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Campagna d'Italia (1943-1945)

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La campagna d'Italia fu l'insieme delle operazioni militari


Campagna d'Italia
condotte dagli Alleati in Italia nell'ambito della seconda
guerra mondiale, nel periodo che va dal giugno 1943 al parte della seconda guerra mondiale
maggio 1945; la campagna fu intrapresa prima per
sconfiggere l'Italia fascista, la più debole tra le tre maggiori
potenze dell'Asse, e poi, dopo la sua resa incondizionata
annunciata l'8 settembre 1943, per attirare nella penisola
italiana occupata dalle truppe del feldmaresciallo Albert
Kesselring altre forze della Wehrmacht, alleggerendo così gli
altri teatri europei.

La campagna, guidata da parte alleata prima dal generale


Dwight D. Eisenhower e poi dal generale Harold Alexander,
fu caratterizzata da una serie di sbarchi e da sanguinose
battaglie di logoramento lungo le successive linee difensive Truppe statunitensi sbarcano a Salerno
approntate dall'esercito tedesco. Le truppe alleate, costituite da nel settembre 1943
contingenti provenienti da molteplici Paesi, furono ostacolate
dall'aspro territorio appenninico, dalle difficoltà climatiche e Data 10 luglio 1943 - 2 maggio
dalla tenace resistenza tedesca che provocarono forti perdite e 1945
il lento avanzamento del fronte. Roma non venne liberata fino Luogo Italia
al 4 giugno 1944 mentre la Linea Gotica fu superata solo
Esito Vittoria alleata, crollo del
nell'aprile 1945, quando l'offensiva finale alleata permise di
regime fascista e fine
raggiungere la pianura Padana e il 2 maggio 1945 costrinse
alla resa le forze tedesche in Italia. dell'occupazione tedesca in
Italia
Alla campagna d'Italia presero parte anche alcuni reparti della Schieramenti
Repubblica Sociale Italiana che combatterono a fianco dei
tedeschi e le formazioni del Corpo Italiano di Liberazione che Stati Uniti Germania
invece combatterono insieme con gli eserciti alleati. Durante Regno Unito Italia fino
la dura occupazione tedesca, si sviluppò il movimento della India all'8/9/1943

Resistenza italiana che organizzò una crescente attività Britannica Repubblica


militare di guerriglia nell'Italia centro-settentrionale che Canada Sociale Italiana dal
intralciò l'apparato militare e repressivo nazi-fascista. Sudafrica 18/9/1943
Australia
Nuova Zelanda
Francia libera
Indice (1943-1944)
Francia (1944-
Antefatti
1945)
Piani operativi Polonia
Alleati Brasile
Asse Grecia
Cobelligeranti:
Il campo di battaglia
Italia dal
Le forze in campo 13/10/1943
Resistenza
La campagna d'Italia
italiana
Lo sbarco in Sicilia
Caduta di Mussolini e armistizio italiano Comandanti
Gli sbarchi alleati nel sud Italia Dwight D. Albert
La liberazione di Napoli e l'avanzata verso nord Eisenhower Kesselring
L'assalto alla linea Gustav Mark Clark Heinrich von
Sfondamento della linea invernale tedesca Henry Maitland Vietinghoff
Wilson Rodolfo
Prima battaglia di Cassino e sbarco di Anzio
Harold Alexander Graziani
Seconda e terza battaglia di Cassino
Operazione Diadem e liberazione di Roma Perdite
L'avanzata nel centro-nord Italia In Sicilia: In Sicilia:
I combattimenti sulla Linea Gotica 22 000 soldati 29 000 soldati italo-
L'offensiva di primavera alleati morti, feriti e tedeschi morti e
dispersi/prigionieri[1] feriti[3]; 140 000
L'ultimo inverno
Nel continente prigionieri[3] (di cui
Fine del fascismo e resa generale tedesca italiano: 313 000 5 500 tedeschi[1])
L'insurrezione generale soldati alleati morti, Nel continente
La resa di Caserta feriti e italiano: 336 500
dispersi/prigionieri[2] soldati tedeschi
Il ruolo della resistenza italiana
circa 8 000 aerei[2] morti, feriti e
Bilancio e conseguenze dispersi/prigionieri[2]
Note Voci di battaglie presenti su Wikipedia
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni

Antefatti
A partire dall'autunno del 1942 l'andamento della seconda guerra mondiale nel teatro del Mediterraneo
aveva subito una svolta irreversibile a favore delle potenze alleate. Mentre i britannici del generale Bernard
Law Montgomery concludevano vittoriosamente il 4 novembre 1942 la dura seconda battaglia di El
Alamein e costringevano le residue forze italo-tedesche del feldmaresciallo Erwin Rommel a una estenuante
ritirata lungo l'intera costa libica, un imponente corpo di spedizione anglo-americano al comando del
generale Eisenhower effettuò con pieno successo a partire dall'8 novembre 1942 l'operazione Torch, cioè lo
sbarco in Marocco e Algeria[4].

Nei mesi seguenti le operazioni in Nordafrica proseguirono con aspri scontri dall'esito alterno; nonostante il
gravoso impegno della Wehrmacht sul fronte orientale, dove era in corso la lunga battaglia di Stalingrado
conclusasi con una disastrosa sconfitta, Adolf Hitler decise di inviare contingenti di rinforzo in Tunisia per
guadagnare tempo e sostenere militarmente l'alleato Benito Mussolini, la cui posizione politica in Italia si
stava indebolendo a causa delle continue disfatte[5].

Nonostante l'accanita e abile resistenza, le forze dell'Asse in Nordafrica, in netta inferiorità di uomini e
mezzi rispetto agli eserciti alleati, vennero infine sconfitte e si arresero nel maggio 1943; la campagna di
Tunisia si concluse quindi con un grande successo strategico degli Alleati che presero possesso dell'intera
costa nordafricana, potendo così dominare le rotte marittime mediterranee e attaccare direttamente tutte le
coste italiane, le cui difese erano ormai completamente inadeguate a fronteggiare, nonostante lo sbandierato
ottimismo di Mussolini, la potente coalizione avversaria[6].

Piani operativi

Alleati

Mentre era ancora in corso la campagna di Tunisia, la dirigenza politico-militare anglo-americana aveva già
incominciato la pianificazione per il proseguimento delle operazioni nel teatro del Mediterraneo. Nella
conferenza di Casablanca, tra il 14 e il 24 gennaio 1943, il presidente statunitense Franklin Delano
Roosevelt e il primo ministro britannico Winston Churchill si incontrarono insieme con i capi degli stati
maggiori alleati; dopo lunghe e complesse discussioni, venne deciso, nonostante lo scetticismo e la
delusione dei generali statunitensi, desiderosi di arrestare le operazioni nel settore meridionale e di
accelerare l'invasione dell'Europa nord-occidentale, di porre a buon frutto la prevista vittoria in Nordafrica
attuando uno sbarco in Sicilia[7].

I generali britannici riuscirono a convincere i capi americani,


evidenziando come uno sbarco in Sicilia avrebbe potuto portare a un
crollo del Regno d'Italia, con la conseguenza che la Germania
sarebbe stata costretta a intervenire in forze nel teatro sud-europeo
disperdendo le sue divisioni nella penisola italiana, nelle isole e nei
Balcani, alleggerendo così la pressione esercitata sul fronte russo[8].
Con la conquista della Sicilia inoltre l'intero Mar Mediterraneo
sarebbe diventato aperto alla navigazione alleata, migliorando la
situazione logistica delle forze anglo-americane; infine si previde di
estendere le operazioni fino a comprendere l'Italia meridionale dove,
Il presidente Franklin Delano
nell'area di Foggia, si sarebbero potute organizzare grandi basi aeree
Roosevelt e il primo ministro Winston
Churchill durante la conferenza di
da dove colpire con bombardieri strategici la Germania meridionale
Casablanca e l'Austria[9].

Il 12 febbraio 1943 venne costituito ad Algeri, sotto la guida del


generale Charles Gairdner, l'HQ Force 141, il quartier generale
incaricato della pianificazione dettagliata del progetto d'invasione della Sicilia[10]; in precedenza si era già
deciso di rinunciare agli audaci piani di attacco della Sardegna, ritenuta troppo lontana dalle basi aeree
alleate, e di attacco immediato della Sicilia ancor prima della fine dei combattimenti in Nordafrica[11].
L'iniziale orientamento del quartier generale prevedeva una molteplicità di sbarchi da effettuarsi nei primi
tre giorni dell'operazione, che consentissero la cattura dei due porti di Siracusa e Palermo. L'ammiraglio
Andrew Cunningham concordò con tale scelta dato che, più le forze attaccanti fossero state frazionate, più
gli attacchi aerei italo-tedeschi sarebbero stati dispersivi e inefficaci; inoltre, gli Alleati avevano a
disposizione alcune unità di paracadutisti, di cui venne ipotizzato l'impiego in Calabria per ostacolare il
prevedibile afflusso di rinforzi tedeschi attraverso lo stretto di Messina[12].

Mentre in un primo tempo, il 13 marzo 1943, i capi militari anglo-americani approvarono l'ambizioso piano,
esso fu rimesso in discussione due giorni dopo quando il generale britannico Bernard Montgomery inviò una
lettera al generale Gairdner criticando fortemente il progetto originario di sbarco in Sicilia, e suggerendo il
concentramento delle zone di sbarco e il rafforzamento del corpo di spedizione. Il 18 marzo si tenne dunque
una conferenza a seguito della quale, il 5 e il 6 aprile 1943, le varianti proposte dal generale Montgomery
vennero approvate dal comandante in capo alleato nel Mediterraneo Dwight Eisenhower e dal vice-
comandante in capo Harold Alexander[13]. In realtà ben presto le discussioni ripresero all'interno della
dirigenza politico-militare alleata: il generale Eisenhower manifestò timori per le possibili reazioni delle
forze tedesche presenti in Sicilia, suscitando il disappunto
di Churchill; alla fine di aprile il generale Montgomery
tornò a criticare il piano operativo e il 2 maggio, in una
riunione ad Algeri, propose una nuova variante secondo
la quale le forze anglo-americane avrebbero effettuato
sbarchi molto concentrati nella parte sud-orientale della
Sicilia: in questo modo, lo stesso Montgomery avrebbe
assunto un ruolo preponderante nell'operazione,
relegando le truppe americane a compiti di appoggio.
Alexander condivise le valutazioni di Montgomery e
Eisenhower approvò questo nuovo piano nonostante le
opposizioni di alcuni alti ufficiali alleati[14]. Il generale Dwight D. Il generale Harold
Eisenhower Alexander
Mentre procedeva l'organizzazione delle forze assegnate
allo sbarco in Sicilia, i capi anglo-americani si
incontrarono a Washington nella cosiddetta "conferenza Trident" che ebbe inizio il 12 maggio 1943 e
continuò in maniera molto accesa e contrastata fino al 24 maggio alla presenza del presidente Roosevelt e
del primo ministro Churchill[15]. Si dovevano concordare gli ulteriori programmi bellici nel teatro europeo:
gli americani, guidati dal capo di stato maggiore generale George Marshall, richiesero nuovamente di
sferrare il grande attacco decisivo attraverso la Manica e arrestare tutte le operazioni nel Mediterraneo dopo
la conquista della Sicilia; i militari britannici sostenuti da Churchill riproposero invece i loro piani per
prolungare le operazioni nell'Europa meridionale, provocare "l'eliminazione dell'Italia" e costringere la
Germania a frammentare ulteriormente le proprie forze[16]. Alla fine fu raggiunto un compromesso: venne
deciso di effettuare l'attacco in Francia entro il maggio 1944 e di trasferire in Gran Bretagna una parte delle
divisioni anglo-americane schierate nel Mediterraneo per prendere parte alla futura operazione Overlord;
tuttavia il generale Eisenhower era autorizzato a sfruttare il previsto successo in Sicilia con nuove
operazioni per favorire "l'uscita dell'Italia dalla guerra". I capi britannici affermarono che una campagna in
Italia sarebbe stata agevole, che sarebbero state sufficienti nove divisioni e che i tedeschi non sarebbero stati
in grado di opporre una resistenza efficace[17].

Asse

La catastrofe finale in Tunisia, preceduta durante l'inverno dalla perdita della


Libia e dal tragico disastro dell'ARMIR in Russia, provocò un grave
indebolimento del regime fascista in Italia e della posizione dello stesso
Benito Mussolini. Il generale Vittorio Ambrosio, il nuovo capo di stato
maggiore generale in sostituzione del maresciallo Ugo Cavallero, era
pessimista sulla possibilità di continuare la guerra; dopo le pesanti perdite di
uomini e mezzi degli ultimi mesi, le forze armate italiane erano in una
situazione critica: dieci divisioni erano in fase di riorganizzazione, trentasei
erano impiegate all'estero in compiti di occupazione e in Italia erano
disponibili solo tredici divisioni pronte all'azione[18]; le forze navali e aeree
erano deboli. Mussolini non appariva del tutto consapevole di queste
carenze e del cedimento morale tra le autorità dirigenti: l'11 marzo 1943
aveva deriso gli "individui di nervi deboli" che, dopo la disfatta in Russia, Benito Mussolini e Adolf
[19] Hitler
avevano pensato "che il "baffone" (Stalin) sarebbe arrivato a Longatico" ,
e manteneva un'apparente fiducia in Hitler e nella potenza militare tedesca. I
due si incontrarono a Salisburgo nell'aprile 1943; in un primo tempo
Mussolini avanzò la proposta di ricercare un compromesso con Stalin e di trasferire la massa delle forze
della Wehrmacht nel Mediterraneo, ma alla fine concordò con i piani di Hitler che, respingendo le proposte
del Duce, si mostrò ottimista e sicuro di poter vincere entro il 1943 la guerra sul fronte orientale sferrando
una terza offensiva estiva[20].
I segni evidenti di cedimento del suo principale alleato indussero peraltro Hitler,
informato da numerose fonti della scarsa solidità politica del governo fascista, a
incominciare una precisa pianificazione in vista di un cedimento dell'Italia di
fronte all'attacco alleato o di un rovesciamento di Mussolini[21]. Ancor prima della
fine dei combattimenti in Nordafrica erano presenti in Sardegna e Sicilia
contingenti di tre divisioni mobili tedesche di cui era originariamente previsto
l'invio in Tunisia; alla metà di maggio Hitler decise di rafforzare le sue forze nella
penisola inviando altre due divisioni meccanizzate che furono messe a
disposizione del comando Oberbefehlshaber Süd guidato dall'abile feldmaresciallo
Albert Kesselring[22]. Il 21 maggio l'alto comando tedesco diramò le direttive
preparate per fronteggiare in tutti i teatri di operazione le conseguenze di una
possibile defezione italiana: furono quindi approntate l'operazione Alarico
Il feldmaresciallo
(occupazione della penisola), l'operazione Konstantin (neutralizzazione delle forze
Albert Kesselring
italiane nei Balcani), l'operazione Siegfried (occupazione delle aree della Francia
meridionale), l'operazione Nürnberg (salvaguardia della frontiera franco-spagnola)
e l'operazione Kopenhagen (controllo dei valichi sulla frontiera franco-italiana)[23].
Contemporaneamente la Wehrmacht proseguì il rischieramento delle sue riserve mobili: Hitler era
preoccupato per un possibile attacco ai Balcani e, forse sviato dal piano di depistaggio alleato "Mincemeat",
decise di inviare nel Peloponneso una divisione corazzata. Il 17 giugno finalmente Mussolini presentò, dopo
contrasti tra i dirigenti politico-militari italiani, precise richieste di rinforzi tedeschi per fronteggiare le
armate alleate a cui Hitler rispose con il trasferimento, entro il 9 luglio, di altre tre divisioni meccanizzate
che vennero schierate nell'Italia centro-meridionale; alla vigilia dello sbarco alleato, otto esperte divisioni
tedesche si trovavano nella penisola o nelle due isole maggiori italiane.

