-
no a un manoscritto di Lattanzio.108 L’operazione più visto-
sa compiuta da Ambrogio Traversari in questo volume con-
siste nella restituzione dei passi greci con relativa traduzione
latina, anche se non mancano sporadici interventi di emen-
damento testuale.109 L’adozione della littera antiqua per inte-
grare le versioni marginali del greco in un manoscritto per
il resto interamente vergato in textualis sembra peraltro do-
vuta alla scelta consapevole di usare la nuova scrittura uma-
nistica quasi in funzione distintiva rispetto alla gotica del te-
sto. Anche l’autografia della mano greca del monaco non
sembra da porre in discussione, dal momento che la mano
libraria delle traduzioni latine appare perfettamente con-
gruente con quella del Lattanzio del 1414.

108
Così POMARO 1988.
109
Alcuni interventi del Traversari sono visibili, ad esempio, alle cc. 14r-v,
15r, 17v, 19r, 21v, 41v, 43r, 44r, 45v, 72r-v, 73v etc. Il monaco ha provveduto
a integrare con citazioni greche e relative traduzioni latine gli spazi lasciati in
bianco nel corso del testo. Talvolta, ad esempio a c. 14r, ha anche eraso le
maiuscole senza senso di mano del copista, per riscrivervi sopra i passi greci
emendati, mentre altrove, ad esempio alle cc. 17v e 73v, ha soltanto aggiunto
in margine la trascrizione corretta del fantasioso greco, che ancora possiamo
vedere a testo. Infine, qualche altra parola latina di mano del Camaldolese è
presente in funzione di raccordo all’interno della citazione greca stessa (cfr. ad
esempio c. 45v, col. 1, r. 22 inquit) oppure a completamento del testo in litte-
ra textualis (cfr. ad esempio c. 75r, col. 2, r. 18 intumuit).
02 6-11-2009 20:07 Pagina 92

92 CAPITOLO SECONDO

Rispetto a quest’ultimo, tuttavia, il latino traversariano del


Conventi Soppr. J. VI. 23 rivela una scrittura ormai stabi-
lizzata, quindi cronologicamente posteriore, anche se non di
molto. Si dovrà pensare a una datazione intorno al 1417-
1422, forse addirittura ai primi anni del quinquennio, come
ha proposto la Pomaro studiando il manoscritto.110 Alcuni
elementi appaiono caratteristici della mano del monaco: e
dall’ampia cediglia, g asimmetrica, piedini alla base di i, n,
m, aste di f, s e talvolta r discendenti sotto il rigo, e e t pro-
lungate in fine di parola. Il tratteggio delle singole lettere e
i rari legamenti (si tratta per lo più di falsi legamenti) non
sono incompatibili col sistema descritto in nuce per il Con-
venti Soppr. B. IV. 2609. Forte continuità è garantita in par-
ticolare dai piedini alla base dei verticali, dal notevole svi-
luppo delle aste ascendenti e discendenti rispetto al corpo
delle lettere, e dalla forma della a di tipo onciale, che a trat-
ti presenta ancora la pancia angolosa.
Ma, soprattutto, il Conventi Soppr. J. VI. 23 rappresenta
una novità assoluta per quanto concerne il greco traversaria-
no, dato che qui risulta vergato in un’elegante onciale di mo-
dulo medio-piccolo adeguata al lussuoso manoscritto. Essa
presenta di norma spiriti angolari; a onciale ad asse diritto;
b in due tempi, con asta verticale che scende poco sotto il ri-
go di base e ampi occhielli; g maiuscolo sia basso che alto
sul rigo; d maiuscolo in due o tre tempi; h maiuscolo e di
modulo piccolo; m onciale; x angoloso ad asse diritto; ç (sig-
ma) lunato; u a calice, piuttosto ampio e talvolta arricchito da
un piedino ornamentale alla base; y a calice, anch’esso con
trattini di coronamento. Le altre lettere sono invece meno ca-
ratteristiche per questa tipologia grafica e non sono incom-
patibili col sistema greco usuale del Traversari che abbiamo
esaminato prima. In particolare, una speciale corrispondenza
si osserva per lo z minuscolo che termina piegandosi a sini-
stra (alternato a uno z maiuscolo), il q alto e stretto (alterna-
to a una forma più larga con asta centrale ondulata), il t al-
to con asta verticale ora più a destra, ora più centrale. Le le-

110
Cfr. POMARO 1988, pp. 245-246.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 93

CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 93

gature sono ridotte al minimo indispensabile, e si tratta per


lo più di false legature; ma, in ogni caso, le poche presenti
(ad esempio quelle in uscita di a, quelle in entrata di e o
quelle in entrata e in uscita di c + lettera tonda) non rap-
presentano, anche in questo caso, una deroga rispetto all’usus
della minuscola greca traversariana.
Del resto, uno sporadico esempio della sua usuale è visibi-
le anche in questo stesso manoscritto, dove a c. 17v troviamo
due parole greche vergate nella minuscola dei dotti di ascen-
denza tardo-tricliniana («zeu;" : zh;n»).111 In altri termini, lad-
dove la scrittura è meno controllata, in particolare nelle ag-
giunte e nelle note filologico-grammaticali, tende a riemerge-
re la tipologia grafica corrente e concorrente, a riprova di
una pluralità di registri da cui il monaco poteva attingere a
seconda delle esigenze del testo scritto, della sua destinazio-
ne, del maggiore o minore grado di elaborazione formale.
La piccola onciale traversariana è attestata ancora in un
numero molto limitato di esemplari, tutti circoscrivibili al
massimo entro il 1425. Un secondo manoscritto in cui essa
compare è il Quintiliano Laurenziano Plut. 46. 13 [Tav. 9].
Il codice appare interamente copiato per la parte latina in
scrittura all’antica su base cancelleresca da un’unica mano,
che Albinia de la Mare ha proposto di identificare con Gio-
vanni Aretino.112 Invece i passi greci, secondo la Pomaro, 113

111
La forma della z che termina piegandosi a sinistra, il n di forma mi-
nuscola e il legamento eu sono perfettamente in linea con la minuscola usua-
le del Camaldolese.
112
Cfr. DE LA MARE 1973, p. 49, nota 2. Per l’identificazione della can-
celleresca all’antica di Giovanni Aretino si osservino in particolare l’uso di una
penna piuttosto sottile, la forma di m e n con asta discendente piegata verso
sinistra, il ricciolo alla sommità delle aste alte di b, d, l, la forma raddoppia-
ta di f e s, l’uso di s tonda in fine di parola e l’allungamento della t in fine
di parola e di rigo. Su Giovanni Aretino, scrivente capace di oscillare e me-
diare tra più sistemi grafici, interprete e diffusore dei nuovi modelli umani-
stici nella Firenze di inizi Quattrocento, cfr. ULLMAN 1960, pp. 91-96, HUNT
1965 e, più di recente, NICOLAJ PETRONIO 1981 (a cui si deve anche l’iden-
tificazione di Giovanni Aretino copista con Giovanni di Cenni, notaio dei
priori della città di Arezzo e cancelliere del Comune nel quadrimestre a ca-
vallo tra il 1410 e il 1411).
113
Cfr. POMARO 1979, p. 112. Esempi del greco traversariano sono visibili
alle cc. 4v, 6v, 12v, 13v, 14v, 15r, 16r-v, 19r, 20r-v, 21r etc. In qualche raro ca-
02 6-11-2009 20:07 Pagina 94

94 CAPITOLO SECONDO

sarebbero stati aggiunti in piccola onciale elegante da Am-


brogio Traversari alla fine della copia del testo latino: muta
infatti l’inchiostro e le lettere risultano ora compresse ora sti-
rate per adattarsi allo spazio disponibile. Si può quindi pre-
cisare, almeno per il greco, una datazione successiva al 1414,
dal momento che, quando in quell’anno Ambrogio Traver-
sari copiava le Institutiones lattanziane nel Conventi Soppr. B.
IV. 2609, non sapeva ancora scrivere in greco.114
Un ultimo esempio di piccola onciale traversariana è stato
individuato – sempre dalla Pomaro – nell’attuale Aulo Gellio
Laurenziano Plut. 54. 30 [Tav. 12].115 La parte latina, intera-
mente trascritta in antiqua posata, fu ultimata da Antonio di
Mario il 1° ottobre del 1425, come garantisce la sottoscrizio-
ne apposta nell’ultima carta del volume.116 Ambrogio Traver-
sari provvide poi a completare il codice inserendo, a testo e a
margine, parole e passi greci tralasciati dal copista, anche se
non riuscì a colmare tutti gli spazi bianchi, probabilmente a
causa della natura corrotta dell’antigrafo a sua disposizione.117

so, inoltre, Ambrogio Traversari non si è limitato a completare gli spazi lasciati
in bianco nel testo, ma ha anche aggiunto la corrispondente forma greca ac-
canto alla traslitterazione di Giovanni Aretino. Per esempio, a c. 27v, r. 10, il
Camaldolese ha aggiunto in margine «e[gkuklon paideivan» in corrispondenza
della traslitterazione latina enclytonpedian del copista (cfr. tav. 9).
114
La cronologia dei passi greci non è del resto incompatibile con quella
della cancelleresca all’antica usata nella trascrizione del testo. Al 1415-1420,
infatti, si data anche un altro manoscritto di Giovanni Aretino, in antiqua su
base cancelleresca molto vicina a quella del Laurenziano Plut. 46. 13 (Firen-
ze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. J. VII. 18).
115
Cfr. POMARO 1979, p. 114. Ampi specimina della mano greca del Ca-
maldolese sono visibili alle cc. 88r, 102r-v, 126r, 130v, 152r, 155v, 160v, 171v.
116
Nella sottoscrizione del manoscritto (cfr. ULLMAN 1960, p. 100) l’alfa-
beto maiuscolo di Antonio di Mario alterna forme capitali e onciali, tanto che,
ad esempio, sono presenti l’una accanto all’altra le due varianti di a e di e. Si
osservano inoltre altri elementi caratteristici delle maiuscole distintive e d’ap-
parato del copista fiorentino, come la a fiorita, la m barocca, il trattino acces-
sorio a metà dell’asta verticale della i, la f con ricciolo, le inclusioni di lettere.
117
Ad esempio, a c. 13v il Traversari ha aggiunto «klevpth"» sul margine
di r. 3 e «fw;r» negli spazi vuoti a rr. 2 e 3. Ma, all’inizio del paragrafo suc-
cessivo (GELL. Noct. I, 20), non ha inserito le tre parole greche necessarie, «ej-
pivpedon kai; stereovn», nonostante il visibile spazio bianco a r. 26 e la pre-
senza di una letterina di guida (una g). In più punti, invece, il Camaldolese ha
eraso il greco di Antonio di Mario – maiuscole di imitazione praticamente iden-
tiche all’alfabeto capitale latino – per riscrivere poi la citazione nella sua ele-
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CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 95

Si può ancora osservare che a c. 38v, r. 27 il Traversari


aggiunge una parola in minuscola tardo-tricliniana («spavdi-
ka») sopra purrovn in onciale.118 Anche in questo caso, come
già nel Conventi Soppr. J. VI. 23, il Camaldolese slitta dal-
la piccola onciale alla minuscola dell’uso per vergare un’an-
notazione aggiuntiva, forse leggermente successiva all’inser-
zione dei marginalia greci, a perenne memoria dell’esistenza
di un sistema rivale che, di lì a breve, avrebbe preso defini-
tivamente il sopravvento.
Sporadicamente, infine, il Traversari inserisce alcune paro-
le latine nel tessuto delle citazioni greche, facendo uso della
medesima penna sottile e del medesimo inchiostro del greco.119
L’antiqua formata del Camaldolese non differisce sostanzial-
mente da quella descritta in precedenza per i due manoscrit-
ti lattanziani, i Conventi Soppr. B. IV. 2609 e J. VI. 23: par-
ticolarmente significativi sono la forma asimmetrica della g e i
piedini alla base dei verticali, tipici della scrittura posata di
Ambrogio Traversari, e visibili anche nelle varianti di lettere
meno corsive del più tardo codice delle Vitae patrum (Firenze,
Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. G. IV. 844).
Termina qui l’esame degli esemplari finora individuati che
conservano traccia del sistema della piccola onciale elegante
adottata dal Camaldolese per reinserire i passi greci in mano-
scritti umanistici, un sistema che, in ultima analisi, appare for-

gante onciale. La mano greca di Antonio di Mario è ancora visibile, ad esem-


pio, a c. 60v, r. 19 («AS OMATON»); i segni delle rasure e delle correzioni del
Traversari si notano lungo tutto il codice, ad esempio alle cc. 13r-v e 127r.
118
Le forme corsive delle lettere e le legature spa e di sono perfettamen-
te in linea con la minuscola greca tardo-tricliniana del Traversari.
119
A c. 102v, r. 1 il Camaldolese scrive, per esempio, «Et infra de iisdem»;
a c. 131r, r. 1 «Euripides sic»; a c. 184r, r. 18 «fingebat». Ad Ambrogio Tra-
versari andranno ricondotte anche alcune sporadiche correzioni del testo lati-
no effettuate con lo stesso inchiostro marrone chiaro usato per il greco: esem-
pi alle cc. 8v (r. 23 du), 9r (r. 10 co), 13v (r. 16 s), 14r (r. 3 s), 16v (r. 23 i e
m, r. 25 u), 17r (r. 13 h, r. 15 c), 28r (r. 11 a, r. 13 at, r. 15 mg. armamenta),
59r (r. 28 imonium) etc. Si aggiungano inoltre altre correzioni minute in in-
chiostro più scuro, visibili ad esempio alle cc. 16r (r. 8 nevi, r. 19 uri, dove la
r presenta il medesimo piedino alla base della r di infra a c. 102v), 34r (r. 13
lo e speu) etc. Sub iudice resta invece l’attribuzione delle note marginali latine
alle cc. 3r, 10r, 13r, 14v, 15r etc., anche se probabilmente sono da attribuire
anch’esse alla mano del monaco.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 96

96 CAPITOLO SECONDO

temente statico, non suscettibile di evidenti variazioni ed evo-


luzioni nel corso degli anni. Del resto, i codici presi in consi-
derazione sono davvero pochi e tutti delimitati entro un ri-
stretto arco cronologico: dal 1417-1418, quando fu trascritto il
più antico di essi (Conventi Soppr. J. VI. 23), al 1425, quan-
do fu ultimato il più recente (Laurenziano Plut. 54. 30).
Ma, nonostante l’esiguità di testimonianze conservate, l’e-
legante onciale traversariana rappresenta un’operazione cul-
turale ben precisa, cioè il tentativo di ritorno all’antico at-
tuato anche nel sistema grafico del greco. A differenza di
quanto abbiamo visto per Guarino Veronese nel Lattanzio
Conventi Soppr. B. IV. 2609, però, la per così dire ‘antiqua
greca’ del Traversari non si nutre di commistioni di forme
latamente epigrafiche, anche se di ascendenza libraria, giu-
stapposte alla minuscola cancelleresca coeva; essa appare
piuttosto un tentativo sistematico di ritorno a un modello ben
preciso, in linea con la restaurazione grafica umanistica im-
postasi per il sistema latino in area fiorentina sulla base di
una fedele imitazione di modelli carolini dei secoli XI e XII.
La piccola onciale traversariana, infatti, imita direttamen-
te una tipologia grafica attestata nelle scritture distintive e
d’apparato dei manoscritti greci almeno a partire dal X se-
colo, la cosiddetta Alexandrinische Auszeichnungsmajuskel.120 Ma,
come aveva già osservato Emanuele Casamassima per l’anti-
qua latina, 121 imitazione di forme non significa necessaria-
mente imitazione di tratteggio, che infatti nell’onciale traver-
sariana, a differenza di quanto avviene nel corrispondente
modello greco, continua pur sempre a seguire una morfolo-
gia latina.122 Del resto, il fenomeno della latinizzazione dei
tratteggi bizantini è un tratto caratteristico di quasi tutto il

120
Per la definizione e la descrizione di questa tipologia grafica, impiega-
ta in funzione distintiva e d’apparato nei manoscritti greci dal X al XV se-
colo, cfr. HUNGER 1977a, pp. 204-205 e HUNGER 1977b, p. 194. Sulla maiu-
scola greca che ne aveva a sua volta ispirato il recupero (onciale greca di ti-
po copto ovvero maiuscola alessandrina, attestata nella prassi libraria dal II
all’VIII secolo) cfr. in particolare IRIGOIN 1959 e CAVALLO 1975.
121
Cfr. CASAMASSIMA 1974, pp. XII-XIII.
122
Si considerino, in quanto particolarmente significativi, i due tratteggi
molto simili di alpha greco e a latino onciale.
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CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 97

greco umanistico, presente in numerose realizzazioni perso-


nali della minuscola usuale di matrice tardo-tricliniana o cri-
solorina, e in questo il Camaldolese non rappresenta ecce-
zione alcuna al panorama dominante.123
Se dunque la piccola onciale traversariana ebbe il suo mo-
dello generico nella maiuscola alessandrina distintiva e d’ap-
parato, l’individuazione di un antecedente più preciso suscita
qualche difficoltà, poiché la scrittura in esame ebbe una vita
piuttosto lunga, almeno dalla fine del IX secolo al XIV inol-
trato, specialmente nei manoscritti liturgici e patristici mag-
giormente inclini alla sclerotizzazione atemporale delle tipo-
logie grafiche.124 Tuttavia, l’onciale greca del monaco non
sembra guardare ai modelli più arcaici di fine IX e inizi X
secolo, quando il canone dell’Alexandrinische Auszeichnungsmaju-
skel non si era ancora precisato e alternava varianti grafiche
sue proprie con altre tipiche della cosiddetta Konstantinopolita-
nische Auszeichnungsmajuskel, a sua volta direttamente derivata
da un’altra maiuscola libraria greca antica e tardo-antica: l’o-
givale diritta.125 Inoltre, si possono escludere anche i modelli
successivi al XIII secolo, dal momento che in essi il canone
grafico della maiuscola alessandrina distintiva e d’apparato
appare sempre più contaminato da elementi propri della mi-
nuscola usuale del testo, fino alla piena confusione di forme
a cui si assiste a partire dal Trecento inoltrato. Sembra dun-
que plausibile indicare nei codici di fine X e XI secolo o an-
che in quelli più tardi dei secoli XII e XIII – soprattutto se
di contenuto liturgico e patristico, a cui il monaco ebbe più
largo accesso nel corso della sua attività di traduttore – l’an-
tecedente diretto della piccola onciale traversariana.126 Una

123
Cfr. ELEUTERI-CANART 1991, pp. 16-19.
124
Si veda ad esempio l’evangeliario Patm. 81 del 1334-1335 descritto e
riprodotto in KOMINES 1970, p. 34, tav. 30.
125
Sulla Konstantinopolitanische Auszeichnungsmajuskel cfr. HUNGER 1977a, p.
206 e HUNGER 1977b, p. 195. Sulla maiuscola ogivale diritta cfr. invece CRI-
SCI 1985, pp. 103-145.
126
D’imitazione è anche la disposizione del greco a triangolo rovesciato ad
esempio sui margini delle cc. 102v e 126r del Laurenziano Plut. 54. 30, in
quanto ricorda gli scolii che fin dal X secolo corredavano il testo nei mano-
scritti bizantini.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 98

98 CAPITOLO SECONDO

suggestione più profonda, infine, fu forse determinata anche


dalla visione del Laurenziano Plut. 5. 9, un volume mem-
branaceo dell’XI secolo contenente il testo dei quattro Pro-
feti maggiori con catena di commento. In esso, infatti, l’Ale-
xandrinische Auszeichnungsmajuskel è adoperata in funzione di-
stintiva speciale per trascrivere gli ampi brani d’introduzione
ai singoli testi veterotestamentari.127 Resta tuttavia sub iudice
se il manoscritto fosse a Firenze già agli inizi del Quattro-
cento, dato che le più antiche note di possesso presenti sul-
le carte di guardia del codice non consentono di risalire co-
sì indietro nel tempo.128
Ci si può interrogare sul motivo che spinse Ambrogio Tra-
versari, tra le infinite possibilità a sua disposizione, a sele-
zionare proprio l’Alexandrinische Auszeichnungsmajuskel come per-
sonale tentativo di ritorno all’antico, innovando in questo ri-
spetto a Guarino Veronese. Ebbene, a prescindere dal fatto
che il Camaldolese preferì rifarsi a una scrittura ben indivi-
duata e riproducibile, che potesse quindi svolgere la funzio-
ne di modello anche per altri e non solo per se stesso, mi
sembra che si possano richiamare almeno altri due motivi
fondamentali. In primo luogo, la piccola onciale scelta dal
Traversari non assolveva i compiti di una scrittura autono-
ma, ma doveva accompagnare l’antiqua latina restituita dagli
umanisti fiorentini per integrare gli eventuali passi greci pre-
senti nel testo. In altri termini, essa risultava una sorta di
scrittura distintiva, esattamente come distintiva era stata l’A-
lexandrinische Auszeichnungsmajuskel dei manoscritti bizantini tra

127
Sul Laurenziano Plut. 5. 9 si veda in particolare BELTING-CAVALLO
1979, pp. 15-17, con relative riproduzioni fotografiche. Altri manoscritti sicu-
ramente prodotti nel medesimo scriptorium del Laurenziano Plut. 5. 9 (Leni-
nopol. gr. 55, Haun. GKS 6, Taurin. B. I. 2, Vindob. Theol. gr. 11) sono
stati ripetutamente segnalati da Guglielmo Cavallo come interessante esempio
di mimesi grafica di sapore arcaizzante: cfr. CAVALLO 1972, p. 136, CAVAL-
LO 1977, p. 109 e BELTING-CAVALLO 1979, pp. 9-29.
128
La più antica nota di possesso mette infatti in relazione il Laurenzia-
no Plut. 5. 9 con la biblioteca di Lorenzo de’ Medici: Olim Laurentii Pieri de
Medicis repertus inter libros comitis Iohannis Pici Mirandulani, quorum depositarius erat
conventus S. Marci de Florentia ordinis predicatorum (cfr. ULLMAN-STADTER 1972, p.
252, n. 1092 e FRYDE 1996, I, pp. 70, 85, note 220-222 con bibliografia pre-
cedente).
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CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 99

X e XII secolo. In secondo luogo, la piccola onciale traver-


sariana è caratterizzata da una decisa rotondità di forme, che
sconfinano a volte in un sistema quadrilineare, e agli occhi
di un umanista fiorentino doveva sembrare particolarmente
adatta, sul versante estetico, ad affiancare la rinata carolina,
che nel canone poggiano si era già imposta con analoga ro-
tondità di forme.
Tuttavia, come altri tentativi precedenti e successivi, anche
l’esperimento del Camaldolese non riscosse grande successo.
Per quanto la sua piccola onciale fosse stata ripresa nella
scuola scrittoria di S. Maria degli Angeli (in particolare da
Michele monaco che l’adottò ad esempio nella trascrizione
dei passi greci del Laurenziano Plut. 65. 21, copia di dedica
a Cosimo de’ Medici della traduzione traversariana delle Vi-
tae philosophorum di Diogene Laerzio), era una tipologia scrit-
toria destinata a vita breve. Lo stesso Traversari l’abbando-
nò nella seconda parte della vita, e, dopo la sua morte, an-
che Michele decise di adottare la minuscola tardo-tricliniana
per l’edizione dell’epistolario del maestro nel Laurenziano
Strozzi 102. La strada maestra, che avrebbe permesso al-
l’Occidente latino di riappropriarsi della lingua e della cul-
tura greca, sarebbe passata attraverso la scrittura usuale de-
gli eruditi bizantini.

Non si riconoscono invece interventi greci di Ambrogio Traver-


sari in un manoscritto su cui pure lungamente si è discusso: il Con-
venti Soppr. J. IV. 26 della Biblioteca Nazionale Centrale di Fi-
renze. L’attribuzione della mano latina al Niccoli, proposta indi-
pendentemente dal Mehus 129 e dallo Ullman, 130 è stata in seguito
concordemente accettata, tranne che per le cc. 123v (r. 9)-125r, in
cui è contenuta un’aggiunta successiva di mano di Giorgio Anto-
nio Vespucci.131 Più problematica resta invece l’identificazione del-
la mano greca. Albinia de la Mare, 132 seguita da Gabriella Poma-

129
Cfr. MEHUS 1759, I, p. XLIII.
130
Cfr. ULLMAN 1960, p. 66 e tav. 34.
131
Cfr. DE LA MARE 1973, pp. 56, 137 e tavv. X e, XXIII g.
132
Cfr. DE LA MARE 1973, p. 56.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 100

100 CAPITOLO SECONDO

ro,133 ha suggerito di riconoscervi la mano dello stesso Niccoli, dal


momento che non si registrano mutamenti d’inchiostro tra la scrit-
tura latina e quella greca. Il Marshall, invece, nella prefazione al-
l’edizione oxoniense di Aulo Gellio,134 aveva proposto l’attribuzio-
ne al Traversari, sulla base di quanto scrisse il monaco a Niccolò
Niccoli nell’epistola dell’8 luglio 1431: «Expectamus magno cum
studio XIV illos Agellii libros ultimos, quos diligentissime trans-
criptos a te, emendatosque testaris. Inseremus libentissime litteras
Graecas arbitrio tuo, ut extrema veluti manus tam utili labori tuo
adponatur».135 Ma l’uso di uno stesso inchiostro e di una stessa
penna tanto per il latino quanto per il greco costituisce una prova
decisiva a favore dell’autografia niccoliana di tutto il codice, ivi
compresi i passi greci. Inoltre, la rigida forma delle singole lettere
(maiuscole di tipo onciale che a tratti sconfinano nel corrispondente
alfabeto latino) contrasta fortemente con l’elegante onciale traver-
sariana: si confrontino in particolare a, b, d, z, q, m, x, p, r, u, f,
c, y. Tuttavia, andrà osservato che, se nella maggior parte dei ca-
si il greco è stato vergato inter scribendum (cfr. ad esempio le cc. 1v,
2r-v, 3r, 4r, 5r-v, 6r, 9v, 11r, 13r-v, 14r-v, 15v, 17r-v etc.), almeno
in un punto sembra aggiunto, sempre dal Niccoli, ma in un se-
condo momento. Infatti, a c. 18v l’ampio spazio (due righi e mez-
zo) rimasto in bianco alla fine della citazione demostenica induce
a sospettare che Niccoli avesse lasciato più spazio del necessario, e
non fosse poi riuscito a riempirlo del tutto con il passo greco ag-
giunto successivamente. Inoltre, a c. 19v la lunga citazione plato-
nica è solo abbozzata («filosofiva gavr toiv ejsthn»), a causa di
una lacuna comune a tutti i codici della classe a cui appartiene an-
che il Conventi Soppr. J. IV. 26, e le cc. 19v-20r sono lasciate in
bianco. Forse, ciò a cui il Traversari alludeva nella lettera dell’8
luglio 1431 era proprio l’inserzione della citazione platonica man-
cante. Ma, più probabilmente, il Niccoli voleva che l’amico ag-
giungesse nel suo manoscritto una trascrizione dei passi greci in cui
fossero segnati spiriti, accenti e divisione delle parole, visto che il
greco del Niccoli si presenta in maiuscole di tipo onciale totalmente
prive di segni diacritici, in cui non tutte le parole sono separate tra
loro tramite un punto. Una richiesta analoga, del resto, era già sta-

133
Cfr. POMARO 1979, p. 114.
134
Cfr. GELLIO, Noctes Atticae, 1968, I, pp. XV-XVI. La posizione del Mar-
shall (forse suggerita dalle osservazioni di ULLMAN 1960, p. 66, che tuttavia
non parla propriamente di paternità traversariana del greco nel Conventi
Soppr. J. IV. 26) è stata in seguito ripresa anche da RIZZO 1973, pp. 259, 297.
135
TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 2 = vol. II, col. 352.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 101

CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 101

ta avanzata per un codice di Quintiliano, come documenta un’al-


tra lettera del Traversari al Niccoli datata al 1421 ca.: «Quod
Quintilianum quereris minus belle et venuste a me tractatum, lite-
rasque graecas non locis omnibus insertas de novo, falleris, nisi fal-
lor ipse. Nam his quidem locis quibus bene stare videbantur, ma-
nere sum passus, adiectis accentibus».136 In ogni caso, di qualunque
tipo dovesse essere l’intervento richiesto al Traversari per l’Aulo
Gellio dell’amico, non ne è rimasta alcuna traccia nel Conventi
Soppr. J. IV. 26. Resta da chiedersi se il Niccoli non avesse ap-
prontato una seconda copia del testo, magari nella più formale an-
tiqua posata.

4. Un’incursione nell’età matura: l’‘antiqua’ latina tra forzature posate


e tendenze corsive

Gli autografi traversariani di natura posata e libraria sia


in antiqua latina che in piccola onciale greca, dai quali tra-
spare la totale adesione al programma di rinnovamento cul-
turale elaborato nella cerchia degli umanisti fiorentini agli
inizi del Quattrocento, si concentrano in prevalenza durante
i primi anni d’attività scrittoria del monaco, prima che si
aprisse la grande stagione delle traduzioni patristiche dal gre-
co, di cui la tradizione manoscritta ha conservato parecchi
canovacci di lavoro in corsiva travestita all’antica.
La ragione andrà in parte ricercata in una causa contin-
gente, cioè nella casualità con cui le testimonianze scritte so-
no giunte fino a noi nel corso dei secoli, dal momento che
il naufragio di molti esemplari di mano del Camaldolese, so-
prattutto se datati al periodo più alto della sua formazione
grafica, rischia di rendere falsante il panorama prospettato.
Ma un secondo elemento non può essere trascurato.
Col passare degli anni, mentre cresceva l’urgenza di vol-
gere in latino i testi patristici e si moltiplicavano nel con-
tempo le incombenze di natura amministrativa e diplomati-
ca, Ambrogio Traversari avrebbe sempre più delegato ad al-
tri la trascrizione in mundum dei propri lavori, oltre ad

136
TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 7 = vol. II, col. 366.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 102

102 CAPITOLO SECONDO

abbandonare quasi del tutto la copia degli antichi codici, e


avrebbe riservato a sé esclusivamente la stesura di abbozzi di
lavoro con relativa revisione finale, di norma effettuata nel-
la più rapida corsiva all’antica di cui parleremo più avanti.
Del resto, per quanto la carenza di tempo a propria dispo-
sizione avesse costretto il monaco a una frammentazione del-
le fasi di copia tra sé e librarii di fiducia, in primo luogo Mi-
chele monaco, ciò non avrebbe mai comportato alcun disin-
teresse da parte del Traversari nei confronti degli esemplari
definitivi destinati alla conservazione in biblioteca. È infatti
celebre la già menzionata lettera in cui il Camaldolese invi-
tava il confratello Michele a seguire dettagliatamente le nu-
merose e precise direttive inviate per approntare l’edizione
della propria raccolta di missive – chiaro segno di un desi-
derio già petrarchesco, anche se qui frustrato dagli impegni
contingenti, di seguire il prodotto intellettuale in ogni fase
della confezione materiale.137
Del resto, Michele seguiva scrupolosamente le indicazioni
grafiche del maestro e scriveva in una bella e ariosa antiqua
latina, il che giustifica forse la fama secolare di trascrittore
preferito del Camaldolese.138 Infatti, oltre alla copia di dedi-
ca dell’epistolario traversariano (attuale Laurenziano Strozzi
102), Michele monaco copiò ad esempio in mundum per il

137
«Sane volumus, ut principiis librorum spatia maiora sint, ut est solem-
ne, et lineae quinque, aut sex ex anteriore parte paginae locum principali lite-
rae faciant, singulis autem epistolae [forse epistolis] lineae duae, namque singu-
lis adponi ex minio principales literas placet; ut illae sunt Beati Ambrosii, quas
manu propria in Monasterio scripsimus. Placet item, ut inter epistolas linea una
inanis relinquatur, ubi nomen eius, ad quem sequens epistola dirigitur, ex ru-
bro ponatur, vel communibus, vel maiuscolis literis, ut v. g. Hieronymo fratri.
Quod si minus, quam dimidiam lineae partem finis occuparet praecedentis epis-
tolae, in eadem linea titulus ille poterit inseri. Sane pecunias in eam rem vo-
bis suppeditandas ipse curabo. Et quum in uno, eodemque libro epistolae ad
plures, seorsum tamen digestae, in eis maxime, quos postea missurus sum, li-
bris continentur; placebit, ut fiat distinctio, et finitis superioribus, quae in ca-
pite libri praeponuntur, ex minio maiuscolis literis sequentium titulus inseratur
in hunc modum: Eiusdem ad Eustachium Abbatem Vallis Castri epistolae; sitque pri-
ma litera modice reliquis maior. Vides quae sit nostra intentio. Facito, ut hanc
librarius norit, et opus adgredi studeat quamprimum» (TRAVERSARI, Epistolae,
1759, XIII, 14 = vol. II, col. 622). Cfr. anche supra, II.2, nota 58.
138
Su Michele monaco si leggano almeno CABY 1999, pp. 613-615 e da
ultimo IARIA 2004.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 103

CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 103

Traversari anche la versione latina delle Vitae philosophorum di


Diogene Laerzio (attuale Laurenziano Plut. 65. 21) e del Con-
tra gentiles pseudo-atanasiano (attuale Marciano lat. II. 2), 139
portando a compimento, in antiqua posata di ascendenza pog-
giana, il progetto di traduzione iniziato dal Camaldolese con
gli abbozzi di lavoro in corsiva all’antica. Discepolo, colla-
boratore e confratello, Michele incarna il nuovo modello di
monaco voluto dal Traversari, fedele seguace degli ideali di
vita cristiana, ma nel contempo permeato dai rivoluzionari
orientamenti culturali e grafici già così diffusi nei circoli
umanistici laici della Firenze d’inizio secolo. In particolare,
l’estrema versatilità scrittoria di Michele, che passa con flui-
dità dalle forme posate della carolina rediviva a una vera e
propria corsiva all’antica direttamente imitata dal maestro, 140
per non parlare poi dell’analoga varietà di registri nel siste-
ma grafico del greco, rivela il successo dell’operazione di di-
vulgazione dei nuovi modelli umanistici attuata dal Camal-
dolese durante la permanenza in S. Maria degli Angeli e nei
successivi anni del generalato.141

139
Cfr. IARIA 2004, p. 252.
140
Se ne veda un esempio significativo nelle riproduzioni di due epistole
autografe in IARIA 2004, tavv. VI-VII. Infatti, tutte le epistole autografe di Mi-
chele monaco conservate nel fondo Mediceo Avanti il Principato dell’Archi-
vio di Stato di Firenze (e recentemente edite da IARIA 2004, pp. 272-294) so-
no in corsiva travestita all’antica e rivelano già in questo un chiaro rapporto
discepolo-maestro con il Traversari, che usava una scrittura analoga negli ab-
bozzi di lavoro delle versioni dal greco (cfr. infra, III.3, IV.2) e nelle epistole
conservate in originale autografo (cfr. infra, III.2, IV.1, IV.3). Rappresenta un
forte elemento di vicinanza il fatto che anche nella scrittura di Michele, co-
me già in quella di Ambrogio, il travestimento all’antica si presenti ora più
ora meno sistematico a seconda del livello di usualità della grafia. Inoltre, Mi-
chele tende a fare proprie forme di lettere tipicamente traversariane, come la
A maiuscola senza tratto mediano, ma rivela proprie peculiarità nell’uso del
nesso carolino et (mai attestato nelle epistole traversariane in corsiva all’anti-
ca), di r tonda in forma di 2 (mai attestata nel Traversari, eccetto che nel-
l’abbreviazione per -rum), del puntino sulla i, sempre più frequente col passa-
re degli anni, invece dell’apice, esso solo traversariano. Sulla mano di Michele
monaco cfr. anche IARIA 2004, p. 271.
141
In pochi anni gli orientamenti culturali e grafici cambiarono a tal pun-
to nel cenobio fiorentino che lo stesso Michele monaco si sarebbe lamentato
con sdegno della richiesta fattagli dal generale Gomezio, successore del Tra-
versari, di copiare in gotica un salterio per il coro: cfr. IARIA 2004, pp. 256-
257, 274.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 104

104 CAPITOLO SECONDO

Eppure, il progressivo abbandono delle tipologie grafiche


posate da parte di Ambrogio Traversari non avrebbe decre-
tato la loro totale scomparsa dal suo panorama scrittorio.
Mentre il fallimento del ritorno all’antico esperito dal Ca-
maldolese sul versante del greco con la piccola onciale avreb-
be lasciato definitivamente il campo alla minuscola usuale di
ascendenza tardo-tricliniana, nel sistema del latino il mona-
co non avrebbe abbandonato del tutto la carolina rediviva,
consolidata da anni di utilizzo nella cerchia degli umanisti
fiorentini, e, seppure in forme leggermente diverse da quelle
degli anni giovanili e in contesti decisamente limitati, avreb-
be continuato a usarla anche in data più bassa accanto alla
più congeniale corsiva all’antica.
La littera antiqua del Camaldolese è stata infatti riconosciu-
ta da Gabriella Pomaro anche nelle cc. 1r-4v (rr. 1-3) del Ric-
cardiano 302 [Tav. 23], 142 un volume che, nella porzione te-
stuale in esame, contiene ancora una volta scritti di Lattanzio,
mentre a partire da c. 58r inizia la seconda unità codicologi-
ca del volume, con opere di Girolamo. Il manoscritto non
presenta sottoscrizione, ma il contenuto, compatibile con gli
interessi filologici del monaco, e il tratteggio delle singole let-
tere, decisamente affine a quello del Lattanzio Conventi
Soppr. B. IV. 2609 o delle traduzioni marginali dei passi gre-
ci nel Conventi Soppr. J. VI. 23, non sembrano porre in dub-
bio l’autografia traversariana. Dal punto di vista grafico, si os-
servino in particolare la f e la s leggermente discendenti sot-
to il rigo di base, la g asimmetrica, i piedini alla base di m e
n, la r a spalla alta, il nesso et, il sistema abbreviativo usato
con coerenza e regolarità, le aste clavate e i verticali che si
allungano molto rispetto al corpo delle lettere.
È tuttavia singolare che nel Riccardiano 302 l’intervento del
monaco sia limitato solo alle poche carte iniziali, mentre in
quelle successive – come osservava correttamente già la Po-
maro 143 – non c’è alcun segno di una revisione traversariana,
né per il latino né per il greco. A partire da c. 4v, r. 4, in-

142
Cfr. POMARO 1979, p. 110.
143
Cfr. ibid.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 105

CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 105

fatti, la stesura del testo latino è delegata a una seconda ma-


no anonima, che aggiunge anche il titulum rubricato di c. 1r
(rr. 1-2) nonché le paragrafature e le indicazioni dei vari ca-
pitoli, sempre in rosso, sui margini delle prime carte del vo-
lume. La medesima mano trascrive inoltre, in antiqua perfetta-
mente formata, fino a c. 37v e poi ancora le cc. 58v (da r. 17
«nec non»)-67v, pur tralasciando sistematicamente le citazioni
greche o ebraiche.144 Invece, la c. 58r-v (fino a r. 17 «putat»)
è vergata in una bastarda di base cancelleresca. Nonostante
l’esiguità del testo trascritto, la differenza nel tratteggio delle
singole lettere e l’impercettibile cambio di inchiostro tra «pu-
tat» e «nec non» inducono a ritenere che ci si trovi di fronte
a un cambio di mano.145 Una quarta mano copia infine, sem-
pre in bastarda, le restanti cc. 38r-57v e 68r-76v con relativi
titula rubricati nella medesima scrittura, che qui sperimenta pe-
rò un embrionale ritorno all’antico nell’uso di s diritta in fine
di parola, mentre nel testo è usata di norma la s allungata di
tradizione cancelleresca. Alla stessa mano andranno ricondot-
te anche le citazioni greche in maiuscole ancora di stampo
medievale, talvolta supportate da una traslitterazione latina in-
terlineare, di cui è visibile un esempio a c. 68r.
Il completamento del manoscritto, effettuato nella scuola
scrittoria di S. Maria degli Angeli, 146 andrà datato a non pri-
ma della fine degli anni Trenta del Quattrocento. Infatti, a
prescindere dalle tipologie scrittorie esibite dai monaci, che ri-
velano un’educazione grafica di seconda generazione rispetto
agli umanisti degli inizi del secolo (mi riferisco in particolare
alla seconda mano del Riccardiano 302, che adopera una lit-
tera antiqua decisamente matura), si possono addurre almeno
altri due motivi di natura extragrafica. Innanzi tutto, fra i te-

144
Si veda ad esempio lo spazio lasciato in bianco a c. 59r.
145
I titoli rubricati di c. 58r-v continuano però a essere vergati dalla ma-
no precedente in littera antiqua.
146
Il volume, in seguito, fu sempre posseduto dal monastero. Si vedano le
due note di possesso rispettivamente a c. 1r (Monasteri Angelorum Florentiæ a Do-
mino Mario Cursio Florentino abbate ordinis camaldulensis. 1654) e 76v (Iste liber est
ad usum f. Cornelii monachi Angelorum de Florentia). Inoltre, il Riccardiano 302 ri-
sulta ancora registrato nell’inventario della biblioteca nel 1729 (n. L. III. 6):
cfr. BALDELLI CHERUBINI 1972, p. 38.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 106

106 CAPITOLO SECONDO

sti presenti nel volume compare la Fenice di Lattanzio, un


poemetto elegiaco non disponibile a Firenze almeno fino al-
l’inverno del 1433, quando lo stesso Traversari ebbe modo di
trascriverne «raptim» un esemplare a Bologna e inviarlo al-
l’amico Niccolò Niccoli in allegato a una missiva del 12 di-
cembre di quell’anno.147 Di conseguenza, il completamento
della silloge di scritti lattanziani nel Riccardiano 302 è sicu-
ramente posteriore a tale data. In secondo luogo, anche la
decorazione dell’iniziale ornata a bianchi girari di c. 1r invi-
ta a una datazione bassa, dal momento che la lettera, ada-
giata su un fondo blu, rosso e verde costellato da gruppi di
puntini, è arricchita dall’oro, mentre in precedenza era pri-
vilegiato il giallo paglierino, ed è racchiusa entro una corni-
ce dai contorni decisamente mossi e non più lineari.148
Più problematico è invece stabilire quando il Camaldole-
se intervenne nel lavoro di copia. Gabriella Pomaro ha sug-
gerito di considerare il manoscritto «prosecuzione di un la-
voro non terminato dal Traversari», tanto più che le mani
successive sarebbero «cronologicamente ben posteriori» ri-
spetto a quella del monaco.149 Di conseguenza, data l’affini-
tà del contenuto e delle forme grafiche, si potrebbe ipotizza-
re per le prime carte del Riccardiano 302 una datazione co-
eva agli altri due manoscritti di Lattanzio in cui compare la
littera antiqua del Traversari, i Conventi Soppr. B. IV. 2609
e J. VI. 23, il che comporterebbe a sua volta circoscrivere
l’impiego della carolina ai soli anni giovanili del monaco e,
curiosamente, all’attività filologica su un unico autore.

147
«Ego nihil habeo ferme quod mittam novi, praeter Lactantii Phoenicem
versu elegiaco, quam ante paucos dies Bononiae mihi a studioso adolescente
traditam raptim scripsi» (TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 52 = vol. II, col.
422). Sul ritrovamento della Phoenix di Lattanzio si veda la panoramica gene-
rale di SABBADINI 1967, vol. I, pp. 116-117.
148
Sulle carenze bibliografiche in merito all’evoluzione della miniatura fio-
rentina a bianchi girari cfr. supra, II.2, nota 44. Si veda comunque almeno
AMES-LEWIS 1984, pp. 141-166, anche se lo studioso privilegia le tipologie di
iniziali ornate presenti in esemplari di lusso e destinati alla conservazione in
biblioteche di prestigio, non all’interno di biblioteche monastiche con minori
pretese di ostentazione formale, come è invece il caso del Riccardiano 302.
149
Cfr. POMARO 1979, p. 110.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 107

CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 107

Alcuni elementi sembrano tuttavia stonare con una data-


zione agli inizi degli anni Venti del secolo. Innanzi tutto, se
Ambrogio Traversari avesse trascritto le carte iniziali del Lat-
tanzio Riccardiano in data così alta, saremmo costretti ad
ammettere che un fascicolo membranaceo, contenente solo
un’esigua porzione testuale del De ira Dei, venisse conservato
intatto per più di quindici anni, prima che qualcuno prov-
vedesse al suo completamento, nonostante almeno una copia
del testo interrotto fosse sicuramente disponibile nella biblio-
teca del monastero.150
Inoltre, anche un dato di natura codicologica sembra sug-
gerire una datazione più bassa. Le dimensioni della pagina
del Riccardiano 302 misurano solo 220×150 mm – meno,
dunque, del Conventi Soppr. B. IV. 2609 (295×210 mm) e
del Conventi Soppr. J. VI. 23 (310/325×230/235 mm) – e
ricordano piuttosto il formato altrettanto piccolo adottato in
alcuni autografi di lavoro decisamente più tardi: la versione
dal greco di alcuni opuscoli di Atanasio, databile al 1430-
1435 circa (Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conven-
ti Soppr. J. VIII. 8, 205×140 mm), la traduzione delle ora-
zioni De pace di Gregorio Nazianzeno, addirittura del 1435
(Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Reg. lat.
1612, 210×145 mm), ma anche la trascrizione di un poema
latino di Gian Lucido Gonzaga sulle origini del proprio ca-
sato e due orazioni scritte in occasione del Concilio di Basi-
lea, riconducibili sempre al 1435 (Wolfenbüttel, Herzog-Au-
gust-Bibliothek, ms. 19. 41. Aug. 4to, 210×145 mm).
Del resto, la stessa scrittura del monaco nel Riccardiano
302 risulta in parte difforme rispetto alla grafia degli anni
giovanili, anche se – come osservavo in precedenza – il trat-
teggio delle singole lettere e altri elementi di continuità tra i
manoscritti in esame non permettono di dubitare dell’unicità
della mano. La carolina rediviva, impiegata per trascrivere l’i-
nizio del De ira Dei, non appare più statica come nei Con-
venti Soppr. B. IV. 2609 e J. VI. 23, ma risente fortemente

Il medesimo testo, infatti, è presente anche alle cc. 152r-166v del Con-
150

venti Soppr. J. VI. 23.


02 6-11-2009 20:07 Pagina 108

108 CAPITOLO SECONDO

della costante attitudine alla corsività che, nel corso degli an-
ni, si sarebbe imposta nell’universo scrittorio di Ambrogio
Traversari. In altri termini, sembra quasi che, nel Lattanzio
Riccardiano, la mano corsiva del Camaldolese realizzi in mo-
do forzatamente posato le forme grafiche dell’antiqua di un
tempo e rischi talvolta di sconfinare nel sistema grafico paral-
lelo e concorrente, in primo luogo a partire dall’esecuzione
realmente legata di lettere in precedenza solo giustapposte.
Inoltre, le maiuscole visibili nel titolo non rubricato di c. 1r
(r. 3) presentano apici nettamente accentuati, simili a quelli
delle capitali di ascendenza niccoliana attestate nei canovac-
ci di lavoro in corsiva all’antica a partire dal 1423-1424, e si
distanziano anche in questo dalle maiuscole sobrie, con api-
ci meno pronunciati, del Conventi Soppr. B. IV. 2609.
Sulla base di questi elementi, sarei dunque propensa a
proporre per il Riccardiano 302 una datazione tarda, al
1430-1435 circa. La stesura delle poche carte traversariane
del manoscritto potrebbe essere avvenuta a ridosso dell’ele-
zione a generale della congregazione camaldolese (20 ottobre
1431) e il gravoso onere, sopraggiunto in modo del tutto
inatteso, potrebbe a sua volta spiegare l’improvvisa interru-
zione del lavoro, anche se nell’epistolario del monaco non ho
rinvenuto accenni relativi a una ripresa, in questo periodo,
delle operazioni filologiche sul testo di Lattanzio. In alterna-
tiva – e forse è più probabile – si può pensare che Ambro-
gio Traversari avesse iniziato la trascrizione del De ira Dei tra
il 1434 e il 1435 durante un breve soggiorno presso il mo-
nastero fiorentino di S. Maria degli Angeli, di ritorno dalla
visita riformatrice attraverso i monasteri camaldolesi e val-
lombrosiani, poco prima di partire per il concilio di Basilea.
A quest’altezza cronologica, infatti, il Traversari era da po-
co entrato in possesso a Bologna della Fenice di Lattanzio, il
che giustificherebbe il proposito di allestire una silloge di
scritti minori dell’autore, come appare nel Riccardiano 302.
In quest’ottica, mi sembra preferibile considerare l’interven-
to traversariano nel manoscritto in esame non propriamente
un lavoro lasciato interrotto, bensì uno specimen scrittorio con
funzione di guida per i monaci che, non molto tempo dopo,
avrebbero provveduto a completare la raccolta.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 109

CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 109

La littera antiqua degli anni più tardi del Camaldolese, al-


terata dall’influenza del sistema corsivo che la rende quasi
una scrittura ‘mista’, non è però circoscritta all’unica atte-
stazione fin qui considerata, anche se ho ritenuto opportuno
iniziare da essa l’indagine su questa tipologia grafica, dal mo-
mento che si tratta dell’esempio più ragguardevole sul ver-
sante quantitativo e più facilmente individuabile dal punto di
vista cronologico, in quanto legato alla ben precisa circo-
stanza della riscoperta e diffusione della Fenice di Lattanzio
nella cerchia degli umanisti fiorentini alla fine degli anni
Trenta del XV secolo.
Ad una datazione successiva al 1433 rimandano anche le
brevi annotazioni filologiche vergate sporadicamente dal Tra-
versari sui margini del Laurenziano Plut. 46. 7, un imponen-
te Quintiliano dell’XI secolo proveniente da Strasburgo, do-
ve gli umanisti lo riscoprirono probabilmente in quello stesso
anno insieme alla Fenice di Lattanzio.151 Anche in questo ca-
so il 1433 diventa un significativo terminus post quem, in linea
col quadro delineato per l’evoluzione dell’antiqua traversaria-
na. Non tutto il manoscritto, però, presenta i segni di una re-
visione del Camaldolese. Come ha correttamente osservato la
Pomaro, che per prima ha individuato la mano del monaco
sui margini del Laurenziano Plut. 46. 7, 152 il volume era già
stato rivisto da Giovanni Aurispa sia per la parte latina che
per quella greca fino a c. 142v, cioè fino alla fine del IX li-

151
In realtà, i pareri degli studiosi in proposito sono discordi: SABBADINI
1892, pp. 307-317 (seguito poi da SCHMIDT 1974, pp. 122, 292) identificò il
manoscritto col secondo Quintiliano ritrovato a Strasburgo da Poggio tra il
1416 e il 1418, ma successivamente lo stesso SABBADINI 1967, pp. 116-117 (se-
guito anche da WINTERBOTTOM 1967, p. 353, nota 5) ritenne più probabile
che il volume fosse stato riscoperto nella città alsaziana parecchi anni più tar-
di, cioè nel 1433, insieme alla Phoenix di Lattanzio. La cronologia delle mani
umanistiche presenti sui margini del manoscritto sembra confortare piuttosto
la seconda ipotesi. Un articolato riepilogo delle diverse ipotesi degli studiosi
sul ritrovamento del codice di Quintiliano a Strasburgo si legge in DANELO-
NI 2001, pp. 39-42, nota 1.
152
Cfr. POMARO 1979, pp. 112-113. Sugli interventi traversariani nel Lau-
renziano Plut. 46. 7 si veda anche di recente DANELONI 2001, p. 42, nota 1,
che individua la tradizione manoscritta da cui il monaco attinge le proprie va-
rianti in un particolare ramo della cosiddetta «S-version», rappresentato dai
codici Par. lat. 14146 e 7719.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 110

110 CAPITOLO SECONDO

bro delle Institutiones di Quintiliano, 153 mentre Ambrogio Tra-


versari sembra avere annotato solo il X e ultimo libro, che
occupa nel manoscritto le cc. 143r-156v. Per limitarmi a un
solo significativo esempio per il latino, a c. 145v è di sua ma-
no la nota «quid euphorionem frustra transibimus? quem ni-
si probasset virgilius idem» (in caratteri minuscoli) e a c. 153r
sembrano altrettanto autografi i due titoli «De emendatione»
e «Quae scribenda sint precipue» (in caratteri maiuscoli),
mentre resta sub iudice l’attribuzione del titolo «De cogitatio-
ne» a c. 154v. Infine, sarebbero da ricondurre al Camaldo-
lese, sulla base dell’inchiostro, anche gli spiriti e gli accenti
apposti alle tre parole greche di c. 164v («a[logon», «tribh;n»
e «fantasiva"»), mentre per il resto non si registrano altri in-
terventi sul greco, anche perché il X libro delle Institutiones di
Quintiliano ne è praticamente privo.154
La medesima antiqua latina traversariana, nutrita di sugge-
stioni corsive, è stata infine riconosciuta da Albinia de la Ma-
re anche in due lunghe note apposte sui margini del Cice-
rone Laurenziano Plut. 48. 34, rispettivamente a c. 20v e 57r
[Tav. 10], mentre il corpo antico del manoscritto era stato
copiato da Poggio Bracciolini già intorno al 1403-1408 e suc-
cessivamente rivisto e corretto da Niccolò Niccoli nella sua

153
Per esempio, a c. 14r la mano latina dell’Aurispa ha annotato in mar-
gine «et columnam exemptam litera legimus», mentre la mano greca ha prov-
veduto a riscrivere «lhivsth» a fianco della corrispondente parola in greco me-
dievale, usando la stessa penna e lo stesso inchiostro della mano latina. Altro-
ve, invece, l’intervento dell’Aurispa sul greco originario si è limitato all’aggiunta
di spiriti e accenti, come si vede ad esempio a c. 28v.
154
Di conseguenza, sembra scorretta l’identificazione (proposta da POMA-
RO 1979, p. 113) di questo manoscritto con quello di cui il Camaldolese par-
la all’amico Niccoli in una lettera del 1421 ca.: «Quod Quintilianum quere-
ris minus belle et venuste a me tractatum, literasque graecas non locis omni-
bus insertas de novo, falleris, nisi fallor ipse. Nam his quidem locis quibus
bene stare videbantur, manere sum passus, adiectis accentibus» (TRAVERSARI,
Epistolae, 1759, VIII, 7 = vol. II, col. 366). Infatti, a prescindere dalla data-
zione troppo alta, nel Laurenziano 46. 7 Ambrogio Traversari non ha prati-
camente emendato nessun passo greco, né si può pensare di attribuire al Ca-
maldolese gli spiriti e gli accenti dei primi nove libri delle Institutiones di Quin-
tiliano (come suggerisce invece POMARO 1979, p. 113), perché gli spiriti sono
tondi, mentre nel X libro, sicuramente rivisto dal Traversari, sono angolosi.
È invece verosimile che siano di mano dell’Aurispa, che avrebbe quindi rivi-
sto quasi tutto il volume sia per il greco che per il latino.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 111

CODICI LINGUISTICI E SISTEMI GRAFICI A CONFRONTO 111

tarda e caratteristica scrittura, nonché dallo stesso Poggio pa-


recchi anni dopo la stesura del testo.155 L’antiqua del Camal-
dolese rivela ancora una volta una decisa influenza del siste-
ma corsivo, al punto che, qui dove la scrittura notulare è
meno controllata rispetto alla pagina del Lattanzio Riccar-
diano, si incontrano forme tipiche della tradizione corsiva
(come la a minuscola che lega in entrata sine virgula et supe-
rius) accanto alle varianti squisitamente caroline (tra cui ad
esempio la a onciale). Di conseguenza, anche per il limitato
intervento traversariano sui margini del Laurenziano Plut.
48. 34 si può proporre una datazione compatibile con quel-
la del Riccardiano 302 e del Laurenziano Plut. 46. 7. Se già
la de la Mare suggeriva una generica collocazione cronolo-
gica al decennio 1430-1440 su basi puramente paleografiche,
si può forse precisarne una agli anni immediatamente prece-
denti la nomina a generale dei Camaldolesi, quando il mo-
naco aveva ancora tempo di dedicarsi alla lettura delle Filip-
piche ciceroniane. Ma, in ogni caso, non viene meno il dato
fondamentale: l’antiqua traversariana mista di echi posati e
corsivi resta pur sempre una variante grafica circoscritta al-
la fase matura della vita scrittoria del Camaldolese.
Per quanto dunque il sistema posato e librario abbia go-
duto del massimo splendore nei primi dieci anni di attività
grafica del monaco, anche nel periodo più maturo della pro-
pria vita, almeno sul versante latino, Ambrogio Traversari
continuò a usare la littera antiqua, sebbene in contesti limita-
ti e in una variante grafica influenzata dal più congeniale si-
stema della corsiva. Col trascorrere degli anni, infatti, il si-
stema corsivo avrebbe preso decisamente il sopravvento, an-

155
Per l’identificazione della mano del Traversari nel Laurenziano Plut.
48. 34 cfr. DE LA MARE 1973, p. 76, n. 5, dove si propone dubitativamente
di identificare con il Camaldolese anche l’artefice del restauro testuale degli
attuali fogli 37v-44r. Ritengo tuttavia estremamente improbabile che in questi
ultimi possa essere riconosciuta l’antiqua matura del monaco, innanzi tutto per-
ché la mano che trascrive il fascicolo in esame risulta completamente diver-
sa, anche solo a uno sguardo superficiale, da quella, sicuramente autografa,
che appone le due lunghe note sui margini delle cc. 20v e 57r, oltre a tra-
scrivere la parte iniziale del De ira Dei nel Lattanzio Riccardiano 302. Inol-
tre, anche l’esame puntuale rivela fortemente atipiche le forme del nesso et,
del legamento ct e dell’h sovradimensionata.
02 6-11-2009 20:07 Pagina 112

112 CAPITOLO SECONDO

che se esso non si sviluppò affatto in un secondo momento


rispetto a quello posato. Vera e congeniale scrittura del mo-
naco, la corsiva fu adoperata – oserei dire – da sempre, dap-
prima in una forma totalmente scevra di travestimento al-
l’antica che ne rivela la forte consonanza con le corsive
toscane a cavallo fra Trecento e Quattrocento, fino a diven-
tare, nella variante travestita all’antica di impronta umanisti-
ca, la vera e propria scrittura ‘totale’ del monaco.
03 11-11-2009 16:50 Pagina 113

III

LO SFACCETTATO UNIVERSO
DELLE CORSIVE TRAVERSARIANE

1. Corsiva usuale e cancelleresca formale nei documenti amministrativi


del monastero degli Angeli

Le più antiche testimonianze corsive attribuite alla mano


di Ambrogio Traversari datano almeno a partire dal secon-
do decennio del XV secolo e si sviluppano poi lungo tutto
l’arco dell’attività grafica del Camaldolese, assumendo di vol-
ta in volta caratteristiche loro proprie a seconda della diver-
sa tipologia e funzione del testo scritto. Il sistema corsivo ‘ri-
vale’ rispetto a quello posato risulta decisamente più familia-
re e congeniale all’attitudine pratica del monaco, che – lo
ricordo ancora una volta – non fu mai un copista di profes-
sione e spese l’intera esistenza nella militanza attiva al servi-
zio della Chiesa, dapprima dedicandosi a un vasto program-
ma di traduzioni patristiche dal greco durante gli anni della
clausura monastica, in seguito praticando quotidianamente
l’impegno di riformare la propria congregazione e favorendo
con una paziente azione diplomatica il ravvicinamento dei
Cristiani d’Oriente e d’Occidente durante i concitati anni
conciliari. Non sorprende quindi che, nello sfaccettato uni-
verso delle corsive traversariane, si incontrino numerose e
svariate tipologie documentarie che, più d’una volta, non si
lasciano ridurre con facilità entro schemi prefissati. Non sor-
prende nemmeno che esse corrano in parallelo, in particola-
re tra il 1414 e il 1424 circa, con la fase maggiormente vi-
tale dell’antiqua posata, che il Traversari adottò fin dagli an-
ni giovanili per la trascrizione di testi patristici, nella più
totale adesione al programma di ritorno all’antico propugna-
03 11-11-2009 16:50 Pagina 114

114 CAPITOLO TERZO

to dagli umanisti fiorentini fra Trecento e Quattrocento. In-


fatti, quasi tutti gli scriventi colti di quell’epoca (e non solo
di quella) spaziavano all’interno di sistemi quanto meno di-
grafici nell’ambito del medesimo codice linguistico. Al con-
trario, potrà forse sorprendere che in questi primi anni la
corsiva traversariana non palesi affatto la riforma grafica
umanistica in atto nei coevi codici di Lattanzio in antiqua po-
sata, nonostante la mano del Camaldolese presenti una ma-
turità ormai lontana dall’apprendistato grafico, dal momento
che nel secondo decennio del XV secolo Ambrogio Traver-
sari si avvicinava ormai alla soglia dei trent’anni.
Le più antiche testimonianze conservate della mano corsi-
va di Ambrogio Traversari datano proprio a partire dal se-
condo decennio del Quattrocento, ovvero dagli anni giova-
nili del massimo impegno come copista di codici latini. Si
tratta di un ristretto gruppo di documenti caratterizzati da
un denominatore comune, in quanto riguardano tutti l’atti-
vità amministrativa che si svolgeva nel monastero di S. Ma-
ria degli Angeli in parallelo ai lavori di trascrizione e mi-
niatura di codici o ad altre attività artistiche. Non a caso, in-
fatti, il testo di molti di essi è in volgare piuttosto che in
latino. Ciò che accomuna i più antichi documenti in corsiva
traversariana è la loro funzione e destinazione usuale, che
connota le testimonianze scrittorie in esame in tono decisa-
mente minore rispetto ai codici umanistici in antiqua posata.
Nessun’altra scrittura, che non fosse stata corsiva, sarebbe
stata ammessa.
Purtroppo, però, nessuna delle più antiche testimonianze
latine vergate currenti calamo dal Camaldolese è sottoscritta e
la loro autografia, reale o presunta, può essere accertata so-
lo sulla base del confronto paleografico con altre attestazio-
ni di sicura paternità traversariana, preferibilmente di natu-
ra burocratica e non letteraria. Ma il parallelo più stringen-
te – una cauzione scritta rilasciata da Ambrogio Traversari
a Bartolomeo da Montegonzi nel 1433 a causa di un debito
di denaro 1 – risale ad anni decisamente successivi. Del resto,
altrettanto tardi sono anche gli altri confronti possibili, cioè

1
Firenze, Archivio di Stato, Carte Strozziane, serie I, 139, c. 47 [Tav. 2].
03 11-11-2009 16:50 Pagina 115

LO SFACCETTATO UNIVERSO DELLE CORSIVE TRAVERSARIANE 115

le lettere amministrative inviate in qualità di generale della


congregazione camaldolese tra il 1433 e il 1437.2 Non è per-
tanto facile valutare se le idiosincrasie della più antica corsi-
va traversariana debbano indurre a sospettare che si tratti di
uno scrivente distinto o essere piuttosto imputate a un cam-
biamento della medesima mano nel corso del tempo.
Inoltre, si ricordi che non sempre è agevole distinguere
con sicurezza le mani dei diversi confratelli che si alternano
nella compilazione dei documenti amministrativi di S. Maria
degli Angeli, dal momento che molte di esse presentano un
evidente sostrato grafico comune, anche in merito a tratti al-
l’apparenza distintivi. Per limitarmi a un solo esempio, la a
minuscola corsiva in due o tre tempi, sebbene tipica del Tra-
versari, ricorre anche in testimonianze coeve sicuramente di
altre mani, come rivela un’analisi sommaria delle matricole
del registro nuovo del cenobio fiorentino degli Angeli (Fi-
renze, Archivio di Stato, Corporazioni Religiose Soppresse
dal Governo Francese 86. 96). Proprio tenuto conto del co-
mune milieu grafico del monastero, ho ritenuto preferibile
scartare, sulla base di differenze all’apparenza minime, la no-
ta di possesso Iste liber est monasterii sanctæ M. de angelis de flo-
rentia apposta a c. 272r del manoscritto Vaticano lat. 283,
sottopostomi da Antonio Manfredi, 3 oltre ad alcuni dei nu-
merosi supposti autografi traversariani segnalati da Raffaella

2
Siena, Archivio di Stato, Concistoro, Carteggi, filza 1931, c. 62 [Tav.
28] del 18 dicembre 1433; Forlì, Biblioteca Comunale A. Saffi, Fondo Pian-
castelli, Carte Romagna, busta 641, documento 210 [Tav. 24] del 25 giugno
1436; Siena, Archivio di Stato, Concistoro, Carteggi, filza 1937, c. 75 [Tav.
29] del 16 gennaio 1437.
3
Il Vaticano lat. 283 mi è stato sottoposto da Antonio Manfredi nel cor-
so di una visita alla Biblioteca Apostolica Vaticana nell’aprile del 2002. Si
tratta di un volume composto dall’assemblaggio di due unità codicologiche di-
stinte, la seconda delle quali, contenente opere di Agostino, inizia proprio a
partire da c. 272r. La nota di possesso apposta su questa carta è vergata in
una scrittura che, per quanto riveli una comunanza di ambiente grafico con
la corsiva traversariana, presenta alcuni elementi che rendono dubbia una pos-
sibile attribuzione della mano al Camaldolese: e minuscola in due tempi, sen-
za cresta raddoppiata e con cediglia eccessivamente marcata; g corsiva aper-
ta; f e r con ricciolo (quest’ultima se non legata). Sarei pertanto propensa a
vedere nella nota di possesso in esame la mano di un confratello del mona-
stero, ma non quella del Traversari stesso.
03 11-11-2009 16:50 Pagina 116

116 CAPITOLO TERZO

Zaccaria nel corso di un sistematico spoglio dei documenti


provenienti da S. Maria degli Angeli e conservati oggi pres-
so l’Archivio di Stato di Firenze.4
Tra i documenti amministrativi più antichi che, con dis-
creta verosimiglianza, possiamo invece accettare di ricondur-
re alla mano del Camaldolese, si annovera in primo luogo
l’estratto in volgare del testamento di Francesco del Corazza
(Firenze, Archivio di Stato, Corporazioni Religiose Soppres-
se dal Governo Francese 86. 65, c. 356r-v), datato 15 set-
tembre 1416. Più tardi sono l’estratto in latino del testamento
dello stesso Francesco vocatus Corazza (Firenze, Archivio di
Stato, Corporazioni Religiose Soppresse dal Governo Fran-
cese 86. 68, c. 128r), datato al 1425, 5 e l’inventario dei be-
ni allegato al testamento del cardinale spagnolo Pedro Fer-
nandez de Frias (Firenze, Archivio di Stato, Corporazioni
Religiose Soppresse dal Governo Francese 86. 68, cc. 203r-
208v), anch’esso databile post 1420.6 Priva di data è invece la

4
Ad esempio, nonostante quanto affermi ZACCARIA 1988, p. 229, non
sembrano autografi del Traversari nella filza Corporazioni Religiose Soppres-
se dal Governo Francese 86. 65 la copia del testamento di Marco del fu Ben-
venuto (cc. 72r-74r), datata 6 giugno 1409, e l’estratto del testamento di Gre-
gorio del fu Pagnozzo di Cardinale Tornaquinci (c. 170r-v). Infatti, per quan-
to la scrittura sia notevolmente affine a quella delle coeve testimonianze del
Camaldolese, se ne differenziano in particolare la s finale tonda, l’uso preva-
lente della r corsiva tonda, la m finale in forma di tre, la forma della g, il nes-
so de, alcune abbreviazioni e legature. Inoltre, in calce alla dichiarazione do-
tale richiesta da Neri di Francesco Ardinghelli (c. 370r) si legge: «Levò questa
scripta Marco d’Antonio Vittori adì 15 di febbraio 1413 dal libro delle ricor-
danze segnato |^ a carte 168» e ciò sembrerebbe escludere, anche per questo
documento, la presunta paternità traversariana. È tuttavia doveroso ricordare
che lo studio di ZACCARIA 1988 – prendendo avvio dalle identificazioni pro-
poste da SOTTILI 1984, p. 713 in merito al registro 86. 96 del fondo Corpo-
razioni Religiose Soppresse dal Governo Francese – costituisce l’unico spoglio
sistematico delle testimonianze usuali e documentarie della mano corsiva del
Camaldolese. Ad esso sono debitrice per tutte le attribuzioni esaminate in que-
ste pagine, salvo eccezioni esplicitamente dichiarate. Per eventuali ulteriori di-
vergenze di identificazione rispetto alla Zaccaria si veda infra, V.1.
5
Ricordo qui che il testamento originario di Francesco del Corazza risa-
liva al 1400 (cfr. ZACCARIA 1988, p. 229), mentre le date indicate sui due
estratti traversariani si riferiscono al momento delle rispettive stesure.
6
Il vero e proprio testamento di Pedro Fernandez de Frias, trascritto da
altra mano alle cc. 196r-198r della medesima filza, reca la data dell’8 set-
tembre 1420 (cfr. ZACCARIA 1988, p. 229) e ciò rappresenta un inequivoca-
bile terminus post quem per l’estratto traversariano.
03 11-11-2009 16:50 Pagina 117

LO SFACCETTATO UNIVERSO DELLE CORSIVE TRAVERSARIANE 117

copia del testamento di Angelo dal Canto (Firenze, Archivio


di Stato, Corporazioni Religiose Soppresse dal Governo
Francese 86. 64, cc. 151v-153r), come pure la copia del te-
stamento di Gioacchino del fu Anselmo (Firenze, Archivio di
Stato, Corporazioni Religiose Soppresse dal Governo Fran-
cese 86. 68, c. 256r inc. «in Dei nomine amen», expl. «signum
meum consuetum apposui»), qui attribuita dubitativamente
per la prima volta alla mano di Ambrogio Traversari. L’as-
senza di addentellati cronologici rende però difficile ogni pro-
posta di datazione su base esclusivamente paleografica, dal
momento che la corsiva impiegata dal Camaldolese nella tra-
scrizione degli atti amministrativi del monastero degli Ange-
li si rivela sostanzialmente stabile nel corso degli anni per
quanto concerne la forma e il tratteggio delle singole lettere,
nonché addirittura il sistema di legature.7
Le peculiarità della grafia traversariana nei documenti in
esame sono già state descritte in termini generali dalla Zac-
caria: «a maiuscola senza asta trasversale; n, o, e maiuscole
in capitale; g con ricciolo inferiore molto pronunciato; h con
prolungamento a uncino sotto la linea di scrittura; r con asta
dritta senza piede; s finale molto sviluppata nella parte su-
periore del rigo e poco in quella inferiore; e con piccolo ric-
ciolo trasversale rivolto verso l’alto; d a volte onciale, ma pre-
valentemente corsiva con ingrossamento nella parte superio-
re dell’asta; legamento ct molto sviluppato; uso di cediglia per
i dittonghi».8
Vorrei tuttavia aggiungere che la corsiva usuale del Ca-
maldolese, impiegata nella prassi burocratica e amministrati-
va, palesa una forte adesione a modelli grafici cancellereschi
ancora trecenteschi, anche per quanto concerne il macrosco-
pico sistema delle maiuscole, 9 e non lascia affatto intuire la ri-

7
Nella copia traversariana del testamento di Angelo dal Canto, tuttavia,
la presenza di un legamento ct carolino (c. 152r, r. 3 fructibus [Tav. 3]) sem-
bra suggerire una datazione relativamente tarda e in ogni caso successiva al
1423-1424, quando il monaco iniziò a travestire all’antica la sua corsiva usua-
le con consapevolezza e regolarità.
8
Cit. da ZACCARIA 1988, p. 227.
9
Alcuni esempi di maiuscole della tradizione cancelleresca trecentesca nel-
la prassi amministrativa e burocratica del Camaldolese sono le lettere sovra-
03 11-11-2009 16:50 Pagina 118

118 CAPITOLO TERZO

forma umanistica in atto nei coevi codici in antiqua posata, se


si eccettua il sistematico e ossessivo depuramento di forme
maggiormente percepite come gotiche, quali la s minuscola ton-
da in fine di parola e la r minuscola tonda in forma di 2, an-
che dopo lettera tonda (salvo che nell’abbreviazione per -rum).
Negli anni che precedettero la riforma grafica umanistica, la
crisi del sistema corsivo traversariano traspare soltanto dall’a-
riosità del modulo delle lettere e dell’interlineo, oltre che dal-
la lineare semplicità delle forme grafiche scevre dei pesanti ar-
tifici cancellereschi, retaggio del passato. La mano del Ca-
maldolese sembra cioè adeguarsi alla nuova prassi scrittoria
che si era diffusa nell’uso privato e documentario a partire da-
gli inizi del Quattrocento, dando vita a una corsiva più chia-
ra, ariosa e semplice della cancelleresca del secolo preceden-
te, definita da Cencetti «semigotica delle carte».10 Ma null’al-
tro palesa la fine imminente di un’intera stagione grafica e
culturale, che aveva dominato in Europa per oltre due secoli.
Se infatti analizziamo, ad esempio, c. 152r della filza 86.
64 [Tav. 3] è possibile osservare in primo luogo che non è
mai usata la d diritta riproposta dagli umanisti fiorentini nel-
le nuove scritture umanistiche, mentre si contano 135 d on-
ciali di sicura reminiscenza gotica. Analogamente, non com-
pare mai il nesso et; invece, la corrispondente nota tachigra-
fica, spesso legata a destra, è presente 41 volte nella pagina,
accanto alla variante scritta per esteso. Infine, si contano 14
legamenti corsivi ct (talvolta si tratta di falsi legamenti o sem-
plici accostamenti di lettere), ma la legatura umanistica com-
pare solo una volta, e forse non a caso al rigo 3, subito do-

dimensionate che aggettano al di fuori dello specchio di scrittura, indivi-


duando le singole unità testuali, nell’inventario dei beni allegato al testamen-
to del cardinale spagnolo Pedro Fernandez de Frias (Firenze, Archivio di Sta-
to, Corporazioni Religiose Soppresse dal Governo Francese 86. 68, cc. 203r-
208v), riprodotto in ZACCARIA 1988, tav. VI.
10
Cfr. CENCETTI 1997, pp. 255-257. La tendenza ad elaborare un cano-
ne grafico ispirato ad una maggiore semplicità e chiarezza non si limitò ad
influenzare, nella Toscana di metà XIV secolo, le sole manifestazioni librarie
della minuscola cancelleresca. La medesima tendenza, infatti, sul volgere del
secolo riuscì ad insinuarsi anche nel settore più propriamente documentario.
Un esempio illustre è rappresentato dai registri notarili di Coluccio Salutati:
si veda in proposito PETRUCCI 1964, pp. 25-27.
03 11-11-2009 16:50 Pagina 119

LO SFACCETTATO UNIVERSO DELLE CORSIVE TRAVERSARIANE 119

po l’invocazione a Cristo, alla beata Maria e al beato Ago-


stino, dove la scrittura è più posata per ragioni di solennità.
Diversa è invece la situazione per quanto riguarda l’uso di s
diritta in fine di parola: si contano infatti 56 attestazioni,
mentre è costantemente evitato l’uso di s tonda o allungata.
Allo stesso modo è sistematico l’uso di r diritta al posto del-
la variante tonda in forma di 2, anche dopo lettera tonda,
eccetto che nell’abbreviazione per -rum. Regolare è anche la
presenza del legamento st (documentato 18 volte), del resto
già legamento corsivo, prima che elemento connotativo del-
la restaurazione all’antica.
Eppure non sembra che si possa mettere in dubbio l’at-
tribuzione di questi documenti alla mano del Camaldolese,
anche se così poco ‘all’antica’ e in apparenza distanti dal mi-
to di umanista che i codici in antiqua vollero creare: caratte-
ristici sono infatti – sempre a c. 152r della filza 86. 64 – la
a in due o tre tempi, la g asimmetrica, la r a spalla alta, lo
stabile sistema di legature tra l’abbreviazione per la nasale e
la lettera seguente (cfr. nominibus r. 1) e infine il legamento de
con d onciale (cfr. ad esempio r. 16), che ritornerà soprat-
tutto nelle pagine più corsive dei manoscritti di lavoro delle
versioni dal greco. Se davvero è Ambrogio Traversari il tra-
scrittore dei documenti amministrativi di S. Maria degli An-
geli qui esaminati, si dovrà ammettere che, negli stessi anni
in cui il monaco aderiva pienamente agli ideali grafici uma-
nistici e adottava l’antiqua posata nei codici di Lattanzio, non
abbandonava nel contempo per la prassi burocratica quoti-
diana una corsiva usuale che, a prescindere dall’uso di r di-
ritta e di s diritta in fine di parola, non risente affatto del
tentativo di travestimento all’antica messo in atto anche per
le corsive – come vedremo – a partire dal 1423-1424 circa.
Questa stessa corsiva, scevra di ogni velleità umanistica e
ancora fortemente immersa nell’universo grafico cancelleresco
tardo-medievale, sarebbe stata usata per la stesura di docu-
menti burocratici e amministrativi fino agli anni del genera-
lato accanto alla nuova variante vistosamente travestita al-
l’antica, deputata invece in prevalenza a trascrizioni di ascen-
denza latamente letteraria. L’esempio più significativo è la già
menzionata cauzione scritta che Ambrogio Traversari rilasciò
03 11-11-2009 16:50 Pagina 120

120 CAPITOLO TERZO

a Bartolomeo da Montegonzi a causa di un debito pecunia-


rio di 42 fiorini di Camera [Tav. 2].11 Infatti, sebbene il do-
cumento rechi la data del 18 febbraio del 1433, è redatto
nella medesima corsiva usuale non molto curata, veloce e ric-
ca di legature, degli atti amministrativi trascritti per le ne-
cessità quotidiane del monastero degli Angeli durante gli an-
ni giovanili. Di sicura reminiscenza corsiva e trecentesca so-
no anche le forme delle lettere maiuscole nel testo (ad
esempio r. 10, P di Pro; r. 12, I di In; r. 15, I di Inditione) e
in particolare delle due iniziali sovradimensionate che indivi-
duano i paragrafi aggettando al di fuori dello specchio di
scrittura (r. 1, F di Frater; r. 7, I di Item). Il travestimento al-
l’antica si limita all’uso rigoroso ed esclusivo di r diritta (35
attestazioni), di s diritta in fine di parola (11 attestazioni) e
del legamento st (2 attestazioni), mentre la d diritta non è mai
attestata (contro le 18 attestazioni della d onciale) e lo stesso
vale per il nesso umanistico et (contro le 4 attestazioni della
corrispondente nota tachigrafica). Nulla invece ci è dato sa-
pere in merito al legamento ct, dal momento che la succes-
sione di queste due lettere non compare mai nel testo del do-
cumento. Ancora a dieci anni di distanza dalle più antiche
attestazioni in corsiva all’antica, Ambrogio Traversari conti-
nuava a riproporre nella prassi documentaria la vecchia cor-
siva usuale, che la nuova corsiva umanistica sarebbe riuscita
a soppiantare definitivamente solo negli ultimi anni di vita.
Prima però di considerare da vicino la delicata trasforma-
zione a cui la corsiva traversariana andò incontro nel secon-
do decennio del secolo, si impone qui un’ultima osservazione
relativa alla documentazione amministrativa prodotta negli
anni della clausura monastica. Accanto alla versione usuale
della propria corsiva, Ambrogio Traversari ricorse anche, in
due registri membranacei di S. Maria degli Angeli, a una va-
riante decisamente più formale, adeguata alla stesura in mun-
dum delle più solenni compilazioni prodotte nel monastero.12

