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Antefatti
A partire dall'autunno del 1942 l'andamento della seconda guerra mondiale nel teatro del Mediterraneo
aveva subito una svolta irreversibile a favore delle potenze alleate. Mentre i britannici del generale Bernard
Law Montgomery concludevano vittoriosamente il 4 novembre 1942 la dura seconda battaglia di El
Alamein e costringevano le residue forze italo-tedesche del feldmaresciallo Erwin Rommel a una estenuante
ritirata lungo l'intera costa libica, un imponente corpo di spedizione anglo-americano al comando del
generale Eisenhower effettuò con pieno successo a partire dall'8 novembre 1942 l'operazione Torch, cioè lo
sbarco in Marocco e Algeria[4].
Nei mesi seguenti le operazioni in Nordafrica proseguirono con aspri scontri dall'esito alterno; nonostante il
gravoso impegno della Wehrmacht sul fronte orientale, dove era in corso la lunga battaglia di Stalingrado
conclusasi con una disastrosa sconfitta, Adolf Hitler decise di inviare contingenti di rinforzo in Tunisia per
guadagnare tempo e sostenere militarmente l'alleato Benito Mussolini, la cui posizione politica in Italia si
stava indebolendo a causa delle continue disfatte[5].
Nonostante l'accanita e abile resistenza, le forze dell'Asse in Nordafrica, in netta inferiorità di uomini e
mezzi rispetto agli eserciti alleati, vennero infine sconfitte e si arresero nel maggio 1943; la campagna di
Tunisia si concluse quindi con un grande successo strategico degli Alleati che presero possesso dell'intera
costa nordafricana, potendo così dominare le rotte marittime mediterranee e attaccare direttamente tutte le
coste italiane, le cui difese erano ormai completamente inadeguate a fronteggiare, nonostante lo sbandierato
ottimismo di Mussolini, la potente coalizione avversaria[6].
Piani operativi
Alleati
Mentre era ancora in corso la campagna di Tunisia, la dirigenza politico-militare anglo-americana aveva già
incominciato la pianificazione per il proseguimento delle operazioni nel teatro del Mediterraneo. Nella
conferenza di Casablanca, tra il 14 e il 24 gennaio 1943, il presidente statunitense Franklin Delano
Roosevelt e il primo ministro britannico Winston Churchill si incontrarono insieme con i capi degli stati
maggiori alleati; dopo lunghe e complesse discussioni, venne deciso, nonostante lo scetticismo e la
delusione dei generali statunitensi, desiderosi di arrestare le operazioni nel settore meridionale e di
accelerare l'invasione dell'Europa nord-occidentale, di porre a buon frutto la prevista vittoria in Nordafrica
attuando uno sbarco in Sicilia[7].
Mentre in un primo tempo, il 13 marzo 1943, i capi militari anglo-americani approvarono l'ambizioso piano,
esso fu rimesso in discussione due giorni dopo quando il generale britannico Bernard Montgomery inviò una
lettera al generale Gairdner criticando fortemente il progetto originario di sbarco in Sicilia, e suggerendo il
concentramento delle zone di sbarco e il rafforzamento del corpo di spedizione. Il 18 marzo si tenne dunque
una conferenza a seguito della quale, il 5 e il 6 aprile 1943, le varianti proposte dal generale Montgomery
vennero approvate dal comandante in capo alleato nel Mediterraneo Dwight Eisenhower e dal vice-
comandante in capo Harold Alexander[13]. In realtà ben presto le discussioni ripresero all'interno della
dirigenza politico-militare alleata: il generale Eisenhower manifestò timori per le possibili reazioni delle
forze tedesche presenti in Sicilia, suscitando il disappunto
di Churchill; alla fine di aprile il generale Montgomery
tornò a criticare il piano operativo e il 2 maggio, in una
riunione ad Algeri, propose una nuova variante secondo
la quale le forze anglo-americane avrebbero effettuato
sbarchi molto concentrati nella parte sud-orientale della
Sicilia: in questo modo, lo stesso Montgomery avrebbe
assunto un ruolo preponderante nell'operazione,
relegando le truppe americane a compiti di appoggio.
Alexander condivise le valutazioni di Montgomery e
Eisenhower approvò questo nuovo piano nonostante le
opposizioni di alcuni alti ufficiali alleati[14]. Il generale Dwight D. Il generale Harold
Eisenhower Alexander
Mentre procedeva l'organizzazione delle forze assegnate
allo sbarco in Sicilia, i capi anglo-americani si
incontrarono a Washington nella cosiddetta "conferenza Trident" che ebbe inizio il 12 maggio 1943 e
continuò in maniera molto accesa e contrastata fino al 24 maggio alla presenza del presidente Roosevelt e
del primo ministro Churchill[15]. Si dovevano concordare gli ulteriori programmi bellici nel teatro europeo:
gli americani, guidati dal capo di stato maggiore generale George Marshall, richiesero nuovamente di
sferrare il grande attacco decisivo attraverso la Manica e arrestare tutte le operazioni nel Mediterraneo dopo
la conquista della Sicilia; i militari britannici sostenuti da Churchill riproposero invece i loro piani per
prolungare le operazioni nell'Europa meridionale, provocare "l'eliminazione dell'Italia" e costringere la
Germania a frammentare ulteriormente le proprie forze[16]. Alla fine fu raggiunto un compromesso: venne
deciso di effettuare l'attacco in Francia entro il maggio 1944 e di trasferire in Gran Bretagna una parte delle
divisioni anglo-americane schierate nel Mediterraneo per prendere parte alla futura operazione Overlord;
tuttavia il generale Eisenhower era autorizzato a sfruttare il previsto successo in Sicilia con nuove
operazioni per favorire "l'uscita dell'Italia dalla guerra". I capi britannici affermarono che una campagna in
Italia sarebbe stata agevole, che sarebbero state sufficienti nove divisioni e che i tedeschi non sarebbero stati
in grado di opporre una resistenza efficace[17].
Asse
Nel frattempo la situazione del regime fascista si stava deteriorando ulteriormente: irrealistici progetti
diplomatici per un distacco concordato dell'Italia dall'Asse o per la costituzione di una coalizione di potenze
minori europee "neutralizzate" vennero esclusi da Mussolini; si svilupparono confusi progetti politico-
militari all'interno delle strutture dirigenti delle forze armate e degli apparati amministrativi dello stato e il re
Vittorio Emanuele III incominciò le prime mosse per un'eventuale destituzione di Mussolini[24]. All'interno
dello stesso Partito Fascista alcuni gerarchi cominciarono a cospirare contro il Duce. Mussolini non sembrò
cogliere il pericolo: cercò di galvanizzare i militanti fascisti con nuove bellicose parole d'ordine e ancora il
24 giugno 1943, con un ottimismo di facciata, parlò di "congelare" l'attaccante che avesse tentato di sbarcare
in Italia "sulla linea del bagnasciuga"[25].
Il campo di battaglia
La geomorfologia italiana imponeva alcune limitazioni alle operazioni degli Alleati: mentre i bombardieri
avevano un'autonomia sufficiente a colpire qualunque obiettivo nella penisola, solo i caccia imbarcati su
portaerei potevano raggiungere l'Italia continentale, ma erano in numero limitato e comunque la minaccia
subacquea dell'Asse non permetteva operazioni navali a lungo raggio. L'invasione della Sicilia era dunque
una tappa obbligata perché permetteva di restare nel raggio d'azione degli aerei tattici con base in Tunisia,
motivo che spinse il comando alleato a preferire quest'ultima alla Sardegna[26]. Gli Alleati avevano obiettivi
limitati in Italia e adottarono durante tutta la campagna una strategia prudente[27], oltretutto non sfruttando
completamente la loro supremazia aero-navale.
