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GENERAZIONE DEL SEGNALE RM

2.1 IL SEGNALE DI RISONANZA MAGNETICA

Il segnale di Risonanza Magnetica è un segnale composito recante un’informazione complessa


espressiva nel contempo di più parametri: la densità protonica d, il tempo di rilassamento trasversale T2
o tempo di rilassamento spin-spin, il tempo di rilassamento longitudinale T1 o tempo di rilassamento
spin-reticolo, le caratteristiche di moto degli spin nel contesto dello strato corporeo eccitato.
In assenza di gradienti di campo il segnale è approssimativamente “monocromatico” ed oscilla
alla stessa frequenza di Larmor con la quale la magnetizzazione macroscopica (inizialmente
longitudinale ed orientata lungo z), portata nel piano trasversale xy dall’impulso di ribaltamento onde
consentire l’induzione di corrente elettrica nella bobina, precede attorno all’asse z (Fig.2.1).

Fig.2.1: il segnale a RF (in alto) e il suo meccanismo di produzione (in basso).

Esso si attenua esponenzialmente nel tempo a causa di tre eventi simultanei:


- il defasamento dei singoli spin indotto dalle disomogeneità microspaziali del campo
magnetico statico: questo processo “estrinseco” ai singoli nuclei eccitati essendo puramente
condizionato da un fattore macchina, è passibile di reversione mediante opportuni impulsi di
rifasamento;

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- il defasamento indotto dalle più o meno intense interazioni spin-spin cui vanno incontro i
singoli spin in funzione dell’ambiente molecolare che li circonda: questo processo “intrinseco”,
alterante il valore del campo magnetico effettivo che agisce sul singolo nucleo, ha luogo secondo una
costante che costituisce il vero T2 tessutale;
- il simultaneo rilassamento longitudinale per interazioni spin-reticolo, il quale ha luogo
secondo una costante di tempo che costituisce il T1 tessutale.

L’intensità del segnale si attenua, quindi, in funzione del tempo, secondo una costante T2 così
definibile:
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  0  , ove  è il rapporto giromagnetico,  0 la variazione locale del campo
T2 T2
magnetico.
E’ da considerare con attenzione il fatto che la magnetizzazione longitudinale M ' z , essendo
orientata nella direzione del campo magnetico statico, non è misurabile, mentre lo è la magnetizzazione
trasversale M ' xy , la quale quindi dovrà essere indotta mediante impulsi di ribaltamento sul piano xy

onde consentire l’acquisizione del segnale di rilassamento.


La densità protonica dei diversi tessuti biologici varia entro limiti piuttosto ristretti, dell’ordine
massimo di circa il 20%; il tempo di rilassamento T2 entro limiti più ampi, dell’ordine di circa il 300%;
il tempo di rilassamento T1 entro limiti molto ampi, dell’ordine di circa il 1500%. Ai fini di una
differenziazione tessutale ottimale risulta essere perciò molto conveniente formare immagini a partire
da segnali basati sui tempi di rilassamento.
In un sistema eterogeneo ed anisotropo, come il corpo umano, non è pensabile una teoria che
renda possibile associare “univocamente e con precisione” ad una certa informazione dell’immagine
(ad esempio il livello di grigio) il determinato processo fisico che l’ha prodotta. Ciò non significa, però,
che non si possano stabilire correlazioni interpretative. Queste correlazioni costituiscono appunto il
fattore che si intende manipolare attraverso la scelta di opportune sequenze di impulsi nella fase che
precede l’acquisizione del segnale di RM, sì da conferire all’immagine dipendenze ponderate dai
diversi parametri che contribuiscono alla sua genesi. Bisogna quindi “mirare” lo studio per esaltare
l’uno o l’altro dei parametri considerati.

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2.2 IMPULSI E LORO SEQUENZE

Definiamo sequenza le modalità di applicazione degli impulsi a radiofrequenza RF che,


disturbando l’equilibrio energetico degli spin e generando una magnetizzazione trasversale, inducono al
rilevamento strumentale del segnale di risonanza. Queste modalità riguardano numerosi aspetti:
 numero di impulsi;
 angolo di nutazione della magnetizzazione macroscopica da essi prodotta (impulsi a
90°, impulsi a 180°);
 loro finalità (impulsi di eccitazione, impulsi di ribaltamento, impulsi di
rifasamento);
 intervalli di tempo che li separano (tempo di interpulso TI);
 intervallo di tempo che separa, nelle sequenze contemplanti un impulso di rifasamento,
l’impulso di ribaltamento ed il rilevamento del segnale “eco” (tempo di eco TE);
 intervallo di tempo dopo il quale è ripetuto l’intero ciclo della sequenza (tempo di
ripetizione TR).
In linea generale, ogni sequenza richiede (Fig.2.2) un impulso di eccitazione il quale ha lo
scopo di disturbare l’equilibrio energetico degli spin e di generare la magnetizzazione trasversale
(consentendo quindi la “produzione” del segnale).