Nel frattempo la situazione del regime fascista si stava deteriorando ulteriormente: irrealistici progetti
diplomatici per un distacco concordato dell'Italia dall'Asse o per la costituzione di una coalizione di potenze
minori europee "neutralizzate" vennero esclusi da Mussolini; si svilupparono confusi progetti politico-
militari all'interno delle strutture dirigenti delle forze armate e degli apparati amministrativi dello stato e il re
Vittorio Emanuele III incominciò le prime mosse per un'eventuale destituzione di Mussolini[24]. All'interno
dello stesso Partito Fascista alcuni gerarchi cominciarono a cospirare contro il Duce. Mussolini non sembrò
cogliere il pericolo: cercò di galvanizzare i militanti fascisti con nuove bellicose parole d'ordine e ancora il
24 giugno 1943, con un ottimismo di facciata, parlò di "congelare" l'attaccante che avesse tentato di sbarcare
in Italia "sulla linea del bagnasciuga"[25].

Il campo di battaglia
La geomorfologia italiana imponeva alcune limitazioni alle operazioni degli Alleati: mentre i bombardieri
avevano un'autonomia sufficiente a colpire qualunque obiettivo nella penisola, solo i caccia imbarcati su
portaerei potevano raggiungere l'Italia continentale, ma erano in numero limitato e comunque la minaccia
subacquea dell'Asse non permetteva operazioni navali a lungo raggio. L'invasione della Sicilia era dunque
una tappa obbligata perché permetteva di restare nel raggio d'azione degli aerei tattici con base in Tunisia,
motivo che spinse il comando alleato a preferire quest'ultima alla Sardegna[26]. Gli Alleati avevano obiettivi
limitati in Italia e adottarono durante tutta la campagna una strategia prudente[27], oltretutto non sfruttando
completamente la loro supremazia aero-navale.

Hitler non attribuiva un valore strategico decisivo all'Italia meridionale ed era convinto della necessità di
tenere il minimo delle forze nella penisola per non scoprire gli altri fronti; perciò non concesse al
maresciallo Kesselring i rinforzi richiesti[28]. I tedeschi decisero di rinunciare a difendere l'intera penisola e
di concentrare le loro forze nelle aree in cui la conformazione geografica era più favorevole alla
realizzazione di solide posizioni difensive, ossia dove la penisola si restringeva offrendo massicci ostacoli
orografici e la presenza di vari corsi d'acqua poteva costituire un ostacolo rilevante, in particolare durante la
stagione invernale.
Le forze in campo
Le forze in campo furono costantemente sbilanciate a favore degli Alleati, tanto più in quanto l'esercito
italiano dopo la resa si dissolse e si riformò successivamente in buona parte in campo alleato, con
l'eccezione delle unità che verranno schierate dall'Esercito Nazionale Repubblicano. Nonostante la
superiorità numerica e materiale l'efficienza delle forze alleate diminuì nella seconda metà del 1944 a causa
del ritiro di molti reparti scelti anglo-americani, destinati a essere impegnati in Francia, che furono sostituiti
da unità meno esperte[29].

L'impiego di numerose e potenti forze aeree diede agli Alleati una netta superiorità nei cieli; i tedeschi,
impegnati soprattutto a difendere il Reich, schierarono solo un numero limitato di aerei in Italia. Gli Alleati
usarono costantemente le forze aeree tattiche a supporto delle forze terrestri e le uniche operazioni aeree di
una certa consistenza furono i bombardamenti delle città del nord Italia e dei centri industriali italiani
impegnati nella produzione bellica per la Germania. Da parte dell'Asse le operazioni furono quasi
esclusivamente difensive, eccettuati gli attacchi alle forze navali alleate impegnate negli sbarchi
principali[30].

La campagna d'Italia

«Bisogna che, non appena il nemico tenterà di sbarcare, sia congelato su quella linea che
i marinai chiamano del bagnasciuga, la linea della sabbia dove l'acqua finisce e comincia
la terra...»

(Affermazione di Mussolini alla direzione del Partito Nazionale Fascista il 24 giugno 1943, riportata dalla
stampa il 5 luglio 1943[31])

Lo sbarco in Sicilia

L'operazione Husky, il nome in codice alleato per designare l'invasione della Sicilia, ebbe inizio il 9 luglio
1943, preceduta nel mese di giugno dall'occupazione delle isole di Lampedusa, Linosa, Lampione e
Pantelleria, la quale cadde il 12 giugno, dopo avere subito intensi bombardamenti da parte della Royal Air
Force (che aveva perso quarantacinque aerei abbattuti dalla contraerea italiana)[32], e venne occupata da
reparti di una divisione britannica senza incontrare resistenza[33].

La forza di invasione alleata guidata dal generale


Eisenhower era composta dall'8ª Armata britannica del
generale Bernard Law Montgomery e dalla 7ª Armata
statunitense del generale George Smith Patton, dipendenti
gerarchicamente dal 15º Gruppo d'armate del generale
Harold Alexander che aveva la responsabilità effettiva
delle operazioni sul campo[34]. Le due armate disponevano
di una forza iniziale di 181 000 uomini con 600 carri
armati e 1 800 cannoni[35]; il corpo di spedizione era
costituito da sette divisioni di fanteria, due divisioni
Il generale George Il generale Bernard corazzate e due divisioni aviotrasportate; l'appoggio dal
Patton, comandante Montgomery, mare era garantito da 2 275 navi da carico, 1 800 mezzi da
della 7ª Armata comandante dell'8ª sbarco e 280 navi da guerra[36]. Le forze aeree alleate,
statunitense in Sicilia Armata britannica in comandate dall'Air Chief Marshall Arthur Tedder,
Sicilia
disponevano di oltre 5 000 velivoli e godevano di una
schiacciante superiorità nei confronti dei 520 aerei
dell'Asse[37]. L'armata del generale Patton, forte di quattro divisioni, prese terra nella zone prospicienti
Licata, Gela e Scoglitti, mentre quella del generale Montgomery, forte di quattro divisioni e una brigata,
sbarcò a est, tra Capo Passero e Siracusa[38]. Nel corso della breve campagna gli Alleati fecero intervenire
altri reparti e alla fine dell'operazione disponevano in Sicilia di circa 467 000 soldati[39].

Le forze dell'Asse presenti sull'isola al momento dello sbarco


erano rappresentate dalla 6ª Armata italiana, comandata dal
generale Alfredo Guzzoni e forte di nove divisioni: le divisioni
"Aosta", "Assietta" (di stanza tra Palermo e Trapani), "Livorno"
(di stanza a Caltagirone) e "Napoli" (di stanza fra Siracusa e
Augusta) e cinque divisioni costiere per un totale di circa
200 000 uomini[40]; l'armata era integrata da due divisioni
tedesche formate in parte con reparti destinati originariamente
alla campagna di Tunisia e ancora in fase di organizzazione, la
Fallschirm-Panzer-Division 1 "Hermann Göring" del generale
Paul Conrath e la 15. Panzergrenadier-Division comandata dal Il generale Alfredo Il generale Hans-
generale Eberhard Rodt, per un totale di circa 30 000 soldati che Guzzoni, Valentin Hube,
salirono a circa 60 000 nel corso della campagna[1]. Il generale comandante della comandante del 14º
Fridolin von Senger und Etterlin, il rappresentante tedesco 6ª Armata italiana Panzerkorps tedesco
all'interno del comando del generale Guzzoni situato a Enna[41], in Sicilia
faceva riferimento direttamente al comandante supremo tedesco
del teatro meridionale (Oberbefehlshaber Süd), il
feldmaresciallo Albert Kesselring[40].

Lo sbarco alleato del 10 luglio 1943, preceduto da alcuni difficoltosi lanci di paracadutisti nelle retrovie e
appoggiato dal potente supporto aereo e navale, ebbe successo nonostante la resistenza delle deboli divisioni
costiere italiane. L'11 luglio il generale Guzzoni cercò di contrattaccare la testa di ponte statunitense di Gela
con le divisioni "Livorno" e "Hermann Göring"; il tentativo, sebbene alcuni panzer fossero arrivati a poche
centinaia di metri dalle spiagge, fu frustrato dalle artiglierie, dall'intervento di forze corazzate e dal supporto
navale statunitensi. I britannici incontrarono minore resistenza e fin dall'11 luglio l'8ª Armata occupò senza
difficoltà Siracusa e Augusta, un'importante base navale che si arrese senza combattere[42]. Il 14 luglio gli
Alleati congiunsero le loro teste di ponte e conquistarono Ragusa e Comiso.

Nonostante i successi alleati e i segni di collasso delle truppe


italiane, il feldmaresciallo Kesselring riuscì a trasferire in Sicilia la
veterana 29. Panzergrenadier-Division e l'eccellente 1ª Divisione
paracadutisti del generale Richard Heidrich, trasferita d'urgenza
dalla Francia meridionale; l'energico ed esperto generale Hans-
Valentin Hube, reduce dalla battaglia di Stalingrado, assunse il
comando di tutte le forze tedesche raggruppate nel XIV Panzerkorps
e in pratica diresse le operazioni delle forze dell'Asse nell'isola,
riuscendo a costituire un solido fronte difensivo a sud di Catania che
arrestò l'avanzata dei britannici di Montgomery[43].

Mentre l'8ª Armata britannica fronteggiava un'aspra resistenza nella


zona dell'Etna, il generale Patton riuscì invece a uscire dalla testa di
Truppe britanniche sbarcano in
ponte e ad avanzare con le sue unità corazzate direttamente verso
Sicilia il 10 luglio 1943
Palermo; le deboli difese italiane furono facilmente superate e gli
statunitensi presero la città il 22 luglio. La 7ª Armata girò subito
verso est con l'obiettivo di arrivare a Messina e tagliare le linee di comunicazione delle truppe dell'Asse in
Sicilia[43]; tuttavia il feldmaresciallo Kesselring e il generale Hube furono in grado di costituire una nuova
linea difensiva a protezione di Messina e gli statunitensi, nonostante l'arrivo in Sicilia di altre divisioni,
furono fermati dal 23 luglio a San Fratello e a Troina dove si svolsero aspri combattimenti. Gli sviluppi
politici generali, con la caduta di Mussolini e la disgregazione delle
unità italiane, e la chiara superiorità numerica e materiale alleata,
spinsero Hitler e l'alto comando tedesco a organizzare
un'evacuazione metodica delle divisioni dell'Asse attraverso lo
stretto di Messina (operazione Lehrgang); entro il 17 agosto il
generale Hube riuscì a completare con successo la ritirata di gran
parte dei suoi soldati e degli equipaggiamenti[44]: furono evacuati
circa 40 000 soldati tedeschi con 9 789 veicoli, cinquantuno carri
armati e 163 cannoni[45] e 62 000 soldati italiani con 227 veicoli e
quarantuno cannoni. Movimenti delle forze alleate in
Sicilia dal 12 luglio al 17 agosto 1943
Al termine della campagna la 7ª Armata contò 2 811 morti, 6 471
feriti e 686 dispersi; l'8ª Armata accusò 2 721 morti, 7 939 feriti e
2 183 dispersi[1]. Le forze dell'Asse riportarono circa 29 000 vittime: gli italiani subirono circa 4 700 morti, i
tedeschi 4 300; i feriti assommarono a circa 20 000 uomini e i prigionieri erano oltre 140 000[3], dei quali
solo 5 500 erano soldati tedeschi[1].

Caduta di Mussolini e armistizio italiano

Le disastrose notizie provenienti dalla Sicilia provocarono sviluppi decisivi per le due potenze dell'Asse.
Hitler, preoccupato dai segni di crollo dell'esercito italiano, si recò il 19 luglio 1943 in Italia e incontrò
Mussolini presso Belluno (anche se la storiografia lo ricorda come l'incontro di Feltre[46]): il Duce apparve
depresso e abulico e, nonostante le esortazioni dei suoi generali e consiglieri, non riuscì a influire sulle
decisioni del Führer; Hitler confermò di voler combattere a oltranza su tutti i fronti, esortò a rafforzare la
coesione interna con provvedimenti draconiani, promise l'invio di divisioni tedesche e prospettò la vittoria
grazie ad "armi segrete" in approntamento[47]. Il fallimento dei colloqui detti di Feltre accelerò le decisioni
del Re e dei generali ormai decisi a destituire Mussolini mentre i gerarchi, guidati da Dino Grandi, durante
la drammatica riunione notturna del 25 luglio contestarono apertamente l'operato del Duce e favorirono la
disgregazione del regime[48].

Il pomeriggio del 25 luglio 1943 Mussolini fu fatto arrestare dal re


Vittorio Emanuele dopo un breve colloquio e trasferito
successivamente in una serie di rifugi segreti; in poche ore il regime
fascista si disgregò, i gerarchi fedeli al Duce fuggirono e il
maresciallo Pietro Badoglio venne nominato capo del nuovo
governo, che ufficialmente confermò la fedeltà all'alleanza con la
Germania e la decisione di continuare a combattere contro gli
Alleati. In realtà il Re, Badoglio e i principali dirigenti del nuovo
governo ritenevano inevitabile uscire dalla guerra; dopo alcune
indecisioni, il 12 agosto 1943 emissari italiani si incontrarono a
L'armistizio di Cassibile: da sinistra i
Lisbona con il capo di stato maggiore di Eisenhower, generale
generali Walter Bedell Smith,
Giuseppe Castellano e Dwight
Walter Bedell Smith, dal quale appresero che i capi alleati
Eisenhower prevedevano la resa incondizionata dell'Italia[49].

Hitler, informato dell'inattesa destituzione di Mussolini, comprese


subito che questo avvenimento avrebbe messo in pericolo l'alleanza
dell'Asse; egli non diede alcuna fiducia alla nuova dirigenza e predispose rapidamente nuovi piani per
affrontare militarmente l'attesa defezione dell'Italia. Dopo aver ipotizzato un immediato intervento a Roma,
Hitler decise di guadagnare tempo in attesa degli eventi e nel frattempo di rafforzare in modo sostanziale la
presenza tedesca nella penisola[50]. Secondo le direttive del nuovo piano Achse, mentre il feldmaresciallo
Kesselring preparava l'evacuazione della Sicilia e la difese dell'Italia meridionale, il feldmaresciallo
Rommel prese il comando di un nuovo Gruppo d'armate B che trasferì il suo quartier generale a Bologna il
14 agosto; in poche settimane entrarono in Italia settentrionale altre otto divisioni tedesche tra cui due
divisioni corazzate, mentre una divisione di paracadutisti atterrò a Pratica di Mare, a sud di Roma[51].