Hitler non attribuiva un valore strategico decisivo all'Italia meridionale ed era convinto della necessità di
tenere il minimo delle forze nella penisola per non scoprire gli altri fronti; perciò non concesse al
maresciallo Kesselring i rinforzi richiesti[28]. I tedeschi decisero di rinunciare a difendere l'intera penisola e
di concentrare le loro forze nelle aree in cui la conformazione geografica era più favorevole alla
realizzazione di solide posizioni difensive, ossia dove la penisola si restringeva offrendo massicci ostacoli
orografici e la presenza di vari corsi d'acqua poteva costituire un ostacolo rilevante, in particolare durante la
stagione invernale.
Le forze in campo
Le forze in campo furono costantemente sbilanciate a favore degli Alleati, tanto più in quanto l'esercito
italiano dopo la resa si dissolse e si riformò successivamente in buona parte in campo alleato, con
l'eccezione delle unità che verranno schierate dall'Esercito Nazionale Repubblicano. Nonostante la
superiorità numerica e materiale l'efficienza delle forze alleate diminuì nella seconda metà del 1944 a causa
del ritiro di molti reparti scelti anglo-americani, destinati a essere impegnati in Francia, che furono sostituiti
da unità meno esperte[29].
L'impiego di numerose e potenti forze aeree diede agli Alleati una netta superiorità nei cieli; i tedeschi,
impegnati soprattutto a difendere il Reich, schierarono solo un numero limitato di aerei in Italia. Gli Alleati
usarono costantemente le forze aeree tattiche a supporto delle forze terrestri e le uniche operazioni aeree di
una certa consistenza furono i bombardamenti delle città del nord Italia e dei centri industriali italiani
impegnati nella produzione bellica per la Germania. Da parte dell'Asse le operazioni furono quasi
esclusivamente difensive, eccettuati gli attacchi alle forze navali alleate impegnate negli sbarchi
principali[30].
La campagna d'Italia
«Bisogna che, non appena il nemico tenterà di sbarcare, sia congelato su quella linea che
i marinai chiamano del bagnasciuga, la linea della sabbia dove l'acqua finisce e comincia
la terra...»
(Affermazione di Mussolini alla direzione del Partito Nazionale Fascista il 24 giugno 1943, riportata dalla
stampa il 5 luglio 1943[31])
Lo sbarco in Sicilia
L'operazione Husky, il nome in codice alleato per designare l'invasione della Sicilia, ebbe inizio il 9 luglio
1943, preceduta nel mese di giugno dall'occupazione delle isole di Lampedusa, Linosa, Lampione e
Pantelleria, la quale cadde il 12 giugno, dopo avere subito intensi bombardamenti da parte della Royal Air
Force (che aveva perso quarantacinque aerei abbattuti dalla contraerea italiana)[32], e venne occupata da
reparti di una divisione britannica senza incontrare resistenza[33].
Lo sbarco alleato del 10 luglio 1943, preceduto da alcuni difficoltosi lanci di paracadutisti nelle retrovie e
appoggiato dal potente supporto aereo e navale, ebbe successo nonostante la resistenza delle deboli divisioni
costiere italiane. L'11 luglio il generale Guzzoni cercò di contrattaccare la testa di ponte statunitense di Gela
con le divisioni "Livorno" e "Hermann Göring"; il tentativo, sebbene alcuni panzer fossero arrivati a poche
centinaia di metri dalle spiagge, fu frustrato dalle artiglierie, dall'intervento di forze corazzate e dal supporto
navale statunitensi. I britannici incontrarono minore resistenza e fin dall'11 luglio l'8ª Armata occupò senza
difficoltà Siracusa e Augusta, un'importante base navale che si arrese senza combattere[42]. Il 14 luglio gli
Alleati congiunsero le loro teste di ponte e conquistarono Ragusa e Comiso.
Le disastrose notizie provenienti dalla Sicilia provocarono sviluppi decisivi per le due potenze dell'Asse.
Hitler, preoccupato dai segni di crollo dell'esercito italiano, si recò il 19 luglio 1943 in Italia e incontrò
Mussolini presso Belluno (anche se la storiografia lo ricorda come l'incontro di Feltre[46]): il Duce apparve
depresso e abulico e, nonostante le esortazioni dei suoi generali e consiglieri, non riuscì a influire sulle
decisioni del Führer; Hitler confermò di voler combattere a oltranza su tutti i fronti, esortò a rafforzare la
coesione interna con provvedimenti draconiani, promise l'invio di divisioni tedesche e prospettò la vittoria
grazie ad "armi segrete" in approntamento[47]. Il fallimento dei colloqui detti di Feltre accelerò le decisioni
del Re e dei generali ormai decisi a destituire Mussolini mentre i gerarchi, guidati da Dino Grandi, durante
la drammatica riunione notturna del 25 luglio contestarono apertamente l'operato del Duce e favorirono la
disgregazione del regime[48].
Informati dei contatti segreti avviati a Lisbona con gli emissari del nuovo governo italiano, i dirigenti anglo-
americani procedettero a una nuova analisi della loro pianificazione operativa: Eisenhower propose di
prolungare le operazioni dopo la conquista della Sicilia, sfruttando la promessa collaborazione italiana per
occupare il territorio compreso tra gli importanti aeroporti di Foggia e il grande porto di Napoli[52]; il
generale Marshall e gli altri capi statunitensi concordarono con questo piano, convinti che l'obiettivo delle
operazioni nella penisola dovesse essere strettamente limitato all'occupazione di basi aeree e a tenere
impegnate lontane dai fronti principali il maggior numero possibile di truppe tedesche. Il 14 agosto 1943 il
presidente Roosevelt e il primo ministro Churchill si incontrarono a Québec e presero le decisioni definitive:
fu confermata la data del 1º maggio 1944 per l'operazione Overlord e venne ordinato al generale Eisenhower
di occupare Sardegna e Corsica; il 17 agosto venne approvata l'invasione della penisola italiana attraverso
uno sbarco principale a Salerno, previsto per il 9 settembre 1943[53].
La reazione di Hitler e dei comandi tedeschi, nonostante la sorpresa per l'improvviso annuncio
dell'armistizio, fu rapida ed efficace: il piano Achse venne immediatamente attivato e le truppe della
Wehrmacht presero il sopravvento in tutti i teatri bellici dove erano presenti unità italiane, sfruttando
soprattutto la disorganizzazione e la confusione presenti tra le truppe e gli alti comandi del Regio Esercito
che, privi di direttive precise e tempestive, in gran parte si disgregarono. In Italia settentrionale il
feldmaresciallo Rommel occupò le città più importanti e catturò la massa delle divisioni italiane che
opposero scarsa resistenza; a Roma dopo alcuni duri combattimenti e confuse trattative il feldmaresciallo
Kesselring prese possesso della città; nei Balcani i tedeschi occuparono tutto il territorio e schiacciarono
brutalmente i tentativi di resistenza locali, con oltre 600 000 soldati italiani deportati in Germania[56].