11
Firenze, Archivio di Stato, Carte Strozziane, serie I, 139, c. 47. Sui fio-
rini di Camera cfr. MARTINORI 1915, p. 163.
12
Firenze, Archivio di Stato, Corporazioni Religiose Soppresse dal Go-
verno Francese 86. 95-96.
03 11-11-2009 16:50 Pagina 121

LO SFACCETTATO UNIVERSO DELLE CORSIVE TRAVERSARIANE 121

In essa predominano gli elementi cancellereschi (in partico-


lare il prolungamento verso l’alto delle aste di d onciale e
verso il basso delle aste della i, oltre allo stabile sistema del-
le maiuscole), anche se il dettato scrittorio non è mai in-
gombrato da quei pesanti artifici, eredità del mondo gotico,
da cui la corsiva si era liberata già da tempo alla ricerca di
una nuova linearità e semplicità di forme. Un ampio esem-
pio della cancelleresca per così dire ‘formale’ del Traversari
è visibile nel registro 86. 95, c. 98v, dove sono raccolte ma-
tricole e necrologi di undici frati dal 30 dicembre 1403 al 9
settembre 1414 (inc. «frate Alexandro di Martino», expl. «die
9 mensis eiusdem») [Tav. 4]: spiccano le forme di alcune let-
tere maiuscole, come la B di Basilio al r. 3, la R di Romual-
do al r. 11, la n di Nofri al r. 18, la G di Giuliano al r. 20, la
A di Antonio al r. 13, di Agnolino al r. 15, di Agnolo al r. 22 e
di Arrigo al r. 24, nonché la F sovradimensionata di Frate che
introduce le singole voci. Un’ulteriore attestazione di questa
varietà grafica è poi visibile anche nelle poche righe di c.
93r, precisamente nella matricola di Piero d’Antonio del
1416 (inc. «obiit», expl. «1416») e in quella di Dionisio di
Francesco (inc. «don Dionisio di francesco», expl. «a dì 29 di
dicembre 1409»), che reca invece la data del 1409, pur es-
sendo quanto meno successiva alla precedente a causa della
disposizione reciproca nella pagina.13
A prima vista queste testimonianze possono sembrare dif-
formi dall’usus del monaco, in particolare per la forma an-
golosa e spezzata della d onciale e per gli effetti di pieni e
filetti permessi dal tipo di temperatura della penna, ma an-
che perché presentano interlinei eccessivamente distanziati e
un sistema di punteggiatura che non rispetta la rigida divi-
sione funzionale tra punto fermo per pausa lunga e due pun-
ti per pausa breve, come di norma nella prassi corsiva tra-
versariana. Tuttavia, altri elementi mi hanno indotto a non

13
Mi preme qui precisare che la data di professione o morte indicata nel-
le matricole del registro monastico non rappresenta ipso facto anche la data di
stesura delle medesime, ma soltanto un generico terminus post quem. In ogni ca-
so, però, è probabile che tra l’evento e la sua registrazione non intercorresse
un lasso di tempo eccessivamente lungo e che quindi la compilazione traver-
sariana possa essere ascritta alla fine del secondo decennio del Quattrocento.
03 11-11-2009 16:50 Pagina 122

122 CAPITOLO TERZO

scartare in via definitiva i documenti in esame e a lasciarne


ancora sub iudice la presunta autografia, suggerita dalla Zac-
caria 14 sulla base del confronto paleografico con analoghe te-
stimonianze già segnalate da Agostino Sottili.15 Un esame at-
tento rivela infatti una possibile compatibilità di questa scrit-
tura con la corsiva usuale del Camaldolese, sia per quanto
concerne la forma di singole lettere (in particolare la a in due
tempi, ma anche la g asimmetrica con pancia aperta, la r ri-
gorosamente diritta a spalla alta e la z corsiva), sia in meri-
to al sistema di legature, tra cui segnalerei in particolare
quelle in entrata della a, tra il segno abbreviativo della na-
sale e la lettera successiva e infine tra d onciale ed e.
Nonostante gli esempi qui considerati risalgano agli inizi
dell’attività grafica documentata del Traversari, il monaco
avrebbe continuato a usare la cancelleresca più formale anche
negli anni successivi, come attestano i numerosi esempi se-
gnalati dalla Zaccaria nel registro 86. 96, il cosiddetto ‘regi-
stro nuovo’ di S. Maria degli Angeli.16 Dall’analisi di questo
registro si desume forse un’ulteriore conferma dell’autografia
traversariana della sua cancelleresca per così dire ‘formale’,
dal momento che in alcune matricole la mano del Camaldo-
lese trapassa, senza soluzione di continuità, dalla scrittura sub
iudice alla più familiare corsiva usuale (si vedano ad esempio
le matricole di monna Gera a c. 6v e di Niccolò degli Albiz-
zi a c. 8v). Inoltre, come era prevedibile che fosse, anche nel
registro 86. 96 la presenza di Ambrogio Traversari è docu-
mentata (ad eccezione di un caso specifico su cui tornerò più
avanti) entro e non oltre il 1431, anno in cui il Camaldolese
uscì da S. Maria degli Angeli per occuparsi dell’ufficio di ge-
nerale della propria congregazione, e ciò sembra implicita-

14
Cfr. ZACCARIA 1988, p. 230.
15
Cfr. SOTTILI 1984, p. 713 in merito ad alcuni interventi traversariani
nel registro 86. 96, segnalato però erroneamente come 86. 95 (si legga la pre-
cisazione di ZACCARIA 1988, p. 225).
16
ZACCARIA 1988, pp. 230-232. Le identificazioni proposte dalla studiosa non
mi sembrano sempre condivisibili, ma andrà ricordato che non è affatto facile
distinguere le diverse mani dei monaci camaldolesi che concorsero alla compi-
lazione del volume. Un’imprecisione di ZACCARIA 1988, p. 231 circa la matri-
cola di Luca Malefici a c. 41r del registro 86. 96 è segnalata già in SOTTILI
2002, pp. 182-183, nota 9. Per ulteriori eventuali divergenze cfr. anche infra, V.1.
03 11-11-2009 16:50 Pagina 123

LO SFACCETTATO UNIVERSO DELLE CORSIVE TRAVERSARIANE 123

mente confermare una possibile attribuzione dei documenti


dubbi alla mano del monaco. Infine, ancora un tratto acco-
muna questa scrittura, apparentemente difforme dall’usus tra-
versariano, alla corsiva usuale dei documenti burocratici e am-
ministrativi visti in precedenza: anch’essa non lascia affatto in-
tuire, neppure col passare degli anni, la riforma grafica
umanistica che avrebbe alterato per sempre il panorama gra-
fico europeo, se si eccettua l’ariosità dell’interlineo e la scelta
consapevole di eliminare forme marcatamente gotiche come r
in forma di 2 e s tonda.
Ad esempio, a c. 98v del registro 86. 95 [Tav. 4] la d è
solo onciale (106 attestazioni), et è solo nota tachigrafica (8
attestazioni) e ct è legato solo in modo corsivo o non è le-
gato affatto (19 attestazioni). Regolare è invece l’uso della r
diritta (92 attestazioni) e del legamento st, del resto già cor-
sivo prima che ‘antico’ (5 attestazioni), mentre è difficile va-
lutare l’uso di s diritta o onciale in fine di parola, dal mo-
mento che le matricole sono redatte in volgare, ad eccezio-
ne di sporadici inserti in latino. Tuttavia, anche se posso
citare un solo esempio, in octobris di r. 17 troviamo una s fi-
nale diritta. La r minuscola diritta, anche dopo lettera ton-
da, e la s diritta in fine di parola si confermano pertanto co-
me i primi e più tenaci elementi di ritorno all’antico, dal mo-
mento che fecero il loro ingresso nella corsiva traversariana
già nella prassi documentaria degli anni giovanili.
In conclusione, quindi, nei documenti amministrativi re-
datti da Ambrogio Traversari per le necessità del monastero,
la corsiva si presenta, sia nella variante usuale che in quella
formale (ammesso e non concesso che anche quest’ultima sia
autografa), ancora fortemente immersa nell’universo grafico
notarile e cancelleresco del secolo precedente. Ma la riforma
umanistica non risparmiò neanche il sistema corsivo e, sep-
pure in anni decisamente più tardi rispetto alle più antiche
attestazioni in antiqua posata, ne favorì una parziale, ma vi-
stosa trasformazione, da cui ebbe origine una nuova corsiva,
ancora medievale nell’impianto di base, ma ormai umanisti-
ca nella resa formale del dettato scrittorio.
03 11-11-2009 16:50 Pagina 124

124 CAPITOLO TERZO

2. Il travestimento all’antica della corsiva latina

A partire dal 1423-1424 la tradizione manoscritta ha con-


servato alcune testimonianze corsive, di sicura paternità tra-
versariana, in cui si assiste alla decisa eliminazione di forme
troppo marcatamente gotiche e alla relativa sostituzione con
le corrispondenti varianti caroline, in completa sintonia con i
dettami del nuovo canone grafico ed estetico propugnato da-
gli umanisti fiorentini. In altri termini, sul sostrato della cor-
siva usuale traversariana a un certo punto furono innestati al-
cuni elementi di ritorno all’antico (tra cui in particolare la d
minuscola diritta, la r minuscola diritta anche dopo lettera
tonda, la s minuscola diritta in fine di parola, il nesso et, i le-
gamenti ct e st) che, anche se non soppiantarono del tutto le
antiche forme ereditate dall’età medievale, si affiancarono ad
esse in proporzione ora maggiore ora minore a seconda del
contenuto e della destinazione del testo. Del resto, non an-
drà dimenticato che, accanto alla corsiva umanistica, il mo-
naco avrebbe continuato a preferire anche dopo il 1423-1424
la corsiva usuale per la trascrizione degli atti amministrativi
di S. Maria degli Angeli e la stesura di documenti privati, 17
e ciò concorre a spiegare i fenomeni d’interferenza tra le due
modalità esecutive della littera minuta cursiva traversariana.
Non a caso, però, gli elementi più appariscenti che nella
nuova corsiva del monaco marcano l’intento di ritorno al
passato sono proprio gli stessi già segnalati come distintivi
dell’antiqua richiamata in vita dagli umanisti rispetto alla più
antica textualis, 18 chiaro segno del fatto che, nella cerchia de-

17
Per limitarmi a un solo esempio, si ricordi almeno la già ricordata cau-
zione scritta rilasciata da Ambrogio Traversari a Bartolomeo da Montegonzi
il 18 febbraio 1433 a causa di un debito di denaro, di cui si conserva l’ori-
ginale autografo all’Archivio di Stato di Firenze con segnatura Carte Stroz-
ziane, serie I, 139, c. 47 [Tav. 2].
18
I tratti basilari che caratterizzano la carolina restituita dagli umanisti so-
no elencati sinteticamente in DE LA MARE 1977, p. 91: «upright minuscule ‘d’;
straight terminal ‘s’; minuscule ‘g’ with two bowls joined by a distinct stroke;
upright minuscule ‘r’ even following a round-bodied letter; uncial ‘a’ used as
a minuscule letter; the ‘ct’ ligature; the ampersand for ‘et’; a general reform
of spelling, including especially the use of ‘ae’ diphthong, usually in the form
03 11-11-2009 16:51 Pagina 125

LO SFACCETTATO UNIVERSO DELLE CORSIVE TRAVERSARIANE 125

gli umanisti fiorentini d’inizio Quattrocento, il travestimento


all’antica della corsiva prese spunto proprio dall’ormai con-
solidata esperienza dell’antiqua libraria. Ma l’impianto anco-
ra tutto medievale della cancelleresca non fu messo affatto in
discussione, esattamente come vent’anni prima il passaggio
dalla gotica alla nuova posata umanistica non aveva com-
portato un meccanico adeguamento della tecnica esecutiva
del tracciato.19 Al confronto, tuttavia, la nuova corsiva uma-
nistica rappresentò un’operazione culturale ben diversa, per
quanto nascesse anch’essa da una medesima esigenza di ri-
torno all’antico. Questa volta, infatti, non esisteva un modello
del passato che potesse fungere da canone grafico, a cui ade-
guare cioè la propria scrittura, posata o corsiva che fosse. Si
tentò invece un ibrido, che necessariamente lasciava spazio a
infinite realizzazioni personali, fino a quando la nuova cor-
siva travestita all’antica, divenuta a sua volta modello e ca-
none, non sarebbe stata riprodotta sempre più simile a se
stessa nella documentazione manoscritta e a stampa.20
L’autografia della corsiva all’antica di Ambrogio Traversa-
ri – senza ombra di dubbio la scrittura più ampiamente atte-
stata e meglio conosciuta del Camaldolese – è garantita in pri-
mo luogo da due lunghe epistole di sua mano, spedite all’ar-
civescovo di Genova, Pileo de Marini, rispettivamente il 27
febbraio e il 19 novembre del 1424 [Tavv. 25-26].21 Il siste-
ma delle legature, che si presenta ampio e articolato in quan-
to sfrutta la possibilità di legare alcune lettere sia in entrata
che in uscita scomponendole nei loro tratti costitutivi, permette
di verificare la natura ancora tutta medievale del sostrato gra-

of ‘e’ with a cedilla». Gli unici elementi non accolti nel travestimento all’an-
tica della nuova corsiva umanistica sono la a onciale in funzione di minusco-
la e la g «with two bowls joined by a distinct stroke», cioè le due forme di
lettera più squisitamente posate, che mal si sarebbero adattate alla rapida ese-
cuzione di una corsiva.
19
A proposito dell’esecuzione al tratto della littera antiqua horum temporum si
veda la rapida sintesi di CASAMASSIMA 1974, pp. XII-XIII.
20
Forse, proprio a causa dell’eccessiva frammentazione in singole realiz-
zazioni personali, la corsiva umanistica travestita all’antica non è mai stata og-
getto di una trattazione critica d’insieme.
21
Genova, Archivio Capitolare di San Lorenzo, cartella 391, n. 71 e n.
89. Editio princeps in PILEO DE MARINI, Carteggio, 1971, pp. 138-140, 163-164.
03 11-11-2009 16:51 Pagina 126

126 CAPITOLO TERZO

fico della nuova corsiva umanistica traversariana.22 Un con-


fronto, anche sommario, con il quadro delle legature ammes-
se dalla littera minuta cursiva già nella seconda metà del XIII se-
colo 23 rivela infatti come quasi tutte quelle attuate dal Ca-
maldolese fossero già attestate da almeno un secolo e mezzo,
ad eccezione di poche legature eseguite per il basso (aq, az, ix)
– sintomo del fatto che la tendenza a legare virgulariter et infe-
rius acquisiva sempre maggior forza nel sistema corsivo – e di
poche altre legature sempre per il basso (hi, xt) che sfruttano
i ritorni all’indietro degli svolazzi cancellereschi delle lettere.
Eppure, sull’impianto di base della corsiva del monaco è
evidente l’intento di travestimento all’antica. Ad esempio, in-
fatti, nella prima lettera a Pileo de Marini si contano 47 d
diritte rispetto alla concorrente variante onciale, attestata so-
lo 17 volte e in prevalenza verso la fine della trasmissiva, do-

22
La a può legare in entrata per l’alto con f, g, r, s, t e in uscita per il
basso con b, c, i, l, n, q, r, s, u, x, z. La b solo in entrata per il basso con a,
c, i, p, r, u. La c in entrata per il basso con a, u e in uscita per l’alto con e,
i, o, r, oltre al classico legamento ct all’antica. La d onciale ammette in uscita
legature per il basso con e, o; mentre la d diritta in entrata per l’alto con e e
in uscita per il basso con e, i, u. La e può legare in entrata per l’alto con c,
f, r (sia diritta che in forma di 2), s, t e per il basso con d, l, u, in uscita per
l’alto con d, i, m, n, o, p, q, r, s, t, x e per il basso con b, l. La f in entrata
per l’alto con f e in uscita per l’alto con a, e, f, i, o, r, u. La g solo in uscita,
per l’alto con a, i, r e per il basso con l. La h in uscita per il basso con i. La
i in entrata per l’alto con c, e, f, g, r, t e per il basso con a, d, h, i, l, m, n, u,
in uscita per il basso con b, i, l, m, n, o, p, s, t, u, x. La l in entrata per il bas-
so con a, e, g, i, l, u e in uscita sempre per il basso con e, i, l, t, u. La m in
entrata per l’alto con e, o, r e in uscita per il basso con i, o, u. La n in en-
trata per l’alto con e, o e per il basso con a, i, in uscita solo per il basso con
d, i, o, q, s, t. La o, per lo più in due tempi, ammette legature in entrata per
l’alto con c, e, f, s e per il basso con d, i, m, n, in uscita per l’alto con r in
forma di 2. La p solo in entrata per l’alto con e e per il basso con a, i, u. La
q solo in entrata per l’alto con e e per il basso con a, n. La r in entrata per
l’alto con c, e, g, o, t e per il basso con a, u, in uscita per l’alto con a, e, i, m,
s, t e per il basso con b. La s in entrata per l’alto con e, r, s e per il basso
con a, i, n, in uscita solo per l’alto con a, e, o, s, oltre al classico legamento
all’antica st. La t può legare in entrata per l’alto con c, e, r, s e per il basso
con i, l, n, u, x, in uscita solo per l’alto con a, e, i, r, u. La u in entrata per
l’alto con f, t e per il basso con a, d, i, l, m, u, in uscita solo per il basso con
b, c, e, i, l, p, r, t, u. La z di norma esclusivamente in entrata per il basso con
a. K, y non legano né in entrata né in uscita. Invece, la x lega in entrata per
l’alto con e e per il basso con a, i, in uscita per il basso con t.
23
Riproduzione in CASAMASSIMA 1988, Quadro VI. Legature della ‘littera mi-
nuta cursiva’ nella seconda metà del secolo XIII, pp. 160-161.
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LO SFACCETTATO UNIVERSO DELLE CORSIVE TRAVERSARIANE 127

ve il poco spazio a disposizione e la comprensibile ansia di


concludere rendono il dettato scrittorio meno controllato. Si
contano poi 11 attestazioni della nota tachigrafica per et e 3
della forma scritta per esteso, ma nessuna del nesso carolino
(salvo un’unica attestazione nell’indirizzo apposto sul verso
del documento). Nella seconda epistola all’arcivescovo di Ge-
nova il rigore del travestimento all’antica è – se possibile –
ancora maggiore, dal momento che si contano ben 68 d di-
ritte e 1 sola d onciale, oltre a 12 attestazioni del nesso ca-
rolino et, che sostituisce addirittura del tutto le varianti cor-
sive concorrenti. Regolare è inoltre in entrambe le missive
l’impiego di r diritta anche dopo lettera tonda e di s diritta
in fine di parola (del resto già restituite dal Traversari nella
prassi burocratica e amministrativa fin dagli anni giovanili) e
l’uso dei legamenti all’antica ct e st. Infine, compare qui per
la prima volta anche nel sistema corsivo la capitale in fun-
zione di maiuscola, al posto delle forme cancelleresche tar-
do-medievali attestate nei documenti burocratici e ammini-
strativi del monastero degli Angeli.
Le due missive indirizzate dal Traversari a Pileo de Ma-
rini sono tra le più antiche testimonianze della nuova corsi-
va umanistica del monaco, che risulta dunque attestata tra i
materiali traversariani conservati solo a partire dal 1423-
1424, anni a cui risalgono anche i primi manoscritti nella
medesima tipologia grafica pervenuti fino a noi: le traduzio-
ni latine delle Vitae patrum (Firenze, Biblioteca Nazionale Cen-
trale, Conventi Soppr. G. IV. 844) e delle Vitae philosophorum
di Diogene Laerzio (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenzia-
na, Strozzi 64). La recenziorità della nuova scrittura si ac-
compagna inoltre a una consapevole maturità sia in merito
al rigore dell’instauratio di forme antiquarie che a ogni poten-
ziale campo d’impiego della corsiva umanistica, dai materia-
li epistolografici ai codici veri e propri. Se in precedenza il
Camaldolese avesse già tentato un travestimento all’antica
della propria corsiva, magari per altre versioni patristiche dal
greco, non è dato sapere. Certo è che nessun codice sembra
avere conservato traccia di un laboratorio grafico traversa-
riano, come accade invece ad esempio per Niccolò Niccoli,
che già diversi anni prima aveva sperimentato nelle prime
160 carte del Riccardiano 136 (databile per ragioni interne
03 11-11-2009 16:51 Pagina 128

128 CAPITOLO TERZO

agli anni compresi tra il 1415 e il 1420 circa) 24 una soluzio-


ne intermedia tra la più antica «formal hand» e la ben no-
ta umanistica corsiva della piena maturità, pur oscillando an-
cora – nel corso della stessa pagina e perfino dello stesso ri-
go – tra soluzioni posate e corsive, a riprova di un dissidio
grafico ancora in atto.25 Ancora una volta, come già nei co-
dici di Lattanzio in antiqua posata, il monaco si conferma un
entusiasta aderente alle mode grafiche elaborate da tempo in
seno al cenacolo umanistico fiorentino piuttosto che un vero
e proprio sperimentatore di modelli scrittorî alternativi.
Più interessante, invece, è che Ambrogio Traversari abbia
scelto di adottare la corsiva travestita all’antica – per giunta
a un livello di coerenza formale non dissimile da quello rag-
giunto negli autografi librari – per vergare due epistole real-
mente spedite a un proprio corrispondente. La nuova corsiva
umanistica fu infatti impiegata in prevalenza, almeno inizial-
mente, per la trascrizione di volumi di contenuto latamente
letterario, che non avessero però le pretese di solennità del
codice umanistico su pergamena votato alla conservazione
museale in biblioteca. Del resto, nel rinnovato contesto cul-
turale della Firenze quattrocentesca, la corsiva della quotidia-
nità e dell’uso, per quanto eseguita con accorgimenti posati,
aveva ormai perso la dignità di sconfinare nella prassi libra-
ria. La corsiva travestita all’antica rappresentò dunque la so-
luzione: più rapida e meno pretenziosa dell’antiqua, ma nel
contempo nobilitata da citazioni antiquarie, si sostituì rapida-
mente a ogni concorrente nelle trascrizioni di testi appronta-
te di norma su carta prima della copia definitiva in scrittura
libraria o anche, più semplicemente, negli esemplari di studio
e di lavoro che gli eruditi fiorentini realizzavano per sé.26

24
Per la datazione del Riccardiano 136 si legga DE ROBERTIS 1990, p.
110, che ha anche provato in via definitiva, ricorrendo ad argomenti paleo-
grafici, l’autografia niccoliana delle prime 160 carte del manoscritto (cfr. sem-
pre DE ROBERTIS 1990, pp. 105-110).
25
Un ulteriore esempio, graficamente analogo al Riccardiano 136, ma ben più
antico, è costituito dal ms. II. IX. 125 della Biblioteca Nazionale Centrale di Fi-
renze, segnalato da BUTRICA 1981, pp. 290-292: così DE ROBERTIS 1990, p. 110.
26
Famoso è il caso della biblioteca di Niccolò Niccoli, all’interno della
quale si trovavano infatti numerose copie cartacee di testi del passato, che l’e-
03 11-11-2009 16:51 Pagina 129

LO SFACCETTATO UNIVERSO DELLE CORSIVE TRAVERSARIANE 129

Ma l’argomento bibliografico trattato nelle due lettere (in


entrambe, infatti, il monaco affronta la vexata quaestio della
versione latina delle Vitae laerziane) e la comunanza di orien-
tamenti umanistici condivisi dal Camaldolese e dall’arcive-
scovo Pileo de Marini rendono ragione della scelta. Il risul-
tato è un prodotto a metà strada tra l’universo documenta-
rio, a cui alludono la forma lettera e l’adozione di una
scrittura corsiva, e quello librario, suggerito invece dalle ci-
tazioni antiquarie innestate con rigore sul sostrato corsivo e
dall’esecuzione spesso forzatamente posata della scrittura, che
si costringe a moltiplicare i tempi di esecuzione delle lettere
e a eseguire come falsi legamenti quelli che, in origine, era-
no stati legamenti veri e propri.
Del resto, il campo d’azione delle corsive umanistiche sa-
rebbe stato sempre più ampio di quanto consentito dalle ri-
gide distinzioni teoriche dei paleografi. Ad esempio, più di
dieci anni prima che il Traversari inviasse all’arcivescovo di
Genova le due lettere in corsiva all’antica, già Giovanni Are-
tino aveva prodotto, in qualità di notaio dei priori della cit-
tà di Arezzo e cancelliere del Comune per il quadrimestre a
cavallo tra il 1410 e il 1411, una documentazione ammini-
strativa in cui l’educazione notarile e cancelleresca dello scri-
vente tradiva una profonda esperienza umanistica, al punto
da innestare alcuni elementi all’antica (in particolare a on-
ciale, ma anche g e legamento ct carolini) sulla tradizionale
trama cancelleresca della scrittura.27 E questo poco prima di
dare vita (a partire dal 1416) a un ulteriore esperimento gra-
fico in cancelleresca di altissimo livello rigorosamente trave-
stita all’antica, impiegata per trascrivere eleganti volumi
membranacei accanto a una ben più prevedibile antiqua po-
sata di ascendenza poggiana.28
Peraltro, anche se parecchi anni più tardi, la nuova cor-
siva umanistica avrebbe conquistato spazi d’intervento sem-

rudito fiorentino trascriveva di suo pugno in corsiva all’antica, prima che ve-
nisse approntato l’esemplare in mundum, di norma in antiqua libraria su sup-
porto membranaceo.
27
Cfr. NICOLAJ PETRONIO 1981, pp. 3-5, 11-12.
28
Cfr. NICOLAJ PETRONIO 1981, pp. 6-10.
03 11-11-2009 16:51 Pagina 130

130 CAPITOLO TERZO

pre più ampi nella stessa prassi scrittoria del Traversari, af-
fermandosi, oltre che nei codici degli abbozzi delle versioni
dal greco, anche nei testi di carattere strettamente docu-
mentario, fino a diventare la vera e propria scrittura ‘totale’
del Camaldolese.

3. I manoscritti di lavoro delle versioni dal greco

Le testimonianze autografe in cui, più che altrove, Am-


brogio Traversari adottò la corsiva all’antica rimangono pe-
rò pur sempre gli svariati manoscritti di lavoro contenenti le
sue traduzioni di testi classici e patristici, manufatti che già
nella disposizione della scrittura rigorosamente al di sopra
della rettrice superiore dello specchio di scrittura, rigato a
secco, rivelano la piena adesione ai canoni del libro umani-
stico. La loro paternità è provata non solo dalle numerose
correzioni d’autore, accompagnate talvolta dalla sottoscrizio-
ne del monaco, 29 ma anche dal confronto paleografico con
le epistole a Pileo de Marini [Tavv. 25-26].
Le più antiche versioni traversariane autografe dal greco,
conservate fino a noi dalla tradizione manoscritta, datano an-
ch’esse – come dicevamo – a partire dal 1423-1424, un bien-
nio davvero felice per l’attività di traduttore del monaco, che,
ultimati i precedenti lavori, intraprese in parallelo due lunghe
versioni di testi biografici: una miscellanea di opere agiografi-
che e ascetiche bizantine, comunemente nota come Vitae patrum,
e la traduzione delle Vitae philosophorum di Diogene Laerzio.30

29
Tuttavia, come accennavo a proposito del Lattanzio Conventi Soppr. B.
IV. 2609 (cfr. supra, II.2, nota 20), la presenza della sola sottoscrizione non è
sufficiente a provare la paternità traversariana di un manoscritto.
30
La contemporaneità di queste due versioni latine è confermata anche da
un significativo dato codicologico: i manoscritti che ospitano rispettivamente
le Vitae patrum (Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. G. IV.
844) e le Vitae philosophorum di Diogene Laerzio (Firenze, Biblioteca Medicea
Laurenziana, Strozzi 64) presentano entrambi le medesime filigrane del cor-
no (sim. BRIQUET 7676), del fiore (sim. BRIQUET 6676) e di due tipi di frut-
to (sim. BRIQUET 7374 e 7420), ben attestate anche in area toscana nella se-
conda metà del Trecento e agli inizi del Quattrocento. Lo iato temporale ri-
03 11-11-2009 16:51 Pagina 131

LO SFACCETTATO UNIVERSO DELLE CORSIVE TRAVERSARIANE 131

3.1. Le Vitae patrum

Il primo dei due testi – di cui si conserva l’autografo tra-


versariano nel Conventi Soppr. G. IV. 844 della Biblioteca
Nazionale Centrale di Firenze [Tav. 18] 31 – appare ideolo-
gicamente congruente, sul versante dei contenuti, con il va-
sto programma di versioni patristiche perseguito dal monaco
fino a quel momento, allo scopo di proporre alla societas cri-
stiana del suo tempo un modello di rinnovamento attinto dai
supposti ideali di unità e povertà della Chiesa delle origini.
Ciò nonostante, a causa del proliferare degli impegni reli-
giosi, la versione delle Vitae patrum, intrapresa nel lontano
1423, si protrasse a fasi alterne fino al 1431, quando fu ini-
ziato e mai ultimato l’ultimo scritto della raccolta.32
La traduzione del primo opuscolo, dal titolo Paradisus animae,
era stata infatti completata già in data 26 settembre 1423.33
Subito dopo, il monaco proseguì con il Pratum spiritale; 34 ma il
lavoro procedette a rilento e il successivo 12 gennaio 1424 il

spetto alle versioni traversariane dal greco, peraltro, si spiega facilmente con
il riutilizzo di una partita di carta più antica rimasta inutilizzata per alcuni
anni nel cenobio degli Angeli.
31
Vorrei aggiungere qui una breve precisazione a proposito del supposto
modello greco usato da Ambrogio Traversari nella traduzione delle Vitae pa-
trum, il Laurenziano Plut. 10. 3. Gli interlinei delle cc. 10r-v, 11r-v, 12r, 13r,
16v, 21v, 22r-v, 25r-v, 186r, 249r del codice sono infatti disseminati di parole
latine, che MIONI 1950, p. 327 ha attribuito alla mano del monaco, in quan-
to a suo avviso coincidenti con la versione conservata nel Conventi Soppr. G.
IV. 844. Senza entrare nel merito dell’analisi filologica delle varianti (e quin-
di della reale dipendenza della traduzione traversariana dal Laurenziano Plut.
10. 3), ritengo tuttavia che la mano delle note interlineari non possa essere
identificata in alcun modo con quella del Camaldolese. A differenza di que-
st’ultimo, infatti, l’anonimo postillatore individua costantemente la i tramite il
puntino; piega fortemente a sinistra le aste discendenti di f e s; alterna spes-
so una r posata e diritta ad una r corsiva e rotonda, in forma di 2. A c. 249r,
infine, aggiunge una parola greca («katapivnw») accanto alla relativa traduzio-
ne latina («absorbeo») e, anche sul versante del greco, la grafia dell’anonimo
annotatore non offre punti di contatto con quella del Traversari.
32
Per una puntuale ricostruzione dei tempi di traduzione delle Vitae pa-
trum si veda MIONI 1950, pp. 321-325, seguito da FYRIGOS 1988, pp. 473-476.
33
È quanto dichiara il Traversari stesso a c. 8r: «Explicit liber qui appel-
latur Paradisus. Laus Deo sit semper. Absolvi VI Kalendas Octobris 1423».
34
Si veda l’epistola del 18 dicembre 1423 a Niccolò Niccoli in TRAVER-
SARI, Epistolae, 1759, VIII, 5 = vol. II, col. 361.
03 11-11-2009 16:51 Pagina 132

132 CAPITOLO TERZO

testo non era ancora stato emendato.35 Di conseguenza, è for-


se troppo ottimistico ritenere che entro il 1424 Ambrogio
Traversari avesse terminato la versione latina di tutti i capi-
toli aggiunti al Pratum spiritale, fino ai 19 capitoli ascetici del-
l’abate Ammone.36 Ancora nella seconda metà del 1426, in-
fatti, il monaco tornava a chiedere all’amico Niccoli il volu-
me greco su cui aveva condotto la traduzione delle Vitae, e
non è escluso che intendesse riprendere il lavoro interrotto
quasi due anni prima, magari proprio alla fine del Pratum (c.
82v).37 In effetti, con il successivo capitolo De sanctis patribus
Raithu (c. 83r), il Camaldolese cambiò partita di carta 38 e
adottò una nuova impaginazione su 29 righi (e non più 26)
disposti entro uno specchio di scrittura più largo, anche se
delimitato sempre e solo dalle due rettrici maggiori e dalle
due linee di giustificazione marginali.39 Il tutto avvalora una
postdatazione dei nuovi opuscoli alla fine del 1426.
Ancora più tardi, infine, furono aggiunti il frammento del-
la Vita Sancti Patris Danielis Stylitae di Simeone Metafrasta (c.
107v) e la Vita Sanctorum Eugeniae, Proti et Hyacinti (c. 112r).
Ambrogio Traversari iniziò a tradurre il primo testo proba-
bilmente dopo avere spedito al pontefice il precedente lavo-
ro, in data 6 agosto 1431, e averne ricevuto un debito in-
coraggiamento.40 Ma il sopraggiunto impegno di generale
della congregazione camaldolese lo costrinse a lasciare in-
compiuta l’opera. Per quanto concerne invece l’ultimo opu-
scolo della raccolta, l’evidenza codicologica sembra suggerire
che si tratti di un fascicolo aggiunto in un secondo momen-
to al corpo principale del manoscritto, su cui il monaco ave-
va lavorato fino a quel momento, seppur in tempi diversi.41

35
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 3 = vol. II, col. 356.
36
Così invece MIONI 1950, p. 323.
37
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 16 = vol. II, col. 380.
38
Compare infatti una nuova filigrana con la forma di un animale, che
purtroppo non sono riuscita ad identificare.
39
Si passa infatti da uno specchio di scrittura di 190×118 mm (cc. 1-82)
ad un nuovo specchio di scrittura di 190×123 mm (cc. 83-111).
40
Mi sembrano convincenti in proposito le argomentazioni di MIONI 1950,
p. 324.
41
Diversa la posizione di MIONI 1950, p. 324.
03 11-11-2009 16:51 Pagina 133

LO SFACCETTATO UNIVERSO DELLE CORSIVE TRAVERSARIANE 133

In primo luogo, infatti, alla fine dell’incompiuta Vita Danielis


Stylitae, la c. 111v è lasciata in bianco e su di essa si nota una
evidente macchia di umido assente nelle due carte successi-
ve. Il testo della Vita Sanctorum Eugeniae, Proti et Hyacinti ri-
prende poi mutilo dell’inizio e della fine alle carte attual-
mente numerate 112r-113v, a riprova di una temporanea cir-
colazione separata dello scritto. Inoltre, cambiano il sistema
di rigatura e le proporzioni dello specchio di scrittura rispetto
al resto della pagina: la rifilatura dei margini non fa scom-
parire i forellini-guida, come nella parte precedente del ma-
noscritto; la rigatura a secco passa a delimitare anche le sin-
gole righe (qui in numero di 26), mentre in precedenza si li-
mitava a individuare lo specchio di scrittura; le linee di
giustificazioni marginali diventano doppie e non più singole.42
Non è inverosimile, quindi, che la traduzione della Vita Sanc-
torum Eugeniae, Proti et Hyacinti sia stata approntata dal Tra-
versari in tutt’altra occasione rispetto a quella della Vita Da-
nielis Stylitae, forse addirittura qualche anno prima, quando
nel 1428 Cosimo e Lorenzo de’ Medici fecero trasportare nel
monastero di S. Maria degli Angeli le ceneri dei martiri Pro-
to, Giacinto e Nemesio, riposte in una cassa di bronzo scol-
pita da Lorenzo Ghiberti.
Eppure, nonostante la traduzione delle Vitae patrum abbia
impegnato il Traversari per parecchi anni, la scrittura del
Conventi Soppr. G. IV. 844 si rivela piuttosto uniforme, se-
gno che la maturità grafica nel sistema corsivo era stata rag-
giunta già nel lontano 1423. L’unica modificazione di poco
conto si registra proprio tra c. 111r e 112r, cioè all’inizio del-
l’ultimo opuscolo della miscellanea. La scrittura, sempre al di
sopra della rettrice superiore, appare infatti più posata e cu-
rata, coerentemente al fatto che è inserita entro un preciso
schema di rigatura umanistico, 43 le cui linee rettrici presen-

42
Si individua così uno specchio di scrittura di 190×5+118+5 mm (cc.
112-113).
43
DEROLEZ 1984, I, pp. 100-105 classifica questo schema di rigatura, an-
che se nei manoscritti umanistici su pergamena, come «Type 33»: «C’est le
seul Type de diffusion moyenne, mais extrêmement important comme type
spécifiquement humanistique, imité directement des modèles carolingiens» (co-
sì DEROLEZ 1984, I, p. 100). Sulla diffusione geografica del tipo 33, sempre
03 11-11-2009 16:51 Pagina 134

134 CAPITOLO TERZO

tano un’unità di rigatura (7 mm) identica all’unico esempla-


re integralmente vergato dal monaco in scrittura posata du-
rante gli anni giovanili (Lattanzio Conventi Soppr. B. IV.
2609).44 Le cc. 112-113 del Conventi Soppr. G. IV. 844 rap-
presentano davvero l’esecuzione più libraria a cui la corsiva
all’antica del monaco potesse essere piegata. Permangono tut-
tavia inalterati gli elementi tipici della mano del Camaldole-
se, tra cui ricorderei almeno la a minuscola in due o tre tem-
pi, la a maiuscola di norma priva di asta trasversale, la e con
ampia cediglia, h m n con caratteristico prolungamento a pro-
boscide, la s con spalla ora tonda ora appuntita, l’abbrevia-
zione della nasale legata alla lettera successiva e la ben no-
ta legatura de con d onciale.
Rispetto alla corsiva all’antica già descritta per le due epi-
stole a Pileo de Marini, la differenza più significativa consi-
ste nel fatto che, pagina dopo pagina, la scrittura del Con-
venti Soppr. G. IV. 844 – come pure degli altri autografi di
traduzioni patristiche che vedremo tra breve – va incontro a
un deciso adattamento librario dettato dalla tipologia del sup-
porto materiale. L’elemento più macroscopico, ad apertura di
volume, è rappresentato dalla vistosa e affermata presenza
della capitale maiuscola in funzione distintiva e d’apparato
per marcare incipit ed explicit degli opuscoli tradotti. Peraltro,
lo stesso sistema di lettere era già stato sperimentato dal Tra-
versari nelle due epistole a Pileo de Marini per le singole let-
tere maiuscole. Nelle Vitae patrum le forme capitali non subi-
scono sostanziali alterazioni rispetto a quelle già impiegate
nel Lattanzio Conventi Soppr. B. IV. 2609 del 1414, anche
se i trattini di completamento alla base dei verticali delle let-
tere appaiono ora nettamente più marcati, il che concorre a
tracciare un preciso discrimine tra la produzione degli anni
giovanili e quella della piena maturità. In generale, però, la
capitale dei titula resta sobria nelle forme e con pochissime

limitatamente ai manoscritti umanistici su pergamena, si veda anche DERO-


LEZ 1988, p. 115, fig. 4.
44
Cfr. supra, II.2, nota 37. Per la definizione di «unità di rigatura» (cioè
la distanza in millimetri che separa due linee orizzontali successive nella ri-
gatura di base) cfr. DEROLEZ 1984, I, p. 122.
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LO SFACCETTATO UNIVERSO DELLE CORSIVE TRAVERSARIANE 135

abbreviazioni. Solo in qualche raro caso si registra l’inser-


zione di varianti di lettera disorganiche, che tuttavia non in-
ficiano l’omogeneità del sistema.45 In altri termini, l’introdu-
zione della capitale maiuscola in funzione distintiva e d’ap-
parato nell’ideale gerarchia grafica della pagina, oltre a
rappresentare anche nel sistema corsivo uno dei più stabili
indizi dell’intento di ritorno all’antico, contribuisce qui a ri-
badire la destinazione libraria della corsiva traversariana.
Al medesimo scopo concorre anche l’esecuzione quanto
più possibile posata della scrittura, ottenuta sia attraverso la
trasformazione di molte legature vere e proprie in false le-
gature che con la dilatazione dei tempi di esecuzione delle
singole lettere, senza che però il monaco si vedesse necessa-
riamente costretto ad adottare in contemporanea i due espe-
dienti. Infatti, in particolare nelle prime carte del manoscrit-
to, possiamo osservare un curioso fenomeno: lettere come m,
n, u vengono talvolta eseguite in più tratti, per così dire
scomposte nei loro elementi costitutivi, con marcati piedini
alla base dei verticali; eppure, questo non impedisce che le-
ghino in entrata o in uscita, esattamente come se fossero ese-
guite in un tempo solo.46 Pur senza abbandonare la funzio-
nalità delle numerose legature dal basso, la nuova corsiva al-
l’antica, soprattutto se impiegata in funzione libraria, avrebbe
cercato sempre accorgimenti che ne assicurassero un’esecu-
zione posata. Siamo davvero in presenza di quella che è sta-
ta definita una littera bastarda, «bastarda s’intende, quanto al-
l’origine (corsiva se guardiamo agli elementi e al sistema, pur
nella riduzione delle varianti di lettera e delle legature; al
tratto talvolta, se guardiamo all’esecuzione e agli stilemi) e
quanto alla funzione e all’impiego (nei codici e nei docu-

45
Ad esempio, a c. 4r compare una e cedigliata minuscola, ma sovradi-
mensionata nel modulo; la stessa lettera ricompare poi a c. 95r, questa volta
affiancata ad una e cedigliata di tipo capitale.
46
Ad esempio, a c. 1r, r. 1, in inveniamur, la e e la n sono legate insieme,
anche se entrambe sono eseguite in più tratti. Sempre a r. 1, la medesima le-
gatura en si registra in dentur. A r. 2, in futuro, la f e la u sono legate, anche
se ciascuna delle due è in più tratti. A r. 18, in superat, la u in due tratti le-
ga a destra con la p. E ancora, a r. 24, in oculos, la u in due tratti lega in
entrata con la c e in uscita con la l.
03 11-11-2009 16:51 Pagina 136

136 CAPITOLO TERZO

menti): terzo modus scribendi, se possiamo così dire, del quale


le paleografia ha una cognizione sommaria e superficiale, sia
per quanto riguarda la genesi e la funzione che la straordi-
naria, universale diffusione».47
All’esecuzione posata della corsiva all’antica nel Conventi
Soppr. G. IV. 844, Ambrogio Traversari accompagna anche
un uso quasi esclusivo della d diritta rispetto alla variante on-
ciale 48 e del nesso carolino et rispetto alla nota tachigrafica in
forma di 7, 49 e ciò suggerisce una cura scrittoria nell’allesti-
mento del volume che va ben oltre quella profusa nelle due
epistole a Pileo de Marini o nelle pagine più corsive dei co-
dici di lavoro che vedremo in seguito. Del resto, è il Camal-
dolese stesso a suggerire che il manoscritto delle Vitae patrum
non sia un vero e proprio brogliaccio di lavoro, ma una pri-
ma copia autografa dello stesso, cioè una cosiddetta copia in-
termedia anteriore alla trascrizione in mundum dell’esemplare.50
Infatti, in una lettera del 18 dicembre 1423 a Niccolò Nic-
coli, il monaco riferisce proprio a proposito della versione la-
tina delle Vitae intrapresa da soli pochi mesi: «Duodecim
quinterniones ex eis transcripsi: eos proxime ut spero, mittam
ad te».51 Curiosamente (anche se nella prassi terminologica
degli umanisti i termini quaternio, quaternus, quinternio, quinternus
e sexternus erano usati indifferentemente nel significato gene-
rico di fascicolo) 52 il Conventi Soppr. G. IV. 844 si apre pro-
prio con dei quinioni. Non mancano – è vero – ulteriori cor-
rezioni stilistiche eseguite inter scribendum, affiancate da uno
sporadico apparato di correzioni marginali e interlineari, ma

47
Così CASAMASSIMA 1988, p. 98.
48
Ad esempio, a c. 36r si contano 36 d diritte e una sola d onciale; a c.
89v si contano 42 d diritte e nessuna d onciale.
49
Ad esempio, a c. 7v si contano 12 nessi carolini et e nessuna nota ta-
chigrafica in forma di 7; a c. 100r si contano 8 nessi carolini et e 2 sole no-
te tachigrafiche in forma di 7.
50
Il manoscritto non era però ritenuto ancora dal Traversari una copia
destinata alla vera e propria circolazione libraria. Infatti, lo stesso materiale
scrittorio è sicuramente di riuso, visto che la rifilatura dei margini lascia in-
travedere una precedente numerazione delle carte.
51
TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 5 = vol. II, col. 361. Sul significato
di transcribo si veda RIZZO 1973, pp. 181-183.
52
Cfr. RIZZO 1973, pp. 42-47.
03 11-11-2009 16:51 Pagina 137

LO SFACCETTATO UNIVERSO DELLE CORSIVE TRAVERSARIANE 137

la limitatezza degli interventi non permette di escludere che,


almeno nelle carte iniziali, 53 il monaco avesse già trascritto
di suo pugno un precedente brogliaccio di lavoro.
Peraltro, in età umanistica era prassi consolidata che dal-
le schedae contenenti l’abbozzo della minuta fosse tratto dap-
prima un esemplare definitivo, magari sempre di mano del-
l’autore, e che da quest’ultimo venissero trascritte solo suc-
cessivamente le ulteriori copie. Quella che potremmo a buon
diritto definire la tecnica editoriale degli umanisti è illustra-
ta a livello teorico già in una lettera di Guarino Veronese; 54
mentre, sul versante dell’attuazione pratica, non andrà ta-
ciuto almeno l’illustre esempio delle numerose edizioni di
classici greci, fatte approntare dal cardinale Bessarione sotto
la sua diretta supervisione.55
Infine, anche la tradizione manoscritta traversariana offre
un buon parallelo alla prassi di approntare una copia inter-
media tra la minuta vera e propria e la trascrizione in mun-
dum dello stesso testo. Se infatti confrontiamo il Laurenziano
Strozzi 64 [Tav. 15] e il Laurenziano Plut. 65. 21 – cioè
l’autografo di lavoro su cui il Camaldolese condusse la ver-
sione latina delle Vitae laerziane e la copia di dedica per Co-
simo de’ Medici, allestita da Michele monaco nel 1433 – pos-
siamo osservare un curioso fenomeno. In alcuni casi, il Lau-
renziano Plut. 65. 21 reca a testo una variante totalmente

53
La precisazione è necessaria. Si ricorderà infatti che, a partire dal De
sanctis patribus Raithu (c. 83r), leggeri cambiamenti nella struttura materiale del
codice avevano indotto a sospettare un’interruzione del lavoro e una conse-
guente postdatazione dei nuovi opuscoli al 1426. Non è quindi escluso che da
c. 83r in avanti il Conventi Soppr. G. IV. 844 conservi ancora la prima ste-
sura della versione latina approntata dal monaco. Del resto, quando nel 1431
il monaco avrebbe inviato al pontefice l’intero volume, comprensivo dei nuo-
vi capitoli aggiunti nel corso degli anni, lo avrebbe descritto con il termine
comunemente adottato dagli umanisti per designare le minute di lavoro: «Id
opusculum, si fuerit auctoritate confirmatum, legendum edetur: namque ad-
huc prima scheda inter scrinia delitescit» (TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XXIII,
2 = vol. II, col. 957): cfr. RIZZO 1973, pp. 305-306. Ma tutto il problema ri-
chiederebbe un supplemento d’indagine.
54
L’epistola guariniana è citata e commentata da RIZZO 1973, pp. 306, 320.
55
Sul metodo di lavoro seguito dal Bessarione e dai suoi collaboratori per
approntare i volumi della sua biblioteca si vedano almeno LABOWSKI 1966, p.
164 e DE GREGORIO 2000a, pp. 376-379.
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138 CAPITOLO TERZO

assente nello Strozzi 64 (sia a testo che a margine o in in-


terlineo), mentre lo stesso Michele ha aggiunto sui margini
del codice la variante presente a testo nello Strozzi 64, fa-
cendola precedere da al(iter). Un esempio sarà qui sufficien-
te: a c. 41r il Laurenziano Plut. 65. 21 reca poculo a testo e
al(iter) calici a margine, ma nel passo corrispondente, a c. 27v,
lo Strozzi 64 reca soltanto calici a testo. E gli esempi potreb-
bero continuare.56 Ora, dal momento che il Laurenziano
Plut. 65. 21 è copia di una traduzione di Ambrogio Traver-
sari, ed è difficile che Michele monaco avesse a disposizione
diversi testi da collazionare, si dovrà pensare piuttosto che tra
l’originale di lavoro e la copia di dedica sia andato perduto
un testimone intermedio, trascritto forse dal Traversari stes-
so. Rispetto alla propria minuta, il traduttore effettuò ulteriori
correzioni, di cui sopravvivono tracce nel testo e sui margini
della copia di dedica approntata da Michele. Non è invece
verosimile che le nuove varianti del Laurenziano Plut. 65. 21
siano state dettate dal Camaldolese inter scribendum, altrimenti
non si spiegherebbero le omissioni e i numerosi errori di co-
pia del manoscritto, corretti solo in un secondo momento.57

56
Ad esempio, a c. 44v il Laurenziano Plut. 65. 21 reca humidus a testo e
al(iter) humens a margine; nel passo corrispondente, a c. 30r, lo Strozzi 64 re-
ca soltanto humens a testo. A c. 67r il Laurenziano Plut. 65. 21 reca quaedam
a testo e alia a margine; nel passo corrispondente, a c. 47r, lo Strozzi 64 re-
ca soltanto alia a testo. A c. 72r il Laurenziano Plut. 65. 21 reca in trieriis a
testo e al(iter) in triremi a margine; nel passo corrispondente, a c. 51r, lo Stroz-
zi 64 reca soltanto in triremi a testo. A c. 89v il Laurenziano Plut. 65. 21 re-
ca genere a testo e al(iter) specie a margine; nel passo corrispondente, a c. 64r,
lo Strozzi 64 reca soltanto specie a testo. A c. 120v il Laurenziano Plut. 65.
21 reca ac pronuntiare a testo (ac corretto inter scribendum forse su un preceden-
te at) e al(iter) proferre a margine; nel passo corrispondente, a c. 83r, lo Stroz-
zi 64 reca soltanto atque proferre a testo. A c. 162v il Laurenziano Plut. 65. 21
reca bubalino a testo e al(iter) bubalo a margine; nel passo corrispondente, a c.
106v, lo Strozzi 64 reca soltanto bubalo a testo. A c. 176v il Laurenziano Plut.
65. 21 reca quoque a testo e al(iter) contra a margine; nel passo corrisponden-
te, a c. 115r, lo Strozzi 64 reca soltanto contra a testo.
57
Il manoscritto mancante tra l’autografo di lavoro (Laurenziano Strozzi
64) e il manoscritto di dedica a Cosimo de’ Medici (Laurenziano Plut. 65. 21)
non è, a mia notizia, mai stato individuato. Escluderei però il Riccardiano 143
(riproduzione in PAGNONI 1974, tav. CXXV), per quanto un tempo SOTTILI
1965, p. 15 ne abbia parlato come «dell’importante codice che dovrebbe rap-
presentare la prima stesura della traduzione delle Vitae laerziane». In primo
luogo, infatti, non ho riscontrato a livello testuale alcun legame specifico con
03 11-11-2009 16:51 Pagina 139

LO SFACCETTATO UNIVERSO DELLE CORSIVE TRAVERSARIANE 139

All’interno di questo complesso panorama di scritture e ri-


scritture di un medesimo testo, il manoscritto delle Vitae pa-
trum occupa ora una posizione più chiara. Copia intermedia,
almeno nelle carte iniziali, di perdute schedae di minuta, esso
attesta l’esecuzione più posata della corsiva all’antica del mo-
naco. Ma all’interno dell’identica forma-libro potevano esse-
re esperite molteplici possibilità: stiamo per addentrarci tra
gli abbozzi che ospitano la prima stesura delle versioni tra-
versariane dal greco.

3.2. Il Laerzio latino e gli esiti maturi della minuscola greca tardo-
tricliniana

Negli stessi anni in cui prendeva corpo il lungo lavoro di


traduzione delle Vitae patrum, Ambrogio Traversari intraprese
anche la versione latina delle Vitae philosophorum di Diogene
Laerzio, senza dubbio il lavoro più universalmente noto del
monaco, ma nel contempo il più estraneo all’intento rifor-
matore perseguito attraverso i suoi scritti per tutta la vita.58
Del resto, proprio a causa del contenuto pagano del testo, l’i-
ter ad Laertium rappresentò per il Camaldolese un tormentoso
calvario di difficoltà e ripensamenti, inasprito dalle oggettive
difficoltà a rendere in latino una terminologia così distante
da quella patristica a cui era avvezzo.
In realtà, una volta intrapresa l’opera in data 16 novem-
bre 1424, 59 il lavoro procedette spedito quasi fino alla fine,
tanto è vero che già il 5 agosto dell’anno successivo al mo-
naco restava da tradurre soltanto il X libro delle Vitae laer-

i due manoscritti in questione. Inoltre, la stessa scrittura del Riccardiano 143


– una rapida e minuta corsiva travestita di alcuni elementi all’antica – sugge-
risce una datazione tarda alla seconda metà del XV secolo, in particolare per
quanto concerne la presenza di puntini e non più di apici sulla i. Non trova
invece riscontro la presunta attribuzione alla mano di Ambrogio Traversari, già
suggerita in LAMI 1756, p. 163 e ripresa poi da PAGNONI 1974, pp. 1458-1459.
58
Sulla versione traversariana delle Vitae philosophorum di Diogene Laerzio
mi limito qui a ricordare gli esaurienti contributi di STINGER 1977, pp. 70-
77, SOTTILI 1984 e GIGANTE 1988.
59
Cfr. PILEO DE MARINI, Carteggio, 1971, p. 164, n. 109.
03 11-11-2009 16:51 Pagina 140

140 CAPITOLO TERZO

ziane.60 Ma la sezione epicurea, nonché la successiva revi-


sione complessiva dello scritto, richiesero molto più tempo
del previsto, e solo nel 1433 Michele monaco poté allestire
la copia di dedica per Cosimo de’ Medici (attualmente Lau-
renziano Plut. 65. 21). Di questo faticoso travaglio intellet-
tuale e morale resta tuttora traccia nell’autografo traversa-
riano che si conserva a Firenze nella Biblioteca Medicea
Laurenziana, con segnatura Strozzi 64.
Il manoscritto è quasi interamente di mano del Camaldo-
lese, ad eccezione della lettera prefatoria e del sistema dei
nomi apposto sui margini del volume.61 Pagina dopo pagina
scorre la ben nota corsiva all’antica del monaco, mentre i ti-
tula e le rubriche delle singole partizioni testuali sono distin-
ti da maiuscole analoghe a quelle del coevo Conventi Soppr.
G. IV. 844. Anche nello Strozzi 64, infatti, le capitali si pre-
sentano decisamente sobrie, per quanto arricchite da pro-
nunciati apici a completamento dei verticali, e rivelano un
chiaro intento di ritorno all’antico, ottenuto attraverso cita-
zioni puntuali da un generico modello epigrafico. Nell’incipit
di c. 1r, ad esempio, la q si allarga ad abbracciare le lettere
seguenti, le due i affiancate raggiungono altezze diverse, la l
rompe verso l’alto il bilineo e aumentano le letterine incluse
di modulo ridotto; a c. 17r compare poi la caratteristica f
con ricciolo.

60
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 27 = vol. II, col. 310.
61
Già SOTTILI 1984, p. 709, nota 23 aveva osservato che non è autogra-
fa del Traversari l’epistola di dedica a Cosimo de’ Medici alle cc. XIr-XIIr.
Si presentano infatti nettamente diverse la r (in forma di 2) e la g (eseguita in
un tempo solo, con occhiello inferiore completamente aperto). Parimenti, non
mi sembrano autografe le numerose postille che registrano a margine i nomi
propri di persona menzionati nel testo, inclusi tra due punti, oppure com-
pendiano sinteticamente, precedute da titulum e segno di paragrafo, il conte-
nuto di singole porzioni testuali. In primo luogo, infatti, un simile lavoro di
indicizzazione e schedatura sembra piuttosto opera di un lettore che non di
un traduttore. Inoltre, la scrittura dell’anonimo annotatore presenta alcune vi-
sibili differenze rispetto a quella del Traversari. La a minuscola non è eseguita
in due tempi e richiama piuttosto la forma della a mercantesca (cfr. ad esem-
pio andron a c. 4v), la spalla della r si abbassa notevolmente a destra a guisa
di uncino, la a maiuscola presenta in alto un trattino di coronamento, il dit-
tongo ae è curiosamente eseguito in forma di 8 e la z è tracciata in un solo
tempo, con asta superiore orizzontale bombata verso l’alto.
03 11-11-2009 16:51 Pagina 141

LO SFACCETTATO UNIVERSO DELLE CORSIVE TRAVERSARIANE 141

Anche la corsiva all’antica del testo non rivela significati-


ve sorprese rispetto alle forme già sperimentate nell’autogra-
fo delle Vitae patrum. Rispetto a quest’ultimo, però, la scrittu-
ra dello Strozzi 64, dopo le prime pagine di esecuzione più
posata, acquisisce rapidamente velocità. Alcune false legature
diventano legature vere e proprie; vengono privilegiate le va-
rianti di lettera più adatte a legare in entrata e in uscita;
compare la legatura de con d onciale; le aste discendenti di f
e s vengono più spesso raddoppiate; gli svolazzi cancellereschi
di h, m, n a proboscide e dell’abbreviazione per pro- di nor-
ma tornano indietro a legare con la lettera successiva; il nes-
so carolino et inizia ad alternarsi con la nota tironiana in for-
ma di 7 che tende a legare a destra; infine, si stabilizza il ca-
ratteristico gruppo di legature tra segno abbreviativo per la
nasale e lettera seguente (in genere una t, ma anche b, p, s).
Del resto, a differenza del Conventi Soppr. G. IV. 844, l’au-
tografo delle Vitae laerziane è un vero e proprio brogliaccio
di lavoro, costellato di numerose correzioni stilistiche esegui-
te sia inter scribendum che durante la revisione finale sui mar-
gini e in interlineo. Pertanto – com’era prevedibile – la scrit-
tura risulta necessariamente meno controllata e tende a far ri-
emergere il proprio sostrato corsivo e usuale, senza riuscire a
costringerlo entro una innaturale esecuzione posata e libraria.
Infine, a partire da c. 123r, riga 9, e fino all’ultima carta
del manoscritto, la scrittura di Ambrogio Traversari subisce
un’ulteriore modificazione, palesata al primo sguardo da un
repentino cambio d’inchiostro e da una netta riduzione di in-
terlineo e modulo delle lettere, nonostante la partita di car-
ta rimanga inalterata.62 Un esame più attento rivela inoltre
che il nesso carolino et è stato sostituito quasi del tutto dal-
la corrispondente nota tachigrafica in forma di 7 oppure dal-
la variante per esteso.63 L’infittirsi della scrittura nelle carte
finali del volume e la maggiore corsività della grafia traver-

62
Prosegue infatti la medesima filigrana (un animale che però non sono
riuscita ad identificare) attestata almeno da c. 75.
63
Sostanzialmente inalterato rispetto alle carte precedenti rimane invece il
rapporto tra la percentuale di d diritte e d onciali. Ad esempio, a c. 26r si
contano 53 d diritte e 27 d onciali, e a c. 127r 57 d diritte e 36 d onciali.
03 11-11-2009 16:51 Pagina 142

142 CAPITOLO TERZO

sariana, assicurata in primo luogo dalla selezione di varianti


di lettera atte a legare sia in entrata che in uscita, non an-
dranno disgiunte dall’ansia di ultimare la traduzione delle Vi-
tae laerziane. Ma, nel contempo, è opportuno ricordare che
lo scarto si registra proprio nella sezione epicurea, cioè lad-
dove il monaco si vide costretto a una temporanea interru-
zione del lavoro, forse durata addirittura diversi anni, a cau-
sa dei dubbi morali e delle difficoltà linguistiche che lunga-
mente lo assillarono.
L’interesse per il Laurenziano Strozzi 64 non si limita pe-
rò al fatto che esso documenta le diverse fasi di stesura di una
delle più famose versioni latine di Ambrogio Traversari. Il
manoscritto, infatti, è stato vagliato con attenzione dagli stu-
diosi anche – e soprattutto – perché ha permesso di indivi-
duare con sicurezza la mano greca minuscola del Camaldo-
lese, nel caratteristico stile tardo-tricliniano comune a tanti
eruditi bizantini del tempo, che già avevamo visto attestato fin
dagli anni giovanili nel Parigino gr. 2012 e nel Riccardiano
264.64 Ma ora, nel manoscritto delle Vitae philosophorum, l’au-
tografia della mano greca del monaco è inequivocabilmente
provata dall’autografia del testo latino in corsiva umanistica.
Infatti, il greco degli epigrammi laerziani riportati sui margi-
ni dei libri I, II e X è vergato in un alfabeto identico a quel-
lo degli sporadici interventi eseguiti dal traduttore inter scri-
bendum, 65 anche se tra i due momenti trascorse inevitabilmente
parecchio tempo, dato che, mentre il corpo principale della
traduzione traversariana fu approntato tra il novembre del
1424 e l’agosto dell’anno successivo, l’aggiunta degli epi-
grammi greci sembra risalire a una data più tarda, caduta
ogni speranza di riuscire a darne una versione metrica con
l’aiuto di Carlo Marsuppini o di Francesco Filelfo.66

64
Cfr. supra, II.3. Lo Strozzi 64 – già segnalato per i passi greci da PO-
MARO 1979, p. 109 – è stato poi esaminato accuratamente, in merito alla pa-
ternità traversariana di tali inserti, da SOTTILI 1984, pp. 737-739. Alcune car-
te del manoscritto sono state riprodotte anche da ELEUTERI-CANART 1991, p.
151, tav. LX, in quanto esempio significativo e sicuro della minuscola greca
del monaco.
65
Per un’esauriente esemplificazione si veda SOTTILI 1984, pp. 737-738.
66
Così SOTTILI 1984, p. 722.
03 11-11-2009 16:51 Pagina 143

LO SFACCETTATO UNIVERSO DELLE CORSIVE TRAVERSARIANE 143

Peraltro, a riprova dell’autografia traversariana degli epi-


grammi laerziani nello Strozzi 64, andrà ancora osservato –
ed è stato fatto – che non mancano lettere tracciate in mo-
do somigliante in entrambi gli alfabeti, come «la Z di ‘Zoi-
lus’ a f. 71r riga 14 e quelle di Zeuv" a f. 5v e cativzei di f.
36r, la prima t di ‘intuentes’ e la seconda di ‘percontante’ (in
legamento col segno abbreviativo per n) a f. 70v righe 7 e 10
con la tau di polufrontivstw [f. 5v]».67 E gli esempi potreb-
bero continuare, visto che il fenomeno, seppure non estraneo
alla consuetudine scrittoria delle mani occidentali che si ci-
mentavano col greco, risulta qui accentuato dalla contiguità
tra i due codici grafici e linguistici.
Il greco di Ambrogio Traversari nel Laurenziano Strozzi
64 non appare dissimile dalle forme che abbiamo già de-
scritto in nuce per il Parigino gr. 2012 e il Riccardiano 264,
dal momento che – come è stato più volte osservato – la ma-
no del monaco non presenta un’evoluzione lineare nel corso
del tempo, con progressivo abbandono di determinate va-
rianti di lettera in favore di altre, ma si ostina piuttosto a ri-
proporre, pur con qualche variazione, sistemi di norma sta-
bili e coerenti. Tuttavia, negli anni della maturità si impon-
gono alcune tendenze generali, che influenzano anche il
panorama grafico del greco.
Nel codice delle Vitae laerziane, infatti, la minuscola del
Camaldolese rivela una più consapevole autonomia rispetto
ai modelli bizantini imitati negli anni giovanili, 68 mentre nel
contempo lascia affiorare la matrice latina nel tratteggio del-
le lettere comuni ai due alfabeti. Inoltre, l’esecuzione della
scrittura palesa ora una maggiore corsività, assicurata in pri-
mo luogo dalla selezione di forme minuscole e non più on-
ciali, in grado di accostarsi a formare falsi o addirittura ve-
ri e propri legamenti. Ad esempio, è scartato in modo pe-
rentorio l’a onciale, a cui è preferita la variante corsiva, che
ricalca peraltro con decisione il modello della a latina adot-

67
Così SOTTILI 1984, p. 738.
68
Ad esempio, nello Strozzi 64 lo x ha ormai stabilizzato l’asse diritto, poi-
ché non subisce più l’influenza grafica del ‘maestro’ Demetrio Scarano, come
invece avveniva nel Parigino gr. 2012.
03 11-11-2009 16:51 Pagina 144

144 CAPITOLO TERZO

tata nella prassi usuale. Inoltre, vengono abbattuti i tempi di


esecuzione dei tratti costitutivi delle singole lettere, in primis
del t alto sul rigo (tau a bandierina), che negli anni della ma-
turità è eseguito di norma passando dai due tempi canonici
a uno solo, con verticale sbilanciato a destra. Infine, risulta-
no adesso tracciati, in qualità di legamenti veri e propri,
quelli che avevamo descritto come falsi legamenti nella pro-
duzione giovanile: 69 tra questi, mi sembrano particolarmente
significativi i legamenti del sistema abbreviativo tra accento
circonflesso e lettera, che per giunta riecheggiano il tratteg-
gio dei legamenti latini tra abbreviazione per la nasale e la
lettera seguente.

Non è il caso di riaprire qui l’annosa questione relativa all’ap-


prendistato grafico del greco di Ambrogio Traversari, se non per
aggiungere che proprio la tradizione manoscritta di Diogene Laer-
zio offre l’occasione di confrontare più da vicino la mano del Ca-
maldolese e quella di Demetrio Scarano, uno dei supposti e pro-
babili modelli scrittorî imitati dal monaco durante gli anni giova-
nili. È ormai acquisito che uno dei principali codici greci su cui il
Traversari basò la propria versione delle Vitae laerziane fu il Lau-
renziano Plut. 69. 35 [Tav. 13], 70 un manoscritto interamente ver-
gato intorno al 1419 dall’erudito bizantino ospite del monastero di
S. Maria degli Angeli, 71 su cui il Camaldolese stesso appuntò al-
cune varianti traendole da un volume prestatogli per pochi giorni

69
Cfr. supra, II.3, nota 107.
70
Numerosi dati a sostegno della dipendenza testuale dello Strozzi 64 dal
Laurenziano Plut. 69. 35 sono raccolti in SOTTILI 1984, pp. 734-736, 739-744.
71
Demetrio Scarano, oltre a trascrivere il testo del manoscritto, aggiunse
anche alcune correzioni e integrazioni marginali di cui è visibile traccia, ad
esempio, a c. 13r («tw'/ […] zhmivan»). Resta invece sub iudice se i marginalia
presenti alle cc. 11r («nh'a"») e 13v («ejxhvkonta e[th»), ma anche sul resto del
volume, debbano essere ricondotti a un’altra mano, forse leggermente più tar-
da, oppure a una successiva fase di revisione da parte del dotto bizantino. In-
fatti, a prescindere dalla maggiore corsività e da pochissime varianti di lette-
ra alternative, le due scritture non sembrano incompatibili. Vorrei infine ri-
cordare che l’attribuzione del Laurenziano Plut. 69. 35 alla mano dello
Scarano è stata proposta da SOTTILI 1984, p. 731 sulla base di un’epistola
traversariana a Francesco Barbaro datata 1° novembre 1419 (cfr. TRAVERSA-
RI, Epistolae, 1759, VI, 12 = vol. II, col. 289).
03 11-11-2009 16:51 Pagina 145

LO SFACCETTATO UNIVERSO DELLE CORSIVE TRAVERSARIANE 145

da Leonardo Giustiniani nell’estate del 1425.72 La contiguità tra le


due scritture induce a un confronto, già suggerito peraltro da SOT-
TILI 1984, pp. 738-739. Comuni a entrambi gli scriventi sono sia
il tratteggio di molte lettere che la realizzazione di numerose lega-
ture. Molto simili appaiono il b, sia crisolorino che con due oc-
chielli; il g maiuscolo; l’h di forma maiuscola e modulo piccolo; e
ancora d, e, i, l, m, n, o, p, r, s, t, u, c, w. Analoghi sono anche
i tratteggi di legature come po, pr, so, ti, to, ma anche i più ca-
ratteristici ei, er, eu, sq, sp, st, ui, un, us, lettera tonda + c +
lettera tonda. Accanto a questi elementi di vicinanza si registrano
tuttavia alcune differenze, dettate in primo luogo dall’impronta tut-
ta occidentale della mano di Ambrogio Traversari. Ad esempio, in-
fatti, Demetrio Scarano esegue l’a in un tempo solo, il Camaldo-
lese invece lo traccia sia in uno che in due tempi, ricalcando il mo-
dello della a dell’alfabeto latino. Analogamente, il " finale dello
Scarano è in un solo tempo, mentre il Traversari predilige una va-
riante in due tempi di matrice latina. Si aggiungono inoltre le con-
suete idiosincrasie proprie di ciascuno scrivente. Lo z di Demetrio
è piuttosto angoloso e assomiglia a un grande 2, quello di Ambro-
gio è smussato e termina piegandosi a sinistra. Il q dell’uno è più
basso e tondo del q dell’altro, che seleziona una forma alta e stret-
ta. Ancora, lo x dello Scarano presenta l’asse inclinato a sinistra,
anche nella legatura ex, mentre lo x travesariano ha ormai stabi-
lizzato l’asse diritto. Infine, se l’erudito bizantino privilegia (accan-
to al kaiv scritto per esteso col solo kappa maiuscolo) il compendio
tachigrafico a corno, Ambrogio usa di norma un kaiv legato in mo-
do corsivo col kappa maiuscolo.73 Per quanto concerne il sistema

72
Sul prestito del manoscritto greco di Leonardo Giustiniani da cui il Tra-
versari trasse le varianti annotate lungo i margini del Laurenziano Plut. 69.
35 si legga da ultimo ELEUTERI 2006, p. 80. Nel manoscritto copiato dallo
Scarano la mano greca di Ambrogio Traversari mi sembra riconoscibile, ad
esempio, alle cc. 7r («h] grammatikh'", diapemfqevnta»), 7v («kai; […] qalh'»),
8v («oi|on […] qavlhta»), 16r («h] ejn ajqhvnai"»), 19r («eijpovnto" […] euJrevqh»),
24v («e[maqe»), 26v («tafh'nai […] o{te kai;»), 30r («e[sti […] ajnaxagovra"») etc.
Inoltre, a c. 21v è visibile una nota latina («hoc in loco male loquutus est»)
vergata da una mano forse non incompatibile con quella del Camaldolese, in
particolare per quanto riguarda il legamento tra il segno abbreviativo per la
nasale di in e la l seguente. Se l’identificazione fosse corretta, questo elemen-
to potrebbe costituire un’ulteriore conferma del fatto che il codice fu posse-
duto e annotato dal monaco. Ma induce alla prudenza la forma della a ese-
guita in un tempo solo, invece che in due o tre, come vorrebbe la consuetu-
dine traversariana.
73
Per la classificazione dei diversi modi in cui si presenta la congiunzio-
ne kaiv nella minuscola libraria greca dal IX al XV secolo si veda AGATI 1984,
03 11-11-2009 16:51 Pagina 146

146 CAPITOLO TERZO

delle legature, mi limito a ricordare che il Camaldolese lega fre-


quentemente en eseguendo la e in un tempo solo e si avvale spes-
so della tipica legatura fr, mentre dal canto suo lo Scarano itera
di frequente una legatura er con e in due tempi. Ma, a prescin-
dere da queste e altre divergenze di poco conto, si tratta pur sem-
pre di due mani molto simili, il che avvalora l’ipotesi di un ap-
prendistato traversariano, almeno grafico, alla scuola dell’anziano
maestro giunto da Bisanzio.

Mentre procedevano a più riprese le traduzioni delle Vitae


patrum e delle Vitae philosophorum di Diogene Laerzio, Ambro-
gio Traversari si occupò anche di integrare i passi greci man-
canti sui margini di tre manoscritti latini sottoposti alle sue
cure. Questi ultimi e più maturi interventi traversariani sono
tutti vergati nella stessa minuscola tardo-tricliniana, tipica de-
gli eruditi bizantini del tempo, che abbiamo trovato attesta-
ta anche nel Laurenziano Strozzi 64 delle Vitae laerziane e
nelle postille del supposto modello greco, il Laurenziano Plut.
69. 35. È ormai scomparsa la piccola onciale elegante – ten-
tativo tutto occidentale di ritorno all’antico anche nel siste-
ma grafico del greco – di cui il Laurenziano Plut. 54. 30
[Tav. 12], ultimato per la parte latina da Antonio di Mario
nel 1425, documentava l’estremo esperimento traversariano.74
Del resto, già nel Laurenziano San Marco 281 [Tav. 14]
lo scontro fra i due sistemi rivali si era risolto a favore del-
la minuscola corsiva. Il codice, infatti, che contiene le Insti-
tutiones oratoriae di Quintiliano, era stato interamente copiato
nel 1422/3 da un non meglio identificato Niccolò Chiani-
giani, 75 ma i passi greci emendati furono aggiunti successi-

pp. 69-81. Le forme predilette da Demetrio Scarano sono designate rispetti-


vamente come I sistema – tipologia C e III sistema – tipologia L, mentre la
variante adottata da Ambrogio Traversari è indicata come II sistema – tipo-
logia G (cfr. AGATI 1984, pp. 71-72).
74
Cfr. supra, II.3.
75
Sottoscrizione a c. 196r. Al copista del testo latino andranno ricondot-
te anche le singole parole greche vergate a testo inter scribendum, in curiose
maiuscole e minuscole sovradimensionate senza senso, vicine a forme miste
dell’alfabeto onciale greco e latino.
03 11-11-2009 16:51 Pagina 147

LO SFACCETTATO UNIVERSO DELLE CORSIVE TRAVERSARIANE 147

vamente in una minuscola crisolorina di matrice occidentale


assolutamente compatibile con quella di Ambrogio Traversa-
ri: 76 si osservino in particolare la forma dell’a talvolta ese-
guito in due tempi, come la a corsiva latina; g e h maiusco-
li e di modulo piccolo; z arrotondato e piegato a sinistra; q
alto e stretto; x ad asse diritto; ampio t alto a bandierina,
con asta verticale spesso sbilanciata a destra.
Eppure, nonostante l’intervento traversariano nel San
Marco 281 sia pressappoco coevo – o addirittura preceden-
te – a quello effettuato ancora in piccola onciale nel Lau-
renziano Plut. 54. 30, nel primo è stata preferita la più agi-
le minuscola corsiva. La scelta suscita ulteriori perplessità, se
si pensa che entrambi i manoscritti ospitano preziose edizio-
ni umanistiche di testi classici vergate su supporto membra-
naceo e arricchite da iniziali ornate a bianchi girari. Resta
però pur sempre vero che il Quintiliano trascritto da Nicco-
lò Chianigiani presenta, rispetto all’Aulo Gellio di Antonio di
Mario, una caratteristica non trascurabile, che forse influen-
zò la scelta grafica del Camaldolese: in quanto trascritto in
bastarda all’antica e non in carolina rediviva, sarà sembrato
agli occhi del monaco più adatto ad accogliere una scrittura
usuale che non una innaturale e pesante libraria. Ma l’op-
zione a favore della minuscola corsiva nel San Marco 281 fu
solo un primo sintomo di una tendenza più generale a esclu-
dere dalla prassi scrittoria la piccola onciale elegante degli
anni giovanili, finché col tempo sarebbe scomparsa del tutto.
Anche a ridosso della nomina a generale della propria
congregazione, infatti, Ambrogio Traversari avrebbe integra-
to ancora una volta in minuscola corsiva i passi greci di un
antico epistolario di S. Ambrogio, l’attuale Vaticano lat. 286.