Fig.2.2: impulsi di eccitazione a 90° e a 180°.

E’ evidente che, ove l’impulso di eccitazione abbia durata tale da portare la magnetizzazione
macroscopica nel piano xy ( quindi un impulso a 90° ), sarà di per sé sufficiente ad indurre il
successivo rilevamento di un segnale di RM. Questa sequenza monoimpulsuale, utilizzante
direttamente il segnale di decadimento ad induzione libera, indicata con il termine FID ripetuta ( Free
Induction Decay: cosiddetta in quanto avviene senza l’applicazione del campo magnetico B1 ,
ortogonale al campo statico), è la più semplice sequenza realizzabile. Graficamente può essere descritta
come in Fig.2.3.

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Fig.2.3: la sequenza FID ripetuta.

Essa è sensibile alla densità protonica e in parte anche al T1 , in ragione inversamente


proporzionale al tempo di ripetizione TR.
Motivi strumentali rendono non conveniente l’uso di questa sequenza perché per un certo tempo
dopo l’arrivo dell’impulso di eccitazione il ricevitore è come abbagliato da questo e non è quindi in
grado di rilevare correttamente il segnale. Inoltre, nel caso di utilizzazione di un impulso di sensibile
durata (come è necessario per ottenere una eccitazione selettiva) una parte della FID va inevitabilmente
a mescolarsi con questo ed è quindi irrimediabilmente perduta.

2.3 LA SEQUENZA SATURATION RECOVERY (SR)

La Saturation Recovery è la sequenza più semplice, viene anche chiamata FID ripetuta in
quanto consiste in un impulso a 90° ripetuto dopo un tempo di ripetizione TR; dopo ogni impulso si
acquisisce il segnale.
L’intensità del segnale dipende dalla densità protonica d, da TR e da T1 secondo la relazione:

 
TR

I  c  d  1  e T1  dove c è una costante di proporzionalità.
 

Si nota dalla formula che se TR  T1 l’intensità del segnale dipende esclusivamente dalla
densità protonica infatti, in questo caso, quando arriverà un nuovo impulso la magnetizzazione lungo z
avrà completamente recuperato il suo valore iniziale. Se invece TR<4 T1 non c’è stato il completo
rilassamento longitudinale, per cui quando arriva il nuovo impulso a 90° ottengo un FID con ampiezza
iniziale dipendente da T1 .

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Fig.2.4: il TR condiziona evidentemente il contrasto.

Come si vede in Fig.2.4 la scelta del TR è determinante per ottenere immagini con alto
contrasto. La sequenza è rappresentata in Fig.2.5.

Fig.2.5: sequenza Saturation Recovery.

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2.4 LA SEQUENZA SPIN-ECHO (SE)

E’ la sequenza che modernamente va assumendo grande importanza, sia per l’elevato rapporto
segnale/rumore che è in grado di fornire, sia per la grande versatilità di manipolazione. In essa
l’impulso a 90° di eccitazione ribalta la magnetizzazione macroscopica nel piano xy, ma il segnale di
FID che ne consegue non è utilizzato poiché è di difficile misurazione, in quanto viene generato subito
dopo l’impulso a 90°; un successivo impulso a 180°, applicato dopo un tempo determinato, (Fig.2.6),
ripristina progressivamente la coerenza di fase tra i singoli spin defasati durante TI dal processo
estrinseco precedentemente descritto;

Fig.2.6: la sequenza SE.

infatti la magnetizzazione trasversale viene invertita, così gli spin che precedevano più velocemente si
trovano ora in ritardo, per cui dopo un uguale periodo di tempo, si avrà nuovamente coerenza di fase
con generazione del segnale di eco, prima crescente e poi decadente in maniera esponenziale. Il tempo
che intercorre tra l’applicazione dell’impulso a 90° ed il massimo dell’eco viene chiamato tempo di
eco TE e poiché il massimo di intensità del segnale è raggiunto al momento del massimo rifasamento,
il quale richiede appunto un tempo TI, allora TE=2TI (Fig.2.7).

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Fig.2.7: sequenza spin-echo. Dopo l’impulso a 90° gli spin si trovano sul piano trasversale (A).
Gli spin più veloci si avvantaggiano rispetto ai più lenti (B). Dopo un tempo TI viene inviato un
impulso a 180° che inverte la situazione: i più lenti sono davanti ai più veloci (C). Passato lo
stesso tempo TI gli spin più veloci raggiungono i più lenti e si genera l’eco (D).

Per un fissato valore di TE, l’intensità del segnale dipende da d, T1 e T2 secondo


la relazione:
 
TR
  TE
I  c  d  1  e   e T2
T1
dove TR è il tempo di ripetizione dell’intera sequenza, cioè il tempo
 

compreso tra due successivi impulsi a 90°. Dalla formula discende che il valore di I aumenta quando:
 d aumenta;
 T1 diminuisce (poiché l’esponenziale entro parentesi tende a zero);
 T2 aumenta (poiché l’esponenziale fuori parentesi tende a 1);
 TR aumenta;
 TE diminuisce.