Badoglio, il Re e i loro collaboratori preferirono abbandonare subito Roma e, dopo aver raggiunto Pescara,
si trasferirono a Brindisi dove ricostituirono una struttura di governo nel territorio sfuggito all'occupazione
tedesca (Regno del Sud); il 13 ottobre 1943 il governo Badoglio dichiarò guerra alla Germania ottenendo
dagli Alleati lo status di "cobelligerante". Nel frattempo, il 12 settembre 1943, un reparto di paracadutisti
tedeschi aveva liberato Mussolini dalla prigione nel Gran Sasso; fortemente sollecitato da Hitler e pur
provato e depresso, il Duce decise di prendere la direzione di uno nuovo stato fascista, la Repubblica Sociale
Italiana (RSI), che venne costituita il 23 settembre nell'Italia centro-settentrionale per collaborare con
l'occupante tedesco[57].
In realtà i tedeschi avevano mantenuto il possesso delle posizioni dominanti sulle colline, e il
feldmaresciallo Kesselring e il generale Heinrich von Vietinghoff poterono controllare la situazione facendo
affluire numerose divisioni mobili da sud e da nord. Dopo alcuni attacchi iniziali che misero in difficoltà le
punte avanzate alleate, la controffensiva tedesca ebbe inizio il 12 settembre con l'intervento, in rinforzo alla
16. Panzer-Division già presente sul posto, di due divisioni Panzergrenadier e due ulteriori Panzer-Division.
I tedeschi sfruttarono il varco centrale lungo il corso del fiume Sele nella testa di ponte e ottennero alcuni
importanti successi che fecero temere una catastrofe per gli Alleati. Le truppe tedesche, molto più esperte e
combattive, cacciarono i britannici da Battipaglia e gli americani da Persano; alcuni reparti alleati furono
distrutti e la Luftwaffe attaccò le navi alleate al largo infliggendo sensibili perdite; le forze della Wehrmacht
furono sul punto di ottenere una vittoria risolutiva[62].
Gli anglo-americani dovettero ripiegare e il generale Clark, pur coordinando direttamente dalle spiagge la
difesa e cercando energicamente di resistere, prese in considerazione la possibilità di un'evacuazione della
testa di ponte di Salerno[63]. La situazione critica venne risolta dall'arrivo di rinforzi dal mare e dall'aria
costituiti da reparti di paracadutisti americani e da una divisione corazzata britannica; anche il massiccio
bombardamento aereo-navale del 14 e 15 settembre sulle posizioni tedesche ebbe un ruolo fondamentale[64],
oltre al fatto che in questa fase il feldmaresciallo Rommel rifiutò, in accordo con le disposizioni di Hitler, di
inviare in aiuto a sud le due divisioni
corazzate di cui egli aveva il
comando in Italia settentrionale[65].
Kesselring rinunciò a ulteriori
attacchi alla testa di ponte di Salerno
ritenendo ormai impossibile
ricacciare in mare gli Alleati e il 16
settembre dette ordine di ripiegare
verso la linea del fiume Volturno. Le
truppe della Wehrmacht persero a
Salerno 3 500 uomini ma avevano Cannone anticarro tedesco in azione
Il generale Heinrich catturato 5 000 prigionieri e inflitto durante la battaglia di Salerno
von Vietinghoff, perdite molto più elevate agli anglo-
comandante della 10ª americani[66]; il generale von
Armata tedesca Vietinghoff affermò che "ancora una volta i soldati tedeschi hanno dato prova della
loro superiorità sul nemico"[67].
In Calabria la manovra diversiva dell'8ª Armata britannica non raggiunse grandi risultati: i tedeschi si
ritirarono ordinatamente e riuscirono a concentrare le loro forze nella zona di Salerno; i britannici
avanzarono lentamente per 300 chilometri verso nord senza trovare resistenza. Il 16 settembre infine
elementi della 5ª e dell'8ª Armata si ricongiunsero presso Vallo della Lucania, mentre nel frattempo in Puglia
i paracadutisti britannici occuparono l'Aeroporto di Gioia del Colle. I tedeschi arretrarono metodicamente
con abili manovre delle loro retroguardie, abbandonando Foggia il 27 settembre dopo aver effettuato molte
demolizioni. Il 29 settembre il generale Montgomery entrò in città con il grosso della sua armata. Il 1º
ottobre elementi del Popski's Private Army completarono la liberazione degli aeroporti della zona di Foggia,
ritenuti essenziali dall'alto comando alleato per poter raggiungere con i bombardamenti aerei le regioni
meridionali della Germania e l'Europa sud-orientale.
Nel frattempo i reparti tedeschi presenti in Sardegna, al comando del generale Fridolin von Senger und
Etterlin, ricevettero l'ordine di evacuare l'isola e ripiegare in Corsica. Le truppe della Wehrmacht
effettuarono con successo la ritirata, conclusa il 18 settembre nonostante il contrasto dei reparti italiani;
infine i tedeschi completarono il 4 ottobre anche l'evacuazione della Corsica dove erano sbarcati reparti
francesi, ripiegando su Piombino[68].
Dopo il riuscito sfondamento della linea del Volturno, le armate anglo-americane si trovarono in crescente
difficoltà a causa dell'impervio territorio appenninico e del peggioramento delle condizioni climatiche che
rese quasi impraticabile il terreno. Anche le retroguardie tedesche, mantenendo il controllo delle alture
dominanti, contribuirono a ritardare l'avanzata alleata agendo dagli avamposti della linea principale di
resistenza, la cosiddetta Linea Gustav[75]. In questa fase sorsero di nuovo forti contrasti tra Rommel, che
riteneva opportuno rinunciare a difendere Roma e costituire invece la principale linea di resistenza sugli
Appennini tosco-emiliani a sud della Pianura Padana, e Kesselring che invece, più ottimista, era sicuro di
poter organizzare a sud della capitale una solida difesa, capace di fermare l'avanzata alleata. Hitler rimase a
lungo indeciso e sembrò inizialmente concordare con il parere di Rommel, ma infine preferì dare fiducia al
feldmaresciallo Kesselring che perciò, dal 21 novembre 1943, assunse il comando supremo di tutte le forze
tedesche in Italia, raggruppate nel nuovo Gruppo d'armate C con l'ordine di resistere a oltranza a sud di
Roma, mentre Rommel fu richiamato in Germania[76].
A fine ottobre il generale Henri Giraud arrivò a Napoli per predisporre con Clark il previsto spiegamento in
Italia di un corpo di spedizione francese; il 4 novembre, di fronte alle difficoltà dell'avanzata a causa del
maltempo e della limitatezza delle risorse disponibili, incominciarono le prime discussioni su una eventuale
nuova operazione anfibia[77]. A metà novembre la 5ª Armata aveva ormai raggiunto le postazioni montuose
di fronte alla Linea Gustav[78], mentre sul lato adriatico il 2 e 3 novembre le truppe di Montgomery, superato
il Trigno, avevano dovuto arrestarsi davanti alle postazioni difensive tedesche lungo il fiume Sangro, il
torrente Moro e l'abitato di Ortona.
Alla fine dell'anno 1943 i massimi capi alleati compresero definitivamente che era al momento impossibile
ottenere un successo decisivo in Italia; il teatro mediterraneo passò quindi in secondo piano se paragonato
alla grande operazione Overlord in fase di preparazione in Gran Bretagna. Il generale Eisenhower, designato
comandante in capo del corpo di spedizione previsto per lo sbarco in Francia, cedette il comando del teatro
mediterraneo al generale Henry Maitland Wilson e ritornò a Londra; il 31 dicembre 1943 anche
Montgomery lasciò l'Italia e rientrò in patria, dopo aver passato il comando dell'8ª Armata al generale Oliver
Leese[93].