Informati dei contatti segreti avviati a Lisbona con gli emissari del nuovo governo italiano, i dirigenti anglo-
americani procedettero a una nuova analisi della loro pianificazione operativa: Eisenhower propose di
prolungare le operazioni dopo la conquista della Sicilia, sfruttando la promessa collaborazione italiana per
occupare il territorio compreso tra gli importanti aeroporti di Foggia e il grande porto di Napoli[52]; il
generale Marshall e gli altri capi statunitensi concordarono con questo piano, convinti che l'obiettivo delle
operazioni nella penisola dovesse essere strettamente limitato all'occupazione di basi aeree e a tenere
impegnate lontane dai fronti principali il maggior numero possibile di truppe tedesche. Il 14 agosto 1943 il
presidente Roosevelt e il primo ministro Churchill si incontrarono a Québec e presero le decisioni definitive:
fu confermata la data del 1º maggio 1944 per l'operazione Overlord e venne ordinato al generale Eisenhower
di occupare Sardegna e Corsica; il 17 agosto venne approvata l'invasione della penisola italiana attraverso
uno sbarco principale a Salerno, previsto per il 9 settembre 1943[53].

Le discussioni tra gli inviati italiani e i rappresentanti


alleati prima a Lisbona e poi in Sicilia si protrassero con
difficoltà per alcuni giorni: temendo una violenta reazione
tedesca, il maresciallo Badoglio chiese un massiccio
intervento anglo-americano contemporaneamente
all'annuncio dell'armistizio, e si studiarono piani per
impiegare una divisione di paracadutisti americana
nell'area di Roma[54]. Il 3 settembre 1943 il generale
Giuseppe Castellano firmò l'armistizio di Cassibile ma
sorsero nuovi problemi esecutivi: Badoglio chiese un
rinvio dell'annuncio, mentre il generale Maxwell Taylor, Benito Mussolini dopo la sua liberazione da parte
giunto in segreto a Roma, consigliò di rinunciare, a causa dei paracadutisti tedeschi
dell'evidente disorganizzazione italiana, all'intervento dei
paracadutisti. La sera dell'8 settembre 1943 Eisenhower
diede comunicazione ufficiale della resa italiana e Badoglio, dopo una drammatica riunione alla presenza del
Re, fu costretto a sua volta a diffondere per radio la notizia[55].

La reazione di Hitler e dei comandi tedeschi, nonostante la sorpresa per l'improvviso annuncio
dell'armistizio, fu rapida ed efficace: il piano Achse venne immediatamente attivato e le truppe della
Wehrmacht presero il sopravvento in tutti i teatri bellici dove erano presenti unità italiane, sfruttando
soprattutto la disorganizzazione e la confusione presenti tra le truppe e gli alti comandi del Regio Esercito
che, privi di direttive precise e tempestive, in gran parte si disgregarono. In Italia settentrionale il
feldmaresciallo Rommel occupò le città più importanti e catturò la massa delle divisioni italiane che
opposero scarsa resistenza; a Roma dopo alcuni duri combattimenti e confuse trattative il feldmaresciallo
Kesselring prese possesso della città; nei Balcani i tedeschi occuparono tutto il territorio e schiacciarono
brutalmente i tentativi di resistenza locali, con oltre 600 000 soldati italiani deportati in Germania[56].
Badoglio, il Re e i loro collaboratori preferirono abbandonare subito Roma e, dopo aver raggiunto Pescara,
si trasferirono a Brindisi dove ricostituirono una struttura di governo nel territorio sfuggito all'occupazione
tedesca (Regno del Sud); il 13 ottobre 1943 il governo Badoglio dichiarò guerra alla Germania ottenendo
dagli Alleati lo status di "cobelligerante". Nel frattempo, il 12 settembre 1943, un reparto di paracadutisti
tedeschi aveva liberato Mussolini dalla prigione nel Gran Sasso; fortemente sollecitato da Hitler e pur
provato e depresso, il Duce decise di prendere la direzione di uno nuovo stato fascista, la Repubblica Sociale
Italiana (RSI), che venne costituita il 23 settembre nell'Italia centro-settentrionale per collaborare con
l'occupante tedesco[57].

Gli sbarchi alleati nel sud Italia


Il 3 settembre 1943 l'8ª Armata incominciò l'invasione
dell'Italia continentale con i primi sbarchi in Calabria
(operazione Baytown), dalla quale i reparti tedeschi si erano
ritirati senza avvisare gli italiani e sabotando le
infrastrutture[58]. Secondo la pianificazione alleata, l'uscita
dalla guerra dell'Italia sarebbe dovuta avvenire
contemporaneamente allo sbarco principale nella penisola,
previsto nel settore di Salerno secondo il progetto Avalanche.
Il 9 settembre 1943 infatti le principali forze anglo-americane,
che a bordo delle navi avevano festeggiato la presunta fine
delle operazioni militari nel teatro italiano a seguito
dell'armistizio di Cassibile, sbarcarono a Salerno mentre
Truppe alleate sbarcano a Salerno
truppe britanniche mettevano in atto un'azione secondaria
occupando Taranto (operazione Slapstick)[59].

La 1ª Divisione aviotrasportata britannica, sotto la copertura delle forze navali del


viceammiraglio Arthur Power, sbarcò direttamente nel porto di Taranto; i reparti
paracadutisti tedeschi presenti nel settore preferirono ripiegare e non opposero
resistenza allo sbarco, ma per mancanza di mezzi di trasporto i paracadutisti
britannici non poterono avanzare subito verso Foggia e il vicino e ambìto
aeroporto di Amendola, a quel tempo il più grande aeroporto militare d'Europa[60].
L'11 settembre le truppe britanniche raggiunsero Brindisi, dove si erano rifugiati
Vittorio Emanuele e il maresciallo Badoglio. Il 22 settembre i paracadutisti
britannici raggiunsero via terra Bari, mentre un'altra divisione sbarcava nel
porto[60]; la città era già stata sgomberata dai tedeschi sin dall'8 settembre. Foggia
Il generale Mark e l'aeroporto di Amendola furono infine occupati il 27 settembre[60].
Clark, comandante
della 5ª Armata L'azione principale alleata in Italia aveva avuto inizio alle 03:30 del 9 settembre
statunitense quando la 5ª Armata statunitense guidata dal tenente generale Mark Clark sbarcò
su una sezione di costa larga 40 chilometri, fra Minori e Paestum: il VI Corpo
d'armata americano del generale Ernest Dawley prese terra a sud, nei pressi di
Paestum, il X Corpo d'armata britannico del generale Richard McCreery sbarcò a nord, nella zona di Salerno
e Minori. Ciascuno dei corpi comprendeva due divisioni per complessivi 200 000 uomini circa. All'inizio le
operazioni procedettero favorevolmente e l'11 settembre sbarcò anche la 45ª Divisione americana allargando
la linea d'invasione a 70 chilometri, fra Amalfi e Agropoli[61].

In realtà i tedeschi avevano mantenuto il possesso delle posizioni dominanti sulle colline, e il
feldmaresciallo Kesselring e il generale Heinrich von Vietinghoff poterono controllare la situazione facendo
affluire numerose divisioni mobili da sud e da nord. Dopo alcuni attacchi iniziali che misero in difficoltà le
punte avanzate alleate, la controffensiva tedesca ebbe inizio il 12 settembre con l'intervento, in rinforzo alla
16. Panzer-Division già presente sul posto, di due divisioni Panzergrenadier e due ulteriori Panzer-Division.
I tedeschi sfruttarono il varco centrale lungo il corso del fiume Sele nella testa di ponte e ottennero alcuni
importanti successi che fecero temere una catastrofe per gli Alleati. Le truppe tedesche, molto più esperte e
combattive, cacciarono i britannici da Battipaglia e gli americani da Persano; alcuni reparti alleati furono
distrutti e la Luftwaffe attaccò le navi alleate al largo infliggendo sensibili perdite; le forze della Wehrmacht
furono sul punto di ottenere una vittoria risolutiva[62].

Gli anglo-americani dovettero ripiegare e il generale Clark, pur coordinando direttamente dalle spiagge la
difesa e cercando energicamente di resistere, prese in considerazione la possibilità di un'evacuazione della
testa di ponte di Salerno[63]. La situazione critica venne risolta dall'arrivo di rinforzi dal mare e dall'aria
costituiti da reparti di paracadutisti americani e da una divisione corazzata britannica; anche il massiccio
bombardamento aereo-navale del 14 e 15 settembre sulle posizioni tedesche ebbe un ruolo fondamentale[64],
oltre al fatto che in questa fase il feldmaresciallo Rommel rifiutò, in accordo con le disposizioni di Hitler, di
inviare in aiuto a sud le due divisioni
corazzate di cui egli aveva il
comando in Italia settentrionale[65].
Kesselring rinunciò a ulteriori
attacchi alla testa di ponte di Salerno
ritenendo ormai impossibile
ricacciare in mare gli Alleati e il 16
settembre dette ordine di ripiegare
verso la linea del fiume Volturno. Le
truppe della Wehrmacht persero a
Salerno 3 500 uomini ma avevano Cannone anticarro tedesco in azione
Il generale Heinrich catturato 5 000 prigionieri e inflitto durante la battaglia di Salerno
von Vietinghoff, perdite molto più elevate agli anglo-
comandante della 10ª americani[66]; il generale von
Armata tedesca Vietinghoff affermò che "ancora una volta i soldati tedeschi hanno dato prova della
loro superiorità sul nemico"[67].

In Calabria la manovra diversiva dell'8ª Armata britannica non raggiunse grandi risultati: i tedeschi si
ritirarono ordinatamente e riuscirono a concentrare le loro forze nella zona di Salerno; i britannici
avanzarono lentamente per 300 chilometri verso nord senza trovare resistenza. Il 16 settembre infine
elementi della 5ª e dell'8ª Armata si ricongiunsero presso Vallo della Lucania, mentre nel frattempo in Puglia
i paracadutisti britannici occuparono l'Aeroporto di Gioia del Colle. I tedeschi arretrarono metodicamente
con abili manovre delle loro retroguardie, abbandonando Foggia il 27 settembre dopo aver effettuato molte
demolizioni. Il 29 settembre il generale Montgomery entrò in città con il grosso della sua armata. Il 1º
ottobre elementi del Popski's Private Army completarono la liberazione degli aeroporti della zona di Foggia,
ritenuti essenziali dall'alto comando alleato per poter raggiungere con i bombardamenti aerei le regioni
meridionali della Germania e l'Europa sud-orientale.

Nel frattempo i reparti tedeschi presenti in Sardegna, al comando del generale Fridolin von Senger und
Etterlin, ricevettero l'ordine di evacuare l'isola e ripiegare in Corsica. Le truppe della Wehrmacht
effettuarono con successo la ritirata, conclusa il 18 settembre nonostante il contrasto dei reparti italiani;
infine i tedeschi completarono il 4 ottobre anche l'evacuazione della Corsica dove erano sbarcati reparti
francesi, ripiegando su Piombino[68].

La liberazione di Napoli e l'avanzata verso nord

Riorganizzate le truppe dopo i duri scontri nella pianura salernitana e


sostituito il generale Dawley, considerato il responsabile delle
difficoltà iniziali a Salerno, con il generale John Lucas al comando
del VI Corpo d'armata, il generale Clark ordinò di riprendere
l'avanzata verso nord. Clark aveva stabilito che le truppe britanniche
al comando del generale McCreery, dopo aver occupato Napoli,
avrebbero raggiunto il fiume Volturno attestandosi sulla sua riva
sinistra fino a Capua, da dove si sarebbero ricongiunte agli
statunitensi che si sarebbero posizionati alla loro destra fino a Le linee difensive tedesche in Italia
Benevento. centro-meridionale

Ma l'avanzata si rivelò più lenta del previsto anche a causa delle


innumerevoli distruzioni stradali, fatto che consentì ai tedeschi di minare ulteriormente, e in maniera
massiccia, sia le arterie stradali che portavano a Napoli, sia numerose strutture della città stessa, nonché di
compiere rastrellamenti che provocarono la resistenza di civili e soldati italiani sbandati durante le
cosiddette "Quattro giornate di Napoli"[69]. Il 29 settembre il feldmaresciallo Kesselring fu informato dal
comando della 10ª Armata tedesca che "Napoli è in piena rivolta" e il 1º ottobre, con l'entrata dei primi
reparti blindati britannici in città, i tedeschi completarono l'evacuazione delle loro truppe[70]. Dopo la
liberazione di Napoli gli Alleati speravano di poter rapidamente raggiungere e occupare Roma, un
prestigioso obiettivo, fortemente ambito sia da Clark sia da Montgomery il quale, dopo la delusione per la
sua esclusione dal teatro salernitano, intravedeva l'opportunità per l'8ª Armata di entrare per prima nella
capitale[71]. Il generale britannico riteneva di essere in posizione più favorevole rispetto al suo rivale:
risalendo la costa adriatica e avendo alle spalle il sicuro porto di Bari per i rifornimenti, era convinto di poter
raggiungere rapidamente Pescara e proseguire verso ovest in direzione della conca di Avezzano, il cui
possesso avrebbe aperto le porte di Roma e reso possibile una grande manovra di accerchiamento delle forze
tedesche[72].

Sul fronte adriatico nella notte fra il 2 e 3 ottobre 1943 gruppi di


commando britannici giunti via mare presso Termoli ne occuparono
sia il porto sia l'abitato, in attesa che l'8ª Armata, varcato il fiume
Biferno, li raggiungesse; tuttavia furono contrattaccati dai tedeschi
della 16. Panzer-Division che li misero in difficoltà. Dopo due giorni
di combattimenti finalmente arrivò il grosso dell'8ª Armata, ritardata
dalla distruzione dei ponti sul Biferno, e i tedeschi si ritirarono sulle
posizioni difensive del fiume Trigno[73]. Sul fronte tirrenico il
generale Clark raggiunse il Volturno, dove ricevette rapporti sui
lavori di consolidamento delle posizioni tedesche lungo la cosiddetta
"linea invernale"; il generale decise di anticipare l'offensiva fissando
il superamento del Volturno per la notte del 12 ottobre con tre
Truppe britanniche in marcia divisioni statunitensi[73]. Le divisioni riuscirono a superare il fiume
nell'ottobre 1943 in vari punti fra Capua e Caiazzo, mentre una divisione del X Corpo
britannico del generale McCreery si trovò in difficoltà nel settore
costiero; in ogni caso il generale Clark riprese gli attacchi e dopo
sette giorni di combattimenti i tedeschi decisero di ritirarsi ordinatamente verso la successiva linea
difensiva[74].

Dopo il riuscito sfondamento della linea del Volturno, le armate anglo-americane si trovarono in crescente
difficoltà a causa dell'impervio territorio appenninico e del peggioramento delle condizioni climatiche che
rese quasi impraticabile il terreno. Anche le retroguardie tedesche, mantenendo il controllo delle alture
dominanti, contribuirono a ritardare l'avanzata alleata agendo dagli avamposti della linea principale di
resistenza, la cosiddetta Linea Gustav[75]. In questa fase sorsero di nuovo forti contrasti tra Rommel, che
riteneva opportuno rinunciare a difendere Roma e costituire invece la principale linea di resistenza sugli
Appennini tosco-emiliani a sud della Pianura Padana, e Kesselring che invece, più ottimista, era sicuro di
poter organizzare a sud della capitale una solida difesa, capace di fermare l'avanzata alleata. Hitler rimase a
lungo indeciso e sembrò inizialmente concordare con il parere di Rommel, ma infine preferì dare fiducia al
feldmaresciallo Kesselring che perciò, dal 21 novembre 1943, assunse il comando supremo di tutte le forze
tedesche in Italia, raggruppate nel nuovo Gruppo d'armate C con l'ordine di resistere a oltranza a sud di
Roma, mentre Rommel fu richiamato in Germania[76].