76
In alcuni casi, il Camaldolese ha emendato il fantasioso greco di Nic-
colò Chianigiani aggiungendo in margine un tentativo di trascrizione corret-
ta: cc. 11v («ojdusseu;"»), 12r («proshgoriva»), 14r («koilostomivan», «ojrqoevpian»,
«pleonasmo;n», «e[lleiyin», «ajnastrofh;n», «uJpevrbaton», «duiko;n»), 15v («ojno-
matopoiiva», «zevbio" et seizeofqalmo;" sic»), 16r («patro;"», «kavprou»), 16v
(«ojrqoevpian», «suvmbolon»), 20r («rJuvqmo" et mevlo" e[mmetron») etc. Altrove, in-
vece, ha completato gli spazi appositamente lasciati in bianco nel corpo del
testo (cc. 98v, 99r, 102r-v, 103r etc.). L’identificazione della mano greca del
Traversari nel Laurenziano San Marco 281 si deve a POMARO 1979, p. 112.
03 11-11-2009 16:51 Pagina 148

148 CAPITOLO TERZO

Il manoscritto è un massiccio volume membranaceo trascrit-


to nella 2a metà del IX secolo da almeno due mani caroline
e conservato poi per secoli nella biblioteca del monastero di
S. Ambrogio a Milano. In età umanistica entrò in possesso
di Tommaso Parentucelli da Sarzana (futuro papa col nome
di Niccolò V), che lo riscoprì verosimilmente nella primave-
ra del 1428, durante una missione diplomatica nel ducato vi-
sconteo al seguito del cardinale Niccolò Albergati.77 Solo più
tardi, dunque, il Camaldolese vide il codice e lo postillò, for-
se addirittura alla fine del 1430, quando il Parentucelli si re-
cò a Firenze sulla strada per Roma e visitò il monaco in S.
Maria degli Angeli.78
In effetti, sui margini del Vaticano lat. 286 si riconosco-
no, oltre ad alcune note latine di mano di Niccolò V, anche
numerosi interventi greci minuscoli e corsivi di mano del
Traversari, intesi a restituire un testo corretto accanto al gre-
co medievale del copista carolino.79 La paternità traversaria-
na di queste note è confermata in primo luogo da alcuni ele-
menti caratteristici della scrittura del monaco, come l’oc-
chiello dell’a onciale tracciato in due tempi; il " finale
spezzato sempre in due tempi, su modello della s latina; in-
fine, l’ampio legamento corsivo eu. Inoltre, lo sbilanciamen-
to verso destra del verticale del t alto a bandierina, spesso
realizzato in un tempo unico, oltre a essere tipicamente tra-
versariano, conferma implicitamente la datazione tarda degli
interventi del Camaldolese sull’epistolario ambrosiano.
Non si può fare a meno di osservare nuovamente che, no-
nostante il Vaticano lat. 286 fosse un lussuoso manoscritto
membranaceo, vergato proprio in quella stessa scrittura ca-
rolina che il Traversari aveva imitato negli anni giovanili, la
preferenza è ormai definitivamente accordata alla minuscola
crisolorina rispetto alla piccola onciale. Una situazione ana-

77
L’ipotesi è di MANFREDI 1998, pp. 561-564.
78
Cfr. sempre MANFREDI 1998, pp. 565-566.
79
Le note in greco del Traversari sono state identificate correttamente da
MANFREDI 1998, pp. 560-561 alle cc. 23r, 43v, 44r, 52r, 53r, 58v, 59r, 63r, 69r,
86v, 89v, 90r, 95r, 102r, 127v, 128r-v, 129r-v. Cinque postille latine del Paren-
tucelli compaiono invece alle cc. 5r e 9v (cfr. MANFREDI 1994, p. 356).
03 11-11-2009 16:51 Pagina 149

LO SFACCETTATO UNIVERSO DELLE CORSIVE TRAVERSARIANE 149

loga si registra del resto pure nel Laurenziano Plut. 51. 8


[Tav. 11], un Macrobio del XII secolo anch’esso membra-
naceo, vergato da un’unica mano che usa una scrittura di
transizione dallo stato grafico antico al moderno.80 Lungo
tutto il testo sono visibili i segni di una revisione da attribuire
probabilmente a Niccolò Niccoli, 81 mentre le inserzioni gre-
che in minuscola usuale, estese solo ai primi tre libri dei Sa-
turnalia (cc. 1r-63r), sono da ricondurre alla mano di Ambro-
gio Traversari.82 Ancora una volta, la minuscola della prassi
quotidiana è preferita all’elegante onciale di modulo ridotto.
In questo caso, però non siamo in grado di precisare a
quando risalga l’intervento del Camaldolese sui margini del
Laurenziano Plut. 51. 8. Manca infatti qualsivoglia addentel-
lato cronologico esterno e, dal canto suo, la stabilità di al-
cune forme grafiche nella scrittura del monaco non aiuta.
Tuttavia, sembra forse preferibile una datazione alla secon-
da metà degli anni Venti del Quattrocento, in quanto la mi-
nuscola traversariana presenta qui un fitto uso della dieresi
esattamente come nello Strozzi 64 contenente le Vitae laer-
ziane, nel Quintiliano trascritto da Niccolò Chianigiani o nel-
l’epistolario ambrosiano riscoperto da Tommaso Parentucel-
li, ma non ad esempio nei manoscritti degli anni giovanili
(Parigino gr. 2012 e Riccardiano 264).
In definitiva, Ambrogio Traversari, dopo avere ‘inventato’
e tentato di imporre la piccola onciale come scrittura da af-
fiancare alla rinata carolina, sembra averne progressivamen-
te abbandonato le realizzazioni posate per privilegiare inve-
ce la minuscola tardo-tricliniana adeguata alla prassi usuale,
che per prima il monaco aveva appreso e sperimentato ne-

80
In effetti, accanto agli elementi tipici della carolina (tra cui s diritta in
fine di parola), si individuano anche numerose caratteristiche che preludono
alla textualis (come g aperta in basso, alternanza tra d diritta e d onciale, tra
r diritta e r tonda in forma di 2, maiuscole distintive e iniziali ornate di tipo
gotico). Caratteristica è la forma del legamento ct, di natura calligrafica ed
eseguito in tre tempi, staccando la c dalla t.
81
Così DE LA MARE 1977, p. 91, nota 1, tav. I.
82
L’identificazione dei marginalia greci del Camaldolese nel Laurenziano
Plut. 51. 8 si deve a POMARO 1979, pp. 113-114. A c. 29v poi, la mano che
inserisce il greco aggiunge tre parole latine: «ut ait empedocles», e anche in
questo caso non c’è incompatibilità con l’antiqua formata del Traversari.
03 11-11-2009 16:51 Pagina 150

150 CAPITOLO TERZO

gli anni giovanili trascrivendo addirittura per intero la Com-


paratio veteris et novae Romae del Crisolora nel Parigino gr.
2012. In un certo senso, questo sbilanciamento può sembra-
re obbligato, visto che la piccola onciale era nata col fine di
accompagnare a testo l’antiqua restituita dagli umanisti nei
lussuosi manoscritti destinati alla conservazione in biblioteca,
mentre i più maturi interventi traversariani si rivelarono in
prevalenza annotazioni marginali in cui il monaco, anziché
aggiungere il testo greco negli spazi lasciati in bianco dal co-
pista latino, cercava di restituire un greco ortograficamente
corretto, magari accanto al greco preesistente. Tuttavia, la
preferenza accordata col passare degli anni a una scrittura
usuale come la minuscola tardo-tricliniana non sembra do-
vuta tanto al dislocamento del greco dal testo al margine,
quanto piuttosto alla mutata tipologia di intervento, più filo-
logico – e quindi più facilmente realizzato lungo i margini
del volume – che di mera copia.83 E questo senza tenere
conto della grafia a testo, visto che nell’epistolario ambrosia-
no la minuscola tardo-tricliniana accompagna un’elegante ca-
rolina del IX secolo e non più soltanto la scrittura che pre-
lude alla textualis nel Macrobio del XII secolo o la bastarda
di Niccolò Chianigiani nel San Marco 281.
In altri termini, anche nel sistema grafico del greco si con-
ferma valida la scelta, già effettuata da Ambrogio Traversa-
ri nel panorama delle scritture latine, di abbandonare sem-
pre più, col passare degli anni, i lavori di copia per convo-
gliare invece tutte le sue energie su altri tipi di interventi
testuali. Proprio come l’antiqua latina si era rarefatta nel cor-
so degli anni, perdendo terreno davanti all’avanzata della
corsiva travestita all’antica nella prassi libraria, anche la tra-
scrizione dei passi greci in manoscritti umanistici sarebbe sta-
ta sempre più demandata all’abilità di librarii di professione.

83
Peraltro, non sono infrequenti i casi in cui sia la corsiva tardo-triclinia-
na che la piccola onciale tendono a sconfinare rispettivamente dai margini al
testo e dal testo ai margini. Ad esempio, nel Laurenziano San Marco 281 il
greco tricliniano è prevalentemente impiegato a margine, ma poi serve anche
a completare gli spazi lasciati in bianco a testo da Niccolò Chianigiani. Allo
stesso modo, nei Laurenziani Plut. 46. 13 e Plut. 54. 30 la piccola onciale
sconfina dal completamento dei passi greci a testo ad analoghe integrazioni
marginali e perfino alla trascrizione di glosse e scolî.
03 11-11-2009 16:51 Pagina 151

LO SFACCETTATO UNIVERSO DELLE CORSIVE TRAVERSARIANE 151

Non a caso, infatti, nel corso della traduzione delle Vitae laer-
ziane Ambrogio Traversari aveva riservato a sé la stesura
della minuta di lavoro, in corsiva all’antica coadiuvata dalla
minuscola usuale per gli epigrammi greci, mentre aveva affi-
dato l’esemplare di dedica a Michele monaco, che avrebbe
invece adottato l’ormai consolidata antiqua libraria per il te-
sto latino e la piccola onciale per i passi greci integrati.

3.3. Le omelie di Giovanni Crisostomo

Durante gli ultimi anni trascorsi nel monastero, Ambrogio


Traversari, pur senza trascurare le incombenze burocratiche
imposte dalla vita monastica, continuò a dedicarsi al vasto
programma di traduzioni patristiche che già allora lo aveva
reso celebre agli occhi del mondo. Infatti, non aveva ancora
ultimato i due scritti biografici delle Vitae patrum e delle Vitae
philosophorum di Diogene Laerzio, che intraprese nuove ver-
sioni dal greco in piena sintonia con l’intento morale di rin-
novamento della societas cristiana contemporanea.
Prima di concludere dunque la più felice stagione lettera-
ria della propria vita, il Camaldolese si impegnò nella tra-
duzione di alcune omelie di Giovanni Crisostomo sulle epi-
stole paoline, di cui si conserva ancora la minuta autografa
nell’attuale Conventi Soppr. J. VI. 6 della Biblioteca Nazio-
nale Centrale di Firenze [Tav. 19]. Il volume raccoglie, nel-
l’ordine, le sei omelie sull’epistola di Paolo a Tito (cc. 1r-29v);
l’argumentum e le diciotto omelie sulla I epistola a Timoteo (cc.
30r-102r); le prime tre epistole alla sorella Olimpiade (cc. 103r-
115r), la terza delle quali lasciata incompiuta; le dieci ome-
lie sulla II epistola a Timoteo (cc. 119r-148v); l’argumentum e le
tre omelie sull’epistola a Filemone (cc. 149r-155r).84

84
Non furono invece mai volte in latino le omelie crisostomiane sulle due
epistole di Paolo ai Tessalonicesi, a cui il Traversari accennava ancora nel 1432
(cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 41 = vol. II, col. 405). Non trova con-
ferma neppure la notizia di Vespasiano da Bisticci, secondo cui il Camaldo-
lese «cominciò a tradurre Grisostimo sopra la pistola Ad Corinthios, tradus-
sene omelie dua» (VESPASIANO, Vite, 1970-76, I, p. 461). Si legga in merito
SOTTILI 1965, p. 7, nota 12, ripreso da STINGER 1977, p. 279, nota 261.
03 11-11-2009 16:51 Pagina 152

152 CAPITOLO TERZO

La natura di composito è svelata dal fatto che il volume


fu assemblato senza tenere conto della reale successione cro-
nologica in cui furono tradotti gli scritti crisostomiani.85 In
base alla nota apposta dal Traversari stesso a c. 148v risulta
infatti che le dieci omelie sulla II epistola di Paolo a Timoteo
furono concluse entro il 18 luglio 1429. Esse però occupano
nel manoscritto le cc. 119r-148v, mentre le diciotto omelie
sulla I epistola di Paolo a Timoteo, che occupano invece le
precedenti cc. 30r-102r, furono ultimate il 31 ottobre 1432,
come registrato a c. 102r. È verosimile che, tra i due estre-
mi cronologici segnalati sull’autografo di lavoro, Ambrogio
Traversari abbia volto in latino, nell’ordine, prima le tre
omelie sull’epistola a Filemone, 86 poi le sei omelie sull’epistola
a Tito; non sembra invece possibile fissare la cronologia del-
le tre epistole a Olimpiade, che sembrano tuttavia risalire agli
stessi anni delle precedenti traduzioni, cioè al periodo com-
preso tra il 1429 e il 1432.87
La presenza di carte bianche nel corpo del manoscritto
permette di individuare con discreta facilità le diverse unità
codicologiche di cui è composto. Tra la fine delle omelie sul-
la I a Timoteo (c. 102r) e l’inizio delle epistole a Olimpiade (c.
103r), sono rimaste in bianco le cc. 102r (2a metà)-102v, non
a caso proprio in chiusura di fascicolo. Una situazione ana-
loga si registra anche alla fine della terza epistola a Olimpia-
de, lasciata incompiuta dal Camaldolese a c. 115r: le succes-
sive cc. 115v-118v, cioè fino al termine del fascicolo, sono an-
cora una volta in bianco. Sono infine vuote anche le cc. 155v
(2a metà)-158v dell’ultimo quinione del manoscritto. Pertan-

85
Anche se il Camaldolese non curò in vita una vera e propria edizione
delle omelie di Giovanni Crisostomo sull’epistolario paolino (cfr. SOTTILI 1965,
p. 11), dall’abbozzo di lavoro furono comunque tratte diverse copie che ri-
producono la medesima successione degli opuscoli attestata nel Conventi
Soppr. J. VI. 6. Un primo elenco di copie seriori è raccolto da STINGER 1977,
p. 279, nota 262.
86
Diversa l’opinione di STINGER 1977, p. 154, che ritiene la traduzione
delle tre omelie sull’epistola a Filemone posteriore anche a quella delle diciot-
to omelie sulla I a Timoteo, cioè successiva al 31 ottobre 1432.
87
Così SOTTILI 1965, p. 10. In effetti, alle cc. 115-116 ricorre la medesi-
ma filigrana (simile a BRIQUET 792 Arc) delle cc. 131-141.
03 11-11-2009 16:51 Pagina 153

LO SFACCETTATO UNIVERSO DELLE CORSIVE TRAVERSARIANE 153

to, una prima unità codicologica interessa le cc. 1r-102v, una


seconda le cc. 103r-118v, una terza infine le cc. 119r-158v,
anche se in quest’ultima sezione si dovrà forse pensare a un
ulteriore assemblaggio tra il fascicolo che termina a c. 148v,
con la decima omelia sulla II epistola a Timoteo, e il fascico-
lo che inizia a c. 149r, con la prima delle tre omelie sull’e-
pistola a Filemone, in quanto una leggera alterazione nella
scrittura del Camaldolese sembra suggerire una temporanea
interruzione del lavoro.
La complessità di questo manoscritto è accentuata dal fat-
to che esso non è interamente autografo del Traversari, in
quanto sono presenti altre due mani che collaborano alla ste-
sura del testo. La prima mano, anonima, scrive senza solu-
zione di continuità le cc. 1r-65r in una corsiva all’antica ric-
ca di legature, 88 in cui il Mehus ha voluto riconoscere pri-
ma la mano di Michele monaco, 89 poi quella di Gregorio da
Vicenza, 90 senza arrivare però a un’identificazione soddisfa-
cente. Le cc. 65v-88v fino al rigo 12 sono invece scritte da
Niccolò Niccoli nella caratteristica corsiva all’antica degli ul-
timi anni; poi, a partire dal rigo 13 della medesima c. 88v si
riconosce la ben nota corsiva, anch’essa all’antica, di Am-
brogio Traversari.
La contiguità fra le scritture dei due umanisti, proprio nel
corso della medesima pagina, suggerisce un confronto che ri-
vela indiscutibilmente una somiglianza grafica a dir poco im-
pressionante. Se prescindiamo infatti dal differente sostrato
corsivo – che nel Niccoli palesa un’educazione grafica da mer-
cante, 91 mentre nel Traversari quella cancelleresca e notarile

88
Le cc. 43v-44r sono rimaste in bianco, probabilmente a causa di una svi-
sta del copista nel girare la pagina, dal momento che non si osservano né una
lacuna testuale, né una modificazione della mano.
89
Cfr. MEHUS 1759, I, p. XXXII. L’identificazione con Michele monaco è
stata però confutata a ragione da SOTTILI 1965, pp. 8-9, seguito da IARIA
2004, p. 252, nota 28.
90
Cfr. MEHUS 1759, I, pp. CCCC-CCCCI. Le motivazioni storiche e non
grafiche che spinsero l’erudito settecentesco a proporre il nome di Gregorio
da Vicenza per le prime 65 carte del Conventi Soppr. J. VI. 6 sono state in-
dagate sempre da SOTTILI 1965, pp. 8-9.
91
Racconta infatti Vespasiano da Bisticci: «Nicolaio Nicoli fu fiorentino
d’onoratissimi parenti, el padre fu mercatante et rico, et ebbe quatro figliuo-
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154 CAPITOLO TERZO

impartita in un monastero camaldolese 92 – non solo l’opera-


zione culturale compiuta da entrambi (cioè l’innesto di cita-
zioni antiquarie su un sostrato usuale e la destinazione libra-
ria di una scrittura in realtà corsiva) è la stessa, ma addirit-
tura forme e tratteggi di singole lettere e legamenti sembrano
riecheggiarsi a vicenda, tanto nella scrittura del testo quanto,
e soprattutto, nell’alfabeto capitale dei titula. Maestri l’uno del-
l’altro e al tempo stesso amici, i due umanisti si influenzarono
evidentemente a vicenda, in particolare alla fine degli anni
Venti del secolo, quando avevano ormai raggiunto la piena
maturità grafica. Ma il primato – se così vogliamo chiamarlo
– spetta pur sempre al più anziano Niccoli, che già una de-
cina d’anni prima del giovane monaco aveva sperimentato le
potenzialità librarie della nuova corsiva all’antica e aveva con-
tribuito alla sua canonizzazione, mentre non resta che rico-
noscere ancora una volta al Camaldolese un ruolo di inter-
prete e divulgatore di modelli già ideati da altri.93
Torniamo ora al Conventi Soppr. J. VI. 6. La mano di
Ambrogio Traversari, attestata a partire da c. 88v, prosegue
poi fino alla fine del volume, per quanto in corrispondenza
dei punti di sutura tra le diverse unità codicologiche presen-
ti alcune innegabili discontinuità. Le differenze più macro-
scopiche riguardano l’inchiostro usato e la temperatura della
penna, 94 ma si osservano anche più significative variazioni di
interlineo e modulo della scrittura, oltre a una stanca alter-

li, tutti mercatanti. Nicolaio nella sua pueritia volle il padre che facessi il me-
desimo, et non potè vacare alle lettere, come arebbe fatto» (VESPASIANO, Vi-
te, 1970-76, II, p. 225).
92
Non si dimentichi che, all’interno della congregazione camaldolese, era-
no state privilegiate per secoli le discipline giuridiche (cfr. MAGHERI CATA-
LUCCIO-FOSSA 1979, pp. 82, 98-100).
93
Per la diffusione dei modelli grafici traversariani tra i confratelli del mo-
nastero degli Angeli, primo fra tutti Michele monaco, si veda supra, II.4, no-
ta 140.
94
L’inchiostro – pur con le consuete alterazioni – appare bruno chiaro
nelle cc. 88v-102r, più scuro nelle cc. 103r-115r, di nuovo bruno più chiaro,
ma parzialmente evanido, nelle cc. 119r-148v, ancora una volta più scuro nel-
le cc. 149r-155v. Invece, la temperatura della penna – fatte salve le debite al-
terazioni – è relativamente spessa nelle cc. 88v-102r, mediamente sottile nel-
le cc. 103r-115r, decisamente sottile nelle cc. 119r-148v, di nuovo un po’ più
spessa nelle cc. 149r-155v.
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LO SFACCETTATO UNIVERSO DELLE CORSIVE TRAVERSARIANE 155

nanza tra pagine più posate (in particolare nelle tre epistole
crisostomiane a Olimpiade, ma anche all’inizio delle tre ome-
lie sull’epistola a Filemone) e pagine più corsive (soprattutto a
partire dalla XIV omelia sulla I epistola a Timoteo e poi di
nuovo nelle dieci omelie sulla II epistola a Timoteo).95
Tutto questo ha indotto Ullman a vedere da c. 103r l’o-
pera di un’altra mano.96 Tuttavia – come suggeriva già il Me-
hus e ha ribadito di recente Sottili 97 – non sembra in di-
scussione l’autografia traversariana di nessuna delle carte
comprese tra la 88v, r. 13 e la 115v. Ricorrono infatti forme
e tratteggi di lettere guida come a corsiva minuscola in due
o tre tempi; A maiuscola senza asta trasversale; e minuscola
con ampia cediglia; h m n minuscole con svolazzo cancellere-
sco ‘a proboscide’. Ritornano anche i tipici piedini a com-
pletamento dei verticali di l m n minuscole e delle capitali
maiuscole, e non mancano neppure gli ormai noti legamenti
tra abbreviazione per la nasale e lettera successiva. In altri
termini, la scrittura della parte finale del manoscritto è per-
fettamente compatibile con il sistema corsivo all’antica già de-
scritto per il Conventi Soppr. G. IV. 844 delle Vitae patrum e
per lo Strozzi 64 delle Vitae philosophorum di Diogene Laerzio.98

95
La scrittura è infatti corsiva e affastellata nelle cc. 88v-102r (circa 38 ri-
ghi per pagina); decisamente più posata, ma sempre affastellata nelle cc. 103r-
115r (addirittura 40 righi per pagina); di nuovo più corsiva da c. 119r, ma
con interlineo ampio (circa 30 righi per pagina), che tuttavia tende a ridursi
progressivamente verso la fine del volume (fino a 41 righi a c. 155r), nono-
stante la scrittura appaia a tratti più posata (cfr. in particolare c. 149r). In-
certo è anche l’uso del nesso carolino et. Ad esempio, a c. 95v non è mai at-
testato, mentre compare una volta la nota tachigrafica in forma di 7; a c. 104r
si contano 5 attestazioni rispetto alle 7 della nota tachigrafica; al contrario, a
c. 120r ricorrono ben 10 nessi et e una sola nota tachigrafica, e pure a c. 150r
troviamo 11 nessi et e nessuna nota tachigrafica. Per quanto riguarda invece
l’uso della d diritta, esso è costantemente prevalente rispetto alla d onciale: ad
esempio, a c. 95v si contano 73 d diritte e nessuna d onciale, a c. 104r si con-
tano 82 d diritte e 4 d onciali, a c. 120r si contano 94 d diritte e una sola d
onciale, a c. 150r si contano 84 d diritte e 10 d onciali. Costante è anche lo
specchio di scrittura (190×125 mm), delimitato con rigatura a secco solo da
due rettrici maggiori e da due linee di giustificazione marginali. La scrittura
poggia, come di consueto, al di sopra del primo rigo.
96
Cfr. ULLMAN 1960, pp. 67-68.
97
Cfr. MEHUS 1759, I, p. CCCCI e SOTTILI 1965, p. 9.
98
Cfr. supra, III.3.1 e III.3.2.
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156 CAPITOLO TERZO

Da ultimo vorrei ancora osservare che, nonostante il Con-


venti Soppr. J. VI. 6 non sia integralmente autografo del
Traversari, andrà comunque considerato anche nelle cc. 1r-
88v vero e proprio originale di traduzione.99 Infatti, non sem-
pre il Camaldolese stendeva direttamente le proprie opere;
talvolta le dettava, come in questo caso, e la pratica diven-
ne sempre più frequente col passare degli anni, a causa del
tremito della mano e del moltiplicarsi delle incombenze. Del
resto, proprio a proposito della versione latina delle omelie
crisostomiane sull’epistolario paolino, racconta Vespasiano da
Bisticci in un passo famoso, che vale la pena di riportare per
intero:

Un dì, sendo con frate Ambruogio Nicolaio et Cosimo, et frate


Ambruogio traduceve Sancto Giovanni Grisostomo sopra le episto-
le di Sancto Pagolo, et traduceva, et Nicolaio iscriveva di lettera
corsiva, ch’era velocissimo iscrittore, et non poteva a soperire a
scrivere quello che frate Ambruogio traduceva d’uno ornatissimo
istile et non bisognava d’emendargli altrimenti. Nicolaio diceva
ispesso a frate Ambruogio: «Andate adagio, ch’io non vi posso te-
nere drieto». Sono ancora di mano di Nicolaio queste sue tradu-
zioni in sancto Marco.100

In effetti, la documentata presenza nel Conventi Soppr. J.


VI. 6 di correzioni stilistiche effettuate inter scribendum dai due
collaboratori del Traversari conferma la testimonianza del
più famoso libraio dell’epoca. Ad esempio, a c. 9v l’anonimo
copista corregge in corso d’opera «glorificari» con «gloriam
[…] querit», mentre a c. 68v il Niccoli muta «revocaremus»
in «revotemus». Le peculiarità di queste correzioni di carat-
tere stilistico si spiegano solo pensando a un testo scritto sot-
to dettatura dell’autore stesso. Inoltre, la presenza di spora-
dici interventi traversariani anche sui margini e negli interli-
nei delle due sezioni non autografe (si veda ad esempio il
titolo in maiuscole capitali di c. 1r) non fa altro che confer-
mare una supervisione diretta del Camaldolese su tutto il

99
Così già SOTTILI 1965, p. 10.
100
VESPASIANO, Vite, 1970-76, I, p. 451.
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LO SFACCETTATO UNIVERSO DELLE CORSIVE TRAVERSARIANE 157

manoscritto. Se poi il Traversari fosse talmente abile da tra-


durre senza bisogno di emendare, come sostiene Vespasiano
da Bisticci, o se dettasse ai due collaboratori da un cano-
vaccio di lavoro per noi perduto, è difficile da stabilire. Ma,
in ogni caso, non si può fare a meno di osservare che le cor-
rezioni presenti nel testo di questa versione latina sono dav-
vero poche.

3.4. Atanasio in formato tascabile

Prima di essere completamente assorbito dagli impegni del


generalato, Ambrogio Traversari affrontò anche la versione di
alcuni scritti atanasiani, di cui sopravvive l’autografo di lavo-
ro ancora una volta nel fondo Conventi Soppressi della Bi-
blioteca Nazionale Centrale di Firenze, con segnatura J. VIII.
8 [Tav. 21]. Il volume contiene la versione traversariana del
Contra Gentiles (cc. 1r-26v) e del De incarnatione Verbi (cc. 27r-
54r) di Atanasio, e quella della parte iniziale della Disputatio
contra Arium (fino a «profer de thesauro tuo quae sunt a pa-
tre tuo»), oggi ritenuta pseudo-atanasiana (cc. 54v-58v).101
Ancora incerta è la datazione precisa di queste traduzioni –
per le quali Agostino Sottili ha ristretto su basi storiche la for-
bice cronologica agli anni compresi tra il 1426 e il 1436 102 –
anche se la presenza nel manoscritto di una filigrana simile

101
Non si riconoscono invece interventi né latini né greci del Traversari sul
Laurenziano San Marco 695, supposto modello greco della versione atanasia-
na del Camaldolese, nonostante VITI 1988, pp. 491-492 abbia suggerito che la
breve nota di c. 4v («o{ti ouj polloi; qeoiv») possa essere di sua mano. Tutta-
via, la postilla in esame non sembra diversa dalle numerose altre – sicuramente
non traversariane, anche se coeve – che costellano le prime carte del mano-
scritto. Peraltro, la porzione di testo sarebbe comunque troppo esigua per pro-
vare con certezza l’autografia traversariana. Come dunque avevamo già osser-
vato in merito al modello greco delle Vitae patrum, il Laurenziano Plut. 10. 3
(cfr. supra, III.3.1, nota 31), non pare abitudine del Traversari apporre note o
postille sui manoscritti antichi avuti in prestito per le proprie versioni latine.
Diverso è il caso delle varianti apposte per collazione sui margini del Lauren-
ziano Plut. 69. 35 [Tav. 13] (cfr. supra, III.3.2, nota 72), dal momento che il
codice era stato trascritto intorno al 1419 da Demetrio Scarano proprio per-
ché il Traversari potesse approntare la versione delle Vitae laerziane.
102
Si leggano le argomentazioni di SOTTILI 1965, pp. 4-7, 11-13.
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158 CAPITOLO TERZO

a BRIQUET 11662 Monts, attestata a Firenze nel 1432, indu-


ce a posticipare la versione degli scritti atanasiani al primo
quinquennio degli anni Trenta del secolo.103 Una datazione
tarda, dunque, che ben si addice a un altro interessante da-
to di natura codicologica di cui abbiamo già parlato a pro-
posito del Riccardiano 302.104 Infatti, mentre la corsiva al-
l’antica e l’alfabeto capitale del Conventi Soppr. J. VIII. 8
sono altamente caratteristici dell’usus traversariano, 105 sor-
prende invece il piccolo formato del volume, pari alla metà
circa degli altri manoscritti di lavoro delle versioni dal greco
considerate finora.106 Il medesimo formato ridotto – quindi
più agile e maneggevole – ritornerà anche in minute e tra-
scrizioni abbozzate durante gli anni del concilio di Basilea, 107
quasi si trattasse di un formato ‘tascabile’ o ‘da viaggio’, ade-
guato ai frequenti spostamenti imposti dalla nuova carica
monastica. Oppure, più semplicemente, si dovrà pensare a
un mutamento nel gusto intervenuto solo negli anni più ma-
turi del Camaldolese. Resta il fatto che, nel terzo decennio
del Quattrocento, Ambrogio Traversari avrebbe privilegiato
una nuova facies codicologica del supporto materiale.
Il Conventi Soppr. J. VIII. 8 presenta poi un’ulteriore pe-
culiarità che lo mette in relazione con il cambiamento radi-
cale intervenuto nella vita del monaco proprio a partire dal

103
In tutto il manoscritto si riconosce quest’unica filigrana. L’impiego di
un’unica partita di carta sembra dunque suggerire che i tre scritti atanasiani
non furono tradotti a lunga distanza di tempo l’uno dall’altro.
104
Cfr. supra, II.4.
105
Nel Conventi Soppr. J. VIII. 8 la corsiva all’antica del Traversari pre-
senta una discreta omogeneità, fatte salve le consuete alterazioni nella tem-
peratura della penna e nelle tonalità dell’inchiostro. Vorrei sottolineare solo
la maggiore cura esecutiva e la più accentuata posatezza della scrittura nelle
carte incipitarie dei singoli testi tradotti, dove la corsiva umanistica del mo-
naco si accompagna all’alfabeto capitale (cfr. in particolare le cc. 1r-v e 54v).
106
Al formato ridotto del volume si accompagna necessariamente una ridu-
zione dello specchio di scrittura, che qui misura infatti 130×83 mm, con una me-
dia di righi per pagina da un minimo di 28 ad un massimo di 33. Lo specchio
di scrittura – come di consueto nei manoscritti di lavoro delle traduzioni dal gre-
co – è delimitato dalle sole rettrici maggiori e dalle linee di giustificazione mar-
ginali; è rigato a secco e dispone la scrittura al di sopra del primo rigo.
107
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Reg. lat. 1612 e Wol-
fenbüttel, Herzog-August-Bibliothek, ms. 19. 41. Aug. 4to.
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LO SFACCETTATO UNIVERSO DELLE CORSIVE TRAVERSARIANE 159

1431. Il volume infatti, fin dalle primissime pagine, è affollato


di numerose correzioni marginali e interlineari, rasure, espun-
zioni e depennamenti, che testimoniano non solo i ripensa-
menti sorti già in fase di traduzione, ma anche una sistema-
tica revisione effettuata non molto dopo la fine del lavoro –
segno inequivocabile che ci troviamo di fronte a una vera e
propria minuta, non a una sua eventuale copia autografa.108
Tuttavia, il testo è stato accuratamente rivisto solo fino a c.
54r, cioè fino alla fine del De incarnatione Verbi di Atanasio,
mentre l’incompiuta Disputatio contra Arium presenta al massi-
mo sporadiche correzioni eseguite inter scribendum. L’incom-
piutezza e la mancata revisione dell’ultima traduzione del vo-
lume, che probabilmente il Traversari intendeva riprendere,
andranno forse messe in relazione – o almeno è suggestivo
crederlo – con i gravosi impegni sorti a seguito della nomina
a generale della propria congregazione. Dopo i lunghi anni di
quiete monastica, prevalentemente dediti alle pratiche religio-
se e alle versioni patristiche dal greco, con il 1431 si aprì dav-
vero per il Camaldolese una nuova stagione della vita.

3.5. Un autografo mancato: il Gaddiano 113

Non è invece autografo del Traversari il manoscritto attualmen-


te conservato nella Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, con
segnatura Gaddi 113, che contiene nell’ordine la traduzione di Ru-
fino di Aquileia del commento di Origene al Cantico dei Cantici (cc.
1r-38r; le cc. 38v-40r sono lasciate in bianco); la traduzione di Ru-
fino di Aquileia delle orazioni II, XXXVIII, XXXIX, XLI, XXVI,
XVII, VI, XVI di Gregorio Nazianzeno (cc. 41r-73v; le cc. 74r-80v
sono lasciate in bianco); la versione traversariana del De vera integri-
tate verginitatis (cc. 81r-104r; le cc. 104v-110v sono lasciate in bianco),
un testo attribuito oggi a Basilio di Ancira, ma che egli riteneva di
Basilio di Cesarea. Il codice era stato attribuito alla mano di Am-

108
Del resto, anche l’alternanza tra d diritte e d onciali (ad esempio, a c.
52r si contano 49 d diritte, ma anche 8 d onciali) e tra il nesso et e la corri-
spondente nota tachigrafica (ad esempio, a c. 9r il nesso carolino per et è at-
testato 15 volte, mentre la corrispondente nota tachigrafica 3 volte) denota
una relativa trascuratezza propria delle copie di lavoro, per quanto le varianti
d onciale e la nota tachigrafica per et rimangano decisamente minoritarie.
03 11-11-2009 16:51 Pagina 160

160 CAPITOLO TERZO

brogio Traversari da D. FAVA in Mostra di codici 1932, p. 81. L’at-


tribuzione, già posta in dubbio da SOTTILI 1965, pp. 14-15, è sta-
ta però definitivamente scartata da S. GENTILE in Umanesimo e Pa-
dri 1997, pp. 203-204, che ha riconosciuto la mano del Laurenzia-
no Gaddi 113 anche nel Laurenziano Gaddi 85 e nel Laurenziano
Plut. 89 sup. 75 (sempre di provenienza Gaddi). Da questa identi-
ficazione è derivata un’inconfutabile prova di carattere cronologico:
il Laurenziano Plut. 89 sup. 75 contiene infatti la traduzione del-
l’Adversus Eunomium di Basilio curata da Giorgio Trapezunzio nel
1442, mentre il Traversari era già morto nell’ottobre del 1439: non
può quindi essere lui il copista dei tre gaddiani. Eppure, ancora di
recente, VITI 2000, p. 41 ha riproposto l’autografia traversariana
delle cc. 81r-104r del Gaddi 113, contenenti la traduzione traversa-
riana del De vera integritate virginitatis di Basilio di Ancira. Ma il ma-
noscritto mi sembra vergato da un’unica mano che, per quanto ado-
peri una corsiva all’antica effettivamente simile a quella del Tra-
versari, 109 presenta tuttavia anche notevoli differenze, che non
rendono assolutamente possibile l’identificazione con la mano del
Camaldolese. Nel Gaddiano, infatti, la A maiuscola presenta il più
delle volte un trattino di coronamento notevolmente allungato; la d
onciale ha il terzo tratto ripiegato a uncino; la g, schiettamente cor-
siva, è spesso eseguita in un solo tempo; la r è quasi esclusivamen-
te in forma di 2; in fine di parola si osserva frequentemente la S
maiuscola allungata; l’abbreviazione per -us è a un’altezza diversa
rispetto alla norma traversariana; in fine di parola è usata regolar-
mente la cosiddetta m in forma di 3; il taglio obliquo per -er-, piut-
tosto basso, lega in genere con quanto segue; si incontra a volte una
d a bandiera che lega in uscita con la lettera successiva. Da ultimo,
si può notare che il rapporto tra d diritte e d onciali è decisamen-
te sbilanciato in favore di queste ultime, 110 il che contrasta netta-
mente con l’usus del Camaldolese nei codici di versioni dal greco.
In altri termini, sebbene la scrittura del Gaddi 113 riveli una co-
munanza di ambiente grafico (forse lo stesso monastero di S. Ma-
ria degli Angeli) con la corsiva all’antica di Ambrogio Traversari,
andrà respinta ogni identificazione tra le due mani.

109
Notevoli analogie rivelano infatti sia la forma e il tratteggio di diverse let-
tere (b, c, d diritta, e, f, h m n a proboscide, i, l, o, p, q, s diritta, t, u, z, ma an-
che a talora in due tempi), sia il sistema delle legature (in particolare, le nu-
merose legature tra abbreviazione per la nasale e lettera successiva, oltre agli
svolazzi cancellereschi che tornano indietro a legare con la lettera successiva).
110
Ad esempio, a c. 81r del Gaddi 113 si contano solo 12 d diritte, men-
tre le d onciali sono addirittura 56.
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IV

LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI


DI ATTIVITÀ GRAFICA (1431-1439)

1. La forma lettera come tramite privilegiato del messaggio politico

Il 26 ottobre del 1431 segnò l’inizio dell’ultima e rivolu-


zionaria stagione della vita di Ambrogio Traversari, conclu-
sasi appena otto anni dopo con una morte inattesa (21 otto-
bre 1439). La nomina a generale della propria congregazione
costrinse infatti il monaco ad abbandonare la pace del chio-
stro e gli amati otia litterarum, per dedicarsi alla restaurazione
disciplinare nei monasteri camaldolesi e vallombrosiani, oltre
che per partecipare a delicate missioni diplomatiche nelle se-
di conciliari, in vista della ricomposizione delle due Chiese.
Se tuttavia il 1431 rappresentò un vero e proprio spartiac-
que nella parabola biografica del Traversari, le testimonianze
scrittorie conservate non permettono di prospettare una sim-
metrica frattura nella sua evoluzione grafica. È pur vero che,
rispetto agli anni precedenti, si è costretti a riconoscere una
maggiore lacuna tradizionale dei materiali pervenuti fino a noi,
ma la causa andrà imputata piuttosto al naufragio dei docu-
menti traversariani che a una presunta assenza di pratica scrit-
toria negli anni del generalato. Eppure, nonostante molte at-
testazioni grafiche siano andate inesorabilmente perse, sembra
innegabile che, nell’autunno della vita, il Camaldolese abbia
privilegiato con decisione varianti di lettere e legamenti corsi-
vi, sia sul versante del greco – nel quale però la scomparsa di
testimonianze più tarde fa arenare il discorso al 1433 1 – quan-

1
Ritengo tuttavia improbabile che il rinvenimento di ulteriori testimo-
04 11-11-2009 16:51 Pagina 162

162 CAPITOLO QUARTO

to su quello del latino, dove la corsiva umanistica, prima ri-


servata di norma alle traduzioni patristiche, sconfinò in settori
grafici inaspettati e invase addirittura il campo documentario,
fino a rivelarsi la vera scrittura ‘totale’ degli ultimi anni.
A partire dal 1431, dunque, non mutarono radicalmente
né tipologie né forme grafiche che, al contrario, proseguiro-
no la loro naturale evoluzione nel solco tracciato da decen-
ni di esperienza; tutt’al più, è possibile segnalare il notevole
incremento del numero ma anche della varietà di testimo-
nianze scritte prodotte dal Camaldolese in questo periodo.
Infatti, mentre in precedenza il Traversari si era dedicato a
un’attività per così dire monolitica – in ambito amministra-
tivo con la compilazione dei documenti del monastero degli
Angeli, sul versante letterario invece con la trascrizione di co-
dici e la traduzione di testi patristici – le nuove incombenze
imposte dalla carica di generale dettarono a loro volta una
proliferazione quantitativa e qualitativa di testimonianze scrit-
te per gli anni successivi al 1431.
Aumentò in primo luogo la documentazione di carattere
strettamente burocratico, prodotta ora non più, come negli
anni giovanili, in copie destinate alla conservazione nelle filze
o nei registri del monastero, bensì in veri e propri originali di
documenti iussivi, per i quali una secolare prassi documenta-
ria aveva privilegiato le forma lettera. Per inciso, è pur vero
che proprio la nuova carica ecclesiastica avrebbe ammantato
di rispetto, nel corso dei secoli, anche documenti per loro stes-
sa natura effimeri (lettere necessarie alla vita quotidiana del-
l’ente, ricevute di pagamento, appunti e pro memoria), favoren-
done la conservazione d’archivio. Ma, d’altro canto, l’incre-
mento dei materiali prodotti per le esigenze amministrative
della propria congregazione fu comunque tale da costringere
il Camaldolese a servirsi perfino di scribi e segretari che, sot-
to dettatura, redigessero copie o addirittura gli stessi originali
dei documenti emanati in qualità di priore generale.

nianze greche per gli anni 1434-1439 modificherebbe il quadro prospettato,


mostrando un ritorno del Traversari alla piccola onciale degli anni giovanili,
dal momento che il monaco aveva completamente abbandonato già dal 1425
questa tipologia grafica a favore della più pratica minuscola usuale di ascen-
denza crisolorina (cfr. supra, II.3 e III.3.2).
04 11-11-2009 16:51 Pagina 163

LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 163

Una significativa attestazione di questa pratica è documentata


da alcuni materiali giunti fino a noi. Il primo è un frustolo carta-
ceo attualmente conservato nel fondo Mediceo Avanti il Principa-
to dell’Archivio di Stato di Firenze, con segnatura XII, 8. Si trat-
ta di una breve epistola, datata 14 luglio 1435, con cui il Traver-
sari concede al priore nonché camerario di S. Maria degli Angeli
di restituire a un certo frate Ranieri, ribelle all’autorità ecclesiasti-
ca, il denaro precedentemente depositato da quest’ultimo, a condi-
zione che lo stesso priore del monastero decurtasse da esso il de-
bito pregresso del frate e la somma spesa per la sua cattura, oltre
a ordinargli di mutare abito monastico entro tre giorni. Il testo del-
la lettera – evidentemente spedita per rispondere a esigenze di am-
ministrazione interna dell’ente – indurrebbe a ritenere il docu-
mento un vero e proprio autografo del Camaldolese. L’incipit suo-
na infatti: Nos frater Ambrosius sanctae camaldulensis heremi prior
absolvimus venerabilem fratrem nostrum priorem monasterii sanctae Mariae de
Angelis sive camerarium ipsius monasterii a quadam sequestratione per nos fat-
ta sibi de pecuniis fratris Rainerii etc. E l’explicit, a sua volta: In cuius
rei fidem has nostras litteras manu propria scripsimus et minores nostri sigil-
li impressione munivimus die XIIII Julii anno domini 1435. Tuttavia, le
singole lettere (in particolare a, b, c, d, f, g, o, r, s) appaiono mol-
to distanti dall’usus traversariano, e la scrittura non risulta in ge-
nerale compatibile con la mano del monaco. Molto difficilmente,
inoltre, Ambrogio Traversari in persona avrebbe commesso un er-
rore così grossolano come fatta per facta in un documento latino
con valore ufficiale (r. 2). Si dovrà dunque pensare che l’epistola
sia stata dettata o comunque copiata da uno scrivano.2
Un discorso analogo vale per la lettera ufficiale inviata da Am-
brogio Traversari al priore del monastero olivetano di S. Michele
in Bosco presso Bologna, don Benedetto de’ Boschi, in data 29 lu-
glio 1432 – adesso a Chiusure (Siena), Archivio dell’Abbazia di
Monte Oliveto Maggiore, Diplomatico. Fondo S. Michele in Bosco

2
Tuttavia, in questo caso specifico, sembra improbabile considerare il do-
cumento l’originale della missiva inviata dal Camaldolese al priore del mona-
stero degli Angeli, in quanto mancano sia il sigillo che l’indirizzo del desti-
natario sul verso del foglio. D’altro canto, la presenza di piegature, difficilmente
riconducibili a modalità di conservazione, nonché l’assenza pressoché totale di
correzioni inducono a sospettare che non si tratti neppure di una minuta, ma
piuttosto di una copia recapitata ad altri per conoscenza, a mano oppure in
allegato ad un ulteriore plico di documenti. Del resto, non andrà dimentica-
to che questa lettera è stata conservata per secoli nell’archivio privato della
famiglia de’ Medici, con cui il Traversari mantenne per tutta la vita un fitto
scambio epistolare.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 164

164 CAPITOLO QUARTO

di Bologna, n. 62. Con questo documento il Camaldolese concede


in locazione agli Olivetani di S. Michele in Bosco la casa con ora-
torio e orto posseduta dalla congregazione camaldolese all’interno
della città di Bologna, dietro pagamento del canone annuo di una
libbra di cera, affinché in essa i monaci potessero dedicarsi nuo-
vamente all’ufficio divino dopo la distruzione del loro monastero.3
L’utilizzo di un supporto membranaceo, le piegature del docu-
mento e la presenza del sigillo cereo pendente inducono a ritene-
re questa bolla l’originale della missiva fatta pervenire dal Traver-
sari al priore don Benedetto de’ Boschi. Eppure, anche in questo
caso, il documento fu trascritto da un segretario del Camaldolese,
dal momento che l’esame paleografico non conferma l’autografia
della mano, ma rivela l’impiego di una cancelleresca molto curata
e di alto livello formale, decisamente difforme dall’usus traversaria-
no per forma, tratteggio e legamenti delle singole lettere.

Accanto all’accresciuta produzione amministrativa, Am-


brogio Traversari cercò di non abbandonare del tutto nem-
meno i lavori di carattere più strettamente letterario, anche
se, dopo la nomina a generale, le trascrizioni di testi latini e
le versioni patristiche inseguirono a fatica il coerente pro-
gramma morale e didascalico degli anni giovanili, ispirando-
si piuttosto a necessità contingenti, dettate di norma da im-
perativi diplomatici. Infatti, il Camaldolese tradusse nel 1435
le tre orazioni De pace di Gregorio Nazianzeno proprio allo
scopo di perorare la pace all’interno della cristianità occi-
dentale in occasione del concilio di Basilea; mentre, per fa-
vorire la successiva riunificazione delle due Chiese durante il
concilio di Ferrara-Firenze, volse le sue cure, tra il 1438 e il
1439, a numerosi testi patristici sulla processione dello Spiri-
to Santo.4

3
All’Archivio di Stato di Bologna – fondo Corporazioni Religiose Sop-
presse. S. Michele in Bosco, 26/2198, fasc. 51 – si conserva ancora il vero e
proprio contratto di locazione relativo alla transazione intercorsa tra Ambro-
gio Traversari e il priore degli Olivetani di S. Michele in Bosco, rogato da
un notaio fiorentino di nome Niccolò del fu Berto di Martino.
4
Anche per le traduzioni degli ultimi anni del generalato, come già per
la documentazione amministrativa e burocratica, il Camaldolese fu costretto
04 11-11-2009 16:51 Pagina 165

LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 165

D’altro canto, è indiscutibile che la dimensione politica e


diplomatica occupò prepotentemente gli ultimi anni di vita
del Traversari e alimentò un nuovo filone di scritti in pre-
cedenza quasi completamente trascurati, per i quali il trami-
te formale privilegiato, seppure non esclusivo, 5 fu il canale
epistolare – uno dei generi maggiormente rappresentativi del-
la cultura umanistica nella prima metà del Quattrocento,
perché dotato della necessaria flessibilità ad accogliere le più
disparate tematiche politiche, morali e letterarie.6
Anche negli anni della clausura monastica il Camaldolese
aveva scritto lettere, ma inferiori nel numero e incentrate pre-
valentemente su temi bibliologici o letterari (come le due mis-
sive indirizzate nel 1424 all’arcivescovo di Genova Pileo de
Marini), 7 un argomento che il monaco non trascurò neppure
negli anni del generalato, in particolare nel descrivere all’a-
mico Niccoli gli opuscoli rari o sconosciuti riscoperti durante
la visita ai monasteri della propria congregazione (1432-1434)
o in occasione dei viaggi diplomatici oltralpe (1435-1436).8
A partire dal 1431, tuttavia, la nuova dimensione pubbli-
ca imposta dalla carica di generale costrinse il Traversari a
infittire soprattutto le epistole indirizzate al pontefice, a car-

a ricorrere al lavoro di librarii che scrivessero sotto dettatura o copiassero i te-


sti emendati. Si vedano le numerose lettere in cui il monaco ne lamenta la
penuria e la disperata necessità: cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, I, 25 = vol.
II, col. 50; III, 59 = vol. II, coll. 187-188; III, 60 = vol. II, col. 189; IV, 31
= vol. II, coll. 231-232; XIII, 9 = vol. II, col. 619.
5
Si pensi infatti all’Hodoeporicon, diario di viaggio relativo alla visita rifor-
matrice svolta presso i monasteri camaldolesi e vallombrosiani tra il 1432 e il
1434. Cfr. supra, I.2.1, nota 124.
6
Sulla rappresentatività culturale del genere epistolare in età umanistica,
in particolare in relazione alla figura di Ambrogio Traversari, cfr. RINALDI
1990, pp. 34-40, VITI 1996, p. 233 e BORGHESI 2000, pp. 68-69. Per una ra-
pida panoramica sui molti scriventi del primo Quattrocento che hanno la-
sciato memoria di sé quasi esclusivamente come autori di lettere, in molti ca-
si lontane da finalità letterarie, ma dettate piuttosto da scopi pratici e con-
tingenti, si legga ancora VITI 1996, pp. 261-263. Una sintetica, ma efficace
nota sull’epistolografia umanistica si trova anche nel recente saggio di PE-
TRUCCI 2008, pp. 69-86.
7
Cfr. supra, III.2.
8
Le numerose lettere di argomento bibliologico e letterario a Niccolò Nic-
coli occupano il libro VIII dell’epistolario traversariano edito in TRAVERSARI,
Epistolae, 1759.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 166

166 CAPITOLO QUARTO

dinali, nobili, potenti, e a quant’altri intrecciavano con lui


stretti legami diplomatici. Il forzato distacco da Firenze fa-
vorì inoltre una costante corrispondenza con i monaci rima-
sti nel cenobio degli Angeli e in particolare col fratello Gi-
rolamo, mentre il ruolo di guida dell’intera congregazione
spinse il Camaldolese a tessere una fitta rete di scambi epi-
stolari con priori e abati di monasteri lontani. Sottili trame
politiche e complessi equilibri di alleanze vennero a intrec-
ciarsi – lettera dopo lettera, e molto spesso nel corpo della
stessa missiva – a racconti di viaggi, di monasteri visitati e
di persone incontrate. Temi di alta politica, queruli messag-
gi di raccomandazione e familiari racconti di vita quotidiana
si ritrovarono così a convivere in un unico ed eclettico con-
tenitore. E molto spesso il racconto di un evento anche ba-
nale offriva lo spunto per educare i confratelli lontani ai va-
lori della virtù cristiana.9
Il risultato della nuova condizione di generale dei Camal-
dolesi fu dunque una notevole proliferazione della quantità e
della varietà dei materiali epistolografici dopo il 1431. Non
a caso, infatti, ben sette delle dodici lettere traversariane so-
pravvissute fino a noi in originale autografo sono datate con
sicurezza agli anni del generalato.10 Inoltre, nonostante le due
missive di argomento bibliografico all’abate Gomezio della
Badia fiorentina restino prive di addentellati cronologici cer-
ti, almeno per la seconda di esse è probabile una datazione
agli anni del concilio di Ferrara-Firenze.11

9
Sull’intento didascalico che traspare da molte pagine dell’epistolario tra-
versariano si vedano in particolare RINALDI 1990, pp. 36-37 e BORGHESI
2000, pp. 68-69.
10
In ordine cronologico, esse sono: Firenze, Archivio di Stato, Mediceo
Avanti il Principato, XIII, 11 ([1432] novembre 21, Soci) [Tav. 8]; Firenze,
Archivio di Stato, Diplomatico, Normali, Camaldoli, S. Salvatore (eremo), 6
novembre 1433 (Fontebona) [Tav. 6]; Siena, Archivio di Stato, Concistoro,
Carteggi, filza 1931, c. 62 ([1433] dicembre 18, Cesena) [Tav. 28]; Firenze,
Archivio di Stato, Diplomatico, Normali, Camaldoli, S. Salvatore (eremo), 19
dicembre 1433 (Cesena) [Tav. 7]; Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Va-
ticana, Vat. lat. 3908, c. 241 ([1434] agosto 14, [Firenze]) [Tav. 31]; Forlì, Bi-
blioteca Comunale A. Saffi, Fondo Piancastelli, Carte Romagna, busta 641, do-
cumento 210 (1436 giugno 25, Fontebona) [Tav. 24]; Siena, Archivio di Sta-
to, Concistoro, Carteggi, filza 1937, c. 75 ([1437] gennaio 16, Soci) [Tav. 29].
11
Gli autografi traversariani dei due brevi biglietti indirizzati all’abate Go-
04 11-11-2009 16:51 Pagina 167

LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 167

Le epistole datate o databili agli anni del generalato pos-


sono sembrare poche in termini assoluti, ma non andrà di-
menticata l’immensa dispersione degli originali di trasmissive
traversariane dal Quattrocento ai giorni nostri, come rivela
il confronto con la massiccia mole di lettere tramandate in
copia dalle raccolte manoscritte.12 Comunque, le epistole au-
tografe del generalato restano pur sempre il quadruplo di
quelle conservate per tutta la precedente clausura monastica
(cioè le due lettere all’arcivescovo di Genova, Pileo de Ma-
rini); e il dato è ancora più significativo, se consideriamo che
la vita pubblica del Camaldolese si concentrò in soli nove an-
ni. D’altro canto, nelle stesse raccolte manoscritte le missive
posteriori al 1431 rappresentano la quasi totalità della docu-
mentazione conservata.
La forma lettera rappresentò davvero il tramite privilegia-
to con cui Ambrogio Traversari scelse di parlare ai contem-
poranei e ai posteri durante gli anni del generalato, compli-
ci il formato ridotto e lo stile asciutto che ben si adattavano
alle esigenze di viaggio e ai numerosi impegni del monaco.
Ma, se già l’evoluzione grafica della mano del Camaldolese
non registra sostanziali mutamenti ante e post 1431, lo stesso
si verifica anche per la struttura materiale delle epistole, fat-
ta salva la loro accresciuta tipologia, varietà contenutistica e
rilevanza numerica negli anni del generalato.
Quasi tutte le missive del monaco conservate in originale
autografo, precedenti e successive alla nomina a priore ge-
nerale della congregazione, sono redatte su supporto carta-
ceo. Fanno eccezione soltanto due documenti di nomina ad
alte cariche amministrative all’interno dell’ente religioso, nei
quali è preferito l’uso della pergamena.13 Inoltre, la tipologia
di formato lettera più frequente (10 attestazioni su 12) pre-

mezio della Badia fiorentina sono incollati e rilegati, dopo leggera rifilatura,
alle pp. 163-164 del Conventi Soppr. da ordinare, Badia 4 della Biblioteca
Nazionale Centrale di Firenze [Tav. 16].
12
Purtroppo, nessuna delle raccolte manoscritte di epistole traversariane è
autografa. Per una rapida sintesi del problema si veda l’appendice al presen-
te paragrafo: L’epistolario: sillogi ed edizioni.
13
Firenze, Archivio di Stato, Diplomatico, Normali, Camaldoli, S. Salva-
tore (eremo), 6 novembre 1433 e 19 dicembre 1433.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 168

168 CAPITOLO QUARTO

senta l’altezza di gran lunga inferiore alla larghezza.14 Solo in


due casi – precisamente nel documento iussivo che nomina
Giovanni da Prato Vecchio nuovo priore del monastero di
Santa Mustiola degli Archi a Siena e nell’importante episto-
la indirizzata a Eugenio IV il 14 agosto del 1434 15 – è pre-
ferito il formato alternativo, segno di una totale intercambia-
bilità nella prassi degli scriventi di inizi Quattrocento, ma an-
che della spiccata tendenza traversariana all’uso della prima
tipologia epistolografica, mentre la seconda, più familiare ai
nostri occhi, appare relegata dal monaco a soddisfare esi-
genze specifiche, qui ad esempio per redigere testi più lun-
ghi della norma. L’indirizzo del destinatario, laddove presen-
te, risulta vergato sul verso della missiva per mano del Tra-
versari stesso.16 La chiusura della lettera era infatti realizzata,
come di consueto, piegando il foglio in più parti, forandolo
e poi trattenendolo con cordoncini di carta, fino all’applica-
zione conclusiva di un sigillo cereo aderente protetto da un
ritaglio romboidale di carta.17 Laddove prevaleva invece la

14
Firenze, Archivio di Stato, Carte Strozziane, serie I, 136, c. 14; Firen-
ze, Archivio di Stato, Diplomatico, Normali, Camaldoli, S. Salvatore (eremo),
6 novembre 1433; Firenze, Archivio di Stato, Mediceo Avanti il Principato,
XIII, 11; Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. da ordina-
re, Badia 4, pp. 163-164, a-b; Forlì, Biblioteca Comunale A. Saffi, Fondo
Piancastelli, Carte Romagna, busta 641, documento 210; Genova, Archivio
Capitolare di San Lorenzo, cartella 391, n. 71 e n. 89; Siena, Archivio di Sta-
to, Concistoro, Carteggi, filza 1931, c. 62 e filza 1937, c. 75.
15
Firenze, Archivio di Stato, Diplomatico, Normali, Camaldoli, S. Salva-
tore (eremo), 19 dicembre 1433; Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Va-
ticana, Vat. lat. 3908, c. 241.
16
L’indirizzo del destinatario risulta assente in due soli casi: Forlì, Biblio-
teca Comunale A. Saffi, Fondo Piancastelli, Carte Romagna, busta 641, do-
cumento 210 e Firenze, Archivio di Stato, Diplomatico, Normali, Camaldoli,
S. Salvatore (eremo), 19 dicembre 1433. Tuttavia, la presenza di piegature dif-
ficilmente riconducibili alle modalità di conservazione del documento e, nel
primo caso, l’impronta di un sigillo cereo aderente, nel secondo, invece, la
presenza di taglietti attraverso cui scorreva il cordoncino, ora perduto, che ser-
viva a trattenere un sigillo pendente, anch’esso perduto, lasciano supporre che
la lettera fosse stata consegnata a mano, tramite un corriere di fiducia, op-
pure entro un ulteriore involucro, magari in allegato ad altri documenti o co-
munque per proteggere maggiormente il sigillo pendente.
17
Il sigillo cereo aderente, protetto da un ritaglio romboidale di carta, si
conserva ancora in quattro esemplari di missive traversariane: Genova, Ar-
chivio Capitolare di San Lorenzo, cartella 391, n. 71 e n. 89; Siena, Archi-
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LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 169

natura di documento iussivo, il sigillo cereo era apposto in


calce al testo della lettera, con funzione di autentica dello
scritto.18 In un caso particolare, infine, Ambrogio Traversari
fece addirittura uso di un sigillo pendente, purtroppo perdu-
to, ma ugualmente sintomatico della possibilità, riservata ai
soli documenti di una certa importanza, di avvalersi di for-
me corroborative differenti da quelle attestate di norma.19

vio di Stato, Concistoro, Carteggi, filza 1931, c. 62 e filza 1937, c. 75. Se ne


scorgono inoltre tracce in altre due lettere: Firenze, Archivio di Stato, Medi-
ceo Avanti il Principato, XIII, 11 e Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale,
Conventi Soppr. da ordinare, Badia 4, pp. 163-164, a. Il sigillo risulta inve-
ce del tutto assente in due casi, per motivi differenti. Nella lettera di Firen-
ze, Archivio di Stato, Carte Strozziane, serie I, 136, c. 14, perché essa, co-
me suggerisce il testo stesso, fu recapitata a mano dal diretto interessato. Nel-
la missiva di Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. da
ordinare, Badia 4, pp. 163-164, b, si può invece ragionevolmente supporre
che la scarsa ufficialità del biglietto non rendesse indispensabile l’applicazione
del sigillo o che esso sia stato rifilato in occasione dell’allestimento del volu-
me in cui è rilegato il documento. Infine, non è possibile verificare il dato
per l’attuale epistola di Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana,
Vat. lat. 3908, c. 241, dal momento che il verso della lettera è incollato su un
foglio di carta di rinforzo, che impedisce di vedere eventuali tracce di sigillo
cereo. Tuttavia, l’assenza di taglietti di chiusura (resa peraltro dubbia dalle
non buone condizioni di conservazione soprattutto dei margini dell’epistola)
potrebbe suggerire che la lettera fosse stata spedita allegata ad altri documenti,
in un involucro comune, forse addirittura senza sigillo.
18
Tracce di sigillo cereo aderente sono chiaramente visibili sul recto di due
veri e propri documenti iussivi in forma di lettera: Forlì, Biblioteca Comuna-
le A. Saffi, Fondo Piancastelli, Carte Romagna, busta 641, documento 210 e
Firenze, Archivio di Stato, Diplomatico, Normali, Camaldoli, S. Salvatore
(eremo), 6 novembre 1433.
19
Mi riferisco in particolare al documento iussivo in forma di lettera in-
dirizzato al confratello Giovanni da Prato Vecchio per conferirgli la nomina
a priore del monastero di Santa Mustiola degli Archi a Siena: Firenze, Ar-
chivio di Stato, Diplomatico, Normali, Camaldoli, S. Salvatore (eremo), 19 di-
cembre 1433. Il sigillo pendente, verosimilmente cereo, è ora perduto, ma la
sua originaria presenza è garantita, oltre che dai taglietti attraverso cui scor-
reva il cordoncino atto a trattenerlo e la relativa piegatura di rinforzo, anche
dal testo stesso della missiva, che ricorda come il documento fosse stato con-
validato tramite sigilli nostri appensione, e non impressione. Del resto, un buon
parallelo all’uso di corroborare con un sigillo cereo pendente i documenti ius-
sivi emessi dal Traversari in qualità di priore generale della propria congre-
gazione è rappresentato almeno da un secondo testimone, non autografo ma
ugualmente formulato in prima persona, in cui il sigillo è fortunatamente ben
conservato: la lettera ufficiale inviata da Ambrogio Traversari a don Benedetto
il 29 luglio 1432 – adesso a Chiusure (Siena), Archivio dell’Abbazia di Mon-
te Oliveto Maggiore, Diplomatico. Fondo S. Michele in Bosco di Bologna, n.
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170 CAPITOLO QUARTO

Il ventaglio di argomenti affrontati nelle epistole autogra-


fe traversariane è molto vario: si contano infatti lettere dal
contenuto prevalentemente politico, 20 privato, 21 bibliologico, 22
burocratico 23 o comunque relativo alla quotidianità ammini-
strativa dell’ente, 24 a cui corrisponde una diversità formale di
impostazione del dettato, per quanto non rigorosa. 25 Le epi-
stole graviores, destinate a un interlocutore illustre, 26 e i do-
cumenti iussivi in forma di lettera 27 prediligono uno stile al-

62. È significativo che, anche in questo caso, la documentata presenza del si-
gillo cereo pendente sia richiamata nel testo attraverso la formula sigilli nostri
appensione.
20
Firenze, Archivio di Stato, Mediceo Avanti il Principato, XIII, 11; Cit-
tà del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 3908, c. 241.
21
Firenze, Archivio di Stato, Carte Strozziane, serie I, 136, c. 14.
22
Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. da ordinare,
Badia 4, pp. 163-164, a-b; Genova, Archivio Capitolare di San Lorenzo, car-
tella 391, n. 71 e n. 89.
23
Firenze, Archivio di Stato, Diplomatico, Normali, Camaldoli, S. Salva-
tore (eremo), 6 novembre 1433 e 19 dicembre 1433; Forlì, Biblioteca Comu-
nale A. Saffi, Fondo Piancastelli, Carte Romagna, busta 641, documento 210.
24
Siena, Archivio di Stato, Concistoro, Carteggi, filza 1931, c. 62 e filza
1937, c. 75. Questo tipo di epistole, in particolare, poiché non erano desti-
nate affatto ad essere tramandate nelle raccolte librarie, ci sono pervenute so-
lo nelle trasmissive originali, che erano conservate negli archivi dei destinata-
ri per il loro valore amministrativo.
25
Sulla capacità e libertà degli umanisti di adoperare all’occorrenza in
campo epistolografico tanto le strutture formali e linguistiche canonizzate dal-
le artes dictaminis tra XI e XIII secolo quanto la nuova prosa più lineare e la
nuova organizzazione volutamente più disomogenea degli argomenti, dettate
dall’imitazione delle antiche raccolte di lettere (Cicerone in primis), cfr. WITT
1982, pp. 26-35. Del ciceronianismo stilistico di Ambrogio Traversari parla
anche, seppur brevemente, lo stesso WITT 2000, pp. 393, 504. Del resto, la
rinnovata prassi epistolare nel Quattrocento, pur conservando forti legami con
le artes dictaminis, divenne strumento privilegiato per trasmettere i nuovi mo-
delli culturali umanistici impostati proprio sugli studia humanitatis degli auctores
classici: così GRIGGIO 1998, p. 86 e BORGHESI 2000, p. 71.
26
Si vedano in particolare l’epistola al papa Eugenio IV (Città del Vati-
cano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 3908, c. 241) ma anche le due
missive precedentemente inviate all’arcivescovo di Genova Pileo de Marini
(Genova, Archivio Capitolare di San Lorenzo, cartella 391, n. 71 e n. 89).
27
Mi riferisco in primo luogo alle due epistole con cui il Traversari con-
ferì ai propri confratelli don Antonio di Gambassio e don Giovanni da Pra-
to Vecchio prestigiosi incarichi amministrativi (rispettivamente un rettorato e
un priorato) all’interno dell’ente: cfr. supra, IV.1, nota 13. Ad esse andrà poi
aggiunto un terzo documento amministrativo tramite cui il Camaldolese affi-
dò a don Pietro, priore del Camaldolino di Bologna, il compito di sovrinten-
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LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 171

to, a tratti decisamente pesante, e rispettano a grandi linee


le partizioni medievali delle artes dictaminis.28 Infatti, a intitu-
latio e inscriptio – di norma invertite quando il Camaldolese
intende sottolineare il proprio rispetto nei confronti del de-
stinatario 29 – fanno seguito un preambolo retoricamente ef-
ficace, 30 narratio e dispositio, formule di saluto e benedizione fi-

dere all’alienazione dei beni di un altro monastero bolognese, quello di S. Ma-


ria degli Angeli: adesso a Forlì, Biblioteca Comunale A. Saffi, Fondo Pianca-
stelli, Carte Romagna, busta 641, documento 210.
28
La tesi della permanenza delle strutture formali delle artes dictaminis nel-
la pur rinnovata prassi epistolografica degli umanisti è già in KRISTELLER
1944-45, p. 358 e KRISTELLER 1961, p. 190. Nel più recente contributo di
WITT 2000 viene ripresa e precisata la tesi ‘classica’ di Kristeller, sottolinean-
do la differenza tra la retorica a carattere pubblico (lettere e discorsi ufficia-
li), in cui perdurarono inalterate le tradizioni espressive e stilistiche della re-
torica medievale fino alla fine del XV secolo, e gli scritti a carattere privato,
dove invece furono più sensibili i cambiamenti prodotti dalla tendenza a imi-
tare la retorica antica (cfr. in particolare le conclusioni anticipate in sintesi a
p. 5). Una rapida sintesi sullo sviluppo storico delle artes dictandi si legge an-
che in MORENZONI 1994.
29
Ad esempio, nella lunga lettera al pontefice Eugenio IV, il nome di que-
st’ultimo al dativo precede quello del monaco al nominativo («Domino sancto
ac beatissimo patri Eugenio Ambrosius»: Città del Vaticano, Biblioteca Apo-
stolica Vaticana, Vat. lat. 3908, c. 241r, r. 1). L’accorgimento era già presente
nella seconda missiva all’arcivescovo di Genova Pileo de Marini («Domino
amantissimo et merito venerabili patri Pilleo Ambrosius»: Genova, Archivio Ca-
pitolare di San Lorenzo, cartella 391, n. 89, r. 1) e ritorna anche in una terza
epistola indirizzata a Cosimo de’ Medici («Dilectissimo fratri Cosmo Ambro-
sius»: Firenze, Archivio di Stato, Carte Strozziane, serie I, 136, c. 14r, r. 1).
30
Il preambolo è l’elemento retorico che, forse più di ogni altro, confer-
ma già in apertura di discorso l’adesione ai dettami delle artes medievali e,
proprio per questo, risulta impiegato con regolarità nelle lettere graviores scrit-
te dal monaco. Infatti, nella missiva a Eugenio IV del 1434, Ambrogio Tra-
versari giustifica l’audacia del suo intervento, ricordando l’affetto nei confronti
del pontefice e la gravità della situazione presente, mentre nelle due epistole
a Pileo de Marini, risalenti a dieci anni prima, ricorre per ben due volte il
topos della mancanza di tempo, dovuta a pressanti impegni, che avrebbe im-
pedito di rispondere adeguatamente all’interlocutore. L’arenga è poi presente
anche nei documenti iussivi impiegati dal Traversari come strumento per con-
ferire incarichi o comunque compiti amministrativi ai propri confratelli: cfr.
supra, IV.1, note 23 e 27. In tutti e tre i casi, mutatis mutandis, la complessa
retorica del preambolo nasconde il medesimo topos dell’importanza di soddi-
sfare le giuste esigenze di singoli monaci o di intere comunità di religiosi ap-
partenenti alla congregazione camaldolese e giustifica in questo modo, da un
punto di vista morale e ideale, l’azione giuridica promossa da Ambrogio Tra-
versari nel dispositivo di ciascuna lettera.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 172

172 CAPITOLO QUARTO

nali, data topica e cronica.31 Invece, a differenza delle gra-


viores, le familiares 32 e le lettere relative alla quotidianità am-
ministrativa dell’ente 33 risultano alleggerite da eccessivi vezzi
retorici, sopprimono di norma il preambolo e introducono,
immediatamente dopo l’intestazione, la narrazione dei fatti,
che a loro volta si susseguono per accumulazione in uno sti-
le volutamente colloquiale. Nelle due lettere indirizzate alle
più alte magistrature del Comune di Siena, infine, la firma
completa di Ambrogio Traversari è apposta non nell’intesta-
zione, bensì in calce al testo del documento, in funzione di
autenticazione dello scritto.34
Nelle epistole traversariane conservate in originale auto-
grafo, inoltre, alla varietà di tipologia, contenuti e imposta-
zione formale del dettato corrisponde un’alternanza di registri
grafici che, pur mantenendosi nel solco della corsiva, spazia-
no dal livello usuale ai gradi più formali nobilitati dal trave-
stimento all’antica, attraverso un ampio spettro di possibilità.
La prima lettera degli anni del generalato pervenuta fino
a noi fu spedita a Cosimo e Lorenzo de’ Medici il 21 no-
vembre 1432, mentre Ambrogio Traversari si trovava tem-
poraneamente a Soci per incombenze relative all’ammini-
strazione del proprio ente [Tav. 8].35 In essa l’ostentata fa-

31
La data cronica spesso era priva di anno, dal momento che le lettere
erano recapitate al destinatario subito dopo la stesura.
32
Firenze, Archivio di Stato, Carte Strozziane, serie I, 136, c. 14 e Me-
diceo Avanti il Principato, XIII, 11.
33
Cfr. supra, IV.1, nota 24.
34
Siena, Archivio di Stato, Concistoro, Carteggi, filza 1931, c. 62: inc.
«Magnifici domini. Accepi literas vestrae celsitudinis […]», expl. «Cæsenæ
XVIII decembris. Frater Ambrosius sanctae camaldulensis heremi prior et or-
dinis ipsius generalis»; Siena, Archivio di Stato, Concistoro, Carteggi, filza
1937, c. 75: inc. «Magnifici et sublimes domini. Ex relatione nostrorum […]»,
expl. «oramus ut huius rei executionem promovere dignemini. Frater Ambro-
sius sanctae camaldulensis heremi prior atque ordinis totius generalis». Una
firma più breve («Frater Ambrosius filius tuus») compare anche, per quanto
non in funzione di autenticazione, in calce ai due biglietti di contenuto bi-
bliografico indirizzati all’abate Gomezio della Badia fiorentina: cfr. supra, IV.1,
nota 11.
35
Firenze, Archivio di Stato, Mediceo Avanti il Principato, XIII, 11
([1432] novembre 21, Soci). Editio princeps in LUISO 1898-1903, vol. I, p. 42.
Riedizione in FORTUNA-LUNGHETTI 1977, pp. 14-15, tav. VII.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 173

LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 173

miliarità, suggerita dal tono colloquiale e dall’accumulazione


volutamente disorganica di numerose informazioni di argo-
mento personale, cela in realtà un delicato problema di rap-
porti di forza tra i corrispondenti, che non a caso è posto in
apertura di discorso. Infatti, solo dopo aver ribadito la pro-
pria posizione inflessibile nei confronti del priore del mona-
stero camaldolese di S. Matteo di Murano, un protetto del-
l’aristocrazia veneziana legata al casato de’ Medici, 36 il mo-
naco passa a lamentarsi di essere stato nuovamente distolto
dai ripresi lavori di traduzione a causa della molestissima cu-
ra di riforma dell’ordine vallombrosiano e si rammarica infi-
ne di non avere ancora saldato il debito contratto con la
mensa dei Medici.
La violenta contrapposizione politica, per quanto appaia
mascherata dal contesto familiare del discorso, nonché l’im-
portanza istituzionale dei destinatari della lettera 37 rendono
ragione, in questo caso, dell’adozione di una tipologia grafi-
ca corsiva, ma nobilitata dal sistematico travestimento al-
l’antica. Non andrà inoltre dimenticato che Ambrogio Tra-
versari e i fratelli Medici condividevano ormai da anni il pro-
getto culturale e grafico elaborato nella Firenze dei primi del
Quattrocento, di cui la corsiva travestita all’antica poteva
rappresentare un comune codice atto alla comunicazione
scritta dell’uso. Forse non è un caso che la nuova scrittura
fosse stata impiegata già otto anni prima (1424) nelle due let-
tere di argomento bibliografico spedite all’arcivescovo di Ge-
nova Pileo de Marini, che partecipava a sua volta dei me-
desimi orientamenti umanistici.38

36
La sfrontata indisciplinatezza del priore di S. Matteo di Murano è ar-
gomento di numerose pagine dell’Hodoeporicon e dell’epistolario traversariani. Si
legga la sintesi di DINI-TRAVERSARI 1912, pp. 169-172.
37
È curioso osservare che, nell’intestazione della missiva, nonostante Am-
brogio Traversari si rivolga a due personaggi di spicco come i fratelli Medi-
ci, il suo nome al nominativo precede quello di Cosimo e Lorenzo al dativo:
«Ambrosius Cosmo et Laurentio fratribus salutem». Ma, forse, la scelta non
fu casuale, dal momento che era tutta intenzione del monaco ribadire la pro-
pria autorità ecclesiastica nell’impartire duri provvedimenti disciplinari al prio-
re del monastero camaldolese di S. Matteo di Murano a Venezia.
38
Genova, Archivio Capitolare di San Lorenzo, cartella 391, n. 71 e n.
89. Cfr. supra, III.2.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 174

174 CAPITOLO QUARTO

Come le missive del 1424, anche l’epistola a Cosimo e Lo-


renzo appare peraltro molto curata nella grafia, quasi che il
documento fosse un vero e proprio prodotto librario. Infatti,
le lettere maiuscole sono rigorosamente capitali; tra le minu-
scole non compare mai la d onciale, mentre è attestata 57
volte la variante diritta; sono inoltre presenti con regolarità
la r diritta anche dopo lettera tonda, la s diritta in fine di
parola e i legamenti carolini ct e st, nonostante il nesso et non
compaia mai, a differenza della nota tachigrafica in forma di
7 (3 casi). Il ductus, tuttavia, rimane corsivo, anche se talvol-
ta, in particolare nell’indirizzo del verso, la scrittura si fa più
posata: compaiono allora false legature, mentre alcune lette-
re vengono scomposte in più tratti.
Tema politico, interlocutore illustre e condivisione della
nuova cultura umanistica giustificano l’adozione della corsi-
va all’antica anche nella lunga lettera spedita al papa Euge-
nio IV il 14 agosto del 1434 [Tav. 31].39 Il Camaldolese,
spinto dall’affetto nei suoi confronti e dalla gravità della si-
tuazione, invita il pontefice a dimostrare mitezza nei con-
fronti degli animi esacerbati dei Bolognesi, rimuovendo dal-
la città il legato preposto e inviando piuttosto un uomo gra-
dito alla cittadinanza, in modo da evitare un tumulto urbano
e una guerra che avrebbero favorito senza dubbio l’espan-
sione dei Visconti di Milano nella regione, con conseguente
perdita di prestigio del papato al concilio di Basilea. A mar-
gine, il Traversari suggerisce al pontefice di revocare la bol-
la nei confronti del clero aretino – con la quale si consenti-
va l’incarcerazione dei chierici, l’alienazione dei beni patri-
moniali ecclesiastici e finanche la scomunica degli stessi per
garantire il risarcimento dei creditori – e di mitigare una se-
conda bolla indirizzata agli ufficiali del Monte perché smet-
tessero di esigere gli esosi interessi di prima, limitando que-
sta proibizione al futuro, senza costringerli alla restituzione di
quanto già riscosso in passato.