«Pensavo di aver scaraventato un gatto selvaggio nei Colli, e invece abbiamo una balena
arenata sulla spiaggia»
(Winston Churchill commentando il deludente sviluppo delle operazioni nella testa di ponte di Anzio[94])
Il 16 gennaio 1944 Clark diede inizio a una serie di attacchi nel settore di Cassino; il piano dell'alto
comando alleato prevedeva di attirare con questo nuovo attacco contro la Linea Gustav le riserve tedesche e
quindi favorire la riuscita dello sbarco ad Anzio[96]. La prima battaglia di Cassino tuttavia non raggiunse
risultati decisivi e le truppe alleate subirono pesanti perdite: il II corpo d'armata statunitense del generale
Geoffrey Keyes sferrò un difficile attacco attraverso il fiume Rapido sperando di occupare il paese di
Sant'Angelo in Theodice e di incunearsi nella valle del Liri, ma la 36ª Divisione
texana che effettuò il passaggio del fiume la sera del 20 gennaio 1944 fu
sanguinosamente respinta dalle truppe tedesche della 15. Panzergrenadier-Division
appostate lungo la riva e fu quasi distrutta[97]; i francesi del generale Juin
raggiunsero alcune vette ma non poterono avanzare verso Atina, mentre i
britannici di McCreery superarono il Garigliano ma non riuscirono a conquistare il
Monte Maio. Nonostante i successi difensivi del 14º Panzerkorps del generale von
Senger, Vietinghoff, comandante della 10ª Armata, si allarmò e chiese rinforzi,
Il generale John spingendo Kesselring a inviare sulla Linea Gustav la 29. e la 90. Panzergrenadier-
Lucas, comandante Division indebolendo così le sue riserve[98].
delle forze alleate
sbarcate ad Anzio Lo sbarco del VI Corpo d'armata ad Anzio e Nettuno il 22 gennaio 1944 si effettuò
invece con facilità e praticamente senza opposizione; i tedeschi furono colti
completamente di sorpresa e furono sbarcate senza difficoltà la 1ª Divisione
fanteria britannica, la 3ª Divisione fanteria americana e tre battaglioni di Ranger. L'alto comando tedesco
apprese solo dopo sei ore le prime notizie dello sbarco e si affrettò a mobilitare tutte le riserve per affrontare
la minaccia, ma in teoria la strada per Roma rimase aperta per i primi tre giorni[99].
Kesselring ritenne di poter controllare la situazione a Cassino, dove gli Alleati stavano subendo pesanti
perdite, e contemporaneamente di poter contrattaccare in massa ad Anzio e respingere in mare le truppe
alleate che erano ferme nell'angusta testa di ponte; anche Hitler era alla ricerca di una grande vittoria ad
Anzio con la pianificazione di una massiccia controffensiva che infliggesse una netta sconfitta agli anglo-
americani e dimostrasse l'intatta potenza della Wehrmacht[105]. Il generale von Mackensen ricevette il 29
gennaio 1944 l'ordine di "annientare" la testa di ponte di Anzio sferrando un violento attacco con l'aiuto dei
notevoli rinforzi di uomini e mezzi che gli erano stati assegnati[106]. Per la prevista controffensiva Kesselring
raggruppò trentatré battaglioni di fanteria, 250 carri armati e potenti reparti di artiglieria, tra cui un cannone
ferroviario da 280 mm (il cosiddetto "Anzio Annie"). L'operazione Fischfang incominciò il 3 febbraio 1944
con un attacco limitato nel settore di Aprilia; dopo violenti combattimenti e dure perdite da entrambe le
parti, i tedeschi riuscirono a riconquistare Aprilia il 9 febbraio e i britannici dovettero ripiegare[107].
Dopo la serie di
insuccessi l'alto
comando alleato
era fortemente
preoccupato per la
situazione sempre
più difficile della
testa di ponte di
Anzio; furono
inviati rinforzi,
Clark si recò ad I settori della testa di ponte di Anzio
Truppe tedesche nel settore della testa di ponte
Anzio e venne e del fronte di Cassino
di Anzio
presa in
considerazione la
possibilità di destituire il generale Lucas e sostituirlo con Patton. L'attacco principale tedesco venne sferrato
il 16 febbraio 1944: von Mackensen concentrò in un settore ristretto una divisione corazzata, due divisioni
Panzergrenadier e due divisioni di fanteria per avanzare lungo la strada Albano-Anzio direttamente fino al
mare[108]. L'offensiva della 14ª Armata mise inizialmente in grave difficoltà le truppe alleate; i soldati anglo-
americani opposero forte resistenza ma alcune posizioni furono superate e, pur a costo di dure perdite, i
tedeschi riuscirono il secondo giorno dell'attacco ad avanzare per alcuni chilometri al centro della testa di
ponte fino a circa cinque chilometri dal mare. Nonostante questi successi i tedeschi non furono in grado di
raggiungere una vittoria decisiva e alcuni reparti inesperti vennero respinti; inoltre Clark e il generale
Truscott, nominato vice-comandante del settore di Anzio, fecero intervenire le riserve, mentre l'aviazione e
l'artiglieria alleate colpirono duramente le truppe tedesche. Gli anglo-americani contrattaccarono il 19
febbraio e fermarono l'avanzata tedesca ma la battaglia continuò accanita fino al 22 febbraio 1944, quando
Kesselring arrestò l'offensiva[109].
Gli Alleati avevano evitato una disfatta strategica ad Anzio ma le truppe nella testa di ponte erano molto
indebolite avendo subito oltre 20 000 perdite dall'inizio dell'operazione Shingle; Clark decise di destituire
Lucas sostituendolo con il generale Truscott[110]. La battaglia ad Anzio si trasformò per molte settimane in
una logorante guerra di posizione, in cui i reparti alleati si trovarono ammassati in uno spazio ristretto e
sottoposti al tiro dell'artiglieria tedesca[111]. Anche le truppe tedesche erano indebolite dopo la sanguinosa
battaglia: Kesselring si recò sul posto e rilevò la stanchezza e il decadimento del morale dei suoi soldati[112]
e convinse Hitler a rinunciare a ulteriori attacchi; il Führer espresse rammarico per il fallimento
dell'offensiva ma convenne con le valutazioni dei suoi generali sul posto[113].
«So di interessi e macchinazioni affinché sia l'8ª Armata britannica a prendere Roma... se
solo Alexander prova a fare una cosa del genere, avrà per le mani un'altra battaglia
campale: contro di me»
(Il generale Clark nel suo diario personale in data 5 maggio 1944[121])
Era inoltre previsto che l'operazione Diadem fosse preceduta da un massiccio programma di bombardamenti
sulle retrovie e le linee di comunicazione, la cosiddetta operazione Strangle; il generale Ira C. Eaker,
comandante delle forze aeree strategiche alleate nel Mediterraneo, contava di riuscire a impedire i
movimenti delle truppe tedesche per dare un decisivo contributo all'esito della battaglia. L'operazione
Strangle ebbe inizio il 22 marzo 1944 e furono sganciate 26 000 tonnellate di bombe nel corso di 50 000
missioni aeree. I danni alle infrastrutture e alle vie di comunicazione furono notevoli e le forze tedesche
furono seriamente intralciate, ma nel complesso la campagna di bombardamenti non ottenne i risultati attesi;
l'alto comando tedesco fu in grado di mantenere la mobilità e l'efficienza delle sue divisioni[127].