A fine ottobre il generale Henri Giraud arrivò a Napoli per predisporre con Clark il previsto spiegamento in
Italia di un corpo di spedizione francese; il 4 novembre, di fronte alle difficoltà dell'avanzata a causa del
maltempo e della limitatezza delle risorse disponibili, incominciarono le prime discussioni su una eventuale
nuova operazione anfibia[77]. A metà novembre la 5ª Armata aveva ormai raggiunto le postazioni montuose
di fronte alla Linea Gustav[78], mentre sul lato adriatico il 2 e 3 novembre le truppe di Montgomery, superato
il Trigno, avevano dovuto arrestarsi davanti alle postazioni difensive tedesche lungo il fiume Sangro, il
torrente Moro e l'abitato di Ortona.

L'assalto alla linea Gustav


Sfondamento della linea invernale tedesca

Il feldmaresciallo Kesselring aveva assicurato Hitler di essere


in grado di fermare l'avanzata alleata e di poter difendere
l'Italia centro-settentrionale a sud di Roma[79]: egli aveva
organizzato una serie di successive posizioni di resistenza
dove intendeva frenare progressivamente la spinta alleata
sfruttando i vantaggi del terreno e del clima. Il settore tirrenico
del fronte tedesco era stato assegnato al generale von Senger
und Etterlin comandante del 14º Panzerkorps, che disponeva
di tre divisioni di fanteria e di una divisione Panzergrenadier
per difendere la linea Bernhardt[80].
Paracadutisti tedeschi in posizione con una
L'alto comando alleato del Mediterraneo guidato dal generale mitragliatrice MG 34 sul fronte italiano
Eisenhower aveva stabilito l'8 novembre 1943 il nuovo piano
di offensiva generale, denominato in codice operazione
Raincoat, per sfondare la linea d'inverno tedesca[81]. In questa fase alcune delle migliori formazioni alleate
furono ritirate dal teatro mediterraneo per essere trasferite in Gran Bretagna in preparazione dell'operazione
Overlord, definitivamente confermata dopo la conferenza di Teheran: quattro divisioni americane (tra cui
una di paracadutisti) e tre divisioni britanniche lasciarono quindi l'Italia, ma in compenso il generale
Alexander ricevette, oltre al corpo di spedizione francese posto al comando del generale Alphonse Juin,
un'unità scelta di truppe canadesi e statunitensi comandata dal colonnello Robert Frederick, due combattive
divisioni polacche guidate dal generale Władysław Anders[82] e un'unità italiana del nuovo Esercito
cobelligerante, il Primo Raggruppamento Motorizzato al comando del generale di brigata Vincenzo
Dapino[83]. Il corpo di spedizione francese, in particolare, avrebbe dimostrato notevoli capacità di
combattimento in spazi montani ma sarebbe divenuto noto alla popolazione italiana, soprattutto femminile,
per gli innumerevoli atti di violenza che prenderanno il nome di "Marocchinate"[84].

Il piano del generale Alexander per sfondare il fronte tedesco


prevedeva di sferrare un primo attacco nel settore adriatico in
direzione di Pescara e Avezzano; subito dopo il generale Clark
avrebbe attaccato attraverso il valico di Mignano fino a Cassino e
quindi Frosinone, sperando di raggiungere le due città entro Natale.
Il generale Clark, nonostante le difficoltà del terreno, era ottimista e
deciso a raggiungere Roma e assicurò Alexander che avrebbe
sfondato la linea d'inverno e sbaragliato i tedeschi[85]. L'offensiva
alleata ebbe inizio il 28 novembre 1943 nel settore adriatico:
inizialmente il generale Montgomery, attaccando con cinque
divisioni tra cui una divisione canadese e una divisione
neozelandese, riuscì ad attraversare il fiume Sangro e ritenne che "la
strada per Roma è aperta"; in realtà nei giorni seguenti i tedeschi
rallentarono l'avanzata, intralciata anche dalle forti piogge, e i
britannici furono infine costretti a fermarsi contro i capisaldi di
Truppe canadesi durante la battaglia Orsogna e Ortona[86]. I canadesi attaccarono Ortona ma dovettero
di Ortona affrontare la dura resistenza di reparti scelti di paracadutisti tedeschi:
la battaglia di Ortona, la "Stalingrado d'Italia", terminò il 27
dicembre 1943 con la ritirata tedesca, ma i canadesi subirono perdite
altissime e dovettero fermarsi. Nella battaglia di Orsogna furono invece i neozelandesi a essere bloccati e
anche le altre divisioni dell'8ª Armata si trovarono in difficoltà. I piani del generale Montgomery erano
falliti: il comandante britannico dovette arrestare l'offensiva e rinunciare all'avanzata su Pescara[87].
L'attacco nel settore adriatico fu intralciato anche dal riuscito attacco della Luftwaffe sul porto di Bari del 2
dicembre 1943, che inflisse gravi danni alle installazioni e provocò un disastro chimico a causa della
fuoriuscita di iprite segretamente trasportata da una delle navi alleate attraccate nel porto[88].
Il generale Clark aveva incominciato la sua offensiva il 3 dicembre contro la serie di difficili posizioni di
montagna presidiate dai tedeschi del generale von Senger. Una divisione britannica del X Corpo riuscì con
un attacco notturno a conquistare il monte Camino che in novembre aveva resistito a tutti gli assalti[89],
mentre l'attacco principale da parte della 34ª Divisione texana venne invece diretto contro la cittadina di San
Pietro Infine e le colline circostanti che davano accesso alla valle del fiume Liri: i reparti speciali del
generale Frederick ottennero qualche successo ma il 7 dicembre gli italiani del Primo Raggruppamento
Motorizzato vennero sconfitti a Monte Lungo dai Panzergrenadier tedeschi[90]. L'8 dicembre ebbe inizio
l'attacco principale americano: dopo dieci giorni di sanguinosi combattimenti in montagna i tedeschi
dovettero evacuare Monte Lungo e San Pietro Infine che cadde il 17 dicembre 1943, ma gli Alleati avevano
subito pesanti perdite e anche il generale Clark dovette sospendere l'offensiva senza essere riuscito ad aprire
la strada per Roma; il feldmaresciallo Kesselring consolidò quindi le sue posizioni sulla Linea Gustav
imperniata su Cassino e il corso dei fiumi Rapido e Garigliano[91][92].

Alla fine dell'anno 1943 i massimi capi alleati compresero definitivamente che era al momento impossibile
ottenere un successo decisivo in Italia; il teatro mediterraneo passò quindi in secondo piano se paragonato
alla grande operazione Overlord in fase di preparazione in Gran Bretagna. Il generale Eisenhower, designato
comandante in capo del corpo di spedizione previsto per lo sbarco in Francia, cedette il comando del teatro
mediterraneo al generale Henry Maitland Wilson e ritornò a Londra; il 31 dicembre 1943 anche
Montgomery lasciò l'Italia e rientrò in patria, dopo aver passato il comando dell'8ª Armata al generale Oliver
Leese[93].

Prima battaglia di Cassino e sbarco di Anzio

«Pensavo di aver scaraventato un gatto selvaggio nei Colli, e invece abbiamo una balena
arenata sulla spiaggia»

(Winston Churchill commentando il deludente sviluppo delle operazioni nella testa di ponte di Anzio[94])

Winston Churchill, nonostante avesse approvato la


pianificazione generale alleata e avesse sostenuto l'esecuzione
a maggio 1944 dell'operazione Overlord, continuava a
ipotizzare una grandiosa strategia alternativa, mediterranea e
balcanica, per affrettare la disfatta della Germania e prevenire
la temuta irruzione dell'Armata Rossa nel cuore dell'Europa.
Egli riuscì quindi a far approvare dal Comitato degli stati
maggiori combinati anglo-americano una nuova operazione di
sbarco in Italia che avrebbe dovuto permettere di superare la
situazione di stallo lungo la Linea Gustav, distruggendo
l'esercito tedesco del feldmaresciallo Kesselring e aprendo la
strada per un'avanzata da Roma direttamente in direzione di Carri armati americani M4 Sherman
Lubiana in Slovenia. L'operazione Shingle prevedeva da una sbarcano ad Anzio
parte la ripresa dell'attacco di Clark nel settore di Cassino per
attirare le riserve tedesche e dall'altra lo sbarco nel settore di
Anzio e Nettuno di un corpo di spedizione anglo-americano al comando del generale John Lucas, che
avrebbe puntato rapidamente verso Roma, tagliando le linee di comunicazione delle forze tedesche di von
Vietinghoff attestate sulla Linea Gustav[95].

Il 16 gennaio 1944 Clark diede inizio a una serie di attacchi nel settore di Cassino; il piano dell'alto
comando alleato prevedeva di attirare con questo nuovo attacco contro la Linea Gustav le riserve tedesche e
quindi favorire la riuscita dello sbarco ad Anzio[96]. La prima battaglia di Cassino tuttavia non raggiunse
risultati decisivi e le truppe alleate subirono pesanti perdite: il II corpo d'armata statunitense del generale
Geoffrey Keyes sferrò un difficile attacco attraverso il fiume Rapido sperando di occupare il paese di
Sant'Angelo in Theodice e di incunearsi nella valle del Liri, ma la 36ª Divisione
texana che effettuò il passaggio del fiume la sera del 20 gennaio 1944 fu
sanguinosamente respinta dalle truppe tedesche della 15. Panzergrenadier-Division
appostate lungo la riva e fu quasi distrutta[97]; i francesi del generale Juin
raggiunsero alcune vette ma non poterono avanzare verso Atina, mentre i
britannici di McCreery superarono il Garigliano ma non riuscirono a conquistare il
Monte Maio. Nonostante i successi difensivi del 14º Panzerkorps del generale von
Senger, Vietinghoff, comandante della 10ª Armata, si allarmò e chiese rinforzi,
Il generale John spingendo Kesselring a inviare sulla Linea Gustav la 29. e la 90. Panzergrenadier-
Lucas, comandante Division indebolendo così le sue riserve[98].
delle forze alleate
sbarcate ad Anzio Lo sbarco del VI Corpo d'armata ad Anzio e Nettuno il 22 gennaio 1944 si effettuò
invece con facilità e praticamente senza opposizione; i tedeschi furono colti
completamente di sorpresa e furono sbarcate senza difficoltà la 1ª Divisione
fanteria britannica, la 3ª Divisione fanteria americana e tre battaglioni di Ranger. L'alto comando tedesco
apprese solo dopo sei ore le prime notizie dello sbarco e si affrettò a mobilitare tutte le riserve per affrontare
la minaccia, ma in teoria la strada per Roma rimase aperta per i primi tre giorni[99].

In realtà, nonostante gli ottimistici progetti di Churchill, la pianificazione dei


generali alleati non prevedeva che le forze sbarcate ad Anzio marciassero subito
verso Roma; Lucas era un comandante prudente, metodico e pessimista e in
precedenza era stato sollecitato da Clark e anche da Patton a non correre rischi:
egli intendeva soprattutto completare il regolare sbarco delle truppe e dei materiali
e consolidare con calma la testa di ponte con l'afflusso dei reparti corazzati della
seconda ondata, prima di avanzare[100][101]. Kesselring, nonostante la sorpresa
iniziale, reagì con grande rapidità e attivò subito il cosiddetto "caso Richard", la
pianificazione già prevista in caso di sbarco sulla costa tirrenica: in pochi giorni
affluirono nel settore della testa di ponte di Anzio il I Corpo d'armata paracadutisti
con la divisione corazzata "Hermann Göring" e la 4ª Divisione paracadutisti, il 76º Il generale Eberhard
Panzerkorps con la 26. Panzer-Division, la 3. e la 29. Panzergrenadier-Division; von Mackensen,
inoltre l'alto comando tedesco inviò di rinforzo altre quattro divisioni di fanteria comandante della 14ª
[102] Armata tedesca
provenienti dal Nord Italia e dai Balcani . Dal 23 gennaio 1944 il generale
Eberhard von Mackensen assunse il comando della 14ª Armata incaricata di
organizzare queste divisioni e contrastare le forze alleate sbarcate a Anzio e
Nettuno; le truppe tedesche giunsero sul posto rapidamente e già il 29 gennaio erano numericamente
superiori alle forze di Lucas[103]. Solo il 30 gennaio 1944 il generale Lucas incominciò operazioni offensive
per uscire dalla testa di ponte ma entro il 2 febbraio tutti i tentativi di avanzata fallirono: due battaglioni di
Ranger del colonnello William Darby furono sorpresi dal contrattacco tedesco e vennero distrutti a Cisterna,
con molti prigionieri poi fatti sfilare dai tedeschi nel centro di Roma; anche gli attacchi della 3ª Divisione
americana e della 1ª Divisione britannica furono duramente respinti e Lucas decise di sospendere l'offensiva,
dopo aver perso 3 000 uomini e un terzo dei mezzi corazzati[104].

Kesselring ritenne di poter controllare la situazione a Cassino, dove gli Alleati stavano subendo pesanti
perdite, e contemporaneamente di poter contrattaccare in massa ad Anzio e respingere in mare le truppe
alleate che erano ferme nell'angusta testa di ponte; anche Hitler era alla ricerca di una grande vittoria ad
Anzio con la pianificazione di una massiccia controffensiva che infliggesse una netta sconfitta agli anglo-
americani e dimostrasse l'intatta potenza della Wehrmacht[105]. Il generale von Mackensen ricevette il 29
gennaio 1944 l'ordine di "annientare" la testa di ponte di Anzio sferrando un violento attacco con l'aiuto dei
notevoli rinforzi di uomini e mezzi che gli erano stati assegnati[106]. Per la prevista controffensiva Kesselring
raggruppò trentatré battaglioni di fanteria, 250 carri armati e potenti reparti di artiglieria, tra cui un cannone
ferroviario da 280 mm (il cosiddetto "Anzio Annie"). L'operazione Fischfang incominciò il 3 febbraio 1944
con un attacco limitato nel settore di Aprilia; dopo violenti combattimenti e dure perdite da entrambe le
parti, i tedeschi riuscirono a riconquistare Aprilia il 9 febbraio e i britannici dovettero ripiegare[107].
Dopo la serie di
insuccessi l'alto
comando alleato
era fortemente
preoccupato per la
situazione sempre
più difficile della
testa di ponte di
Anzio; furono
inviati rinforzi,
Clark si recò ad I settori della testa di ponte di Anzio
Truppe tedesche nel settore della testa di ponte
Anzio e venne e del fronte di Cassino
di Anzio
presa in
considerazione la
possibilità di destituire il generale Lucas e sostituirlo con Patton. L'attacco principale tedesco venne sferrato
il 16 febbraio 1944: von Mackensen concentrò in un settore ristretto una divisione corazzata, due divisioni
Panzergrenadier e due divisioni di fanteria per avanzare lungo la strada Albano-Anzio direttamente fino al
mare[108]. L'offensiva della 14ª Armata mise inizialmente in grave difficoltà le truppe alleate; i soldati anglo-
americani opposero forte resistenza ma alcune posizioni furono superate e, pur a costo di dure perdite, i
tedeschi riuscirono il secondo giorno dell'attacco ad avanzare per alcuni chilometri al centro della testa di
ponte fino a circa cinque chilometri dal mare. Nonostante questi successi i tedeschi non furono in grado di
raggiungere una vittoria decisiva e alcuni reparti inesperti vennero respinti; inoltre Clark e il generale
Truscott, nominato vice-comandante del settore di Anzio, fecero intervenire le riserve, mentre l'aviazione e
l'artiglieria alleate colpirono duramente le truppe tedesche. Gli anglo-americani contrattaccarono il 19
febbraio e fermarono l'avanzata tedesca ma la battaglia continuò accanita fino al 22 febbraio 1944, quando
Kesselring arrestò l'offensiva[109].