39
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 3908, c. 241
([1434] agosto 14, [Firenze]). Editio princeps in TRAVERSARI, Epistolae, 1759, I,
7 = vol. II, coll. 20-23. Sull’approccio disincantato e realistico del Traversari
nell’affrontare complessi problemi di natura politica come i fatti di Bologna a
cui fa riferimento questa epistola cfr. FINZI 1988, pp. 202-205 e CABY 1999,
pp. 576-579.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 175

LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 175

Dal punto di vista grafico, è indiscutibile il rigore con cui


gli elementi di ritorno all’antico si innestano sulla base usua-
le della corsiva traversariana, anche se, nel sistema delle
maiuscole, tendono a ricomparire alcune varianti di tradizio-
ne cancelleresca tardo-medievale accanto alle nuove capitali
umanistiche (si veda ad esempio la E corsiva sovradimensio-
nata nella formula di datatio). Al contrario, in particolare nel-
la prima metà della lettera (fino a r. 26), la d minuscola on-
ciale compare solo 5 volte, rispetto alle 50 attestazioni della
variante diritta (in rapporto cioè di 1 a 10), e anche nell’ul-
tima porzione di testo (da r. 27 a r. 52) – dove la scrittura
risulta più fitta e veloce, in quanto lo spazio a disposizione
dello scrivente è quasi terminato e l’urgenza di scrivere in-
calza – accanto alle 23 d onciali si contano pur sempre 63 d
diritte, in rapporto ancora prevalente di circa 3 a 1. Sono
inoltre impiegati con regolarità i legamenti carolini ct e st,
nonché la r diritta anche dopo lettera tonda e la s diritta in
fine di parola, mentre manca il nesso et a cui il monaco pre-
ferisce – come di consueto – la nota tachigrafica in forma di
7 o la forma corsiva scritta per esteso.
Eppure, nonostante il marcato travestimento all’antica, la
pagina trasmette un’impressione di scarsa accuratezza, dal
momento che la scrittura si affolla lungo rettrici intervallate
da un interlineo ridotto (6 mm circa), a sua volta ingombra-
to dai verticali ascendenti e discendenti delle lettere. Inoltre,
la corsività della grafia è potenziata dal frequente abbatti-
mento dei tempi di esecuzione di queste ultime, spesso con-
giunte tra loro a formare veri e propri gruppi in legamento,
come se ci trovassimo di fronte a un documento di livello po-
co più che usuale. Non andrà tuttavia dimenticata la fami-
liarità che intercorreva da tempo fra Ambrogio Traversari ed
Eugenio IV, nonché l’urgenza dettata al monaco dalle pres-
santi difficoltà del momento. Nell’agosto del 1434, infatti, il
Camaldolese si trovava a Firenze, nel pieno della deludente
visita riformatrice ai monasteri della propria congregazione
monastica. Il pontefice, invece, era ancora a Roma, ma sa-
rebbe stato costretto ad allontanarsene dopo pochi mesi a
causa di gravi disordini. Peraltro, la perdita di potere tem-
porale del papato si riverbera anche nel testo della stessa let-
04 11-11-2009 16:51 Pagina 176

176 CAPITOLO QUARTO

tera, laddove è affrontato lo spinoso problema del controllo


su Bologna, prestigiosa città contesa fra Eugenio IV e i Vi-
sconti di Milano.
Questa drammatica epistola, infine, rappresenta l’unico ca-
so in cui sia possibile effettuare un confronto diretto tra il te-
sto veicolato dall’originale autografo e quello preservato dal-
le raccolte su codice. Delle altre missive non è rimasta trac-
cia nelle sillogi manoscritte, forse a causa della natura
prevalentemente amministrativa e burocratica della documen-
tazione oppure per la difficoltà di reperirne una copia al mo-
mento dell’allestimento della raccolta ufficiale che il monaco
tentò senza successo di approntare negli ultimi anni di vita.40
L’epistola del Traversari a Eugenio IV è dunque doppia-
mente preziosa. Già il Mercati – con l’intento di dimostrare
la lacunosità e la scorrettezza filologica dell’edizione curata
dal Canneti e successivamente data alle stampe dal Mehus –
osservò che, a prescindere dalle alterazioni puramente orto-
grafiche, 41 l’autografo traversariano conservato nel Vaticano
lat. 3908 presentava «tutta una serie di piccole trasposizioni
e di varianti e qualche aggiunta», che a suo avviso avrebbe-
ro dovuto essere accolte a testo.42 Infatti, nonostante la pre-
cedente edizione dei padri maurini Martène e Durand ne
conservi parecchie – e sia quindi probabile che in quei pun-
ti il Canneti abbia seguito un codice deteriore 43 – non man-
cano casi in cui la trasmissiva traversariana si allontana da
entrambe le versioni a stampa, concordemente attestate su
un’altra lezione. Si tratta di interventi di modesta entità, vol-
ti ad assicurare maggiore efficacia retorica al fraseggio oppu-

40
Si veda infra, in calce al paragrafo: 1.1 L’epistolario: sillogi ed edizioni.
41
Dalla lettera in esame, infatti, «appare che il Beato scriveva affectu, al-
loqui, assignata [non ad-]; benivolentiae, fenerator, meliore, otium, Pogium, incolumem»
(così MERCATI 1939, p. 67, nota 1). Aggiungerei inoltre che ai desueti nichil
e michi il monaco preferiva senz’altro le nuove forme umanistiche nihil e mi-
hi, mentre usava ancora costantemente la e cedigliata al posto del dittongo ae.
Non sembra quindi accettabile la regolarizzazione ortografica a cui il testo
dell’epistolario traversariano è stato sottoposto nell’edizione Canneti-Mehus.
42
Così MERCATI 1939, p. 67, nota 1.
43
Il dubbio che il Canneti avesse basato la propria edizione a stampa su
un apografo deteriore dell’epistolario traversariano aveva assalito, ancora pri-
ma di MERCATI 1939, p. 69, lo stesso Mehus: cfr. MEHUS 1759, I, pp. IX, XIV.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 177

LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 177

re a normalizzare, secondo i parametri del latino classico, il


dettato frenetico imposto da esigenze politiche contingenti. Ad
esempio, ai rr. 17-18 dell’originale autografo si legge: «Nihil
magis probatur in principe quam lenitas et consiliis salubrio-
ribus facile acquiescere. Certe diligo equidem virum quem il-
luc misit tua sancta dignatio», mentre nelle edizioni a stam-
pa sono soppressi i due avverbi facile e certe, col risultato di
snellire lo stile, senza nulla togliere al concetto di fondo.44
Evidentemente, in vista dell’edizione delle proprie missive, il
monaco non seppe resistere alla tentazione tutta umanistica di
ritoccarne il testo con finalità meramente retoriche. Del re-
sto, già in una lettera del 22 novembre 1434 a Cristoforo da
San Marcello, vescovo di Rimini, 45 Ambrogio Traversari ave-
va osservato con rammarico che esse apparivano «rudes et
impolitae», e ciò lo avrebbe obbligato a un rimaneggiamen-
to linguistico prima di renderle pubbliche.
All’autunno inoltrato del 1433 risale poi una coppia di do-
cumenti in forma di lettera attraverso cui Ambrogio Traver-
sari conferisce a due suoi confratelli nuovi incarichi all’inter-
no della congregazione camaldolese, emanando in qualità di
generale dell’ente religioso dei veri e propri documenti iussi-
vi giuridicamente rilevanti, che non si discostano affatto dal
solco secolare della tradizione documentaria burocratica e
amministrativa.46
La prima delle due lettere risulta spedita il 6 novembre di
quell’anno a don Antonio di Gambassio dal monastero di
Fontebona, durante una breve sosta nel corso dell’ispezione
ai monasteri camaldolesi della Romagna.47 Dopo un pream-

44
Inoltre, in TRAVERSARI, Epistolae, 1759, I, 7 = vol. II, col. 21, dopo «vi-
rum» è aggiunto «illum», assente invece nell’edizione di Martène e Durand:
così MERCATI 1939, p. 67, nota 1.
45
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, III, 20 = vol. II, col. 126.
46
Firenze, Archivio di Stato, Diplomatico, Normali, Camaldoli, S. Salva-
tore (eremo), 6 novembre 1433 (Fontebona) [Tav. 6] e 19 dicembre 1433 (Ce-
sena) [Tav. 7]. Editio princeps in IARIA 2005a, pp. 599-602. Vorrei ringraziare
qui la dott.ssa Sandra Marsini, archivista presso l’Archivio di Stato di Firen-
ze, per aver rivisto con me entrambi i documenti e avermi aiutata in modo
determinante a ricostruirne le vicende storiche di conservazione (cfr. infra, V.1).
47
Firenze, Archivio di Stato, Diplomatico, Normali, Camaldoli, S. Salva-
tore (eremo), 6 novembre 1433 [Tav. 6]. Tuttavia, come osserva correttamen-
04 11-11-2009 16:51 Pagina 178

178 CAPITOLO QUARTO

bolo retoricamente efficace – in cui Ambrogio Traversari ri-


badisce che è suo preciso dovere assicurare la prosperità di
monasteri, priorati e ospedali dell’ordine attraverso l’istitu-
zione di idonei amministratori – è confermata la destituzio-
ne dell’ultimo governatore dell’ospedale di San Frediano a
Pisa, don Giovanni di Lucignano, dato che la sua prolunga-
ta assenza aveva causato la rovina dell’ospedale, e nel con-
tempo viene nominato nuovo rettore don Antonio di Gam-
bassio, cioè il destinatario della lettera, con il compito di ri-
vendicare in primo luogo tutti i diritti dell’ospedale contro
eventuali detrattori e risanare una situazione troppo a lungo
abbandonata a se stessa.
La seconda missiva risulta invece spedita il successivo 19
dicembre, questa volta da Cesena.48 Destinatario della lette-
ra è un altro confratello del Camaldolese, don Giovanni da
Prato Vecchio, a cui Ambrogio Traversari scrive per confer-
mare di avere accolto la sua richiesta di essere dispensato
dalla vita eremitica a causa della grave infermità fisica. Do-
po la consueta arenga – in cui il generale dei Camaldolesi
ricorda che è suo compito provvedere sia alle singole perso-
ne che ai monasteri del proprio ordine – nomina Giovanni
da Prato Vecchio nuovo priore del monastero di Santa Mu-
stiola degli Archi a Siena, poiché il precedente priore era sta-
to recentemente trasferito alla guida di un altro monastero,
e ingiunge nel contempo al nuovo priore dell’eremo del Vi-
vo, da cui dipendeva il monastero di Santa Mustiola, di in-
trodurre Giovanni nel possesso del monastero degli Archi e
di esigere da lui il debito voto di obbedienza e fedeltà.

te IARIA 2005a, pp. 594-595, il confronto con il racconto del medesimo viag-
gio descritto nell’Hodoeporicon rivela una incongruenza di alcuni giorni nella cro-
nologia degli spostamenti traversariani. In base al proprio diario, infatti, il Ca-
maldolese avrebbe lasciato il monastero di Fontebona già il 4 novembre 1433,
diretto a Badia in Isola, mentre il successivo 6 novembre si sarebbe ulterior-
mente spostato a Civitella e poi a Ricò. Ma questo è in palese conflitto con
la data dell’epistola autografa che vuole il Traversari ancora presente a Fon-
tebona proprio il 6 novembre di quell’anno. Ora, dal momento che sembra
difficile ammettere un errore (materiale o voluto) nella data topica e cronica
dell’originale autografo, sarà piuttosto preferibile pensare (con IARIA 2005a, p.
595) ad una imprecisa ricostruzione delle tappe del viaggio nell’Hodoeporicon.
48
Firenze, Archivio di Stato, Diplomatico, Normali, Camaldoli, S. Salva-
tore (eremo), 19 dicembre 1433 [Tav. 7].
04 11-11-2009 16:51 Pagina 179

LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 179

In entrambi i casi la forma lettera si piega ad accogliere


un atto di nomina per un prestigioso incarico amministrati-
vo all’interno della congregazione camaldolese. Simili sono
l’impianto argomentativo e la struttura formale dei due do-
cumenti, articolati nel consueto protocollo (con intitulatio, in-
scriptio e salutatio), dispositivo vero e proprio – preceduto a
sua volta dalle motivazioni ideali (arenga) e dalle cause rea-
li (narratio) sulla cui base Ambrogio Traversari si è visto co-
stretto a modificare dal punto di vista giuridico il preceden-
te status quo (dispositio) – e infine corroboratio ed escatocollo (con
data cronica e topica). In parallelo corrono le formule im-
piegate sulla falsariga della secolare tradizione dei documen-
ti burocratici, specialmente nei due preamboli (arenga) e nel-
le enunciazioni degli elementi di convalida (corroboratio).49
Un ulteriore elemento di vicinanza tra le due lettere del
1433 è costituito poi dall’impiego della pergamena, un mate-
riale di norma poco consueto nella prassi del Traversari scri-
vente e mai attestato altrove nelle trasmissive autografe, dove
risulta senz’altro preferita la carta. In questo caso, però, l’uti-
lizzo della più nobile pergamena sembra costituire quasi una

49
Nell’epistola del 6 novembre l’arenga suona infatti: «Astringimur ex de-
bito nostri officii providere sollicite ne monasteria, prioratus, hospitalia et lo-
ca religionis nostrae insignita titulo per nostram sive rectorum negligentiam
corruant, sed et quae stant integra serventur et quae iam corruere de ruinis,
si fieri potest, erigantur atque excitentur et quae sunt ruinae proxima instau-
rentur per providam gubernatorum curam sollicitamque prudentiam. Implere
id cupimus quantum Dominus ipse donare dignatur». Analoghi concetti e ter-
minologia a tratti identica (o comunque equivalente) ricorrono anche nella let-
tera del successivo 19 dicembre: «Ex officii nostri debito astringimur et per-
sonis et monasteriis nostri ordinis paterna cura et sollicitudine providere. Ad
hoc enim divinitus constituti sumus ut nulli curam nostram et providentiam
et solatium denegemus, non personae, non loco, sed opem feramus omnibus
quantum nobis gratia divina permittit». Un discorso simile vale pure per la
formula di corroboratio, che nella prima missiva risulta «In huius autem rei fi-
dem has nostras litteras manu propria scriptas et nostri sigilli impressione mu-
nitas ad te dirigimus», mentre nella seconda «Has autem nostras litteras ma-
nu propria scriptas et sigilli nostri appensione munitas huius nostrae volunta-
tis indices et testes ad te direximus». In questo caso, peraltro, l’unico elemento
rilevante di differenza è costituito dalla notazione relativa ad un sigillo cereo
aderente nella lettera del 6 novembre («nostri sigilli impressione»), pendente
invece in quella del successivo 19 dicembre («sigilli nostri appensione»), a se-
conda del diverso tipo di sigillo effettivamente usato dal Camaldolese per con-
validare il documento.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 180

180 CAPITOLO QUARTO

conferma aggiuntiva dell’autenticità dei due documenti, oltre a


favorirne nel tempo la conservazione d’archivio, a cui senz’al-
tro erano destinati, in quanto atti di nomina rispettivamente al
rettorato dell’ospedale di San Frediano a Pisa e al priorato del
monastero di Santa Mustiola degli Archi a Siena.50
Eppure, nonostante l’adesione ai dettami delle artes dicta-
minis di stampo ancora tutto medievale, l’impiego di un ma-
teriale scrittorio consono alla prassi burocratica dei docu-
menti iussivi e la solenne apposizione del sigillo (in un caso
aderente, 51 nell’altro addirittura pendente), 52 la corsiva tra-
versariana subisce l’influsso del nuovo modello culturale uma-
nistico e presenta, come già nelle epistole esaminate in pre-
cedenza, un evidente travestimento all’antica ottenuto attra-
verso l’innesto rigoroso dei legamenti carolini ct e st, nonché
della r diritta anche dopo lettera tonda e della s diritta in fi-
ne di parola, mentre al nesso et il Camaldolese continua a
preferire la più corsiva nota tachigrafica in forma di 7 o la
variante scritta per esteso.53 Anche il rapporto delle d diritte

50
Membranaceo risulta anche il supporto scrittorio di un altro originale
di documento iussivo dotato di efficacia giuridica: la lettera ufficiale inviata il
29 luglio 1432 da Ambrogio Traversari a don Benedetto, priore del mona-
stero olivetano di S. Michele in Bosco presso Bologna – attualmente Chiusu-
re (Siena), Archivio dell’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, Diplomatico.
Fondo S. Michele in Bosco di Bologna, n. 62. In questo caso, però, il Ca-
maldolese non fu lo scrivente materiale del testo del documento, di cui dele-
gò invece la copia in mundum ad uno scrivano alle proprie dipendenze, come
rivela chiaramente un confronto anche solo sommario tra la scrittura dell’e-
pistola del 29 luglio e la corsiva traversariana altrove attestata.
51
Firenze, Archivio di Stato, Diplomatico, Normali, Camaldoli, S. Salva-
tore (eremo), 6 novembre 1433 [Tav. 6]. Cfr. supra, IV.1, note 18 e 49.
52
Firenze, Archivio di Stato, Diplomatico, Normali, Camaldoli, S. Salva-
tore (eremo), 19 dicembre 1433 [Tav. 7]. Cfr. supra, IV.1, note 19 e 49.
53
Nell’epistola del 6 novembre sono attestati infatti 9 legamenti umanisti-
ci ct, mentre la variante giustapposta delle due lettere è relegata alla sola pa-
rola «indict[ione]» nell’ultima riga del testo e per giunta immediatamente pri-
ma del segno abbreviativo generico di troncamento. Il legamento st si ripete
16 volte e altrettanto regolare è l’uso di r diritta anche dopo lettera tonda e
di s diritta in fine di parola. Sono presenti infine 14 attestazioni della nota
tachigrafica in forma di 7 e 9 della variante corsiva et scritta per esteso, men-
tre è del tutto assente – come di consueto – il corrispondente nesso umani-
stico. Anche nella missiva del successivo 19 dicembre è stabile l’impiego del
legamento umanistico ct, che compare 12 volte, tranne che nel termine «in-
dict[ione]» finale e troncato. Si contano poi 13 attestazioni del legamento st
04 11-11-2009 16:51 Pagina 181

LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 181

rispetto alle d onciali risulta sbilanciato a favore delle prime,


di sicura reminiscenza carolina. Infatti, nella missiva del 6
novembre si contano ben 46 d diritte, ma solo 16 d onciali
(in rapporto cioè di 3 a 1), e anche nella lettera del succes-
sivo 19 dicembre continuano a essere attestate 57 d diritte ri-
spetto alle 14 onciali, in rapporto addirittura di 4 a 1. Del
resto, il valore giuridico dei due documenti in esame – uni-
tamente alla sempre più chiara vocazione corsiva del mona-
co, nutrita però di suggestioni umanistiche – avrà suggerito
al Traversari di innalzare, attraverso il coerente innesto di ci-
tazioni antiquarie, il livello della propria scrittura usuale, che
abbiamo visto ampiamente attestata fin dagli anni giovanili
negli atti amministrativi vergati per le esigenze interne del
monastero degli Angeli. Tendono tuttavia a ricomparire for-
me di lettere maiuscole proprie della tradizione cancelleresca,
come ad esempio la grande F aggettante di frater nell’incipit
di entrambi i documenti, oppure la D di datum e la I di in-
dictione nelle formule di datatio finali.
Su un piano diverso si colloca l’epistola inviata dal Ca-
maldolese ai Priori e al Capitano del Popolo del Comune di
Siena in data 18 dicembre 1433 [Tav. 28], 54 tramite cui il
monaco rispondeva alla magistratura senese di avere dato
corso alla loro richiesta di conferire a don Francesco, priore
del monastero di Santa Mustiola degli Archi, il nuovo prio-
rato dell’eremo del Vivo. La lettera, spedita appena il giorno
prima rispetto alla trasmissiva su pergamena indirizzata al
confratello Giovanni da Prato Vecchio, allude proprio – mu-
tatis mutandis – alla medesima circostanza, dal momento che
solo a seguito del trasferimento del protetto delle alte cariche
del Comune di Siena dal monastero degli Archi a quello del
Vivo risultò possibile conferire a sua volta a don Giovanni la
carica resasi vacante di priore del monastero degli Archi.

e ben 22 della nota tachigrafica in forma di 7, mentre la variante corsiva et


scritta per esteso compare una volta sola ed è del tutto assente il nesso uma-
nistico. Assolutamente regolare è infine la restituzione di r diritta anche dopo
lettera tonda e di s diritta in fine di parola.
54
Siena, Archivio di Stato, Concistoro, Carteggi, filza 1931, c. 62 ([1433]
dicembre 18, Cesena). Editio princeps in BULLETTI 1944-47, p. 100.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 182

182 CAPITOLO QUARTO

Anche in questo caso il contenuto del documento appare


strettamente legato a un fatto di natura amministrativa e
burocratica, ma l’uso di un materiale scrittorio decisamente
meno impegnativo (la carta in luogo della pergamena) e la
struttura formale scevra di pesanti artifici retorici (ad esem-
pio, risulta del tutto soppresso il complesso preambolo) con-
tribuiscono ad abbassare il tono verso una maggiore infor-
malità. Allo stesso modo, la corsiva traversariana, pur conti-
nuando a contemplare un parziale travestimento all’antica,
scivola verso un livello grafico decisamente più usuale, tanto
è vero che ricompare in misura significativa la d onciale ac-
canto alla variante pur sempre prevalente ad asse diritto. In-
fatti, assieme alle 17 attestazioni di queste ultime, si contano
anche 7 d onciali, in rapporto quindi di 1 a 2,5 circa. Non
è inoltre mai attestato il nesso carolino et, a cui è preferita
senz’altro la nota tachigrafica in forma di 7 (4 casi) o la va-
riante corsiva scritta per esteso (1 caso). Regolare è invece
l’uso di r diritta anche dopo lettera tonda, di s diritta in fi-
ne di parola e del legamento st, mentre per ct non è possi-
bile verificare il dato, dal momento che la sequenza risulta
del tutto assente. Anche i numerosi legamenti tra lettera e
lettera e l’abbattimento dei tempi di esecuzione delle mede-
sime contribuiscono a conferire alla pagina un aspetto deci-
samente usuale. Peraltro, in questo caso non ci troviamo più
di fronte a veri e propri documenti di nomina a cariche am-
ministrative della congregazione camaldolese, 55 bensì a un’in-
formale risposta a una lettera di raccomandazione, anche se
pur sempre inoltrata da alte magistrature senesi.
Non a caso, forse, il confronto grafico più significativo ri-
sulta con la già esaminata scrittura privata che Ambrogio
Traversari redasse in merito a un debito pecuniario contrat-
to con Bartolomeo da Montegonzi nello stesso anno [Tav.
2].56 Il documento rivela infatti l’uso di una corsiva usuale

55
Come invece nelle due epistole adesso a Firenze, Archivio di Stato, Di-
plomatico, Normali, Camaldoli, S. Salvatore (eremo), 6 novembre 1433 e 19
dicembre 1433.
56
Firenze, Archivio di Stato, Carte Strozziane, serie I, 139, c. 47 (1433
febbraio 18, Firenze).
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LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 183

totalmente scevra di qualsivoglia tentativo di travestimento


all’antica, come nelle copie di testi amministrativi trascritti
per il monastero degli Angeli durante gli anni della clausura
giovanile.57 Ebbene, anche nell’epistola indirizzata ai Priori e
al Capitano del Popolo del Comune di Siena la scrittura del
Camaldolese torna a farsi più usuale e dimentica in parte,
anche se mai del tutto, il solenne travestimento all’antica del-
le litterae graviores esaminate in precedenza.
Alla trasmissiva spedita alle magistrature senesi nel 1433
vorrei infine provare ad accostare, da un punto di vista stret-
tamente paleografico, una lettera priva di qualsiasi addentel-
lato cronologico interno indirizzata da Ambrogio Traversari
a Cosimo de’ Medici [Tav. 1].58 Il monaco si rivolge a Co-
simo in qualità di amico, perorando però un’intricata sup-
plica che richiede un suo intervento come influente uomo
politico. Raccomanda infatti l’uomo di nome Marco che si
sarebbe presentato al suo cospetto recando la missiva, affin-
ché potesse riscuotere al più presto presso l’erario cittadino
il credito dovutogli dalla res publica fiorentina, con cui spera-
va di garantire la dote della sorella, sposata ormai già da un
anno con un tale Giovanni (figlio di un’illustre e santa don-
na che gestiva l’ospedale fiorentino di Lemmo, sito nei pres-
si della chiesa di S. Marco), il quale a sua volta faceva affi-
damento sulla dote della moglie per garantire quelle delle
due figlie ancora nubili ancorché in età da marito; tanto più
che si associavano alla richiesta anche la madre di Giovanni
e un ulteriore figlio dello stesso, alunno del Traversari.
Il contenuto privato dell’epistola giustifica l’adozione di
una corsiva usuale, che rivela indiscutibili somiglianze con la
grafia della missiva inviata alle magistrature senesi e della
cauzione scritta rilasciata a Bartolomeo da Montegonzi. La
corsiva, infatti, non molto curata, è veloce e ricca di legatu-
re. Il travestimento all’antica appare poco rigoroso e concer-
ne in particolare l’impiego esclusivo della r diritta anche do-

57
Per una disamina della grafia traversariana nella cauzione rilasciata a Bar-
tolomeo da Montegonzi cfr. supra, III.1. Sui problemi di autografia della prima
produzione amministrativa e burocratica del monaco cfr. sempre supra, III.1.
58
Firenze, Archivio di Stato, Carte Strozziane, serie I, 136, c. 14 ([s.d.],
Firenze). Editio princeps in LUISO 1898-1903, I, p. 46.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 184

184 CAPITOLO QUARTO

po lettera tonda, della s diritta in fine di parola, nonché dei


legamenti all’antica ct e st, mentre il rapporto tra d diritta e
d onciale è addirittura sbilanciato a favore di quest’ultima (29
attestazioni contro le 4 della prima). La scrittura può essere
definita nel suo complesso di basso livello formale, decisa-
mente adatta a una familiaris, anche se compaiono in modo
del tutto inaspettato, accanto alla ben più usuale nota tachi-
grafica in forma di 7 (2 attestazioni), due nessi carolini et, di
norma riservati dal Camaldolese all’esecuzione più posata
della sua scrittura.
In effetti, a prescindere dagli autografi librari, ne avevamo
trovato traccia esclusivamente nelle epistole del 1424 a Pileo
de Marini, forse l’esempio più alto della corsiva all’antica tra-
versariana in un testo documentario. La sola presenza del
nesso carolino et, tuttavia, non può costituire un elemento di
datazione sicuro per l’epistola a Cosimo de’ Medici, dal mo-
mento che, se è vero che esso compare con assoluto rigore
nell’epistola del 19 novembre 1424 all’arcivescovo di Geno-
va, nella lettera del precedente 27 febbraio è attestato una so-
la volta nell’indirizzo apposto sul verso accanto alla nota ta-
chigrafica in forma di 7 e alla variante scritta per esteso del
recto. Peraltro, neppure l’apparente consonanza della lettera a
Cosimo con i documenti dei primi anni del generalato, sug-
gerita da un medesimo livello grafico usuale, rappresenta un
discrimine cronologico, dato che varianti di lettera corsive ac-
compagnarono tutta la vita scrittoria del Camaldolese, senza
subire significative variazioni nel corso degli anni. L’epistola
a Cosimo resta irrimediabilmente priva di data.
Sembra invece confermato che, sebbene nella propria cor-
rispondenza Ambrogio Traversari adoperi senza eccezioni la
nuova corsiva degli umanisti, ricorra a una netta diversità di
registri grafici, a seconda della tipologia formale e contenu-
tistica delle singole missive. Il coerente travestimento all’an-
tica delle litterae graviores e dei documenti iussivi contribuisce
infatti a nobilitare le problematiche politiche o burocratiche
in essi affrontate, fino a renderli, almeno nella veste esterio-
re, quasi simili a veri e propri testi letterari in miniatura. Al
contrario, nelle trasmissive di argomento privato o comunque
relativo alla quotidianità amministrativa dell’ente la corsiva
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LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 185

insegue toni più usuali e informali, pur senza abbandonare


del tutto i dettami imposti dalla rivoluzione culturale e gra-
fica degli inizi del Quattrocento. I tempi erano ormai matu-
ri perché la nuova corsiva travestita all’antica dilagasse nella
prassi di ogni giorno.

1.1. L’epistolario: sillogi ed edizioni

Accanto alle trasmissive pervenute fino a noi in originale auto-


grafo o idiografo, le raccolte su manoscritto rappresentano il cir-
cuito alternativo di conservazione delle epistole traversariane. Fino
a oggi sono state rinvenute circa 870 lettere, che si concentrano so-
prattutto negli anni del generalato (1431-1439), anche se le più an-
tiche datano addirittura a partire dal 1415. Contenuti e destinata-
ri sono molto vari. Si contano lettere di argomento bibliografico e
letterario, politico, amministrativo e privato, indirizzate al papa, a
vescovi e cardinali, a monaci e priori dei monasteri della congre-
gazione, nonché a vecchi amici come Cosimo e Lorenzo de’ Me-
dici, Niccolò Niccoli e la cerchia dei patrizi veneziani raccolti in-
torno a Francesco Barbaro e Leonardo Giustiniani. Quasi tutte le
lettere sono redatte in latino, ad eccezione di una sola in volgare,
spedita il 4 dicembre 1436 a Luca di Neri Malefici, priore del mo-
nastero degli Angeli.59
In merito all’originaria costituzione di sillogi di epistole traver-
sariane, ci restano – in misura molto maggiore di quanto accada
per altri umanisti del tempo – parecchie notizie di prima mano
contenute nelle stesse missive del monaco.60 Le prime sono conte-
nute in una lettera a Cristoforo da San Marcello, vescovo di Ri-
mini e referendario di Eugenio IV, datata 22 novembre 1434.61
Costui aveva chiesto al Camaldolese di fargli pervenire, perché po-

59
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XIV, 9 = vol. II, coll. 651-652. Tut-
tavia, già il Mehus osservava: «Nullus dubito, quin plures Italico idiomate
scripserit Ambrosius, quae deperierint» (così MEHUS 1759, I, p. XIV).
60
Le epistole traversariane sono qui citate sulla base dell’edizione di Can-
neti e Mehus del 1759 (TRAVERSARI, Epistolae, 1759), mentre per la datazio-
ne si fa riferimento al riordinamento cronologico proposto da LUISO 1898-
1903. Sulla genesi e sulle successive edizioni dell’epistolario traversariano cfr.
anche STINGER 1977, pp. XII-XV e, recentemente, FAVI 2001, pp. 89-97; SOT-
TILI 2002, pp. 193-201; IARIA 2004, pp. 244-246.
61
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, III, 20 = vol. II, col. 126.
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186 CAPITOLO QUARTO

tesse leggerle ed eventualmente trascriverle, tutte le sue epistole,


quindi non solo le lettere dai contenuti più impegnativi, relativi al-
la morale cristiana, ma anche le cosiddette familiares, di argomento
più leggero, spedite ad amici e conoscenti.62 Ma la richiesta pone-
va rilevanti problemi di ordine pratico. In primo luogo, infatti, il
monaco doveva farsi restituire temporaneamente dai propri corri-
spondenti le lettere inviate, in quanto non aveva conservato pres-
so di sé le minute delle stesse, da cui trarre copia per il vescovo
di Rimini.63 Le lettere, inoltre, nella forma inviata ai singoli desti-
natari, si presentavano a giudizio del monaco «rudes» e «impoli-
tae», poco rifinite cioè dal punto di vista letterario e retorico, e
questo avrebbe obbligato il Traversari a un loro rimaneggiamento
linguistico. Ma, vincendo le proprie reticenze, Ambrogio Traversa-
ri decise di soddisfare i desideri del vescovo di Rimini e già in da-
ta 22 novembre 1434 gli spedì un primo fascicolo di lettere, con
la promessa di inviarne altre in futuro.64
Per quanto anche in precedenza gruppi di missive traversariane
avessero iniziato a circolare in raccolte parziali attraverso canali in-
formali, non soggetti quindi alla supervisione dell’autore, 65 la sillo-
ge curata da Cristoforo da San Marcello fu probabilmente la pri-
ma allestita col consenso e la collaborazione diretta del monaco nel
reperimento dei materiali da includervi. Ma la sua crescita incon-
trollata cominciò a preoccupare il Camaldolese, che già il 3 di-
cembre 1434 chiese un primo invio di epistole trascritte dal vesco-
vo di Rimini, affinché potesse rileggerle e correggerle dal punto di
vista grammaticale, prima che passassero in altre mani.66 Ancora il

62
Forse l’idea nacque a seguito dell’invio a Cristoforo da San Marcello,
in data 12 settembre 1434, di una copia dell’epistola che il Traversari aveva
scritto per la morte del fratello Girolamo: cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, III,
9 = vol. II, col. 120.
63
Sulla vera e propria incetta di proprie lettere da parte del Traversari si
legga SOTTILI 2002, pp. 197-198. Il dato implica a sua volta che l’edizione
dell’epistolario traversariano non fu affatto allestita a partire dalle minute (co-
me ad esempio nel caso di un illustre predecessore, il Petrarca) e dai registri
– o almeno non solo – bensì anche e soprattutto dagli stessi originali delle
trasmissive realmente spedite dal Camaldolese.
64
Il desiderio di Cristoforo da San Marcello fu puntualmente soddisfatto.
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, III, 21 = vol. II, col. 127; III, 23 = vol. II,
col. 129; III, 30 = vol. II, col. 135.
65
Lo ricorda lo stesso Ambrogio Traversari nella già menzionata lettera
al vescovo di Rimini: «Sumas itaque paucas ad amicum epistolas nostras; nam
maiorem ille numerum aliis, ut adserit, mutuo dedit, et relegas» (TRAVERSA-
RI, Epistolae, 1759, III, 20 = vol. II, col. 126).
66
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, III, 22 = vol. II, col. 128. Le preoc-
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LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 187

25 febbraio dell’anno successivo il monaco tornò a scrivere al re-


ferendario del papa, pregandolo di non diffondere le proprie lette-
re, perché non risultassero offensive per qualcuno. Qualora avesse
deciso ugualmente di rendere pubblica la raccolta, aspettasse al-
meno che egli avesse il tempo di distribuire le missive in ordine per
libri, in modo che la loro «indigesta multitudo» non procurasse
confusione nel lettore.67 Infatti, il 24 giugno 1436 il Camaldolese
comunicò a Placido Pavanelli, cubiculario di Eugenio IV, di avere
ormai terminato l’allestimento dei primi quattro libri della silloge e
di averli ripartiti nell’ordine: a Eugenio IV, al vescovo di Rimini,
al fratello Girolamo e ad altri non meglio precisati.68 Contestual-
mente, il Traversari inviò al Pavanelli, perché potesse copiarle, al-
cune lettere relative alla gestione e alla cura dell’ordine (forse una
selezione delle epistole al papa e a Cristoforo da San Marcello) con
la promessa di mandarne in seguito altre sul medesimo argomen-
to, o anche quelle al fratello Girolamo e ad altri. Se poi il Pava-
nelli avesse restituito temporaneamente le missive a lui destinate,
sarebbero state anch’esse inserite al loro posto.
A partire da questo momento, si dovrà pensare che, accanto al-
le raccolte allestite da curatori ‘autorizzati’ come Cristoforo da San
Marcello e Placido Pavanelli, che ricevevano dal Camaldolese re-

cupazioni filologiche del Traversari sembrano riecheggiare le parole del Pe-


trarca, che auspicava un controllo diretto dell’intellettuale sulla propria ope-
ra, in particolare in merito alla vera e propria stesura del testo: cfr. PETRAR-
CA, Familiares, 1937, XVIII, 5, 4-6.
67
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, III, 29 = vol. II, col. 133.
68
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, IV, 26 = vol. II, col. 224. Diversa l’in-
terpretazione del passo in STINGER 1977, p. XIII: «By June 1436 he had com-
pleted the tentative organization of his correspondence into four books. Two
books, consisting of letters to Pope Eugenius IV, to Cristoforo, and to his bro-
ther, Girolamo Traversari, pertained primarily to his work of monastic reform
and to his activity as papal diplomat; the other two comprised the remainder
of his epistolary». Sulla stessa linea si collocano anche FAVI 2001, p. 93 (che
pur ipotizza l’alternativa di due libri di lettere al pontefice, due a Cristoforo,
due al fratello Girolamo e altri due a destinatari vari) e SOTTILI 2002, p. 194.
Ma ritengo piuttosto che ciascuno dei quattro libri contenesse lettere indirizza-
te ad un destinatario diverso (intendendo qui alii come un unico destinatario,
in opposizione agli altri tre). Infatti, la proposizione traversariana «duos scilicet
ad Pontificem summum, atque ad Ariminensem Episcopum, et ad Hieronymum
fratrem, atque ad alios itidem duos» presuppone una struttura chiastica, all’in-
terno della quale i primi due membri (papa e vescovo di Rimini), connessi dal
più forte «atque», si oppongono tramite la congiunzione «et» agli ultimi due
membri (Girolamo e alii), a loro volta correlati da un secondo «atque». L’or-
dinamento dell’epistolario in base ai destinatari rispecchiava una prassi ampia-
mente diffusa in età umanistica e, prima ancora, antica e tardo-antica.
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188 CAPITOLO QUARTO

golari invii di fascicoli da trascrivere, avesse iniziato a prendere for-


ma anche presso l’autore una raccolta da lui direttamente control-
lata.69 La silloge ufficiale dell’epistolario traversariano procedette
peraltro con una certa celerità, tanto che quattro nuovi libri era-
no stati approntati entro l’estate dell’anno successivo, e altri sei era-
no previsti a breve scadenza: 70 lo comunicò Ambrogio Traversari
a Michele monaco nell’aprile-agosto del 1437 nel corso di una fa-
mosa lettera già più volte richiamata, in cui il Camaldolese forni-
va anche indicazioni molto precise circa la veste grafica che avreb-
be dovuto assumere la trascrizione effettuata dal librarius forse per
lo stesso vescovo di Rimini: elegante littera antiqua per il testo, con
iniziali ornate a bianchi girari e titula rubricati.71
Purtroppo, però, non è dato sapere quale sia stata la sorte del-
la raccolta che Ambrogio Traversari iniziò ad allestire in vita. L’e-
pistolario del monaco tace in proposito, e non rivela se i sei libri
in preparazione siano stati effettivamente aggiunti ai precedenti o
se l’intera raccolta sia mai stata ultimata.72 Del resto, sconosciuta è
anche la sorte delle sillogi del vescovo di Rimini o di Placido Pa-
vanelli, se mai furono veramente realizzate.73 Non possiamo infine
essere certi che negli ultimi due anni il Camaldolese non avesse de-
ciso di organizzare diversamente la successione dei destinatari; di
conseguenza, non siamo in grado di verificare quanto la raccolta

69
Analoghe conclusioni si leggono in SOTTILI 2002, pp. 196-198.
70
Si dovrà dunque pensare che il Traversari avesse raccolto almeno altri
dieci libri di epistole, oltre ai quattro precedentemente allestiti (cfr. SOTTILI
2002, p. 195), a meno che non si vogliano identificare i quattro libri appena
inviati a Michele monaco con gli stessi quattro ricordati nell’epistola a Placi-
do Pavanelli. Precisa tuttavia FAVI 2001, p. 94, nota 15: «In realtà non è chia-
ro se i quattro libri di cui si parla vadano intesi come primi quattro libri in-
viati. L’interpretazione è complicata anche dal fatto che mentre in Mehus ab-
biamo “Epistolarum novarum libros quattuor” (che potrebbe spingerci ad
intendere: quattro libri nuovi rispetto ad altri precedentemente inviati) in al-
cuni codici abbiamo “Epistolarum nostrarum libros quattuor”».
71
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XIII, 14 = vol. II, coll. 622-623.
72
SOTTILI 2002, p. 195 lo ritiene improbabile. RIZZO 1973, p. 63, nota 2
si chiede invece se il codice dell’epistolario traversariano curato da Michele
monaco mentre il Traversari era ancora in vita sia da identificare con la co-
pia conservata in S. Maria degli Angeli, purtroppo scomparsa già al tempo
del Mehus (cfr. MEHUS 1759, I, p. IV).
73
SOTTILI 2002, pp. 199-200 solleva dubbi anche a proposito di una pre-
sunta copia allestita direttamente dal vescovo di Rimini. FAVI 2001, p. 96 si
domanda invece, soprattutto a proposito della raccolta facente capo a Cristo-
foro, «se i singoli curatori dell’epistolario abbiano potuto mettere insieme re-
dazioni diverse della stessa opera».
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LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 189

allestita da Michele monaco dopo la morte del suo superiore si di-


scosti dalla volontà di quest’ultimo. Della sua raccolta, di fatto,
Ambrogio Traversari non parlerà più.
Accanto ad essa, inoltre, fu realizzata una silloge minor, allestita
in un secondo momento sempre per Cristoforo da San Marcello.
Da una missiva spedita il 7-8 febbraio del 1438 allo stesso Miche-
le veniamo infatti a conoscenza dell’intenzione di fare approntare
dagli amici Paolo dal Pozzo Toscanelli e Filippo di Ugolino Peruzzi
una selezione volta a individuare soltanto le lettere «electiores» e
«digniores»; si sarebbero pertanto potute trascurare le familiares al
fratello Girolamo e quelle di argomento privato ad altri corrispon-
denti.74 In altri termini, il Traversari volle provvedere a un’edizio-
ne separata delle proprie lettere, che raccogliesse solo le graviores,
tralasciando le familiares. La delega del lavoro agli amici, per quan-
to fidati, sembra contraddire in parte l’atteggiamento ossessiva-
mente protettivo del Traversari nei confronti della precedente rac-
colta. Ma non andrà dimenticato che il 1438 fu un anno tormen-
tato per la Chiesa, travagliata dall’incontro tra la delegazione dei
Cristiani d’Oriente e i rappresentanti di parte latina al concilio di
Ferrara-Firenze. Il Camaldolese, irretito nelle controversie dottri-
nali, si vide perciò costretto ad affidare ad altri l’allestimento del-
la raccolta minor del proprio epistolario.
Di questa seconda silloge non sappiamo altro dallo stesso Tra-
versari. Possiamo però aggiungere che STINGER 1977, p. XIII ha
proposto di identificarla con la collezione conservata nel Vaticano
lat. 3911, un codice del XV secolo contenente nell’ordine lettere al
vescovo di Rimini (I libro), a Eugenio IV (II libro), a Niccolò Nic-
coli e Leonardo Giustiniani (III libro), a superiori e frati della con-
gregazione (IV libro), a cardinali, vescovi e altri potenti (V libro),
nonché la trascrizione di postille marginali apposte dallo stesso Cri-
stoforo da San Marcello.75

74
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XIII, 15 = vol. II, coll. 623-624. Sul-
l’identificazione dei qui menzionati Filippo e Paolo si veda da ultimo MER-
CATI 1939, pp. 9-12.
75
Del resto, anche se più prudentemente, già MERCATI 1939, p. 37 aveva
osservato: «Pare dunque indubitabile che nel Vaticano lat. 3911 rimane una del-
le raccolte primordiali […] forse identica a quella o ad una di quelle che ebbe
e in qualche luogo postillò il vecchio Cristoforo». Per un’ampia descrizione dei
contenuti del Vaticano lat. 3911 e delle note marginali di Cristoforo da San
Marcello si veda sempre MERCATI 1939, pp. 34-37. Non sembra però possibile
riconoscere nel Vaticano lat. 3911 quel primo allestimento dell’epistolario, di cui
il monaco parlava a Placido Pavanelli già il 24 giugno 1430 (cfr. TRAVERSARI,
Epistolae, 1759, IV, 26 = vol. II, col. 224): si veda SOTTILI 2002, pp. 194-195.
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190 CAPITOLO QUARTO

In seguito alla morte del Traversari, furono curate diverse rac-


colte del suo epistolario, che senza dubbio si giovarono dei lunghi
lavori preparatori curati dal monaco ancora in vita.76 La prima e
più vasta silloge, che accolse anche le lettere ancora disperse du-
rante gli ultimi anni del Camaldolese, fu approntata – come ac-
cennavo sopra – da Michele monaco per incarico e con l’aiuto di
Cosimo de’ Medici.77 Essa contiene 548 epistole suddivise in 18 li-
bri: si apre con le lettere a Cosimo e Lorenzo de’ Medici; conti-
nua con quelle a Niccolò Niccoli, Francesco Barbaro, Leonardo
Giustiniani e Michele stesso; prosegue ancora con le missive al pa-
pa, ad alti prelati della Chiesa e ad abati e monaci della congre-
gazione camaldolese, per concludersi infine con quelle al fratello
Girolamo. La divisione in libri e la successione delle epistole tra-
versariane non sembrano rispecchiare affatto la volontà del gene-
rale ancora in vita. Ma è Michele stesso, nella sua prefazione, a
chiarire di non essere sempre riuscito a preservare l’ordine crono-
logico, dato che le lettere gli erano state recapitate in momenti di-
versi.78 Inoltre, è facile intuire il motivo gerarchico per cui le let-
tere inviate dal Traversari al committente principale della raccolta
allestita dal confratello Michele, cioè Cosimo de’ Medici, siano col-
locate in apertura.79 L’edizione di Michele monaco è attestata con
sicurezza da 3 testimoni, il più importante dei quali è il Lauren-
ziano Strozzi 102, esemplare autografo di dedica allo stesso Cosi-
mo.80 Il manoscritto rappresenta un vero e proprio monumentum del-
l’epistolario traversariano, in quanto riunisce sia le litterae graviores
che le familiares, ordinate per destinatario; in esso Michele raccolse
il testamento spirituale del defunto maestro, di cui rispettò a gran-

76
Cfr. SOTTILI 2002, p. 201.
77
Si veda l’epistola di dedica di Michele monaco a Cosimo de’ Medici in
TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XXV, 17 = vol. II, coll. 1061-1063.
78
«Siquid vero praeposterum offenderis [scil. Cosme], veniam dabis, quia
non eodem tempore ad me illae [scil. litterae] delatae sunt, et ob id suum ser-
vare ordinem minime potui» (TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XXV, 17 = vol.
II, col. 1063).
79
Così già MERCATI 1939, p. 65.
80
Gli altri due esemplari sono il Vaticano lat. 1793 (erroneamente rite-
nuto da MEHUS 1759, I, p. III e poi da RIZZO 1973, p. 63, nota 2 la copia
di dedica per Cosimo de’ Medici allestita da Michele monaco) e il codice 540
della Biblioteca Capitolare di Lucca. Si vedano da ultimo FAVI 2001, pp. 96-
97 e IARIA 2004, pp. 245-246, che analizza in particolare quali lettere indi-
rizzate a Michele monaco sono conservate nei tre manoscritti (oltre che nel
Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, II. I. 101) e in quale ordine si susse-
guono. Sul codice lucchese si veda anche l’intervento di ARRIGHI 1987.
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LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 191

di linee perfino alcuni dettami grafici ed estetici contenuti nella fa-


mosa lettera che il Traversari gli inviò tra la primavera e l’estate
del 1437.81 Resta tuttavia problematica la successione dei libri.
Accanto all’edizione di Michele, dopo la morte del Traversari fu
approntata una seconda edizione, che raccolse 435 epistole circa,
ripartite in 13 libri. Quest’ultima (conservata almeno da tre esem-
plari manoscritti) 82 sembra, più che una raccolta globale di gravio-
res e familiares, una silloge di sole familiares, visto che mancano epi-
stole al papa, a vescovi e cardinali, nonché a illustri nobili e po-
tenti. Fu forse allestita in ambito monastico, in quanto si apre con
lettere a monaci camaldolesi e limita a soli tre libri quelle a corri-
spondenti umanisti. Sembrerebbe inoltre successiva alla raccolta di
Michele monaco, dato che, nelle sezioni dedicate agli umanisti, pa-
re dipendere, per ordine e coerenza all’interno dei singoli libri, da
quella dell’illustre confratello, mentre nelle altre sezioni manca una
rigorosa corrispondenza tra destinatario del libro e lettere effetti-
vamente contenute in esso. Peraltro, due dei quattro codici che
contengono l’edizione per così dire ‘monastica’ sono sottoscritti e
datati rispettivamente al 1463 (Firenze, Biblioteca Nazionale Cen-
trale, Conventi Soppr. G. III. 35) e al 1468 (Firenze, Biblioteca
Nazionale Centrale, Conventi Soppr. C. II. 38), cioè circa ven-
t’anni dopo l’edizione di Michele.
Ma, oltre a queste due sillogi, che possiamo identificare con re-
lativa sicurezza in quanto ottennero un notevole successo nella tra-
dizione manoscritta, se ne formarono anche altre, meno controlla-
te nella selezione e disposizione dei materiali. Una di esse, ad esem-
pio, sembra attestata dal codice II. I. 101 (già Magl. VIII. 1) della
Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze – leggermente acefalo (ini-
zia solo con l’epistola I, 6) e mutilo in fine a partire dall’epistola
VI, 23 – che presenta, pur con alcune dislocazioni, un’edizione si-

81
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XIII, 14 = vol. II, coll. 622-623.
82
Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. C. II. 38 (au-
tografo di Giovanni da Laterina); Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Con-
venti Soppr. G. III. 35 (autografo di Rinaldo di Ludovico Volterrano); Na-
poli, Biblioteca Nazionale, Brancacciana, VI. A. 8. Ad essi andrà aggiunto an-
che il Conventi Soppr. D. IV. 37 della Biblioteca Nazionale Centrale di
Firenze, che, pur conservando solo parte di quattro libri di epistole traversa-
riane, perché fortemente mutilo in principio e in fine per danno meccanico
(contiene infatti le ultime 6 lettere a Mariotto Allegri, le 52 a Sebastiano aba-
te di S. Salvatore, le 22 a Francesco abate delle Carceri, le prime 7 al fra-
tello Girolamo), riproduce per la porzione di testo conservata il medesimo im-
pianto dell’edizione monastica in 13 libri. Cfr. da ultimo FAVI 2001, p. 97 e
IARIA 2004, p. 245, nota 10.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 192

192 CAPITOLO QUARTO

mile a quella di Michele monaco. Infatti, le lettere sono ripartite


sulla base di 17 destinatari, anche se all’interno delle singole sezio-
ni il contenuto è spesso disomogeneo.83 Il codice Trivulziano 1626
contiene invece una selezione di 56 epistole traversariane non di-
vise in libri, indirizzate in massima parte al fratello Girolamo, a cui
sono però inframmezzate sporadiche epistole al priore di S. Maria
degli Angeli Luca di Neri Malefici e ad altri confratelli (Agostino,
Eufrosino e Giacomo), oltre ad una missiva a Sebastiano, abate di
S. Salvatore. La trascrizione, in cui si alternano più mani corsive
della metà del Quattrocento, è chiaramente interrotta, perché l’ul-
tima epistola è priva delle formule finali di saluto e datazione, men-
tre le ultime carte del manoscritto sono rimaste in bianco. Inoltre,
la selezione dei materiali epistolografici include testi assenti dalle
raccolte canoniche e presenta alcune differenze linguistiche e reto-
riche nella scelta e nella disposizione dei termini impiegati. Vespa-
siano da Bisticci, infine, menziona una raccolta di epistole traver-
sariane in venti libri.84
La tradizione manoscritta ha conservato poi parecchie epistole
sparse del monaco, raccolte in gruppi ridotti o addirittura da sole,
spesso accanto a missive di altri umanisti, ma anche ai testi mi-
scellanei più disparati. Alcune di esse presentano in calce l’indiriz-
zo del destinatario, sintomo della loro indipendenza dalle raccolte
canoniche, che al contrario ne sono prive. Mi limiterò ad alcuni
esempi significativi.85 Il Laurenziano Plut. 54. 10 – splendido esem-
plare membranaceo in antiqua posata, realizzato intorno al 1470 per
Bartolomeo Scala – raccoglie le Collectiones Cosmianae, cioè testi di,
a o su Cosimo de’ Medici; ma al suo interno trova posto anche
una selezione di 19 epistole traversariane, precedute dalla dedica di
Michele monaco allo stesso Cosimo. Il Riccardiano 827 ospita in-
vece 9 libri di lettere di Pier Candido Decembrio; anche in questo
caso, però, alle cc. 8v-9r si susseguono nell’ordine una lettera di
Ambrogio Traversari al Decembrio e la relativa risposta. Alcune
epistole del Camaldolese trovano perfino posto negli spazi residua-
li e nei fogli di guardia dei manoscritti, come nel Riccardiano 554,

83
Ad esempio, nel codice II. I. 101 della Biblioteca Nazionale Centrale di
Firenze le epistole indirizzate a Michele monaco si susseguono sostanzialmente
nel medesimo ordine dell’edizione in 18 libri, anche se ne manca una (TRA-
VERSARI, Epistolae, 1759, XIII, 16 = vol. II, col. 624) e ce ne sono invece tre
in più (TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XIII, 11, 12, 13 = vol. II, coll. 621-622):
cfr. IARIA 2004, pp. 245-246.
84
Cfr. VESPASIANO, Vite, 1970-76, I, p. 460.
85
Ulteriori esempi in IARIA 2004, p. 245, nota 10.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 193

LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 193

che contiene Cicerone e Basilio di Cesarea, o nel Riccardiano 675,


alla fine di una selezione di sentenze morali e proverbi, insieme a
una lettera di Coluccio Salutati.
Infine, merita di essere menzionato un canale molto particolare
di conservazione dei materiali epistolografici traversariani: i registri
d’ufficio delle proprie lettere, redatti o fatti redigere prima che la
corrispondenza venisse inviata al legittimo destinatario.86 Questi re-
gistri, tipici della cultura notarile e amministrativa del tempo, non
avranno ceduto a lusinghe retoriche, limitandosi a riportare i nudi
testi o sintetici regesti delle trasmissive del Camaldolese. Uno di es-
si (come già segnalato in MEHUS 1759, I, p. IV e poi in MERCATI
1939, p. 51, nota 2) potrebbe essere l’attuale Laurenziano Strozzi
104. Non andrà del resto dimenticato che anche all’interno dei re-
gistri pontifici, perlomeno in quelli di Eugenio IV, è possibile re-
perire, accanto a copie d’ufficio di lettere inviate dal papa al Tra-
versari, anche le trascrizioni di alcune missive spedite dal Camal-
dolese allo stesso. È il caso ad esempio (segnalato sempre da
MERCATI 1939, pp. 41-43) del Vaticano Reg. lat. 370, in cui sono
riportate cinque lettere del monaco, inserite disordinatamente tra
quelle del pontefice.87
La successiva storia della conservazione e trasmissione dell’epi-
stolario traversariano si intreccia con quella della stampa. La pri-
ma edizione, in 20 libri, fu curata da Edmond Martène e Ursin
Durand all’inizio del III volume (coll. 1-728) della loro Veterum scrip-
torum et monumentorum historicorum, dogmaticorum, moralium amplissima col-
lectio (Parigi 1724), usando anche gli appunti inediti di Jean Ma-
billon, che prima di loro aveva intrapreso, ma mai ultimato a cau-
sa della morte, una silloge di epistole traversariane. Il Mabillon, a
sua volta, aveva fondato la sua raccolta su un codice avuto in pre-
stito da Antonio Magliabechi (forse il Firenze, Biblioteca Naziona-
le Centrale, II. I. 101, già Magl. VIII. 1).

86
In SOTTILI 2002, pp. 193-194 è ricordata infatti una lettera del 4 feb-
braio 1432, in cui il Traversari chiede da Roma al fratello Girolamo l’invio
del quaderno di sue lettere trascritte dal monaco Parente e di un secondo
quaderno più piccolo di sua mano (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XI, 13
= vol. II, col. 492).
87
Curiosamente, però, non tutte risultano spedite ad Eugenio IV dopo
l’assunzione al soglio pontificio: due infatti sono indirizzate a Gabriele Con-
dulmer ancora cardinale di Siena e protettore dei Camaldolesi, mentre una
terza è addirittura destinata ad Andrea da Firenze, segretario del papa. Qua-
le sia stato il motivo dell’inconsueta registrazione non è chiaro, ma MERCATI
1939, p. 43 ipotizzò che si sia trattato di un ordine di Eugenio IV, o più pro-
babilmente di una libera iniziativa del suo segretario apostolico, a cui infatti
è indirizzata una missiva.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 194

194 CAPITOLO QUARTO

In seguito, Canneti curò una più ampia e completa raccolta in


XXIII libri, di cui il Mehus trovò l’autografo «inter Codices Coe-
nobii Classensis, quod Ravennae est», 88 dove ancora si conserva
con segnatura 476. Il manoscritto Classense del Canneti si com-
pone di 5 tomi. Solo il secondo contiene l’edizione definitiva del-
l’epistolario traversariano, corredato delle 6 orazioni del monaco,
mentre i tomi primo, terzo e quarto raccolgono spogli di mano-
scritti, spesso compilati dai bibliotecari delle sedi dove i codici era-
no conservati. Nel tomo 5, invece, l’abate camaldolese tracciò un
primo abbozzo di Vita Ambrosii, con relativo albero genealogico, e
raccolse numerose fonti antiche sul monaco e sulle sue traduzioni,
ma anche su altri personaggi fiorentini della prima metà del Quat-
trocento, variamente connessi con quest’ultimo. In esso trovano in-
fine posto anche gli argumenta premessi dal Canneti alle singole let-
tere dell’epistolario traversariano.
Un sommario confronto tra l’edizione dei padri maurini, basa-
ta a sua volta sugli appunti del Mabillon, e la successiva raccolta
dell’abate camaldolese non permette di concludere che sia stato
usato un unico e medesimo codice. Osservava infatti già MERCATI
1939, p. 53, nota 1: «La patente differenza nel numero e nell’or-
dine delle lettere dentro i libri, le differenze degl’indirizzi di cui so-
pra, e la diversità del modo di datare non poche lettere […] esclu-
dono affatto, che il Mabillon e il Canneti abbiano nei libri I-XVIII
copiato il medesimo codice. Il Canneti ebbe un codice dell’Avella-
na, non visto dal Mabillon e alquanto più ricco […], con 561 let-
tere forse non ordinate in libri». E ancora, più avanti: «Le due edi-
zioni non sono per nulla fondate sullo stesso codice e nemmeno so-
pra una collezione medesima; ma, mentre quella del Martène nei
primi diciotto libri segue una collezione affine a quella di Michele
e nei due ultimi presenta una scelta di lettere da altra o da altre
raccolte, il Canneti deve aver trovato, o almeno preferito una di
queste raccolte, affatto differente nel numero, nell’ordine e parec-
chie volte negl’indirizzi e nelle date delle lettere».89 Ritengo tutta-
via doveroso aggiungere che l’edizione del Canneti, per quanto in-
finitamente lontana da criteri filologici moderni, non si fondò su un
unico codice, ma rappresentò un tentativo di riordinamento com-
plessivo dei materiali epistolografici traversariani, condotto a parti-
re da parecchi manoscritti, di cui si conservano appunto gli spogli
nei tomi 1, 3 e 4 del Classense 476.

88
Così MEHUS 1759, I, p. III.
89
Così MERCATI 1939, p. 67.
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LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 195

Nel 1759, morto il Canneti, il Mehus diede alle stampe la sua


raccolta, limitandosi ad aggiungere alcune lettere inedite e gli in-
dici, oltre a un’ampia trattazione sull’Historia litteraria florentina e sul-
la Vita Ambrosii, per la quale forse si avvalse dei materiali raccolti
nel quinto tomo del Classense 476. Il Conventi Soppr. F. IV. 36
della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze conserva ancora la
versione manoscritta dell’edizione consegnata dal Mehus prima al-
la censura e poi in tipografia. Infatti, una nota registrata a c. 951v
attesta che «Julius de Riccis vicarius Generalis» sottopose il volu-
me nel 1740 alla censura di Giovanni Lami, il quale a sua volta
lo restituì poco dopo con pieno consenso (si legga la nota autografa
a c. 952r). All’epistolario traversariano risulta già premessa una pri-
ma introduzione del Mehus, molto più breve però di quella che
leggiamo oggi nell’edizione a stampa. Alla mano dello stesso an-
dranno forse ricondotte anche le lettere trascritte su fogli aggiunti-
vi, rilegati nella compagine del manoscritto.
Ancora oggi, è questa l’edizione di riferimento delle epistole del
Camaldolese, nonostante non raccolga tutte le lettere note 90 e il te-
sto sia talvolta lacunoso, pieno di scorrettezze e in ogni caso to-
talmente privo di apparato critico e storico.91
Ma la riedizione dell’epistolario traversariano, già auspicata da
Mercati, non è mai stata realizzata.92 Del resto, l’impresa è vasta
e difficile, e finora sembra aver scoraggiato anche i più temerari.93
Come avvertiva infatti lo stesso Mercati 94 – e ribadiva da un pun-

90
Le missive rinvenute successivamente all’edizione del Mehus sono infat-
ti edite separatamente in contributi singoli, che qui elenco in ordine cronolo-
gico: MORELLI 1776, p. 106 [ried. in DINI-TRAVERSARI 1912, Appendice prima,
p. 6, documento 4]; LUISO 1898-1903, vol. I, p. 42 (VII, 1); vol. I, p. 46 (VII,
20); vol. II, pp. 7-9 (VIII, 33); DINI-TRAVERSARI 1912, Appendice prima, pp. 3-
5 (documenti 1-3); LUGANO 1913, pp. 49-56; BERTALOT 1975a, pp. 251-267;
BATTELLI 1939, pp. 613-616; MERCATI 1939, pp. 1-96; BULLETTI 1944-47, pp.
97-105; HOFMANN 1953, pp. 214-217 [ried. in ZORZI 1997, pp. 624-636];
GRIGGIO 1988, pp. 329-366; SOTTILI 1988, pp. 287-328; SOTTILI 2002, pp.
213-216; IARIA 2005a, pp. 599-602.
91
Esiste inoltre una traduzione italiana del libro XV, contenente le lette-
re al monaco Mariotto Allegri, in SOMIGLI 1987, pp. 164-236.
92
Cfr. MERCATI 1939, p. 50. La riedizione delle epistole traversariane an-
drebbe inoltre accompagnata da nuovi «studi sulla tradizione manoscritta e ri-
cerche erudite che aiutino a capire le lettere»: così SOTTILI 2002, p. 193.
93
Segnalo tuttavia che Anna Favi ha curato una riedizione delle lettere
traversariane a Niccolò Niccoli per la tesi di dottorato discussa presso l’Uni-
versità di Firenze nel 2004.
94
Cfr. MERCATI 1939, pp. 50-52.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 196

196 CAPITOLO QUARTO

to di vista più generale Alessandro Perosa 95 – una pubblicazione


condotta con criteri filologici moderni dovrebbe innanzi tutto ba-
sarsi su un ampio lavoro preparatorio volto a ricostruire la genesi
dell’epistolario (individuazione degli originali superstiti di missive
traversariane; segnalazione di eventuali registri di lettere d’ufficio in
qualità di priore generale; catalogazione di tutti i manoscritti con-
tenenti collezioni di maggiore o minore ampiezza, o anche solo let-
tere isolate, nel tentativo di stabilire la paternità dell’autore della
raccolta), per passare poi alla vera e propria edizione del testo, di-
stinguendo innanzi tutto le epistole che trovarono posto nelle rac-
colte manoscritte da quelle rigettate, pur senza trascurare queste ul-
time, e precisando in apparato se e quali siano state le diverse re-
dazioni d’autore delle singole missive, 96 in particolare quando
l’epistola è conservata tanto nelle sillogi su manoscritto quanto in
trasmissiva autografa.97 Inoltre – precisava a ragione sempre Mer-
cati – bisognerebbe tenere conto del fatto che talvolta Ambrogio
Traversari spediva una missiva identica, o quasi identica, a perso-
ne diverse.98 Vorrei aggiungere infine che un problema specifico ri-
guarderebbe l’individuazione della raccolta da porre a fondamento
di una moderna edizione, dato che la collezione approntata dal
monaco, se mai fu ultimata, sembra perduta per sempre. Resta in-
fatti da chiedersi se non sia preferibile seguire quella del confratello
Michele, vero erede spirituale del Traversari (avendo però cura di
aggiungere le lettere extravaganti che non avevano trovato posto
nella raccolta allestita all’indomani della morte del maestro), piut-
tosto che tentare un’improbabile ricostruzione dell’ordinamento vo-
luto dal generale ancora in vita oppure ostinarsi a seguire e ad am-
pliare le precedenti edizioni a stampa.

95
Cfr. PEROSA 2000a, pp. 14-16. Sui problemi metodologici posti dall’e-
dizione degli epistolari umanistici e di singole trasmissive autografe si vedano
anche, di recente, BORGHESI 2000, pp. 74-81 e NUZZO 2003, pp. 13-17, che
rimandano a bibliografia precedente.
96
FAVI 2001, p. 100 osserva infatti che «numerosi sono i casi in cui una
stessa lettera è tradita dai codici in differenti redazioni» e cita come esempio
l’epistola XV, 38 a Mariotto Allegri (se ne veda la duplice redazione in FA-
VI 2001, pp. 102-103).
97
Si veda il caso dell’epistola del Vaticano lat. 3908, c. 241, edita in TRA-
VERSARI, Epistolae, 1759, I, 7 = vol. II, coll. 20-23. Cfr. supra, IV.1.
98
MERCATI 1939, pp. 52-66 insiste particolarmente su questo problema e
discute numerosi esempi. Si leggano anche le osservazioni di SOTTILI 2002,
pp. 183-185 in merito alla corrispondenza tra Ambrogio Traversari e Loren-
zo de’ Medici il Vecchio.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 197

LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 197

2. Concilio di Basilea e impegno letterario

L’attività scrittoria di Ambrogio Traversari durante gli an-


ni del generalato non si limitò alla produzione epistolografi-
ca, per quanto questa abbia rivestito un ruolo significativo e,
per certi aspetti, preponderante. Infatti, anche tra le numerose
incombenze amministrative e diplomatiche imposte dalla nuo-
va carica ecclesiastica, il Camaldolese non abbandonò del tut-
to i lavori di traduzione dal greco che avevano accompagna-
to il lungo periodo della clausura monastica, anzi ritornò ad
essi con nostalgia ogni qual volta se ne presentò l’occasione
oppure, più spesso, per soddisfare le esigenze specifiche della
Chiesa in quel turbolento decennio di secolo.99 In particola-
re, la tradizione manoscritta ha conservato una documenta-
zione autografa piuttosto ricca relativa agli anni centrali del
generalato (1435-1436), quando il monaco partì da Firenze
per recarsi a Basilea prima e presso l’imperatore Sigismondo
di Lussemburgo poi, a capo di un’ambasceria che si propo-
neva di difendere in sede conciliare l’autorità del pontefice di
Roma. In quell’occasione, infatti, proprio per opporre validi
argomenti scritturali alla volontà scismatica del concilio, il
Traversari volse in latino le tre orazioni De pace di Gregorio
Nazianzeno, di cui si conserva parte della stesura autografa
alle cc. 1r-12v del Vaticano Reg. lat. 1612 [Tav. 30].100

99
Peraltro, non andrà dimenticato che, proprio durante i primi anni di ge-
neralato, il monaco ultimò le versioni delle Vitae laerziane e di alcune omelie
del Crisostomo, di cui si conservano gli autografi rispettivamente nel Lauren-
ziano Strozzi 64 (cfr. supra, III.3.2) e nel Conventi Soppr. J. VI. 6 della Bi-
blioteca Nazionale Centrale di Firenze (cfr. supra, III.3.3). Infine, prima di es-
sere completamente assorbito dalle mansioni imposte dalla nuova carica ec-
clesiastica, il Camaldolese riuscì ancora a volgere ex novo in latino due scritti
biografici – la Vita Gregorii Nazianzeni di Gregorio Presbitero e la Vita Johannis
Chrysostomi di Palladio – nonché ad intraprendere il lungo lavoro di traduzio-
ne del corpus dello Pseudo-Dionigi l’Areopagita, anche se la tradizione mano-
scritta ne ha preservato solo copie seriori.
100
Più precisamente, le cc. 1r-9r contengono per intero la De pace I, men-
tre le cc. 9v-12v la parte iniziale della De pace II, fino a «ecclesiastico non fo-
rensi more». Da quel punto in avanti, gli ulteriori fascicoli di mano del Ca-
maldolese sono purtroppo perduti, sebbene il richiamo orizzontale alla fine
dell’ultimo foglio sopravvissuto ne ricordi la primitiva esistenza. L’autografia
del senione iniziale del manoscritto è stata riconosciuta per la prima volta da
04 11-11-2009 16:51 Pagina 198

198 CAPITOLO QUARTO

Il fascicolo pervenuto in originale rappresenta la copia di


lavoro del Camaldolese, poiché contiene diverse correzioni
eseguite inter scribendum, oltre a una sistematica e capillare re-
visione successiva alla fine del lavoro.101 Nonostante il tra-
scorrere degli anni, la scrittura di Ambrogio Traversari pre-
senta ancora le medesime caratteristiche già messe in luce
per gli abbozzi giovanili delle versioni dal greco, segno del-
la staticità sottesa alla parabola grafica del monaco. Pagina
dopo pagina, la corsiva del Camaldolese subisce il forzato
adattamento librario imposto dalla tipologia del supporto ma-
teriale e marca, in primo luogo, l’innesto sistematico di ele-
menti antiquari sulla base grafica usuale. Infatti, oltre all’u-
so regolare dei legamenti carolini ct e st, nonché della r di-
ritta anche dopo lettera tonda e della s diritta in fine di rigo,
è attestata con netta prevalenza la d ad asse diritto rispetto
alla concorrente variante onciale; 102 inoltre, sono adottati in
proporzioni paritarie il nesso et e la forma corsiva scritta per
esteso, mentre la più informale nota tironiana in forma di 7
risulta del tutto assente.103
La funzione libraria del testo è accentuata anche dalla
presenza delle maiuscole capitali impiegate in funzione di-
stintiva per i titula delle due orazioni (cc. 1r e 9r). Come ab-
biamo già avuto modo di osservare, esse rappresentano un
macroscopico elemento di ritorno all’antico, dato che allu-
dono a modelli epigrafici, per quanto mediati attraverso il fil-
tro della pagina manoscritta: infatti, le parole sono separate
tramite punti e ricorre un’unica abbreviazione generica ‘a te-

GENTILE 2000b, pp. 97-98. Sulle complesse vicende tradizionali delle tre De
pace (orr. 6, 23, 22) – tradotte dal monaco a partire dal luglio 1435 insieme
ad una quarta orazione De obitu patris (or. 18), anch’essa di Gregorio Nazian-
zeno – si leggano i contributi di WAY 1961, pp. 91-96, WAY 1971, pp. 135-
136 e SOTTILI 1988, pp. 306-309, 320-327 (lettere I-II), oltre a quello più re-
cente dello stesso GENTILE 2000b, pp. 96-102.
101
La tradizione manoscritta accolse l’ultimo testo rivisto dall’autore. GEN-
TILE 2000b, p. 98 ricorda infatti che «le lezioni che nel Reginense correggo-
no la prima stesura sono già a testo nel […] Vaticano lat. 555» del XV se-
colo, cioè in una copia immediatamente successiva all’autografo traversariano.
102
Ad esempio, a c. 2r si contano ben 37 d diritte, ma solo 3 d onciali.
103
Sempre a c. 2r, infatti, si registrano 11 attestazioni del nesso all’antica
et accanto alle 12 della variante corsiva scritta per esteso.
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LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 199

gola’. Al termine delle aste sono inoltre presenti marcati api-


ci ornamentali (si vedano in particolare P e R), forse un’ac-
quisizione secondaria nell’evoluzione grafica del monaco,
probabilmente da mettere in relazione con le traduzioni pa-
tristiche attestate a partire dagli anni Venti del secolo.
Sul versante codicologico è interessante sottolineare il for-
mato ridotto del volume (210×145 mm), 104 che rivela una de-
cisa consonanza con il codice della traduzione atanasiana
contenuta nel Conventi Soppr. J. VIII. 8 della Biblioteca Na-
zionale Centrale di Firenze (205×140 mm) e con il Lattan-
zio Riccardiano 302 (220×150 mm), entrambi riconducibili
agli anni della piena maturità del monaco.105 Le ragioni per
cui il Camaldolese abbandonò il formato maior delle tradu-
zioni giovanili e ne adottò invece uno ridotto, pari alla me-
tà circa del precedente, non sono del tutto chiare, anche se
non sembra estranea la maneggevolezza dei nuovi volumi,
adeguata ai frequenti spostamenti imposti dagli obblighi del
generalato. Certo è che, negli anni della maturità, è privile-
giato un formato minor mai attestato in precedenza, a cui –
non a caso – si uniforma anche un ulteriore autografo tra-
versariano: il codice 19. 41 Aug. 4to della Herzog-August-Bi-
bliothek di Wolfenbüttel [Tav. 32].
Il volume, cartaceo e miscellaneo, misura infatti 210×145
mm. Contiene alle cc. 91r-102r la stesura autografa di due
orazioni del monaco, la prima delle quali pronunciata il 26
agosto del 1435 davanti all’assemblea dei padri conciliari ri-
uniti a Basilea, 106 mentre la seconda il successivo 26 dicem-
bre durante l’udienza pubblica tenuta al cospetto dell’impe-
ratore Sigismondo nella residenza ungherese di Alba Rega-

104
Ad esso si accompagna uno specchio di scrittura rigato a secco di
145×90 mm, delimitato dalle sole rettrici maggiori e dalle linee di giustifica-
zione marginali. Il testo è disposto al di sopra della rettrice superiore e si am-
massa su 29-31 righi per pagina, con un interlineo decisamente ridotto di ap-
pena 5 mm.
105
La versione traversariana di Atanasio è databile al 1430-1435 circa (cfr.
supra, III.3.4), anni a cui risale verosimilmente anche la silloge di scritti mi-
nori di Lattanzio contenuta nel Riccardiano 302 (cfr. supra, II.4).
106
Wolfenbüttel, Herzog-August-Bibliothek, ms. 19. 41 Aug. 4to, cc. 91r-
97r. Edizione in TRAVERSARI, Epistolae, 1759, Oratio II. De pace et unitate ser-
vanda in Concilio Basileensi = vol. II, coll. 1143-1152.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 200

200 CAPITOLO QUARTO

le.107 Il testo è vergato nella ben nota corsiva umanistica del


monaco, il cui travestimento all’antica non lascia spazio a in-
certezze di sorta: infatti, la d ad asse diritto prevale netta-
mente rispetto alla concorrente variante onciale; 108 sono at-
testati con regolarità la r diritta anche dopo lettera tonda, la
s diritta in fine di parola e i legamenti carolini ct e st; il nes-
so all’antica et si affianca alla forma corsiva scritta per este-
so, mentre la più usuale nota tachigrafica risulta di norma
assente.109 Anche i titula, apposti nel consueto alfabeto capi-
tale, rivelano il dichiarato intento di ritorno al passato e ac-
centuano la destinazione libraria dell’autografo traversariano.
Del resto, altri elementi, oltre alla studiata posatezza ed
eleganza della pagina, concorrono a prospettare per le due
orazioni del Guelferbitano 19. 41 Aug. 4to un’interpretazione
ben diversa da quella di abbozzo di lavoro. In primo luogo,
infatti, lo scritto appare coerentemente impaginato su 26-27
righi per facciata.110 Inoltre, la dislocazione del titulum della
seconda orazione a c. 97r, dopo l’explicit della precedente,
piuttosto che a c. 97v, dove inizia il testo vero e proprio,
sembra suggerire un innesto secondario e successivo alla tra-
scrizione di tutto il lavoro, ulteriore segno di una voluta mi-
se en page programmata a priori. Infine – ed è questo l’ele-
mento più significativo – risultano quasi del tutto assenti cor-
rezioni o revisioni del dettato, ad eccezione di due interventi
secondari a c. 91v. Al r. 6, infatti, l’autografo del Camaldo-
lese presenta a testo «dispositio», ma suggerisce a margine di
sostituirlo col più appropriato «dispensatio», forse frutto di
un ripensamento successivo dell’autore.111 Al r. 2, invece, si

107
Wolfenbüttel, Herzog-August-Bibliothek, ms. 19. 41 Aug. 4to, cc. 97r-
102r. Edizione in TRAVERSARI, Epistolae, 1759, Oratio III. De rebus Concilii Ba-
sileensis ad Imperatorem Sigismundum = vol. II, coll. 1151-1158.
108
A c. 91v si contano ad esempio ben 51 d diritte, ma solo 3 d onciali.
109
Sempre a c. 91v si contano ad esempio 6 attestazioni di et nesso caro-
lino, 8 della variante corsiva scritta per esteso, ma nessuna nota tachigrafica
in forma di 7.
110
Non mi è possibile fornire dati codicologici più precisi, perché ho esa-
minato il manoscritto solo in riproduzione su microfilm.
111
Non possiedo informazioni circa un eventuale cambio d’inchiostro nel-
la variante marginale, tuttavia l’intervento sembra secondario, visto che, ad
04 11-11-2009 16:51 Pagina 201

LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 201

osserva il depennamento eseguito inter scribendum di «petro


singulariter», insinuatosi a testo per evidente saut du même au
même rispetto al successivo «petro singulariter» del r. 15.
In altri termini, tutto induce a ritenere che entrambe le
orazioni traversariane nel manoscritto di Wolfenbüttel siano
la copia autografa di un perduto abbozzo di lavoro, appron-
tata dal Camaldolese in persona per omaggiare un illustre de-
stinatario, sulla cui identità ritorneremo più avanti.112 Peral-
tro, è lo stesso monaco a informarci, in una lettera indiriz-
zata a Cristoforo da San Marcello il 4 ottobre del 1435, che,
almeno per quanto concerne il primo dei due discorsi, il te-
sto diffuso dalla tradizione manoscritta rappresenta un rima-
neggiamento successivo rispetto alla primitiva performance ora-
le pronunciata davanti all’assemblea dei padri conciliari, 113 a
mia notizia perduta per sempre.
Il medesimo codice Guelferbitano 19. 41 Aug. 4to contie-
ne inoltre, alle precedenti cc. 73r-76r, la trascrizione traver-
sariana di un poemetto latino composto da Gian Lucido
Gonzaga, figlio del marchese di Mantova Gian Francesco I.
In poco più di 150 versi, Gian Lucido ripercorre le origini
del proprio casato, fino all’ingresso dell’imperatore Sigi-
smondo a Mantova, in occasione del conferimento del titolo
di marchese ai Gonzaga. Ambrogio Traversari ebbe modo di
ascoltare il carme, recitato dal giovane, mentre si recava a
Basilea, durante una breve visita al castello di Goito nell’a-

esempio, non è accolto a testo nella copia del passo contenuta nel Vaticano
Reg. lat. 1612, c. 81v, r. 9.
112
Era infatti consuetudine umanistica dedicare stesure autografe della me-
desima opera a più destinatari, in segno di rispetto. Ad esempio, anche in me-
rito all’orazione pronunciata al cospetto dei padri conciliari, Ambrogio Tra-
versari si rammarica di non poterne inviare una copia di propria mano a Cri-
stoforo da San Marcello vescovo di Rimini: «Quae scribis significata tibi a
Turonense Episcopo, qui modo non adest, de oratione nostra, placent, quan-
do tibi grata fuisse significas. Ipsam orationem scriptam Leonardus adfert se-
cum, credo, Cosmo tradendam, quam non ambigo dignationi tuae libenter
impertietur; et doleo non esse ad manum, quam tibi dedicare possem propria
manu scriptam» (TRAVERSARI, Epistolae, 1759, III, 44 = vol. II, coll. 163-164).
113
«Sane ultima pars de voluntate, consilioque Praesidentium adiecta est;
sicuti et quaedam amputata priusquam illam pronuntiaremus; id ne aut Pon-
tificem moveat, si forte illam legit, aut alium quempiam» (TRAVERSARI, Episto-
lae, 1759, III, 44 = vol. II, col. 164).
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202 CAPITOLO QUARTO

gosto del 1435, ospite di Vittorino da Feltre.114 Tuttavia, la


trascrizione del monaco contenuta nel manoscritto di Wol-
fenbüttel è sicuramente successiva all’arrivo nella sede conci-
liare, quando il Camaldolese ebbe finalmente modo di leg-
gere il poemetto al cardinale Giuliano Cesarini, a cui era de-
dicato.115 Infatti, a c. 76r del codice sono riportati, dopo
debita didascalia, ma senza soluzione di continuità grafica,
anche i cinque esametri composti dal legato pontificio in ri-
sposta al carme di Gian Lucido.116
L’illustre destinatario della copia del poemetto, che il Tra-
versari si preoccupò di trascrivere addirittura di propria ma-
no, era l’influente cancelliere imperiale Kaspar Schlick, se vo-
gliamo prestar fede alla lettera di dedica, pur non autografa,
riportata a c. 72r del manoscritto: «Domino meo amantissimo
Gaspari Ambrosius. Versus Iohannis Lucidi, nobilissimi inge-
nii pueri, sicuti pollicitus sum mitto excellentie tue».117 Al
componimento in versi il monaco aggiunse anche un’epistola
– ancora una volta non autografa (c. 72r-v) – indirizzata da
Gian Francesco I Gonzaga al Camaldolese stesso per affidar-
gli il figlio in adozione spirituale: «Litteras iterum patris, Man-
tuani principis, mitto ad te legendas, quibus illum michi tra-
dit in filium».118 La trascrizione traversariana del poemetto di

114
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 3 = vol. II, col. 332; XV, 38 =
vol. II, col. 708.
115
L’avvenimento è raccontato da Ambrogio Traversari in una lettera del
1436 allo stesso Gian Lucido Gonzaga: cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, V,
12 = vol. II, col. 247.
116
L’explicit del poemetto è infatti seguito dalla notazione traversariana «Iu-
lianus sanctae sabinae presbyter cardinalis, et sanctae sedis apostolicae lega-
tus, ad quem dirigitur carmen, ita respondit», a cui si aggiungono i cinque
esametri di risposta del Cesarini, editi in SOTTILI 1984, p. 712. Ulteriori ar-
gomenti a favore dell’ipotesi che la trascrizione traversariana del carme non
avvenne in Italia, bensì a Basilea, si leggono sempre in SOTTILI 1984, p. 712.
117
Sull’identità del destinatario dell’epistola traversariana si vedano SOT-
TILI 1984, p. 710 e SOTTILI 2002, p. 203. L’epistola fu inviata dal Camaldo-
lese a Kaspar Schlick il 18 dicembre 1435 da Székesfehérvár in Ungheria: cfr.
SOTTILI 2002, pp. 203-205. Rimando a SOTTILI 2002, p. 213, n. I anche per
l’editio princeps della missiva.
118
In merito alla più ampia portata politica e diplomatica della corri-
spondenza tra Ambrogio Traversari e il marchese di Mantova Gian France-
sco I Gonzaga si leggano i brevi, ma interessanti accenni di SOTTILI 2002, p.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 203

LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 203

Gian Lucido si conferma dunque un dono encomiastico teso


a solleticare le velleità umanistiche dell’influente funzionario di
Sigismondo e ben si inserisce nella più ampia politica messa
in atto dal monaco al concilio di Basilea per recuperare alla
causa papale l’appoggio dell’imperatore.119 Del breve biglietto
che accompagnava l’omaggio il Camaldolese non ritenne in-
dispensabile conservare copia, forse a causa delle concitate in-
combenze diplomatiche a cui era dedito quotidianamente.120
Se una trascrizione della missiva a Kaspar Schlick e del com-
ponimento di Gian Lucido Gonzaga sono sopravvissuti tra le
carte del Guelferbitano 19. 41 Aug. 4to, insieme alle due ora-
zioni pronunciate dal monaco davanti ai padri conciliari e al-
l’imperatore Sigismondo, questo sarà probabilmente dovuto al
progetto, a cura dello stesso funzionario imperiale o della sua
cancelleria, di riunire in un unico volume miscellaneo la do-
cumentazione relativa ai difficili anni conciliari.121
La trascrizione del carme di Gian Lucido Gonzaga costi-
tuisce l’unico esempio di testo poetico riconducibile alla ma-
no del Camaldolese. Il carme presenta la ben nota impagi-
nazione di un verso per rigo – ampiamente diffusa anche in
età umanistica per unità metriche lunghe come l’esametro –
qui realizzata con una media rigorosa di 25 versi per pagi-
na. Ambrogio Traversari copia fedelmente il testo del figlio
del marchese di Mantova, senza omettere le varianti d’auto-
re che aveva evidentemente tratto dall’antigrafo, forse di ma-
no del giovane.122 La scrittura del monaco non rivela sor-

207. Sul significato culturale e non materiale (connesso cioè con battesimi o
cresime) dell’adozione spirituale di Gian Lucido Gonzaga da parte del Ca-
maldolese cfr. sempre SOTTILI 2002, pp. 207-209.
119
Cfr. SOTTILI 2002, pp. 191, 201-203, 205-206.
120
Cfr. SOTTILI 2002, pp. 193, 200.
121
Già SOTTILI 1984, pp. 712-713 osservava: «Chi raccolse l’autografo del-
le orazioni o se lo fece consegnare dall’autore, ebbe a disposizione anche il
Carmen e riunì il tutto in miscellanea che dimostra interessi umanistici oltre
che storico-conciliari. La presenza di scritti tedeschi e boemi non orienta ver-
so collezionisti italiani. Possedette il codice Mattia Flacio Illirico». Cfr. anche
SOTTILI 2002, p. 209.
122
È infatti improbabile che il Traversari stesso o il cardinale Cesarini si
fossero permessi di apportare correzioni al cimento poetico di un giovane de-
stinato ad una brillante carriera politica e diplomatica, senza neppure darsi
cura di occultare l’atto in una trascrizione ufficiale per il cancelliere imperia-
04 11-11-2009 16:51 Pagina 204

204 CAPITOLO QUARTO

prese, visto che si tratta della corsiva travestita all’antica sen-


za incertezze di sorta, 123 a cui si accompagna in funzione di-
stintiva e d’apparato la capitale maiuscola di ascendenza la-
tamente epigrafica.124
Sorprende che la corsiva umanistica del Camaldolese non
appaia più riservata soltanto ad abbozzi di lavoro di tradu-
zioni patristiche o a trascrizioni di propri scritti, ma sia im-
piegata anche per la copia di un altrui componimento. È pur
vero che Ambrogio Traversari non intendeva approntare un
esemplare destinato alla conservazione museale in biblioteca,
come ad esempio nel caso del Lattanzio Riccardiano 302.
Per quest’ultimo, infatti, il monaco avrebbe preferito, ancora
negli stessi anni, la più canonica antiqua posata, seppure pre-
potentemente influenzata dal sistema corsivo, al punto da
sembrare quasi una scrittura ‘mista’ o, per così dire, ‘sospe-
sa’ tra due universi grafici paralleli e concorrenti.125 Tuttavia,
sembra inevitabile osservare la progressiva conquista di cam-
po della corsiva travestita all’antica che, nell’autunno della vi-
ta del Camaldolese, invase l’ambito più propriamente libra-
rio, come del resto sarebbe avvenuto di lì a pochi anni an-
che nei numerosi esemplari prodotti da copisti di professione,
tra cui ricorderei almeno il padovano Bartolomeo Sanvito.

le Kaspar Schlick. L’attitudine filologica palesata dal Camaldolese nei con-


fronti del testo di Gian Lucido Gonzaga verrà meno nelle trascrizioni seriori
del poemetto. Ad esempio, infatti, nel Vaticano Reg. lat. 1612, cc. 90v-92v il
copista promuove sistematicamente a testo le lezioni presenti sui margini del-
l’autografo traversariano, senza più serbare memoria delle ulteriori varianti at-
testate in quest’ultimo.
123
Regolare è infatti l’uso di r diritta anche dopo lettera tonda, di s di-
ritta in fine di parola e dei legamenti carolini ct e st. Inoltre, la d diritta è de-
cisamente prevalente rispetto alla variante onciale (a c. 74r si contano ben 19
d diritte, ma 1 sola d onciale), e lo stesso si osserva per il nesso all’antica et
rispetto alla forma scritta per esteso o alla nota tachigrafica (a c. 75r il nesso
et è attestato 2 volte, mentre la forma per esteso compare 1 sola volta in ini-
zio di rigo, per esigenze imposte dal capolettera). Il sapore antiquario della
scrittura è accentuato dall’iterata presenza di y sormontata da un puntino.
124
Si vedano il titulum di c. 73r e la notazione explicit a c. 76r. In alfabe-
to maiuscolo capitale è anche – come di consueto – la lettera iniziale di cia-
scun verso.
125
Nel Riccardiano 302 sembra infatti che la mano corsiva del Camaldo-
lese realizzi in modo forzatamente posato le forme grafiche dell’antiqua di un
tempo, rischiando a tratti di sconfinare nel sistema corsivo. Cfr. supra, II.4.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 205

LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 205

3. Lo sconfinamento della corsiva all’antica nella produzione docu-


mentaria

L’allargamento della sfera d’influenza della corsiva umani-


stica traversariana – inizialmente riservata a copie di studio o
di lavoro di testi letterari, in quanto dotata di dignità interme-
dia tra l’antiqua posata dei più pregevoli esemplari da bibliote-
ca e la cancelleresca usuale della quotidianità amministrativa
del monastero – non si limitò a interessare il settore librario,
come nella trascrizione del carme di Gian Lucido Gonzaga,
ma invase anche, negli ultimi anni di attività del monaco, la
produzione più propriamente documentaria. Di ritorno dalla
missione diplomatica d’oltralpe, ma anche durante le turbolen-
te controversie dogmatiche affrontate al concilio di Ferrara e
Firenze, il Camaldolese fu nuovamente assorbito dalle incom-
benze burocratiche imposte dalla carica ecclesiastica e, proprio
a partire dalla documentazione emanata in qualità di priore ge-
nerale della congregazione dopo il 1435, si assiste a un’ulteriore
e irrevocabile conquista di campo della corsiva all’antica.
Gli atti burocratici e amministrativi in cui il travestimen-
to antiquario della corsiva si impose con maggiore facilità fu-
rono quelli confezionati in forma epistolografica, dove era
più labile il confine tra modus scribendi posato e corsivo. Già
nei due documenti iussivi su pergamena conservati per gli
anni precedenti, 126 ma anche nella più informale lettera in-
dirizzata alle magistrature senesi in merito a fatti attinenti al-
la quotidianità amministrativa dell’ente, 127 avevamo verifica-
to che la base usuale della scrittura del monaco subiva il for-
zato innesto di citazione dall’antico, per quanto in misura
minore rispetto ai più posati ed eleganti autografi librari. Eb-
bene, anche nelle due lettere di natura amministrativa della
piena maturità – indirizzate rispettivamente a un confratello
nel 1436 128 e ancora una volta alle magistrature senesi nel

126
Firenze, Archivio di Stato, Diplomatico, Normali, Camaldoli, S. Salva-
tore (eremo), 6 novembre 1433 e 19 dicembre 1433.
127
Siena, Archivio di Stato, Concistoro, Carteggi, filza 1931, c. 62.
128
Forlì, Biblioteca Comunale A. Saffi, Fondo Piancastelli, Carte Roma-
gna, busta 641, documento 210 (1436 giugno 25, Fontebona) [Tav. 24].
04 11-11-2009 16:51 Pagina 206

206 CAPITOLO QUARTO

1437 129 – si conferma definitivamente la tendenza descritta.