Alla vigilia dell'operazione Diadem il feldmaresciallo Kesselring disponeva nel teatro bellico italiano di
ventitré divisioni, di cui nove difendevano il settore della Linea Gustav tra il mar Tirreno e la costa adriatica;
le truppe tedesche erano ancora efficienti e combattive ma soffrivano di gravi difficoltà di rifornimento
perché le forze aeree alleate avevano raggiunto una schiacciante superiorità e ne intralciavano le linee di
comunicazione; il comando tedesco era anche costantemente preoccupato per la possibilità di nuovi sbarchi
alleati nella regione di Civitavecchia o di Livorno[128].
Furono soprattutto gli aggressivi soldati marocchini che, mostrando grande abilità nel combattimento di
montagna, riuscirono a sopraffare i nuclei di resistenza tedeschi; nonostante la determinazione delle truppe
del generale von Vietinghoff fu impossibile fermare l'avanzata del corpo di spedizione di Juin che conquistò
il 15 maggio il monte Petrella e raggiunse Ausonia ed Esperia. I successi francesi costrinsero il comando
tedesco a indebolire il settore tirrenico e il II Corpo d'armata americano poté avanzare con facilità lungo la
costa in direzione di Formia[131]. Il generale Leese invece non riuscì ad accelerare l'azione delle sue truppe; i
polacchi di Anders entrarono finalmente a Cassino il 17 maggio dopo che la posizione era stata evacuata su
ordine di Kesselring dai tenaci paracadutisti ma l'avanzata delle forze meccanizzate lungo la valle del Liri fu
intralciata da difficoltà logistiche, dalle caratteristiche del terreno e da sbarramenti di cannoni anticarro
tedeschi. L'8ª Armata arrivò alla posizione di Aquino, sulla cosiddetta linea Dora-Hitler, ma venne bloccata
il 19 maggio[132].
Il feldmaresciallo Kesselring cercò ancora per alcuni giorni di evitare la sconfitta con l'afflusso di
formazioni dal fronte di Anzio; due divisioni meccanizzate e una divisione di fanteria contrattaccarono i
francesi, mentre il 22 maggio la 29. Panzergrenadier-Division cercò di fermare il II Corpo d'armata che nel
settore costiero aveva raggiunto Terracina. Nonostante questi rinforzi i tedeschi non furono più in grado di
controllare la situazione. I francesi conquistarono i monti Ausoni mentre i canadesi dell'8ª Armata entrarono
a Pontecorvo; inoltre nel settore della testa di ponte di Anzio le linee della 14ª Armata del generale von
Mackensen, fortemente indebolite, furono attaccate il 23 maggio dal VI Corpo d'armata nella cosiddetta
operazione Buffalo, che riuscì finalmente a superare le difese e avanzare rapidamente entrando in contatto il
25 maggio con le truppe del II Corpo[133]. Kesselring decise di abbandonare la linea Gustav, sperando di
poter sbarrare la via di Roma e organizzare un nuovo schieramento facendo ripiegare le armate di
Mackensen e Vietinghoff su una nuova posizione tra i Colli Albani e i Monti Lepini; la divisione corazzata
"Hermann Göring" era in arrivo dal settore di Livorno e avrebbe dovuto difendere Valmontone[134]. In questa
fase si verificarono contrasti all'interno dell'alto comando tedesco: Kesselring lamentò la scarsa
collaborazione di von Mackensen e criticò il ritardato impiego delle riserve, che di conseguenza non
poterono arrestare l'avanzata alleata[135].
Il 5 giugno 1944, un giorno prima dello sbarco in Normandia, Clark giunse finalmente a Roma insieme con
le sue truppe; secondo le disposizioni dell'ambizioso generale, solo i reparti statunitensi furono autorizzati a
partecipare alla liberazione della città dove furono accolti entusiasticamente dalla popolazione[139].
Il generale britannico poté quindi riprendere l'avanzata a nord di Roma fin dal 5 giugno 1944, ma le sue
forze si indebolirono progressivamente a causa della partenza delle divisioni franco-americane; inoltre
l'offensiva alleata venne condotta con insufficiente determinazione e diede modo all'alto comando tedesco di
riorganizzare le sue forze con l'afflusso di quattro nuove divisioni provenienti da altri fronti[141]. Kesselring
riuscì ancora una volta a controllare la situazione ed evitare una disfatta irreversibile, conducendo con
notevole abilità la ritirata combattuta delle sue truppe attraverso l'Italia centrale grazie all'elevato spirito
combattivo dei suoi soldati e ad alcuni errori alleati: in particolare nelle sue memorie il feldmaresciallo ha
evidenziato come gli anglo-statunitensi non impegnarono a fondo l'aviazione, non effettuarono sbarchi per
aggirare le sue forze e non coordinarono l'avanzata con le attività dei partigiani italiani nelle retrovie del
fronte tedesco[142]. Kesselring ripiegò con ordine prima verso il lago di Bolsena e poi sulla nuova linea del
lago Trasimeno, la cosiddetta linea Albert; il feldmaresciallo riuscì a convincere Hitler a rinunciare a una
resistenza a oltranza per evitare nuove perdite e a continuare una difesa elastica per guadagnare tempo[143].
Nei giorni seguenti le armate alleate raggiunsero rilevanti successi liberando Ancona il 18 luglio e Livorno il
19 luglio, migliorando così la loro situazione logistica[148], ma i tedeschi riuscirono ugualmente a
guadagnare tempo e poterono anche effettuare vasti e sanguinosi rastrellamenti nelle retrovie con gravi
perdite per le forze partigiane. Kesselring decise di evitare combattimenti prolungati a Firenze[149] e le
truppe tedesche, distrutti tutti i ponti sull'Arno tranne Ponte Vecchio, ripiegarono a nord del fiume dopo aver
superato l'opposizione dei reparti partigiani italiani; gli Alleati passarono l'Arno a Pontassieve ed entrarono
a Firenze il 13 agosto, ma furono impegnati in combattimenti nella periferia settentrionale della città fino ai
primi giorni di settembre. In quel momento era già in corso la battaglia della Linea Gotica, dove le forze
tedesche si erano schierate dopo la lunga ritirata. Il feldmaresciallo Kesselring in questa fase della campagna
aveva ricevuto alcune divisioni di rinforzo di seconda qualità[150], ma fu in grado di stabilizzare la situazione
e poté anche privarsi di due ottime divisioni Panzergrenadier, che l'alto comando tedesco trasferì d'urgenza
sul fronte occidentale in grave crisi dopo il crollo del fronte di Normandia, e della Panzer-Division
"Hermann Göring", che invece fu inviata sul fronte orientale per prendere parte ai combattimenti di Varsavia
in agosto[151].
In realtà il feldmaresciallo Kesselring era in grave difficoltà a causa soprattutto dei successi della 5ª Armata
di Clark, che dopo aver liberato Lucca il 5 settembre e Pistoia il 12 settembre attaccò attraverso il passo del
Giogo a Scarperia, sorprendendo i tedeschi della debole 14ª Armata del generale Lemelsen attestati sul
passo della Futa; dopo duri scontri gli americani conquistarono monte Altuzzo e sembrarono avanzare verso
Imola[158]. Nel frattempo l'8ª Armata riprese l'offensiva nel settore adriatico: le truppe tedesche opposero
ancora forte resistenza sulla Linea Gialla a San Fortunato e Covignano e i mezzi corazzati britannici furono
duramente respinti a Montecieco il 20 settembre; tuttavia lentamente gli Alleati continuarono ad avanzare e
Rimini fu liberata da una brigata greca il 21 settembre 1944[159]. Il feldmaresciallo Kesselring richiese per
due volte, il 23 e il 27 settembre, al quartier generale l'autorizzazione a una ritirata generale dietro le Alpi,
ma Hitler si oppose fermamente e ordinò la resistenza a oltranza[160].