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La dipendenza dell’intensità del segnale proveniente dal singolo voxel:
 è tanto più condizionata dal T1 dei tessuti che lo costituiscono quanto più TR è breve;

 è tanto più condizionata dal T2 quanto più TE è lungo.


Ciò rende ragione del fatto che per valori molto lunghi di TR e molto brevi di TE l’intensità del
segnale tende ad essere espressiva della densità protonica d: l’immagine relativa, di solito poco
contrastata, è in pratica “un’immagine di densità protonica”. Una suddivisione delle più importanti
strutture anatomiche, in funzione progressivamente decrescente dell’intensità del segnale emesso nella
sequenza SE tipica è riportato nella seguente tabella (Tab.2.1).

Grasso
Midollo osseo e osso spugnoso
Sostanza bianca
Sostanza grigia
I Visceri solidi e pareti vasali
Muscoli
Liquido cerebrospinale
Sangue in normale flusso laminare
Osso compatto e corticale
Calcificazioni
aria

Tab.2.1: gerarchia di intensità del segnale a RM nella sequenza spin- echo a basso valore di
TE.

La grande versatilità di questa sequenza nasce innanzitutto dalla possibilità di far seguire l’uno
all’altro numerosi impulsi di rifasamento distanziati convenientemente (Spin-Echo Multiecho) si da
ottenere immagini multiple nelle quali è progressivamente più pesante il ruolo del T2 (Fig.2.8), e ciò
senza variare TR.

Fig.2.8: tecnica Spin-Echo Multiecho. Durante lo stesso tempo di ripetizione ottengo immagini T2 pesate (TE
lungo) e pesate in densità protonica (TE breve).La sezione selezionata è sempre la stessa.

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Si realizza in tal modo una certa possibilità di discriminazione tessutale sulla base dei valori di
T2 . Con questa tecnica il tempo di acquisizione di una sezione dipende da tre fattori, secondo la
seguente formula: TA  TR  N FASE  N ACQ dove N FASE è il numero di passi della codifica di fase e N ACQ

il numero di volte che si ripete la misura, al fine di aumentare il segnale per migliorare la qualità
dell’immagine. Nel caso della sequenza Multiecho (ME) l’intensità del segnale diminuisce
progressivamente al diminuire di TR e all’aumentare di TE, con conseguente aumento della
“granulosità” dell’immagine.
In secondo luogo, poiché TR è notevolmente più lungo di TE (valori indicativi possono essere,
ad esempio, 1500 e 50 msec rispettivamente), risulta conveniente inviare in un unico intervallo di
ripetizione altre coppie di impulsi 90°-180°, associati a gradienti di selezione diversi, al fine di
analizzare contemporaneamente diverse sezioni (Fig.2.9).

Fig.2.9: tecnica Spin-Echo Multislice. Contemporaneamente si eccitano gli spin di diverse


sezioni inviando più coppie di impulsi 90°-180°, ognuna con gradiente diverso.

Questa tecnica viene chiamata Multislice: essa non è da confondere con la tecnica multiecho, in
cui la sezione analizzata è sempre la stessa.

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2.5 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Da quanto fin qui detto, è evidente come un’immagine ottenuta mediante RM deve sempre
essere preceduta dall’indicazione della tipologia della scansione. Si devono cioè precisare:
 intensità del campo magnetico;
 tipi di sequenze utilizzate;
 valori dei parametri delle sequenze (TE, TR, TI…).
Riassumendo le caratteristiche delle tecniche di invio di impulsi, è possibile ricavare lo
specchietto riassuntivo riportato nella tabella seguente (Tab.2.3).

DIPENDENZA DIPENDENZA
SEQUENZA
DA T1 DA T2
SE con TR e TE lunghi scarsa grande
SE con TR e TE corti discreta scarsa
IR grande scarsa
Tab.2.3: dipendenza delle principali sequenze dai tempi di rilassamento.

E’ inoltre da tenere presente la regola generale, riportata nella successiva tabella (Tab.2.4),
valida per tutte le sequenze, che stabilisce una correlazione tra il dato fisico (tempi di rilassamento) ed
il risultato in termini di immagine.

DURATA TEMPO DI INTENSITA’ DEL IMMAGINE


RILASSAMENTO SEGNALE RISULTANTE
T1 breve Alta Bianca
T1 lungo Bassa Nera
T2 breve Bassa Nera

T2 lungo Alta Bianca

Tab.2.4: relazione tra tempi di rilassamento, intensità del segnale ed immagine.

A tutt’oggi i pareri sono alquanto discordi relativamente al tipo di sequenza più idonea per lo studio del

singolo distretto anatomico e dei relativi tipi di patologia, anche se si va sempre più affermando il

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criterio di utilizzare quale sequenza di prima istanza la sequenza SE ed eventualmente completare

l’indagine con la sequenza più idonea a recare l’informazione cercata.

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