La prima epistola, finora inedita, è attualmente conserva-
ta nel fondo Piancastelli della Biblioteca Comunale di Forlì
[Tav. 24].130 Il documento è una trasmissiva autografa invia-

129
Siena, Archivio di Stato, Concistoro, Carteggi, filza 1937, c. 75 ([1437]
gennaio 16, Soci) [Tav. 29].
130
Forlì, Biblioteca Comunale A. Saffi, Fondo Piancastelli, Carte Roma-
gna, busta 641, documento 210 (per un primo tentativo di edizione cfr. infra,
V.1). L’autografia traversariana dell’epistola era già stata accertata con sicu-
rezza nel 1869 da don Veremondo Archi, priore e bibliotecario del monaste-
ro romano di S. Gregorio al Celio che, in una lettera attualmente conserva-
ta insieme all’originale traversariano nel fondo Piancastelli, giudicava la mis-
siva «evidentemente autografa» sulla base del confronto «col codice autografo
N° 728 esistente nell’archivio della biblioteca di S. Gregorio al Monte Celio».
Il manoscritto – che credevo disperso – mi è invece stato segnalato dalla
dott.ssa Lucia Merolla che, nel ricostruire la consistenza settecentesca del fon-
do dei manoscritti di S. Michele di Murano, in parte confluiti proprio nella
biblioteca di S. Gregorio al Celio dopo le soppressioni napoleoniche dei con-
venti, è riuscita a identificare il manoscritto in questione con l’attuale Vati-
cano lat. 13680 (per un’articolata descrizione del manoscritto rimando all’im-
ponente e accurato lavoro della stessa L. MEROLLA, La biblioteca di San Miche-
le di Murano all’epoca dell’abate Giovanni Benedetto Mittarelli. I codici identificati, di
prossima pubblicazione presso l’editore Vecchiarelli). Ho tuttavia potuto veri-
ficare di persona che il codice (un interessante composito nelle cui carte ini-
ziali sono pur presenti una breve traduzione e tre orazioni del Traversari tra-
scritte da tre mani del secondo quarto del Quattrocento, la prima delle qua-
li è forse quella di Francesco Barbaro: cfr. già MITTARELLI 1779, col. 42,
seguito da KRISTELLER 1967, p. 387b) non presenta interventi autografi del
Camaldolese né a testo né a margine. Tuttavia, credo che il priore e biblio-
tecario di S. Gregorio al Celio possa essere stato tratto in inganno dalla ma-
no che alle cc. 6r-17v copiò due orazioni traversariane in una corsiva all’an-
tica davvero molto simile a quella del monaco, pur discostandosene in parti-
colare per le forme di a, g, x e m in fine di parola, per il tratteggio del nesso
et, per il diverso asse di scrittura (qui leggermente inclinato a destra) e per un
minore prolungamento verso l’alto e verso il basso dei tratti verticali rispetto
al corpo delle lettere, il che rende impossibile avallare l’ipotesi di identifica-
zione della mano. Resta infine da chiedersi quale possa essere stata la storia
dell’epistola forlivese prima che entrasse a far parte delle attuali raccolte. Il
suo rinvenimento nell’autografoteca Piancastelli – dove REGOLIOSI 1966, pp.
129-130 aveva già individuato una lettera di Poggio Bracciolini, una di Gian-
nozzo Manetti e tre di Lorenzo Valla sottratte dal Vaticano lat. 3908 – in-
duce a sospettare che anche la missiva del Camaldolese possa essere quella
mancante tra le attuali cc. 59 e 60 (c. 59 secondo la numerazione antica) del
medesimo manoscritto. MERCATI 1939, pp. 87-88, nel segnalare la lacuna,
ipotizzò che la lettera traversariana perduta fosse indirizzata a Giovanni Tor-
telli, confezionatore e possessore della raccolta miscellanea contenuta nel Va-
ticano lat. 3908. Tuttavia – come correttamente ha osservato REGOLIOSI 1966,
p. 146 – contenuto e destinatario dell’epistola restano, in ultima analisi, sco-
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LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 207

ta il 25 giugno del 1436 a don Pietro, priore del Camaldoli-


no di Bologna, perché vigilasse su una complessa transazione
commerciale, che includeva la vendita di beni appartenenti
alla congregazione camaldolese. Più precisamente: poiché don
Iacopo, priore del monastero di S. Maria degli Angeli, ave-
va acquistato da messer Giovanni della Ratta un certo pos-
sedimento, di cui doveva ancora saldare parte del prezzo tra-
mite la vendita di un pezzetto di terra e di una piccola vi-
gna appartenenti al monastero, Ambrogio Traversari affidò a
don Pietro il compito di verificare la veridicità di quanto as-
serito da don Iacopo e di concedere poi al confratello la fa-
coltà di alienare i beni del monastero in cambio di una cifra
congrua, a condizione che col ricavato venisse in primo luo-
go saldato il debito residuo con Giovanni della Ratta.
La missiva appare – come già i due documenti iussivi del-
l’autunno inoltrato del 1433 131 – un atto amministrativo in
piena regola, dal momento che trasferisce ad altri (precisa-
mente al priore del Camaldolino di Bologna) la potestà di
concedere l’alienazione di beni patrimoniali della congrega-
zione, dandone conferma con una solenne formula di auten-
ticazione, 132 accompagnata dall’apposizione di un sigillo cereo
aderente in calce allo scritto. Del resto, proprio in virtù del-
la rilevanza giuridica del documento, la lettera obbedisce al-
le tradizionali norme strutturali e formulari delle artes dictami-
nis, in primo luogo facendo precedere il dispositivo da un ar-
tificio retorico come l’arenga (rr. 2-4). Tuttavia, rispetto alle
epistole del 1433 precedentemente ricordate, il Traversari
conferisce qui al proprio confratello un compito di impor-
tanza se vogliamo minore o comunque destinato a perdura-

nosciuti. Non è quindi escluso che l’autografo forlivese possa essere proprio la
missiva del Camaldolese sottratta dal Vaticano lat. 3908, sebbene non presenti
più l’antica numerazione del manoscritto (c. 59), assente del resto anche nel-
le altre lettere umanistiche ritrovate da REGOLIOSI 1966, pp. 129-130, limita-
tamente a quanto ho potuto verificare dalle riproduzioni pubblicate nel suo
contributo.
131
Cfr. supra, IV.3, nota 126.
132
«Has autem nostras literas huius nostræ commissionis indices ac testes
manu propria scriptas et minoris nostri sigilli impressione munitas, memorato
fratri nostro tradidimus ad te perferendas, in fidem et testimonium prædicto-
rum» (rr. 15-17).
04 11-11-2009 16:51 Pagina 208

208 CAPITOLO QUARTO

re meno nel tempo, e questo contribuisce forse a giustificare


l’uso di un materiale scrittorio meno nobile e solido della per-
gamena e senz’altro più familiare al Camaldolese: la carta.133
Inoltre, per quanto la scrittura si innalzi dal livello stret-
tamente documentario tramite sistematiche citazioni antiqua-
rie come la r diritta anche dopo lettera tonda, la s diritta in
fine di parola e i legamenti carolini ct e st, prosegue la resi-
stenza inerziale di forme come d onciale (attestata ben 36
volte rispetto alle sole 9 d diritte) ed et nota tachigrafica in
forma di 7 (ricorre infatti 7 volte, a differenza di et nesso ca-
rolino mai attestato), a cui si accompagnano maiuscole di tra-
dizione ancora cancelleresca, di cui è visibile un esempio nel-
la formula di datatio finale (la D di Datum, la I di Iunii e an-
cora la I di Indictione). La rapidità della scrittura, ricca di
legamenti corsivi, tradisce ancora la dimensione usuale del
prodotto non letterario e solenne, complice la familiarità che
intercorreva tra il Traversari e il priore del Camaldolino di
Bologna.
Maggiori pretese di ufficialità palesa invece la successiva
lettera, spedita il 16 gennaio del 1437 agli illustri rappresen-
tanti e al Capitano del Popolo del Comune di Siena [Tav.
29], 134 tramite la quale Ambrogio ringrazia le magistrature
cittadine per i duecento sanesi d’oro 135 procurati al priore di
S. Maria della Rosa per le riparazioni nel monastero e a ti-
tolo di ricompensa destina all’ente frati scelti e osservanti del-
la regola camaldolese, aggiungendo l’invito a promuovere
l’accorpamento del monastero di S. Giorgio delle Api con
quello della Rosa.
Il travestimento all’antica appare qui decisamente più si-
stematico, anche se permangono alcune maiuscole di schiet-
ta tradizione cancelleresca, tra cui ad esempio la E (Ex r. 1,
Eius r. 5) e la G (Gratulati r. 3). Nella minuscola, invece, ol-

133
Ricordo infatti che entrambe le missive del 1433 sono vergate su per-
gamena e contengono le nomine rispettivamente a rettore e priore di perti-
nenze della congregazione camaldolese.
134
Siena, Archivio di Stato, Concistoro, Carteggi, filza 1937, c. 75 ([1437]
gennaio 16, Soci). Editio princeps in BULLETTI 1944-47, pp. 103-104.
135
Cfr. MARTINORI 1915, p. 445.
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LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 209

tre all’uso regolare della r diritta anche dopo lettera tonda,


della s diritta in fine di parola e dei legamenti carolini ct e
st, si registra una decisa prevalenza della d ad asse diritto ri-
spetto alla concorrente variane onciale, 136 mentre il nesso ca-
rolino et, ancora una volta del tutto assente, si conferma l’e-
lemento più restio ad essere ammesso nella corsiva all’antica
impiegata in funzione amministrativa e non libraria. Tutta-
via, la preferenza accordata a et corsivo scritto per esteso (5
attestazioni) rispetto alla nota tachigrafica in forma di 7 (2
attestazioni) ribadisce a sua volta il tentativo di sollevare il
livello grafico della lettera dalla dimensione usuale della pro-
duzione amministrativa quotidiana.
Se però l’importanza del corrispondente, per giunta estra-
neo all’amministrazione camaldolese, rende ragione di un più
sistematico travestimento all’antica della scrittura, è altret-
tanto vero che il destinatario e il tenore contenutistico del
documento non sono mutati rispetto alla lettera inviata solo
tre anni prima alle stesse magistrature senesi per conferire a
Francesco, priore degli Archi, il nuovo priorato dell’eremo
del Vivo.137 Eppure, nella missiva del 1437 le citazioni anti-
quarie risultano decisamente più fitte, fino a sembrare quasi
un tratto connaturato alla corsiva di base del Camaldolese.
In altri termini, durante gli ultimi anni di attività grafica
del monaco, la corsiva all’antica rivela sempre più la ten-
denza a imporsi anche laddove il contenuto burocratico del
testo avrebbe ammesso, e talvolta preferito, una corsiva do-
cumentaria di livello usuale. Del resto, è comprensibile che
la progressiva conquista di campo della nuova scrittura uma-
nistica sia cominciata, in ambito amministrativo, proprio dai
testi redatti in forma di lettera, dato che erano percepiti co-
me prodotti grafici intermedi tra l’universo documentario e
librario, propensi quindi a subire più di altri l’intrusione di
una scrittura – per così dire – ‘semilibraria’. Tanto più che,
nel caso specifico di Ambrogio Traversari, si trattava di una

136
Si contano infatti ben 38 attestazioni della d diritta rispetto alle sole 4
della d onciale, in rapporto quindi di 9,5 ad 1.
137
Siena, Archivio di Stato, Concistoro, Carteggi, filza 1931, c. 62 ([1433]
dicembre 18, Cesena).
04 11-11-2009 16:51 Pagina 210

210 CAPITOLO QUARTO

tipologia grafica particolarmente consona alla sua attitudine


di scrivente, propenso alla corsività per vocazione e al tra-
vestimento all’antica per scelta culturale.
Non è forse un caso, infine, se a questi stessi anni sem-
brano riconducibili anche due brevi biglietti spediti in forma
di missiva a Gomezio, abate della Badia fiorentina, per chie-
dere l’invio di volumi posseduti dalla loro biblioteca.138 I due
frustoli cartacei, purtroppo, non offrono riferimenti cronolo-
gici certi, ad eccezione di un breve accenno, contenuto nel
secondo biglietto, a un testo di argomento trinitario sulla pro-
cessione dello Spirito Santo, il che invita a ricondurre alme-
no quest’ultimo agli anni del concilio di Ferrara-Firenze, du-
rante il quale il tema fu lungamente dibattuto.139 Eppure,

138
Gli autografi traversariani dei due brevi biglietti indirizzati all’abate Go-
mezio della Badia Fiorentina sono incollati e rilegati, dopo leggera rifilatura, alle
pp. 163-164 del Conventi Soppr. da ordinare, Badia 4 della Biblioteca Naziona-
le Centrale di Firenze [Tav. 16]. Editio princeps in MERCATI 1939, pp. 32-33.
139
Il problema della difficile datazione dei due biglietti spediti dal Tra-
versari a Gomezio fu sollevato già da MERCATI 1939, p. 30. L’assetto codi-
cologico del volume non aiuta, poiché sembra dovuto ad un assemblaggio set-
te-ottocentesco (o comunque tardo), in cui non è rispecchiata la cronologia dei
singoli pezzi. Non è neppure detto, peraltro, che le stesse epistole del Ca-
maldolese rispettino la reale successione con cui furono redatte e inviate (cfr.
MERCATI 1939, p. 30). Dal canto loro, non sono d’aiuto, ai fini di suggerire
una datazione sicura, nemmeno destinatario e contenuto dei due biglietti tra-
versariani. Gomezio fu infatti abate della Badia fiorentina per molti anni, al-
meno dal 1418 al 1439 (cfr. MERCATI 1939, p. 29, nota 3), mentre le notizie
bibliografiche appaiono in definitiva troppo generiche. Anche il breve riferi-
mento, contenuto nella seconda lettera, ad un acquisto o lascito di manoscritti
incamerati dalla Badia non risulta affatto chiaro. MERCATI 1939, pp. 30-31
ipotizzò che si alludesse ad un lotto di volumi venduti da Giovanni Aurispa
forse durante il soggiorno fiorentino del 1425-1426, a seguito del secondo
viaggio in Oriente; ma non è escluso che la nota rimandi al lascito testa-
mentario di Antonio Corbinelli, eseguito dopo la sua morte (1425) al più tar-
di entro il 1439. Del resto, in entrambi i casi resta sconosciuta la data pre-
cisa dell’eventuale incameramento del materiale librario da parte dell’ente re-
ligioso. Infine, ulteriori elementi di dissonanza complicano il quadro
prospettato, escludendo la perfetta contemporaneità dei due documenti. La
prima epistola, infatti, è più curata della seconda, è tracciata con calamo sot-
tile e inchiostro tendente al nero, mentre la seconda è ricca di legamenti e
svolazzi, presenta un tratto più spesso e fa uso di un inchiostro marrone mag-
giormente diluito con acqua. Inoltre, nonostante nessuno dei due frustoli con-
servi la filigrana, la partita di carta è decisamente diversa: più scura e ruvi-
da la prima, più chiara e liscia la seconda. Sembra tuttavia plausibile una lo-
ro contiguità cronologica.
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LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 211

proprio il desultorio travestimento all’antica della scrittura in


documenti di argomento bibliografico dal carattere così in-
formale sembra confortare una datazione decisamente tarda,
quando la corsiva umanistica del Camaldolese sconfinò dagli
angusti limiti delle trascrizioni di studio e di lavoro. La gra-
fia traversariana dei due biglietti in esame, infatti, anche se
mantiene un carattere alquanto usuale coerente con la natu-
ra del testo, risulta pur sempre arricchita di sporadiche cita-
zioni antiquarie. Accanto alla d onciale compare la forma al-
lotria diritta (anche se non prevalente), mentre è regolare l’u-
so di r diritta anche dopo lettera tonda, di s diritta in fine di
parola e dei legamenti all’antica st e ct. Non è invece mai at-
testato il nesso carolino et, a cui sono preferite la nota tachi-
grafica in forma di 7 o la variante corsiva scritta per esteso.
Ma ulteriori testimonianze conservate fino a noi lasciano
intuire che la progressiva affermazione della corsiva all’anti-
ca del monaco non si sia limitata, in ambito amministrativo,
al solo settore epistolografico. Nel 1438, infatti, la nuova
scrittura umanistica arrivò a insinuarsi addirittura in una ma-
tricola del cosiddetto ‘registro nuovo’ del monastero di S.
Maria degli Angeli [Tav. 5].140 In questo registro – come ab-
biamo osservato in precedenza 141 – la presenza traversariana
è documentata, tranne un solo caso, entro e non oltre il
1431. Ma qui ci interessa proprio l’eccezione più tarda. A c.
34v sono infatti presenti alcune righe di mano del Camaldo-
lese datate al 1438, 142 con cui il monaco aggiornò la prece-
dente matricola relativa al priorato di Luca di Neri Malefici
(«Renuntiavit officio propter senectutem et infirmitatem in
manibus domini generalis die XX. mensis septembris anno
domini 1438. Rogatus fuit ser Verdianus») e aggiunse la suc-
cessiva nota concernente quello di Filippo da Vinci («Don
Philippus de Vinci monachus ipsius monasterii fu electo prio-
re del decto monasterio essendo presente il generale et scru-

140
Firenze, Archivio di Stato, Corporazioni Religiose Soppresse dal Go-
verno Francese, 86. 96, c. 34v.
141
Cfr. supra, III.1.
142
L’identificazione della mano, proposta da SOTTILI 1984, p. 713, è sta-
ta successivamente accettata anche da ZACCARIA 1988, p. 231.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 212

212 CAPITOLO QUARTO

tando i voti de frati secundo scrutinio. Adi 26 del decto me-


se funne rogato il decto ser Verdiano. Fu confermato adi 29
dal decto generale Ambruogio adi 29 del decto mese. Di tut-
to fu rogato il decto ser Verdiano»). Il motivo dell’interven-
to tardivo non è del tutto chiaro, ma la documentata pre-
senza di Ambrogio Traversari nel monastero di S. Maria de-
gli Angeli in occasione della nomina del nuovo priore –
come conferma lo stesso testo della matricola – rende vero-
simile che il generale avesse voluto procedere in prima per-
sona alla registrazione di un evento così importante per la vi-
ta della congregazione.
Tuttavia, rispetto alle notazioni immediatamente prece-
denti, anch’esse forse di mano del Traversari, si registra una
netta difformità grafica e linguistica. In primo luogo, infatti,
al posto del volgare di quasi vent’anni prima, la matricola di
Luca di Neri Malefici contempla l’uso del latino, sebbene in
quella successiva esso scada a un misto di latino e di volga-
re. Inoltre, sulla base usuale della cancelleresca ‘pura’ dei
precedenti interventi, Ambrogio Traversari introduce ora al-
cuni elementi di ritorno all’antico: si osservino il legamento
carolino ct in senectutem e in electo, accanto al legamento cor-
sivo in decto (5 volte) e tucto, ma anche la d diritta in domini,
de (nel nome Philippus de Vinci), secundo, oltre alla d onciale
usata in tutti gli altri casi. Non compare invece mai il nesso
antiquario et, che costituiva del resto l’elemento più librario,
quindi più restio ad essere accettato nella corsiva all’antica
impiegata in testi amministrativi e burocratici.
Il registro nuovo di S. Maria degli Angeli ribadisce quin-
di che, nell’autunno inoltrato della vita del monaco, la di-
mensione umanistica invase anche il settore grafico più pro-
priamente documentario, da cui inizialmente era rimasta
esclusa. Del resto, anche l’atto finale della parabola grafica
traversariana conferma la schiacciante vittoria della corsiva
all’antica come scrittura ‘totale’ del Camaldolese.
Negli ultimi mesi di vita, Ambrogio Traversari contribuì al
ravvicinamento tra la Chiesa d’Oriente e d’Occidente al
concilio di Ferrara e Firenze (1438-1439), mettendo in pra-
tica un antico credo, professato già a partire dagli anni gio-
vanili con il vasto programma di versioni patristiche dal gre-
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LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 213

co.143 Di tanti lavori imbastiti, ma spesso lasciati incompiuti,


durante i concitati giorni conciliari (si trattò soprattutto di
abbozzi di traduzioni scritte e appunti di versioni orali, ma
anche di orazioni e, naturalmente, epistole) nulla si è con-
servato in stesura autografa.144 Resta però, a coronamento di

143
Cfr. supra, I.1 e III.3. Sulle cause e gli sviluppi delle complesse vicen-
de conciliari si vedano almeno GILL 1959 e PROCH 1990, pp. 300-319.
144
La partecipazione traversariana all’avventura conciliare ebbe inizio il 9
febbraio 1438, quando il monaco raggiunse a Venezia la delegazione bizanti-
na e compose in greco un’orazione, successivamente tradotta in latino, desti-
nata ad essere letta per celebrare la solennità dell’evento, ma mai pronuncia-
ta. Ne resta il testo latino, edito in TRAVERSARI, Epistolae, 1759, Oratio V. Ad
Ioannem Palaeologum Imperatorem Graecorum, Iosephum Patriarcham Constantinopolitanum,
ceterosque Praesules Graecos in eorum adventu ad Concilium = vol. II, coll. 1161-1166.
Una seconda orazione, critica verso i Padri ancora riuniti a Basilea, fu invece
composta l’anno successivo, dopo l’arrivo a Firenze dei Greci e del cardinale
Giuliano Cesarini. Anche di quest’ultima è sopravvissuto il testo solo in copie
recenziori. Se ne legga l’edizione in TRAVERSARI, Epistolae, 1759, Oratio VI. Con-
tra Basileensium Pseudopatrum impudentiam = vol. II, coll. 1166-1172. Sul signifi-
cato politico del veemente intervento traversariano cfr. RAO 1994. Durante gli
incontri e i dibattiti tra le due delegazioni a Firenze, inoltre, Ambrogio Tra-
versari contribuì alla buona riuscita dei lavori con la traduzione ex novo di al-
cuni spezzoni dell’Adversus Eunomium di Basilio di Cesarea, di cui Giovanni da
Montenero si servì durante la quinta sessione dogmatica del 14 marzo 1439,
e con la versione orale di un’omelia sullo Spirito Santo, sempre di Basilio, tra-
dotta all’impronta in casa del legato pontificio Giuliano Cesarini. L’importan-
za del suo impegno di traduttore è peraltro documentata dalle numerose let-
tere scambiate con lo stesso Cesarini, ma anche col pontefice Eugenio IV, in
occasione di un temporaneo allontanamento dalle sedi conciliari: cfr. TRA-
VERSARI, Epistolae, 1759, XXIV, 5 = vol. II, col. 977; XXIV, 6 = vol. II, col.
977; XXIV, 3 = vol. II, col. 974. Inoltre, nonostante gli affannosi negoziati
del concilio, il monaco sperò più volte di riprendere in mano l’ambizioso pro-
getto di tradurre le novanta omelie di Giovanni Crisostomo sul Vangelo di
Matteo, a cui tentava di lavorare già dal 1436: cfr. TRAVERSARI, Epistolae,
1759, XIII, 17 = vol. II, col. 625; I, 31 = vol. II, col. 62. Sembra tuttavia
improbabile che fosse riuscito a portare a compimento l’opera. Di tutti questi
materiali, purtroppo, nulla si è conservato in stesura autografa. Non sembra-
no invece riconducibili all’attività del monaco durante questi anni né la colle-
zione di testi patristici greci e latini e di Acta conciliari, attualmente conserva-
ta nel Laurenziano Conventi Soppr. 603 (pace STINGER 1977, p. 220 e COR-
TESI 1995, p. 491), né l’abbozzo di traduzione della Teologia platonica di Proclo,
i cui excerpta sono custoditi sui fogli di guardia anteriori di un manoscritto ap-
partenuto a Niccolò Cusano, ora codice 84 di Strasburgo (pace STINGER 1977,
p. 44). Parimenti, non sembra di mano del Traversari il titolo Auctoritates de pro-
cessione Spiritus Sancti apposto a c. 1r del Laurenziano Plut. 4. 22, contenente
una trattazione adespota e anepigrafa di incerto autore sulla processione del-
lo Spirito Santo dal Padre e dal Figlio (pace VITI 2000, p. 39), in particolare
per l’uso di a maiuscola onciale e di s tonda in fine di parola, che sembrano
invece confortare la vecchia attribuzione della nota a Niccolò Niccoli.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 214

214 CAPITOLO QUARTO

un sogno costato anni di impegno e fatiche, la firma appo-


sta in qualità di generale dei Camaldolesi sul decreto d’u-
nione tra le due Chiese, solennemente proclamato in en-
trambe le lingue il 6 luglio del 1439 a Firenze, durante i la-
vori del concilio.145
Anche in quest’ultima attestazione grafica, che risale ad
appena tre mesi prima della morte (sopraggiunta il 26 otto-
bre 1439), la sottoscrizione autografa di Ambrogio Traversa-
ri è vergata nella ormai più congeniale corsiva all’antica, qui
eseguita in modo decisamente posato, data l’importanza del
documento. Si riconoscono come elementi caratteristici della

145
Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Documenti del Concilio 1.
Questo documento, che conserva la versione lunga del passo sul primato pon-
tificio (sul dibattuto problema cfr. HOFMANN 1940, pp. 59-64), rappresenta il
primo e più autorevole dei cinque originali emanati in occasione del concilio
fiorentino per sancire la storica unione tra la Chiesa latina e quella greca: cfr.
già MILANESI 1857, pp. 24-28 e successivamente HOFMANN 1944, pp. VII-VIII.
Nessuna delle altre copie presenta infatti, oltre alle sottoscrizioni del papa e
dell’imperatore bizantino, un numero così elevato di testimoni autografi sia
per parte latina (116) che per parte greca (32). Inoltre, solo in questa bolla
compare la firma del Protosincello bizantino che, secondo la coeva testimo-
nianza del Siropulo, non volle sottoscrivere altro che il primo originale: cfr.
MILANESI 1857, p. 11. Quale sia stata la sorte degli altri quattro originali è
difficile stabilire (cfr. sempre HOFMANN 1944, pp. VII-VIII). Il Documento Lau-
renziano 1, invece, fu custodito per secoli – insieme agli originali dei decreti
d’adesione degli Armeni (bolla Exsultate Deo, attualmente Firenze, Biblioteca
Medicea Laurenziana, Documenti del Concilio 12) e dei Copti d’Egitto (bol-
la Cantate Domino, attualmente Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Do-
cumenti del Concilio 15) – all’interno di una cassetta d’argento smaltato do-
nata dal cardinale Cesarini per conservare proprio gli originali della storica
unione tra le due Chiese, come ricorda Vespasiano da Bisticci nella vita di
Eugenio IV (cfr. VESPASIANO, Vite, 1970-76, I, pp. 19-20). Nel 1794, poi, per
ordine del granduca Ferdinando III, tutti gli originali contenuti nella cassetta
Cesarini furono trasportati dalla cappella di S. Bernardo nel Palazzo della Si-
gnoria, dove si trovavano, alla Biblioteca Medicea Laurenziana, loro attuale
sede. Le numerosissime copie tratte dalla bolla Laetentur coeli (un coevo croni-
sta parlò addirittura di 400 copie: cfr. MILANESI 1857, p. 32) furono divulga-
te dal papa per tutta l’Europa, a perenne memoria di un grande successo di-
plomatico, che gli avrebbe assicurato la fama nei secoli. Di tante riproduzio-
ni, però, solo uno scarso numero è sopravvissuto fino ad oggi: cfr. MILANESI
1857, pp. 28-33 e HOFMANN 1944, pp. VIII-X. Un’accurata indagine su scri-
bi e notai che trascrissero il testo greco nelle copie coeve e recenziori della
bolla d’unione è contenuta nel contributo di GAMILLSCHEG 1989. Per un’at-
tendibile edizione critica della Laetentur coeli, basata proprio sul Documento
Laurenziano 1, si veda HOFMANN 1944, pp. 68-79. Una traduzione italiana
del decreto si legge infine in CHIARONI 1938, pp. 92-96.
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LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 215

sua scrittura la a maiuscola priva del tratto orizzontale, la a


minuscola in due tempi, i piedini alla base della m e della n,
i ritocchi alla sommità delle aste verticali di b, d, l, la n can-
celleresca ‘a proboscide’, la r diritta a spalla alta e la s di-
ritta che discende sotto il rigo di base, raddoppiando l’asta
verticale. La solennità dell’atto giustifica anche l’occhiello ar-
ricciato della g e l’uso rigoroso della l maiuscola in corpo di
parola (peraltro ampiamente attestata nella prassi traversa-
riana). Non c’è inoltre incertezza circa l’uso umanistico di d
diritta, di r diritta anche dopo lettera tonda e di s diritta in
fine di parola, mentre la e maiuscola è di forma capitale. Ac-
canto alle false legature, tuttavia, la sottoscrizione presenta le-
gature vere e proprie, eseguite anche in presenza di lettere
realizzate posatamente in più tratti, secondo una consuetudi-
ne riscontrata già nelle pagine dell’autografo delle Vitae pa-
trum (Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr.
G. IV. 844).146
Vero testamento grafico di Ambrogio Traversari, la firma
apposta sulla bolla d’unione tra le due Chiese rivela l’ormai
schiacciante vittoria di una scrittura capace al tempo stesso
di conservare l’agile praticità di una corsiva, ma anche di
evocare il mito del ritorno all’antico, a cui un’intera genera-
zione di umanisti aveva guardato come alla risposta per rin-
novare il presente.

4. Epilogo. Il naufragio dei ‘deperditi’

In base alla ricostruzione suggerita sul fondamento degli


autografi traversariani conservati fino a noi, l’attività scritto-
ria del Camaldolese appare connotata, fin dagli anni giova-
nili, da un’adesione incondizionata all’ideale umanistico di ri-
torno al passato, che già nel 1415 prese corpo, sul versante
latino, in un esemplare membranaceo di Lattanzio, intera-
mente trascritto dal monaco nell’elegante littera antiqua ripro-
posta nella cerchia fiorentina di inizi Quattrocento a partire

146
Cfr. supra, III.3.1.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 216

216 CAPITOLO QUARTO

da modelli carolini tardi.147 Se tuttavia l’apporto di Ambro-


gio Traversari al canone della nuova scrittura umanistica fu
sostanzialmente nullo – dal momento che il monaco si limi-
tò a riprodurre forme e legamenti di un sistema ormai ma-
turo, senza nemmeno, peraltro, la maestria di un calligrafo di
professione – ben più significativo risultò invece il contributo
reso nell’ambito del greco, una lingua e una cultura di cui il
Camaldolese fu per tutta la vita un profondo conoscitore e
ammiratore. Pochi anni dopo il più antico esperimento lat-
tanziano, infatti, il monaco si cimentò anche nel tentativo di
reintegrare i passi greci mancanti in alcuni volumi umanisti-
ci destinati alla conservazione in biblioteca, adottando – e la
scelta fu una novità assoluta – una piccola onciale elegante
che imitava le scritture distintive e d’apparato attestate nei
manoscritti bizantini dal X al XIII secolo.148 L’esperimento,
forse suggerito da un analogo tentativo esperito da Guarino
Veronese nel già menzionato Lattanzio Conventi Soppr. B.
IV. 2609, era destinato a un totale fallimento, ma rappre-
sentò comunque, a suo modo, una delle tante canonizzazio-
ni mancate di un modello di antiqua greca da affiancare alla
carolina resuscitata dagli umanisti sul versante latino.
Eppure, nonostante le realizzazioni posate incarnino negli
anni giovanili il volto più propriamente umanistico del Tra-
versari e tendano quindi a offuscare le coeve attestazioni di
carattere usuale, sarebbe scorretto prospettare una netta bi-
partizione della parabola grafica del Camaldolese, prima vo-
tata all’uso di scritture posate, poi – e solo poi – corsive. In-
fatti, anche durante il periodo giovanile, negli stessi anni in
cui veniva vergato il Lattanzio Conventi Soppr. B. IV. 2609,
il monaco impiegò nei documenti amministrativi del mona-
stero degli Angeli una corsiva latina usuale ancora tutta tre-
centesca, che non lasciava affatto presagire la rivoluzione
umanistica in atto nei codici in antiqua posata.149 Ben più si-

147
Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. B. IV. 2609.
Cfr. supra, II.1.
148
Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. J. VI. 23; Fi-
renze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 46. 13; Firenze, Biblioteca Me-
dicea Laurenziana, Plut. 54. 30. Cfr. supra, II.3.
149
Firenze, Archivio di Stato, Corporazioni Religiose Soppresse dal Go-
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LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 217

gnificativo appare nello stesso periodo l’impiego del ‘sistema


rivale’ sul versante del greco, visto che alla piccola onciale
Ambrogio Traversari preferiva di norma, per la trascrizione
o l’emendamento di esemplari di studio, l’agile minuscola di
ascendenza tardo-tricliniana, scrittura usuale degli eruditi bi-
zantini del tempo, appresa dai primi umanisti italiani sia nel
lontano Oriente che alle scuole di greco dell’Occidente lati-
no.150 Andrà dunque ribadito che, per quanto le realizzazio-
ni posate tendano a imporsi per eleganza e originalità ri-
spetto alla documentazione di più basso livello formale, fin
dagli albori dell’attività grafica traversariana la diversità di
registro (alto versus usuale) impone una diversità di tipologie
scrittorie: vero uomo del suo tempo, il Camaldolese ammet-
te, lungo tutto l’arco della vita, una possibile digrafia in en-
trambi i sistemi linguistico-grafici da lui padroneggiati.
Ma la corsiva, vera e congeniale scrittura del monaco per
le intrinseche doti di praticità e duttilità, avrebbe guadagna-
to col tempo spazi d’intervento sempre più ampi, in partico-
lare nella forma nuova che avrebbe assunto a partire dal
1423-1424 circa, quando sulla base usuale della scrittura tra-
versariana furono innestati alcuni elementi all’antica.151 L’an-
tecedente immediato fu probabilmente per lui Niccolò Nic-
coli, che già da alcuni anni aveva inteso dar vita a una ti-
pologia grafica di livello intermedio, adatta a trascrizioni
umanistiche di studio, perché capace di assommare in sé la
celerità della corsiva e il mito quattrocentesco di ritorno al
passato. La nuova corsiva latina all’antica, infatti, fu adotta-
ta inizialmente dal Camaldolese soprattutto per le copie di
lavoro delle traduzioni dal greco, a cui il monaco si applicò
con rinnovato vigore nella seconda metà degli anni Venti del
secolo.152 Ad essa si accompagnava ora con regolarità la mi-

verno Francese 86. 64 (cc. 151v-153r); 86. 65 (c. 356r-v); 86. 68 (cc. 128r,
203r-208v, 256r). Sulla discussa autografia delle più antiche testimonianze gra-
fiche riconducibili alla mano del Camaldolese cfr. supra, III.1.
150
Firenze, Biblioteca Riccardiana, ms. 264; Paris, Bibliothèque Nationa-
le de France, Par. gr. 2012. Cfr. supra, II.3.
151
Cfr. supra, III.2.
152
Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. G. IV. 844;
Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Strozzi 64; Firenze, Biblioteca Na-
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218 CAPITOLO QUARTO

nuscola bizantina tardo-tricliniana della prassi usuale dei dot-


ti, mentre la piccola onciale elegante degli anni giovanili era
stata abbandonata per sempre, anche se si trattava di inte-
grare i passi greci in manoscritti di altra mano.153
Nonostante poi le testimonianze conservate per gli anni
del generalato (1431-1439) rivelino profonde lacune rispetto
alla varietà e alla quantità di documentazione realmente pro-
dotta, sembra confermata, in ambito latino, la progressiva
conquista di campo della corsiva all’antica, che, acquisendo
sempre maggior dignità, sconfinò dalle più consuete trascri-
zioni di testi letterari 154 ai materiali epistolografici (e non so-
lo) di carattere burocratico-amministrativo, 155 fino a influen-
zare addirittura l’andamento delle ultime sporadiche attesta-
zioni di antiqua traversariana 156 e a diventare la vera scrittura
‘totale’ del Camaldolese.157
Il quadro prospettato ha però un limite imposto dalla do-
cumentazione conservata, dal momento che – come sempre
avviene – la tradizione manoscritta ha salvato solo una par-
te, anche se consistente, dell’imponente produzione scrittoria
del Camaldolese. Per offrire quindi un panorama d’insieme
relativo agli autografi traversariani naufragati nei secoli, an-
che in vista di future ricerche miranti al loro eventuale re-

zionale Centrale, Conventi Soppr. J. VI. 6; Firenze, Biblioteca Nazionale Cen-


trale, Conventi Soppr. J. VIII. 8. Cfr. supra, III.3.
153
Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Strozzi 64; Firenze, Bibliote-
ca Medicea Laurenziana, San Marco 281; Città del Vaticano, Biblioteca Apo-
stolica Vaticana, Vat. lat. 286; Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut.
51. 8. Cfr. supra, III.3.2.
154
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Reg. lat. 1612, cc.
1r-12v; Wolfenbüttel, Herzog-August-Bibliothek, ms. 19. 41 Aug. 4to, cc. 73r-
76r, 91r-102r. Cfr. supra, IV.2.
155
Forlì, Biblioteca Comunale A. Saffi, Fondo Piancastelli, Carte Roma-
gna, busta 641, documento 210; Siena, Archivio di Stato, Concistoro, Car-
teggi, filza 1937, c. 75; Firenze, Archivio di Stato, Conventi Soppr. 86. 96,
c. 34v. Cfr. supra, IV.3.
156
Firenze, Biblioteca Riccardiana, ms. 302, cc. 1r-4v; Firenze, Biblioteca
Medicea Laurenziana, Plut. 46. 7, marginalia; Firenze, Biblioteca Medicea Lau-
renziana, Plut. 48. 34, cc. 20v, 57r. Cfr. supra, II.4.
157
In corsiva all’antica, infatti, Ambrogio Traversari appose perfino la fir-
ma al solenne decreto d’unione tra le Chiese d’Oriente e d’Occidente: Firen-
ze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Documenti del Concilio 1. Cfr. supra, IV.3.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 219

LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 219

perimento, vorrei accennare qui proprio a quei deperditi che


fonti del passato descrivono come autografi. La loro mag-
giore o minore rilevanza numerica, infatti, consentirà di mi-
surare il grado di ammissibilità della ricostruzione proposta
in merito allo sviluppo cronologico delle due scritture (greca
e latina) del monaco, mentre una valutazione complessiva
sulla loro tipologia e datazione dovrebbe chiarire quali am-
biti grafici e quali periodi risultino più sguarniti di testimo-
nianze autografe, nonché se si tratti di una lacuna lasciata in
eredità dalla tradizione manoscritta o di una reale assenza di
pratica scrittoria da parte del Traversari.158
Ad esempio, infatti, per il periodo che va dagli albori del-
l’apprendistato grafico al 1423-1424 circa, sul versante latino
sono conservati solo codici in cui domina un andamento po-
sato della mano del monaco, mentre i brevi documenti re-
datti per le esigenze amministrative del monastero attestano
una corsiva usuale che non lascia presagire i futuri sviluppi
umanistici. Tuttavia, la rigida contrapposizione tra i due re-
gistri grafici sarebbe forse apparsa più sfumata, se la tradi-
zione manoscritta avesse preservato ulteriori autografi di li-
vello – per così dire – intermedio, tra cui in particolare le
traduzioni dal greco di alcuni testi patristici, volti in latino
negli stessi anni (1416-1419): la seconda epistola De vita soli-
taria di Basilio di Cesarea, il breve trattato Adversus vituperato-
res vitae monasticae di Giovanni Crisostomo, la Scala paradisi di
Giovanni Climaco e la prima parte del Theophrastus sive de im-
mortalitate animi di Enea di Gaza.159
Al ridimensionamento di questo dualismo grafico avrebbe
forse contribuito anche il perduto compendio traversariano
del De VIII partibus orationis di Donato Ortigrafo, redatto per
le esigenze didattiche del cenobio degli Angeli intorno al
1418-1419 160 e verosimilmente scritto nella medesima tipolo-

158
Per un breve quadro sinottico dei deperditi traversariani cfr. infra, V.3.
159
Con questo dialogo la tradizione manoscritta è stata doppiamente cru-
dele, perché non ha conservato né la prima stesura del 1419 (abbandonata
per diversi anni a causa della difficoltà di reperimento di un originale greco
integro), né la versione definitiva del 1435, dedicata ad Andreolo Giustiniani.
160
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XIII, 8 = vol. II, col. 619 (aprile-
maggio 1437).
04 11-11-2009 16:51 Pagina 220

220 CAPITOLO QUARTO

gia grafica delle versioni patristiche, almeno per quanto con-


cerne l’abbozzo di lavoro del monaco. Ma, nonostante il suc-
cesso riscosso nella cerchia camaldolese, non sembra essere
rimasta traccia nelle nostre raccolte né dell’autografo del Ca-
maldolese, né delle copie che ne furono tratte.161
Sul versante del greco si registra invece la perdita di alcu-
ni dei primi e più ampi specimina traversariani, cioè la trascri-
zione di alcune epistole crisolorine, che il monaco inviò a
Francesco Barbaro tra il 1415 e il 1416: 162 una lettera de ami-
citia indirizzata al Traversari stesso, 163 una seconda de mensibus
a Palla Strozzi, 164 una terza (se non addirittura più d’una) di
contenuto ignoto 165 e, da ultimo, ancora due epistole «peri;
th'" palaia'" kai; neva" JRwvmh"», probabilmente da identifica-
re con le due missive indirizzate dal dotto bizantino a Deme-
trio e Giovanni Crisolora.166 Meno probabile è che si alluda
qui alla Comparatio veteris et novae Romae, sempre del Crisolora, 167
anche se la recente attribuzione alla mano del Camaldolese
della copia contenuta nel Parigino gr. 2012 (cc. 43r-52v) 168 ha
riproposto la questione, rendendo nel contempo meno grave
sul versante tipologico la perdita delle trascrizioni di epistole
crisolorine. Il loro ritrovamento, tuttavia, avrebbe consentito di
constatare o mettere in discussione l’uso consolidato della mi-
nuscola tardo-tricliniana già a partire da una data così alta.
Numerosi deperditi di autografi greci si contano anche per
gli anni della maturità grafica del monaco (dal 1423-1424 in

161
Delle copie trascritte mentre il Camaldolese era ancora in vita recano
testimonianza alcune lettere indirizzate ai propri confratelli durante gli anni
del generalato: cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XII, 22 = vol. II, col. 589;
XIII, 3 = vol. II, col. 615; XIII, 8 = vol. II, col. 619; XIII, 18 = vol. II,
col. 626; XIII, 19 = vol. II, col. 627.
162
Sullo scambio epistolare tra Ambrogio Traversari e Francesco Barbaro
in merito alle epistole crisolorine si legga la ricostruzione di ZORZI 1997. Per
la cronologia e i contenuti delle lettere traversariane cfr. supra, II.3, nota 105.
163
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 4 = vol. II, col. 278.
164
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 4 = vol. II, col. 278.
165
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 5 = vol. II, coll. 279-280.
166
Cfr. ZORZI 1997, p. 625, rr. 19-21. Per l’identificazione di questo te-
sto cfr. già ZORZI 1997, pp. 631-632.
167
Così invece HOFMANN 1953, p. 215.
168
Identificazione proposta da ROLLO 2002, p. 64, nota 121.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 221

LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 221

avanti), e il dato è ancora una volta significativo, data la


scarsità di testimonianze conservate. Perduta è infatti l’inte-
ressante retroversione dal latino al greco dell’epistola sinodi-
ca indirizzata da Gregorio di Nazianzo ai patriarchi di Co-
stantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme, che il
Camaldolese tentò nel 1423, addirittura con l’intento di de-
dicarsi a un’ulteriore retroversione di una seconda lettera del
Nazianzeno.169 Perduta è anche una miscellanea di testi filo-
sofici, che Ambrogio Traversari dichiarò di avere intera-
mente trascritto l’anno successivo da un volumetto inviatogli
da Rinuccio da Bologna.170
Alcuni anni più tardi, a ridosso della nomina a generale,
fu la volta di un volume delle Genealogiae deorum del Boccac-
cio posseduto da Leonardo Giustiniani, che il monaco inte-
grò in margine con i versi omerici mancanti, 171 e di una co-
pia di Teofrasto De plantis, trascritta da Paolo dal Pozzo To-
scanelli per Niccolò Niccoli, ma emendata dallo stesso
Traversari.172 Se anche in questi casi è ragionevole supporre
l’impiego della minuscola usuale dei dotti, la perdita di nu-
merosi autografi rende difficile seguire nel tempo gli sviluppi
della tipologia grafica.
Sul versante latino, invece, gli anni successivi al 1423-1424
proseguono prevalentemente all’insegna delle traduzioni pa-
tristiche. La tradizione manoscritta ne ha conservati parecchi
esempi, tutti in corsiva all’antica, priva peraltro di significa-
tivi mutamenti nel corso del tempo.173 L’omogeneità del si-
stema sembra pertanto suggerire che i pur numerosi auto-
grafi di lavoro perduti (Manuele Caleca, Contra errores Graeco-

169
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 6 = vol. II, col. 364. Cfr. STIN-
GER 1977, pp. 136-137.
170
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 28 = vol. II, col. 386.
171
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 24 = vol. II, col. 307. Cfr. RIZ-
ZO 1973, p. 297.
172
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 35 = vol. II, col. 394 (18 no-
vembre 1430); VIII, 36 = vol. II, col. 395 (marzo 1431); VIII, 37 = vol. II,
col. 399 (23 giugno 1431).
173
Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. G. IV. 844;
Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Strozzi 64; Firenze, Biblioteca Na-
zionale Centrale, Conventi Soppr. J. VI. 6; Firenze, Biblioteca Nazionale Cen-
trale, Conventi Soppr. J. VIII. 8. Cfr. supra, III.3.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 222

222 CAPITOLO QUARTO

rum; Giovanni Crisostomo, Sermones contra Iudaeos e Quod Deus


incomprehensibilis sit; Efrem Siro, Sermones; Giovanni Crisosto-
mo, De providentia Dei ad Stagirium; Basilio di Ancira, De inte-
gra verginitate; Gregorio Presbitero, Vita Gregorii Nazianzeni; Pal-
ladio, Vita S. Iohannis Chrysostomi) non avrebbero scardinato
l’impianto ricostruito per le versioni conservate. In altri ter-
mini, sono questi l’arco cronologico e la tipologia grafica che
possiamo dire di conoscere meglio.
Considerazioni analoghe valgono anche a proposito delle
perdute versioni degli ultimi anni: il corpus dello Pseudo-Dio-
nigi l’Areopagita, affrontato a più riprese tra il 1431 e il
1437, e il commentario omiletico di Giovanni Crisostomo al
Vangelo di Matteo, rimasto incompiuto a causa della morte
del Camaldolese. Ancora una volta, il confronto con l’auto-
grafo conservato delle prime due orazioni De pace del Na-
zianzeno, 174 tradotte a Basilea durante il concilio, lascia sup-
porre una sostanziale omogeneità grafica.
Ma il naufragio degli autografi traversariani durante il ge-
neralato non si limitò alle sole versioni patristiche. Curiosa-
mente, infatti, proprio per gli anni della maggiore visibilità
agli occhi del mondo, scarseggiano più che per altri le testi-
monianze grafiche conservate. Tuttavia, l’attività scrittoria del
monaco non diminuì affatto, nonostante l’impegno di tra-
duttore fosse ostacolato dalle incombenze imposte dalla nuo-
va carica, e invase settori in precedenza interessati solo tan-
genzialmente.
Purtroppo, però, l’Hodoeporicon, diario di viaggio della visi-
ta riformatrice compiuta tra i monasteri della congregazione
negli anni che seguirono la nomina a generale, è andato si-
curamente perduto nel corso dei secoli.175 Inoltre, di ben sei
orazioni scritte e pronunciate dal Traversari, una delle qua-
li addirittura in greco, la tradizione manoscritta ha salvato la

174
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Reg. lat. 1612, cc.
1r-12v. Cfr. supra, IV.2.
175
La copia dell’Hodoeporicon, che l’abate Lorenzo Mehus vide nella bi-
blioteca di S. Maria degli Angeli e che giudicò autografa (cfr. MEHUS 1759,
I, pp. XCI-XCII), è stata recentemente individuata da IARIA 2005b, pp. 107-
109; tuttavia il riesame del manoscritto ha costretto la studiosa ad escludere
che possa trattarsi dell’originale di mano del Camaldolese.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 223

LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 223

versione autografa di due sole di esse.176 Ma la lacuna più


ingente interessa le numerose epistole inviate dal Camaldo-
lese ai più disparati corrispondenti, su argomenti di carattere
di volta in volta religioso, politico, letterario o burocratico, la
cui perdita acuisce la difficoltà di individuare un coerente svi-
luppo della corsiva traversariana nell’ambito di questa tipo-
logia documentaria.
Durante il generalato, inoltre, Ambrogio Traversari ap-
profittò dei frequenti viaggi per cercare e trascrivere opuscoli
peregrini o rari di autori del passato. Nel 1433, mentre si
trovava a Bologna, riuscì a copiare «raptim» la Fenice di Lat-
tanzio.177 L’anno successivo inviò al Niccoli due nuovi testi,
la Vita di Cornelio Nepote e un’epistola di Girolamo, da lui
visti per la prima volta a Padova presso Ermolao Barbaro e
trascritti durante uno spostamento in battello.178 Infine, negli
anni che precedettero il 1433, si dedicò anche alla revisione
stilistica del Chronicon casinense e dei Dialogi de miraculis S. Bene-
dicti.179 Di nessuno di essi, però, sono sopravvissute le copie
autografe tra i manoscritti conservati, anche se è ragionevo-
le supporre che fossero vergate nella ben nota corsiva uma-
nistica del monaco.

176
Wolfenbüttel, Herzog-August-Bibliothek, ms. 19. 41 Aug. 4to (cc. 91r-
112r). Cfr. supra, IV.2.
177
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 52 = vol. II, col. 422.
178
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 53 = vol. II, col. 422. Il me-
desimo episodio è ricordato anche in TRAVERSARI, Hodoeporicon, 1912, pp. 108,
117 = TRAVERSARI, Hodoeporicon, 1985, pp. 207, 223, dove però si accenna a
due epistole di Girolamo e non ad una sola come nell’epistolario.
179
Il 1433 rappresenta un sicuro terminus ante quem, dal momento che pro-
prio in quell’anno l’abate Paolo Venier del monastero di S. Michele di Mu-
rano a Venezia chiese al Traversari una copia di Chronicon e Dialogi su cui il
Camaldolese doveva avere già lavorato: cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XI,
75 = vol. II, col. 566; XII, 13 = vol. II, col. 583. L’antico volume, ultimato
nel 1434 (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XIX, 21 = vol. II, col. 876), è sta-
to individuato da BROWN 1996 nel codice di Moskva, Rossiiskaia Gosudarst-
vennaia Biblioteka, fondo 218, N 389. Il testo mostra i segni della revisione
linguistica traversariana: trasposizioni in accordo all’uso classico, sostituzione
di sinonimi, aggiunta di pronomi relativi allo scopo di chiarire il senso della
frase, omissioni in prevalenza di singole parole (cfr. BROWN 1996, p. 337). Ma
del manoscritto, su cui dovevano essere annotati gli interventi autografi del
generale e che fu verosimilmente alla base della copia di S. Michele di Mu-
rano, non è rimasta alcuna traccia: cfr. l’elenco dei testimoni superstiti del
Chronicon casinense in HOFFMANN 1973, pp. 78-82 e HOFFMANN 1980, p. XXXII.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 224

224 CAPITOLO QUARTO

Agli anni della missione diplomatica al concilio di Basilea,


infine, risale la notizia di un deperditus davvero interessante.
Con lettera del 4 ottobre 1435 Ambrogio Traversari chiese
al confratello Michele di fargli pervenire nella città d’oltral-
pe il Boezio greco-latino di sua mano, perché il cardinale
Giuliano Cesarini potesse procedere nello studio del greco.180
Il manoscritto bilingue, che probabilmente conteneva la ver-
sione planudea della Consolatio philosophiae, con originale lati-
no a fronte, 181 avrebbe potuto rivestire un ruolo fondamen-
tale nell’analisi dei rapporti tra i due sistemi grafici noti al
Camaldolese, ma anch’esso sembra perduto per sempre.182
Vorrei tuttavia precisare che, nonostante la notizia traver-
sariana risalga al 1435, la trascrizione del manoscritto doveva
essere avvenuta già da tempo, verosimilmente durante gli an-
ni degli otia litterarum nel monastero degli Angeli. Soltanto al-
lora, infatti, il monaco disponeva del tempo necessario ad ap-
prontare copie estese e impegnative come le Divinae institutio-
nes di Lattanzio (Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale,
Conventi Soppr. B. IV. 2609) e la Comparatio crisolorina (Pa-
rigino gr. 2012), a cui aggiungerei almeno un perduto episto-
lario di sant’Ambrogio, che nel 1437 il Camaldolese additò al
confratello Michele come modello grafico di littera antiqua.183
Se tuttavia l’esame dei deperditi suggerisce che il monaco,
durante gli anni giovanili, non limitò l’attività di trascrittore
ai soli monumenta grafici conservati fino a noi, resta comun-
que accertato che egli non fu mai un copista di professione,

180
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XIII, 5 = vol. II, col. 617.
181
Non è tuttavia escluso (anche se mi sembra meno probabile) che il Tra-
versari alludesse qui alla traduzione boeziana dei Topica aristotelici, con testo
greco a fronte, oppure a quella del De trinitate boeziano a cura di Manuele
Caleca, sempre con originale latino a fronte. Ritengo invece del tutto inve-
rosimile che il monaco si riferisse alla sola Consolatio boeziana, dal momento
che il testo è impreziosito da inserzioni greche troppo sporadiche, perché po-
tessero risultare di qualche utilità nell’apprendimento della lingua.
182
Lo spoglio dei cataloghi a stampa dei manoscritti boeziani, infatti, non
ha condotto per il momento ad alcun risultato. Vorrei anche precisare che l’e-
same paleografico esclude il Laurenziano Plut. 81. 23, l’unico che dalla sola
descrizione (in PASSALACQUA-SMITH 2001, p. 100) potesse sembrare autografo.
183
Cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XIII, 14 = vol. II, col. 622. Cfr. su-
pra, II.2, nota 58.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 225

LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 225

data anche la scarsità di riferimenti espliciti a tale pratica nel


corso dell’epistolario. Ambrogio Traversari trascriveva testi
più che altro per esigenze di studio. Pertanto, la sua scrittu-
ra d’elezione era la corsiva, non l’antiqua posata.
A riprova di questo, anche alcuni codici attribuiti dal
Mehus alla mano del Camaldolese, in seguito mai più indi-
viduati tra le collezioni fiorentine, lasciano supporre, sulla ba-
se della descrizione fornita dall’erudito settecentesco, l’impie-
go della corsiva all’antica, nonostante ospitassero per lo più
testi letterari appena riscoperti dagli umanisti.
È il caso di due esemplari, non a caso cartacei, contenenti
rispettivamente le nuove orazioni di Cicerone ritrovate da
Poggio Bracciolini 184 e i tre libri integri del De Oratore ri-
scoperti invece dall’umanista Gerardo Landriano, 185 che il
Mehus avrebbe visto a suo tempo nella biblioteca fiorentina
di S. Marco. Un rapido spoglio dei manoscritti ciceroniani
conservati nei fondi Conventi Soppressi delle biblioteche
Laurenziana e Nazionale di Firenze mi ha condotta a diver-
se copie cartacee della prima metà del Quattrocento, tutte in
corsiva all’antica, nessuna però di mano del Camaldolese.
Non è peraltro escluso che una di esse possa avere inganna-
to l’erudito settecentesco, a causa dell’innegabile somiglianza
della veste grafica.186
Considerazioni analoghe valgono anche per la presunta
trascrizione traversariana del Tertulliano posseduto dal car-
dinale Giordano Orsini, 187 che il Mehus ritenne di avere in-
dividuato sempre tra le raccolte della biblioteca dei Dome-
nicani di S. Marco.188 Tuttavia, lo stesso epistolario del Ca-

184
Cfr. MEHUS 1759, I, p. CCCLXXXVII.
185
Cfr. MEHUS 1759, I, p. CCCLXXXIX.
186
Per le orazioni ciceroniane escludo l’identificazione con Firenze, Bi-
blioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. J. IV. 4; Firenze, Biblioteca Na-
zionale Centrale, Conventi Soppr. J. IV. 5; Firenze, Biblioteca Nazionale Cen-
trale, Conventi Soppr. J. IV. 12. Per il De oratore, invece, escludo l’identifica-
zione con Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, San Marco 262; Firenze,
Biblioteca Medicea Laurenziana, San Marco 269; Firenze, Biblioteca Nazio-
nale Centrale, Conventi Soppr. I. II. 12.
187
Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. J. VI. 10.
188
Cfr. MEHUS 1759, I, p. XXXIX.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 226

226 CAPITOLO QUARTO

maldolese induce piuttosto a ritenere che egli ne avesse com-


missionato la copia a qualche confratello del monastero de-
gli Angeli.189 È dunque possibile che il Mehus abbia confuso
la mano del Traversari con quella di Niccolò Niccoli, che co-
piò a sua volta il Tertulliano Orsini in una corsiva umani-
stica decisamente simile a quella del monaco.190
Del resto, altri esempi concorrono a confermare come non
sempre le attribuzioni dell’erudito fiorentino fossero corrette.
Infatti, nel caso di una presunta identificazione della mano
del Camaldolese in un volume dei Punica di Silio Italico, in-
dividuato dal Mehus «apud Aediles Florentinae Ecclesiae» 191
(Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Edili 196), ricerche
successive hanno dimostrato che la corsiva all’antica del te-
sto andava ricondotta ai due fratelli Vespucci.192 Inoltre, an-
che in una miscellanea riccardiana, di cui il Mehus indicò la
segnatura antica (N. III. XXX) 193 e a cui corrisponde l’at-
tuale codice 667 della stessa biblioteca, non si riconoscono a
mio avviso né porzioni testuali né note marginali di mano
del monaco.
Con questo, non si vuole qui negare che lo studioso rico-
nobbe per primo l’autografia traversariana di importanti ma-
noscritti come il Lattanzio Conventi Soppr. B. IV. 2609, 194 la
traduzione delle Vitae patrum nel Conventi Soppr. G. IV. 844, 195
di alcune omelie del Crisostomo nel Conventi Soppr. J. VI. 6 196
e degli scritti atanasiani nel Conventi Soppr. J. VIII. 8.197 È
pertanto possibile che qualche codice di mano del monaco si
celi ancora tra i volumi da lui segnalati e mai più individuati

189
Si considerino le lettere indirizzate al Niccoli nell’estate del 1431: TRA-
VERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 37 = vol. II, col. 398; VIII, 2 = vol. II, col.
354; VIII, 38 = vol. II, col. 401.
190
Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. J. VI. 11.
191
Cfr. MEHUS 1759, I, p. CCCLXXXVII.
192
Così già DE LA MARE 1973, p. 128, seguita poi da Delz in SILIO ITA-
LICO, Punica, 1987, p. XIV.
193
Cfr. MEHUS 1759, I, p. CCCLXXXV.
194
Cfr. ivi, p. CCCLXXXVII.
195
Cfr. ivi, p. CCCCXXIV.
196
Cfr. ivi, p. CCCCI.
197
Cfr. ivi, p. CCCXCI.
04 11-11-2009 16:51 Pagina 227

LA VITA PUBBLICA E GLI ULTIMI ANNI DI ATTIVITÀ GRAFICA 227

in seguito – a meno che, ovviamente, essi non siano andati


irrimediabilmente persi.198 Tuttavia, andrà ricordato che an-
che gli errori paleografici dell’erudito settecentesco erano al-
trettanto frequenti.
A conclusione di questo discorso vorrei ribadire che, per
quanto le perdite documentate degli autografi traversariani
siano abbastanza consistenti, il loro ritrovamento avrebbe sì
permesso di precisare il quadro delle scritture greche e latine
del Camaldolese, ma non lo avrebbe probabilmente alterato
o addirittura sconfessato nelle linee portanti. Mi sembra in-
fatti che l’universo grafico del monaco proceda inesorabil-
mente verso una progressiva riduzione delle opposizioni tra i
sistemi rivali posato e corsivo, privilegiando con decisione
quest’ultimo. Ma, mentre sul versante del greco l’adozione in-
condizionata della minuscola tardo-tricliniana simboleggiò la
sconfitta del tentativo di dare vita a un’antiqua greca, su quel-
lo del latino, al contrario, la corsiva travestita all’antica in-
carnò negli anni l’adesione del Traversari al programma di
rinnovamento umanistico, anche se realizzato nella tipologia
grafica più congeniale all’attitudine pratica del monaco. Origi-
nalissima e insieme vera figlia del suo tempo, la nuova corsi-
va innestava su una base ancora tutta trecentesca i tratti scrit-
torî di un passato che si voleva riportare in vita e rappresentò
per questo il vero compromesso tra antico e moderno.

198
Tra essi ricorderei almeno un lexicon greco-latino conservato ai tempi
del Mehus nella biblioteca dell’eremo di Camaldoli (cfr. MEHUS 1759, I, p.
CCCLXV); una lettera in greco a Francesco Filelfo, di cui non si precisa però
se si tratti di un autografo o di una copia (cfr. MEHUS 1759, I, p. VIII); infi-
ne, tre lettere in latino, questa volta sicuramente autografe, una delle quali
indirizzata a Lorenzo de’ Medici (VII, 15) nel 1433 e due a Niccolò Niccoli
(VIII, 3 e 4) nel 1423-1424 (cfr. MEHUS 1759, I, p. XIV, nota 3). Per com-
pletare il quadro, vorrei menzionare anche la supposta copia traversariana di
un «tractatus de ponderibus et mensuris», forse di Prisciano, di cui il Mehus
ebbe notizia leggendo alcuni adversaria del Fonzio in un manoscritto riccar-
diano, ma che non fu più in grado di individuare tra le raccolte fiorentine
(cfr. MEHUS 1759, I, p. CCCLXXXVII). Escludo tuttavia l’identificazione con il
Laurenziano Ashburnham 259 (191) – segnalato da PASSALACQUA 1978, p. 78
– che pur reca all’inizio del testo in questione (c. 67r) la scritta per Ambrosium.
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE

1. TESTIMONIANZE AUTOGRAFE

1) Firenze, Archivio di Stato, Carte Strozziane, serie I, 136, c. 14 [Tav. 1]

[s. d., Firenze]


Regesto: Ambrogio Traversari raccomanda a Cosimo de’
Medici l’uomo di nome Marco che si sarebbe presentato al
suo cospetto recando la presente missiva, affinché potesse ri-
scuotere al più presto presso l’erario cittadino il credito do-
vutogli dalla res publica fiorentina, con cui sperava di garanti-
re la dote della sorella, sposata ormai già da un anno con un
tale Giovanni, figlio di un’illustre e santa donna che gestiva
l’ospedale fiorentino di Lemmo, il quale a sua volta faceva af-
fidamento sulla dote della moglie per garantire quelle delle
due figlie ancora nubili ancorché in età da marito; tanto più
che si associavano alla richiesta anche la madre di Giovanni
e un ulteriore figlio dello stesso, alunno del Traversari.
Originale: Firenze, Archivio di Stato, Carte Strozziane, se-
rie I, 136, c. 14. Cart.; mm 140×257. Carta italiana priva di
filigrana visibile; 20 vergelle occupano 21 mm, filoni paral-
leli a intervalli regolari di 37 mm. Scrittura del testo verga-
ta da Ambrogio Traversari in corsiva all’antica, disposta su
19 righi; a r. 1 su re di repente è presente un segno abbre-
viativo superfluo, a r. 3 dopo habituras segue ad corretto in ap
depennato inter scribendum, a r. 5 la x di ex è corretta inter scri-
bendum su precedente a, a r. 14 la e di humanissime è corretta
su precedente a, a r. 18 mihi è preceduto da ess depennato
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230 CAPITOLO QUINTO

inter scribendum. Nel margine superiore a destra la mano tar-


dosecentesca del possessore della filza o di un suo incaricato
ha indicato a inchiostro il numero della carta all’interno del-
la filza (14). Sul verso l’indirizzo del destinatario è apposto
dallo stesso Traversari in senso perpendicolare rispetto al te-
sto, su 2 righi. Piegature: 2 orizzontali (a 52 e 158 mm dal
margine superiore) e 2 verticali (a 46 e 128 mm dal margi-
ne destro). Stato di conservazione buono.
Si considera questo testimone l’originale della lettera ef-
fettivamente spedita dal Traversari a Cosimo de’ Medici, per
la presenza delle piegature e dell’indirizzo del destinatario sul
verso del foglio. L’assenza dei taglietti attraverso cui far scor-
rere un cordoncino per chiudere la lettera e l’assenza del si-
gillo trovano giustificazione nel fatto che la lettera fu recapi-
tata a mano dallo stesso interessato.
GUASTI 1884, p. 571 [inventario]; LUISO 1898-1903, I, p. 46 [editio prin-
ceps]; ZACCARIA 1988, p. 226.

2) Firenze, Archivio di Stato, Carte Strozziane, serie I, 139, c. 47


[Tav. 2]

1433 (st. fior. 1432) febbraio 18, Firenze


Regesto: Ambrogio Traversari confessa di dovere a Bar-
tolomeo da Montegonzi 30 fiorini di Camera, spesi l’anno
precedente a Roma per la spedizione di proprie bolle, oltre
a 12 fiorini di Camera aggiuntivi, spesi durante l’anno in
corso per la spedizione di proprie lettere, e si impegna a re-
stituirglieli, obbligando se stesso e i beni del monastero e del-
l’eremo di Camaldoli.
Originale: Firenze, Archivio di Stato, Carte Strozziane, se-
rie I, 139, c. 47. Originariamente faceva parte di un bifolio,
di cui però è stata asportata la faccia posteriore; mm
290×205. Carta italiana priva di filigrana visibile; 20 vergelle
occupano 28 mm, filoni paralleli a intervalli regolari di 37
mm. Scrittura del testo principale vergata da Ambrogio Tra-
versari in corsiva usuale, disposta su 15 righi; a r. 1 nos de-
pennato è sostituito da ego. Seguono 2 paragrafi su 5 righi di
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 231

mano di Bartolomeo da Montegonzi, relativi all’adempimen-


to del debito. Piegature: 4 verticali (rispettivamente a 60, 115
e 170 mm dal margine destro) e 1 orizzontale (a 150 mm dal
margine superiore), dovute alle modalità di conservazione.
Stato di conservazione discreto.
Si considera questo testimone l’originale della cauzione scrit-
ta rilasciata da Ambrogio Traversari a Bartolomeo da Monte-
gonzi per la riscossione del debito di denaro contratto nei suoi
confronti, a causa dell’autografia della mano del Camaldolese
e della nota relativa all’estinzione del debito. L’assenza di au-
tenticazione notarile e di sottoscrizioni testimoniali induce a ri-
tenere il documento una scrittura privata tra i due interessati.
GUASTI 1884, p. 605 [inventario]; ZACCARIA 1988, p. 226.

3) Firenze, Archivio di Stato, Corporazioni Religiose Soppresse dal Go-


verno Francese 86. 64 [Tav. 3]

XIV-XVII sec.; cart. e membr.; diversi formati; cc. 455.


Filza miscellanea, contenente originali o copie di contrat-
ti, lasciti testamentari e possedimenti di beni inerenti al mo-
nastero di S. Maria degli Angeli.
Pluralità di mani corsive. Gli interventi autografi di Am-
brogio Traversari si riconoscono alle cc. 151v-153r (copia del
testamento di Angelo dal Canto: inc. viso testamento et omnibus
praedictis, expl. ex dicto legato).
Le cc. 151-154, che ospitano l’intervento autografo del
Traversari, costituiscono un’unità codicologica omogenea, di
cui si dà di seguito una sommaria descrizione.
Cc. 151-154 binione; ciascun foglio misura mm 300×225. Carta ita-
liana con filigrana simile a BRIQUET 11689 Monts = Fi-
renze, 1411-1421; 20 vergelle occupano 26 mm, filoni
paralleli a intervalli irregolari da un minimo di 30 a un
massimo di 37 mm. Alle cc. 151v-153r scrittura del te-
sto vergata da Ambrogio Traversari in corsiva usuale (a
c. 151v su 17 rr.; a c. 152r su 43 rr.; a c. 152v su 43
rr.; a c. 153r su 11 rr.). A c. 154v due mani successive
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232 CAPITOLO QUINTO

hanno aggiunto rispettivamente «Agnolo dal Canto» e


«Test(amento) di Agnolo dal Canto / Consilium» in
senso perpendicolare rispetto al testo, su 3 righi. 3 pie-
gature verticali (rispettivamente a 55, 115 e 170 mm dal
margine destro), dovute alle precedenti modalità di con-
servazione del documento. Stato di conservazione buo-
no; alcune piccole lacerazioni in corrispondenza delle
piegature verticali, con leggero danno per il testo.

ZACCARIA 1988, pp. 227, 229.

4) Firenze, Archivio di Stato, Corporazioni Religiose Soppresse dal Go-


verno Francese 86. 65

XIV-XVII sec.; cart.; diversi formati; cc. 403.