Churchill fu fortemente contrariato per il fallimento generale dei suoi ambiziosi progetti e nelle sue memorie
ha ammesso che la grande battaglia della Linea Gotica "fallì", che l'Italia rimase occupata per "altri otto
mesi" e che divenne impossibile "l'affondo su Vienna" e "influenzare la liberazione dell'Europa sud-
orientale"[166]. Il feldmaresciallo Kesselring ha elogiato nelle sue memorie "l'ammirevole comportamento
delle truppe tedesche" che impedì il successo alleato[167].
Negli ultimi mesi del 1944 il 15º Gruppo d'armate alleato, alla cui guida si trovava dal 25 novembre Clark, il
generale Alexander essendo stato promosso al comando dell'intero teatro del Mediterraneo, condusse
operazioni limitate per cercare di guadagnare altro terreno in direzione del Po. Nel settore dell'8ª Armata,
guidata dal generale McCreery dopo il trasferimento in Francia di Leese, fu combattuta la logorante
"battaglia dei fiumi": le truppe canadesi e polacche avanzarono lentamente e riuscirono a liberare Forlì,
Faenza e Ravenna che venne raggiunta il 4 dicembre[168] ma le armate tedesche, ora comandate da von
Vietinghoff dopo il ferimento in un incidente stradale di Kesselring, ripiegarono con ordine e riuscirono a
fermarle, grazie anche al terreno inondato dalle forti piogge[169]. Nel settore appenninico la 5ª Armata,
passata al comando del generale Truscott, non riuscì ad avanzare ostacolata soprattutto dal clima invernale.
Entro il 15 dicembre gli Alleati arrestarono tutte le operazioni in attesa della ripresa bellica primaverile[170].
L'offensiva di primavera
L'ultimo inverno
La fine del 1944 fu caratterizzata sul fronte italiano da notevoli difficoltà per il 15º Gruppo d'armate alleato
del generale Clark: a causa della tenace resistenza tedesca, del progressivo peggioramento del clima e della
carenza di rimpiazzi e munizioni di artiglieria, le truppe alleate dovettero arrestare gli attacchi e cercarono di
riposare e riorganizzarsi; fu ventilata anche la possibilità, per sbloccare la situazione, di effettuare uno
sbarco di truppe britanniche nella costa adriatica jugoslava. In questo periodo affluirono anche nuovi reparti:
gli americani inviarono l'eccellente 10ª Divisione da montagna e la 92ª Divisione di fanteria composta
totalmente da afroamericani, mentre dal Brasile avevano cominciato a giungere nel teatro bellico i reparti
della Força Expedicionária Brasileira[171]. L'Esercito Cobelligerante Italiano incominciò la costituzione di
cinque cosiddetti "Gruppi di Combattimento", ognuno costituito da 10 000 soldati, 116 pezzi d'artiglieria e
1 300 veicoli, equipaggiati principalmente con materiale britannico[172].
L'insurrezione generale
Mussolini lasciò Salò il 17 aprile e raggiunse con i suoi fedelissimi Milano, dove in un primo momento
sembrò approvare la proposta di Alessandro Pavolini di radunare i combattenti fascisti rimasti in un
cosiddetto "ridotto in Valtellina" dove combattere l'ultima battaglia. Il 25 aprile 1945, mentre incominciava
l'insurrezione generale, accettò la richiesta del cardinale di Milano Alfredo Ildefonso Schuster che,
desideroso di organizzare un ordinato passaggio di poteri, aveva proposto un incontro con i capi della
Resistenza. Durante un drammatico colloquio i capi del CLNAI richiesero l'immediata resa incondizionata
delle forze della Rsi entro due ore. Erano stati dati ordini per un'insurrezione generale dei partigiani, ma se i
fascisti avessero concentrato le loro forze residue nel triangolo Milano-Como-Lecco potevano deporre
formalmente le armi. Mussolini sembrò sul punto di accettare questa proposta quando nell'ufficio entrò
Graziani, dicendo di essere venuto a conoscenza dell'imminente resa tedesca in Italia[194]. Il bluff di Wolff e
Rahn era stato scoperto, e Mussolini sentendosi tradito interruppe la discussione, impegnandosi a dare una
risposta al Comitato entro due ore. Ma Mussolini disattese la sua parola, e con molta fretta uscì dal suo
ufficio della prefettura di Milano per salire a bordo di una delle auto che formava una colonna di dieci mezzi
sotto scorta tedesca assieme a Bombacci e Graziani. Al momento della partenza verso Como, Mussolini
sciolse tutti i membri del partito e delle forze armate dal loro giuramento di fedeltà[195]. I progetti di Pavolini
erano irrealizzabili e le residue forze fasciste erano ormai in completa disgregazione, mentre i reparti
tedeschi erano interessati solo a trovare scampo oltre le Alpi. Mussolini venne catturato il 27 aprile e
fucilato il 28 a Giulino di Mezzegra da un gruppo di partigiani comunisti guidati da Walter Audisio e Aldo
Lampredi, che così misero la parola "fine" su vent'anni di dittatura sanguinaria. Nei giorni seguenti altri
gerarchi e fascisti furono uccisi o catturati dai partigiani e dagli Alleati[196].
La resa di Caserta
Fin dal mese di dicembre 1944, il generale delle SS e capo supremo delle forze di polizia tedesche in Italia
Karl Wolff aveva incominciato colloqui segreti con il rappresentante americano dell'Office of Strategic
Services in Svizzera, Allen Welsh Dulles; tali incontri, apparentemente a conoscenza di Heinrich Himmler e
da lui approvati, rientravano nei disperati tentativi nazisti di provocare la disgregazione della coalizione
anglo-sovietico-americana e favorire la conclusione di una pace separata con le potenze occidentali in
funzione anti-sovietica; fu anche discussa la possibilità di un ritiro concordato dell'esercito tedesco
dall'Italia[197]. I rappresentanti alleati promossero la cosiddetta operazione
Sunrise e in marzo e aprile 1945 incontrarono in segreto il generale Wolff; von
Vietinghoff avallò questi tentativi di negoziato. Questi contatti segreti vennero
a conoscenza anche dei sovietici e provocarono un'aspra reazione di Stalin, che
temette un accordo degli Alleati occidentali con i tedeschi; ne seguì un duro
scambio epistolare tra Roosevelt e il dittatore sovietico pochi giorni prima della
morte del presidente americano. Dopo questi accesi contrasti i rappresentanti
anglo-americani ricevettero l'ordine di sospendere i colloqui in attesa degli
sviluppi dell'offensiva alleata di primavera, mentre anche Wolff ricevette da
Himmler il 23 aprile 1945, timoroso delle reazioni di Hitler, l'ordine di non
intraprendere "trattative di nessun genere"[198].
L'andamento disastroso delle operazioni tedesche su tutti i fronti, l'isolamento L'atto di resa firmato dal
di Hitler a Berlino e l'inarrestabile avanzata degli Alleati nella Pianura Padana generale von Vietinghoff
convinsero von Vietinghoff ad agire autonomamente e inviare il 28 aprile i a Caserta, nella sua
generali Wolff e von Senger al quartier generale alleato di Caserta per versione ufficiale in
riprendere le trattative e chiudere le operazioni in Italia. Il 29 aprile 1945 i inglese
generali tedeschi firmarono alla presenza del generale William Morgan, capo di
stato maggiore di Alexander, la resa di Caserta che prevedeva la resa generale
di tutte le forze tedesche e fasciste ancora in combattimento in Italia settentrionale e nelle province
austriache del Tirolo, della Carinzia, del Vorarlberg e della Stiria[191]. In un primo tempo Kesselring,
informato di questi fatti, si oppose e in quanto responsabile di tutte le forze della Wehrmacht nel teatro
meridionale, destituì von Vietinghoff; di fronte alla realtà dei fatti e allo sviluppo degli avvenimenti, alla
fine il feldmaresciallo cambiò idea e diede il suo consenso alla resa che divenne effettiva alle ore 14:00 del 2
maggio 1945[191].
