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GRANDEZZE DOSIMETRICHE 3
DOSE ASSORBITA 4
ENERGIA TRASFERITA E KERMA 5
EQUILIBRIO DI PARTICELLE SECONDARIE CARICHE 7
METODI CALORIMETRICI 13
TEORIA DELLA CAVITÀ 13
APPLICAZIONE TEORIA DELLA CAVITÀ: CAMERE A IONIZZAZIONE A CAVITÀ PER LA
MISURA DELLA DOSE ASSORBITA 24
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INTRODUZIONE
2
organi di controllo e monitoraggio, al fine di garantire un corretto utilizzo e una
minima esposizione alle radiazioni. La radioprotezione è una scienza
multidisciplinare, il cui scopo è appunto quello di progettare sistemi normativi e
tecnici per garantire la protezione dalle radiazioni ionizzanti. Uno dei punti
principali è quello della limitazione delle dosi, che può essere esplicato solo
attraverso una corretta dosimetria delle radiazioni. Ecco quindi che la dosimetria
non riguarda più solo le teorie scientifiche sull’interazione radiazione-materia,
ma comprende problematiche pratiche che rendono questo studio
particolarmente interessante e importante.
GRANDEZZE DOSIMETRICHE
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Dose Assorbita
dE
D=
dm
1Gy = 1J ⋅ 1Kg −1 .
dE = Rin − Rout + ∑ Q
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distanza percorsa dalle particelle dipende dall’energia cinetica impartita dai
primari. Allo stesso modo, non tutte le particelle secondarie prodotte nel
volumetto dissipano la propria energia all’interno di questo. La dose assorbita
dipende quindi non solo dal flusso primario di radiazione ma anche dalla
distribuzione energetica dei flussi dei secondari e dalla distribuzione di materia
nell’intorno del volumetto.
dE E
Et =
dm
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- le particelle cariche pesanti (protoni, deutoni, alfa, ioni,…)
perdono energia soltanto in collisioni con gli atomi del materiale;
si è soliti distinguere le collisioni prossime (in cui si ha
produzione di elettroni per ionizzazione e mai eccitazione, a
causa dell’elevata differenza di energia tra la particella incidente
e l’elettrone atomico) e collisioni distanti (in cui la particella
interagisce con l’intero atomo con fenomeni di eccitazione o
ionizzazione a seconda dell’energia della particella incidente).
L’energia persa all’interno del volume è pari all’energia trasferita
poiché essa tiene conto della produzione delle particelle
secondarie (in questo caso gli elettroni dei processi di
ionizzazione). La relazione per Et è:
Scoll
Et = ∫ ρ
φ dE
S coll
dove è il potere frenante massico e φ è il flusso primario
ρ
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elettroni e positroni) all’interno del volumetto, diviso la massa
del volume stesso:
dE k
Et = ≡ KERMA
dm
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2. all’interno del volume e dissipano tutta l’energia all’interno dello
stesso
1
2 3
D = Et
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massimo dei secondari carichi. Per ragioni di simmetria, la
dissipazione dell’energia in piccoli volumi all’interno del volume
di misura è la stessa.
γ
Dose
Senza perdite per
KERMA irraggiamento
eq
KERMA Con perdite per
irraggiamento
Dose
Spessore attraversato
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Figure 2 – Variazione della dose e del KERMA in funzione dello spessore
dN
D= dε
dm
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µ(E)
D = ∫φE dε ( E )dE
ρ
S coll
D = ∫φE dE
ρ
Il calcolo della dose, come già visto, si può suddividere in due contributi:
il flusso di energia dei fotoni trasferisce energia alle particelle secondarie e la
dissipazione di questa energia da parte dei secondari. Solo in condizioni di
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Nel modello a rallentamento continuo si suppone che l’energia delle particelle cariche sia ceduta
con un numero molto elevato di processi di interazione elementari, in ognuno dei quali la perdita
di energia è piccolissima. In questo modo l’energia ceduta a ciascun elettrone è così piccola che si
può pensare che tutta l’energia sia trasferita alla particella e assorbita nel medesimo punto. In
pratica si trascura il percorso dei raggi δ
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equilibrio elettronico l’energia trasferita è uguale a quella assorbita nel materiale,
perché il flusso φe dipende anche dal Φγ prodotto in punti lontani. E’ però
possibile descrivere il calcolo della dose conoscendo solo il flusso secondario
anche non in condizioni di equilibrio elettronico: se infatti si è nelle ipotesi di
rallentamento continuo, la dose assorbita in un punto è uguale all’energia
trasferita e si può scrivere
S coll
D = ∫φE dE
ρ
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dipendono dalla dose; altri esempi sono i processi chimici conseguenti al
passaggio di radiazione come nella formazione dell’immagine latente in una
lastra fotografica o l’ emissione di luce nei dosimetri TLD. Molto spesso la dose è
inoltre ricavata da altre grandezze dosimetriche (come il KERMA e l’esposizione,
che qui non è stata introdotta ma che sostanzialmente coincide con la misura
della ionizzazione in aria), attraverso opportuni fattori di conversione e in
condizioni di equilibrio elettronico. Nel seguito sarà analizzato con maggior
approfondimento la teoria della cavità che rappresenta uno dei metodi principali
per la dosimetria delle radiazioni ionizzanti.
