Così il 10 giugno 1940, Mussolini annunciò a una folla entusiasta l’entrata in guerra contro Francia e
Inghilterra.
Anche il presidente Roosevelt rimase deluso dopo aver offerto dei premi al duce pur di rimanere neutrale,
ma il duce attaccò sulle alpi la Francia pugnalandola alle spalle.
Il 31 marzo 1940, il duce aveva già in mente il suo piano di guerra (“Memoria”): la guerra parallela, ovvero
una guerra combattuta in diversi Fronti da quelli tedeschi. Tutto questo lo trasmise al capo di stato
maggiore generale, maresciallo Pietro Badoglio.
Gli aerei erano pochi e avevano solo due mitragliatrici che sparavano attraverso l’elica, non erano muniti di
respiratori ad alta quota e avevano pessime apparecchiature radio.
Per una guerra moderna servivano: una portaerei (di cui Mussolini ne faceva a meno visto che giudicava
l’Italia come una grande portaerei), il radar, il carburante e un addestramento moderno.
Dopo la sconfitta sulle Alpi contro i francesi, il duce iniziò la guerra nel Mediterraneo, che ebbe come primo
obiettivo la conquista della base britannica di Malta.
Fallito questo obiettivo i Tedeschi incaricarono gli italiani di scortare i rifornimenti per la Libia che erano
inseguiti dalla marina inglese. Nacquero le battaglie di Punta Stilo (Calabria) e di Capo Teulada (Cagliari) del
luglio del 1940, in cui l’aviazione italiana bombardò sia le navi inglesi sia quelle italiane.
Nel novembre del 1940 nel porto di Taranto l’aviazione inglese affondò tre delle 6 corazzate italiane.
L’avventura della marina italiana si concluse a Capo Matapan (Grecia), nel novembre del 1941. Grazie agli
aiuti promessi da Hitler, il duce attaccò con la corazzata Vittorio Vento, 8 incrociatori e alcuni
cacciatorpediniere. La flotta nemica attaccò la marina italiana e gli aiuti tedeschi non arrivarono e la marina
italiana fece quadrato per arrivare al porto di Taranto. Gli inglesi affondarono due incrociatori e quattro
cacciatorpediniere e morirono 2000 uomini.