Circa un milione di soldati tedeschi in combattimento in Italia settentrionale e Austria deposero le armi dopo
la conclusione della resa a Caserta; fin dal 29 aprile 1945 Churchill aveva comunicato le sue felicitazioni ad
Alexander scrivendo enfaticamente che "la grande battaglia finale in Italia rimarrà a lungo nella storia come
uno degli episodi più famosi della seconda guerra mondiale"[199].
La presenza di italiani armati su entrambi i fronti del conflitto, malgrado la maggioranza della popolazione
si tenesse in disparte, determinò lo svilupparsi di una guerra civile. I tedeschi, supportati dai fascisti della
RSI, organizzarono vaste operazioni di rastrellamento che costarono gravi perdite ai partigiani e ne
indebolirono le capacità operative senza tuttavia raggiungere risultati decisivi; l'azione tedesca e fascista fu
caratterizzata anche da spietate operazioni di rappresaglia e di repressione contro civili e presunti avversari
come l'eccidio delle Fosse Ardeatine a Roma e la strage di Marzabotto. Dopo i successi dell'estate 1944, le
sconfitte dell'autunno provocate dalle operazioni nazifasciste di "guerra alle bande" e il proclama Alexander
del 13 novembre 1944 che sollecitava i partigiani a sospendere le azioni e rimanere in difesa durante
l'inverno, provocarono una grave crisi e un indebolimento numerico della Resistenza[202]. Infine nelle
primavera 1945 i circa 60 000 partigiani attivi scesero dalla montagne e, rafforzati dai nuovi combattenti
accorsi nelle ultime settimane, svolsero un ruolo di primo piano nei giorni della liberazione[203].
Bilancio e conseguenze
La campagna d'Italia ebbe termine dopo la morte di Hitler e alcuni giorni prima della fine generale della
guerra in Europa, che venne sancita dalle cerimonie di resa del 7 maggio 1945 a Reims e dell'8 maggio 1945
a Berlino. Nelle settimane seguenti tuttavia le forze alleate entrarono in contrasto con i francesi sul confine
delle Alpi occidentali e soprattutto con gli jugoslavi di Tito a Trieste e in Austria. Dopo alcuni momenti di
forte tensione e l'afflusso di rinforzi alleati, gli jugoslavi acconsentirono ad applicare le disposizioni sulle
zone d'occupazione concordate dalle tre grandi potenze alla conferenza di Jalta[204].
Il giudizio di molti storici è meno positivo: si è affermato che la campagna fu un "vicolo cieco", che gli
Alleati non sapevano mai perché stessero veramente combattendo la campagna, che in realtà furono i
tedeschi che, con l'impiego di un numero minimo di divisioni di prima qualità, trattennero in un settore
secondario forze molto superiori numericamente e materialmente[2][207]. Il feldmaresciallo Kesselring, che
nelle sue memorie descrive in termini altamente elogiativi la condotta sua e delle truppe tedesche, ha
criticato la strategia eccessivamente metodica degli Alleati e il loro mancato sfruttamento di molte
opportunità operative[208].
Dal punto di vista tattico molti autori hanno evidenziato i numerosi errori dei comandanti alleati e la scarsa
elasticità dei loro metodi operativi, mentre in generale sono state apprezzate le capacità tattiche e la tenacia
delle truppe tedesche e la preparazione dei generali, in particolare di Kesselring, che seppero condurre con
abilità la lunga battaglia difensiva sfruttando i vantaggi del terreno e del clima[209]. Lo storico statunitense
Rick Atkinson, nella sua opera dedicata alla campagna d'Italia pubblicata nel 2008, ha fornito invece una
valutazione meno critica della condotta alleata in Italia: egli ha affermato che in definitiva gli anglo-
americani riuscirono, pur lentamente e a costo di gravi perdite, a liberare la penisola, che furono raggiunti
importanti vantaggi strategici nel Mediterraneo, che i bombardieri partiti dall'Italia meridionale poterono
raggiungere obiettivi decisivi in Europa sud-orientale. Atkinson infine rileva come, in mancanza di
alternative strategiche e in attesa dello sbarco in Francia previsto per
il 1944, fosse inevitabile per gli anglo-americani continuare la
campagna d'Italia anche per evitare ulteriori aspre critiche da parte
di Stalin, che da molti mesi accusava i suoi alleati di inerzia,
passività e di aver mancato di adempiere alle loro promesse di aprire
al più presto il secondo fronte[210].
Note
29. ^ Bauer, vol. VII, pp. 213-215.
1. Hart 2009, p. 627.
30. ^ Morris, p. 194.
2. Morris, p. 492.
31. ^ Deakin, vol. I, p. 452.
3. Atkinson, p. 204.
32. ^ Salmaggi-Pallavisini, p. 380.
4. ^ Deakin, vol. I, pp. 78-88.
33. ^ Biagi, p. 1303.
5. ^ Deakin, vol. I, pp. 99-112 e 143-166.
34. ^ Bauer, vol. V, p. 199.
6. ^ Deakin, vol. I, pp. 377-382 e 450-452.
35. ^ Picone Chiodo, p. 270.
7. ^ Morris, pp. 20-21.
36. ^ Biagi, p. 1305.
8. ^ Morris, pp. 21-22.
37. ^ Bauer, p. 201.
9. ^ Bauer, pp. 37-38.
38. ^ Hart, p. 610.
10. ^ Morris, p. 31.
39. ^ Picone Chiodo, p. 279.
11. ^ Morris, pp. 19-22.
40. H&W, p. 54.
12. ^ Rocca, p. 21.
41. ^ Bauer, p. 203.
13. ^ Morris, pp. 30-33.
42. ^ Bauer, pp. 204-205.
14. ^ Morris, pp. 34-39.
43. Bauer, p. 205.
15. ^ Atkinson, pp. 17-29.
44. ^ Bauer, pp. 205-207.
16. ^ Atkinson, pp. 19-22.
45. ^ D'Este, p. 418.
17. ^ Atkinson, pp. 28-31.
46. ^ Sono passati 70 anni dallo storico ultimo
18. ^ Picone Chiodo, p. 261. incontro tra Hitler e Mussolini, in il
19. ^ Deakin, p. 309. Gazzettino, 19 luglio 2014.
20. ^ Deakin, pp. 351-373. 47. ^ Bauer, vol. V, pp. 208-210.
21. ^ Picone Chiodo, p. 364. 48. ^ Bauer, vol. V, pp. 210-211.
22. ^ Picone Chiodo, p. 362. 49. ^ Bauer, vol. V, pp. 211-212 e 215.
23. ^ Picone Chiodo, pp. 364-365. 50. ^ Bauer, vol. V, pp. 213-214.
24. ^ Deakin, pp. 314-328, 391-426. 51. ^ Bauer, vol. V, p. 214.
25. ^ Deakin, pp. 430-432 e 450-452. 52. ^ Morris, p. 120.
26. ^ Bauer, vol. V, p. 198. 53. ^ Morris, pp. 120-121.