Gli Alleati avevano evitato una disfatta strategica ad Anzio ma le truppe nella testa di ponte erano molto
indebolite avendo subito oltre 20 000 perdite dall'inizio dell'operazione Shingle; Clark decise di destituire
Lucas sostituendolo con il generale Truscott[110]. La battaglia ad Anzio si trasformò per molte settimane in
una logorante guerra di posizione, in cui i reparti alleati si trovarono ammassati in uno spazio ristretto e
sottoposti al tiro dell'artiglieria tedesca[111]. Anche le truppe tedesche erano indebolite dopo la sanguinosa
battaglia: Kesselring si recò sul posto e rilevò la stanchezza e il decadimento del morale dei suoi soldati[112]
e convinse Hitler a rinunciare a ulteriori attacchi; il Führer espresse rammarico per il fallimento
dell'offensiva ma convenne con le valutazioni dei suoi generali sul posto[113].

Seconda e terza battaglia di Cassino

Mentre la situazione delle truppe alleate sbarcate ad Anzio


diveniva sempre più difficile, Clark aveva ripreso gli attacchi
nel settore di Cassino con il II Corpo d'armata del generale
Keyes e con le unità francesi del generale Juin, ma senza
raggiungere risultati decisivi. Gli statunitensi furono
nuovamente bloccati sul fiume Rapido, mentre i francesi
riuscirono il 25 gennaio 1944 a conquistare alcune posizioni di
montagna a nord di Cassino dopo violenti scontri con una
divisione tedesca ma esaurirono le loro forze e furono costretti
L'Abbazia di Montecassino devastata dal
a fermarsi; von Vietinghoff fece intervenire alcune formazioni
bombardamento alleato del 15 febbraio
di riserva che rinforzarono le difese del generale von
1944 Senger[114]. Clark decise il 12 febbraio di interrompere gli
attacchi del II Corpo d'armata e ritirare gli statunitensi,
impiegando al loro posto le truppe del generale Bernard
Freyberg costituite da una divisione neozelandese e una indiana; si riteneva che questi reparti, esperti e
combattivi, fossero in grado di conquistare la piazzaforte tedesca attaccando Cassino da nord e aprendo un
varco lungo la valle del Liri alle riserve corazzate alleate[115].

In questa fase le forze aeree alleate effettuarono


preliminarmente il bombardamento dell'Abbazia di
Montecassino, considerata dal generale Freyberg un
importante caposaldo tedesco di cui egli riteneva
indispensabile la totale distruzione prima dell'attacco dei
suoi soldati; in realtà l'abbazia non era occupata dalle
truppe tedesche, ma i generali Alexander e Wilson,
pressati da Freyberg e in possesso di informazioni
imprecise, autorizzarono il bombardamento nonostante
l'opposizione di Clark. Il 15 febbraio 1944, 142
bombardieri pesanti e 87 bombardieri medi sganciarono
oltre 400 tonnellate di bombe: la distruzione dell'abbazia L'abate generale dell'abbazia di Montecassino
però finì per favorire le truppe tedesche che si Gregorio Diamare (centro) lascia l'abbazia
installarono tra le macerie[116]. Subito dopo, ebbe inizio accompagnato, alla sua sinistra, dal tenente
l'attacco delle divisioni di Freyberg a nord e a sud di generale von Senger und Etterlin (febbraio 1944)
Cassino, ma i tedeschi difesero strenuamente le posizioni
sulle alture dominanti ed entro il 17 febbraio gli indiani e
i neozelandesi furono bloccati dopo aver subito gravi perdite[117].

Nonostante i ripetuti insuccessi, la situazione critica venutasi a


creare nella testa di ponte di Anzio spinse gli alti comandi
alleati a organizzare, all'inizio di marzo 1944, un nuovo
tentativo di sfondare la Linea Gustav e alleggerire la pressione
tedesca contro le forze di Lucas; Alexander e Clark decisero di
sferrare un terzo attacco nel settore di Cassino impiegando di
nuovo il corpo d'armata di Freyberg. La pianificazione della
cosiddetta operazione Dickens prevedeva di impiegare in
massa i bombardieri alleati, che avrebbero sganciato oltre
1 000 tonnellate di bombe mentre un micidiale fuoco
d'artiglieria avrebbe preceduto l'attacco della fanteria; Clark,
preoccupato soprattutto per il settore di Anzio, era scettico
sull'esito di questo attacco, Alexander e Freyberg ritennero
invece che ci fossero buone possibilità di raggiungere la
vittoria[118].
Uno dei soldati gurkha reclutati dall'esercito
britannico
La terza battaglia di Cassino ebbe inizio la notte del 15 marzo
1944 con il bombardamento concentrato nell'area della città e
dell'abbazia di 550 bombardieri medi e pesanti, seguito subito
dopo dal fuoco di 748 cannoni che sparano quasi 200 000 proiettili; le difese di Cassino erano state affidate
da Kesselring ai combattivi paracadutisti del generale Heidrich che, pur subendo gravi perdite a causa del
massiccio bombardamento, si abbarbicarono alle rovine degli edifici e alle posizioni sulle quote più
importanti, decisi a resistere[119]. Le truppe neozelandesi attaccarono nel primo pomeriggio del 15 marzo ma
si trovarono a fronteggiare all'interno della città un'accanita opposizione; i combattimenti a distanza
ravvicinata continuarono per alcuni giorni senza risultati decisivi, i paracadutisti tedeschi si difesero tra le
macerie e contrastarono anche l'avanzata dei reparti indiani e gurkha verso le colline a nord-ovest di
Cassino; violente piogge resero ancor più difficile il campo di battaglia. Dopo alcuni contrattacchi dei
paracadutisti per contenere l'avanzata dei gurkha, il 22 marzo il generale Freyberg, pressato da Clark, sferrò
un ultimo assalto che tuttavia costò nuove perdite e non ottenne risultati; la notte del 25 marzo 1944 i
neozelandesi e i gurkha sospesero gli attacchi e incominciarono la ritirata dalle posizioni più esposte. La
terza battaglia di Cassino terminò quindi con un nuovo successo difensivo tedesco[120].

Operazione Diadem e liberazione di Roma

«So di interessi e macchinazioni affinché sia l'8ª Armata britannica a prendere Roma... se
solo Alexander prova a fare una cosa del genere, avrà per le mani un'altra battaglia
campale: contro di me»

(Il generale Clark nel suo diario personale in data 5 maggio 1944[121])

Il sanguinoso fallimento del terzo tentativo di sfondare la linea


Gustav nel settore di Cassino e la deludente situazione di stallo della
testa di ponte di Anzio, costrinsero il comando alleato in Italia a
sospendere ulteriori operazioni offensive e a procedere a una
completa riorganizzazione delle forze disponibili. In aprile Clark,
molto provato dalle difficoltà della campagna, ritornò brevemente
negli Stati Uniti e nello stesso mese anche Alexander si recò a
Londra; i due generali discussero con i dirigenti anglosassoni al
massimo livello gli sviluppi della situazione e la nuova
Lo sfondamento della Linea Gustav pianificazione[122] e i capi anglo-americani decisero di sferrare
nel maggio 1944 un'ulteriore offensiva per raggiungere una vittoria decisiva in Italia.
Venne ritenuto importante, anche per motivi propagandistici,
sconfiggere i tedeschi ed entrare a Roma prima dell'inizio
dell'operazione Overlord, prevista per il 5 giugno 1944; si sperava inoltre di poter attirare nella penisola le
riserve tedesche e di facilitare indirettamente la riuscita dello sbarco in Normandia. Il generale Alexander,
appoggiato da Churchill e dai capi britannici, riuscì a convincere gli stati maggiori combinati a trattenere in
Italia per una nuova offensiva le divisioni assegnate in precedenza al previsto sbarco nella Francia
meridionale, l'operazione Anvil[123].

Il nuovo progetto offensivo, denominato in codice operazione Diadem e


ideato dal generale John Harding capo di stato maggiore di Alexander,
prevedeva di trasferire in segreto gran parte dell'8ª Armata del generale
Oliver Leese dal settore adriatico a quello di Cassino, mentre la 5ª Armata di
Clark avrebbe ristretto la sua zona di attacco al settore di circa 32 chilometri
compreso tra il fiume Liri e la costa tirrenica[124]. In totale Alexander
avrebbe attaccato la linea Gustav con dodici divisioni dell'8ª Armata, tra cui
due divisioni polacche, due canadesi e una sudafricana, e con sette divisioni
della 5ª Armata, tra cui quattro divisioni francesi[125]. L'attacco principale
sarebbe stato condotto dall'8ª Armata lungo la valle del Liri e la 5ª Armata
avrebbe a sua volta attaccato il difficile terreno dei monti Aurunci, mentre
nella testa di ponte di Anzio il VI Corpo d'armata del generale Truscott
avrebbe preso l'iniziativa in un secondo momento, avanzando verso i colli Un soldato marocchino del
corpo di spedizione francese
Albani per intercettare le comunicazioni delle forze tedesche. Clark
del generale Alphonse Juin
condivideva in generale questi piani, anche se era deciso ad assumere il
ruolo principale nell'imminente battaglia e soprattutto ad arrivare per primo
a Roma[126].

Era inoltre previsto che l'operazione Diadem fosse preceduta da un massiccio programma di bombardamenti
sulle retrovie e le linee di comunicazione, la cosiddetta operazione Strangle; il generale Ira C. Eaker,
comandante delle forze aeree strategiche alleate nel Mediterraneo, contava di riuscire a impedire i
movimenti delle truppe tedesche per dare un decisivo contributo all'esito della battaglia. L'operazione
Strangle ebbe inizio il 22 marzo 1944 e furono sganciate 26 000 tonnellate di bombe nel corso di 50 000
missioni aeree. I danni alle infrastrutture e alle vie di comunicazione furono notevoli e le forze tedesche
furono seriamente intralciate, ma nel complesso la campagna di bombardamenti non ottenne i risultati attesi;
l'alto comando tedesco fu in grado di mantenere la mobilità e l'efficienza delle sue divisioni[127].

Alla vigilia dell'operazione Diadem il feldmaresciallo Kesselring disponeva nel teatro bellico italiano di
ventitré divisioni, di cui nove difendevano il settore della Linea Gustav tra il mar Tirreno e la costa adriatica;
le truppe tedesche erano ancora efficienti e combattive ma soffrivano di gravi difficoltà di rifornimento
perché le forze aeree alleate avevano raggiunto una schiacciante superiorità e ne intralciavano le linee di
comunicazione; il comando tedesco era anche costantemente preoccupato per la possibilità di nuovi sbarchi
alleati nella regione di Civitavecchia o di Livorno[128].

Preceduta dal tiro concentrato di oltre 2 400 cannoni, l'offensiva


generale alleata ebbe inizio durante la notte tra l'11 e il 12 maggio
1944; l'attacco fu una parziale sorpresa per i tedeschi, che tuttavia
nelle prime ore si batterono duramente in difesa e mantennero il
possesso delle posizioni principali della linea Gustav. In particolare
il nuovo assalto nel settore di Cassino, sferrato dalle due divisioni
polacche del generale Władysław Anders, fu respinto ancora una
volta dai paracadutisti tedeschi e i reparti polacchi subirono perdite
elevatissime; nella valle del fiume Liri due divisioni britanniche
attraversarono il fiume Rapido ma senza riuscire a sfondare la linea
di resistenza tedesca. Il 12 maggio anche i francesi del generale Juin
I mezzi corazzati statunitensi sfilano fecero solo modesti progressi nel settore montuoso assegnato alle
accanto al Colosseo a Roma il 5 esperte e combattive formazioni coloniali; il comandante francese
giugno 1944 sferrò un nuovo attacco concentrato il 13 maggio e finalmente i
soldati marocchini e algerini ottennero i primi importanti successi
conquistando il monte Maio e la cittadina di Castelforte[129].
Kesselring cercò di controllare la situazione facendo intervenire alcune divisioni di riserva e predisponendo
l'arretramento ordinato su posizioni già preparate, ma mentre sull'ala sinistra della Linea Gustav i tedeschi
mantenevano ancora le posizioni più importanti, non fu possibile arrestare l'avanzata del corpo di spedizione
francese[130].

Furono soprattutto gli aggressivi soldati marocchini che, mostrando grande abilità nel combattimento di
montagna, riuscirono a sopraffare i nuclei di resistenza tedeschi; nonostante la determinazione delle truppe
del generale von Vietinghoff fu impossibile fermare l'avanzata del corpo di spedizione di Juin che conquistò
il 15 maggio il monte Petrella e raggiunse Ausonia ed Esperia. I successi francesi costrinsero il comando
tedesco a indebolire il settore tirrenico e il II Corpo d'armata americano poté avanzare con facilità lungo la
costa in direzione di Formia[131]. Il generale Leese invece non riuscì ad accelerare l'azione delle sue truppe; i
polacchi di Anders entrarono finalmente a Cassino il 17 maggio dopo che la posizione era stata evacuata su
ordine di Kesselring dai tenaci paracadutisti ma l'avanzata delle forze meccanizzate lungo la valle del Liri fu
intralciata da difficoltà logistiche, dalle caratteristiche del terreno e da sbarramenti di cannoni anticarro
tedeschi. L'8ª Armata arrivò alla posizione di Aquino, sulla cosiddetta linea Dora-Hitler, ma venne bloccata
il 19 maggio[132].

Il feldmaresciallo Kesselring cercò ancora per alcuni giorni di evitare la sconfitta con l'afflusso di
formazioni dal fronte di Anzio; due divisioni meccanizzate e una divisione di fanteria contrattaccarono i
francesi, mentre il 22 maggio la 29. Panzergrenadier-Division cercò di fermare il II Corpo d'armata che nel
settore costiero aveva raggiunto Terracina. Nonostante questi rinforzi i tedeschi non furono più in grado di
controllare la situazione. I francesi conquistarono i monti Ausoni mentre i canadesi dell'8ª Armata entrarono
a Pontecorvo; inoltre nel settore della testa di ponte di Anzio le linee della 14ª Armata del generale von
Mackensen, fortemente indebolite, furono attaccate il 23 maggio dal VI Corpo d'armata nella cosiddetta
operazione Buffalo, che riuscì finalmente a superare le difese e avanzare rapidamente entrando in contatto il
25 maggio con le truppe del II Corpo[133]. Kesselring decise di abbandonare la linea Gustav, sperando di
poter sbarrare la via di Roma e organizzare un nuovo schieramento facendo ripiegare le armate di
Mackensen e Vietinghoff su una nuova posizione tra i Colli Albani e i Monti Lepini; la divisione corazzata
"Hermann Göring" era in arrivo dal settore di Livorno e avrebbe dovuto difendere Valmontone[134]. In questa
fase si verificarono contrasti all'interno dell'alto comando tedesco: Kesselring lamentò la scarsa
collaborazione di von Mackensen e criticò il ritardato impiego delle riserve, che di conseguenza non
poterono arrestare l'avanzata alleata[135].