Metodi calorimetrici
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Per misurare la dose assorbita in un mezzo materiale si dovrebbe praticare
una cavità nel punto di misura, e inserire il materiale dosimetrico al suo interno.
Il materiale può essere un emulsione nucleare, uno scintillatore, un gas,… di cui
si conosca la relazione tra dose assorbita e una qualche proprietà fisica del mezzo
irradiato. Naturalmente se il materiale in cui si vuole calcolare la dose è diverso
dal materiale del dosimetro, l’introduzione di quest’ultimo, in genere,
modificherà la distribuzione energetica e spaziale della radiazione e la dose nel
dosimetro (DG) differirà da quello del materiale in studio (DM). Solo nel caso in
cui i due materiali abbiano la stessa composizione chimica, l’introduzione del
dosimetro non perturberà il campo di radiazione, e la dose misurata coinciderà
con quella che sarebbe stata effettivamente assorbita in assenza del dosimetro. In
realtà la richiesta che i due materiali abbiano la medesima composizione chimica
è eccessiva: è importante che, nell’intervallo di energia della radiazione, i due
mezzi siano equivalenti dal punto di vista dell’interazione con la materia.
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DM = DC
f
Cavità piccola
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E’ il caso più semplice: è, infatti, anche intuitivo pensare che se le
dimensioni della cavità dove inserire il dosimetro sono piccole, sia anche minore
la perturbazione del campo nell’intorno del punto di misura.
S
DM = ∫ φ e, M coll dE
ρ M
S
DG = ∫ φ e, G coll dE
ρ G
D M ∫ φ e, M ( S coll / ρ ) M dE
=
DG ∫ φe, M ( S coll / ρ ) G dE
2
La misura del percorso dei secondari carichi si intende effettuata in g / cm 2 ; in questo modo i
fenomeni di interazione della radiazione con materiali diversi di uguale spessore, in g / cm 2 ,
producono approssimativamente lo stesso effetto. Inoltre non si deve tener conto della densità
del materiale
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Dividendo numeratore e denominatore per lo spettro energetico dei
secondari carichi, i termini a secondo membro rappresentano i poteri frenanti
massici mediati sullo spettro di rallentamento delle particelle secondarie.
Ponendo:
( S coll / ρ ) M G
≡ SM
( S coll / ρ ) G
Si ha :
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DM = G
DG
SM
G
La costante S M rappresenta il rapporto tra i poteri frenanti massici nel
materiale e nel mezzo dosimetrico, mediato su tutte le energie dello spettro dei
secondari carichi (essendo il potere frenante massico dipendente dall’energia).
G
Il calcolo di S M è molto complesso, dipendendo dalla fluenza dei
secondari carichi; nel caso più generale in cui le energie degli elettroni messi in
moto dai fotoni siano elevate da causare la formazione di particelle terziarie
(raggi δ), il computo risulta ancora più complicato. In generale non è possibile
G
tabulare dei valori di S M se non in determinate condizioni sperimentali: in
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genere si trascurano i raggi δ e si formula l’ipotesi di rallentamento continuo per
i primari.
DM ( S coll / ρ ) M
= =s
DG ( S coll / ρ ) G
Il punto chiave della teoria della cavità è che essa non deve perturbare il
flusso dei secondari carichi, in modo che l’energia assorbita all’interno della
cavità sia uguale quella assorbita in assenza del dosimetro, trascurando l’energia
assorbita per interazione dei primari. E’ chiaro che le dimensioni della cavità
rappresentano il limite all’applicabilità della relazione di Bragg-Gray perché, se
le dimensioni superano il percorso medio dei secondari carichi, esse perdono una
frazione non trascurabile di energia all’interno della cavità. Le cavità piccole sono
facilmente ottenibili con mezzi gassosi, nei quali il percorso degli elettroni
secondari è dell’ordine di qualche cm (in aria a pressione atmosferica e per
energie dell’ordine del centinaio di keV). All’aumentare dell’energia, cresce il
percorso medio degli elettroni e di conseguenza diminuiscono le possibilità di
creare una cavità piccola. Una cavità può essere resa più piccola rispetto al
percorso dei secondari carichi anche diminuendo la pressione del mezzo
all’interno della cavità.
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mentre la condizione di costanza del flusso energetico nel volume della cavità è
facilmente risolta ponendo la cavità non in prossimità della sorgente di
radiazione.