27. ^ Morris, pp. 20-22. 54. ^ Bauer, vol. V, pp. 216-217.
28. ^ Bauer, vol. V, p. 227. 55. ^ Bauer, vol. V, p. 217.
56. ^ Bauer, vol. V, pp. 217-220. 101. ^ Bauer, vol. VI, p. 89.
57. ^ Bauer, vol. V, pp. 218 e 220. 102. ^ Bauer, vol. VI, pp. 92-93.
58. ^ Atkinson, pp. 211-215. 103. ^ Katz, p. 195.
59. ^ Atkinson, pp. 231-236-239-241. 104. ^ Morris, pp. 301-303.
60. Hart 2009, p. 655. 105. ^ Morris, p. 324.
61. ^ Morris, pp. 169-184. 106. ^ Katz, p. 196.
62. ^ Morris, pp. 187-199. 107. ^ Morris, pp. 326-327.
63. ^ Clark, pp. 213-224. 108. ^ Morris, pp. 327-330.
64. ^ Clark, pp. 224-228. 109. ^ Morris, pp. 328-331.
65. ^ Bauer, vol V, pp. 227-228. 110. ^ Morris, p. 331.
66. ^ Morris, p. 224. 111. ^ Morris, pp. 344-346.
67. ^ H&W, p. 116. 112. ^ Katz, pp. 266-267.
68. ^ Bauer, vol. V, pp. 222-223. 113. ^ H&W, p. 158.
69. ^ Rocca, p. 118. 114. ^ Bauer, vol. VI, pp. 99-102.
70. ^ Rocca, p. 119. 115. ^ Morris, pp. 309-312.
71. ^ Rocca, pp. 120-121. 116. ^ Bauer, vol. VI, pp. 102-103.
72. ^ Rocca, p. 121. 117. ^ Morris, pp. 320-322-312.
73. Rocca, p. 122. 118. ^ Morris, pp. 333-335.
74. ^ Rocca, p. 123. 119. ^ Morris, pp. 335-337.
75. ^ Clark, p. 247. 120. ^ Morris, pp. 338-343.
76. ^ Bauer, vol V, pp. 228-229. 121. ^ Katz, p. 327.
77. ^ Clark, pp. 249-251. 122. ^ Morris, pp. 352-353.
78. ^ Clark, p. 253. 123. ^ Morris, pp. 353 e 359.
79. ^ Kesselring, p. 222. 124. ^ Morris, pp. 359-360.
80. ^ Morris, p. 256. 125. ^ Bauer, vol. VI, p. 106.
81. ^ Morris, p. 257. 126. ^ Morris, pp. 361-362.
82. ^ Morris, pp. 249-251. 127. ^ Atkinson, pp. 581-585.
83. ^ Clark, p. 257. 128. ^ Bauer, vol. VI, pp. 108-109.
84. ^ Katz, pp. 324-325. 129. ^ Bauer, vol. VI, pp. 109-111.
85. ^ Morris, pp. 256-257. 130. ^ Kesselring, pp. 240-241.
86. ^ Morris, pp. 258-259. 131. ^ Morris, pp. 365-367.
87. ^ Morris, pp. 259-260. 132. ^ Morris, pp. 370-372.
88. ^ Atkinson, pp. 318-327. 133. ^ Bauer, vol. VI, p. 112.
89. ^ Morris, p. 260. 134. ^ Bauer, vol. VI, pp. 112-113.
90. ^ Morris, pp. 261-264. 135. ^ Kesselring, pp. 241-242.
91. ^ Morris, pp. 265-266. 136. ^ Katz, pp. 338-340.
92. ^ Kesselring, p. 223. 137. ^ Morris, pp. 380-384.
93. ^ Morris, pp. 271-274. 138. ^ Kesselring, pp. 243-245.
94. ^ Katz, p. 182. 139. ^ Morris, pp. 387-391.
95. ^ Bauer, vol. VI, pp. 87-88. 140. ^ Hart 2009, pp. 754-755.
96. ^ Morris, pp. 283-286. 141. ^ Hart 2009, pp. 755-756.
97. ^ Atkinson, pp. 396-409. 142. ^ Kesselring, pp. 246-248.
98. ^ Bauer, vol. VI, pp. 89-91. 143. ^ Kesselring, pp. 248-249.
99. ^ Morris, pp. 294-296 e 300. 144. ^ Kesselring, pp. 250-252.
00. ^ Morris, pp. 297-300. 145. ^ Morris, pp. 401-402.
46. ^ Ferretti, p. 108. 180. ^ Deakin, vol. II, pp. 990-991.
47. ^ Hart 2009, pp. 756-757. 181. ^ Morris, p. 474.
48. ^ Hart 2009, p. 757. 182. ^ Hart 2009, pp. 936-937.
49. ^ Morris, pp. 410-411. 183. ^ Morris, p. 473.
50. ^ Bauer, vol. VI, p. 115. 184. ^ Morris, pp. 473-474.
51. ^ Bauer, vol. VI, p. 118. 185. ^ Morris, pp. 476-478.
52. ^ Montemaggi, pp. 41-51. 186. ^ Bauer, vol. VII, p. 216.
53. ^ Montemaggi, pp. 23-47. 187. ^ Operazione Herring, su SquadroneF.it. URL
54. ^ Hart 2009, pp. 755 e 757. consultato il 28 aprile 2014 (archiviato dall'url originale
55. ^ Battaglia, p. 401. il 21 febbraio 2014).
56. ^ Hart 2009, pp. 758-759. 188. ^ Soldato italiano, vol. XIII, p. 51.
57. ^ Montemaggi, pp. 73-97. 189. ^ Morris, pp. 480-481.
58. ^ Ferretti, pp. 110-111. 190. ^ Bauer, vol. VII, pp. 216-217.
59. ^ Montemaggi, pp. 125-157. 191. Bauer, vol. VII, p. 217.
60. ^ Ferretti, pp. 111-112. 192. ^ Italia, vol. 8, pp. 369-370.
61. ^ Montemaggi, pp. 161-167. 193. ^ Italia, vol. 8, pp. 215-216.
62. ^ Montemaggi, pp. 168-177. 194. ^ Deakin, vol. II, pp. 1071-1073.
63. ^ Montemaggi, pp. 177-179. 195. ^ Deakin, vol. II, pp. 1075-1076.
64. ^ Clark, pp. 417-422. 196. ^ Deakin, vol. II, pp. 1082-1083.
65. ^ Ferretti, pp. 112-113. 197. ^ Deakin, vol. II, pp. 1005-1016.
66. ^ Montemaggi, p. 178. 198. ^ Deakin, vol. II, pp. 1016-1021.
67. ^ Kesselring, p. 257. 199. ^ Morris, p. 484.
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Voci correlate
Battaglia di Montelungo
Battaglia di Cassino
Caduta del fascismo
Comitato di Liberazione Nazionale
Guerra civile in Italia (1943-1945)
Italy Star
Marocchinate
Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943
Resistenza italiana
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Collegamenti esterni
Museo Historiale di Cassino, su museohistoriale.org.
Linea Gotica - officina della memoria, su progettolineagotica.eu. URL consultato il 28 settembre 2019
(archiviato dall'url originale il 20 luglio 2011).
Dal Volturno a Cassino, su dalvolturnoacassino.it.
Centro Internazionale Documentazione "Linea Gotica", su gothicline.org.
(EN) Gerhard Muhm: German tactics in the italian campaign, su larchivio.com. URL consultato il 21
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(EN) La campagna d'Italia per la 2nd New Zealand Division, su nzhistory.net.nz.
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