Anche nell'alto comando alleato sorsero conflitti di


competenze: Clark era deciso a raggiungere per primo
Roma ed era in forte rivalità con i generali britannici.
Alexander aveva prescritto di inviare la massa del VI
Corpo del generale Truscott direttamente verso nord-est
su Valmontone per chiudere la strada alla 10ª Armata di
Vietinghoff in ritirata dalla linea Gustav, ma Clark ignorò
queste direttive e decise fin dal 25 maggio 1944 di
marciare con il grosso delle truppe verso nord-ovest su
Velletri e poi su Roma[136]. Di conseguenza le deboli
forze americane inviate verso Valmontone furono
trattenute dalle retroguardie tedesche, che guadagnarono
tempo mentre la 10ª Armata ripiegava verso la Linea
Caesar a sud di Roma; tuttavia, a causa di un errore del
Il generale Mark Clark in Piazza San Pietro a
comando della 14ª Armata, i reparti statunitensi del II e
Roma il 5 giugno 1944
del VI Corpo inviati da Clark verso la città riuscirono a
sfruttare un varco nelle difese tedesche e occuparono
Velletri[137]. Kesselring destituì subito il generale von
Mackensen, sostituendolo con il generale Joachim Lemelsen, ma fu ormai costretto ad abbandonare anche la
linea Caesar; egli decise quindi di evacuare Roma senza combattere e di ripiegare a nord verso la linea del
lago Trasimeno[138].

Il 5 giugno 1944, un giorno prima dello sbarco in Normandia, Clark giunse finalmente a Roma insieme con
le sue truppe; secondo le disposizioni dell'ambizioso generale, solo i reparti statunitensi furono autorizzati a
partecipare alla liberazione della città dove furono accolti entusiasticamente dalla popolazione[139].

L'avanzata nel centro-nord Italia

L'operazione Diadem si concluse con il successo alleato e la


liberazione di Roma, ma non raggiunse risultati decisivi dal punto di
vista strategico; i tedeschi persero circa 10 000 uomini ed ebbero
20 000 prigionieri ma anche le forze di Alexander subirono perdite
elevate (18 000 americani, 14 000 britannici e 10 000 francesi),
senza riuscire a distruggere le due armate del feldmaresciallo
Kesselring che ripiegarono con ordine a nord di Roma rimanendo
coese. Inoltre, a causa delle scelte strategiche fondamentali della
dirigenza politico-militare alleata, Alexander dovette rinunciare ai
suoi piani per sfruttare la vittoria con un'ambiziosa marcia verso
l'Italia nord-orientale e l'Austria: i capi americani si opposero a
Soldati e carri armati britannici in questo progetto e imposero l'esecuzione entro il 15 agosto 1944 della
marcia in Toscana nell'estate 1944 già programmata operazione Anvil, che prevedeva uno sbarco in
Francia meridionale con truppe che sarebbero state sottratte a Clark.
I generali Truscott e Juin lasciarono il fronte italiano e tre divisioni americane e quattro francesi vennero
ritirate per preparare lo sbarco in Provenza; Alexander dovette rinunciare anche a buona parte delle forze
aeree di appoggio tattico[140].

Il generale britannico poté quindi riprendere l'avanzata a nord di Roma fin dal 5 giugno 1944, ma le sue
forze si indebolirono progressivamente a causa della partenza delle divisioni franco-americane; inoltre
l'offensiva alleata venne condotta con insufficiente determinazione e diede modo all'alto comando tedesco di
riorganizzare le sue forze con l'afflusso di quattro nuove divisioni provenienti da altri fronti[141]. Kesselring
riuscì ancora una volta a controllare la situazione ed evitare una disfatta irreversibile, conducendo con
notevole abilità la ritirata combattuta delle sue truppe attraverso l'Italia centrale grazie all'elevato spirito
combattivo dei suoi soldati e ad alcuni errori alleati: in particolare nelle sue memorie il feldmaresciallo ha
evidenziato come gli anglo-statunitensi non impegnarono a fondo l'aviazione, non effettuarono sbarchi per
aggirare le sue forze e non coordinarono l'avanzata con le attività dei partigiani italiani nelle retrovie del
fronte tedesco[142]. Kesselring ripiegò con ordine prima verso il lago di Bolsena e poi sulla nuova linea del
lago Trasimeno, la cosiddetta linea Albert; il feldmaresciallo riuscì a convincere Hitler a rinunciare a una
resistenza a oltranza per evitare nuove perdite e a continuare una difesa elastica per guadagnare tempo[143].

Mentre Kesselring conduceva le battaglie di retroguardia sulla linea


del Trasimeno, contemporaneamente controllava lo sviluppo dei
lavori di costruzione e rafforzamento della Linea Gotica, la nuova
linea difensiva principale sulla quale intendeva bloccare prima
dell'inverno l'avanzata alleata. Il comandante tedesco riteneva di
aver bisogno di ulteriore tempo per completare le opere difensive, e
decise quindi di cercare di frenare gli Alleati sulla linea Albert[144].
La 29. Panzergrenadier-Division difese Orvieto, mentre più a est gli
Alleati dell'8ª Armata raggiunsero Spoleto e Perugia solo dopo tre
settimane[145]; la 5ª Armata, che marciava verso Pisa e Lucca, venne
trattenuta temporaneamente sul fiume Ombrone e i polacchi furono
bloccati sul fiume Chienti[146]. Dopo il superamento della linea
Albert le truppe tedesche opposero ancora resistenza a Siena, che Un ponte Bailey costruito sulle
venne liberata dai francesi di Juin poco prima che fossero ritirati dal macerie del Ponte Santa Trinita di
fronte, e ad Arezzo; entro il 15 luglio si stabilirono su un'ampia testa Firenze
di ponte a sud dell'Arno che comprendeva Pisa e Firenze[147].

Nei giorni seguenti le armate alleate raggiunsero rilevanti successi liberando Ancona il 18 luglio e Livorno il
19 luglio, migliorando così la loro situazione logistica[148], ma i tedeschi riuscirono ugualmente a
guadagnare tempo e poterono anche effettuare vasti e sanguinosi rastrellamenti nelle retrovie con gravi
perdite per le forze partigiane. Kesselring decise di evitare combattimenti prolungati a Firenze[149] e le
truppe tedesche, distrutti tutti i ponti sull'Arno tranne Ponte Vecchio, ripiegarono a nord del fiume dopo aver
superato l'opposizione dei reparti partigiani italiani; gli Alleati passarono l'Arno a Pontassieve ed entrarono
a Firenze il 13 agosto, ma furono impegnati in combattimenti nella periferia settentrionale della città fino ai
primi giorni di settembre. In quel momento era già in corso la battaglia della Linea Gotica, dove le forze
tedesche si erano schierate dopo la lunga ritirata. Il feldmaresciallo Kesselring in questa fase della campagna
aveva ricevuto alcune divisioni di rinforzo di seconda qualità[150], ma fu in grado di stabilizzare la situazione
e poté anche privarsi di due ottime divisioni Panzergrenadier, che l'alto comando tedesco trasferì d'urgenza
sul fronte occidentale in grave crisi dopo il crollo del fronte di Normandia, e della Panzer-Division
"Hermann Göring", che invece fu inviata sul fronte orientale per prendere parte ai combattimenti di Varsavia
in agosto[151].

I combattimenti sulla Linea Gotica


Winston Churchill si era fortemente opposto al
trasferimento delle divisioni americane e francesi sul
fronte occidentale e rimaneva favorevole a una grande
offensiva strategica per distruggere finalmente l'esercito
tedesco in Italia e avanzare verso la linea del Danubio. Il
generale Alexander quindi diede inizio il 25 agosto 1944
alla cosiddetta operazione Olive, che sarebbe continuata
fino a ottobre e avrebbe messo di fronte 900 000 soldati
alleati, rinforzati da potenti forze corazzate e supportati
da una netta superiorità aerea, a circa 300 000 soldati
tedeschi[152]. Le formazioni tedesche, guidate con abilità
dal feldmaresciallo Kesselring e dai suoi luogotenenti, Soldati tedeschi durante la campagna sulla Linea
erano logorate dalle precedenti battaglie e disponevano di Gotica
mezzi limitati, ma erano formate in maggioranza da
truppe esperte e tenaci che dimostrarono una superiore
abilità tattica durante la battaglia difensiva[153].

Mentre Kesselring completava con successo il graduale ripiegamento delle


sue truppe dietro la Linea Gotica che da settimane era in fase di
approntamento e rafforzamento, Alexander e il generale Harding
pianificarono la nuova offensiva; dopo aver rinunciato a un attacco diretto al
centro del fronte attraverso gli Appennini, l'alto comando del 15º Gruppo
d'armate decise, su proposta del generale Leese, di trasferire nuovamente l'8ª
Armata britannica nel settore adriatico per sferrare l'attacco principale in
direzione di Rimini[154]. Nel settore appenninico Clark sarebbe a sua volta
passato all'offensiva da Firenze verso Bologna per impegnare le riserve
tedesche; la fase finale dell'operazione prevedeva la conversione delle forze
di Leese attraverso la pianura Padana in direzione del capoluogo emiliano,
dove sarebbero state circondate e distrutte le armate tedesche. Churchill si
recò in Italia e osservò i primi giorni dell'offensiva; egli era ottimista e in un
messaggio a Stalin del 19 settembre 1944 scrisse che le forze alleate o
avrebbero "sgominato" l'esercito tedesco e sarebbero avanzate verso
Il feldmaresciallo Kesselring
Lubiana o, in caso di ritirata tedesca, avrebbero come minimo "liberato la
ispeziona la Linea Gotica
pianura lombarda"[155].
con alcuni ufficiali nel 1944
Invece l'operazione Olive, conosciuta anche come "battaglia di Rimini" o
"offensiva degli Appennini", si trasformò in un'aspra battaglia di
logoramento in cui gli Alleati pur guadagnando terreno non raggiunsero alcun successo decisivo e furono
infine bloccati dopo aver subito pesanti perdite. In un primo momento Kesselring fu sorpreso dall'attacco
britannico nel settore adriatico incominciato il 25 agosto, Leese poté superare il Metauro e raggiungere
prima il fiume Foglia e poi il fiume Conca il 2 settembre[156]. Le riserve mobili tedesche di Kesselring erano
in arrivo e riuscirono a rallentare l'avanzata britannica lungo le successive linee di resistenza della linea
Gotica; dal 4 al 15 settembre, durante i sanguinosi combattimenti di Coriano e Gemmano, le truppe tedesche
della 10ª Armata del generale von Vietinghoff riuscirono a bloccare progressivamente le forze alleate, che
vennero anche intralciate dal terreno melmoso e instabile per le forti piogge[157].

In realtà il feldmaresciallo Kesselring era in grave difficoltà a causa soprattutto dei successi della 5ª Armata
di Clark, che dopo aver liberato Lucca il 5 settembre e Pistoia il 12 settembre attaccò attraverso il passo del
Giogo a Scarperia, sorprendendo i tedeschi della debole 14ª Armata del generale Lemelsen attestati sul
passo della Futa; dopo duri scontri gli americani conquistarono monte Altuzzo e sembrarono avanzare verso
Imola[158]. Nel frattempo l'8ª Armata riprese l'offensiva nel settore adriatico: le truppe tedesche opposero
ancora forte resistenza sulla Linea Gialla a San Fortunato e Covignano e i mezzi corazzati britannici furono
duramente respinti a Montecieco il 20 settembre; tuttavia lentamente gli Alleati continuarono ad avanzare e
Rimini fu liberata da una brigata greca il 21 settembre 1944[159]. Il feldmaresciallo Kesselring richiese per
due volte, il 23 e il 27 settembre, al quartier generale l'autorizzazione a una ritirata generale dietro le Alpi,
ma Hitler si oppose fermamente e ordinò la resistenza a oltranza[160].

Le linee difensive tedesche in Italia


centro-settentrionale Colonna motorizzata britannica in movimento nel
settore di Rimini

Le armate tedesche continuarono quindi a combattere


tenacemente sulle ultime posizioni della Linea Gotica
(linee Adelheid e Brunhild); negli ultimi giorni di settembre l'offensiva britannica sul versante adriatico,
rallentata dalle piogge, si esaurì dopo i cruenti combattimenti di Savignano e Santarcangelo di fronte al
fiume Rubicone[161] e Kesselring poté trasferire parte dei suoi migliori reparti sul fronte appenninico, dove
gli statunitensi erano fortemente appoggiati dai reparti partigiani della brigata "Bianconcini" che
parteciparono con valore ai duri e incerti scontri sul monte Battaglia[162]. Clark, invece di continuare verso
Imola, dirottò le sue truppe verso il Passo della Raticosa[163] e infine al termine del mese di ottobre, dopo
altri violenti combattimenti, anche l'offensiva americana si arrestò a circa trenta chilometri a sud di
Bologna[164]. Dopo aver stabilizzato la situazione, Kesselring decise quindi di organizzare un vasto
programma di rastrellamenti delle sue retrovie per distruggere le formazioni partigiane; la cosiddetta
"settimana contro le bande" fu costellata da devastazioni e brutali violenze contro la popolazione civile[165].

Churchill fu fortemente contrariato per il fallimento generale dei suoi ambiziosi progetti e nelle sue memorie
ha ammesso che la grande battaglia della Linea Gotica "fallì", che l'Italia rimase occupata per "altri otto
mesi" e che divenne impossibile "l'affondo su Vienna" e "influenzare la liberazione dell'Europa sud-
orientale"[166]. Il feldmaresciallo Kesselring ha elogiato nelle sue memorie "l'ammirevole comportamento
delle truppe tedesche" che impedì il successo alleato[167].

Negli ultimi mesi del 1944 il 15º Gruppo d'armate alleato, alla cui guida si trovava dal 25 novembre Clark, il
generale Alexander essendo stato promosso al comando dell'intero teatro del Mediterraneo, condusse
operazioni limitate per cercare di guadagnare altro terreno in direzione del Po. Nel settore dell'8ª Armata,
guidata dal generale McCreery dopo il trasferimento in Francia di Leese, fu combattuta la logorante
"battaglia dei fiumi": le truppe canadesi e polacche avanzarono lentamente e riuscirono a liberare Forlì,
Faenza e Ravenna che venne raggiunta il 4 dicembre[168] ma le armate tedesche, ora comandate da von
Vietinghoff dopo il ferimento in un incidente stradale di Kesselring, ripiegarono con ordine e riuscirono a
fermarle, grazie anche al terreno inondato dalle forti piogge[169]. Nel settore appenninico la 5ª Armata,
passata al comando del generale Truscott, non riuscì ad avanzare ostacolata soprattutto dal clima invernale.
Entro il 15 dicembre gli Alleati arrestarono tutte le operazioni in attesa della ripresa bellica primaverile[170].

L'offensiva di primavera

L'ultimo inverno
La fine del 1944 fu caratterizzata sul fronte italiano da notevoli difficoltà per il 15º Gruppo d'armate alleato
del generale Clark: a causa della tenace resistenza tedesca, del progressivo peggioramento del clima e della
carenza di rimpiazzi e munizioni di artiglieria, le truppe alleate dovettero arrestare gli attacchi e cercarono di
riposare e riorganizzarsi; fu ventilata anche la possibilità, per sbloccare la situazione, di effettuare uno
sbarco di truppe britanniche nella costa adriatica jugoslava. In questo periodo affluirono anche nuovi reparti:
gli americani inviarono l'eccellente 10ª Divisione da montagna e la 92ª Divisione di fanteria composta
totalmente da afroamericani, mentre dal Brasile avevano cominciato a giungere nel teatro bellico i reparti
della Força Expedicionária Brasileira[171]. L'Esercito Cobelligerante Italiano incominciò la costituzione di
cinque cosiddetti "Gruppi di Combattimento", ognuno costituito da 10 000 soldati, 116 pezzi d'artiglieria e
1 300 veicoli, equipaggiati principalmente con materiale britannico[172].