Cavità grande
µ
DG = K Φγ
ρ G
Allo stesso modo, nei punti esterni alla cavità, la dose assorbita è
determinata sempre dal flusso dei fotoni primari:
µ
DM = K Φγ
ρ M
da cui si ricava:
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(µ K / ρ )M
DM = DG
(µ K / ρ )G
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Cavità intermedia
E’ stata trovata una formula per f che esprime la relazione tra il potere
frenante massico e il coefficiente di trasferimento dell’energia:
G
f = dS M + (1 − d ) µ K GM
1) 2) 3)
DG DG
DM DM
3L’andamento nell’intorno delle pareti non può essere schematizzato in modo preciso; si è fatta
una linea continua che unisca i due valori di dose per sola chiarezza.
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Figure 1 – Andamento della dose assorbita in un campo di radiazione uniforme nel caso 1) di
cavità grande, 2) cavità piccola, 3) cavità intermedia
Il confronto tra l’andamento della dose assorbita nel caso di una cavità
piccola e una grande permette di visualizzare un diverso rapporto tra le quantità
DG e DM che si rispecchia nel differente fattore correttivo che s’inserisce nei due
casi: nella cavità grande il rapporto dei coefficienti di trasferimento di energia e
nella cavità piccola i poteri frenanti massici.
Cavità omogenea
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trasferimento dell’energia hanno una dipendenza dall’energia differente e, se si
vuole utilizzare la teoria della cavità senza limitazione nelle sue dimensioni, si
deve tenere conto di questo diverso comportamento. I materiali quindi devono
essere equivalenti sia nel potere frenante massico sia nel coefficiente µK/ρ.
simili; per energie elevate, si deve tenere conto dell’effetto della densità in
materiali che pur essendo della stessa composizione chimica hanno densità
diverse.
Teorema di Fano
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che sia lo stesso il percorso medio. Il dimezzarsi della densità nel percorso
provoca un raddoppiamento della lunghezza del percorso medio degli elettroni
e, allo stesso modo, un dimezzarsi della fluenza (il numero di atomi è
dimezzato). Il flusso di particelle secondarie è quindi lo stesso,
indipendentemente dal valore della densità e la dose assorbita è la medesima nei
dei due spessori (che rappresentano materiali diversi, nel caso dell’applicazione
alla teoria della cavità).
La teoria della cavità è un utile strumento teorico per capire come sia
possibile calcolare la dose assorbita nel materiale inserendo un dosimetro nel
punto di misura. Nella pratica essa è ampiamente sfruttata nell’utilizzo della
camera a ionizzazione nella misura delle dosi assorbite da un tessuto biologico o
da qualsiasi altro mezzo di interesse. E’ ragionevole quindi pensare che sia
importante descrivere l’influenza delle pareti della cavità, ossia del materiale che
delimita il mezzo dosimetrico all’interno della cavità stessa. In molti casi infatti il
dosimetro può avere pareti di natura diversa dal mezzo rivelatore ed è quindi
interessante studiare come il materiale delle pareti influisce nella misura della
dose.
Si possono innanzi tutto distinguere due casi secondo che lo spessore delle
pareti sia piccolo spessore (pareti sottili), rispetto alla lunghezza del percorso dei
secondari carichi nel materiale costituente le pareti, o grande (pareti spesse).
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Più interessante è il caso di una cavità con pareti spesse; in questo caso
infatti la dose assorbita dal mezzo rivelatore all’interno della cavità è dovuta ai
secondari carichi messi in moto nel passaggio della radiazione attraverso le
pareti della cavità. Il tipo di materiale con cui si costruiscono le pareti del
dosimetro determina quindi in che mezzo si misura la dose e costruire dosimetri
a cavità con pareti di materiale equivalente a quello biologico, significa misurare
la dose assorbita nei vari tessuti organici, per esempio. Materiali equivalenti ai
tessuti molli dell’organismo umano sono per esempio alcuni gel che presentano
una composizione di miscele e composti equivalenti; per il tessuto osseo è spesso
usato l’alluminio.
La più ampia applicazione della teoria della cavità è quella che concerne
l’uso di una camera a ionizzazione inserita all’interno di un fantoccio che simula
le condizioni di irradiazione di un corpo reale. Si distinguono camere a pareti
spesse e a pareti sottili il cui uso dipende ovviamente dal materiale di cui si vuol
calcolare la dose e dall’energia della radiazione. Per fotoni di energia elevata le
camere a pareti sottili sono le più indicate perché i secondari carichi messi in
moto nel mezzo circostante possono raggiungere la cavità; per la dose in
materiali differenti da quello del fantoccio, si usano camere a pareti spesse
equivalenti al mezzo in studio.
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∆n G
JG =
∆ mG
∆E G
DG = = wG J G
∆mG
G −1
DM = ( S M ) wG J G
D M = wG J G
L’energia media per produrre una coppia di ioni è una quantità pressoché
costante ed è pari a circa 33 eV.
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Bibliografia
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