Filza miscellanea, contenente originali o copie di contrat-
ti, lasciti testamentari e possedimenti di beni inerenti al mo-
nastero di S. Maria degli Angeli.
Pluralità di mani corsive. Gli interventi autografi di Am-
brogio Traversari si riconoscono a c. 356r-v (estratto del te-
stamento di Francesco del Corazza: inc. Al nome di Dio amen.
A dì 15 di septembre 1416, expl. a maggiore cautela si soscriveran-
no). Non ritengo compatibili con l’usus traversariano gli in-
terventi segnalati da ZACCARIA 1988, p. 229 alle cc. 72r-74r,
170r-v, 370r.
Le cc. 356-357, che ospitano l’intervento autografo del
Traversari, costituiscono un’unità codicologica omogenea, di
cui si dà di seguito una sommaria descrizione.
Cc. 356-357 bifolio; ciascun foglio misura mm 300×225. Carta ita-
liana con filigrana simile a BRIQUET 7682 Huchet = Fi-
renze, 1413; 20 vergelle occupano 26 mm, filoni paral-
leli a intervalli regolari di 37 mm. A c. 356r-v scrittura
del testo vergata da Ambrogio Traversari in corsiva
usuale (a c. 356r su 41 rr.; a c. 356v su 17 rr.). A c.
356v l’estratto del testamento di Francesco del Corazza
è seguito da 4 sottoscrizioni autografe di monaci di S.
Maria degli Angeli: Matteo di Guido (su 4 rr.), Bartoli-
no di Niccolò (su 4 rr.), Bartolomeo di Francesco (su 4
rr.), Cristofano di Piero (su 3 rr.). 3 piegature verticali
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 233

(rispettivamente a 55, 115 e 170 mm dal margine de-


stro), dovute alle precedenti modalità di conservazione
del documento. Stato di conservazione buono; triplice
foro della filza a metà pagina, in corrispondenza di cia-
scuna delle 3 piegature verticali.

ZACCARIA 1988, pp. 227, 229.

5) Firenze, Archivio di Stato, Corporazioni Religiose Soppresse dal Go-


verno Francese 86. 68

XIV-XV sec.; cart.; diversi formati; cc. 278.


Filza miscellanea, contenente in massima parte copie di la-
sciti testamentari al monastero di S. Maria degli Angeli.
Pluralità di mani corsive. Gli interventi autografi di Am-
brogio Traversari si riconoscono alle cc. 128r (estratto del te-
stamento di Francesco detto il Corazza: inc. Franciscus vocatus
Corazza, expl. nec filios ex se reliquisse), cc. 203r-208v (inventa-
rio dei beni allegati al testamento del cardinale spagnolo Pe-
dro Fernandez de Frias: inc. Libri domini cardinalis, expl. emp-
ta Florentiae), c. 256r (copia del testamento di Gioacchino del
fu Anselmo: inc. in Dei nomine amen, expl. signum meum consue-
tum apposui).
Le cc. 128, 203-210 e 256, che ospitano gli interventi au-
tografi del Traversari, costituiscono diverse unità codicologi-
che, di cui si dà di seguito una sommaria descrizione.
C. 128 originariamente faceva parte di un bifolio, di cui però è
stata asportata la faccia anteriore; mm 300×210. Carta
italiana senza filigrana visibile; 20 vergelle occupano 22
mm, filoni paralleli a intervalli regolari di 37 mm. A c.
128r scrittura del testo vergata da Ambrogio Traversari
in corsiva usuale su 29 rr. Seguono 3 sottoscrizioni te-
stimoniali autografe: frate Albizzo carmelitano (su 4 rr.),
frate Simone da Tornaquinci (su 4 rr.), frate Giovanni
di Giovanni (su 5 rr.). 3 piegature verticali (rispettiva-
mente a 55, 110 e 165 mm dal margine destro) e 1 pie-
gatura orizzontale (a 150 mm dal margine superiore) do-
vute alle precedenti modalità di conservazione del do-
cumento. Stato di conservazione buono; triplice foro
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234 CAPITOLO QUINTO

della filza a metà pagina sulla piegatura orizzontale, in


corrispondenza di ciascuna delle 3 piegature verticali.
Cc. 203-210 quaternione; ciascun foglio misura mm 300×220. Carta
italiana con filigrana simile a BRIQUET 11696 Monts =
Firenze, 1424-1426; 20 vergelle occupano 24 mm, filo-
ni paralleli a intervalli irregolari da un minimo di 30 a
un massimo di 37 mm. Alle cc. 203r-208v scrittura del
testo vergata da Ambrogio Traversari in corsiva usuale;
seguono due fogli in bianco. 3 piegature verticali (ri-
spettivamente a 60, 110 e 170 mm dal margine destro),
dovute alle precedenti modalità di conservazione del do-
cumento. Stato di conservazione buono.
C. 256 bifolio, la cui seconda faccia è attualmente numerata co-
me c. 259; mm 300×220. Carta italiana con filigrana si-
mile a BRIQUET 15865 Une tour = Prato, 1427; 20 ver-
gelle occupano 24 mm, filoni paralleli a intervalli rego-
lari di 37 mm. A c. 256r scrittura del testo vergata da
Ambrogio Traversari in corsiva usuale su 43 rr. A c.
259v una mano coeva ha scritto «testamento di Gio-
vacchino» rovesciato rispetto al testo. 5 piegature oriz-
zontali (rispettivamente a 50, 100, 145, 190 e 245 mm
dal margine superiore) dovute alle precedenti modalità
di conservazione del documento. Stato di conservazione
buono.

ZACCARIA 1988, pp. 227, 229.

6) Firenze, Archivio di Stato, Corporazioni Religiose Soppresse dal Go-


verno Francese 86. 95 [Tav. 4]

XIV-XV sec.; membr.; mm 395×280; cc. 100.


Registro vecchio del monastero di S. Maria degli Angeli di
Firenze. Contiene registrazioni di compravendite (a partire da
c. 1v); registrazioni di lasciti e offerte, anche di immobili (a par-
tire da c. 25r); registrazione delle date di elezione e morte dei
priori del monastero (a partire da c. 83r); registrazione delle
date di professione e morte dei frati del monastero (a partire
da c. 85r); registrazione degli obblighi perpetui del monastero
in merito a messe in suffragio dei defunti o a festività religio-
se, con relativa disponibilità finanziaria (a partire da c. 99v).
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 235

Vergato da una pluralità di mani corsive di monaci del


monastero di S. Maria degli Angeli. Gli interventi autografi di
Ambrogio Traversari, in scrittura cancelleresca, si riconosco-
no alle cc. 93r (matricola di Piero d’Antonio: inc. obiit, expl.
1416; matricola di Dionisio di Francesco: inc. don Dionisio di
francesco, expl. a dì 29 di dicembre 1409), e 98v (matricole e ne-
crologi di undici frati dal 30 dicembre 1403 al 9 settembre
1414: inc. frate Alexandro di Martino, expl. die 9 mensis eiusdem).
ZACCARIA 1988, pp. 227-228, 230.

7) Firenze, Archivio di Stato, Corporazioni Religiose Soppresse dal Go-


verno Francese 86. 96 [Tav. 5]

Iniziato nel luglio 1402 e proseguito fino alla seconda me-


tà del XVI sec.; membr.; mm 390×270; cc. 234.
Registro nuovo del monastero di S. Maria degli Angeli di
Firenze. Contiene un annuario per celebrare messe in suf-
fragio dei defunti o per commemorare festività religiose (cc.
3r-8v); una prima parte con documenti sull’origine e la co-
struzione di S. Maria degli Angeli (a partire da c. 11r); una
seconda con matricole di priori e monaci del monastero (a
partire da c. 34r); una terza con ricordi di acquisti, donazioni
e altri contratti del monastero (a partire da c. 71r); una quar-
ta con trascrizioni di privilegi, testamenti, codicilli e altro (a
partire da c. 110r).
Iniziato dal monaco camaldolese di S. Maria degli Ange-
li Girolamo di Dardano e proseguito, dopo la sua morte, dal
confratello Tommaso di Tommaso e da altri monaci del me-
desimo monastero. Gli interventi autografi di Ambrogio Tra-
versari – ora in scrittura cancelleresca, ora in corsiva usuale,
che a c. 34v rivela addirittura un preciso travestimento al-
l’antica – si riconoscono alle cc. 4r (inc. monna Gualterina, expl.
morì nel 1421); 4v (inc. monna Ghita, expl. lascia reda); 6v (inc.
monna Gera, expl. a carta 149); 7r (inc. monna Gualterina, expl.
che ella ci lasciò); 8v (inc. Nicholò di Gentile, expl. liberi nostri); 9r
(inc. Matteo di Lorenzo, expl. a carta 149); 14r (inc. nel 1428
compiemmo, expl. decto anno 1428); 15r (inc. fucci mossa questione,
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236 CAPITOLO QUINTO

expl. di tucto il testamento); 23v (inc. a futura et perpetua memoria,


expl. di questo monistero); 34r matricola di Matteo di Guido
(inc. obiit in officio, expl. in senectute bona); 34v (inc. don Agosti-
no di Sbrigantino, expl. il decto ser Verdiano); 37v matricola di
Matteo di Guido (inc. obiit anno domini 1421, expl. ornata est);
38r matricola di Vincenzo di Bartolino (inc. obiit in loco isto,
expl. infirmitate et senio); 38r matricola di Bartolo di Iacopo
(inc. obiit in loco isto, expl. etatis sue anno LXXXVIIII vel XC);
forse 38v matricola di Agostino di Sbrigantino (inc. hic electus
fuit, expl. die X mensis octobris 1422); 39r matricola di Tom-
maso di Tommaso Galilei (inc. obiit in loco isto, expl. die
XXVIII maii 1423); 39v matricola di Giusto d’Agnolo (inc.
obiit Decomani, expl. die XXIII januarii 1422); 39v matricola di
Raffaello di Guido Bonciani (inc. fuit generalis, expl. 1422 die
17 octobris); 40r matricola di Bernardo di Gucciozzo de’ Ric-
ci (inc. obiit, expl. abbas vulterranus); 41r matricola di Luca di
Neri Malefici (inc. hic fuit electus, expl. die IIII novembris); 41r
matricola di Benedetto di Filippo (inc. obiit anno domini 1417,
expl. sepultusque est in loco isto); 41v matricola di Lorenzo di
Giovanni (inc. obiit, expl. hic sepultus); forse 42r matricola di
Giovanni di Duccio (inc. obiit, expl. anno domini 1427); forse
42r matricola di Francesco di Zanobi (inc. obiit, expl. anno do-
mini 1429); forse 42v matricola di Giacobbo di Terno (inc.
obiit, expl. anno domini 1430); forse 42v matricola di Andrea
di Federigo (inc. obiit, expl. tempore pestis); 43v matricola di
Cristofano di Nicoletto (inc. obiit, expl. tempore pestis); 44r ma-
tricola di Pietro del Bambo (inc. obiit, expl. tempore pestis); 44r
matricola di Leonardo di Gregorio (inc. mortuus est, expl. sanc-
ti felicis); 44v matricola di Matteo di ser Antonio (inc. in mal
punto, expl. gli fu possibile); 44v matricola di Dionisio di Fran-
cesco (inc. partissi quinci, expl. de’ frati); 45r matricola di Ber-
nardo di Michele (inc. partissi, expl. septembris 1421); forse 45v
matricola di Mauro di Morello (inc. ricevette, expl. dicembre
1424); 45v matricola di Chimenti di Nuccio di Cino (inc.
Nuccio, expl. d’anni 20); forse 45v matricola di Filippo di Bar-
tolo (inc. recessit, expl. diaconus); 45v-47v, 29 matricole da Ga-
briello de’ Gabrielli a Gasparre di Giovanni, salvo aggiunte
puntuali di altre mani; 81v (inc. comperamo poi, expl. nel regi-
stro vecchio carta 69); 83r (inc. a dì 20 di novembre, expl. più vol-
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 237

te inanzi); 86v (inc. comperamo poi, expl. 2 di maggio 1375); for-


se 88r in margine (della vigna da Pulicciano); 88v (inc. compera-
mo, expl. decte due carte); 89r (inc. comperamo, expl. decto ser An-
tonio); 89v (inc. al nome di Dio, expl. imposta da sé); 90r (inc. pa-
pa Johanni XXIII, expl. chiesa di certaldo); 90v (inc. comperamo,
expl. gli fu conceduto); forse 121r (inc. morì il decto Antonio, expl.
a sua vita); 123r (inc. poi essendo, expl. questa partita); forse 126r
(inc. le decte terre, expl. Antonio di Francescho Cecchi); 130r ricor-
do del testamento di Bartolomeo di Francesco (solamente le
parole «di maggio, Agnolo di Johanni da Casalino, abbiamo
il testamento compiuto»); 130v ricordo di ser Banco (inc. item
a dì 22 di dicembre 1418, expl. in casa compiuta); 138r (inc. di-
poi a dì 27 di septembre, expl. ritenere il quarto); 141v (inc. appresso
abbiamo preso, expl. segnato G a carte … nel 1426); 142r (inc. a
dì 13 di giugno, expl. Antonio da San Miniato); 143r (inc. morì Za-
nobi, expl. per l’altra); forse 144r ricordo del testamento di Lo-
renzo di Mico padre di Simone (solamente le parole «della
decta executione come fu facta si fa mentione allo specchio
a carta 154»); 149r-150r, 13 ricordi, salvo aggiunte puntuali
di altre mani (inc. avemo a dì 13 di luglio 1419, expl. et così obli-
ghiamo noi et nostri successori). Non ritengo compatibili con l’u-
sus traversariano gli interventi segnalati da ZACCARIA 1988,
pp. 231-233 alle cc. 40v, 43v (Lorenzo di Niccolò), 117r.
SOTTILI 1984, p. 713; ZACCARIA 1988, pp. 225, 227-228, 230-233; SOT-
TILI2002, p. 181, nota 2, p. 182, nota 5, pp. 182-183, nota 9, p. 184, nota
15; CABY 2000, p. 181, nota 22.

8) Firenze, Archivio di Stato, Diplomatico, Normali, Camaldoli, S. Sal-


vatore (eremo), 6 novembre 1433 [Tav. 6]

1433 novembre 6, Fontebona


Regesto: Ambrogio Traversari, dopo avere ribadito che è
suo dovere assicurare la prosperità di monasteri, priorati e
ospedali dell’ordine attraverso l’istituzione di idonei ammini-
stratori, conferma la destituzione dell’ultimo governatore del-
l’ospedale di San Frediano a Pisa, don Giovanni di Lucigna-
no, a causa della cui prolungata assenza l’ospedale è andato
in rovina, e nomina nel contempo il destinatario della lettera,
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238 CAPITOLO QUINTO

Antonio di Gambassio, nuovo rettore e governatore del pre-


detto ospedale, esortandolo in primo luogo a rivendicare tut-
ti i diritti dell’ospedale contro gli eventuali detrattori e a risa-
nare una situazione troppo a lungo abbandonata a se stessa,
per meritarne debita lode davanti a Dio e al proprio generale.
Originale: Firenze, Archivio di Stato, Diplomatico, Nor-
mali, Camaldoli, S. Salvatore (eremo), 6 novembre 1433.
Membr.; mm 238×322. Scrittura del testo vergata da Am-
brogio Traversari in corsiva all’antica, disposta su 15 righi;
a r. 7 expremum è corretto inter scribendum in extremum. Sul ver-
so l’indirizzo del destinatario è apposto dallo stesso Traver-
sari in senso perpendicolare rispetto al testo, su 1 rigo: «Do-
mini Antonii de Gambassio». Seguono due aggiunte di ma-
ni quattrocentesche successive («per fratrem Ambrosium» e
sotto, di altra mano, «hospitalis Sancti Fridiani de Pisis»), ac-
compagnate da una terza notazione già cinquecentesca («In-
stitutio hospi/talarii 1433»). Dopo il passaggio alla modalità
di conservazione arrotolata del documento, una prima mano
di archivista della fine del Seicento riportò lungo il margine
esterno del rotolo una prima segnatura del documento:
«1433 § Electio n. 95 c. 19 hospitalarii S. Fridiani de Pisis
etc.». La mano andrà forse identificata con quella del mo-
naco Edoardo Baroncino che nel 1698 compilò l’inventario
dell’archivio di Camaldoli (cfr. SCHIAPARELLI-BALDASSERONI
1907, p. VIII), dove a quel tempo il documento si trovava. In
occasione dell’ingresso della pergamena nell’Archivio Diplo-
matico dopo le soppressioni dei conventi (1811) una seconda
mano di archivista, forse quella di Consalvo Petrai, appose a
partire dal 1812 una seconda segnatura («Camaldoli 6 no-
vembre 1433») e aggiunse anche, tramite un cordoncino, un
cartiglio membranaceo pendente con la medesima indicazio-
ne: «Camaldoli 6 novembre 1433». Infine, tra il luglio 1821
e il luglio 1822 Antonio Bulletti appose sul documento il tim-
bro in rosso R(egius) A(rchivius) D(iplomaticus). Piegature: 2 oriz-
zontali (rispettivamente a 92 e 198 mm dal margine supe-
riore) e 2 verticali (rispettivamente a 88 e 214 mm dal mar-
gine destro). Assenza di taglietti per chiudere la lettera.
Impronta di sigillo cereo aderente sul recto. Stato di conser-
vazione ottimo.
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 239

Si considera questo testimone l’originale della lettera ef-


fettivamente spedita dal Traversari al confratello Antonio di
Gambassio, per la presenza di tracce del sigillo (ora perdu-
to), delle piegature e dell’indirizzo del destinatario sul verso
del foglio. L’assenza dei taglietti di chiusura potrebbe sugge-
rire che la lettera fosse stata spedita allegata ad altri docu-
menti, in un involucro comune, o che l’uso del materiale
membranaceo avesse fatto preferire una diversa modalità di
chiusura della missiva.
IARIA 2005a, pp. 589-590 [a p. 590 riproduzione fotografica], 592, 594-
596, 599-601 [editio princeps].

9) Firenze, Archivio di Stato, Diplomatico, Normali, Camaldoli, S.


Salvatore (eremo), 19 dicembre 1433 [Tav. 7]

1433 dicembre 19, Cesena


Regesto: Ambrogio Traversari, dopo avere ricordato che è
suo preciso dovere provvedere sia alle singole persone che ai
monasteri del proprio ordine, accoglie la richiesta del con-
fratello destinatario della lettera, Giovanni da Prato Vecchio,
a cui la grave infermità del corpo impedisce di continuare a
condurre una vita eremitica, e lo nomina priore del mona-
stero di Santa Mustiola degli Archi a Siena, dal momento
che il precedente priore era stato recentemente trasferito al-
la guida di un altro monastero; investe però, a causa della
propria assenza da Siena, il confratello Ranieri, abate del
monastero di San Bartolomeo di Anghiari e proprio vicario
nel monastero di Fontebona, in luogo di Giovanni e ingiun-
ge nel contempo al nuovo priore dell’eremo del Vivo, da cui
dipendeva il monastero di Santa Mustiola, di introdurre que-
st’ultimo nel possesso del monastero degli Archi e di esigere
da lui il debito voto di obbedienza e fedeltà.
Originale: Firenze, Archivio di Stato, Diplomatico, Nor-
mali, Camaldoli, S. Salvatore (eremo), 19 dicembre 1433.
Membr.; mm 343×215. Scrittura del testo vergata da Am-
brogio Traversari in corsiva all’antica, disposta su 33 righi.
Sul verso manca l’indirizzo del destinatario. Una mano tarda,
05_Catalogo 11-11-2009 16:52 Pagina 240

240 CAPITOLO QUINTO

della fine del Cinquecento o dei primi del Seicento, aggiun-


se in senso perpendicolare rispetto al testo «Collatio priora-
tus sancte mustiole de arcubus de senis per generalem Ca-
mal(dulensium)». Dopo il passaggio alla modalità di conser-
vazione arrotolata del documento, una prima mano di
archivista della fine del Seicento riportò lungo il margine
esterno del rotolo una prima segnatura del documento:
«1433 § Electio n. 95 c. 20 Seu Provisio monasterii S. Mu-
stiole de Arcu Senarum». La mano andrà forse identificata
con quella del monaco Edoardo Baroncino che nel 1698
compilò l’inventario dell’archivio di Camaldoli (cfr. SCHIAPA-
RELLI-BALDASSERONI 1907, p. VIII), dove a quel tempo il do-
cumento si trovava. In occasione dell’ingresso della perga-
mena nell’Archivio Diplomatico dopo le soppressioni dei con-
venti (1811) una seconda mano di archivista, forse quella di
Consalvo Petrai, appose a partire dal 1812 una seconda se-
gnatura («Camaldoli 19 dicembre 1433») e aggiunse anche,
tramite un cordoncino, un cartiglio membranaceo pendente
con la medesima indicazione: «Camaldoli 19 dicembre
1433». Infine, tra il luglio 1821 e il luglio 1822 Antonio Bul-
letti appose sul documento il timbro in rosso R(egius) A(rchi-
vius) D(iplomaticus). Piegature: 3 orizzontali, l’ultima delle qua-
li di rinforzo per sostenere il sigillo pendente (rispettivamen-
te a 95, 192 e 287 mm dal margine superiore), e 2 verticali
(rispettivamente a 60 e 155 mm dal margine destro). Assen-
za di taglietti per chiudere la lettera. 2 gruppi di 2 taglietti
(rispettivamente a 93 e 118 mm dal margine destro; a 257 e
320 mm dal margine superiore) attraverso cui scorreva il cor-
doncino, ora perduto, che serviva a trattenere il sigillo pen-
dente, anch’esso perduto. Stato di conservazione molto buo-
no; leggera lacerazione lungo la ripiegatura verticale destra
in corrispondenza dei rr. 9-10, con leggero danno per il te-
sto; ulteriore lacerazione nel margine inferiore sinistro lungo
la ripiegatura di rinforzo per sostenere il sigillo pendente,
senza danno per il testo.
Si considera questo testimone l’originale della lettera effet-
tivamente spedita dal Traversari al confratello Giovanni da
Prato Vecchio, per la presenza delle piegature e dei 2 gruppi
di 2 taglietti attraverso cui scorreva il cordoncino atto a trat-
05_Catalogo 11-11-2009 16:52 Pagina 241

CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 241

tenere il perduto sigillo pendente. L’assenza dell’indirizzo del


destinatario sul verso del foglio e dei taglietti di chiusura della
lettera sembrano suggerire che la missiva fosse stata spedita in
allegato ad altri documenti, o comunque entro un involucro
che forse serviva anche a proteggere il sigillo pendente.
IARIA 2005a, pp. 589, 591-592 [a p. 591 riproduzione fotografica], 594,
596-598, 601-602 [editio princeps].

10) Firenze, Archivio di Stato, Mediceo Avanti il Principato XIII, 11


[Tav. 8]

[1432] novembre 21, Soci


Regesto: Dopo avere ribadito la propria posizione nei con-
fronti del priore del monastero camaldolese di S. Matteo di
Murano, Ambrogio Traversari lamenta con i fratelli Cosimo
e Lorenzo de’ Medici di essere stato nuovamente distolto dal
ripreso lavoro di traduzione a causa della molestissima cura
imposta dal pontefice, e sollecitata dal cardinale Giordano
Orsini, di riformare l’ordine vallombrosiano; si rammarica in-
fine di non avere ancora saldato il debito contratto con la
mensa dei Medici, ma si augura di poterlo fare al più presto.
Originale: Firenze, Archivio di Stato, Mediceo Avanti il
Principato XIII, 11. Cart.; mm 128×218. Carta italiana pri-
va di filigrana visibile; 20 vergelle occupano 20 mm; filoni
paralleli a intervalli regolari di 37 mm. Scrittura del testo
vergata da Ambrogio Traversari in corsiva all’antica, dispo-
sta su 18 righi; a r. 15 dopo moram segue meam depennato.
Nel margine superiore un archivista novecentesco ha indica-
to a matita la precedente segnatura del pezzo «XIII 12». Sul
verso l’indirizzo del destinatario è apposto dallo stesso Tra-
versari in senso perpendicolare rispetto al testo, su 4 righi.
Nel margine superiore destro probabilmente il medesimo ar-
chivista del recto ha indicato nuovamente a matita f. XIII, 12;
più in basso è stata apposta con strumento meccanico l’at-
tuale collocazione del pezzo all’interno della filza (11). Pie-
gature: 2 orizzontali (rispettivamente a 37 e 101 mm dal
margine superiore) e 3 verticali (rispettivamente a 50, 135 e
05_Catalogo 11-11-2009 16:52 Pagina 242

242 CAPITOLO QUINTO

207 mm dal margine destro). 3 gruppi di 5 taglietti (rispetti-


vamente a 7, 93 e 182 mm dal margine destro; a 14, 63, 84,
103 e 122 mm dal margine superiore) attraverso cui scorreva
il cordoncino, ora perduto, che serviva a chiudere la lettera.
Impronta di sigillo cereo aderente sul verso. Stato di conser-
vazione buono.
Si considera questo testimone l’originale della lettera ef-
fettivamente spedita dal Traversari ai fratelli Cosimo e Lo-
renzo de’ Medici, per la presenza di tracce del sigillo (ora
perduto), delle piegature, dei 3 gruppi di 5 taglietti e del-
l’indirizzo del destinatario sul verso del foglio.
LUISO 1898-1903, I, p. 42 [editio princeps]; FORTUNA-LUNGHETTI 1977, pp.
14-15, tav. VII [edizione, regesto, riproduzione]; Archivio Mediceo 1951, p. 238
[inventario]; ZACCARIA 1988, p. 225.

11) Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Documenti del Concilio 1

1439 luglio 6, Firenze


Regesto: Il pontefice di Roma Eugenio IV, col consenso
dell’imperatore bizantino Giovanni VIII Paleologo e dei pa-
triarchi d’Oriente, celebra l’avvenuta riunificazione tra le
Chiese latina e greca al termine del concilio ecumenico te-
nuto a Firenze, in cui entrambe le parti, dopo lunga e la-
boriosa indagine, hanno convenuto che lo Spirito Santo pro-
cede eternamente dal Padre e dal Figlio; che l’aggiunta del-
la voce Filioque al Simbolo è stata fatta lecitamente; che col
pane di frumento, tanto azzimo quanto fermentato, si con-
sacra realmente il corpo di Cristo; che le anime di coloro
che muoiono veramente pentiti, ma senza avere soddisfatto
alla pena temporale dovuta ai loro peccati, vengono sotto-
poste alle pene del Purgatorio per poi accedere alla gloria dei
cieli, ove contemplano Dio in modo più o meno perfetto se-
condo i loro meriti; infine, che il pontefice di Roma, suc-
cessore di Pietro e vero vicario di Cristo, detiene il primato
sull’universo mondo, e a lui seguono nell’ordine il patriarca
di Costantinopoli, di Alessandria, di Antiochia e di Gerusa-
lemme, fatti salvi i loro privilegi e diritti.
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 243

Originale: Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Do-


cumenti del Concilio 1. Membr.; 703×792 mm. Testo bilin-
gue su due colonne affiancate. Il testo latino del decreto è
vergato sulla colonna di sinistra in elegante minuscola can-
celleresca, su 41 righi; seguono, dopo la sottoscrizione e la
rota papali, le sottoscrizioni di 116 prelati della Chiesa d’Oc-
cidente, disposte l’una sotto l’altra su quattro colonne; al pri-
mo rigo della terza colonna dei testimoni latini si legge an-
che la sottoscrizione autografa di Ambrogio Traversari, in
corsiva all’antica: «Ego Ambrosi(us) g(e)n(er)alis ord(in)is ca-
maldulen(sium) s(ub)s(cripsi)». Il testo greco del decreto è ver-
gato su 44 righi sulla colonna di destra in elegante minuscola
corsiva, che indulge solo di rado a svolazzi cancellereschi; se-
guono, dopo la sottoscrizione imperiale in inchiostro cinabro,
le sottoscrizioni di 32 prelati della Chiesa d’Oriente, dispo-
ste l’una di seguito all’altra su un’unica colonna. Sul verso del-
la pergamena, attualmente non visibile a causa della cornice
entro cui essa è conservata, MILANESI 1857, p. 23 leggeva B.
Palavicinus. In calce alla colonna latina pende la bolla plum-
bea del pontefice romano Eugenio IV; in calce a quella gre-
ca il sigillo aureo dell’imperatore bizantino Giovanni VIII
Paleologo. Stato di conservazione buono; inchiostro legger-
mente evanido.
Si considera questo documento il primo e più autorevole
dei cinque originali del decreto d’unione Laetentur coeli tra le
Chiese d’Oriente e d’Occidente, solennemente proclamato a
Firenze in data 6 luglio 1439, durante i lavori del concilio
(cfr. già MILANESI 1857, pp. 24-28).
MILANESI 1857, pp. 16, 18-19, 22-28; CARRA DE VAUX 1897, pp. 14-18;
PELLEGRINI 1913, pp. 16-19; HOFMANN 1935, pp. 5, 9-25 [edizione di testo
greco e latino]; CHIARONI 1938, pp. 76-91 [edizione di testo greco e latino],
92-96 [traduzione italiana], 106, tav. IX [riproduzione fotografica]; Mostra del
libro mediceo 1939, p. XXIII, n. 125; HOFMANN 1938, pp. 10 e 9-10 [riprodu-
zioni fotografiche]; HOFMANN 1940, pp. 62-63, 66, 68; HOFMANN 1944, pp.
68-79 [edizione di testo greco e latino]; SOTTILI 1984, p. 709; Biblioteca Me-
dicea Laurenziana 1986, p. 28; FRIGERIO 1988, pp. 36-37, fig. 13 [riproduzio-
ne fotografica]; GAMILLSCHEG 1989, p. 307; VITI 1994, II, p. 944, n. 49 (a).
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244 CAPITOLO QUINTO

12) Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 46. 7

Inizi XI sec.; membr.; mm 330×250; cc. 185 + I’.


Copiato in littera antiqua d’oltralpe da una pluralità di ma-
ni degli inizi dell’XI secolo, che si susseguono anche nel cor-
so della medesima pagina. Numerose correzioni marginali,
sia coeve che umanistiche. In particolare, POMARO 1979, pp.
112-113 suggerisce che il codice sia stato rivisto da Giovan-
ni Aurispa fino a c. 142v (Quintiliano, Institutiones oratoriae, I-
IX) e da Ambrogio Traversari limitatamente alle cc. 143r-
156v (Quintiliano, Institutiones oratoriae, X). Le inserzioni gre-
che originarie sono in maiuscole d’imitazione, di stampo
ancora medievale.
Contiene Quintiliano, Institutiones oratoriae. È copia di H
(Harleianus 2664), a sua volta copia di Bg (Bambergensis M.
IV. 14): cfr. WINTERBOTTOM 1967, p. 353, 369. Da esso fu-
rono tratte poche copie, di cui fornisce l’elenco WINTERBOT-
TOM 1967, p. 354.

Provenienza Strasburgo. Appartenne al vescovo della cit-


tà, Werinharius I († 1028), che lo donò alla cattedrale di No-
tre-Dame: «Werinharius episcopus dedit sanctæ Mariæ» (c.
1v). Nel 1372 si trovava ancora a Strasburgo, come attesta
la nota sull’ultima carta del codice: «Nota quod LXXXXI li-
bri sunt in catenis in dornitorio [sic] ecclesiae Arg(e)nt(ora-
tensis) III nonas Juli anno Domini MCCCLXXII. Praesen-
tatum sunt michi He(n)rrico per Ha(m)ma(n)nu(m) dictum
Ans(er)helm(um) dormitt(o)riu(m) tunc temporis ecclesiae
Arg(e)nt(oratensis)». Fu in seguito riscoperto in quella stessa
città dagli umanisti, anche se i pareri in proposito sono di-
scordi: SABBADINI 1892, pp. 307-317 (seguito poi da SCHMIDT
1974, pp. 122, 292) identificò il manoscritto col secondo
Quintiliano ritrovato da Poggio tra il 1416 e il 1418, ma in
seguito lo stesso SABBADINI 1967, pp. 116-117 (seguito anche
da WINTERBOTTOM 1967, p. 353, nota 5) ritenne più pro-
babile che il volume fosse stato riscoperto nel 1433 insieme
alla Phoenix di Lattanzio. La cronologia delle mani umanisti-
che presenti sui margini del manoscritto sembra confortare
piuttosto la seconda ipotesi. Sulle diverse ipotesi di ritrova-
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 245

mento del Quintiliano di Strasburgo cfr. la sintesi di DANE-


LONI 2001, pp. 39-42, nota 1. Intorno al 1440-1450 il codi-
ce entrò a fare parte della biblioteca di Pietro figlio di Co-
simo de’ Medici insieme a un cospicuo gruppo di manoscritti
dei secoli XI-XIII (tra cui anche il Laurenziano Plut. 51. 8).
Fu registrato nell’inventario di Pietro del 1456 (n. 16), ma ri-
sulta assente dal successivo inventario del 1464-1465, poiché
fu sostituito nella Medicea privata dal Quintiliano Lauren-
ziano Plut. 46. 13. Presenta a c. 185v l’ex-libris di tipo II Li-
ber Petri de Medicis Cos. fil. (cfr. AMES-LEWIS 1984, p. 97).

BANDINI 1774-76, II, coll. 382-384; SABBADINI 1892, pp. 307-317; SABBADI-
NI 1967, pp. 116-117; WINTERBOTTOM 1967, pp. 353-355; SABBADINI 1971, pp.
293-294; DE LA MARE 1973, pp. XVI, 65, nota 7; SCHMIDT 1974, pp. 122, 292;
COUSIN 1975, pp. 28-29, 54, 57, 64, 109, 111, 118; QUINTILIANO, Institutio ora-
toria, 1975-80, I, pp. CIX-CXI; POMARO 1979, pp. 112-113; BISCHOFF 1981, p.
46; AMES-LEWIS 1982, p. 120; GAVINELLI 1983, pp. 2, 24; REYNOLDS 1983, pp.
67, 106, 333; AMES-LEWIS 1984, pp. 97, 354, n. 112, 369, 403; FERRARI 1984,
pp. 292, 295, 296, nota 153; Biblioteca Medicea Laurenziana 1986, p. 76, tav.
XXX; THIERMANN 1987, p. 66; MUNK OLSEN 1991, p. 63; CACIOLLI 1994, pp.
604, 631; VALLA, Postille, 1996, p. XXX; Vedere i classici 1996, p. 377; DANELO-
NI 2001, pp. 39-52 e passim; PETITMENGIN-CICCOLINI 2005, p. 252.

13) Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 46. 13 [Tav. 9]

1417-1418 ca.; membr.; mm 270×210; cc. I + 340 + I’.


Copiato in scrittura all’antica su base cancelleresca da Gio-
vanni Aretino (cfr. DE LA MARE 1973, p. 49, nota 2), con pas-
si greci aggiunti in piccola onciale da Ambrogio Traversari
(cfr. POMARO 1979, pp. 110-112). Titulum iniziale e notabilia
marginali di Giovanni Andrea da Colonia (cfr. DE LA MARE
1992, pp. 124, 150). Inoltre, fino a c. 223v, i margini e gli in-
terlinei del manoscritto sono disseminati di numerose note e
correzioni sia in greco che in latino, apposte da una mano
corsiva più tarda (cfr. ad es. cc. 12r-v, 14r-v, 15r-v, 16v, 17r-v,
26r-v ... 147r-v, 148r-v, 149r-v, 150r-v, 151r-v, 152r-v etc.).
Maiuscole iniziali ornate a bianchi girari, in giallo paglie-
rino su fondo blu, rosso e verde (cc. 1r, 35r, 63r, 91r, 115r,
149v, 172v, 197v, 223v, 260v, 284v, 315v).
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246 CAPITOLO QUINTO

Contiene Quintiliano, Institutiones oratoriae.


Provenienza medicea. Secondo POMARO 1979, pp. 110-
112 si tratterebbe del «Quintiliano di lettera antica» che
compare al n. 29 dell’inventario di Cosimo de’ Medici del
marzo 1417-1418 (cfr. PINTOR 1960, p. 198; DE LA MARE
1992, p. 124). Alla morte di Cosimo (1464), il manoscritto
passò in eredità al figlio Pietro, che lo sostituì al Quintiliano
Laurenziano Plut. 46. 7. Presenta un’incerta nota di posses-
so a c. 340v (Liber Petri de Memedicis Cos. F.), con dittografia
in Memedicis già segnalata da AMES-LEWIS 1984, p. 47. L’ex-
libris di tipo III fu apposto su tutti i manoscritti che com-
paiono per la prima volta nell’inventario di Pietro del 1464-
1465 (cfr. AMES-LEWIS 1984, p. 131).
BANDINI 1774-76, II, col. 385; SABBADINI 1892, pp. 311-314; PINTOR 1960,
p. 198; WINTERBOTTOM 1967, p. 355; DE LA MARE 1973, p. 49, nota 2; COU-
SIN 1975, pp. 57, 114, 120, 124; POMARO 1979, pp. 110-112; NICOLAJ PE-
TRONIO 1981, p. 7; AMES-LEWIS 1982, p. 133; AMES-LEWIS 1984, pp. 47, 131,
261, n. 24, 382, 409; DE HAMEL 1987, p. 220; DAVIES 1988, p. 26; POMARO
1988, p. 245; DE LA MARE 1992, pp. 124, 128, 150, tav. 4 (a); CACIOLLI 1994,
pp. 604, 631; DANELONI 2001, pp. 72-73 e passim.

14) Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 48. 34 [Tav. 10]

1403-1408 ca.; membr.; 280×205 mm; cc. II + 88.


Interamente copiato da Poggio Bracciolini agli inizi del
Quattrocento, ad eccezione dei fogli attualmente numerati
37v-44r, che rappresentano un restauro testuale successivo
(1430-1440 ca.) di altra mano. DE LA MARE 1973, p. 76, n.
5 ha proposto dubitativamente di identificare in Ambrogio
Traversari l’artefice del restauro, che avrebbe aggiunto anche
due lunghi inserti rispettivamente a c. 20v e a c. 57r. In pre-
cedenza, il manoscritto era stato interamente corretto da Nic-
colò Niccoli, nella sua tarda e caratteristica scrittura, nonché
dallo stesso Poggio parecchi anni dopo la stesura del testo.
Ritengo tuttavia estremamente improbabile che nell’antiqua
delle cc. 37v-44r possa essere riconosciuta la mano matura del
Traversari, mentre sembrano decisamente autografe le due
lunghe aggiunte alle cc. 20v e 57r. Qui il Camaldolese usa
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 247

una scrittura notulare mista, in cui accanto alle legature più


schiettamente corsive ricorrono elementi tipici dell’antiqua po-
sata, come la restituzione del nesso et anche in corpo di pa-
rola e l’uso frequente di a onciale. Ritorna piuttosto spesso la
s spostata nell’interlineo, quando si trova in fine di parola.
Maiuscole iniziali ornate a bianchi girari, in giallo tenue
su fondo blu, rosso e verde (cc. 1r, 7r, 24r, 30r, 32r, 45r, 48v,
53v, 56r, 60r, 66v, 71v, 80r). Maiuscola iniziale ornata a bian-
chi girari di tipo diverso dalle altre, in giallo paglierino su
fondo blu, rosa e verde (c. 41v).
Contiene Cicerone, Philippicae.
Provenienza sconosciuta.
BANDINI 1774-76, II, col. 458; DE LA MARE 1973, pp. 49, nota 7, 70-71,
74, nota 4, 76, n. 5; DE LA MARE 1977, p. 94, nota 15; BERNASCONI 1993,
pp. 68, 82 e nota 57, 84, fig. 22, 85, 85, fig. 24, 87, 88, fig. 26, 89 e nota
71, 92, 93 e nota 83, 96, 100; CECCANTI 1993-96, p. 12 e fig. 2.

15) Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 51. 8 [Tav. 11]

Inizi XII sec.; membr.; mm 240×175; cc. I + 127 + II’.


Copista anonimo degli inizi del XII secolo, che usa una
scrittura di transizione dallo stato grafico antico a quello mo-
derno, autore anche di una prima serie di marginalia. Revi-
sione complessiva del testo ad opera di Niccolò Niccoli (at-
tribuzione proposta da DE LA MARE 1977, p. 91, nota 1, tav.
I). Inserzioni greche corsive, nelle sole cc. 1r-63r (Macrobio,
Saturnalia, I-III), di Ambrogio Traversari (identificazione di
POMARO 1979, pp. 113-114). Sporadiche note corsive, di ma-
no anonima, eseguite con inchiostro molto sbiadito e penna
sottile (cfr. ad es. le cc. 1v, 9r, 50r, 102r, 113v).
Contiene Macrobio, Saturnalia. È testimone primario di
una recensione distinta tanto dal gruppo B quanto dal grup-
po P (cfr. LA PENNA 1953, pp. 231-234), nonché modello di-
retto o indiretto di quasi tutti i manoscritti fiorentini dei Sa-
turnalia: Laurenziano Plut. 51. 12, Laurenziano Edili 166,
Riccardiano 515, Laurenziano Plut. 65. 36 (cfr. LA PENNA
1953, pp. 247-249).
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248 CAPITOLO QUINTO

Provenienza medicea. L’ex-libris di tipo II a c. 127v Liber


Petri de Medicis Cos. Fil. (cfr. AMES-LEWIS 1984, p. 97) ne at-
testa l’appartenenza a Pietro figlio di Cosimo de’ Medici, che
lo acquistò forse intorno al 1440-1450 insieme a un cospicuo
gruppo di manoscritti dei secoli XI-XIII (tra cui anche il
Laurenziano Plut. 46. 7) e lo registrò già nell’inventario del
1456 (n. 18), nonché in quello del 1464-1465 (n. 14). In pre-
cedenza, faceva forse parte della biblioteca del convento fran-
cescano di S. Croce, come suggerisce la nota, molto sbiadi-
ta, a c. 1v: ad usum fratrum minorum.
BANDINI 1774-76, II, coll. 528-529; LA PENNA 1953, pp. 231-234, 241,
247-249; DE LA MARE 1973, p. XVI; DE LA MARE 1977, p. 91, nota 1, tav. I;
POMARO 1979, pp. 113-114; AMES-LEWIS 1982, pp. 120, 133; AMES-LEWIS
1984, pp. 97, 356, n. 116, 369, 382, 403, 409; CACIOLLI 1994, p. 631.

16) Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 54. 30 [Tav. 12]

1425 ottobre 1; membr.; mm 330×240; cc. III + 207 + III’.


Copiato in antiqua posata da Antonio di Mario, come atte-
sta la sottoscrizione a c. 207r: «Antonius Marii filius Floren-
tinus transcripsit Florentiae I Kalendas Octobris
MCCCCXXV quo tempore nostra respublica pro tuenda li-
bertate ardens atque acre bellum cum duce Mediolanensi pa-
tiebatur. Valeas qui legis». Prima serie di marginalia di ma-
no dello stesso (cfr. ad es. cc. 13v, 27v, 28r, 30v, 31r-v, 32r-v,
35v, 38r-v, 40r-v, 41r-v, 42r-v, 43r-v etc.). Sporadiche note
quattrocentesche, eseguite con penna sottile e inchiostro più
chiaro, ad es. alle cc. 9r, 11r, 17r, 46r, 67r. Inserzioni greche
in piccola onciale e alcune correzioni al testo latino di Am-
brogio Traversari (attribuzione proposta da POMARO 1979, p.
114). Poche le note di altre mani.
Maiuscole iniziali ornate a bianchi girari, in oro su fondo
blu (cc. 2r, 18v, 34r, 44v, 54r, 64r, 72r, 84v, 94r, 106r, 114r,
124r, 139v, 149r, 159r, 169r, 183r, 189v, 198v).
Contiene Aulo Gellio, Noctes Atticae.
Provenienza medicea. Fu ceduto da Cosimo de’ Medici al
figlio Pietro ante 1456, dal momento che in questa data ri-
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 249

sulta già inventariato tra i manoscritti di quest’ultimo (n. 17).


Compare anche nell’inventario del 1464-1465 (n. 21). Pre-
senta l’ex-libris di tipo II Liber Petri de Medicis Cos. Fil. (cfr.
AMES-LEWIS 1984, p. 100).
BANDINI 1774-76, II, coll. 681-682; ULLMAN 1960, p. 100; POMARO 1979,
p. 114; AMES-LEWIS 1982, pp. 120, 133; AMES-LEWIS 1984, pp. 100, 280, n.
42, 369, 382, 403, 409; DEROLEZ 1984, II, p. 51; DE LA MARE 1985, p. 482;
POMARO 1988, p. 245; DE LA MARE 1992, pp. 130-131, 152; CACIOLLI 1994,
p. 631; CAVAZZA 1999, p. 81 e passim.

17) Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 69. 35 [Tav. 13]

1419; membr.; mm 235×205; cc. II + 246 + II’.


Copiato in minuscola tardo-tricliniana da Demetrio Sca-
rano (identificazione proposta da SOTTILI 1984, pp. 730-745),
a cui Ambrogio Traversari commissionò il lavoro nel 1419
(cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 12 = vol. II, col. 289).
Prima serie di correzioni e integrazioni tratte dall’antigrafo,
sempre di mano del copista. Ulteriore serie di marginalia in
minuscola tardo-tricliniana di Ambrogio Traversari, che col-
lazionò il manoscritto con un volume portato da Costanti-
nopoli da Antonio di Massa (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759,
VI, 23 = vol. II, coll. 305-306) e con uno prestatogli da Leo-
nardo Giustiniani nel 1425 (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759,
VI, 27 = vol. II, col. 310; AURISPA, Carteggio, 1931, XVIIII
= p. 28). Non è sicuro che si debba riconoscere sui margini
del manoscritto una terza mano accanto a quella dello Sca-
rano e del Traversari (così invece MARTINI 1897, p. 164 se-
guito da DONZELLI 1960, p. 172).
Contiene Diogene Laerzio, Vitae philosophorum (cc. 172r me-
tà-172v in bianco, in corrispondenza con la fine di Diogene
Laerzio, Vitae philosophorum, VII). Fu a base della versione la-
tina di Ambrogio Traversari (conservata nell’autografo di la-
voro Laurenziano Strozzi 64), come ha dimostrato per la pri-
ma volta e in via definitiva SOTTILI 1984, pp. 730-745.
BANDINI 1764-70, II, coll. 649; USENER 1887, p. XI, XIV, nota 4; MARTINI
1899, pp. 95, 162-169; BIEDL 1955, pp. 15, 110; DONZELLI 1960, pp. 171-173,
190-191; BRANCA 1981, p. 186; SOTTILI 1984, pp. 730-745; CESARINI MARTI-
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250 CAPITOLO QUINTO

NELLI 1985, p. 464; GIGANTE 1988, pp. 372, 378, 422-424, 426-428, 433, 450,
454, 456-457; GENTILE 1990, p. 93; DORANDI 1992, p. 121; PONTANI 1994,
p. 763, nota 32; DIOGENE LAERZIO, Vitae philosophorum, 1999, I, p. XIII; PETIT-
MENGIN-CICCOLINI 2005, pp. 297-298, n. 324, 320, n. 73, 350.

18) Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, San Marco 281 [Tav. 14]

1422-1423; membr.; mm 283×196; cc. I + 196 + I’.


Copiato in bastarda all’antica da Niccolò Chianigiani, che
sottoscrive a c. 196r: «M. Fabii Quintiliani Institutionum ora-
toriarum ad Victorium Marcellum liber duodecimus et ultimus
explicit. Scriptus et redintegratus a me Nicolao de Chianigia-
nis cive pisano dum Pisis grammaticam legerem, ob quam in-
tegrationem quaternos dispares pro quantitate scripturae opor-
tuit colligare, nec dubitandum expedit deesse cartam seu capi-
tulum. Sub anno domini millesimo quadringentesimo vigesimo
tercio pro consuetudine pisarum». Al copista devono essere ri-
condotte anche una prima serie di annotazioni marginali (cfr.
ad es. cc. 4v, 5r etc.) e le singole parole greche a testo (cfr.
ad es. cc. 11v, 12r, 14r, 15v, 16r-v, 17r, 20r, 22v, 31r etc.). Pas-
si greci emendati in corsiva da Ambrogio Traversari (identifi-
cazione proposta da POMARO 1979, p. 112). Completa revi-
sione, sia per la parte latina che per quella greca, di Giorgio
Antonio Vespucci (identificazione proposta da POMARO 1979,
p. 112). Poche le note di altre mani.
Maiuscole iniziali ornate a bianchi girari, in oro su fondo blu
(cc. 4r, 4v, 23r, 37r, 51v, 64r, 83r, 95r, 107v, 121v, 145r, 159v,
179v).
Contiene Quintiliano, Institutiones oratoriae. Presenta un te-
sto misto, derivato dalla collazione di un manoscritto mutilo
fiorentino con un secondo esemplare contente una recensio-
ne umanistica (Niccolò Niccoli? Leonardo Bruni?) della pri-
ma trascrizione inviata a Firenze da Poggio Bracciolini: cfr.
WINTERBOTTOM 1967, pp. 348-351.
Appartenne a Giorgio Antonio Vespucci, che lo donò, al
momento della sua professione come frate domenicano nel
1499, al convento di S. Marco, dove infatti risulta registrato
05_Catalogo 11-11-2009 16:52 Pagina 251

CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 251

al n. 896 del catalogo del 1499-1500 (cfr. ULLMAN-STADTER


1972, p. 230).
KRISTELLER 1963, p. 76a; WINTERBOTTOM 1967, pp. 345, 348-351; COU-
SIN 1975, pp. 87-88; POMARO 1979, p. 112; CACIOLLI 1994, pp. 604, 631;
GALLORI 1995, pp. 216, 220; GALLORI-NENCIONI 1997, pp. 175, 178, 226;
FABBRI-TACCONI 1997, p. 153; DANELONI 2001, pp. 73-74 e passim; PETIT-
MENGIN-CICCOLINI 2005, p. 255, n. 66.

19) Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Strozzi 64 [Tav. 15]

1424-1433; cart. (filigrane riconoscibili: simile a BRIQUET


7676 Huchet = Assisi, 1401 e a BRIQUET 6676 Fleur = Fano,
1365 alle cc. 1-30; simile a BRIQUET 7374 Fruit = Firenze,
1345-1354 a c. 42; simile a BRIQUET 7420 Fruit = Firenze,
1371-1372 alle cc. 49-56); mm 300×210; cc. XII + 130 + VII’.
Autografo di lavoro, ricco di correzioni e aggiunte, in cor-
siva all’antica di Ambrogio Traversari. Di mano del tradut-
tore sono anche le singole parole greche a testo e il greco
dei componimenti in versi aggiunti a margine o in calce al-
la pagina in Diogene Laerzio, Vitae philosophorum, I, II, III
(inizio), X. Non sono invece autografe l’epistola di dedica a
Cosimo de’ Medici e le numerose note marginali che segna-
lano i nomi propri di persona o appongono sintetici titula.
Contiene Diogene Laerzio, Vitae philosophorum, nella tradu-
zione di Ambrogio Traversari. Principale modello greco del-
la versione fu il Laurenziano Plut. 69. 35 (cfr. SOTTILI 1984,
pp. 730-745).
Provenienza Strozzi. Appartenne infatti a Carlo di Tom-
maso Strozzi, secondo quanto testimonia la nota a c. IXr: Del
Senatore Carlo di Tomaso Strozzi. 1670.
MEHUS 1759, I, pp. CCCXCII sgg.; BANDINI 1791-93, II, col. 400; Mostra di
autografi 1979, p. 7, n. 16; POMARO 1979, p. 109, nota 2; SOTTILI 1984, p. 708;
FRIGERIO 1988, p. 40, fig. 20, p. 203; GIGANTE 1988, p. 372; VITI 1988, p.
492; GENTILE 1990, pp. 79, nota 91, 92-93; ELEUTERI-CANART 1991, pp. 150-
152; WILSON 1992, p. 168, nota 33; CACIOLLI 1994, pp. 629-630; DI BENE-
DETTO 1997, p. 591, nota 3; VERINO, Epigrammi, 1998, p. 73; VITI 1999, p. 38.
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252 CAPITOLO QUINTO

20) Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. da ordi-


nare, Badia 4 [Tav. 16]

1419-1439; cart.; diversi formati; pp. 298.


Volume miscellaneo, contenente gli originali delle missive
spedite da cardinali, vescovi, abati, monaci e altri a Gome-
zio, abate della Badia Fiorentina, oltre ad alcune risposte del-
lo stesso. L’assetto codicologico attuale, dovuto probabilmen-
te a un assemblaggio sette-ottocentesco, è piuttosto curioso:
di norma, più epistole sono rifilate e incollate insieme a co-
stituire una pagina; le pagine a loro volta, nonostante le dif-
ferenze di formato, sono rilegate insieme in forma di libro.
Pluralità di mani, di norma corsive, ma anche più decisa-
mente posate (bastarde). Gli interventi autografi di Ambrogio
Traversari sono costituiti dalle prime due lettere incollate nel-
la parte superiore delle pp. 163 (per quanto riguarda il recto)
e 164 (per quanto riguarda il verso).
Pp. 163-164 (a). Cart.; mm 30×215 (dopo rifilatura). Car-
ta italiana senza filigrana visibile; 20 vergelle occupano 18
mm, filoni non distinguibili. Scrittura del testo sul recto vergata
da Ambrogio Traversari in corsiva all’antica, disposta su 4 ri-
ghi. Nell’angolo superiore destro del recto la mano dell’autore
dell’assemblaggio sette-ottocentesco ha indicato il numero di
pagina coincidente con l’attuale (163). Nel margine destro
un’altra mano ha apposto a matita una diversa numerazione
(221). Sul verso l’indirizzo del destinatario è apposto dallo stes-
so Traversari in senso perpendicolare rispetto al testo, su 2 ri-
ghi. La medesima mano del recto ha indicato il numero di pa-
gina coincidente con l’attuale (164). Tracce di 3 piegature
verticali (rispettivamente a 35, 100 e 165 mm dal margine de-
stro). Assenza di taglietti per chiudere la lettera. Impronta di
sigillo sul verso. Stato di conservazione non buono.
Pp. 163-164 (b). Cart.; mm 55×215 (dopo rifilatura). Car-
ta italiana senza filigrana visibile; 20 vergelle occupano 22
mm, filoni non distinguibili. Scrittura del testo sul recto vergata
da Ambrogio Traversari in corsiva all’antica, disposta su 8 ri-
ghi. Al termine del testo di mano del Traversari una mano
coeva ha aggiunto un appunto interrotto (forse l’abbozzo ini-
05_Catalogo 11-11-2009 16:52 Pagina 253

CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 253

ziale di una nota di risposta) e alcune prove di penna, che


sembrano suggerire un riuso del foglio. Sul verso l’indirizzo del
destinatario è apposto dallo stesso Traversari in senso per-
pendicolare rispetto al testo, su 2 righi. Sono inoltre presenti
4 distinte prove di penna di mani coeve. Tracce di 1 piega-
tura orizzontale (a 20 mm dal margine superiore) e di 2 pie-
gature verticali (rispettivamente a 70 e 150 mm dal margine
destro). Assenza di taglietti per chiudere la lettera. Assenza di
tracce di sigillo. Stato di conservazione non buono.

MERCATI 1939, pp. 29-33 [editio princeps alle pp. 32-33], 50, nota 8; KRI-
STELLER 1963, p. 165a; MANFREDI 1988, p. 178, nota 47; KRISTELLER 1990,
p. 594a.

21) Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. B. IV.


2609 [Tav. 17]

1414 gennaio 16 (st. nativ.); membr.; mm 295×210; cc. II +


149 (numerate da 1 a 147 a causa di una carta non numerata
tra le cc. 2 e 3, e di due carte consecutive numerate 92) + I’.
Copiato in antiqua posata da Ambrogio Traversari, come
attesta la sottoscrizione a c. 147r: «Firmiani Lactantii Insti-
tutionum adversus gentiles liber septimus et ultimus explicit
feliciter. Scripsit Ambrosius monachus, complevitque XVII
kl. februarias, anno a nativitate Domini millesimo quadrin-
gentesimo quartodecimo». Allo stesso andranno ricondotte
anche le isolate parole greche vergate inter scribendum (cc. 67v,
68r-v, 72v). I brani greci inseriti a testo, con relativa tradu-
zione interlineare, sono invece di Guarino Veronese (identi-
ficazione di POMARO 1979, p. 106), ad eccezione della tra-
duzione interlineare in Lattanzio, Divinae institutiones, VII, ag-
giunta più tardi da un’anonima mano quattrocentesca.
Numerose le postille marginali di diverse mani: una è certa-
mente quella del Traversari; un’altra, anonima, ha effettuato
una completa revisione del testo; poche infine le note di al-
tre mani.
Maiuscole iniziali ornate a bianchi girari, in oro su fondo
blu, rosso e verde (cc. 1r, 24v, 43v, 65r, 86v, 104r, 127v).
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254 CAPITOLO QUINTO

Contiene Lattanzio, Divinae institutiones.


Provenienza Firenze, monastero di S. Maria degli Angeli.
In seguito, appartenne forse ad Antonio Corbinelli, dalla cui
raccolta sarebbe poi passato nella biblioteca della Badia Fio-
rentina, anche se è anomala l’assenza della sigla quattrocen-
tesca A. C., da cui sono rigorosamente contrassegnati tutti i
volumi appartenuti al Corbinelli (cfr. A. DANELONI in Uma-
nesimo e Padri 1997, p. 182). In ogni caso, il manoscritto en-
trò ben presto a far parte della biblioteca della Badia Fio-
rentina, perché alle cc. 1v e 147v sono indicate da mani
quattro-cinquecentesche varie note di possesso della Badia. In
esse il volume è contrassegnato con la stessa segnatura del
catalogo cinquecentesco, cioè con il n. 489 (per il catalogo
cinquecentesco si veda BLUM 1951, p. 138).
MEHUS 1759, I, p. CCCLXXXVII; DINI-TRAVERSARI 1912, p. 118; BLUM
1951, p. 138; SOTTILI 1965, p. 4; POMARO 1979, pp. 105-107, tav. I, 1-2;
SOTTILI 1984, p. 709; GIGANTE 1988, p. 374; POMARO 1988, pp. 237-239,
254-257, 264, 270, 272, 274-275, 277-281, 283, 285, tav. I, a-b; ELEUTERI-
CANART 1991, pp. 154-156; CACIOLLI 1994, p. 625; A. DANELONI in Umane-
simo e Padri 1997, p. 182 (scheda 18); ROLLO 2004a, p. 57.

22) Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. G. IV.


844 [Tav. 18]

1424-1431 ca.; cart. (filigrane riconoscibili: simile a BRI-


QUET 7420 Fruit = Firenze, 1371-1372 alle cc. 2-5 e 53-62;
simile a BRIQUET 7676 Huchet = Assisi, 1401 alle cc. 63-70
e 79-80; simile a BRIQUET 3173 Cercle = Fano, 1380 alle cc.
39 e 71-78; simile a BRIQUET 6676 Fleur = Fano, 1365 alle
cc. 91-99 e 108-109; simile a BRIQUET 7374 Fruit = Firenze,
1345-1354 alle cc. 101-106); mm 285×195; cc. II + 114 (nu-
merate da 1 a 113 a causa di due carte consecutive nume-
rate 39 e 39bis) + I’.
Autografo di lavoro, con correzioni e aggiunte, in corsiva
all’antica di Ambrogio Traversari.
Manoscritto composito. Contiene, nella traduzione di Am-
brogio Traversari: Paradisus animae (cc. 1r-8r); Giovanni Mosco,
Pratum spiritale (cc. 9r-82v); dieci capitoli di argomento agio-
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 255

grafico aggiunti al Pratum spiritale: De sanctis patribus Raithu (cc.


83r-84v), De beato Marco Salo (c. 85r-v), De abbate Daniele (c. 86r-
v), De beato Eulogio Latomo (cc. 86v-89v), De patricia Anastasia (c.
90r-v), De senatrice quae in deserto Iordanis vitam duxit heremiticam
(cc. 90v-93r), De canonica sancta muliere (cc. 93r-94v), Septem ca-
pitula quae misit abbas Moyses abbati Pemeni quae qui observat libe-
ratur ab omni cruciatu et requiem invenit ubicumque fuerit, sive in so-
litudine sive in conventu fratrum (c. 95r-v), Item alia eiusdem de vir-
tutibus capitula (cc. 95v-96r), Abbatis Zosimae dicta (cc. 96r-104r;
c. 104r Explicit liber sanctorum ac venerabilium patrum qui dicitur spi-
ritale pratum); Abbatis Ammonis capitula utilia numero decem et novem
(cc. 104r-107r); Simeone Metafrasta, Vita Sancti Patris Danielis
Stylitae, lasciata incompleta dal Traversari stesso (cc. 107v-
111r); Vita Sanctorum Eugeniae, Proti et Hyacinti (cc. 112r-113v),
mutila per danno meccanico all’inizio e alla fine. Fonte gre-
ca delle traduzioni traversariane sembrerebbe l’attuale Lau-
renziano Plut. 10. 3 (cfr. MIONI 1950, pp. 327-329).
Provenienza Firenze, monastero di S. Maria degli Angeli,
dove risulta ancora registrato nel catalogo del 1729 (n. L. II.
35): cfr. BALDELLI CHERUBINI 1972, p. 37. A c. Iv si legge in-
fatti la nota di possesso: «Iste liber est Monasterii Sancte Ma-
rie de Angelis». Una nota analoga, ma di mano diversa, è a
c. I’r: «Iste liber est Monasterii Sancte Marie de Angelis de
Florentia Ordinis Camaldulensium». Si presentava già mutilo
nel 1905, come attesta la nota a c. 113v: «Addì 17 giugno
1905. Riscontrato. Consta di carte 113, non comprese le due
guardie (membranacee), delle quali è scritta quella in princi-
pio e bianca quella in fine. È mutilo in varie parti. L. A.».
MEHUS 1759, I, pp. CCCCXXIII-CCCCXXIV; DINI-TRAVERSARI 1912, pp.
130-131; MIONI 1950; KRISTELLER 1963, p. 160a; SOTTILI 1965, pp. 3-4, 14;
BALDELLI CHERUBINI 1972, p. 37; FRIGERIO 1988, p. 47, fig. 27, p. 204; GI-
GANTE 1988, p. 374; FYRIGOS 1988, pp. 477, 480; CACIOLLI 1994, p. 622; A.
DANELONI in Umanesimo e Padri 1997, pp. 196-199 (scheda 25), tav. 25.

23) Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. J. VI. 6


[Tav. 19]

1429-1432 ca.; cart. (filigrane identificate: simile a BRI-


QUET 7676 Huchet = Assisi, 1401 alle cc. 1-9, 18-36, 47-102,
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256 CAPITOLO QUINTO

119-129 e 142-156; simile a BRIQUET 11662 Monts = Firen-


ze, 1432 alle cc. 37-46; simile a BRIQUET 792 Arc = Paler-
mo, 1406 alle cc. 115-116 e 131-141); mm 290×200; cc. II
+ 158 + I’.
Copiato da tre mani distinte. Cc. 1r-65r: mano sconosciu-
ta corsiva, che il Mehus propose di identificare prima con
Michele monaco (MEHUS 1759, I, p. XXXII), poi con Grego-
rio da Vicenza (MEHUS 1759, I, pp. CCCC-CCCCI). Cc. 65v-
88v (r. 12): Niccolò Niccoli in corsiva all’antica. Cc. 88v (r.
13)-155v: Ambrogio Traversari in corsiva all’antica, che se-
guì da vicino anche la confezione delle due sezioni non au-
tografe, come suggeriscono il titolo di c. 1r («Sancti Iohan-
nis Chrysostomi Expositio in Epistola beati Pauli Apostoli ad
Titum incipit feliciter»), vergato dal Traversari in maiuscola
capitale, e alcune correzioni da lui apposte qua e là sui mar-
gini e negli interlinei di tutto il codice.
Manoscritto composito. Contiene, nella traduzione di Am-
brogio Traversari, le seguenti opere di Giovanni Crisostomo:
le sei omelie sull’epistola di Paolo a Tito (cc. 1r-29v); l’argu-
mentum e le diciotto omelie sulla I epistola a Timoteo (cc. 30r-
102r), ultimate il 31 ottobre 1432 (cfr. nota a c. 102r: «Ab-
solvi II kl. Novembris in nostro monasterio Fontis Boni. An-
no Domini 1432»); le prime tre epistole alla sorella Olimpiade
(cc. 103r-115r), la terza delle quali lasciata incompiuta; le die-
ci omelie sulla II epistola a Timoteo (cc. 119r-148v), concluse
il 18 luglio 1429 (cfr. nota a c. 148v: «Explicit homelia X et
ultima sancti Iohannis Chrysostomi in secundam ad Timo-
theum epistolam feliciter. 18 Iulii 1429»); l’argumentum e le tre
omelie sull’epistola a Filemone (cc. 149r-155r).
Provenienza dall’eredità di Niccolò Niccoli. Alla sua mor-
te confluì nella biblioteca di S. Marco, come attesta la ca-
ratteristica nota a c. IIv: «Ex hereditate Nicolai de Nicolis,
doctissimi viri Florentini».
MEHUS 1759, I, pp. XXXII, CCCC-CCCCI; ULLMAN 1960, pp. 67-68, 69, no-
ta 26, 73, 74, tav. 36; KRISTELLER 1963, p. 162b; SOTTILI 1965, pp. 8-11, 14,
tavv. I, 2, II, 1, III, 1; DE LA MARE 1973, pp. 51, 56, n. 9, tav. XId; RIZZO
1973, p. 46; FRIGERIO 1988, p. 204; ZACCARIA 1988, p. 227; POMARO 1988,
p. 239; GAIN 1994, p. 22; A. DANELONI in Umanesimo e Padri 1997, pp. 217-
219 (scheda 34), tav. 34.
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 257

24) Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. J. VI. 23


[Tav. 20]

1417-1422 ca.; membr.; mm 310/325×230/235; cc. II


(numerate come I, 1) + 180 (numerate come 2-181) + I’.
Copiato in pesante textualis da anonimo della scuola di co-
pia di S. Maria degli Angeli. In Lattanzio, Divinae institutiones
i passi greci inseriti a testo in piccola onciale, con relativa tra-
duzione latina a margine in antiqua posata, sono di Ambrogio
Traversari. Infine, lungo i margini di tutto il manoscritto una
veloce corsiva quattrocentesca ha annotato svariate postille, a
cui si aggiungono qua e là poche note di altre mani.
Maiuscole iniziali ornate nel tipico stile della scuola di mi-
niatura di S. Maria degli Angeli (cfr. cc. 2r, 10r, 30r, 47v,
69r, 91r, 110r, 132v, 152r, 167r). Segni di paragrafo e iniziali
rubricati alternativamente in rosso e azzurro, secondo la tra-
dizione gotica (cfr. POMARO 1988, pp. 265-266).
Contiene una serie di giudizi di Agostino e Girolamo su
Lattanzio (c. 2r-v); un indice dei capitoli delle Divinae institu-
tiones di Lattanzio (cc. 2v-8r); Lattanzio, Divinae institutiones (cc.
10r-151v); il frammento agostiniano De extremo iudicio (c. 151v);
Lattanzio, De ira Dei, preceduto da un indice dei capitoli (cc.
152r-166v); Lattanzio, De opificio Dei, preceduto da una tavo-
la dei capitoli (cc. 166v-180r). Il volume si chiude con un cu-
rioso explicit poetico del copista: «Penna precor siste, quoniam
liber explicit iste» (c. 180r). Il testo latino è strettamente im-
parentato, anche se non in linea diretta, con il Riccardiano
264, poiché in entrambi manca il rigo iniziale dei libri VI e
VII (cfr. POMARO 1988, pp. 240, 272). Direttamente dipen-
dente dal Riccardiano 264 sono invece i passi greci di ma-
no del Traversari (cfr. POMARO 1988, pp. 245-246).
Provenienza medicea. Appartenne a Cosimo il Vecchio, co-
me documenta la nota di possesso a c. 180r («Iste libr [sic]
est Cosme [Cosme in rasura] Iohannis de Medicis»), e deve
forse essere identificato col Lattanzio registrato al n. 51 nel-
l’inventario dei suoi libri, redatto nel marzo 1417/1418 (cfr.
PINTOR 1960, p. 198; DE LA MARE 1992, p. 126). Successi-
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258 CAPITOLO QUINTO

vamente, Cosimo lo donò a S. Marco: «Liber Institutionum


Lactantii Firmiani, quem dedit Cosmas Iohannis de Medicis
Conventui Sancti Marci de Florentia Ordinis Predicatorum»
(c. 1v). L’identificazione di questo manoscritto con il n. 131
dell’inventario di S. Marco del 1499-1500 (proposta da ULL-
MAN-STADTER 1972, p. 139) non è pienamente soddisfacente;
si dovrà pensare piuttosto (con POMARO 1979, p. 108, nota
11) al n. 130 del medesimo catalogo. Il n. 506 sulla costola
del volume corrisponde a quello del catalogo del convento di
S. Marco del 1768.
PINTOR 1960, p. 198; ULLMAN-STADTER 1972, p. 139, n. 131; POMARO
1979, pp. 108-110, tav. II, 1; POMARO 1988, pp. 240-241, 243-247, 249, 252,
256-258, 265-266, 268-270, 272, 274-279, 281-283, tav. IV, a; DE LA MARE
1992, pp. 126, 134, 143; A. DANELONI in Umanesimo e Padri 1997, pp. 185-
186 (scheda 20), tav. 20, 1-2.

25) Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. J. VIII.


8 [Tav. 21]

1430-1435 ca.; cart. (filigrane: simile a BRIQUET 11662 Monts


= Firenze, 1432); mm 205×140; cc. II + 59 + I’.
Autografo di lavoro, con correzioni e aggiunte, in corsiva
all’antica di Ambrogio Traversari. Non è invece autografa la
lunga nota a c. 9r. A c. 1r una mano più tarda, che VITI
1988, p. 487 ha proposto di identificare con Angelo Polizia-
no, ha aggiunto a fianco del titolo «per Ambrosium».
Contiene, nella traduzione di Ambrogio Traversari, Ata-
nasio, Contra Gentiles (cc. 1r-26v) e De incarnatione Verbi (cc. 27r-
54r), oltre alla parte iniziale della pseudo-atanasiana Disputa-
tio contra Arium, fino a «profer de thesauro tuo quae sunt a
patre tuo» (cc. 54v-58v). La fonte greca è stata identificata da
VITI 1988, pp. 487, 490-498 nell’attuale Laurenziano San
Marco 695, sui cui margini, tuttavia, non sembrano presen-
ti né postille latine né greche di mano del Camaldolese.
Provenienza medicea. Appartenne a Cosimo de’ Medici,
che successivamente lo donò alla biblioteca di S. Marco, co-
me attesta la nota di c. IIv: «Iste liber est Conventus Sancti
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 259

Marci de Florentia Ordinis Predicatorum, quem sibi donavit


vir clarissimus Cosmus Medicus».
MEHUS 1759, I, pp. CCCXCI-CCCXCII; KRISTELLER 1963, p. 164a; SOTTILI
1965, pp. 4, 14, tav. III, 2; FRIGERIO 1988, p. 40, fig. 19, p. 204; VITI 1988,
pp. 483, 487-488, 490, 498, nota 67, 500; ZACCARIA 1988, p. 227; DE LA MA-
RE 1992, p. 136; CACIOLLI 1994, p. 621; CORTESI 1995, p. 492; A. DANE-
LONI in Umanesimo e Padri 1997, pp. 212-213 (scheda 32), tav. 32; VITI 1999,
pp. 30, 33-34, 36, 39, 44, 46; CORTESI 2000, p. 236, nota 15.

26) Firenze, Biblioteca Riccardiana, ms. 264 [Tav. 22]

Fine XIV sec.; cart. (filigrane: arco e campana non iden-


tificate in BRIQUET); mm 295×215; cc. III + 130 + II’.
Copista Niccolò Niccoli (identificazione accertata da DE
ROBERTIS 1990, pp. 111-113, 115-117), che, se nelle prime sei
carte adopera una minuta bastarda ‘moderna’ dalla trama
inaspettatamente cancelleresca, successivamente (c. 6v) passa a
una grafia sempre più vicina alla libraria umanistica all’anti-
ca. Al Niccoli andranno ricondotte anche due serie successi-
ve di interventi marginali. Non molto dopo la copia del te-
sto, lo stesso Niccoli aggiunge una traduzione non letterale dei
passi greci e una prima revisione del testo. Decisamente più
tardi inserisce i titula in capitale e le note di una seconda, ma
parziale, collazione (libri I-II), condotta frettolosamente nel
1431 sull’esemplare di Lattanzio riscoperto a Nonantola (at-
tualmente Bologna, Biblioteca Universitaria, ms. 701). Di ma-
no del Niccoli sono anche le inserzioni greche presenti a te-
sto in maiuscole greche non emendate. Il codice ospita anche
una serie di interventi di mano del Traversari, che riscrive in
corsiva, sopra o sotto le traduzioni marginali del Niccoli, la
versione corretta di numerosi passi greci (cc. 4r, 5r-v, 6r-v, 9v,
10r, 11r, 12v, 14r, 17r, 19r, 30v, 83v, 122v, 123r, 125r, 126r-
v, 128v, 129r). Non sono invece presenti suoi interventi latini
volti ad adeguare al nuovo testo greco la traduzione latina
preesistente. La revisione traversariana interessa sostanzial-
mente tutto il codice, ad eccezione di qualche rara nota gre-
ca di mano quattrocentesca non identificata, visibile alle cc.
8v, 9v e 126r (dove la medesima mano ha provveduto anche
a inserire a margine la relativa traduzione latina).
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260 CAPITOLO QUINTO

Contiene Lattanzio, Divinae institutiones, con lacuna da II,


10, 12 a V, 9, 20 a causa di un danno meccanico. Il testo
latino è strettamente imparentato, anche se non in linea di-
retta, con l’attuale Conventi Soppr. J. VI. 23 della Bibliote-
ca Nazionale Centrale di Firenze, poiché in entrambi i ma-
noscritti manca il rigo iniziale dei libri VI e VII (cfr. POMA-
RO 1988, pp. 240, 272).

Provenienza dall’eredità di Niccolò Niccoli. Il codice an-


drà verosimilmente identificato, come suggerisce POMARO
1988, p. 242, con quel «chartaceus vetus» così amato dal
Traversari tra gli altri volumi di Lattanzio posseduti dal Nic-
coli, piuttosto che con la copia più recente commissionata al
«librarius Albertus» (cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII,
40 = vol. II, col. 404). Alla morte del Niccoli, entrò verosi-
milmente a far parte della biblioteca di S. Marco; DE RO-
BERTIS 1990, p. 112, nota 15 ha proposto di identificarlo con
il n. 131 del catalogo del 1499-1500 (cfr. ULLMAN-STADTER
1972, p. 139).
LAMI 1756, p. 254; ULLMAN-STADTER 1972, pp. 75, 139, n. 131; POMA-
RO 1979, pp. 107-110, tav. 1, 3; POMARO 1988, pp. 240-253, 256, 258, 260,
263, 269-284, tavv. II, b-c, III, a-b; DE ROBERTIS 1990, pp. 111-113, 115-
117, 120, tavv. 5-6; DE ROBERTIS 1995, pp. 496, 501-502; A. DANELONI in
Umanesimo e Padri 1997, pp. 151-153 (scheda 7), tav. 7; Marsilio Ficino 1999,
pp. 66-68 (scheda XII), tav. XII; GENTILE 2000b, p. 83.

27) Firenze, Biblioteca Riccardiana, ms. 302 [Tav. 23]

XV sec.; membr.; mm 220×150; cc. II + 76 + II’.


Copiato da quattro mani umanistiche. Cc. 1r-4v (r. 3): Am-
brogio Traversari in antiqua posata. Cc. 4v (r. 4)-37v, 58v (r. 17
nec non)-67v: seconda mano anonima in antiqua posata. C. 58r-v
(r. 17 putat): terza mano anonima in bastarda di base cancelle-
resca. Cc. 38r-57v, 68r-76v: quarta mano anonima in bastarda.
Maiuscola iniziale ornata a bianchi girari, in oro su fon-
do blu, rosso e verde (c. 1r).
Manoscritto composito. Contiene Lattanzio, De ira Dei (cc.
1r-16r), De opificio Dei (cc. 16r-33r), Versus de Phoenice (cc. 33v-
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 261

36r), Versus de resurrectione Christi (cc. 36r-37v); Girolamo, Liber


Hebraicorum locorum (cc. 38r-57v), Hebraicae quaestiones in libro Ge-
neseos (cc. 58r-76v).
Provenienza Firenze, monastero di S. Maria degli Angeli,
come attestano le due note rispettivamente a c. 1r («Mona-
steri Angelorum Florentiæ a Domino Mario Cursio Florenti-
no abbate ordinis camaldulensis. 1654») e 76v («Iste liber est
ad usum f. Cornelii monachi Angelorum de Florentia»). È
ancora registrato nell’inventario della biblioteca del 1729 (n.
L. III. 6): cfr. BALDELLI CHERUBINI 1972, p. 38.
LAMI 1756, p. 254; BALDELLI CHERUBINI 1972, p. 38; POMARO 1979, p.
110; GRIGGIO 1986, p. 43, nota 22; POMARO 1988, p. 239, nota 8.

28) Forlì, Biblioteca Comunale A. Saffi, Fondo Piancastelli, Carte Ro-


magna, busta 641, documento 210 (inedito) [Tav. 24]

1436 giugno 25, Fontebona


Regesto: Dal momento che don Iacopo, priore del mona-
stero di S. Maria degli Angeli, ha acquistato da messere Gio-
vanni della Ratta un certo possedimento, del quale ha già
pagato gran parte del prezzo, ma deve ancora saldare parte
del debito, tramite la vendita a messere Niccolò Pepoli cit-
tadino bolognese di un pezzetto di terra e di una piccola vi-
gna appartenenti al monastero, Ambrogio Traversari affida a
don Pietro, priore del monastero del Camaldolino della dio-
cesi di Bologna, il compito di verificare la veridicità di quan-
to asserito da don Iacopo, e conseguentemente di concedere
al confratello la facoltà di alienare i predetti beni del mona-
stero in cambio di una cifra congrua, a condizione che col
ricavato venga in primo luogo saldato il debito residuo con-
tratto con messere Giovanni della Ratta.
Originale: Forlì, Biblioteca Comunale A. Saffi, Fondo Pian-
castelli, Carte Romagna, busta 641, documento 210. Cart.;
mm 153×200. Carta italiana priva di filigrana distinguibile; 20
vergelle occupano 18 mm, filoni paralleli a intervalli regolari
di 30 mm. Scrittura del testo sul recto vergata da Ambrogio
Traversari in corsiva all’antica, disposta su 18 righi; a r. 10
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262 CAPITOLO QUINTO

dopo signor segue ellum depennato inter scribendum. Nell’angolo


superiore destro del recto la mano di un archivista novecente-
sco ha apposto l’attuale segnatura del pezzo «641 CR 210»;
nel margine inferiore del recto è apposto il timbro a inchiostro
nero del Fondo Piancastelli della Biblioteca Comunale di For-
lì. Verso completamente bianco, se si eccettua la ripetizione
lungo il margine superiore dell’attuale segnatura del pezzo
(«641 CR 210») apposta dalla medesima mano di archivista
novecentesco. Piegature: 2 orizzontali (a 65 e 128 mm dal
margine superiore) e 2 verticali (a 60 e 155 mm dal margine
destro). Assenza di taglietti per chiudere la lettera. Impronta
e tracce di sigillo cereo aderente. Stato di conservazione buo-
no; margine destro rifilato, con leggero danno per il testo;
sporadiche lacerazioni lungo il margine superiore in corri-
spondenza dei rr. 1-2 e lungo il margine sinistro in corri-
spondenza dei rr. 5-7, con leggero danno per il testo; l’ulte-
riore lacerazione a metà circa dei rr. 6-7, particolarmente vi-
sibile in corrispondenza della parola danneggiata supplicavit, è
stata riparata applicando un ritaglio di carta sul verso del do-
cumento; lungo il margine inferiore del verso è visibile la trac-
cia lasciata da una striscia di colla, verosimilmente dovuta al-
le modalità di conservazione della lettera nel tempo (forse in-
collata all’interno di un faldone).
Si considera questo testimone l’originale della lettera ef-
fettivamente spedita da Ambrogio Traversari al confratello
Pietro, priore del monastero camaldolese di Bologna, per la
presenza dell’impronta del sigillo e delle piegature di spedi-
zione. L’assenza dell’indirizzo del destinatario sul verso sem-
bra suggerire che la lettera fosse stata spedita in allegato ad
altri documenti.