Il 14 novembre 1944 Mussolini aveva scritto una lettera a


Hitler nella quale, dopo aver espresso la sua "ammirazione"
per "le prove di incomparabile valore offerte dalle vostre forze
armate", proponeva di sferrare una controffensiva proprio sul
fronte italiano; il Duce inoltre sottolineava come fosse
"supremo comune interesse difendere la valle del Po"[173]. Il
16 dicembre 1944 Mussolini parlò ai suoi più fanatici seguaci
al Teatro Lirico di Milano con accenti drammatici: accusò i
"traditori", illustrò i presunti progressi della Repubblica
Sociale e delle sue forze militari, mostrò fiducia nelle "armi
nuove" della Germania e concluse con parole che sembravano
esprimere la decisa volontà di resistere: "noi vogliamo
Truppe americane della 10ª Divisione da
montagna durante l'offensiva di primavera
difendere con le unghie e con i denti la valle del Po..."[174]. In
questa fase Hitler era completamente concentrato
sull'offensiva delle Ardenne incominciata lo stesso 16
dicembre, ma anche sul fronte italiano le forze dell'Asse sferrarono un inatteso attacco, l'operazione
Wintergewitter: condotta il 26 dicembre da truppe tedesche con il supporto di reparti italiani di due delle
quattro divisioni della RSI addestrate in Germania, mise in difficoltà i reparti americani della divisione di
colore schierata nel settore della valle del fiume Serchio[175]. La breve offensiva raggiunse solo successi
locali ed entro il 30 dicembre venne interrotta, ma si verificarono cedimenti tra le truppe americane e anche
gli inesperti reparti brasiliani furono messi in difficoltà[176].

In realtà, nonostante la breve ripresa invernale e le riuscite


operazioni di rastrellamento condotte dai reparti militari nazifascisti
contro le effimere Repubbliche partigiane, la situazione
dell'occupante tedesco in Italia e del governo collaborazionista di
Mussolini appariva all'inizio della primavera 1945 ormai
compromessa, in relazione all'andamento generale della guerra e
all'incolmabile inferiorità numerica e materiale delle forze ancora
disponibili[177]. Le truppe della Wehrmacht in Italia dal 10 marzo
1945 erano comandate dal generale Heinrich von Vietinghoff dopo
Le truppe dell'8ª Armata britannica
che Kesselring, rientrato in servizio a gennaio 1945 in seguito passano il Po vicino a Ferrara il 28
all'incidente stradale, era stato trasferito d'urgenza su ordine di Hitler aprile 1945
sul fronte occidentale[178]. Il Gruppo d'armate C disponeva ancora di
venti divisioni schierate sulla Linea Gotica[179], mentre le quattro
divisioni della Repubblica Sociale al comando nominale del maresciallo Rodolfo Graziani erano considerate
non affidabili e quindi relegate a compiti di seconda linea in Liguria[180]. I tedeschi avevano gravi carenze di
materiali ed equipaggiamenti e una limitata mobilità, ma avevano cercato di rafforzare le loro posizioni; von
Vietinghoff aveva apprestato una serie di posizioni di ripiegamento in direzione delle Alpi per condurre una
ritirata manovrata, ma Hitler era contrario a cedere terreno e prescrisse in modo assoluto di mantenere le
posizioni e difendere la Pianura Padana[181].
Alla vigilia dell'offensiva finale il 15º Gruppo d'armate del generale Clark
disponeva di circa 600 000 soldati e aveva notevolmente migliorato la sua
efficienza, la quantità e la qualità del suo equipaggiamento[182]; le forze alleate
disponevano di una potente riserva meccanizzata costituita da oltre 3 000 carri
armati e di una schiacciante superiorità aerea che permise di indebolire le difese
tedesche e di intralciare gravemente le comunicazioni e i rifornimenti delle
armate del generale von Vietinghoff[183]. Sul fronte appenninico fino a sud-est
di Bologna la 5ª Armata del generale Truscott schierava due corpi d'armata con
sette divisioni americane (compresa la divisione da montagna), il corpo di
spedizione brasiliano, due gruppi di combattimento italiani e una divisione
corazzata sudafricana. L'8ª Armata, al comando del generale McCreery,
estendeva le sue linee a est fino alle valli di Comacchio ed era costituita da
quattro corpi d'armata: erano disponibili, oltre a varie brigate, quattro divisioni
britanniche, due divisioni indiane, due divisioni polacche, una divisione
neozelandese, tre gruppi di combattimento italiani e la Brigata Ebraica[184].
Una colonna di carri M4
Sherman del 20th L'offensiva finale alleata, denominata "operazione Grapeshot", ebbe inizio nel
Armoured Regiment
settore britannico del generale McCreery il 9 aprile 1945, con un potente
neozelandese nel
sbarramento d'artiglieria e con l'intervento in massa dell'aviazione tattica; le
maggio 1945
truppe tedesche della 10ª Armata del generale Traugott Herr opposero forte
resistenza nei primi giorni, ma dovettero cedere terreno. I britannici avanzarono
verso Argenta, mentre polacchi e italiani superarono il fiume Santerno in
direzione di Imola[185]. Il 14 aprile Clark fece entrare in campo anche l'armata di Truscott che raggiunse
importanti successi nel settore montano, mettendo in grave difficoltà la 14ª Armata del generale Joachim
Lemelsen. Il 20 aprile i polacchi raggiunsero Bologna, le forze corazzate britanniche superarono la strettoia
di Argenta, mentre gli americani tagliarono la via Emilia; i tedeschi rischiavano di essere accerchiati a sud
del Po e quindi von Vietinghoff ordinò la ritirata generale senza attendere l'autorizzazione dell'alto
comando[186].

Gli Alleati effettuarono diverse operazioni di infiltrazione con


reparti speciali, in parte per accelerare lo sgretolamento del
dispositivo difensivo di von Vietinghoff ma anche per preservare le
città italiane dalle distruzioni tedesche: nel primo caso rientra
l'operazione Herring[187], ultimo lancio di unità paracadutiste in
combattimento nel teatro europeo, nel secondo l'azione dei reparti
Nuotatori Paracadutisti (NP) del Reggimento "San Marco" della
marina italiana che liberò Venezia[188].
Lo svolgimento dell'offensiva finale
Dal 24 aprile gli Alleati, dopo aver superato il Po senza difficoltà, alleata in Italia, lanciata alla fine di
poterono avanzare nella Pianura Padana, mentre i tedeschi cercavano aprile 1945
di ripiegare, sotto la protezione di retroguardie, verso i valichi alpini.
Nonostante la resistenza dei reparti tedeschi in ritirata e le perdite
subite, le colonne motorizzate alleate raggiunsero rapidamente tutte le città principali[189]: la divisione da
montagna americana raggiunse Verona il 26 aprile, forze corazzate statunitensi si diressero verso Milano il
29 aprile, mentre i britannici avanzarono verso l'Adige; nel settore di Truscott furono raggiunte il 27 aprile
La Spezia e Genova e alcuni reparti tedeschi furono accerchiati nella cosiddetta "sacca di Fornovo"
dall'esercito brasiliano[190]. Negli ultimi giorni della campagna l'8ª Armata di McCreery liberò Venezia,
Rovigo e Treviso, mentre i reparti neozelandesi vennero inviati verso Trieste e la Venezia Giulia per cercare
di anticipare l'arrivo dei reparti jugoslavi del IX Korpus nella cosiddetta "corsa per Trieste". Il 1º maggio
1945 i neozelandesi entrarono a Trieste e Monfalcone e presero contatto con gli jugoslavi; sul confine delle
Alpi occidentali il 28 aprile gli americani entrarono in collegamento con le truppe francesi che erano
penetrate in Valle d'Aosta[191].
Fine del fascismo e resa generale tedesca

L'insurrezione generale

Contemporaneamente all'ultima e decisiva avanzata alleata, le


forze della Resistenza italiana del Comitato di Liberazione
Nazionale Alta Italia avevano dato inizio all'insurrezione
generale delle grandi città e alla discesa dalle montagne delle
formazioni partigiane attive dopo il difficile inverno; scopo
delle autorità della Resistenza e in particolare delle
componenti comuniste e azioniste, consisteva nel cooperare
attivamente alla sconfitta finale del nazifascismo, nel
proteggere le infrastrutture e le fabbriche, impedendone la
distruzione da parte delle truppe tedesche in ritirata, e
Partigiani comunisti a Venezia nei giorni nell'assumere il controllo effettivo sul territorio prima
della liberazione dell'arrivo degli Alleati[192]. A partire dalla metà di aprile le
formazioni partigiane parteciparono con successo alla
liberazione di Bologna e dell'Emilia; il 25 aprile 1945 il
comitato insurrezionale del CLNAI diede l'ordine formale per l'insurrezione e i partigiani presero il
controllo di Genova, Torino e Milano ancor prima delle truppe anglo-americane, oltre a bloccare le strade
principali per impedire la fuga delle autorità nazifasciste[193].

Mussolini lasciò Salò il 17 aprile e raggiunse con i suoi fedelissimi Milano, dove in un primo momento
sembrò approvare la proposta di Alessandro Pavolini di radunare i combattenti fascisti rimasti in un
cosiddetto "ridotto in Valtellina" dove combattere l'ultima battaglia. Il 25 aprile 1945, mentre incominciava
l'insurrezione generale, accettò la richiesta del cardinale di Milano Alfredo Ildefonso Schuster che,
desideroso di organizzare un ordinato passaggio di poteri, aveva proposto un incontro con i capi della
Resistenza. Durante un drammatico colloquio i capi del CLNAI richiesero l'immediata resa incondizionata
delle forze della Rsi entro due ore. Erano stati dati ordini per un'insurrezione generale dei partigiani, ma se i
fascisti avessero concentrato le loro forze residue nel triangolo Milano-Como-Lecco potevano deporre
formalmente le armi. Mussolini sembrò sul punto di accettare questa proposta quando nell'ufficio entrò
Graziani, dicendo di essere venuto a conoscenza dell'imminente resa tedesca in Italia[194]. Il bluff di Wolff e
Rahn era stato scoperto, e Mussolini sentendosi tradito interruppe la discussione, impegnandosi a dare una
risposta al Comitato entro due ore. Ma Mussolini disattese la sua parola, e con molta fretta uscì dal suo
ufficio della prefettura di Milano per salire a bordo di una delle auto che formava una colonna di dieci mezzi
sotto scorta tedesca assieme a Bombacci e Graziani. Al momento della partenza verso Como, Mussolini
sciolse tutti i membri del partito e delle forze armate dal loro giuramento di fedeltà[195]. I progetti di Pavolini
erano irrealizzabili e le residue forze fasciste erano ormai in completa disgregazione, mentre i reparti
tedeschi erano interessati solo a trovare scampo oltre le Alpi. Mussolini venne catturato il 27 aprile e
fucilato il 28 a Giulino di Mezzegra da un gruppo di partigiani comunisti guidati da Walter Audisio e Aldo
Lampredi, che così misero la parola "fine" su vent'anni di dittatura sanguinaria. Nei giorni seguenti altri
gerarchi e fascisti furono uccisi o catturati dai partigiani e dagli Alleati[196].

La resa di Caserta

Fin dal mese di dicembre 1944, il generale delle SS e capo supremo delle forze di polizia tedesche in Italia
Karl Wolff aveva incominciato colloqui segreti con il rappresentante americano dell'Office of Strategic
Services in Svizzera, Allen Welsh Dulles; tali incontri, apparentemente a conoscenza di Heinrich Himmler e
da lui approvati, rientravano nei disperati tentativi nazisti di provocare la disgregazione della coalizione
anglo-sovietico-americana e favorire la conclusione di una pace separata con le potenze occidentali in
funzione anti-sovietica; fu anche discussa la possibilità di un ritiro concordato dell'esercito tedesco
dall'Italia[197]. I rappresentanti alleati promossero la cosiddetta operazione
Sunrise e in marzo e aprile 1945 incontrarono in segreto il generale Wolff; von
Vietinghoff avallò questi tentativi di negoziato. Questi contatti segreti vennero
a conoscenza anche dei sovietici e provocarono un'aspra reazione di Stalin, che
temette un accordo degli Alleati occidentali con i tedeschi; ne seguì un duro
scambio epistolare tra Roosevelt e il dittatore sovietico pochi giorni prima della
morte del presidente americano. Dopo questi accesi contrasti i rappresentanti
anglo-americani ricevettero l'ordine di sospendere i colloqui in attesa degli
sviluppi dell'offensiva alleata di primavera, mentre anche Wolff ricevette da
Himmler il 23 aprile 1945, timoroso delle reazioni di Hitler, l'ordine di non
intraprendere "trattative di nessun genere"[198].

L'andamento disastroso delle operazioni tedesche su tutti i fronti, l'isolamento L'atto di resa firmato dal
di Hitler a Berlino e l'inarrestabile avanzata degli Alleati nella Pianura Padana generale von Vietinghoff
convinsero von Vietinghoff ad agire autonomamente e inviare il 28 aprile i a Caserta, nella sua
generali Wolff e von Senger al quartier generale alleato di Caserta per versione ufficiale in
riprendere le trattative e chiudere le operazioni in Italia. Il 29 aprile 1945 i inglese
generali tedeschi firmarono alla presenza del generale William Morgan, capo di
stato maggiore di Alexander, la resa di Caserta che prevedeva la resa generale
di tutte le forze tedesche e fasciste ancora in combattimento in Italia settentrionale e nelle province
austriache del Tirolo, della Carinzia, del Vorarlberg e della Stiria[191]. In un primo tempo Kesselring,
informato di questi fatti, si oppose e in quanto responsabile di tutte le forze della Wehrmacht nel teatro
meridionale, destituì von Vietinghoff; di fronte alla realtà dei fatti e allo sviluppo degli avvenimenti, alla
fine il feldmaresciallo cambiò idea e diede il suo consenso alla resa che divenne effettiva alle ore 14:00 del 2
maggio 1945[191].

Circa un milione di soldati tedeschi in combattimento in Italia settentrionale e Austria deposero le armi dopo
la conclusione della resa a Caserta; fin dal 29 aprile 1945 Churchill aveva comunicato le sue felicitazioni ad
Alexander scrivendo enfaticamente che "la grande battaglia finale in Italia rimarrà a lungo nella storia come
uno degli episodi più famosi della seconda guerra mondiale"[199].

Il ruolo della resistenza italiana


Il movimento partigiano di Resistenza contro l'occupante tedesco e i fascisti della Repubblica Sociale si
sviluppò, dopo un inizio difficile caratterizzato da disorganizzazione ed errori tattici, nell'autunno 1943
principalmente nelle vallate di montagna appenniniche e alpine, per opera di ufficiali inferiori, soldati
sbandati e volontari. In seguito, una fondamentale funzione organizzativa fu svolta dai partiti politici
antifascisti, organizzati nei numerosi Comitati di Liberazione Nazionale (CLN) sorti nelle principali città
dell'Italia occupata. Il movimento partigiano in montagna crebbe da poche migliaia di combattenti
nell'autunno 1943 a circa 50 000 nel giugno e luglio 1944, quando venne costituito un comando centrale del
cosiddetto Corpo volontari della libertà e furono create "brigate" e "divisioni" partigiane[200]. Escluse le
formazioni autonome (composte in prevalenza da militari del disciolto Regio Esercito, generalmente
monarchiche o apolitiche), la maggior parte dei reparti dipendeva direttamente dai partiti politici antifascisti:
quasi la metà dei combattenti erano organizzati nelle Brigate Garibaldi del Partito Comunista Italiano,
mentre 15 000 combattevano nelle Brigate Giustizia e Libertà del Partito d'Azione. Contemporaneamente i
comunisti costituirono nelle grandi città occupate i Gruppi di Azione Patriottica (GAP) che, con numerosi
attacchi terroristici a quadri di comando e agli apparati repressivi, minarono il morale dei nazifascisti[201].