Edizione
|1 Frater Ambrosius sanctæ camaldulensis heremi prior at-
que ordinis ipsius generalis venerabili fratri nostro domino
Petro 1 priori monasterii |2 Camaldul(ini) bononiensis dioce-

1
A Pietro, priore del Camaldolino di Bologna, Ambrogio Traversari ave-
va già indirizzato un’altra lettera in data 7 ottobre 1432. Cfr. TRAVERSARI,
Epistolae, 1759, XXII, 13 = vol. II, coll. 942-943 e LUISO 1898-1903, p. 40.
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 263

sis salutem in Domino et sinceræ caritatis affectum. Iustis po-


stulationibus supplicantium |3 deesse non decet, quia ut vi-
tiosum est inconsiderate postulatis annuere, ita culpa non ca-
ret, quæ iuste petuntur |4 denegare. Cum itaque venerabilis
frater noster dominus Iacobus 2 prior monasterii Sanctæ Ma-
riæ de Angelis, pro incremento monasterii sui possessi[o]
|5nem quandam emerit a spectabili viro Iohanne della Rat-
ta ut ait, magnaque iam ex parte præcium solverit |6 restet-
que persolvenda quædam summa, supplica[v]it ut petiolum
terræ duarum fere tornat(urarum) et vineolam vix unius |7
tornat(urae), utraque posita iuxta castellum episcopi cum suis
confinibus, sibi auctoritate nostra liceret vendere specta|8 bili
viro Nicolao de Pepolis bononiensi civi pro præcio congruo,
ut inde satisfacere posset creditori suo, maxime |9 cum mi-
nimum emolumenti et fructus ex eis terris monasterio prove-
niat, ex eis autem quas emit plures redditus |10 annui perci-
piantur. Rogatum fuisse de emptione sua asseverat Signori-
num a Bartholomei notarium pub(licum). |11 Nos autem
prædictorum certam notitiam non habentes, fraternitati tuæ
vices nostras in hac re dumtaxat iniungimus, ut t[e] |12 dili-
genter informes, et siquidem ita esse ut ille proponit invene-
ris, super quo tuam oneramus conscientiam, nostram |13 auc-
toritatem interponas, memoratoque fratri nostro licentiam vi-
ce nostra tribuas vendendi memoratas terras antedicto |14
Nicolao vel alteri præcio congruo, ita scilicet ac sub ea con-
ditione et lege, ut præcium quod inde percipitur |15 Iohanni
iam dicto creditori suo persolvatur. Has autem nostras lite-
ras huius nostræ commissionis indices ac testes |16 manu pro-
pria scriptas et minoris nostri sigilli impressione munitas, me-
morato fratri nostro tradidimus ad te |17 perferendas, in fi-
dem et testimonium prædictorum. Datum in nostro

a
Dopo Signor segue ellum depennato, a sua volta seguito da inum. La corretta ver-
sione del nome del notaio sembra dunque Signorinum.

2
Anche Iacopo, priore di S. Maria degli Angeli di Bologna, figurava già tra
i corrispondenti di Ambrogio Traversari, una prima volta in data 7 ottobre 1432
(cfr. TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XXII, 15 = vol. II, col. 944 e LUISO 1898-1903,
p. 41), una seconda due anni più tardi, in data 10 agosto 1434 (cfr. TRAVERSA-
RI, Epistolae, 1759, XXII, 16 = vol. II, coll. 944-945 e LUISO 1898-1903, p. 41).
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264 CAPITOLO QUINTO

monasterio Fontis Boni die XXV Iunii. |18 Anno Domini


MCCCCXXXVI. Indictione XIIII.

Traduzione
Frate Ambrogio, priore del sacro eremo camaldolese e generale
dell’ordine stesso, al venerabile fratello nostro don Pietro, priore del
monastero del Camaldolino della diocesi di Bologna, salute nel Si-
gnore e affetto di sincera carità. Non si addice venir meno alle giuste
richieste dei supplici, perché, come è male acconsentire alle richieste
avanzate sconsideratamente, così non è privo di colpa negare ciò che
viene chiesto giustamente. Dal momento che dunque il venerabile fra-
tello nostro don Iacopo, priore del monastero di Santa Maria degli
Angeli, per l’accrescimento del proprio monastero ha acquistato un
certo possedimento dall’egregio messer Giovanni della Ratta – come
asserisce – e ha già pagato in gran parte il prezzo e rimane da ver-
sare una certa somma, supplicò che gli fosse concesso vendere con la
nostra autorità il pezzetto di terra di quasi due tornature e la picco-
la vigna a malapena di una sola tornatura, entrambi siti accanto al
castello del vescovo con i propri confini, all’egregio messer Niccolò Pe-
poli cittadino bolognese in cambio di un prezzo congruo, per poter
soddisfare dal ricavato il suo creditore, massimamente perché da que-
ste terre proviene al monastero pochissimo utile e frutto, mentre da
quelle che ha comprato si percepiscono parecchi redditi annui. Asse-
risce che è stato chiamato in merito al proprio acquisto Signorino, fi-
glio di Bartolomeo, notaio pubblico. Ma noi, dal momento che non
abbiamo notizia certa dei suddetti fatti, affidiamo alla tua fraternità
in nostra vece, in questo affare soltanto, il compito che ti informi di-
ligentemente, e che, se davvero tu abbia trovato che è così come quel-
lo afferma, in merito alla qual cosa obblighiamo la tua coscienza, tu
interponga la nostra autorità e conceda in vece nostra al menzionato
fratello nostro la facoltà di vendere le dette terre al predetto Niccolò
o ad altra persona a congruo prezzo, beninteso a questa condizione e
legge, che il relativo prezzo ricavato venga pagato al già detto Gio-
vanni creditore suo. Questa nostra lettera poi, segno e attestazione del
nostro incarico, scritta di nostra propria mano e munita dell’impres-
sione del nostro sigillo minore, l’abbiamo affidata al menzionato no-
stro fratello da portare a te, in fede e testimonianza delle predette co-
se. Data nel nostro monastero di Fontebona, addì 25 giugno, anno del
Signore 1436, indizione 14.
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 265

29) Genova, Archivio Capitolare di San Lorenzo, cartella 391, n. 71


[Tav. 25]

[1424] febbraio 27, Firenze


Regesto: Dopo essersi scusato con l’arcivescovo di Geno-
va, Pileo de Marini, per non avere risposto adeguatamente
alle sue lettere a causa dei pressanti impegni, Ambrogio Tra-
versari assicura l’invio dei propri opuscoli, una volta trascritti,
e ricorda nel contempo la commissionata traduzione di Dio-
gene Laerzio, adducendo come giustificazione del ritardo la
mancanza di tempo; rinnova tuttavia l’intenzione di soddi-
sfare ogni desiderio dell’amico, che saggiamente ha dissipato
i suoi timori circa l’opportunità di volgere in latino un testo
pagano, e promette di attendere alla traduzione richiesta non
appena ne avrà la disponibilità.
Originale: Genova, Archivio Capitolare di San Lorenzo,
cartella 391, n. 71. Cart.; mm 175×220. Carta italiana con
filigrana simile a BRIQUET 11663 Monts = Genova, 1434; 20
vergelle occupano 18 mm, filoni paralleli a intervalli irrego-
lari da un minimo di 30 a un massimo di 37 mm. Scrittura
del testo sul recto vergata da Ambrogio Traversari in corsiva
all’antica, disposta su 27 righi; a r. 5 dopo hoc segue ipsum de-
pennato, a r. 7 dopo paribus segue redda(m) depennato, a r. 9
plurima è corretto inter scribendum in plura con -ma depennato,
a r. 12 prima di saepenumero precede creb depennato, a r. 24
dopo tarditatis segue depennato ac tir, a r. 24 dopo si quando
segue h(ab)undavero con habundav depennato. Nell’angolo supe-
riore destro del recto la mano di un archivista novecentesco ha
apposto la segnatura «71», coincidente con l’attuale. Sul mar-
gine superiore un’altra mano novecentesca ha aggiunto a ma-
tita «In Firenze umanistica». Sul verso l’indirizzo del destina-
tario è apposto dallo stesso Traversari in senso perpendicola-
re rispetto al testo, su 3 righi. Piegature: 2 orizzontali (a 65
e 135 mm dal margine superiore) e 2 verticali (a 50 e 85 mm
dal margine destro). 3 gruppi di 5 taglietti (rispettivamente a
11, 103 e 185 mm dal margine destro; a 17, 40, 88, 111 e
158 mm dal margine superiore) attraverso cui scorreva il per-
duto cordoncino di carta che serviva a chiudere la lettera; se
05_Catalogo 11-11-2009 16:52 Pagina 266

266 CAPITOLO QUINTO

ne conservano 4 frammenti attaccati alla cera del sigillo. Si-


gillo cereo aderente, protetto da un ritaglio di carta quadra-
to. Stato di conservazione discreto; 2 fori di filza al centro in
corrispondenza dei rr. 1-2 e 18-19, con leggero danno per il
testo nel secondo caso; ingente lacerazione lungo la ripiega-
tura della lettera in corrispondenza dei rr. 9-11, con grave
danno per il testo; ulteriori lacerazioni nel margine sinistro e
inferiore, senza danno per il testo.
La lettera manca di datazione ad annum, ma andrà ricon-
dotta al 1424, quando Ambrogio Traversari progettò di tra-
durre le Vitae philosophorum di Diogene Laerzio. Infatti, in una
lettera a Niccolò Niccoli proprio del 27 febbraio 1424 (TRA-
VERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 12 = vol. II, col. 377), il mo-
naco camaldolese informava l’amico di avere ricevuto una
lettera di Pileo de Marini, accompagnata dal denaro neces-
sario all’acquisto delle sue traduzioni: la lettera in esame co-
stituisce quindi la risposta alla lettera dell’arcivescovo di Ge-
nova menzionata al Niccoli. Si considera questo testimone
l’originale della lettera effettivamente spedita dal Traversari
a Pileo de Marini, per la presenza del sigillo, delle piegatu-
re, dei 3 gruppi di 5 taglietti e dell’indirizzo del destinatario
sul verso del foglio.
PILEO DE MARINI, Carteggio, 1971, pp. 138-140, n. 90 [editio princeps]; SOT-
TILI1984, pp. 709, 731-732.

30) Genova, Archivio Capitolare di San Lorenzo, cartella 391, n. 89


[Tav. 26]

[1424] novembre 19, Firenze


Regesto: Dopo essersi scusato con l’arcivescovo di Geno-
va, Pileo de Marini, per non avere risposto adeguatamente
alle sue lettere a causa dei pressanti impegni, ma anche del-
le operazioni belliche in corso, che turbano la quiete e la si-
curezza necessarie agli otia litterarum, Ambrogio Traversari af-
fronta tre argomenti di carattere bibliografico: promette di
emendare il Lattanzio speditogli, non appena sarà pervenu-
to; conferma l’imminente invio di entrambi i volumi conte-
05_Catalogo 11-11-2009 16:52 Pagina 267

CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 267

nenti i propri opuscoli; assicura infine di avere cominciato da


tre giorni la traduzione di Diogene Laerzio, per soddisfare il
volere dei propri amici e committenti, nonostante le innega-
bili perplessità dovute al contenuto pagano del testo.
Originale: Genova, Archivio Capitolare di San Lorenzo,
cartella 391, n. 89. Cart.; mm 180×225. Carta italiana con
filigrana simile a BRIQUET 11663 Monts = Genova, 1434; 20
vergelle occupano 18 mm, filoni paralleli a intervalli irrego-
lari da un minimo di 30 a un massimo di 37 mm. Scrittura
del testo sul recto vergata da Ambrogio Traversari in corsiva
all’antica, disposta su 26 righi; a r. 6 molestiis con is corretto
su ar(um), a r. 7 nutante con e corretta su a, a r. 12 ad con d
ricorretta, a r. 13 atque con a maiuscola corretta su a minu-
scola, a r. 23 interpellantium con u(m) ricorretto, a r. 25 officio
con o corretta su u, a r. 26 dopo monasterio segue lettera de-
pennata. Nell’angolo superiore destro del recto la mano di un
archivista novecentesco ha apposto la segnatura «89», coinci-
dente con l’attuale. Sul verso l’indirizzo del destinatario è ap-
posto dallo stesso Traversari in senso perpendicolare rispetto
al testo, su 4 righi. Piegature: 3 orizzontali (a 32, 86 e 140
mm dal margine superiore) e 2 verticali (a 57 e 142 mm dal
margine destro). 3 gruppi di 8 taglietti (rispettivamente a 20,
100 e 190 mm dal margine destro; a 1, 19, 49, 67, 106, 123,
158, 176 mm dal margine superiore) attraverso cui scorreva
il cordoncino di carta che serviva a chiudere la lettera; se ne
conserva un frammento attaccato alla cera del sigillo. Sigillo
cereo aderente, protetto da un ritaglio di carta quadrato. Sta-
to di conservazione buono; 4 fori di filza al centro in corri-
spondenza dei rr. 5, 8, 18-19, 21-22, con leggeri danni per il
testo; leggere lacerazioni lungo la ripiegatura centrale della
lettera in corrispondenza dei rr. 12-14, con leggero danno per
il testo; ulteriore lacerazione in corrispondenza dei rr. 20-21,
con leggero danno per il testo, e sui margini superiore destro
e inferiore sinistro, senza danno per il testo.
La lettera manca di datazione ad annum, ma andrà ricon-
dotta sempre al 1424, quando Ambrogio Traversari proget-
tò di tradurre le Vitae philosophorum di Diogene Laerzio: per
l’indicazione dell’anno cfr. la precedente missiva a Pileo de
05_Catalogo 11-11-2009 16:52 Pagina 268

268 CAPITOLO QUINTO

Marini. Si considera questo testimone l’originale della lette-


ra effettivamente spedita dal Traversari all’arcivescovo di Ge-
nova, per la presenza del sigillo, delle piegature e dell’indi-
rizzo del destinatario sul verso del foglio.
PILEO DE MARINI, Carteggio, 1971, pp. 163-164, n. 109 [editio princeps]; SOT-
TILI1984, pp. 709, 731-732.

31) Paris, Bibliothèque Nationale de France, Par. gr. 2012 [Tav. 27]

1a metà XV sec.; membr.; mm 240×150; cc. III + 53 + III’.


Copiato da due mani distinte. La prima mano, anonima,
trascrive le cc. 1r-41v; la seconda mano, identificata corret-
tamente da ROLLO 2002, p. 64, nota 121 con Ambrogio
Traversari (pace GAMILLSCHEG-HARLFINGER 1981-97, II, n.
454, dove si proponeva l’attribuzione a Palla Strozzi), copia
nella corsiva usuale dei dotti le restanti cc. 43r-52v. Pochis-
sime le annotazioni marginali, tutte in greco, alcune delle
quali andranno ricondotte agli stessi trascrittori, altre ad ano-
nime mani corsive non molto più tarde.
Contiene Platone, Epistolae (cc. 1r-41v); Manuele Crisolora,
Comparatio veteris et novae Romae (cc. 43r-52v). C. 42r-v in bianco.
Provenienza dal fondo offerto nel 1732 dagli eredi di Jean-
Baptiste Colbert all’allora Bibliothèque du Roi, oggi Biblio-
thèque Nationale de France. Sulla costituzione della raccolta
Colbert e sulle sue sorti dopo la morte del bibliofilo (avve-
nuta nel 1683) cfr. DELISLE 1868-81, I, pp. 439-486. Non è
tuttavia noto attraverso quale canale il manoscritto sia en-
trato a far parte della biblioteca dell’illustre ministro di Lui-
gi XIV, né chi ne siano stati i precedenti possessori. Pertan-
to, non è escluso che in origine il volume fosse appartenuto
a Francesco Barbaro, a cui Ambrogio Traversari inviò nel
1415-1416 diverse trascrizioni autografe di epistole crisolori-
ne, tra cui – forse – anche la Comparatio veteris et novae Romae
(cfr. il carteggio tra i due umanisti in TRAVERSARI, Epistolae,
1759, VI, 4 = vol. II, col. 278; VI, 5 = vol. II, coll. 279-
280; ZORZI 1997, p. 625, rr. 19-21).
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 269

OMONT 1886-88, II, p. 179; CONTI BIZZARRO 1977, pp. 269-275; GA-
MILLSCHEG-HARLFINGER 1981-97, II, n. 454; ROLLO 2002, p. 64, nota 121.

32) Siena, Archivio di Stato, Concistoro, Carteggi, filza 1931, c. 62


[Tav. 28]

[1433] dicembre 18, Cesena


Regesto: Ambrogio Traversari risponde ai Priori e al Ca-
pitano del Popolo del Comune di Siena di avere ricevuto la
lettera con cui raccomandavano di conferire a Francesco,
priore dell’Arco, il priorato dell’eremo del Vivo e di avere
conseguentemente deciso di dare corso alla loro richiesta,
raccomandando a sua volta agli stessi il priore Francesco.
Originale: Siena, Archivio di Stato, Concistoro, Carteggi, fil-
za 1931, c. 62. Cart.; mm 88×225. Carta italiana con filigrana
simile a BRIQUET 11662 Monts = Firenze, 1432; 20 vergelle oc-
cupano 18 mm, filoni paralleli a intervalli regolari di 30 mm.
Scrittura del testo sul recto vergata da Ambrogio Traversari in
corsiva all’antica, disposta su 10 righi; sono assenti aggiunte e/o
correzioni autografe. Nell’angolo superiore sinistro la mano di
un archivista novecentesco ha apposto una prima segnatura
«23». Nell’angolo inferiore destro un’altra mano ha aggiunto
successivamente la seconda e attuale segnatura «62». Sul verso
l’indirizzo del destinatario è apposto dallo stesso Traversari in
senso perpendicolare rispetto al testo, su 3 righi. Due archivisti
novecenteschi hanno aggiunto a matita, ciascuno su 1 rigo di-
stinto, la datazione e l’attuale segnatura del documento «|1
1433 dicembre 18. |2 Conc. 1931, n. 62». Il documento pre-
senta sul verso il timbro a inchiostro nero dell’Archivio di Stato
di Siena. Piegature: 1 orizzontale (a 30 mm dal margine supe-
riore) e 2 verticali (a 85 e 175 mm dal margine destro). 3 grup-
pi di 3 taglietti (rispettivamente a 35, 135 e 220 mm dal mar-
gine destro; a 14, 47 e 67 mm dal margine superiore) attraverso
cui scorreva il cordoncino di pergamena che serviva a chiude-
re la lettera; se ne conserva un frammento attaccato alla cera
del sigillo. Sigillo cereo aderente, protetto da un ritaglio di car-
ta quadrato. Stato di conservazione ottimo; foro della filza al
centro in corrispondenza dei rr. 5-6, senza danno per il testo.
05_Catalogo 11-11-2009 16:52 Pagina 270

270 CAPITOLO QUINTO

Si considera questo testimone l’originale della lettera ef-


fettivamente spedita dal Traversari ai Priori e al Capitano
del Popolo del Comune di Siena, per la presenza del sigillo,
delle piegature, dei 3 gruppi di 3 taglietti e dell’indirizzo del
destinatario sul verso del foglio.
BULLETTI 1944-47, pp. 100-101 [p. 100 editio princeps].

33) Siena, Archivio di Stato, Concistoro, Carteggi, filza 1937, c. 75


[Tav. 29]

[1437] gennaio 16, Soci


Regesto: Ambrogio Traversari ringrazia gli illustri rappre-
sentanti e il Capitano del Popolo del Comune di Siena per
i duecento sanesi d’oro sollecitamente procurati al priore di
S. Maria della Rosa per le riparazioni nel monastero, se-
condo quanto promessogli a voce durante l’ultima visita, e a
titolo di ricompensa destina a quel monastero frati scelti e os-
servanti della regola camaldolese, in lode di Dio e per glo-
ria e consolazione della repubblica senese, alla quale li rac-
comanda; dopo la formula di datazione, aggiunge l’invito a
promuovere l’accorpamento del monastero di S. Giorgio del-
le Api, ovvero di Monte Grimaldo, al monastero della Rosa.
Originale: Siena, Archivio di Stato, Concistoro, Carteggi,
filza 1937, c. 75. Cart.; mm 120×220. Carta italiana priva di
filigrana distinguibile; 20 vergelle occupano 15 mm, filoni
paralleli a intervalli regolari di 30 mm. Scrittura del testo sul
recto vergata da Ambrogio Traversari in corsiva all’antica, di-
sposta su 15 righi; a r. 4 implevere è corretto inter scribendum in
implere, tramite annullamento per puntino sopra e sottoscrit-
to. Al centro del margine inferiore una mano coeva ha re-
gistrato il giorno di arrivo della lettera «perventa die . XXI .
Januarii». Nell’angolo superiore sinistro del recto la mano di
un archivista novecentesco ha apposto una prima segnatura
«25», non più coincidente con l’attuale. Sul verso l’indirizzo
del destinatario è apposto dallo stesso Traversari in senso
perpendicolare rispetto al testo, su 3 righi. Due archivisti no-
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 271

vecenteschi hanno aggiunto a matita, ciascuno su 1 rigo di-


stinto, la datazione e l’attuale segnatura del documento «|1 16
gennaio 1436-37 |2 conc. 1937, n° 75». Il documento pre-
senta sul verso il timbro a inchiostro nero dell’Archivio di Sta-
to di Siena. Piegature: 1 orizzontale (a 48 mm dal margine
superiore) e 2 verticali (a 88 e 180 mm dal margine destro).
3 gruppi di 4 taglietti (rispettivamente a 30, 145 e 215 mm
dal margine destro; a 4, 23, 71 e 90 mm dal margine supe-
riore) attraverso cui scorreva il cordoncino di carta che ser-
viva a chiudere la lettera; se ne conservano 2 frammenti at-
taccati alla cera del sigillo. Sigillo cereo aderente, protetto da
un ritaglio di carta quadrato. Stato di conservazione ottimo;
foro della filza al centro in corrispondenza dei rr. 8-9, sen-
za danno per il testo.
Si considera questo testimone l’originale della lettera ef-
fettivamente spedita dal Traversari agli illustri rappresentan-
ti e al Capitano del Popolo del Comune di Siena, per la pre-
senza del sigillo, delle piegature, dei 3 gruppi di 4 taglietti e
dell’indirizzo del destinatario sul verso del foglio.
BULLETTI 1944-47, pp. 101-104 [pp. 103-104 editio princeps].

34) Vaticano, Città del, Biblioteca Apostolica Vaticana, Reg. lat. 1612
[Tav. 30]

1430-1470 ca.; cart.; mm 210×145; cc. I + 182 + IX.


Manoscritto composito, ottenuto dall’assemblaggio di più
unità codicologiche distinte, di cui non sempre è possibile ri-
costruire la fascicolazione originaria, a causa dei pesanti re-
stauri apportati al volume. Si individuano in particolare le se-
guenti unità codicologiche: cc. 1-12 (1 sen.); cc. 13-22 (1
quin. di restauro per ricostituire la compattezza del volume);
cc. 23-52 (1 sett. + 1 ott.); cc. 53-80 (2 quin. + 1 quat.); cc.
81-94 (1 sett.); cc. 95-110 (1 ott.); cc. 111-126 (1 quin. + 1
tern.); cc. 127-138 (1 sen.); cc. 139-142 (1 bin.); cc. 143-154
(1 sen.); cc. 155-161 (1 quat. mutilo in fondo di 1 c.); cc.
162-181 (2 quin.); cc. 182-IX (1 quin. di restauro per rico-
stituire la compattezza del volume).
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272 CAPITOLO QUINTO

Copiato da una pluralità di mani umanistiche. Cc. 1r-12v:


Ambrogio Traversari in corsiva all’antica. Cc. 24r-48r: mano
anonima a in corsiva all’antica. Cc. 53r-76v: mano anonima
b in antiqua posata. Cc. 81r-92v: mano anonima c in corsiva
all’antica. Cc. 95r-110v: mano anonima d in corsiva all’anti-
ca. Cc. 111r-124r: mano anonima e in antiqua posata. Cc.
127r-138v: mano anonima f in bastarda corsiva. Cc. 139r-
140r: mano anonima g in bastarda corsiva. Cc. 143r-153v:
mano anonima h in corsiva all’antica. Cc. 155r-157v: mano
anonima i in corsiva all’antica. Cc. 157v-158v: mano anoni-
ma l in antiqua posata. Cc. 158v-161v: mano anonima m in
antiqua posata. Cc. 162r-181v: mano anonima n in gotica.
Contenuto miscellaneo. Cc. 1r-12v: Gregorio Nazianzeno,
De pace I-II (fino a «ecclesiastico non forensi more») nella tra-
duzione latina di Ambrogio Traversari. Cc. 24r-25v: Guari-
no Veronese, Epistola Ugationi Abbatiensi; c. 25v: Id., epigram-
ma In fratrem Albertum; cc. 26r-39r: Id., Vita S. Ambrosii. Cc.
40r-48r: Filippo Podocatharus, Epithalamium in Zinebram Esten-
sem et dominum Baldassarem equitem clarum, con prefazione a
Guarino Veronese (c. 39v). Cc. 53r-60r: anonimo, inc. Non est
apud quem queratur vir magnifice, expl. Virgilio dignissimum est re-
stituat. Cc. 60r-66r: anonimo, inc. Socratem philosophum et senem
et pauperem, expl. Iam letioris fortune spe successuque illustrata. Cc.
66r-76v: [Leonardo Giustiniani], orazione su Carlo Zeno inc.
Maximum et amplissimum munus illustrissime princeps, expl. Sed imi-
tatione quoque ac opere declaremus. Cc. 81r-85v: Ambrogio Tra-
versari, Oratio habita Basilae [sic!] in sacra Synodo VII kal. Sept.
A. D. MCCCCXXXV; cc. 86r-90r: Id., Oratio coram Sigismundo
Cesare Albe eodem anno habita. Cc. 90v-92v: Gian Lucido Gon-
zaga, poemetto inc. Inclita Gonzagiae referam primordia gentis,
expl. Et placidum sub nocte thrait [sic!] gens undique somnum. Cc.
95r-110v: Giannozzo Manetti, Florentinorum legatorum oratio in
fausta ac felici Federici tertii imperatoris coronatione temporibus Nico-
lai quinti summi Pontificis … habita Romae. Cc. 111r-124r: ano-
nimo, epistola inc. Vereor ne arrogancie crimen incurram, expl. Qui
cum patre et spiritu sancto vivit et regnat benedictus in secula. Floren-
cie II non. Marcii. Cc. 127r-135v: elenco di 632 opere. Cc.
136r-137v: Leonardo Bruni, epistola IX, 1 inc. Iam pridem se-
renissime rex insignem prestantiam, expl. Vale decus seculi nostri; cc.
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 273

137v-138v: Id., epistola VIII, 6 mutila in fine inc. Admirabiles


profecto epistole apud vos scribuntur reverendissime pater, expl. Nec
unum mittens librum alios retinui sed ut erant octo. Cc. 139r-140r:
poemetto a Giannozzo Manetti inc. Aspice tum letis manibus tum
fronte serena, expl. Egregiumque decus meritis tu tendis ad astra. Cc.
143r-153v: Guarino Veronese, epistola a Giovanni da Prato
inc. Quam nescia mens hominum sit, expl. Vale et tuis ad Iesum
Christum orationibus commendatum habe. Ex Ferrara VII aprillis
MCCCCL. Cc. 155r-157v: anonimo, inc. Quamquam prestantis-
simi domini ac reverendissimi patres, expl. Ut proposuimus parumper
descendemus. Cc. 157v-158r: Angelo Vespasiano, epistola inc.
Quamquam impresentiarum nihil haberem, expl. De illis loquor qui ac-
cademiam tuam frequentant; cc. 158r-158v: Id., epistola inc. Ad
epistolam tuam quam nuper accepi, expl. Vale latine grece hebraice, ite-
rum vale. Cc. 158v-161v: anonimo, mutilo in fine inc. Quoniam
de egregiis quibusdam theologie laudibus, expl. Quapropter ut tandem.
Cc. 162r-181v: Efrem Siro, Sermones nella traduzione latina di
Ambrogio Traversari, con prefazione a Cosimo de’ Medici,
mutilo in fine.
Provenienza dall’eredità della regina Cristina di Svezia.
Alla morte della sovrana (19 aprile 1689), la sua biblioteca
passò temporaneamente in consegna al cardinale Decio Az-
zolini perché fosse inventariata. Deceduto anche costui (8
giugno 1689), il nipote Pompeo Azzolini vendette i libri al
cardinale Pietro Ottoboni, poi papa Alessandro VIII (6 otto-
bre 1689), che li donò alla Biblioteca Apostolica Vaticana,
dove tuttora si trovano. Sul fondo Reginense della Vaticana
cfr. da ultimo BIGNAMI ODIER 1962, pp. 159-189, con bi-
bliografia precedente.
WAY 1961, p. 95; KRISTELLER 1967, p. 409b; WAY 1971, pp. 135-136;
GENTILE 2000b, pp. 96, 98.

35) Vaticano, Città del, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 286

2a metà IX sec. (cc. 1-16: fine XI-inizi XII sec.; c. 208v,


rr. 1-16: ripassati da mano anonima del XV secolo); membr.;
mm 270×195; cc. I + 209.
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274 CAPITOLO QUINTO

Il corpo principale del manoscritto (a partire da c. 17r) è


stato copiato da due mani caroline della 2a metà del IX se-
colo (mano a: cc. 17r-120v; mano b: cc. 87r rr. 7-12, 121r-
208v). I due quaternioni iniziali, di mano più tarda (fine XI-
inizi XII sec.), costituiscono invece un assemblaggio successi-
vo, realizzato verosimilmente a Milano, al massimo agli inizi
del XII secolo. Infatti, alle cc. 17r-18r è presente un indice
relativo esclusivamente ai testi trascritti a partire da c. 18v.
Sui margini del manoscritto si riconoscono, tra le altre, cin-
que postille latine di mano di Niccolò V (cc. 5r, 9v) e nume-
rosi interventi greci di Ambrogio Traversari (cc. 23r, 43v, 44r,
52r, 53r, 58v, 59r, 63r, 69r, 86v, 89v, 90r, 95r, 102r, 127v,
128r-v, 129r-v), volti a restituire un testo corretto accanto al
greco medievale del copista carolino (identificazioni proposte
da MANFREDI 1994, p. 356 e MANFREDI 1998, pp. 560-561).
Maiuscola iniziale in rosso, verde, giallo ornata a bianchi
girari su fondo rosso, verde, giallo (fine XI-inizi XII sec., Ita-
lia sett.) a c. 1r.
Il corpo antico del manoscritto (E in AMBROGIO, Epistulae,
1990, p. XL) contiene Ambrogio, Epistolae nell’ordine della sil-
loge vulgata (cc. 18v-199v); Id., orazione De obitu Theodosii (cc.
199v-208v). Mancano del tutto, ma forse non furono mai tra-
scritti, il Tractatus de sancto Gervasio et Protasio (77) e il De Na-
buthae, segnati nell’indice di c. 18v dopo la De obitu Theodosii.
Le cc. 1r-16v aggiunte successivamente contengono invece
due lettere ambrosiane del gruppo extra collectionem (n. 14 con
lacuna dal paragrafo 76 «ut postea» al paragrafo 89 «spiritu
non»; n. 13 fino al paragrafo 13 «et quievit et resurrexit»),
il cui antigrafo è stato individuato da ZELZER 1978, p. 426
nell’Ambrosiano I 71 sup. (A).
Preparato forse a Vercelli (cfr. FERRARI 1976, p. 42), do-
veva però trovarsi a Milano, nella biblioteca del monastero
benedettino presso la basilica di S. Ambrogio, già tra la fine
dell’XI e gli inizi del XII secolo, come dimostrano le note di
possesso dell’epoca ancora leggibili alle c. 1r («Liber mona-
sterii sancti Ambrosii») e 1v («Liber sancti Ambrosii»). In età
umanistica entrò poi in possesso di Tommaso Parentucelli da
Sarzana, futuro papa col nome di Niccolò V, che lo postillò
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 275

alle cc. 5r e 9v. L’ipotesi più plausibile (proposta da MAN-


FREDI 1998, pp. 561-564) è che la riscoperta dell’antico ma-
noscritto sia avvenuta nella primavera del 1428, durante una
missione diplomatica del Parentucelli nel ducato visconteo, al
seguito del cardinale Niccolò Albergati. Operò forse da tra-
mite nella ricerca l’umanista Giovanni Lamola, che sperava di
ingraziarsi in tal modo l’allora segretario dell’influente cardi-
nale Albergati. Le note greche di Ambrogio Traversari sug-
geriscono infine un passaggio a Firenze, che MANFREDI 1998,
pp. 565-566 propone di collocare alla fine del 1430, quando
Tommaso Parentucelli si recò in quella città diretto a Roma
e visitò il monaco camaldolese. Il futuro pontefice rientrò poi
in possesso del proprio manoscritto, anche se forse solo alla
fine degli anni Trenta, a causa del consueto ritardo con cui
gli venivano resi dagli amici fiorentini i codici prestati. Im-
mediatamente dopo la sua morte (24 marzo 1455), il volume
fu registrato nell’inventario dei codici latini appartenutigli e
destinati dal successore Callisto III alla conservazione in bi-
blioteca; nonostante sia difficile individuare con sicurezza il
codice ambrosiano nel primo inventario sistino del 1475, si ri-
conosce con sicurezza nel secondo inventario sistino del 1481
e in quello successivo del 1533 (cfr. MANFREDI 1994, p. 356).
VATTASSO-FRANCHI DE’ CAVALIERI 1902, pp. 207-208; BILLANOVICH 1975,
p. 343; ZELZER 1975, p. 10; FERRARI 1976, pp. 41-43; ZELZER 1978, pp. 416-
417, 426; FERRARI 1980, p. 230; ZELZER 1983, pp. 163, 166-167, 170-172,
176, 178; FERRARI 1988, pp. 108, 162; AMBROGIO, Epistulae, 1990, p. XL; BÜ-
REN 1993, pp. 159, 165; MANFREDI 1994, pp. 356-357, n. 570; MANFREDI
1998, pp. 559-566, tavv. I-II.

36) Vaticano, Città del, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 3908
[Tav. 31]

XV sec. metà; cart.; mm 300×215 ca.; cc. 245.


Volume miscellaneo allestito sotto forma di raccolta per-
sonale da Giovanni Tortelli. Contiene in massima parte epi-
stole indirizzate al Tortelli medesimo negli anni 1445-1455
da numerosi corrispondenti, ma anche altri documenti di in-
teresse storico, come lettere originali dirette al papa e ad al-
ti personaggi della curia, oltre a numerosi testi letterari, qua-
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276 CAPITOLO QUINTO

si tutti umanistici. Per una descrizione puntuale del mano-


scritto si veda REGOLIOSI 1966, pp. 135-189.
Alle mani dei numerosi mittenti nelle singole lettere auto-
grafe si alterna quella di Giovanni Tortelli in persona, che
trascrive alcune epistole indirizzate tanto a lui quanto ad al-
tri, nonché parecchi testi letterari (alcuni addirittura di sua
composizione). La mano di Ambrogio Traversari si riconosce
solo a c. 241r-v (c. 255 secondo la numerazione antica), nel-
la lettera autografa spedita al papa Eugenio IV il 14 agosto
1434. Sembra inoltre che la perduta c. 59 (secondo la nu-
merazione antica) dovesse contenere un’ulteriore lettera auto-
grafa del Camaldolese, in seguito rubata e mai più rinvenu-
ta, forse indirizzata a Giovanni Tortelli (cfr. MERCATI 1939,
p. 87 e REGOLIOSI 1966, p. 146, n. 60) o forse identificabile
con quella attualmente conservata a Forlì, Biblioteca Comu-
nale A. Saffi, Fondo Piancastelli, Carte Romagna, busta 641,
documento 210 (cfr. supra, IV.3, nota 130).
C. 241: la lettera di Ambrogio Traversari è stata incolla-
ta su un foglio di carta di rinforzo.
[1434] agosto 14, [Firenze]
Regesto: Ambrogio Traversari, spinto dall’affetto nei con-
fronti del pontefice e dalla gravità della situazione, invita Eu-
genio IV a dimostrare mitezza nei confronti degli animi esa-
cerbati dei Bolognesi, rimuovendo dalla città il legato pre-
posto e inviando piuttosto un uomo gradito alla cittadinanza,
in modo da evitare un tumulto urbano e una guerra che
avrebbero favorito senza dubbio l’espansione dei Visconti di
Milano nella regione, con conseguente perdita di prestigio
del papato al concilio di Basilea; invita inoltre il pontefice a
revocare la bolla nei confronti del clero aretino, con la qua-
le si consentiva l’incarcerazione dei chierici, l’alienazione dei
beni patrimoniali ecclesiastici e finanche la scomunica degli
stessi per garantire il risarcimento dei creditori, ma anche a
mitigare la bolla indirizzata agli ufficiali del Monte perché
smettessero di esigere gli esosi interessi di prima, limitando
questa giusta proibizione al futuro, senza pretendere la resti-
tuzione di quanto già riscosso in passato.
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 277

Originale: Vaticano, Città del, Biblioteca Apostolica Vati-


cana, Vat. lat. 3908, c. 241. Cart.; mm 300×215. Carta ita-
liana senza filigrana distinguibile; vergelle e filoni scarsamen-
te distinguibili. Scrittura del testo sul recto vergata da Ambro-
gio Traversari in corsiva all’antica, su 52 righi; a r. 4 dopo
meam segue vicissim depennato, a r. 13 prima di et armis pre-
cede un gruppo di 2-3 lettere depennate ma non più distin-
guibili, a r. 17 magis è riscritto su una parola precedentemente
annullata ma non più distinguibile, a r. 18 lenitas è riscritto
su una parola precedentemente annullata ma non più distin-
guibile, a r. 18 facile è riscritto su una parola precedentemente
annullata ma non più distinguibile. Sul recto del foglio è ap-
posta una doppia numerazione: una prima a mano in alto a
destra 255, una seconda meccanica in basso a destra 241, più
tarda e coincidente con l’attuale. Sul verso l’indirizzo del de-
stinatario è apposto dallo stesso Traversari in senso perpen-
dicolare rispetto al testo, su 3 righi. Piegature: 4 orizzontali
(rispettivamente a 45, 110, 180 e 245 mm dal margine supe-
riore) e 2 verticali (rispettivamente a 90 e 180 mm dal mar-
gine destro). Difficile verificare con sicurezza l’assenza dei ta-
glietti per chiudere la lettera tramite cordoncino, a causa del-
le non buone condizioni di conservazione soprattutto dei
margini della missiva. Impossibile distinguere la presenza del
sigillo, o di sue eventuali tracce, a causa del foglio di rinfor-
zo incollato sul verso dell’epistola. Stato di conservazione non
buono: la lettera è stata malamente rifilata lungo il margine
superiore e sinistro, con alcuni danni per il testo; lacerazione
lungo il margine destro in corrispondenza dei rr. 9-20 e 27-
28, con discreto danno per il testo; ulteriori lacerazioni lun-
go tutti i margini e in corrispondenza delle ripiegature oriz-
zontali, con leggeri danni per il testo.
La lettera manca di datazione ad annum, ma è stata ricondotta
al 1434 con buoni argomenti da LUISO 1898-1903, I, p. 6a-b.
Si considera questo testimone l’originale della lettera effettiva-
mente spedita dal Traversari al papa Eugenio IV, per la pre-
senza delle piegature e dell’indirizzo del destinatario sul verso del
foglio. L’assenza di taglietti di chiusura (se confermata) potreb-
be suggerire che la lettera fosse stata spedita allegata ad altri do-
cumenti, in un involucro comune, forse addirittura senza sigillo.
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278 CAPITOLO QUINTO

TRAVERSARI, Epistolae, 1759, I, 7 = vol. II, coll. 20-23; LUISO 1898-1903,


I, p. 6a-b; MERCATI 1939, pp. 1, nota 2, 50, nota 8, 67, nota 1; REGOLIOSI
1966, p. 189, n. 305; KRISTELLER 1967, p. 365b; FINZI 1988, p. 203, nota 6;
MANFREDI 1988, p. 178, nota 47; KRISTELLER 1992, p. 333b.

37) Wolfenbüttel, Herzog-August-Bibliothek, ms. 19. 41. Aug. 4to


(3222) [Tav. 32]

XV sec.; cart.; mm 210×145; cc. 136.


Manoscritto composito, copiato da una pluralità di mani
quattrocentesche. Cc. 1r-53v: mano anonima a in bastarda
travestita all’antica. Cc. 54r-59r: mano anonima b in bastar-
da. Cc. 60r-64v: mano anonima c in bastarda. Cc. 66r-69r:
mano anonima d in bastarda minuta e affastellata. Cc. 72r-
v: mano anonima e in bastarda ricca di legature. Cc. 73r-76r:
Ambrogio Traversari in corsiva all’antica. Cc. 78r-89v: mano
anonima f in bastarda. Cc. 91r-102r: Ambrogio Traversari in
corsiva all’antica. Cc. 104r-119r: mano anonima g in bastar-
da. Cc. 119v-127v: mano anonima h in bastarda ricca di le-
gature. Cc. 128r-136v: mano anonima i in bastarda.
Contenuto miscellaneo. Cc. 1r-9v: documenti papali relati-
vi alla successione dinastica nel regno d’Ungheria (1303); cc.
10r-47v: epistole prevalentemente di e a Poggio Bracciolini;
cc. 48r-53v: trattato di pace tra Federico I imperatore e le cit-
tà lombarde (1183 giugno 25, Costanza); cc. 54r-59r: orazio-
ne di Cincio Romano all’imperatore Sigismondo; cc. 60r-64v:
dissertazione anonima sull’opportunità di procedere nel con-
cilio di Basilea per nationes e non per deputationes; cc. 66r-69r:
due orazioni anonime tenute davanti all’assemblea dei Padri
conciliari a Basilea (1435 settembre 28, 1436 ottobre 7); c.
72r-v: due lettere, l’una di Ambrogio Traversari a Kaspar
Schlick, cancelliere dell’imperatore Sigismondo di Lussembur-
go, l’altra di Gian Francesco I Gonzaga, marchese di Man-
tova, al Traversari stesso (1435 ottobre 4); cc. 73r-76r: poema
latino di Gian Lucido Gonzaga, figlio di Gian Francesco I,
sulle origini del proprio casato; cc. 78r-89v: relazione tenuta
dal vescovo Giovanni di Lubecca all’imperatore Sigismondo
(1434 ottobre 1, Basilea); cc. 91r-102r: due orazioni di Am-
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 279

brogio Traversari, la prima tenuta davanti all’assemblea dei


Padri conciliari (1435 agosto 26, Basilea), la seconda al co-
spetto dell’imperatore Sigismondo (1435 dicembre 26, Alba
Reale); cc. 104r-119r: Von Bestand, Alter und Ende der Welt; cc.
119v-123v: epistola di papa Eugenio IV a Federico III rex Ro-
manorum (1443 agosto 27, Siena); cc. 124r-127v: epistola del si-
nodo generale di Basilea a Federico III (1445 agosto 27, Ba-
silea); cc. 128r-136v: contratto tra nobili e clero di Praga da
una parte e clero e abitanti di Tabor dall’altra.
Fu posseduto da Mattia Vlacich o Francovich (1520-1575),
noto come Mattia Flacio o Flacio Illirico: cfr. c. 1r.
HEINEMANN 1966, IV, pp. 287-289; SOTTILI 1984, pp. 709-712; FRIGERIO
1988, pp. 54-55, figg. 35-36.

2. TESTIMONIANZE ERRONEAMENTE RITENUTE AUTOGRAFE

1) Chiusure (Siena), Archivio Abbazia Monte Oliveto Maggiore, Di-


plomatico. Fondo S. Michele in Bosco di Bologna, n. 62

1432 luglio 29, Firenze


Regesto: A seguito della distruzione del monastero oliveta-
no di S. Michele in Bosco presso Bologna, Ambrogio Tra-
versari concede in locazione a don Benedetto, priore del det-
to monastero, la casa con oratorio e orto posseduta dalla con-
gregazione camaldolese all’interno della città di Bologna,
presso le mura, sotto il titolo di S. Anna, dietro pagamento
del canone annuo di una libbra di cera, affinché in essa i mo-
naci olivetani possano dedicarsi nuovamente all’ufficio divino.
Originale: Chiusure (Siena), Archivio Abbazia Monte Oli-
veto Maggiore, Diplomatico. Fondo S. Michele in Bosco di
Bologna, n. 62. Membr.; mm 255×360. Scrittura del testo di
mano unica (cancelleresca), disposta su 10 righi. Nel margine
superiore una mano novecentesca ha apposto a matita l’indi-
cazione dell’anno 1432. Sul verso manca l’indirizzo del desti-
natario; al centro, una mano di poco posteriore alla stesura
del testo principale ha registrato su 3 righi gli estremi della
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280 CAPITOLO QUINTO

locazione: «hec est bula quam fecit nobis frater Anbroxius


Generalis / ordinis chamandulensium de domo sancte Anne
cum orto et est solvendo / anuatim unam libram cere. Anno
domini MCCCCXXXII. XVIII Julii»; nel margine superiore
a destra una mano secentesca ha riportato un’antica segnatu-
ra e il contenuto del documento «1432 n. 7 / Concessio fac-
ta de … S. Anna prope menia cum horto / et domo Mona-
sterio S. Michaeli pro annuo canone / unius libre cum di-
midia cere albe»; nel margine inferiore a sinistra una prima
mano novecentesca ha indicato «Bologna / 1432 luglio 29»;
lungo il margine sinistro in basso una seconda mano nove-
centesca ha ripetuto ancora «1432 luglio 29». Piegature: 2
orizzontali (rispettivamente a 100 e 110 mm dal margine su-
periore) e 3 verticali (2 originarie, rispettivamente a 135 e 275
mm dal margine destro, e 1 successiva dovuta a modalità di
conservazione, a metà del foglio). 4 fori al centro del margi-
ne inferiore, attraverso cui scorre il cordoncino del sigillo. Si-
gillo cereo pendente. Stato di conservazione ottimo.
Si considera questo testimone l’originale della lettera uffi-
ciale inviata da Ambrogio Traversari al priore del monaste-
ro olivetano di S. Michele in Bosco presso Bologna, don Be-
nedetto, per la presenza del sigillo cereo pendente. Nono-
stante manchi l’indirizzo del destinatario sul verso del foglio,
la presenza di piegature, difficilmente riconducibili alle mo-
dalità di conservazione del documento, confermano il reale
invio del documento. La lettera fu evidentemente trascritta
da uno scrivano del Traversari, dal momento che l’esame pa-
leografico non conferma l’autografia della mano.
LUGANO 1913, pp. 49-56 [p. 56 editio princeps].

2) Firenze, Archivio di Stato, Mediceo Avanti il Principato XII, 8

1435 luglio 14, [s. l.]


Regesto: Ambrogio Traversari assolve il priore nonché ca-
merario del monastero di S. Maria degli Angeli dal seque-
stro della somma lasciata in deposito presso di loro da frate
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 281

Ranieri, a condizione che decurti da essa quanto frate Ra-


nieri gli doveva già da lungo tempo, oltre a quanto si era
speso per la sua cattura, e all’ulteriore condizione che ordi-
ni entro tre giorni al detto frate di mutare abito.
Originale: Firenze, Archivio di Stato, Mediceo Avanti il
Principato XII, 8. Cart.; mm 80×210. Carta italiana priva di
filigrana visibile; 20 vergelle occupano 20 mm, filoni paralle-
li a intervalli regolari da un minimo di 30 a un massimo di
37 mm. Scrittura del testo di mano unica (cancelleresca cor-
siva), disposta su 9 righi; a r. 8 dopo n di manu segue lettera
(probabilmente i) depennata inter scribendum; a r. 9 v di -vimus
corretta inter scribendum su precedente m. Nel margine supe-
riore 3 archivisti novecenteschi hanno apposto a matita in
tempi successivi, procedendo da destra a sinistra, un primo
«8» depennato, un «9» e infine di nuovo un «8», coinciden-
te con l’attuale segnatura del documento all’interno della fil-
za. Sul verso manca l’indirizzo del destinatario; nel margine
superiore un archivista novecentesco ha indicato a matita l’at-
tuale segnatura della filza «F. 12»; nel margine destro è sta-
ta segnata con strumento meccanico l’attuale numerazione del
pezzo all’interno della filza 8. Piegature: 1 orizzontale (a 20
mm dal margine superiore) e 2 verticali (rispettivamente a 80
e 160 mm dal margine destro). Assenza del sigillo, ma anche
di sue eventuali tracce. Stato di conservazione ottimo; picco-
lo foro sul margine sinistro, senza danno per il testo.
Non si considera questo testimone l’originale della lettera
spedita da Ambrogio Traversari al priore e camerario del
monastero di S. Maria degli Angeli, per l’assenza del sigillo,
dei taglietti attraverso cui far scorrere un cordoncino di chiu-
sura e dell’indirizzo del destinatario sul verso del foglio. La
presenza di piegature, difficilmente riconducibili alle modali-
tà di conservazione del documento, nonché l’assenza presso-
ché totale di correzioni inducono però a sospettare che non
si tratti di una minuta, bensì di una copia spedita per cono-
scenza in allegato ad altre lettere, o comunque consegnata a
mano. La conservazione nell’archivio privato della famiglia
de’ Medici porterebbe a ipotizzare forse l’invio a Cosimo e/o
Lorenzo. La lettera fu evidentemente vergata da uno scriva-
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282 CAPITOLO QUINTO

no del Traversari, dal momento che l’esame paleografico non


conferma l’autografia della mano.
Archivio Mediceo 1951, p. 237 [regesto]; ZACCARIA 1988, pp. 225-226.

3) Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Edili 196

Ultimo quarto XV sec.; cart. (filigrane: sim. a BRIQUET 3373


Chapeau = Firenze, 1474-1483); mm 290×205; cc. II + 176 + II’.
Copiato a quattro mani dai fratelli Vespucci in corsiva al-
l’antica. A Giorgio Antonio Vespucci si devono una piccola
porzione testuale (cc. 1r, 2v, r. 19-3r, r. 6, 6r, rr. 1-20, 10v,
105v, rr. 18-23, 126r, rr. 16-35) e la revisione finale del testo,
mentre al fratello Anastasio Vespucci compete il nucleo più
consistente del manoscritto. La corretta attribuzione ai fratelli
Vespucci, suggerita già da DE LA MARE 1973, p. 128, è stata
ripresa e sostenuta con nuovi argomenti da Delz in SILIO ITA-
LICO, Punica, 1987, p. XIV. Non trova invece conferma l’erro-
nea identificazione della mano con Ambrogio Traversari, sug-
gerita da MEHUS 1759, I, p. 387.
Iniziale incipitaria ornata a bianchi girari in oro su fondo
blu, rosso e verde, che sconfina in una cornice sul margine
superiore e sinistro della pagina.
Contiene Silio Italico, Punica.
Provenienza Giorgio Antonio Vespucci.
BANDINI 1791-93, I, col. 504; ULLMAN-STADTER 1972, p. 42; DE LA MA-
RE 1973, pp. 108, nota 9, 109, nota 4, 119, 128, n. 37; REYNOLDS 1983, p.
391; SILIO ITALICO, Punica, 1987, p. XIV; GALLORI-NENCIONI 1997, pp. 249-
250, n. 49.

4) Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Gaddi 113

XV sec. (post 1424); cart. (filigrane: simile a BRIQUET 6650


Fleur = Firenze, 1442-1447 alle cc. 1-79; simile a BRIQUET
6642 Fleur = Firenze, 1440-1441 alle cc. 80-94; simile a BRI-
QUET 6068 Etoile = Colle, 1427 alle cc. 95-110); mm
295×220; cc. IV + 110 + IV’.
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 283

Interamente copiato da una mano anonima della prima


metà del Quattrocento, che usa una minuta corsiva all’anti-
ca. L’iniziale attribuzione ad Ambrogio Traversari (FAVA
1932, p. 81), già posta in dubbio da SOTTILI 1965, pp. 14-
15, è stata definitivamente scartata da S. GENTILE in Umane-
simo e Padri 1997, pp. 203-204, anche se ancora VITI 2000,
p. 41 ritiene che le cc. 81r-104r, contenenti la traduzione tra-
versariana di Basilio di Ancira, De vera integritate verginitatis, sia-
no autografi. Ma il manoscritto sembra vergato da un’unica
mano, che, per quanto simile, differisce in parte dalle abitu-
dini grafiche del Camaldolese. Si dovrà pensare piuttosto a
un prodotto della scuola scrittoria di S. Maria degli Angeli.
Manoscritto miscellaneo. Contiene Origene, commento al
Canticum Canticorum, nella traduzione di Rufino di Aquileia (cc.
1r-38r, cc. 38v-40r in bianco); Gregorio Nazianzeno, orr. II,
XXXVIII, XXXIX, XLI, XXVI, XVII, VI, XVI, nella tra-
duzione di Rufino di Aquileia (cc. 41r-73v, cc. 74r-80v in
bianco); Basilio di Ancira, De vera integritate verginitatis, nella tra-
duzione di Ambrogio Traversari (cc. 81r-104r, cc. 104v-110v
in bianco).
Provenienza Gaddi. Nel 1755 fu acquistato da Francesco
I insieme al resto della Libreria Gaddiana (dove era inven-
tariato col numero 560) e destinato in un primo momento al-
la Biblioteca Magliabechiana (dove ebbe la segnatura
XXXIX, 45). Il fondo Gaddi passò poi alla Laurenziana sot-
to Pietro Leopoldo.
BANDINI 1791-93, II, col. 125; D. FAVA in Mostra di codici 1932, p. 81;
MIONI 1950, p. 321; SOTTILI 1965, pp. 14-15; FRIGERIO 1988, p. 50, fig. 29,
p. 203; CACIOLLI 1994, p. 624; S. GENTILE in Umanesimo e Padri 1997, pp.
203-204 (scheda 28), tav. 28; VITI 2000, p. 41.

5) Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 4. 22

Fine XIII sec.; cart. (carta spagnola non filigranata: cfr.


CANART 1993, p. 319); mm 290×230; cc. III + 70 + III’.
Interamente vergato da un’unica mano della fine del XIII
secolo, forse addirittura quella dello stesso autore dello scrit-
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284 CAPITOLO QUINTO

to (così Roma e l’Oriente 1914, pp. 37-39), che appone anche


numerose postille e aggiunte in margine e nell’interlineo, ol-
tre a diverse correzioni. Note latine in cancelleresca e pro-
toumanistica ne suggeriscono l’utilizzo nella Firenze di fine
Trecento e inizi Quattrocento (cfr. ad esempio le cc. 16r, 26v,
27r). Non sembra di mano di Ambrogio Traversari il titolo
Auctoritates de processione Spiritus Sancti apposto sulla c. 1r (iden-
tificazione proposta da VITI 2000, p. 39), in particolare per
l’uso di a maiuscola onciale e s tonda in fine di parola. Si
preferisce quindi la vecchia attribuzione a Niccolò Niccoli.
Contiene una trattazione adespota e anepigrafa di incerto
autore sulla processione dello Spirito Santo dal Padre e dal
Figlio, divisa in dieci titula, inc. «hJ politeuvousa ejkklhsiva th'/
a[nw iJerousalh;m sunenou'tai» (cc. 2r-62v); seguono altri cin-
que brevi capitula di argomento affine: «peri; a[rqrou» (cc.
62v-65r); «peri; eijkovno"» (cc. 65v-66v); «peri; triadikh'" kai;
ajsugchvtou tavxew"» (cc. 66v-68r); «o{ti hJ qeiva kai; kaqolikh;
ejkklhsiva levgei to;n uiJo;n phgh;n ei\nai tou' aJgivou pneuvma-
to"» (cc. 68r-69r); «o{ti to; procei'tai kai; proveisi kai;
proio;n kai; to; ejkporeuvetai tou' aJgivou pneuvmato" oujk a[llo
ti dhlou'sin eij mh; to; ei\nai» (cc. 69r-70v). Nonostante sem-
bri esclusa la paternità di Iohannes Bekkos (patriarca di Co-
stantinopoli dal 1275 al 1282), la stretta affinità tematica con
le sue ejpigrafaiv ha fatto pensare che l’opera sia stata re-
datta da un suo discepolo o da un suo epitomatore (Roma e
l’Oriente 1914, pp. 40-41).
Provenienza dall’eredità di Niccolò Niccoli, come attesta la
nota di appartenenza al convento di S. Marco, supplita dal
Biscioni un rigo sotto la nota originaria erasa a c. 1r: Conven-
tus S. Marci de Flor. Ord. Praed. De hereditate Nicolai de Nicolis.
BANDINI 1764-70, I, pp. 544-546; Roma e l’Oriente 1914, pp. 37-51; ULL-
MAN-STADTER 1972, pp. 63, 81, 255, n. 1115, 276 (M 71); CANART 1993, p.
319; M. C. VICARIO in Umanesimo e Padri 1997, pp. 240-243 (scheda 45), tav.
45 a, b; A. R. FANTONI in Biblioteca di Michelozzo 2000, p. 133 (scheda 33);
GENTILE 2000b, p. 92; VITI 2000, pp. 38-39; PETITMENGIN-CICCOLINI 2005,
pp. 278, 283, n. 234, 329, n. 69.
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 285

6) Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 10. 3

XII sec.; membr.; mm 260×200; cc. II + 303 + III’.


Interamente copiato da mano anonima del XII secolo, che
presenta ancora elementi grafici antichi (spiriti angolari e be-
ta di forma antica), ma nel contempo vistosi artifici cancelle-
reschi (svolazzi, legamenti e sovrapposizioni di lettere) e ten-
denza a dilatare sul rigo epsilon, theta, phi, omega. Versione in-
terlineare latina di singole parole alle cc. 10r-v, 11r-v, 12r,
13r, 16v, 21v, 22r-v, 25r-v, 186r, 249r: MIONI 1950, p. 327
ne ha proposto l’attribuzione non del tutto convincente alla
mano di Ambrogio Traversari. Notabilia greci, spesso prece-
duti dalla nota Sh(meivwsai), sui margini delle cc. 12v-14r,
42r-118v, 164r-220r: M. C. VICARIO in Umanesimo e Padri
1997, pp. 194-196 (scheda 24) vi ha riconosciuto la mano di
Zanobi Acciaiuoli. Sporadiche note di altre mani, sia greche
(cfr. ad es. cc. 102r, 121r, 168v, 192v, 250v, 302v), che lati-
ne (cfr. ad es. cc. 103r, 192v).
Contiene una silloge di opere morali e ascetiche bizantine:
sentenze morali dal titolo «oijakistikh; yucw'n uJpotuvpwsi"»
(cc. 2r-4v); precetti morali «biblivon g’» (cc. 4v-9v); Paradisus
animae (cc. 9v-34v); Giovanni Mosco, Pratum spiritale (cc. 35r-
138v); capitoli di argomento agiografico aggiunti al Pratum spi-
ritale: «ejk tou' lovgou tou' eij" th;n ajnaivrhsin tw'n aJgivwn pa-
tevrwn tw'n ejn rJaiqou' ejxhvghsi"» (cc. 139r-141v), «nevon
paradei'sin tou' kurou' danih;l tou' skitiwvtou» (cc. 142r-
143r), «peri; tou' ajbba' danihvl» (cc. 143v-144v), «peri; tou'
makarivou eujlogivou tou' latovmou» (cc. 145r-149v), «tou' auj-
tou' ajbba' danih;l peri; th'" patrikiva" th'" metaschmatis-
qeivsh" eij" eujnou'con» (cc. 150r-151v), «eJpta; kefavlaia a} aj-
pevsteilen oJ ajbba'" mwush'" tw'/ ajbba'/ poimevni. kai; oJ fu-
lavttwn aujta;. rJuvetai ajpo; pavsh" kolavsew" kai; ajnapauvetai
o{pou a]]n kavqhtai ei[te ejn ejrhvmw/ ei[te ejn mevsw/ ajdelfw'n»
(cc. 152r-153r), «tou' aujtou' peri; ajretw'n kefavlaia ia’» (cc.
153r-154r), «tou' ajbba' zwsima'» (cc. 154r-168r fino alla r. 8,
cc. 168r metà-169r in bianco, il testo riprende apparente-
mente senza soluzione di continuità alle cc. 169v-171r, a c.
171r è segnato l’explicit tevlo" tou' devltou tw'n ajoidivmwn ge-
05_Catalogo 11-11-2009 16:52 Pagina 286

286 CAPITOLO QUINTO

rovntwn, c. 171r in bianco); florilegio di precetti morali anoni-


mi suddivisi in tre sezioni: «phgh;n navousan hjqikw'n drovson
lovgwn ejntau'q’ ejfeuvroi" eij metevlqh" gnhsivw"» (cc. 172r-
180r), «fwtivzetai nou'" gnwstiko;" qewriva" pro;" u{yo" ajr-
qei;" toi'" d’ ejpentrufw'n lovgoi"» (cc. 180r-183r), «peri; prav-
xew" kai; qewriva" pneumatikh'"» (cc. 183r-192v); «tou' oJsivou
patro;" hJmw'n ajbba' kasianou' tou' rJwmaivou peri; tw'n th'"
kakiva" ojktw; logismw'n» (cc. 193r-211r); «tou' ajgivou kasia-
nou' pro;" leovntion peri; tw'n kata; th;n skhvthn patevrwn»
(cc. 211v-235r); «suneisfora; tou' ajbba' serivnou peri; th'"
panarevtou» (cc. 235v-244v); «tou' makarivou ijwavnnou ejpiskov-
pou tou' karpaqivou pro;" tou;" ajpo; th'" ijndiva" protrev-
yanta" monacou;". paraklhtika; kefavlaia eJkato;n» (cc.
245r-268v); «tou' makarivou ijwavnnou tou' karpaqivou kefavlaia
praktika; riz’» (cc. 269r-283r); «tou' ejn aJgivoi" patro;" hJmw'n
neivlou paraivnesi" pro;" monakouv"» (cc. 283v-285r); «tou' ejn
aJgivoi" patro;" hJmw'n neivlou pro;" tw'n ojktw; logismw'n» (cc.
285v-294r); «tou' ejn aJgivoi" patro;" hJmw'n neivlou pro;" ca-
ravklhton presbuvteron. aujsthrw'" kai; ajpotovmw" ejpexercov-
menon toi'" ptaivousi. kai; favskonta mh; ajrkei'n th;n dia;
tw'n lovgwn ejxomolovghsin eij" metavnoian» (cc. 294v-297r);
«tou' ajbba' ajmmwna' kefavlaia wjfevlima iq’» (cc. 297r-303v).
Rappresenta il testo più autorevole per il Pratum spiritale di
Giovanni Mosco: cfr. PATTENDEN 1975, pp. 40-41. Alcuni
opuscoli furono a base della versione latina di Ambrogio Tra-
versari (conservata nell’autografo di lavoro del traduttore Fi-
renze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. G. IV.
844), come ha dimostrato MIONI 1950, pp. 327-329.
Provenienza sconosciuta. MIONI 1950, p. 329 ha suggerito
che il codice facesse parte dei volumi inviati nel 1421 al Tra-
versari dall’arcivescovo di Creta Pietro Donato, ma l’ipotesi,
per quanto plausibile, resta indimostrata. In ogni caso, è cer-
ta la sua provenienza dall’eredità del Niccoli e la successiva
permanenza nella biblioteca di S. Marco, anche se la nota di
conferma a c. 1v è stata accuratamente erasa. Il manoscritto
è stato identificato da ULLMAN-STADTER 1972, p. 255 con il
n. 1119 del catalogo di S. Marco del 1499-1500 («In bancho
VII ex parte orientis. 10. Spiritualis paradisus, dogmata sanc-
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 287

torum patrum, Cassiani quaedam collationes, in volumine


mediocri in membranis»). Figura inoltre nell’Indice della Libre-
ria di S. Lorenzo di Baccio Valori e Giovanni Rondinelli del
1589: questo sembrerebbe confermare che esso appartenne al
gruppo di codici di S. Marco trasferiti in Laurenziana da Co-
simo I nella seconda metà del Cinquecento.
BANDINI 1764-70, I, pp. 471-473; MIONI 1950; ULLMAN-STADTER 1972, p.
255, n. 1119; PATTENDEN 1975, pp. 40-41, 49-54; Mostra di autografi 1979, p. 7,
n. 15; FRIGERIO 1988, p. 47, fig. 26; FYRIGOS 1988, pp. 474, 479-481; GIGANTE
1988, pp. 374, 456; Vita di San Fantino, 1993, p. 71, nota 54; CACIOLLI 1994,
pp. 622, 646; SAUTEL 1995, p. 162; M. C. VICARIO in Umanesimo e Padri 1997,
pp. 194-196 (scheda 24), tav. 24; GENTILE 2000b, p. 93; S. MAGRINI in Biblio-
teca di Michelozzo 2000, p. 134 (scheda 34), tav. p. 135; VICARIO 2000, p. 132;
PETITMENGIN-CICCOLINI 2005, pp. 282, n. 228, 317, n. 34, 328-329, n. 66.

7) Firenze, Bibliteca Medicea Laurenziana, Plut. 21. 5

1435 ca.; membr.; mm 325×240; cc. I + 347.


Interamente copiato da Michele monaco in elegante anti-
qua posata. Correzioni e integrazioni marginali e interlinea-
ri, traduzione dei passi greci in margine e sistema dei nomi
rubricato in rosso sempre di mano dello stesso. Passi greci in-
seriti a testo in piccola onciale ancora una volta da Michele
monaco. Non sembra si debbano riconoscere marginalia di
Ambrogio Traversari, nonostante quanto suggerisca DE LA
MARE 1992, p. 146.
Elaborata cornice ornata a bianchi girari e impreziosita da
putti e motivi zoomorfi a c. 1r, attribuita da AMES-LEWIS
1984, pp. 161-163 al cosiddetto «Pennscroll Master», invece
da DE LA MARE 1992, p. 146 a Filippo Torelli. Maiuscole ini-
ziali ornate a bianchi girari, in oro su fondo blu, rosso e ver-
de (cc. 1r, 43v, 80r, 121r, 162r, 198r, 242r, 278v, 292r, 320r).
Contiene Lattanzio, Divinae institutiones (cc. 1r-278r), Epito-
ma sexti et septimi libri (cc. 279v-292r), De ira Dei (cc. 292r-
319v), De opificio hominis (cc. 220r-345r).
Provenienza medicea, come attesta innanzi tutto lo stem-
ma con otto palle rosse in campo giallo a c. 1r. Fu copiato
da Michele monaco per Cosimo de’ Medici intorno al 1435
05_Catalogo 11-11-2009 16:52 Pagina 288

288 CAPITOLO QUINTO

(cfr. DE LA MARE 1985, p. 513). Passò poi nella biblioteca di


Pietro, in quanto presenta a c. 345r l’ex-libris di tipo II Liber
Petri de Medicis Cos. fil. (cfr. AMES-LEWIS 1984, p. 239) e ri-
sulta registrato negli inventari della sua biblioteca nel 1456 e
nel 1464/65 (cfr. AMES-LEWIS 1982, pp. 119, 132; AMES-LE-
WIS 1984, pp. 402, 409).

BANDINI 1774-76, I, col. 665; POMARO 1979, p. 110; AMES-LEWIS 1982,


pp. 119, 132; AMES-LEWIS 1984, pp. 161-163, 239-240, n. 5, 402, 409, tavv.
40-41; POMARO 1988, pp. 249-252, 258, 261-262, 264, 270, 272-284; DE LA
MARE 1985, pp. 398, nota 21, 513; DE LA MARE 1992, pp. 133, 146-147, 154;
CECCANTI 1993-96, p. 15 e fig. 8; A. R. FANTONI in Luoghi della memoria 1994,
pp. 174-175 (scheda 53).

8) Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, San Marco 695

XII sec.; cart. (carta orientale non filigranata); mm


325×220; cc. III + 343 + III’.
Interamente copiato in minuscola corsiva ricca di compen-
di da un’unica mano anonima della 2a metà del XII secolo,
che appone anche lunghe note marginali. Il codice fu anno-
tato da diverse mani greche e latine nel corso dei secoli e in
particolare in età umanistica. In corrispondenza dell’epistola
atanasiana Ad Marcellinum in interpretationem Psalmorum (cc. 207r-
215v), si riconoscono segni marginali ritenuti di mano del Po-
liziano. Allo stesso andranno ascritte le postille greche sui
margini delle carte contenenti lo scritto pseudo-atanasiano In
Passionem et Crucem Domini (cc. 337r, 341r, 343r). La mano la-
tina che propone l’attribuzione delle tre note greche al Poli-
ziano è quella di Zanobi Acciaiuoli, bibliotecario in S. Mar-
co dal 1496 al 1513, a cui risale anche la seconda descrizio-
ne del codice a c. IIv: cfr. in particolare C. M. VICARIO in
Umanesimo e Padri 1997, pp. 208-212 (scheda 31). Non sembra
invece che si debbano riconoscere interventi né latini né gre-
ci di mano di Ambrogio Traversari, pace VITI 1988, pp. 491-
492 che aveva proposto di attribuire al Camaldolese la breve
nota di c. 4v («o{ti ouj polloi; qeoi;»).
Contiene excerpta da Fozio (c. 1v); Atanasio, Contra Gentiles
(cc. 2r-25v), De incarnatione Verbi (cc. 25v-51r), Contra Arium (cc.
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 289

51v-66v), Orationes adversus Arianos (cc. 76v-159r), Epistola ad Se-


rapionem (cc. 169r-183v), Epistola ad Epictetum (cc. 185r-188r),
Epistola ad Serapionem (cc. 201r-206r), Epistola ad Marcellinum in
interpretationem Psalmorum (cc. 207r-215v), Epistola ad Adelphium
(cc. 233v-236r), Epistola ad Maximum philosophum (cc. 253r-255r),
Epistola ad Serapionem (cc. 270r-283v), Epistola de decretis Nicaenae
synodi (cc. 283v-300v), Apologia de fuga sua (cc. 305r-313v), Epi-
stola de synodis Arimini in Italia et Seleuciae in Isauria celebratis (cc.
317v-320r); Pseudo-Atanasio, In Passionem et Crucem Domini (cc.
337r, 341r, 343r). Fu a base della traduzione traversariana di
Atanasio, Contra Gentiles, De incarnatione Verbi, Contra Arium (fi-
no a «profer de thesauro tuo quae sunt a patre tuo»), di cui
si conserva l’autografo di lavoro nel Conventi Soppr. J. VIII.
8 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze: cfr. VITI
1988, pp. 487, 490-498. Fu usato anche dal Poliziano (insie-
me al Laurenziano Plut. 6. 3) per la versione latina di parte
dell’Epistola ad Marcellinum: cfr. CESARINI MARTINELLI 1968.
Provenienza dall’eredità di Niccolò Niccoli, come docu-
menta la nota apposta sul foglio di guardia IIv al momento
dell’ingresso nel convento fiorentino di S. Marco («de V°
banco ex parte orientis»). Il manoscritto è stato identificato
da ULLMAN-STADTER 1972, p. 252 con il n. 1095 del cata-
logo di S. Marco del 1499-1500 («In bancho V ex parte
orientis. 6. Athanasii sermones 43 de actis contra hereticos,
et ultimus de passione Christi imperfectus, in volumine anti-
quo in papiro»).
ATANASIO, De incarnatione, 1945-46, I, pp. 80-87; Mostra del Poliziano 1954,
p. 69, n. 65; SOTTILI 1965, pp. 5-6; CESARINI MARTINELLI 1968; ULLMAN-
STADTER 1972, pp. 11, 63, 78, 252, n. 1095; RIZZO 1973, p. 26; BRANCA
1981, I, p. 171, nota 11; VITI 1988, pp. 487, 490-498; METZLER 1990, pp.
229-231; CATALDI PALAU 1991, II, p. 543, nota 114; CACIOLLI 1994, pp. 620-
622; VITI 1994, p. 947, n. 67 (f); GAIN 1994, pp. 30, 260, 261; CORTESI 1995,
p. 492; FRYDE 1996, I, p. 146, II, p. 812; C. M. VICARIO in Umanesimo e Pa-
dri 1997, pp. 208-212 (scheda 31); VITI 1999, pp. 32, 36-44; CORTESI 2000,
p. 236, nota 15; ELEUTERI 2000, pp. 118-119, n. 24; GENTILE 2000b, p. 92;
S. MAGRINI in Biblioteca di Michelozzo 2000, p. 132 (scheda 30); PEROSA 2000b,
p. 237; VICARIO 2000, p. 132; CANFORA 2001, p. 90, nota 22; PETITMENGIN-
CICCOLINI 2005, pp. 277, n. 198, 308, n. 387, 316, n. 22, 326, n. 39.
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290 CAPITOLO QUINTO

9) Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. J. IV. 26

1431 (?); cart. (filigrane: simile a BRIQUET 11662 Monts =


Firenze, 1432 alle cc. 1-60; simile a BRIQUET 14660 Tête de
Bœf = Verona, 1430-1440 alle cc. 61-125); mm 290×200; cc.
VI + 125 + III’.
Copiato in corsiva all’antica da Niccolò Niccoli, a cui an-
dranno ricondotti sia le singole parole che i lunghi passi gre-
ci del manoscritto (cfr. DE LA MARE 1973, p. 56), mentre non
trova conferma l’identificazione della mano greca con quella
del Traversari suggerita da Marshall in GELLIO, Noctes Atticae,
1968, I, pp. XV-XVI. Le carte da 123v (r. 9) a 125r conten-
gono un’aggiunta successiva in latino di Giorgio Antonio Ve-
spucci (cfr. DE LA MARE 1973, pp. 56, 137, tavv. Xe,
XXIIIg).
Contiene Aulo Gellio, Noctes Atticae, IX-XX, numerati però
come X-XXIII (corrispondenza della numerazione dei libri nel
manoscritto con quella delle moderne edizioni a stampa: X =
IX, XI = X, XII = XI, XIII = XII, XIV-XV = XIII, XVI
= XIV, XVII = XV, XVIII = XVI, XIX = XVII, XX =
XVIII, XXI-XXII = XIX, XXIII = XX).
Provenienza dall’eredità di Niccolò Niccoli. Alla sua morte
confluì, insieme al resto della sua raccolta, nella biblioteca di
S. Marco. Le carte di guardia non recano note di possesso.
MEHUS 1759, I, p. XLIII; ULLMAN 1960, pp. 66, 68-69, 72, tav. 34; GEL-
LIO, Noctes Atticae, 1968, I, pp. XV-XVI; DE LA MARE 1973, pp. 50, nota 6, 52,
56, n. 6, 108, nota 2, 137, n. 133, tavv. Xe, f, XXIIIg; RIZZO 1973, pp. 161,
259, 297; POMARO 1979, p. 114; REYNOLDS 1983, p. 179; GALLORI-NENCIO-
NI 1997, p. 282, n. 79; CAVAZZA 1999, p. 82 e passim; PETITMENGIN-CICCO-
LINI 2005, p. 253, n. 56.

10) Firenze, Biblioteca Riccardiana, ms. 143

1440-1450 ca.; cart. (filigrane: simile a BRIQUET 7683 Hu-


chet = Genova, 1415 alle cc. 1-11; simile – ma più grande –
a BRIQUET 7420 Fruit = Firenze, 1371-1372 alle cc. 12-91; si-
mile a BRIQUET 8429 Lettre N = Pisa, 1459 alle cc. 92-125;
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 291

identica a BRIQUET 7835 Huchet = Siena, 1435 e simile a BRI-


QUET 8936 Lettre R = Venezia, 1443-1449 alle cc. 126-184);
mm 220×150; cc. III + 184 + I’.
Interamente vergato da un’unica mano in una rapida e
minuta corsiva travestita di alcuni elementi all’antica (come
d diritta, nesso et e legamento st, ma non ct), a cui andran-
no ricondotte anche le singole parole greche nel corpo del te-
sto, nonché le glosse greche sui margini. L’attribuzione alla
mano di Ambrogio Traversari, già suggerita in LAMI 1756,
p. 163, e ripresa da PAGNONI 1974, pp. 1458-1459, non sem-
bra sostenibile né per il latino né per il greco.
Contiene Diogene Laerzio, Vitae philosophorum, nella tradu-
zione latina di Ambrogio Traversari (cc. 12r-182bisr), prece-
duto da un indice alfabetico (cc. 2r-9r).
Provenienza sconosciuta (il manoscritto non presenta note
di possesso).
LAMI 1756, p. 163; KRISTELLER 1963, p. 187a; SOTTILI 1965, p. 15; PA-
GNONI 1974, pp. 1458-1459; PRUNAI FALCIANI 1988, p. 10.

11) Firenze, Biblioteca Riccardiana, ms. 667

2a metà XV sec.; cart. (filigrane: secondo CATALDI PALAU


1988, p. 318 quasi identiche a HARLFINGER 13 Echelle = 1457;
HARLFINGER 14 = 1484); mm 215×145; cc. III + 198 + III’.
Manoscritto composito, copiato da una pluralità di mani
quattrocentesche. Cc. 1r-91r: mano anonima a in corsiva al-
l’antica. Cc. 96r-115v: mano anonima b in corsiva all’antica
(progressivamente sempre meno controllata). Cc. 117r-120v:
mano anonima c in bastarda con qualche elemento di ritorno
all’antico. Cc. 121r-147v: mano anonima d in corsiva all’anti-
ca. Cc. 153r-178v: mano anonima e in corsiva all’antica di
modulo ridottissimo disposta su due o più colonne. Cc. 179r-
192v: mano anonima f in corsiva all’antica affastellata a cau-
sa di modulo e interlineo molto ridotti. Nella scrittura degli ex-
cerpta ciceroniani LAMI 1756, p. 125 e KRISTELLER 1963, pp.
178b-179a hanno voluto riconoscere la mano di Bartolomeo
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292 CAPITOLO QUINTO

Fonzio, ma secondo CAROTI-ZAMPONI 1974, p. 130 il mano-


scritto presenta solo lontane affinità con l’ambiente grafico fon-
ziano. Invece per DE LA MARE 1985, p. 527 parte del mano-
scritto sarebbe di mano di Piero di Bernardo Cennini. In ogni
caso, il manoscritto non presenta alcuna porzione testuale né
note marginali di mano di Ambrogio Traversari, a differenza
di quanto sostenuto da MEHUS 1759, I, p. CCCLXXXV.
Contenuto miscellaneo. Cc. 1r-91r: lessici latini; cc. 96r-
104v: Pseudo-Cicerone, De differentiis; cc. 105r-115v: Pseudo-
Cicerone, Synonyma; cc. 117r-120v: Donato, De Barbarismo; cc.
121r-146v: Anonimo, De viris illustribus (attr. nel ms. a Plinio
il Giovane); cc. 147r-152v: Vita Plinii; cc. 153r-164v, 166r:
Servio, Vocabula Virgilio tracta; cc. 169r-173v: ulteriore lista di
vocaboli tratti da Cicerone; cc. 179r-192v: Pompeo Trogo,
Historiae (estratto).
Provenienza dalla raccolta Pandolfini (secondo CATALDI
PALAU 1988, pp. 318-319), ma DE ROBERTIS 1993, p. 298
non ritiene probanti gli elementi addotti.
LAMI 1756, pp. 125-126, 141; MEHUS 1759, I, p. CCCLXXXV; KRISTELLER
1963, pp. 178b-179a; ULLMAN 1963, p. 225, nota 2; SESTO AURELIO VITTO-
RE, De Caesaribus, 1966, p. XVII; CAROTI-ZAMPONI 1974, p. 130; DE LA MARE
1976, pp. 166, 196, nota 56; BURSILL-HALL 1981, p. 84; DE ROBERTIS 1993,
p. 298; DE LA MARE 1985, p. 527; CATALDI PALAU 1988, pp. 316, nota 162,
318-319, 320, nota 165-166, 347, 361, 371; REYNOLDS 1992, p. 30, nota 96.

12) Ravenna, Biblioteca Classense, ms. 469

1433-1434 ca.; membr.; mm 360×215; cc. II + 110 + II’


(cc. 97-98 dislocate fuori posto per un errore di rilegatura,
in quanto dovrebbero seguire c. 90).
Interamente copiato da un’unica mano in antiqua, che PO-
MARO 1979, p. 115 (seguita da A. DE LA MARE in Biblioteca
Classense 1996, pp. 66-67) ha proposto di identificare con
Giovanni Aurispa. Alla stessa mano andranno ricondotti an-
che i titula in maiuscole che separano le singole epistole e gli
inserti greci a testo. Sui margini del manoscritto sono appo-
ste numerose annotazioni latine, talvolta anche greche, tra le
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 293

quali si riconosce con sicurezza una lunga serie di correzio-


ni e aggiunte riconducibili alla mano dello stesso copista del
testo. Né la scrittura del testo, né quella di alcuno dei mar-
ginalia presenta caratteristiche compatibili con la mano lati-
na di Ambrogio Traversari, come suggeriva invece SABBADI-
NI 1971 [1914], pp. 70-71, seguito da STINGER 1977, p. 56.

Spazi lasciati in bianco per le maiuscole all’inizio dei sin-


goli libri (pari a 3 righi di scrittura) e all’inizio delle singole
lettere (pari a 1 rigo di scrittura).
Contiene Cicerone, Epistolae ad Brutum, ad Quintum fratrem, ad
Octavianum, ad Atticum (libri I-III, excerpta dai libri IV, V, IX;
mutilo in fine). Siglato Q in CICERONE, Ad Atticum, 1965b, p.
VI, fa parte del sottogruppo F del gruppo S della famiglia ita-
liana W di epistole ciceroniane, i cui membri localizzati pro-
vengono dal nord-est d’Italia. È gemello del Vaticano Pal. lat.
1510 (V) e del manoscritto di Oxford, Bodleian Library, Lat.
class. c. 7 (cfr. anche R. H. ROUSE in REYNOLDS 1983, p. 137).
Copiato da Giovanni Aurispa durante gli anni del Conci-
lio di Basilea, come suggeriscono diverse annotazioni sparse
lungo i margini del manoscritto (cfr. SABBADINI 1971, pp. 70-
71), alla sua morte fu forse registrato al n. 172 dell’inventa-
rio patrimoniale dei suoi beni, stilato a Ferrara il 7 giugno
1459 (A. DE LA MARE in Biblioteca Classense 1996, p. 67; per
l’inventario dell’Aurispa si veda FRANCESCHINI 1976, p. 91).
Pietro Canneti lo acquistò nel 1712 per la Biblioteca di Clas-
se a Ravenna, dove ancora si trova (GIULIANI 1982, p. 112;
cfr. anche A. PETRUCCI s. v. Canneti, Pietro in DBI XVIII, p.
127). Nel 1847 fu visto da T. Mommsen, la cui descrizione
autografa è conservata in un foglio sciolto dello stesso ma-
noscritto (CAPPI 1847, pp. 40-41).
CAPPI 1847, pp. 40-41; MAZZATINTI 1894, p. 246; SABBADINI 1971, pp. 70-
71; CICERONE, Ad Atticum, 1965a, p. 79; CICERONE, Ad Atticum, 1965b, p. VI;
CICERONE, Ad Octavianum, 1968, p. 28; STINGER 1977, p. 56; DOMINI 1981, p.
115, nota 55; GIULIANI 1982, p. 112; R. H. ROUSE in REYNOLDS 1983, p. 137;
CICERONE, Ad Atticum, 1987, p. IV; CICERONE, Ad Quintum fratrem, 1989, pp. 2-
5; A. DE LA MARE in Biblioteca Classense 1996, pp. 66-67, tavv. XXIX-XXX.
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294 CAPITOLO QUINTO

3. TESTIMONIANZE NON REPERITE

Riepilogo qui brevemente, in vista di future ricerche, le te-


stimonianze manoscritte descritte come autografe dallo stes-
so Ambrogio Traversari nel suo epistolario, ma non reperite
nel corso di questo lavoro. Per una più articolata discussio-
ne del problema cfr. supra, IV.4.
Restano escluse dal seguente elenco tutte le versioni lati-
ne, molte delle quali non sono conservate né in originale di
traduzione né in copie autografe, ma solo in trascrizioni se-
riori. Per queste ultime cfr. supra, I.1.

AMBROSIUS, Epistolae
Epistolarum novarum libros quatuor proxime misimus ad te, sex item
alios fortasse missuri paullo post. Id abs te cupio, cum librario trans-
igas, ut eas habeat secretissimas apud se, neque a quovis alio transcri-
bi patiatur. Sane volumus, ut principiis librorum spatia maiora sint, ut
est solemne, et lineae quinque, aut sex ex anteriore parte paginae lo-
cum principali literae faciant, singulis autem epistolae [lege epistolis] li-
neae duae, namque singulis adponi ex minio principales literas placet;
ut illae sunt Beati Ambrosii, quas manu propria in Monasterio scripsi-
mus (TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XIII, 14 = vol. II, col. 622).
Escludo l’identificazione con Firenze, Biblioteca Medicea
Laurenziana, Plut. 14. 8; Firenze, Biblioteca Medicea Lau-
renziana, Plut. 14. 10.

BOCCACCIUS IOHANNES, Genealogiae deorum gentilium


Genealogias Deorum Mariotto nostro ad te remittendas dedi. Graecos
illos versus ex Homero, qui deerant in marginibus, scripsi, invento
tandem exemplari, quo versus illi continerentur emendatius scripti;
nam eos ex auctore decerpendi otium minime suppeditassem (TRA-
VERSARI, Epistolae, 1759, VI, 24 = vol. II, col. 307).

BOETHIUS SEVERINUS, De consolatione philosophiae


Quoniam vero Legatus ipse incredibili desiderio tenetur ediscendi li-
teras graecas, eique operi, quantum potest, tempus impertitur, princi-
piis a nobis perceptis, ipsique multum debemus, et promovere haec ip-
sius studia summe cupimus, volumus, quoniam ipse ita oravit, ut Boe-
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 295

tium illum manu nostra graecum, et latinum D. Leonardo de Piscia


consignes ad eum perferendum, ut possit eo uti profectus sui gratia;
neque ambigas restituendum, quando illo usus erit, neque istum mo-
do verum, et Evangelia illa breviora volumus ut addas, quia ea itidem
valde cupit cum foenore nobis redditurus aliquando (TRAVERSARI, Epi-
stolae, 1759, XIII, 5 = vol. II, col. 617).
Escludo l’identificazione con Firenze, Biblioteca Medicea
Laurenziana, Plut. 81. 23; Milano, Biblioteca Ambrosiana, ms.
P 116 sup.; Paris, Bibliothèque Nationale, Coisl. 84; Vatica-
no, Città del, Vat. gr. 328; Vaticano, Città del, Vat. gr. 329.

CHRYSOLORAS MANUEL, Epistolae de amicitia, de mensibus, de


utraque Roma
Mitto ad te duas epistolas longiores nostri Chrysolorae de amicitia al-
teram ad me, de mensibus secundam ad Pallantem, scriptas olim manu
mea; tertiam ad nostrum Guarinum mittere non curavi; quod hanc ip-
se secum adtulerit, habeatque illam in deliciis, nec ambigo iam illam
tibi legit (TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 4 = vol. II, col. 278).
Quod epistolas clarissimi viri Manuelis acceperis, nunc primum per
tuas literas novi, teque in illius humanitate, doctrina, atque sapientia
adquiescere maximum in modum gratulor. Est enim revera ea inge-
nii facilitate, atque copia, ut solus propemodum post veteres illos,
quos ingenti admiratione admiramur, quorumque libris exercemur ad
studia humanitatis, palmam doctrinae facile meo iudicio referat. Eum
ipse tecum maxime admiror, atque in deliciis habeo. Idque me sibi
debere, cum pleraque reliqua, tum amor eius viri, atque observatio
quaedam mei singularis, ac mirifica facit, quam ex aliis literis, quas
ad te misi, ex his, quas ad te mitto, quoniam id tibi gratum fore pu-
to, facile coniicies (TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 5 = vol. II, coll.
279-280).
Pevmpw soi kai; duvo a[lla" ejpistola;" tou' Crusolwra' Manouh;l pe-
ri; th'" eJkatevra" JRwvmh", a}" thvmeron spoudaivw" e[graya, i{na ko-
misqeivhsavn soi: feivsh/ de; aujtov" te kai; oJ hJmevtero" Goari'no" tou'
tw'n grammavtwn tuvpou (ZORZI 1997, p. 625, rr. 19-21).

Escludo l’identificazione con Firenze, Biblioteca Medicea


Laurenziana, Plut. 6. 20; Firenze, Biblioteca Medicea Lau-
renziana, Plut. 10. 22; Firenze, Biblioteca Medicea Lauren-
ziana, Plut. 59. 23; Napoli, Biblioteca Nazionale Vittorio
Emanuele III, III. A. A. 16.
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296 CAPITOLO QUINTO

DONATUS ORTHIGRAPHUS, De VIII partibus orationis [compendio]


Ante annos ferme viginti utilitati adolescentulorum nostrorum consulentes
breviavimus Donatum de VIII partionibus Orationis, isque a nonnullis
transcriptus est. Oro, ut illum diligenter inquiras, cursimque transcriptum
ad nos mittas (TRAVERSARI, Epistolae, 1759, XIII, 8 = vol. II, col. 619).
Escludo l’identificazione con Firenze, Biblioteca Riccar-
diana, ms. 875.

GREGORIUS NAZIANZENUS, Epistola synodica [retroversione]


Natus est amor experiundi si quid valeret tenue ingeniolum in con-
vertendis Latinis Monumentis in graecam linguam. Adripui mox syno-
dicam epistolam ipsius Gregorii prolixam, et doctrinae singularis,
quam scripsit ad Constantinopolitanum, Alexandrinum, Antiochenum,
Hierosolymitanumque Sacerdotes, totamque transtuli […] Statui et il-
las convertere, quibus obiurgat Constantinopolitani Episcopi super-
biam, qui se oijkoumeniko;n Patriarcham vocaret (TRAVERSARI, Epistolae,
1759, VIII, 6 = vol. II, col. 364).

HIERONYMUS, Epistola
Patavii offendi opuscula quaedam peregrina penes Hermolaum Bar-
barum, illustris indolis adolescentem. Ea mecum convecta, dum navi-
cula ferrer, transcribere coepi; maiusque postmodum otium nactus
exegi. Sed et Epistolam illam Hieronymi, quae erat apud Barbarum,
transcripsi, pulchram profecto. Ea omnia mitto inpraesentiarum ad te.
Leges Pomponii Attici vitam, M. Catonis, et quorumdam aliorum, ne-
que ambigo ipsa novitate recreabere (TRAVERSARI, Epistolae, 1759,
VIII, 53 = vol. II, col. 422).

LACTANTIUS FIRMIANUS, Adversus Gentiles, De ira Dei, De opifi-


cio hominis [emendatio dell’Adversus Gentiles]
Gratum vero mihi simul, et iucundum fecisti quod Lactantium tuum
ad me direxisti… Nihil profecto fuit, quod vel abs te dignius, vel mi-
hi suavius imperari possit: itaque eius emendationi totus incumbam
(TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 5 = vol. II, col. 280).
Lactantium tuum dum accepero (nam necdum mihi redditus est) sati-
sfaciam tuae voluntati (TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 6 = vol. II,
col. 282).
Hoc tantum in praesentiarum scribendum visum est, Lactantium tuum
mihi postea redditum fuisse: in quem ut primum converti oculos, ac
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CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 297

legere cepi, animadverti scriptorem illum imperitissimum, atque inep-


tissimum, quod necesse erat, negligenter nimium, atque mendose scrip-
sisset. Miseratus sum sortem doctissimi viri, mecumque tacitus indi-
gnabar, aureum illud ingenium imperitorum violari manibus. Laudavi
praeterea consilium tuum, quo tu virum illum hac iniuria liberare co-
gitasti, misistique ad nos, qui etsi minus eruditi, studiosi tamen satis,
atque diligentes sumus. Itaque spondeo, ut antea iam feci, me acrem
operam daturum, ut is, quem tu mendosissimum ad me misisti, quam
emendatissimus ad te proficiscatur, atque de imperito, barbaro, et rus-
tico, quantum fieri per nostrum laborem poterit, eruditus, latinus, et
urbanus fiat. Qui si apud me plusculum temporis moram fecerit, mi-
rari penitus inde non debebis. Solent qui desperabilius languent plu-
rimam apud Medicos… facere. Curabo tamen diligentius, ne tu illum
saepe nimium, atque diu desideres (TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI,
7 = vol. II, coll. 283-284).
Lactantium tuum, ea qua potui inter angustias occupationum mearum
diligentia emendatum ad te misi officio nostri Friderici Ferrariensis.
Quem si tibi vel minus diligenter tractasse, vel minus accurate videbor,
dabis tu veniam occupationibus meis, quibus usque adeo distentus sum,
ut vix in eo obeundo munere vel parum temporis suppeditare potue-
rim. Sane solos septem adversus Gentiles libros emendare potui; quod ho-
rum tantum exemplaria fideliora reperiantur apud nos. Duos reliquos
extremos de ira Dei, et opificio hominis semitruncos adtingere hausus non
sum; quod eorum corruptissima tantum apud nos exemplaria invenerim
(TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VI, 16 = vol. II, col. 294).

LACTANTIUS FIRMIANUS, Phoenix


Ego nihil habeo ferme quod mittam novi, praeter Lactantii Phoenicem
versu elegiaco, quam ante paucos dies Bononiae mihi a studioso ado-
lescente traditam raptim scripsi (TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 52
= vol. II, col. 422).

NEPOS CORNELIUS, Vitae


v. HIERONYMUS, Epistola

PLATO, Definitiones
Volumen parvulum misit [scil. Rinutius] ad me, quod quidem peregri-
na contineret, postridie illud a me recepturus. Transcripsi ex eo nocte
ipsa Platonis definitiones numero, ni fallor, centum sexaginta; ubi quid
sit dies, quid nox, quid Sol, et cetera in hunc modum definiuntur. Tres
item Epistolas Abaris ad Stilaridem, ac Pythagorae ad Hieronidem, et
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298 CAPITOLO QUINTO

Lisidis Pythagorici ad Hypparcum eiusdem sectae philosophum prae-


claras scripsi (TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 28 = vol. II, col. 386).
Escludo l’identificazione con Firenze, Biblioteca Medicea
Laurenziana, Plut. 60. 4.

PYTHAGORICI, Epistolae
v. PLATO, Definitiones

THEOPHRASTUS, De plantis [emendatio]


Theophrastum de plantis, si miseris (quandoquidem ea mihi decreta
provincia est, tuque ita vis) conabor inter occupationes meas transcri-
bere (TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 35 = vol. II, col. 394).
Quod tam graviter quereris Theophrastum a me negligi cui transcri-
bendo operam pollicitus fueram, inique non fero; immo et grate am-
plector studium tuum. Sed id quidem, fateor, me invitissimo contigit.
Scio quam libere, quam libenter id tibi pollicitus sim. Sed peto per
amicitiam nostram, ne irascaris, admittasque magis excusationem
meam. Ita me oppressit, et opprimit in dies occupationum sarcina ex
adiecto mihi Kalendis Ianuarii onere, ut non modo scribere id opus,
sed ne legere quidem, vel parum quiete possim. Volumenque illud mi-
hi postea redditum est, quam inieram magistratum novum. Sed enim
quod ipse nequibam, curavi, ut Paulus noster optimus, ac dulcissimus
pro reliqua sua diligentia exequeretur. Coepit iam opus suum in mem-
branis tuis, prosequiturque egregie. Ego id per me emendabo; quando
ipse transcribere non potui, faciamque pro viribus, ut codicem habeas
emendatum (TRAVERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 36 = vol. II, col. 395).
Paulus Medicus Theophrastum fere absolvit. Eius emendandi curam
mihi ipse subscipiam; ut vel in hoc impleam officium meum (TRA-
VERSARI, Epistolae, 1759, VIII, 37 = vol. II, col. 399).

Riepilogo anche, tra le testimonianze manoscritte attribui-


te alla mano di Ambrogio Traversari dall’abate Lorenzo Me-
hus, quelle che non sono più riuscita a individuare negli at-
tuali fondi manoscritti delle biblioteche fiorentine, per la pe-
nuria dei dati forniti dall’erudito settecentesco oppure a causa
di una reale dispersione negli anni delle soppressioni napo-
leoniche dei conventi.
Andrà tuttavia precisato che l’elenco seguente non inclu-
de testimonianze certamente autografe del Camaldolese, ben-
sì solo ritenute tali dal Mehus. Di conseguenza, non possia-
05_Catalogo 11-11-2009 16:52 Pagina 299

CATALOGO DELLE TESTIMONIANZE MANOSCRITTE 299

mo escludere a priori che tra esse si celino anche false iden-


tificazioni – come del resto induce a sospettare l’erronea at-
tribuzione ad Ambrogio Traversari dell’attuale Laurenziano
Edili 196 di mano dei fratelli Vespucci (cfr. supra, IV.4).

CICERO, Orationes
In his mentionem feci (pag. XXXV seq.) de codice Ciceronis adser-
vato in Bibliotheca Florentinae Abbatiae, qui orationes continet a bar-
barorum ergastulis a Poggio liberatas. Huic simile est exemplum, quod
in Florentina Beati Marci Bibliotheca (chart. in fol.) reconditum est
Ambrosii scriptum manu (MEHUS 1759, I, p. CCCLXXXVII).
Escludo l’identificazione con Firenze, Biblioteca Naziona-
le Centrale, Conventi Soppr. J. IV. 4; Firenze, Biblioteca Na-
zionale Centrale, Conventi Soppr. J. IV. 5; Firenze, Biblio-
teca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. J. IV. 12.

CICERO, De oratore
Tres […] de Oratore libros Ambrosii scriptos manu adservat Floren-
tina Beati Marci (cod. chart. in 4.) Bibliotheca (MEHUS 1759, I, p.
CCCLXXXIX).

Escludo l’identificazione con Firenze, Biblioteca Medicea


Laurenziana, San Marco 262; Firenze, Biblioteca Medicea
Laurenziana, San Marco 269; Firenze, Biblioteca Nazionale
Centrale, Conventi Soppr. I. II. 12.

LEXICON
Operae autem, quam in Graecis litteris consumpsit Ambrosius, quae-
dam remanent aetate nostra monumenta. Nempe in Bibliotheca Sa-
crae Eremi Camaldulensis Lexicon vidi (cod. chart. in 4) graece ac la-
tine confectum, idemque Ambrosii scriptum manu. Illius fortasse
exemplum est, de quo Zeno Amidanus haec scribebat Petro Candido
Decembrio: Vocabulare illud graecum Fratem Ambrosium tuo popo-
sci nomine (MEHUS 1759, I, p. CCCLXV).

PRISCIANUS, Tractatus de ponderibus et mensuris


In codice chartaceo (N. III. N. XVIII. in 4.) Bibliothecae Riccardia-
nae, qui Fontii complectitur adversaria, commemoratus est tractatus
(inc.: Pondus gravitate dimensum etc.) de ponderibus, et mensuris,
05_Catalogo 11-11-2009 16:52 Pagina 300

300 CAPITOLO QUINTO

quem collegimus ex quibusdam Commentariolis scriptis manu Fratris


Ambrosii Monachi Florentini Ordinis Camaldulensis optimi, ac doctis-
simi viri. Arbitror Prisciani fuisse opuscula de ponderibus, et mensuris,
quorum mentionem facit Ambrosius in epistola (Lib. VIII. Epist. XVIII.
col. 381) ad Nicolaum Niccolum (MEHUS 1759, I, p. CCCLXXXVII).
Escludo l’identificazione con Firenze, Biblioteca Medicea
Laurenziana, Ashburnham 259.

TERTULLIANUS, Opuscula
Vix Florentiam attigerat codex, quum Laurentii Medicei beneficio in
potestatem, arbitriumque pervenit Ambrosii, qui eum frustra ab Ior-
dano Cardinale Ursino efflagitaverat. Eam tamen Codicis transcri-
bendi curam suscepit ipsemet Ambrosius, et in eadem Bibliotheca
Marciana versavi (in fol.) codicem Chartaceum ex hereditate docti Vi-
ri Nicolai de Nicolis Florentini in duas partes divisum, atque Ambro-
sii manu sedulo exaratum (MEHUS 1759, I, p. XXXIX).

TRAVERSARIUS AMBROSIUS, Epistola ad Franciscum Philelphum


Testantur aliqui, in Bibl. Barberina unam adservari ad Philelphum
Graece scriptam (MEHUS 1759, I, p. VIII).
A rigore, non è specificato se si tratti o meno di un au-
tografo traversariano.

TRAVERSARIUS AMBROSIUS, Epistolae


Paulo supra innui, me aliquot ex his litteris cum autographis Ambro-
sii Manu-scriptis contulisse, deprehendisseque, Cl. Cannetium mendo-
sis usum fuisse apographis (MEHUS 1759, I, p. XIV).
Nempe Epist. XV Lib. VII, Epist. III & IV, Lib. VIII (MEHUS 1759,
I, p. XIV, nota 3).

Ricordo infine che non è mai stata reperita, e forse è per-


duta per sempre, la copia del Chronicon Casinense e dei Dialogi
de miraculis S. Benedicti, su cui doveva essere annotata una re-
visione marginale e interlineare di mano del Camaldolese: cfr.
HOFFMANN 1973, pp. 78-82; HOFFMANN 1980, p. XXXII;
BROWN 1996.
06_biblio 11-11-2009 16:53 Pagina 301

ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE

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M. L. AGATI, La congiunzione kaiv nella minuscola libraria greca,
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J. J. G. ALEXANDER, Italian Renaissance Illuminations, New York,
Braziller 1977.
ALEXANDER 1988
J. J. G. ALEXANDER, Initials in Renaissance Illuminated Manu-
scripts: The Problem of the So-Called «litera Mantiniana», in Renais-
sance- und Humanistenhandschriften, hrsg. von J. Autenrieth-U. Ei-
gler, München, Oldenburg 1988, pp. 145-214.
AMBROGIO, Epistulae, 1990
SANCTI AMBROSII Opera, X, Epistulae et acta, t. II, Epistularum
libri VII-VIIII, recensuit M. Zelzer, Vindobonae, Hoelder-
Pichler-Tempsky 1990 [Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latino-
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302 ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE

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ATANASIO, De incarnatione, 1945-46
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AURISPA, Carteggio, 1931
Carteggio di Giovanni Aurispa, a cura di R. Sabbadini, Roma,
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BALDELLI CHERUBINI 1972
S. BALDELLI CHERUBINI, I manoscritti della biblioteca fiorentina di
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BANDINI 1764-70
Catalogus codicum graecorum Bibliothecae Mediceae Laurentianae ...
Ang. Mar. Bandinius ... recensuit, illustravit, edidit, 3 voll., Floren-
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Ang. Mar. Bandinius ... recensuit, illustravit, edidit, 3 voll., Floren-
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Petro Canneto abbate camaldulensi in libros XXV tributae ... Adcedit
eiusdem Ambrosii vita in qua historia litteraria florentina ab anno
MCXCII usque ad annum MCCCCXL ex monumentis potissimum
nondum editis deducta est a LAURENTIO MEHUS..., Florentiae, ex
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MITTARELLI-COSTADONI 1755-73
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ad alios de eodem Ambrosio Latinae Epistolae a domno Petro Canneto
abbate camaldulensi in libros XXV tributae ... Adcedit eiusdem Ambro-
sii vita in qua historia litteraria florentina ab anno MCXCII usque ad
annum MCCCCXL ex monumentis potissimum nondum editis deducta
est a Laurentio Mehus..., Florentiae, ex typographio Caesareo
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ZELZER 1983
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ZIEGELBAUR 1750
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Bibliotheca patrum Camaldulensium seu operum ad historiam, discipli-
nam, et ascesin Sac. Ord. Camald. attinentium. Collectio tomis VI com-
prehensa. Cuius Bibliothecae, seu Collectionis accurandae hic ad calcem
praevius exhibetur conspectus auctore P. Magnoaldo Ziegelbaur..., Ve-
netiis, ex typographia Io. Baptistae Albrizzi Hieronymi filii
1750.
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07_indices 11-11-2009 16:53 Pagina 343

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S. Michele in Bosco, 26/2198, 182, 205, 207, 239-241
fasc. 51: 164 Mediceo Avanti il Principato XII,
8: 163, 280-282
CHIUSURE (SIENA) Mediceo Avanti il Principato XIII,
11: 166, 168-170, 172-174,
Archivio Abbazia Monte Oliveto Maggiore 241-242
Diplomatico. Fondo S. Michele in
Bosco di Bologna, n. 62: 163- Biblioteca Medicea Laurenziana
164, 169-170, 180, 279-280 Documenti del Concilio 1: 214-
215, 218, 242-243
FIRENZE Documenti del Concilio 12: 214
Archivio di Stato Documenti del Concilio 15: 214
Carte Strozziane, serie I, 136, c.
14: 168-172, 183-184, 229-230 FORLÌ
Carte Strozziane, serie I, 139, c. Biblioteca Comunale
47: 114, 120, 124, 182-183, Fondo Piancastelli, sezione Carte
230-231 Romagna, busta 641, docu-
Corporazioni Religiose Soppresse mento 210: 115, 166, 168-171,
dal Governo Francese 86. 64: 205-208, 218, 261-264
117-119, 216-217, 231-232
Corporazioni Religiose Soppresse GENOVA
dal Governo Francese 86. 65: Archivio Capitolare di San Lorenzo
116, 217, 232-233 cartella 391, n. 71: 125-129, 134,
Corporazioni Religiose Soppresse 136, 165, 167-168, 170, 173,
dal Governo Francese 86. 68: 184, 265-266
116-118, 217, 233-234 cartella 391, n. 89: 125-129, 134,
Corporazioni Religiose Soppresse 136, 165, 167-168, 170-171,
dal Governo Francese 86. 95: 173, 184, 266-268
84, 120-123, 234-235
Corporazioni Religiose Soppresse SIENA
dal Governo Francese 86. 96: Archivio di Stato
84, 115-116, 120, 122-123, Concistoro, Carteggi, filza 1931, c.
211-212, 218, 235-237 62: 115, 166, 168-170, 172,
Diplomatico, Normali, Camaldoli, 181-183, 205, 209, 269-270
S. Salvatore (eremo), 6 novem- Concistoro, Carteggi, filza 1937, c.
bre 1433: 166-170, 177-182, 75: 115, 166, 168-170, 172,
205, 207, 237-239 206, 208, 218, 270-271
07_indices 11-11-2009 16:53 Pagina 344

INDICE DEI MANOSCRITTI

BAMBERG Plut. 17. 23: 57


Staatsbibliothek Bamberg Plut. 21. 5: 287-288
Msc. Class. 45 (M. IV. 14): 244 Plut. 32. 1: 78
Plut. 32. 9: 7, 25-27
BERLIN Plut. 46. 7: 109-111, 218, 244-246,
248
Staatsbibliothek zu Berlin–Preussischer Kul–
Plut. 46. 13: 93-94, 150, 216, 245-
turbesitz
246
lat. qu. 308: 23
Plut. 48. 34: 110-111, 218, 246-247
Hamilton 166: 78
Plut. 49. 18: 5
Plut. 49. 24: 78
BOLOGNA
Plut. 51. 8: 149-150, 218, 245,
Biblioteca Universitaria 247-248
ms. 391: 13 Plut. 51. 12: 247
ms. 701: 86, 259 Plut. 54. 10: 192
Plut. 54. 30: 94-97, 146-147, 150,
COLOGNY (GENÈVE) 216, 248-249
Fondation Martin Bodmer Plut. 59. 23: 295
Bodm. 136: 55 Plut. 60. 4: 298
Plut. 65. 21: 14, 18, 64, 99, 103,
FIRENZE 137-138, 140
Biblioteca Medicea Laurenziana Plut. 65. 36: 247
Ashburnham 259: 8, 227, 300 Plut. 69. 26: 5
Conventi Soppr. 287: 63 Plut. 69. 35: 144-146, 157, 249-251
Conventi Soppr. 603: 213 Plut. 81. 23: 224, 295
Edili 166: 247 Plut. 89 sup. 75: 160
Edili 196: 226, 282, 299 San Marco 262: 225, 299
Gaddi 85: 57, 160 San Marco 269: 225, 299
Gaddi 113: 159-160, 282-283 San Marco 281: 146-147, 150,
Plut. 4. 22: 213, 283-284 218, 250-251
Plut. 5. 9: 98 San Marco 284: 50
Plut. 6. 3: 289 San Marco 610: 26
Plut. 6. 20: 55, 81-82, 295 San Marco 612: 49
Plut. 7. 30: 6, 25 San Marco 695: 6, 157, 258, 288-
Plut. 10. 3: 131, 157, 255, 285-287 289
Plut. 10. 22: 295 Strozzi 64: 57, 69, 86, 89, 127,
Plut. 13. 12: 23 130, 137-138, 140-144, 146,
Plut. 14. 8: 294 149, 155, 197, 217-218, 221,
Plut. 14. 10: 294 249, 251
07_indices 11-11-2009 16:53 Pagina 345

INDICE DEI MANOSCRITTI 345

Strozzi 96: 62 ms. 264: 8, 50, 71, 85-88, 90, 142-


Strozzi 102: 68, 99, 102, 190 143, 149, 217, 257, 259-260
Strozzi 104: 193 ms. 302: 104-108, 111, 158, 199,
204, 218, 260-261
Biblioteca Moreniana ms. 515: 247
Palagi 267: 9 ms. 549: 71
ms. 554: 192-193
Biblioteca Nazionale Centrale ms. 667: 226, 291-292
II. I. 101: 190-193 ms. 675: 193
II. IX. 125: 50, 128 ms. 827: 192
Conventi Soppr. da ordinare, ms. 875: 296
Badia 4: 167-170, 172, 210-
211, 252-253 KØBENHAVN
Conventi Soppr. B. IV. 2609: 56- Det Kongelige Bibliotek
77, 85, 87, 92, 94-96, 104, GKS 6 folio: 98
106-108, 130, 134, 216, 224,
226, 253-254 LONDON
Conventi Soppr. C. II. 38: 191
Conventi Soppr. D. III. 34: 23 The British Library
Conventi Soppr. D. IV. 37: 191 Harl. 2664: 244
Conventi Soppr. F. IV. 36: 195
Conventi Soppr. G. III. 35: 191 LUCCA
Conventi Soppr. G. IV. 844: 14, Biblioteca Capitolare Feliniana
61, 69-70, 95, 127, 130-141, ms. 540: 190
155, 215, 217, 221, 226, 254-
255, 286 MILANO
Conventi Soppr. G. IX. 291: 9 Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivul-
Conventi Soppr. I. II. 12: 225, 299 ziana
Conventi Soppr. J. IV. 4: 225, 299 Triv. 1626: 192
Conventi Soppr. J. IV. 5: 225, 299
Conventi Soppr. J. IV. 12: 225, Biblioteca Ambrosiana
299 ms. I 71 sup.: 274
Conventi Soppr. J. IV. 26: 99-101, ms. P 116 sup.: 295
290
Conventi Soppr. J. VI. 6: 15, 151- Biblioteca Nazionale Braidense
156, 197, 217-218, 221, 226, A. D. IX. 12: 29
255-256
Conventi Soppr. J. VI. 10: 26, 225 MOSKVA
Conventi Soppr. J. VI. 11: 226 Rossiiskaia Gosudarstvennaia Biblioteka
Conventi Soppr. J. VI. 23: 58, 87, fondo 218, N 389: 7, 223
91-93, 95-96, 104, 106-107,
216, 257-258, 260 MÜNCHEN
Conventi Soppr. J. VII. 18: 94
Conventi Soppr. J. VIII. 8: 15, Bayerische Staatsbibliothek
107, 157-159, 199, 218, 221, ms. gr. 596: 12
226, 258-259, 289
NAPOLI
Biblioteca Riccardiana Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III
ms. 136: 127-128 III. A. A. 16: 295
ms. 143: 138-139, 290-291 Brancacciana, VI. A. 8: 191
07_indices 11-11-2009 16:53 Pagina 346

346 INDICE DEI MANOSCRITTI

OXFORD VATICANO, CITTÀ DEL


Bodleian Library Biblioteca Apostolica Vaticana
Canon. Pat. lat. 105: 61 Barb. gr. 528: 13
Lat. class. c. 7: 293 Capp. lat. 147: 50
Laud Misc. 531: 61 Ottob. lat. 1677: 29
Ottob. lat. 1829: 66
PADOVA Pal. gr. 116: 75
Biblioteca Civica Pal. lat. 148: 57
B.P. 1099: 79 Pal. lat. 903: 50
Pal. lat. 1510: 293
PARIS Reg. lat. 370: 193
Reg. lat. 1388: 79
Bibliothèque Nationale de France Reg. lat. 1612: 29, 107, 158, 197-
Coisl. 84: 295 199, 201, 204, 218, 222, 271-
Par. gr. 1860: 84 273
Par. gr. 2012: 86-90, 142-143, 149- Ross. lat. 50: 15
150, 217, 220, 224, 268-269 Urb. gr. 32: 55
Par. lat. 7719: 109 Urb. gr. 33: 55
Par. lat. 14146: 109 Urb. gr. 88: 55
Urb. lat. 309: 78
Bibliothèque de l’Arsenal Vat. gr. 328: 295
P 37 (Arsenal 234): 5 Vat. gr. 329: 295
Vat. lat. 283: 115
PATMOS Vat. lat. 286: 147-148, 218, 273-275
Monastery of St. John the Theologian Vat. lat. 555: 29, 198
ms. 81: 97 Vat. lat. 989: 50
Vat. lat. 1793: 190
PISTOIA Vat. lat. 2063: 50
Vat. lat. 3110: 50
Biblioteca Forteguerriana
Vat. lat. 3195: 49
A. 24: 76
Vat. lat. 3870: 9
A. 55: 75-76
Vat. lat. 3908: 166, 168-171, 174-
C. 74: 76
177, 196, 206-207, 275-278
Vat. lat. 3911: 189
RAVENNA
Vat. lat. 13680: 206
Biblioteca Classense
ms. 469: 78, 292-293 VENEZIA
ms. 476: 194-195 Biblioteca Nazionale Marciana
Marc. lat. II. 2: 103
SANKT-PETERBURG Marc. lat. XII. 80: 50, 66
Rossiiskaia Natsional’naia Biblioteka
ms. gr. 55: 98 WIEN
Österreichische Nationalbibliothek
STRASBOURG Theol. gr. 11: 98
Bibliothèque Nationale et Universitaire
ms. 84: 213 WOLFENBÜTTEL
Herzog-August-Bibliothek
TORINO ms. 19. 41 Aug. 4to: 107, 158, 199-
Biblioteca Nazionale Universitaria 204, 218, 223, 278-279
B. I. 2: 98 ms. 56. 22 Aug. 8o: 4
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INDICE DEI NOMI *

Abaride, 7, 297 Amidano Zeno, 299


Acciaiuoli Zanobi, 285, 288 Ammone, abate, 132
Agati M. L., 145-146 Andrea da Firenze, 193
Agnolino, frate di S. Maria degli An- Andrea di Federico, frate di S. Ma-
geli, 121 ria degli Angeli, 236
Agnolo, frate di S. Maria degli An- Angeleri C., 41
geli, 121 Antonio, frate di S. Maria degli An-
Agnolo di Giovanni da Casalino, 237 geli, 121
Agostino da Portico, 68, 192 Antonio da San Miniato, 237
Agostino d’Ippona, 7-8, 26, 44-45, Antonio di Gambassio, 170, 177-178,
115, 119, 257 238-239
Agostino di Sbrigantino, frate di S. Antonio di Mario, 13, 47, 51, 63-64,
Maria degli Angeli, 236 94-95, 146-147, 248
Albergati Niccolò, cardinale, 44, 148, Antonio di Massa, 249
275 Apollonio Rodio, 7, 26-27
Alberto, librarius, 260 Archi Veremondo, priore e bibliote-
Alberto da Sarzana, 7 cario di S. Gregorio al Celio, 206
Albizzi Niccolò degli, 122 Archimede, 6
Albizzi Renato degli, 3 Ardinghelli Neri, 116
Albizzo, frate carmelitano, 233 Aristide, 5
Alessandro VIII, papa v. Ottoboni Aristofane, 75
Pietro Aristotele, 5, 9, 25, 34
Alessandro di Afrodisia, 5, 25 Arragazzi Bartolomeo, 83
Alessandro di Martino, frate di S. Arrighi G., 190
Maria degli Angeli, 121, 235 Arrigo, frate di S. Maria degli Ange-
Alessandro Magno, 24 li, 121
Alexander J. J. G., 51-52, 62-63 Atanasio, 7, 15, 107, 157, 159, 199,
Allegri Mariotto, 44, 54, 191, 195- 258, 288-289
196, 294 Atanasio (pseudo), 289
Alopa Lorenzo d’, 80 Aurispa Giovanni, 4, 8, 78, 109-110,
Ambrogio, vescovo di Milano, 8, 68, 210, 244, 292-293
102, 147, 224, 274-275, 294 Azzolini Decio, 273
Ambrogio di Firenze, 72 Azzolini Pompeo, 273
Ames-Lewis F., 62-63, 106, 245-246,
248-249, 287-288 Baldasseroni F., 238, 240

* È escluso dall’indicizzazione, per l’altissimo numero di occorrenze, il no-


me di Ambrogio Traversari.
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348 INDICE DEI NOMI

Baldelli Cherubini S., 9, 67, 105, Boccaccio Giovanni, 8, 63, 221, 294
255, 261 Boezio, 8, 224, 294-295
Banco, 237 Bonciani Raffaello di Guido, frate di
Bandini Angelo Maria, 245-249, 251, S. Maria degli Angeli, 236
282-284, 287-288 Borghesi F., 165-166, 170, 196
Barbaro Ermolao, 223, 296 Borsa Sebastiano, 52
Barbaro Francesco, 2-5, 8, 12, 25-26, Boschi Benedetto de’, 163-164, 169,
43, 52, 57, 83, 85, 87, 144, 185, 180, 279-280
190, 206, 220, 268 Bracciolini Poggio, 5, 26-27, 47-50,
Bargellini T., 1, 39 53, 56, 58, 61, 64, 71, 77-78, 109-
Barile E., 52 111, 206, 225, 244, 246, 250, 278,
Barker N., 80 299
Baron H., 42 Branca V., 249, 289
Baroncino Edoardo, 238, 240 Brown V., 7, 223, 300
Bartolino di Niccolò, 232 Brugnoli Benedetto, 15
Bartolino Niccolò, 23 Brunelleschi Filippo, 44
Bartolo di Iacopo, frate di S. Maria Bruni Leonardo, 11, 37, 42, 53, 55-
degli Angeli, 236 56, 63, 73, 250, 272
Bartolomeo da Montegonzi, 114, 120, Bulletti Antonio, 238, 240
124, 182-183, 230-231 Bulletti P. E., 38, 181, 195, 208,
Bartolomeo di Francesco, 232, 237 270-271
Basilio, frate di S. Maria degli Ange- Burckhardt J., 40
li, 121 Burdach K., 40, 42
Basilio di Ancira, 13, 159-160, 222, Büren V. von, 275
283 Bursill-Hall G. L., 292
Basilio di Cesarea, 5, 11, 34, 159- Butrica J. L., 50, 128
160, 193, 213, 219
Battelli G., 12, 38, 47, 195 Caby C., 2-3, 11, 28, 33, 37, 54,
Beato Angelico, 2 102, 174, 237
Becco Giovanni, 284 Caciolli L., 11, 33, 245-246, 248-
Belting H., 98 249, 251, 254-255, 259, 283, 287,
Benedetto di Filippo, frate di S. Ma- 289
ria degli Angeli, 236 Calderini A., 8
Berenice, regina, 24 Caleca Manuele, 13, 84, 221, 224
Berg K., 62 Callisto III, papa, 275
Bernardo di Michele, frate di S. Ma- Campana A., 37, 79
ria degli Angeli, 236 Canart P., 54, 73, 75, 78, 97, 142,
Bernasconi M., 247 251, 254, 283-284
Berschin W., 74 Canfora L., 289
Bertalot L., 11, 38, 83, 195 Canneti Pietro, 1, 36-37, 176, 185,
Berti E., 55 194-195, 293, 300
Bessarione Basilio, cardinale, 34, 137 Cappi A., 293
Bianca C., 55 Cardinali Matteo, 11
Biedl A., 249 Carlo IV di Lussemburgo, 30
Bignami Odier J., 273 Caroti S., 292
Billanovich G., 50, 275 Carra de Vaux B., 243
Biondo Flavio, 53, 83 Casamassima E., 26, 49, 52, 58-59,
Bischoff B., 245 64, 75, 80, 96, 125-126, 136
Biscioni Anton Maria, 284 Cassiano, 8, 287
Blum R., 254 Castelli P., 44
07_indices 11-11-2009 16:53 Pagina 349

INDICE DEI NOMI 349

Cataldi Palau A., 289, 291-292 Crisolora Demetrio, 82, 88, 220
Cataldo Ruggero, 52 Crisolora Giovanni, 82, 88, 220
Catone, 5, 296 Crisolora Manuele, 5, 20, 54-55, 73-
Catullo, 66 75, 81-87, 90, 150, 220, 268, 295
Cavallo G., 81, 96, 98 Cristina di Svezia, regina, 273
Cavazza F., 249, 290 Cristo, 7, 119, 242
Ceccanti M., 75, 247, 288 Cristofano di Nicoletto, frate di S.
Cecchi Antonio di Francesco, 237 Maria degli Angeli, 236
Cencetti G., 118 Cristofano di Piero, 232
Cennini Piero di Bernardo, 292 Cristoforo da S. Marcello, vescovo di
Cesare, 6 Rimini, 29, 31, 44, 54, 177, 185-
Cesarini Giuliano, cardinale, 15, 30, 189, 201
33-34, 44, 202-203, 213-214, 224, Curlo Giacomo, 51
294 Cursio Mario, abate di S. Maria de-
Cesarini Martinelli L., 249-250, 289 gli Angeli, 105, 261
Chianigiani Niccolò, 59, 146-147,
149-150, 250 Dal Canto Angelo, 117, 231-232
Chiaroni V., 214, 243 Dal Pozzo Toscanelli Paolo, 2, 9,
Chimenti di Nuccio di Cino, frate di 189, 221, 298
S. Maria degli Angeli, 236 Dandalo Benedetto, 24
Ciccolini L., 5-7, 245, 250-251, 284, Daneloni A., 109, 245-246, 251, 254-
287, 289-290 256, 258-260
Cicerone, 5, 8, 42, 53, 110, 170, Davide, re, 8
193, 225, 247, 292-293, 299 Davies M. C., 246
Cicerone (pseudo), 292 Décarreaux J., 33, 38
Cimone, 5 Decembrio Modesto, 53
Cincio Romano, 278 Decembrio Pier Candido, 192, 299
Cipriano, 7 de Gregorio G., 55, 73, 137
Ciriaco d’Ancona, 24, 80 de Hamel C., 62, 246
Cirillo d’Alessandria, 34 de la Mare A., 48-51, 62, 65, 72, 75,
Clareno Angelo, 19-20 78, 93, 99, 110-111, 124, 149,
Climaco Giovanni, 12, 19, 219 226, 245-249, 256-259, 282, 287-
Colbert Jean-Baptiste, 268 288, 290, 292-293
Colonna M. E., 12 Delisle L., 268
Condulmer Gabriele v. Eugenio IV, Della Ratta Giovanni, 207, 261, 263-
papa 264
Conti Bizzarro F., 269 Delz J., 226, 282
Copula Francesco, 83 De Marini Pileo, arcivescovo di Ge-
Corbinelli Antonio, 55, 60, 73, 210, nova, 14, 17, 44, 125-127, 129-
254 130, 134, 136, 139, 165, 167,
Cornelio, frate di S. Maria degli An- 170-171, 173, 184, 265-268
geli, 105, 261 De Robertis T., 48-50, 52, 58-59,
Cornelio Nepote, 223, 297 61-64, 66, 71, 75, 86, 128, 259-
Corsano A., 41-42 260, 292
Cortesi M., 20, 34, 43-44, 73, 83, Derolez A., 60, 133-134, 249
213, 259, 289 Desiderio, abate di Montecassino, 7
Costadoni Anselmo, 15 Di Benedetto F., 251
Cousin J., 245-246, 251 Diller A., 4-5
Covi D. A., 52 Dini-Traversari A., 1-2, 4, 23-25, 38-
Crisci E., 97 39, 55, 173, 195, 254-255
07_indices 11-11-2009 16:53 Pagina 350

350 INDICE DEI NOMI

Diogene Laerzio, 14, 16-18, 44, 64, Ferrantini Antonio, 2


86, 99, 103, 127, 130, 139, 144, Ferrari M., 43, 52, 245, 274-275
146, 151, 155, 249-251, 265-267, Ferreira Gomes, abate della Badia
291 fiorentina (1419-1439), poi genera-
Dionigi l’Areopagita (pseudo), 16, 31, le dei Camaldolesi (1439-1448),
56-57, 197, 222 103, 166-167, 172, 210, 252
Dionisio di Francesco, frate di S. Filelfo Francesco, 6, 8-9, 78-79, 142,
Maria degli Angeli, 121, 235-236 227, 300
Domini D., 293 Filippo da Vinci, priore di S. Maria
Donato Ortigrafo, 219, 292, 296 degli Angeli, 211-212
Donato Pietro, arcivescovo di Creta, Filippo di Bartolo, frate di S. Maria
6, 286 degli Angeli, 236
Donzelli G., 249 Filippo il Macedone, 24
Dorandi T., 250 Filone Giudeo, 8-9
Durand Ursin, 176-177, 193 Filostrato, 5
Finzi C., 174, 278
Efrem Siro, 15, 222, 273 Fioravanti G., 12
Eleuteri P., 4-5, 54, 73, 75, 78, 97, Flacio Illirico v. Vlacich Mattia
142, 145, 251, 254, 289 Flavio Giuseppe, 9
Enea di Gaza, 12, 219 Fonzio Bartolomeo, 227, 291-292,
Enrico, 244 299
Epicuro, 17 Fortuna A. M., 172, 242
Eschilo, 7, 26-27 Fossa U., 1, 3, 10-11, 13, 15-16, 37,
Eschine, 5 154
Euclide, 34 Fozio, 288
Eufrosino, frate di S. Maria degli Franceschini A., 293
Angeli, 192 Francesco I, granduca di Toscana e
Eugenio IV, papa, 1, 15, 21-22, 28, imperatore, 283
32-33, 132, 137, 165, 168, 170- Francesco, abate delle Carceri, 191
171, 174-176, 185, 187, 189-191, Francesco, priore dell’eremo a Vivo,
193, 197, 213-214, 241-243, 276- 178, 181, 209, 239, 269
277, 279 Francesco, priore di S. Mustiola de-
Eusebio di Cesarea, 7 gli Archi v. Francesco, priore del-
Eustachio, abate di Val di Castro, 102 l’eremo a Vivo
Francesco d’Antonio del Chierico, 63
Fabbri L., 251 Francesco del Corazza, 116, 232-233
Fantoni A. R., 284, 288 Francesco di Zanobi, frate di S. Ma-
Fasolo Bartolomeo, 52 ria degli Angeli, 236
Fava D., 160, 283 Franchi de’ Cavalieri P., 275
Favi A., 39, 185, 187-188, 190-191, Francovich Mattia v. Vlacich Mattia
195-196 Frigerio S., 1, 13, 15-16, 22, 243,
Federico I Hohenstaufen, detto il 251, 255-256, 259, 279, 283, 287
Barbarossa, imperatore, 278 Frontino, 27
Federico III d’Asburgo, imperatore, Frontone, 7, 27
279 Fryde E. B., 98, 289
Federico da Ferrara, 297 Fubini R., 11, 13, 33, 40, 42, 56
Feliciano Felice, 51, 79 Fyrigos A., 131, 255, 287
Fera V., 5, 55
Ferdinando III d’Asburgo-Lorena, Gabrielli Gabriello de’, frate di S.
granduca di Toscana, 214 Maria degli Angeli, 236
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INDICE DEI NOMI 351

Gain B., 5, 11, 13, 34, 256, 289 Giovanni di Cenni v. Giovanni Are-
Galilei Tommaso di Tommaso, frate tino
di S. Maria degli Angeli, 236 Giovanni di Duccio, frate di S. Ma-
Gallori F., 251, 282, 290 ria degli Angeli, 236
Gamillscheg E., 4, 214, 243, 268-269 Giovanni di Giovanni, frate, 233
García Alonso, vescovo di Burgos, 29 Giovanni di Lubecca, 278
Garfagnini G. C., 39 Giovanni di Lucignano, 178, 237
Garin E., 14, 41 Girolamo, santo, 9, 26, 104, 223,
Gasparino da Casale, 78 257, 261, 296-297
Gasparre di Giovanni, frate di S. Girolamo di Dardano, frate di S.
Maria degli Angeli, 236 Maria degli Angeli, 235
Gavinelli S., 245 Giuliani C., 293
Gaza Teodoro, 78-79 Giuliano, frate di S. Maria degli An-
Gellio, 94, 100-101, 147, 248, 290 geli, 121
Gentile S., 24, 29-30, 43-45, 160, Giuseppe II, patriarca di Costantino-
198, 250-251, 260, 273, 283-284, poli, 33
287, 289 Giustiniani Andreolo, 12, 219
Gera, 122, 235 Giustiniani Leonardo, 2, 4-5, 8, 25,
Gerardo di Patrasso, 4 43, 52, 62, 145, 185, 189-190,
Ghiberti Lorenzo, 44, 133 221, 249, 272
Ghita, 235 Giusto d’Agnolo, frate di S. Maria
Giacinto, martire, 44, 133 degli Angeli, 236
Giacobbo di Terno, frate di S. Ma- Gombrich E. H., 40, 42, 49
ria degli Angeli, 236 Gomezio, abate della Badia fiorenti-
Giacomo, frate di S. Maria degli An- na (1419-1439), poi generale dei
geli, 192 Camaldolesi (1439-1448) v. Ferrei-
Gigante M., 14-15, 17-18, 139, 250- ra Gomes
251, 254-255, 287 Gonzaga, famiglia, 201
Gill J., 32, 213 Gonzaga Gian Francesco I, marche-
Gilson E., 40 se di Mantova, 201-202, 278
Gioacchino del fu Anselmo, 117, Gonzaga Gian Lucido, 107, 201-205,
233-234 272, 278
Giorgio di Trebisonda, 31-32 Grafton A., 57
Giovanni XXIII, antipapa, 65, 83, 237 Gregorio I Magno, papa, 7
Giovanni VIII Paleologo, imperatore, Gregorio da Vicenza, 153, 256
33-34, 214, 242-243 Gregorio di Nazianzo, 11, 13, 29-30,
Giovanni, 183, 229 107, 159, 164, 197-198, 221-222,
Giovanni Andrea da Colonia, 245 272, 283, 296
Giovanni Aretino, 51, 93-94, 129, 245 Gregorio di Nissa, 6, 25
Giovanni Crisostomo, 11-13, 15-16, Gregorio Presbitero, 15, 197, 222
19, 30-31, 85, 151-152, 156, 197, Gregory C. R., 60, 90
213, 219, 222, 226, 256 Griggio C., 12, 170, 195, 261
Giovanni da Laterina, 23, 191 Gualdo Rosa L., 11
Giovanni da Montenero, 34, 213 Gualterina, 235
Giovanni da Prato, 273 Guarino Veronese, 4, 6, 52, 54, 56,
Giovanni da Prato Vecchio, 168-170, 74-77, 79, 82, 85, 91, 96, 98, 137,
178, 181, 239-240 216, 253, 272-273, 295
Giovanni da Ravenna v. Malpaghini Guasti C., 230-231
Giovanni
Giovanni da S. Miniato, 2 Harlfinger D., 4, 73, 268-269, 291
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352 INDICE DEI NOMI

Haskins C. H., 40 Lorenzo di Giovanni, frate di S. Ma-


Hay D., 40-41 ria degli Angeli, 236
Hegel G. W. F., 40 Lorenzo di Mico, 237
Heinemann O. von, 279 Lorenzo di Niccolò, 237
Hessel A., 47 Lorenzo di Silvestro, chierico di San
Hoffmann H., 223, 300 Lorenzo, 57
Hofmann G., 88, 195, 214, 220, 243 Lorini T., 14
Hunger H., 75-76, 79, 96-97 Luca, evangelista, 26
Hunt R. W., 93 Lucullo, 5
Lugano P., 38, 195, 280
Iacopo, priore di S. Maria degli An- Luigi XIV, re di Francia, 268
geli, 207, 261, 263-264 Luigi di ser Michele, 49-50, 59, 71
Iaria S., 22-23, 39, 57, 102-103, 153, Luiso F. P., 2, 37-38, 172, 183, 185,
177-178, 185, 190-192, 195, 222, 195, 230, 242, 262-263, 277-278
239, 241 Lunghetti C., 172, 242
Ieronide, 8, 297
Ignazio, 7 Mabillon Jean, 193-194
Ignesti B., 2 Macrobio, 149-150, 247
Ilario di Poitiers, 9 Magheri Cataluccio M. E., 1, 3, 10,
Ipparco, 8, 298 154
Irigoin J., 80, 96 Magliabechi Antonio, 23, 193
Isaia, 27 Magrini S., 287, 289
Malefici Luca di Neri, priore di S.
Komines A., 97 Maria degli Angeli, 122, 185, 192,
Kristeller P. O., 20, 41, 171, 206, 211-212, 236
251, 253, 255-256, 259, 273, 278, Malpaghini Giovanni, 83
291-292 Manetti Giannozzo, 2, 56, 85, 206,
272-273
Labowski L., 137 Manfredi A., 2, 44-45, 115, 148, 253,
Lami Giovanni, 37, 139, 195, 260- 274-275, 278
261, 291-292 Mantegna Andrea, 51
Lamola Giovanni, 275 Mantovani G. P., 52
Landriano Gerardo, 225 Manuele II Paleologo, imperatore, 5
La Penna A., 247-248 Manuzio Aldo, 81
Lascaris Giano, 80-81 Marcanova Giovanni, 51
Lattanzio, 4, 8, 56-63, 67, 70-71, 79, Marcello Vittorio, 250
82, 85-86, 90-91, 96, 104, 106- Marchese Francesco Elio, 15
109, 111, 114, 119, 128, 130, 134, Marco, 183, 229
199, 204, 215-216, 223-224, 226, Marco del fu Benvenuto, 116
244, 253-254, 257-260, 266, 287, Marco di Michele, presbitero di Cor-
296-297 tona, 11
Leonardo, 201 Marcon S., 79
Leonardo da Pescia, 295 Maria Vergine, 119
Leonardo di Gregorio, frate di S. Marshall P. K., 100, 290
Maria degli Angeli, 236 Marsini S., 177
Leroy F. J., 13 Marsuppini Carlo, 2, 142
Lippomani Marco, 26 Martène Edmond, 176-177, 193-194
Liside, 8, 298 Martini E., 249
Lisimaco, 24 Martino V, papa, 13, 22, 32
Livio Tito, 6, 8 Martino III, generale dei Camaldole-
Lorenzo, monaco, 2 si, 3
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INDICE DEI NOMI 353

Martinori E., 120, 208 Mittarelli Giovanni Benedetto, 15,


Matteo, evangelista, 31, 213, 222 206
Matteo di Guido, frate di S. Maria Mommsen T., 293
degli Angeli, 232, 236 monna Gera v. Gera
Matteo di Lorenzo, 235 monna Ghita v. Ghita
Matteo di ser Antonio, frate di S. monna Gualterina v. Gualterina
Maria degli Angeli, 236 Morelli Giacomo, 55, 195
Mattia Flacio Illirico v. Vlacich Mattia Morenzoni F., 171
Mauro di Morello, frate di S. Maria Morison S., 47, 49, 52, 64-65
degli Angeli, 236 Mosco Giovanni, 254, 285-286
Mazzatinti G., 293 Munk Olsen B., 245
Medici de’, famiglia, 163, 173, 241,
281, 297 Nelli Filippo, 2
Medici Cosimo de’, detto il Vecchio, Nemesio, martire, 44, 133
2-3, 6-7, 14-15, 17, 33, 43, 61, Nencioni S., 251, 282, 290
64, 68, 99, 133, 137-138, 140, Nerucci Piero, 59
156, 171-174, 183-185, 190, 192, Nicandro, 5
201, 229-230, 241-242, 245-246, Niccoli Niccolò, 2, 4, 6, 8-9, 11, 13-
248-249, 251, 257-259, 273, 281, 14, 16, 24-27, 39, 42, 44-45, 47-
287-288 50, 53-54, 58, 61-64, 71, 77, 86-
Medici Cosimo I de’, granduca di 87, 99-101, 106, 110, 127-128,
Toscana, 287 131-132, 136, 149, 153-154, 156,
Medici Giovanni de’, 257-258
165, 185, 189-190, 195, 213, 217,
Medici Lorenzo de’, detto il Magni-
221, 223, 226-227, 246-247, 250,
fico, 80, 98
256, 259-260, 266, 284, 286, 289-
Medici Lorenzo de’, detto il Vecchio,
290, 300
2-3, 35, 133, 172-174, 185, 190,
Niccolò V, papa v. Parentucelli Tom-
196, 227, 241-242, 281, 300
maso
Medici Pietro de’, detto il Fatuo, 80
Medici Pietro de’, detto il Gottoso, Niccolò, monaco, 7
98, 245-246, 248-249, 288 Niccolò Cusano, 213
Mehus Lorenzo, 1, 11, 13, 22-23, Niccolò di Berto, 164
36-37, 43, 58, 84, 99, 153, 155, Niccolò di Gentile, 235
176, 185, 188, 190, 193-195, 222, Nicolaj Petronio G., 93, 129, 246
225-227, 251, 254-256, 259, 282, Nofri, frate di S. Maria degli Angeli,
290, 292, 298-300 121
Meiss M., 51-52 Nuzzo A., 196
Mercati G., 12, 14, 34, 38-39, 83,
176-177, 189-190, 193-196, 206, Omero, 79, 294
210, 253, 276, 278 Omont H., 269
Merolla L., 206 Origene, 7, 27, 49, 159, 283
Metafrasta Simeone, 132, 255 Orsini Giordano, cardinale, 9, 16,
Metzler K., 289 26, 225-226, 241, 300
Michele, monaco, 14, 18, 23, 29, 31, Ottoboni Pietro (papa Alessandro
54-55, 64, 68, 85, 99, 102-103, VIII), 273
137-138, 140, 151, 153-154, 188-
192, 194, 196, 224, 256, 287 Pächt O., 61-62
Milanesi C., 214, 243 Pagnani A., 1
Minns E. H., 79 Pagnoni M. R., 138-139, 291
Mioni E., 14, 38, 131-132, 255, 283, Palavicinus B., 243
285-287 Paleologi, famiglia, 76
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354 INDICE DEI NOMI

Paleologo Giovanni VIII v. Giovanni Pizolpasso Francesco, arcivescovo di


VIII Paleologo Milano, 29-30, 44
Paleologo Manuele II v. Manuele II Platone, 19, 34, 268, 297-298
Paleologo Plinio, 6
Palladio, 15, 197, 222 Plinio il Giovane, 50, 292
Paolo di Tarso, 7, 151-152, 156, 256 Plutarco, 5, 19, 34
Paredi A., 44 Podocatharus Filippo, 272
Parente, frate di S. Maria degli An- Polibio, 6, 19
geli, 193 Poliziano Angelo, 27, 258, 288-289
Parentucelli Tommaso (papa Niccolò Polluce, 7
V), 9, 31, 44, 148-149, 274-275 Pomaro G., 8, 63, 67, 69, 74, 78,
Passalacqua M., 8, 224, 227 86-87, 91-94, 99-100, 104, 106,
Pattenden P., 286-287 109-110, 142, 147, 149, 244-251,
Pausania, 5 253-254, 256-258, 260-261, 288,
Pavanelli Placido, 31, 187-189 290, 292
Pedro di Portogallo, duca di Coim- Pompeo Trogo v. Trogo Pompeo
bra, 12 Pomponio Attico, 296
Pedro Fernandez de Frias, cardinale, Pontani A., 33-34, 52, 55, 78-81, 84,
116, 118, 233 250
Pellegrini A., 243 Porcari Mariano, 55
Pepoli Niccolò, 261, 263-264 Porcari Stefano, 26
Perosa A., 36, 196, 289 Prato G., 76
Pertusi A., 34 Prisciano, 8, 227, 299-300
Peruzzi Filippo di ser Ugolino, 2, 34, Proch U., 32-33, 35, 213
189 Proclo, 213
Pesenti G., 83 Prosdocimi L., 52
Petitmengin P., 5-7, 245, 250-251, Proto, martire, 44, 133
284, 287, 289-290 Prunai Falciani M., 291
Petrai Consalvo, 238, 240
Petrarca Francesco, 42-43, 47, 49, Quintiliano, 6, 93, 101, 109-110,
63, 186-187 146-147, 149, 244-246, 250
Petrucci A., 25, 49-50, 52, 55, 59,
65, 118, 165, 293 Ragusi L., 2
Piccolomini Enea Silvio (papa Pio Ranieri, abate di S. Bartolomeo di
II), 44 Anghiari, 239
Pico della Mirandola Giovanni, 98 Ranieri, frate di S. Maria degli An-
Piero d’Antonio, frate di S. Maria geli, 163, 281
degli Angeli, 121, 235 Rao I. G., 33, 63, 213
Piero da Bibbiena, 9 Regoliosi M., 206-207, 276, 278
Pietro, apostolo, 242 Renato d’Angiò, re di Napoli, 13
Pietro, priore del Camaldolino di Bo- Reynolds L. D., 245, 282, 290, 292-
logna, 170, 207, 261-262, 264 293
Pietro del Bambo, frate di S. Maria Ricci Bernardo di Gucciozzo de’, 236
degli Angeli, 236 Ricci Giulio, 195
Pietro Leopoldo, granduca di Tosca- Ricci P. G., 38
na, 283 Rigacci Giuseppe, 36
Pintor F., 246, 257-258 Rigotti G., 35
Pio II, papa v. Piccolomini Enea Silvio Rinaldi R., 165-166
Piovan F., 79 Rinaldo di Ludovico Volterrano, 191
Pitagora, 7-8, 297 Rinuccio Aretino, 6, 297
Pittaluga S., 22 Rinuccio da Bologna, 221
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INDICE DEI NOMI 355

Rizzo S., 9, 26-27, 58, 67, 77-80, Sottili A., 5-6, 11-15, 19, 29, 31, 33,
100, 136-137, 188, 190, 221, 256, 35, 38, 69-70, 84, 116, 122, 138-
289-290 140, 142-145, 151-153, 155-157,
Rollo A., 5, 55-56, 73, 76-78, 82, 84, 160, 185-190, 193, 195-196, 198,
86-87, 89, 220, 254, 268-269 202-203, 211, 237, 243, 249, 251,
Romualdo, frate di S. Maria degli 254-256, 259, 266, 268, 279, 283,
Angeli, 121 289, 291
Rondinelli Giovanni, 287 Sozomeno da Pistoia, 75-76
Rosa M., 37 Stadter P. A., 5-6, 45, 67, 98, 251,
Rouse R. H., 293 258, 260, 282, 284, 286-287, 289
Rufino d’Aquileia, 7, 159, 283 Stilaride, 7, 297
Rutilio Lupo, 6 Stinger C. L., 1-4, 6, 11-16, 19, 25,
Ruysschaert J., 63 27-29, 31, 34, 38-39, 44, 54-56,
83-84, 139, 151-152, 185, 187,
Sabbadini R., 24, 78, 106, 109, 244- 189, 213, 221, 293
246, 293 Strozzi Carlo di Tommaso, 251
Saenger P., 59 Strozzi Palla, 55, 73, 81, 87, 220,
Salutati Coluccio, 37, 45, 47-50, 53, 268, 295
55, 58, 62, 71-72, 118, 193 Supino Martini P., 49, 66
Sanvito Bartolomeo, 48, 204 Svetonio, 6
Sautel J. H., 287
Savino G., 75 Tacconi M., 251
Scala Bartolomeo, 192 Tamburini V., 23, 39
Scarano Demetrio, 4-5, 83-85, 88, Teofrasto, 9, 221, 298
143-146, 157, 249 Tertulliano, 6, 26, 225-226, 300
Schiaparelli L., 238, 240 Thiermann P., 245
Schlick Kaspar, 202-204, 278 Thode H., 40
Schmidt P. L., 109, 244-245 Thomson D. F. S., 50, 62
Scipione Minore, 24 Toffanin G., 40
Sebastiano, abate di S. Salvatore, Tolomeo, 7, 34
191-192 Tommasi Pietro, 24, 26
Sekoundinòs Nicola, 34 Tommaso di Tommaso, 235
Selvatico Michele, 52 Torelli Filippo, 287
Senofonte, 4-6, 85 Tornaquinci Gregorio, 116
Servio, 292 Tornaquinci Iacopo, 85
Sigismondo di Lussemburgo, impera- Tortelli Giovanni, 206, 275-276
tore, 3, 16, 21, 30, 197, 199, 201, Trapezunzio Giorgio, 160
203, 272, 278-279 Traversari Girolamo, 2, 22, 67-68,
Signorino di Bartolomeo, notaio, 166, 186-187, 189-193
263-264 Triclinio Demetrio, 73
Silio Italico, 226, 282 Trogo Pompeo, 5, 292
Simone, monaco, 55 Tucidide, 5
Simone da Tornaquinci, frate, 233
Simplicio, 34 Ullman B. L., 5-6, 45, 48-51, 62, 67,
Siropulo Silvestro, 214 72, 93-94, 98-100, 155, 249, 251,
Sisto IV, papa, 65 256, 258, 260, 282, 284, 286-287,
Smith L., 224 289-290, 292
Socrate, 272 Usener H., 249
Sofocle, 7, 26-27
Somigli C., 1, 22, 33, 35, 38-39, 42, Valla Lorenzo, 42, 56, 206, 245
83, 195 Valori Baccio, 287
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356 INDICE DEI NOMI

Varalda P., 12-13, 19-20 Vlacich Mattia, detto Mattia Flacio


Vasoli C., 18, 43 Illirico, 203, 279
Vattasso M., 275
Venier Paolo, 7, 223 Wardrop J., 48
Verdiano, notaio, 211-212, 236 Way A. C., 15, 29, 38, 198, 273
Verino Ugo, 251 Werinharius I, vescovo di Strasburgo,
Veronesi M., 54 244
Vespasiano Angelo, 273 Wilson N. G., 251
Vespasiano da Bisticci, 2, 10-11, 29, Winterbottom M., 109, 244-246, 250-
37, 55, 61, 82, 85, 151, 153-154, 251
156-157, 192, 214 Witt R., 20, 42, 170-171
Vespucci Anastasio, 226, 282, 299 Wohlmuth J., 28, 32
Vespucci Giorgio Antonio, 99, 226,
250, 282, 290, 299 Zaccaria R. M., 115-118, 122, 211,
Vicario M. C., 284-285, 287-289 230-235, 237, 242, 256, 259, 282
Vincenzo di Bartolino, frate di S. Zaggia M., 53
Maria degli Angeli, 236 Zamponi S., 26, 47, 49-50, 52, 59,
Virgilio, 272, 292 64, 66, 68, 72, 75, 79, 292
Visconti, famiglia, 33, 174, 176, 276 Zanobi, 237
Visconti Filippo Maria, 33, 248 Zelzer M., 274-275
Viti P., 7, 157, 160, 165, 213, 243, Zeno Carlo, 272
251, 258-259, 283-284, 288-289 Ziegelbaur Magnoaldo, 37
Vittore Sesto Aurelio, 292 Zomino di ser Bonifazio v. Sozome-
Vittori Marco, 116 no da Pistoia
Vittorino da Feltre, 43-44, 54, 202 Zorzi N., 4, 55, 87-88, 195, 220,
Vittorio Marcello v. Marcello Vittorio 268, 295
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ELENCO DELLE TAVOLE

Tav. 1. Firenze, Archivio di Stato, Carte Strozziane, serie I, 136,


c. 14r
Tav. 2. Firenze, Archivio di Stato, Carte Strozziane, serie I, 139,
c. 47r
Tav. 3. Firenze, Archivio di Stato, Corporazioni Religiose Sop-
presse dal Governo Francese 86. 64, c. 152r
Tav. 4. Firenze, Archivio di Stato, Corporazioni Religiose Sop-
presse dal Governo Francese 86. 95, c. 98v
Tav. 5. Firenze, Archivio di Stato, Corporazioni Religiose Sop-
presse dal Governo Francese 86. 96, c. 34v
Tav. 6. Firenze, Archivio di Stato, Diplomatico, Normali, Ca-
maldoli, S. Salvatore (eremo), 6 novembre 1433r
Tav. 7. Firenze, Archivio di Stato, Diplomatico, Normali, Ca-
maldoli, S. Salvatore (eremo), 19 dicembre 1433r
Tav. 8. Firenze, Archivio di Stato, Mediceo Avanti il Principato
XIII, 11r
Tav. 9. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 46. 13,
c. 27v
Tav. 10. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 48. 34,
c. 20v
Tav. 11. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 51. 8,
c. 47v
Tav. 12. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 54. 30,
c. 102v
Tav. 13. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 69. 35,
c. 26v
Tav. 14. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, San Marco
281, c. 14r
Tav. 15. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Strozzi 64,
c. 24v
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358 ELENCO DELLE TAVOLE

Tav. 16. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr.


da ordinare, Badia 4, p. 163
Tav. 17. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr.
B. IV. 2609, c. 6r
Tav. 18. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr.
G. IV. 844, c. 1r
Tav. 19. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr.
J. VI. 6, c. 88v
Tav. 20. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr.
J. VI. 23, c. 82r
Tav. 21. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr.
J. VIII. 8, c. 1r
Tav. 22. Firenze, Biblioteca Riccardiana, ms. 264, c. 6r
Tav. 23. Firenze, Biblioteca Riccardiana, ms. 302, c. 1r
Tav. 24. Forlì, Biblioteca Comunale, Fondo Piancastelli, sezione
Carte Romagna, busta 641, documento 210r
Tav. 25. Genova, Archivio Capitolare di San Lorenzo, cartella
391, n. 71r
Tav. 26. Genova, Archivio Capitolare di San Lorenzo, cartella
391, n. 89r
Tav. 27. Paris, Bibliothèque Nationale de France, Par. gr. 2012,
c. 43r
Tav. 28. Siena, Archivio di Stato, Concistoro, Carteggi, filza
1931, c. 62r
Tav. 29. Siena, Archivio di Stato, Concistoro, Carteggi, filza
1937, c. 75r
Tav. 30. Vaticano, Città del, Biblioteca Apostolica Vaticana, Reg.
lat. 1612, c. 1r
Tav. 31. Vaticano, Città del, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat.
lat. 3908, c. 241r
Tav. 32. Wolfenbüttel, Herzog-August-Bibliothek, ms. 19. 41.
Aug. 4to, c. 73r
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TAVOLE
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TAVOLA 1

Tav. 1. Firenze, Archivio di Stato, Carte Strozziane, serie I, 136, c. 14r.


09_tavole 13-11-2009 10:46 Pagina 362

TAVOLA 2

Tav. 2. Firenze, Archivio di Stato, Carte Strozziane, serie I, 139, c. 47r.


09_tavole 13-11-2009 10:46 Pagina 363

TAVOLA 3

Tav. 3. Firenze, Archivio di Stato, Corporazioni Religiose Soppresse dal Governo


Francese 86. 64, c. 152r.
09_tavole 13-11-2009 10:46 Pagina 364

TAVOLA 4

Tav. 4. Firenze, Archivio di Stato, Corporazioni Religiose Soppresse dal Governo Fran-
cese 86. 95, c. 98v.
09_tavole 13-11-2009 10:46 Pagina 365

TAVOLA 5

Tav. 5. Firenze, Archivio di Stato, Corporazioni Religiose Soppresse dal Go-


verno Francese 86. 96, c. 34v.
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TAVOLA 6

Tav. 6. Firenze, Archivio di Stato, Diplomatico, Normali, Camaldoli, S. Salvatore


(eremo), 6 novembre 1433r.
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TAVOLA 7

Tav. 7. Firenze, Archivio di Stato, Diplomatico, Normali, Camaldoli, S. Salvatore


(eremo), 19 dicembre 1433r.
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TAVOLA 8

Tav. 8. Firenze, Archivio di Stato, Mediceo Avanti il Principato XIII, 11r.


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TAVOLA 9

Tav. 9. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 46. 13, c. 27v.


09_tavole 13-11-2009 10:51 Pagina 370

TAVOLA 10

Tav. 10. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 48. 34, c. 20v.
09_tavole 13-11-2009 10:51 Pagina 371

TAVOLA 11

Tav. 11. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 51. 8, c. 47v.


09_tavole 13-11-2009 10:51 Pagina 372

TAVOLA 12

Tav. 12. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 54. 30, c. 102v.
09_tavole 13-11-2009 10:51 Pagina 373

TAVOLA 13

Tav. 13. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 69. 35, c. 26v.
09_tavole 13-11-2009 10:51 Pagina 374

TAVOLA 14

Tav. 14. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, San Marco 281, c. 14r.
09_tavole 13-11-2009 10:51 Pagina 375

TAVOLA 15

Tav. 15. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Strozzi 64, c. 24v.


09_tavole 13-11-2009 10:51 Pagina 376

TAVOLA 16

Tav. 16. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. da ordinare, Badia 4,
p. 163.
09_tavole 13-11-2009 10:52 Pagina 377

TAVOLA 17

Tav. 17. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. B. IV. 2609, c. 6r.
09_tavole 13-11-2009 10:52 Pagina 378

TAVOLA 18

Tav. 18. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. G. IV. 844, c. 1r.
09_tavole 13-11-2009 10:52 Pagina 379

TAVOLA 19

Tav. 19. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. J. VI. 6, c. 88v.
09_tavole 13-11-2009 10:52 Pagina 380

TAVOLA 20

Tav. 20. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. J. VI. 23, c. 82r.
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TAVOLA 21

Tav. 21. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppr. J. VIII. 8, c. 1r.
09_tavole 13-11-2009 10:52 Pagina 382

TAVOLA 22

Tav. 22. Firenze, Biblioteca Riccardiana, ms. 264, c. 6r.


09_tavole 13-11-2009 10:52 Pagina 383

TAVOLA 23

Tav. 23. Firenze, Biblioteca Riccardiana, ms. 302, c. 1r.


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TAVOLA 24

Tav. 24. Forlì, Biblioteca Comunale, Fondo Piancastelli, sezione Carte Romagna,
busta 641, documento 210r.
09_tavole 13-11-2009 10:53 Pagina 385

TAVOLA 25

Tav. 25. Genova, Archivio Capitolare di San Lorenzo, cartella 391, n. 71r.
09_tavole 13-11-2009 10:53 Pagina 386

TAVOLA 26

Tav. 26. Genova, Archivio Capitolare di San Lorenzo, cartella 391, n. 89r.
09_tavole 13-11-2009 10:53 Pagina 387

TAVOLA 27

Tav. 27. Paris, Bibliothèque Nationale de France, Par. gr. 2012, c. 43r.
09_tavole 13-11-2009 10:53 Pagina 388

TAVOLA 28

Tav. 28. Siena, Archivio di Stato, Concistoro, Carteggi, filza 1931, c. 62r.
09_tavole 13-11-2009 10:53 Pagina 389

TAVOLA 29

Tav. 29. Siena, Archivio di Stato, Concistoro, Carteggi, filza 1937, c. 75r.
09_tavole 13-11-2009 10:53 Pagina 390

TAVOLA 30

Tav. 30. Vaticano, Città del, Biblioteca Apostolica Vaticana, Reg. lat. 1612, c. 1r.
09_tavole 13-11-2009 10:53 Pagina 391

TAVOLA 31

Tav. 31. Vaticano, Città del, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 3908, c. 241r.
09_tavole 13-11-2009 10:53 Pagina 392

TAVOLA 32

Tav. 32. Wolfenbüttel, Herzog-August-Bibliothek, ms. 19. 41. Aug. 4to (3222),
c. 73r.

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