La presenza di italiani armati su entrambi i fronti del conflitto, malgrado la maggioranza della popolazione
si tenesse in disparte, determinò lo svilupparsi di una guerra civile. I tedeschi, supportati dai fascisti della
RSI, organizzarono vaste operazioni di rastrellamento che costarono gravi perdite ai partigiani e ne
indebolirono le capacità operative senza tuttavia raggiungere risultati decisivi; l'azione tedesca e fascista fu
caratterizzata anche da spietate operazioni di rappresaglia e di repressione contro civili e presunti avversari
come l'eccidio delle Fosse Ardeatine a Roma e la strage di Marzabotto. Dopo i successi dell'estate 1944, le
sconfitte dell'autunno provocate dalle operazioni nazifasciste di "guerra alle bande" e il proclama Alexander
del 13 novembre 1944 che sollecitava i partigiani a sospendere le azioni e rimanere in difesa durante
l'inverno, provocarono una grave crisi e un indebolimento numerico della Resistenza[202]. Infine nelle
primavera 1945 i circa 60 000 partigiani attivi scesero dalla montagne e, rafforzati dai nuovi combattenti
accorsi nelle ultime settimane, svolsero un ruolo di primo piano nei giorni della liberazione[203].

Bilancio e conseguenze
La campagna d'Italia ebbe termine dopo la morte di Hitler e alcuni giorni prima della fine generale della
guerra in Europa, che venne sancita dalle cerimonie di resa del 7 maggio 1945 a Reims e dell'8 maggio 1945
a Berlino. Nelle settimane seguenti tuttavia le forze alleate entrarono in contrasto con i francesi sul confine
delle Alpi occidentali e soprattutto con gli jugoslavi di Tito a Trieste e in Austria. Dopo alcuni momenti di
forte tensione e l'afflusso di rinforzi alleati, gli jugoslavi acconsentirono ad applicare le disposizioni sulle
zone d'occupazione concordate dalle tre grandi potenze alla conferenza di Jalta[204].

La lunga e combattuta campagna d'Italia del 1943-1945 rimane una


delle fasi della guerra mondiale più controversa e ricca di episodi
che provocarono polemiche e recriminazioni all'interno del campo
anglosassone come lo sbarco a Salerno, la battaglia del fiume
Rapido, il bombardamento di Montecassino, la liberazione di Roma.
Dal punto di vista generale sono state aspramente criticate da alcuni
storici ed esperti militari le decisioni strategiche e le tattiche belliche
adottate dagli Alleati ed è stata messa in dubbio l'utilità stessa della
campagna per gli anglo-americani[205]. Gli Alleati e in particolare gli
Stati Uniti avevano obiettivi limitati in Italia, che in pratica
consistevano nel cercare di tenere impegnate il maggior numero
possibile di formazioni tedesche in modo da alleggerire la situazione
dei sovietici sul fronte orientale e di favorire la riuscita al momento Una colonna britannica avanza verso
opportuno dell'apertura del secondo fronte in Europa. Nelle loro il confine austriaco, durante gli ultimi
memorie Alexander e Churchill hanno affermato che il compito fu giorni della campagna d'Italia
"ammirevolmente eseguito": molte eccellenti divisioni mobili
tedesche rimasero bloccate in Italia[206].

Il giudizio di molti storici è meno positivo: si è affermato che la campagna fu un "vicolo cieco", che gli
Alleati non sapevano mai perché stessero veramente combattendo la campagna, che in realtà furono i
tedeschi che, con l'impiego di un numero minimo di divisioni di prima qualità, trattennero in un settore
secondario forze molto superiori numericamente e materialmente[2][207]. Il feldmaresciallo Kesselring, che
nelle sue memorie descrive in termini altamente elogiativi la condotta sua e delle truppe tedesche, ha
criticato la strategia eccessivamente metodica degli Alleati e il loro mancato sfruttamento di molte
opportunità operative[208].

Dal punto di vista tattico molti autori hanno evidenziato i numerosi errori dei comandanti alleati e la scarsa
elasticità dei loro metodi operativi, mentre in generale sono state apprezzate le capacità tattiche e la tenacia
delle truppe tedesche e la preparazione dei generali, in particolare di Kesselring, che seppero condurre con
abilità la lunga battaglia difensiva sfruttando i vantaggi del terreno e del clima[209]. Lo storico statunitense
Rick Atkinson, nella sua opera dedicata alla campagna d'Italia pubblicata nel 2008, ha fornito invece una
valutazione meno critica della condotta alleata in Italia: egli ha affermato che in definitiva gli anglo-
americani riuscirono, pur lentamente e a costo di gravi perdite, a liberare la penisola, che furono raggiunti
importanti vantaggi strategici nel Mediterraneo, che i bombardieri partiti dall'Italia meridionale poterono
raggiungere obiettivi decisivi in Europa sud-orientale. Atkinson infine rileva come, in mancanza di
alternative strategiche e in attesa dello sbarco in Francia previsto per
il 1944, fosse inevitabile per gli anglo-americani continuare la
campagna d'Italia anche per evitare ulteriori aspre critiche da parte
di Stalin, che da molti mesi accusava i suoi alleati di inerzia,
passività e di aver mancato di adempiere alle loro promesse di aprire
al più presto il secondo fronte[210].

La campagna d'Italia costò dure perdite a entrambe le parti: gli


Alleati ebbero circa 313 000 soldati morti, feriti o prigionieri e
Il generale Harold Alexander in primo persero circa 8 000 aerei, mentre i tedeschi subirono circa 336 000
piano e, alla sua destra, il generale perdite fino alla fase finale dell'aprile 1945[2]; altre fonti riportano
Oliver Leese cifre più elevate per i tedeschi[211]. La popolazione italiana subì
grandi danni durante la campagna e la penisola fu devastata dal
passaggio del fronte e dalle incursioni aeree; circa 64 000 civili
morirono a causa dei bombardamenti, circa 10 000 persone furono uccise dai tedeschi e dalle truppe della
RSI nelle rappresaglie e nelle operazioni di repressione, mentre i partigiani ebbero 35 000 morti[2].

Note
29. ^ Bauer, vol. VII, pp. 213-215.
1. Hart 2009, p. 627.
30. ^ Morris, p. 194.
2. Morris, p. 492.
31. ^ Deakin, vol. I, p. 452.
3. Atkinson, p. 204.
32. ^ Salmaggi-Pallavisini, p. 380.
4. ^ Deakin, vol. I, pp. 78-88.
33. ^ Biagi, p. 1303.
5. ^ Deakin, vol. I, pp. 99-112 e 143-166.
34. ^ Bauer, vol. V, p. 199.
6. ^ Deakin, vol. I, pp. 377-382 e 450-452.
35. ^ Picone Chiodo, p. 270.
7. ^ Morris, pp. 20-21.
36. ^ Biagi, p. 1305.
8. ^ Morris, pp. 21-22.
37. ^ Bauer, p. 201.
9. ^ Bauer, pp. 37-38.
38. ^ Hart, p. 610.
10. ^ Morris, p. 31.
39. ^ Picone Chiodo, p. 279.
11. ^ Morris, pp. 19-22.
40. H&W, p. 54.
12. ^ Rocca, p. 21.
41. ^ Bauer, p. 203.
13. ^ Morris, pp. 30-33.
42. ^ Bauer, pp. 204-205.
14. ^ Morris, pp. 34-39.
43. Bauer, p. 205.
15. ^ Atkinson, pp. 17-29.
44. ^ Bauer, pp. 205-207.
16. ^ Atkinson, pp. 19-22.
45. ^ D'Este, p. 418.
17. ^ Atkinson, pp. 28-31.
46. ^ Sono passati 70 anni dallo storico ultimo
18. ^ Picone Chiodo, p. 261. incontro tra Hitler e Mussolini, in il
19. ^ Deakin, p. 309. Gazzettino, 19 luglio 2014.
20. ^ Deakin, pp. 351-373. 47. ^ Bauer, vol. V, pp. 208-210.
21. ^ Picone Chiodo, p. 364. 48. ^ Bauer, vol. V, pp. 210-211.
22. ^ Picone Chiodo, p. 362. 49. ^ Bauer, vol. V, pp. 211-212 e 215.
23. ^ Picone Chiodo, pp. 364-365. 50. ^ Bauer, vol. V, pp. 213-214.
24. ^ Deakin, pp. 314-328, 391-426. 51. ^ Bauer, vol. V, p. 214.
25. ^ Deakin, pp. 430-432 e 450-452. 52. ^ Morris, p. 120.
26. ^ Bauer, vol. V, p. 198. 53. ^ Morris, pp. 120-121.
27. ^ Morris, pp. 20-22. 54. ^ Bauer, vol. V, pp. 216-217.
28. ^ Bauer, vol. V, p. 227. 55. ^ Bauer, vol. V, p. 217.
56. ^ Bauer, vol. V, pp. 217-220. 101. ^ Bauer, vol. VI, p. 89.
57. ^ Bauer, vol. V, pp. 218 e 220. 102. ^ Bauer, vol. VI, pp. 92-93.
58. ^ Atkinson, pp. 211-215. 103. ^ Katz, p. 195.
59. ^ Atkinson, pp. 231-236-239-241. 104. ^ Morris, pp. 301-303.
60. Hart 2009, p. 655. 105. ^ Morris, p. 324.
61. ^ Morris, pp. 169-184. 106. ^ Katz, p. 196.
62. ^ Morris, pp. 187-199. 107. ^ Morris, pp. 326-327.
63. ^ Clark, pp. 213-224. 108. ^ Morris, pp. 327-330.
64. ^ Clark, pp. 224-228. 109. ^ Morris, pp. 328-331.
65. ^ Bauer, vol V, pp. 227-228. 110. ^ Morris, p. 331.
66. ^ Morris, p. 224. 111. ^ Morris, pp. 344-346.
67. ^ H&W, p. 116. 112. ^ Katz, pp. 266-267.
68. ^ Bauer, vol. V, pp. 222-223. 113. ^ H&W, p. 158.
69. ^ Rocca, p. 118. 114. ^ Bauer, vol. VI, pp. 99-102.
70. ^ Rocca, p. 119. 115. ^ Morris, pp. 309-312.
71. ^ Rocca, pp. 120-121. 116. ^ Bauer, vol. VI, pp. 102-103.
72. ^ Rocca, p. 121. 117. ^ Morris, pp. 320-322-312.
73. Rocca, p. 122. 118. ^ Morris, pp. 333-335.
74. ^ Rocca, p. 123. 119. ^ Morris, pp. 335-337.
75. ^ Clark, p. 247. 120. ^ Morris, pp. 338-343.
76. ^ Bauer, vol V, pp. 228-229. 121. ^ Katz, p. 327.
77. ^ Clark, pp. 249-251. 122. ^ Morris, pp. 352-353.
78. ^ Clark, p. 253. 123. ^ Morris, pp. 353 e 359.
79. ^ Kesselring, p. 222. 124. ^ Morris, pp. 359-360.
80. ^ Morris, p. 256. 125. ^ Bauer, vol. VI, p. 106.
81. ^ Morris, p. 257. 126. ^ Morris, pp. 361-362.
82. ^ Morris, pp. 249-251. 127. ^ Atkinson, pp. 581-585.
83. ^ Clark, p. 257. 128. ^ Bauer, vol. VI, pp. 108-109.
84. ^ Katz, pp. 324-325. 129. ^ Bauer, vol. VI, pp. 109-111.
85. ^ Morris, pp. 256-257. 130. ^ Kesselring, pp. 240-241.
86. ^ Morris, pp. 258-259. 131. ^ Morris, pp. 365-367.
87. ^ Morris, pp. 259-260. 132. ^ Morris, pp. 370-372.
88. ^ Atkinson, pp. 318-327. 133. ^ Bauer, vol. VI, p. 112.
89. ^ Morris, p. 260. 134. ^ Bauer, vol. VI, pp. 112-113.
90. ^ Morris, pp. 261-264. 135. ^ Kesselring, pp. 241-242.
91. ^ Morris, pp. 265-266. 136. ^ Katz, pp. 338-340.
92. ^ Kesselring, p. 223. 137. ^ Morris, pp. 380-384.
93. ^ Morris, pp. 271-274. 138. ^ Kesselring, pp. 243-245.
94. ^ Katz, p. 182. 139. ^ Morris, pp. 387-391.
95. ^ Bauer, vol. VI, pp. 87-88. 140. ^ Hart 2009, pp. 754-755.
96. ^ Morris, pp. 283-286. 141. ^ Hart 2009, pp. 755-756.
97. ^ Atkinson, pp. 396-409. 142. ^ Kesselring, pp. 246-248.
98. ^ Bauer, vol. VI, pp. 89-91. 143. ^ Kesselring, pp. 248-249.
99. ^ Morris, pp. 294-296 e 300. 144. ^ Kesselring, pp. 250-252.
00. ^ Morris, pp. 297-300. 145. ^ Morris, pp. 401-402.
46. ^ Ferretti, p. 108. 180. ^ Deakin, vol. II, pp. 990-991.
47. ^ Hart 2009, pp. 756-757. 181. ^ Morris, p. 474.
48. ^ Hart 2009, p. 757. 182. ^ Hart 2009, pp. 936-937.
49. ^ Morris, pp. 410-411. 183. ^ Morris, p. 473.
50. ^ Bauer, vol. VI, p. 115. 184. ^ Morris, pp. 473-474.
51. ^ Bauer, vol. VI, p. 118. 185. ^ Morris, pp. 476-478.
52. ^ Montemaggi, pp. 41-51. 186. ^ Bauer, vol. VII, p. 216.
53. ^ Montemaggi, pp. 23-47. 187. ^ Operazione Herring, su SquadroneF.it. URL
54. ^ Hart 2009, pp. 755 e 757. consultato il 28 aprile 2014 (archiviato dall'url originale
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Voci correlate
Battaglia di Montelungo
Battaglia di Cassino
Caduta del fascismo
Comitato di Liberazione Nazionale
Guerra civile in Italia (1943-1945)
Italy Star
Marocchinate
Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943
Resistenza italiana

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Collegamenti esterni
Museo Historiale di Cassino, su museohistoriale.org.
Linea Gotica - officina della memoria, su progettolineagotica.eu. URL consultato il 28 settembre 2019
(archiviato dall'url originale il 20 luglio 2011).
Dal Volturno a Cassino, su dalvolturnoacassino.it.
Centro Internazionale Documentazione "Linea Gotica", su gothicline.org.
(EN) Gerhard Muhm: German tactics in the italian campaign, su larchivio.com. URL consultato il 21
dicembre 2018 (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2007).
(EN) La campagna d'Italia per la 2nd New Zealand Division, su nzhistory.net.nz.
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